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Problematiche relative all’impiego dei mezzi di contrasto nell’anziano C 4

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Academic year: 2022

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Problematiche relative all’impiego dei mezzi di contrasto nell’anziano

Fulvio Stacul

Nella pratica clinica quotidiana la problematica di più frequente riscontro quando ci si accinge a effettuare un esame contrastografico per via intravascolare in un paziente anziano è rappresentata dalla possibilità di un danno renale che il mezzo di contrasto (MDC) può determinare. L’età avanzata costituisce infatti un fattore di rischio per que- sto evento, come pure situazioni cliniche frequenti nella terza età quali l’insufficienza renale, il diabete e lo scompenso cardiaco. Ci sembra quindi opportuno focalizzarci in questa nota sulla nefrotossicità da MDC, affrontando questa problematica in maniera pragmatica, cercando di fornire al radiologo elementi che possano consentire una migliore gestione del paziente nella pratica clinica.

Vi sono due strategie da perseguire per prevenire il danno nefrotossico da MDC: da un lato l’identificazione delle categorie di pazienti a rischio e dall’altro la messa in atto in questi pazienti delle misure profilattiche più adeguate.

Nel porsi il problema dell’identificazione dei pazienti a rischio, è necessario anzi- tutto disporre di un’adeguata conoscenza clinica del problema. È quindi necessario chiarire come la nefropatia da MDC può essere definita, quali ne siano i fattori di rischio e quale sia la prognosi di un eventuale danno nefrotossico.

Fortunatamente, negli ultimi anni i lavori clinici sull’argomento utilizzano nella pressoché totalità la stessa definizione di nefropatia da MDC, permettendoci quindi delle valutazioni comparative che in passato, quando le definizioni utilizzate erano spesso diverse, risultavano assai più problematiche. Vi è infatti accordo, attualmente, nel definire la nefropatia da MDC come un peggioramento della funzionalità renale dopo somministrazione di MDC in assenza di un fattore causale alternativo, quantiz- zando il danno in un incremento della creatininemia di almeno il 25% o di almeno 0,5 mg/dl (44,2 mµ/l) che si verifica entro 3 giorni dalla somministrazione del MDC. Tale deterioramento della funzionalità renale si può solitamente verificare già entro le prime 24 ore, con un picco della creatininemia che si registra di solito entro 3-4 giorni dalla somministrazione del MDC.

Solitamente il paziente non manifesta oliguria e il deterioramento della funzionali- tà renale è reversibile, con ritorno della creatininemia ai valori di base entro 1-2 setti- mane, ma talora si può verificare un deterioramento irreversibile della funzionalità renale, si possono manifestare casi di insufficienza renale acuta accompagnati da oli- guria e per alcuni pazienti può risultare necessario il ricorso all’emodialisi. Parallela- mente vi può essere un incremento nell’incidenza di complicanze severe non renali (emorragie gastrointestinali, edema polmonare acuto) e ciò naturalmente può deter- minare un prolungamento del periodo di ospedalizzazione.

È importante avere un’idea quantitativa del fenomeno. Tuttavia, quando si conside- ri in letteratura l’incidenza del danno nefrotossico dopo somministrazione di MDC, si

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possono riscontrare percentuali estremamente diverse, legate a numerose variabili, tra cui i criteri di selezione dei pazienti, la diversa prevalenza dei fattori di rischio, la diver- sa definizione di nefropatia da MDC, il tipo di esame contrastografico effettuato (si ritiene che la somministrazione per via arteriosa del MDC sia connessa a un rischio superiore rispetto alla somministrazione endovenosa) e il tipo di MDC impiegato.Vi è comunque accordo sul fatto che in pazienti senza fattori di rischio la nefropatia da MDC si verifica in una percentuale di casi estremamente bassa, sicuramente inferiore al 5% e verosimilmente anche inferiore all’1%. Nei pazienti con fattori di rischio l’in- cidenza può essere estremamente diversa, in particolare in relazione a quali e quanti fat- tori di rischio sono presenti. Si può passare così da incidenze stimate nell’11% in pazien- ti il cui solo fattore di rischio è rappresentato da un’età superiore ai 70 anni [1] sino a incidenze del 50% in particolari categorie di pazienti a rischio elevato.

Vi è quindi la necessità di essere a conoscenza in maniera dettagliata dei fattori di rischio, e sotto questo profilo possiamo distinguere quelli legati al paziente da quelli legati al MDC. Per quanto riguarda i fattori di rischio legati al paziente, ve ne sono alcu- ni sui quali vi è ampia convergenza in letteratura e altri più discutibili. Tra i fattori di rischio indiscutibili possiamo elencare anzitutto l’insufficienza renale associata al dia- bete, che rappresenta di gran lunga il fattore di rischio più significativo. L’insufficienza renale, anche qualora non sia associata al diabete, rappresenta un fattore di rischio e va precisato come il rischio sia tanto maggiore quanto maggiore è il deterioramento della funzionalità renale stessa.Anche la disidratazione rappresenta un indiscutibile fattore di rischio, come pure lo scompenso cardiaco congestizio. Si ritiene che entrambi questi fattori vadano considerati fattori di rischio, in particolare per l’alterazione che deter- minano nell’emodinamica renale.Vi è convergenza anche sul fatto che l’età avanzata va considerata un fattore di rischio. Dalla gran parte degli autori si considera come tale un’età superiore ai 70 anni, pur se in alcuni lavori si precisa come il rischio aumenti a par- tire da età minori. Vi è peraltro chi ritiene che l’età avanzata non costituisca un fattore di rischio di per sé, ma solo in quanto vi può essere una compromissione latente della fun- zionalità renale. Un altro fattore di rischio che va valorizzato è rappresentato dalla som- ministrazione di farmaci potenzialmente nefrotossici (quali farmaci antiinfiammatori non steroidei - FANS, aminoglicosidi, cisplatino, ecc.), motivo per cui è estremamente impor- tante che il radiologo sia a conoscenza dei farmaci assunti dal paziente.

È interessante riportare alcuni dati quantitativi relativi all’incidenza di nefropatia da MDC in pazienti con diabete e/o insufficienza renale. In pazienti sottoposti ad angio- grafia con monomero non ionico l’incidenza di nefrotossicità è risultata nulla nei sog- getti senza insufficienza renale e senza diabete, dello 0,6% in pazienti diabetici senza compromissione della funzionalità renale, del 4,1% in pazienti con insufficienza rena- le non diabetici e dell’11,8% in pazienti diabetici con insufficienza renale [2]. Un altro studio su pazienti con nefropatia diabetica ha messo in evidenza come l’incidenza di danno nefrotossico aumenti considerevolmente all’aumentare della creatininemia di base, risultando del 3,6% in pazienti con creatininemia inferiore a 2 mg/dl, per passa- re al 27% in pazienti con creatininemia tra 2 e 4 mg/dl, giungendo sino all’81% quan- do la creatininemia era superiore a 4 mg/dl [3]. È stato anche dimostrato come l’inci- denza di danno nefrotossico sia sensibilmente superiore in diabetici insulino-dipen- denti rispetto a quelli trattati con antidiabetici orali [4].

Altri fattori di rischio legati al paziente sono più opinabili. Vi è stata per esempio discussione se il diabete costituisca di per sé un fattore di rischio, pur in assenza di una

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compromissione della funzionalità renale. In passato alcuni lavori, tra cui quello pre- cedentemente citato [2], avevano negato che il diabete rappresentasse un fattore di rischio indipendente, ma acquisizioni recenti su casistiche particolarmente ampie giun- gono a conclusione opposta, sottolineando quindi come il diabete sia un reale fattore di rischio significativo [5, 6]. Vi è invece sostanziale accordo sul fatto che altri fattori sal- tuariamente presi in considerazione in passato (ipertensione, iperuricemia, proteinu- ria) non vanno considerati dei fattori di rischio, come pure non va considerato come fat- tore di rischio il mieloma multiplo, qualora il paziente sia adeguatamente idratato.

Anche il sesso è stato considerato come possibile fattore di rischio. I risultati a riguar- do sono piuttosto controversi. A fronte di studi più datati, alcuni dei quali sostenevano che il sesso maschile fosse un fattore di rischio, altri più recenti riportano come il sesso femminile sia un fattore di rischio significativo. Peraltro in numerosi studi non si veri- fica un’incidenza significativamente diversa di danno nefrotossico tra i due sessi.

È opportuno comunque che nella pratica clinica si presti attenzione particolare alla coesistenza di fattori di rischio diversi. Recentemente accurate analisi statistiche su ampie casistiche di pazienti sottoposti a esami angiocardiografici hanno permesso di estrapolare dati che consentono di precisare il rischio di danno nefrotossico nel sin- golo paziente alla luce della sua situazione clinica [5, 6].

Come precedentemente accennato, accanto ai fattori di rischio legati al paziente vi sono fattori di rischio per danno nefrotossico legati al MDC e rappresentati dal suo volume e dalla tipologia di MDC impiegato.

La nefrotossicità da MDC è un avvento avverso dose-dipendente e quindi in qualche misura prevedibile. L’incidenza di eventi nefrotossici si correla infatti con la dose e vi è accordo in letteratura sul fatto che quanto maggiore è la dose tanto maggiore è il rischio. Non vi è dubbio peraltro che la dose non sia stata analizzata a fondo come fat- tore di rischio indipendente. Alcuni anni fa è stata proposta una formula per calcolare una dose soglia al di sotto della quale il rischio appariva ridotto:

5 ml di MDC/Kg (max 300 ml) creatininemia (mg/dl)

La validità empirica di questo valore soglia, e soprattutto della relazione tra dose e rischio, è stata chiaramente dimostrata in due lavori [7, 8].Va peraltro sottolineato come in essi si facesse riferimento all’impiego di MDC ionici, per cui tale formula non risul- ta verosimilmente applicabile in questa veste al giorno d’oggi. Nell’ambito del Contrast Media Safety Committee della Società Europea di Radiologia Urogenitale (ESUR), è stato raggiunto un consenso su quella che può essere considerata una dose soglia quan- do si impieghi un MDC alla concentrazione di 300 mgI/ml. È stata proposta una dose massima di 400 ml in pazienti con funzionalità renale normale, di 150 ml in pazienti con funzionalità renale moderatamente ridotta (130-300 mµ/l) e di 60-100 ml in pazienti con funzionalità renale ancor più compromessa [9].

Per quanto riguarda la tipologia di MDC, dando per acquisita la minore nefrotossi- cità dei MDC a bassa osmolarità rispetto a quelli ad alta osmolarità, chiaramente dimo- strata quanto meno in studi angiografici nei pazienti con funzionalità renale compro- messa, al giorno d’oggi la nefrotossicità dei MDC a bassa osmolarità va raffrontata a quel- la dei MDC isoosmolari. Nel 2003 è stato pubblicato uno studio multicentrico rando- mizzato che confrontava un MDC a bassa osmolarità (iohexolo) a uno isoosmolare

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(iodixanolo) in pazienti ad alto rischio per danno nefrotossico (con insufficienza rena- le e diabete) sottoposti a indagine angiografica. I risultati sono stati significativamen- te a favore del MDC isoosmolare, dimostrando in particolare come, utilizzando la con- sueta definizione per danno nefrotossico, l’incidenza fosse del 26% dopo sommini- strazione di iohexolo e del 3% dopo somministrazione di iodixanolo (p = 0,002) [10].

Una più recente metaanalisi ha confrontato il MDC isoosmolare iodixanolo con diversi MDC a bassa osmolarità prendendo in considerazione 16 trial per un totale di 3.004 pazienti sottoposti a esami angiografici [11]. Anche in questo caso i risultati erano significativamente a favore dello iodixanolo sia nella popolazione generale che nei pazienti con insufficienza renale e soprattutto nei diabetici con insufficienza renale.

Sono stati quindi raccolti elementi clinici a favore dell’impiego di iodixanolo in grup- pi di pazienti a rischio sottoposti a indagine angiografica.

Appare opportuno fornire alcuni dati anche sulla prognosi in caso di danno nefro- tossico da MDC, per chiarire la rilevanza clinica del fenomeno. Una valutazione su 1.826 pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica ha dimostrato come la mortalità intrao- spedaliera risultasse del 1,1% nei 1.548 pazienti che non avevano manifestato un dete- rioramento della funzionalità renale dopo l’indagine, mentre saliva al 7,1% nei 264 pazienti che erano andati incontro a un danno nefrotossico dopo la somministrazione del MDC, per giungere al 35,7% nei 14 pazienti con un danno nefrotossico che aveva richiesto un trattamento emodialitico [12]. La prognosi può essere quindi particolar- mente severa. È stato anche dimostrato come nei pazienti che hanno subito un danno nefrotossico da MDC vi sia un incremento significativo del periodo di ospedalizzazio- ne, dell’eventuale periodo di degenza in un’unità di terapia intensiva, nonché della mor- talità sia intraospedaliera sia a un anno [13].

Dai dati finora riportati emerge chiaramente come una compromissione della fun- zionalità renale, soprattutto quando associata a diabete, rappresenti il fattore di rischio più temibile per un eventuale danno nefrotossico dopo somministrazione di MDC. Vi è quindi la necessità di identificare in particolare questo gruppo di pazienti. Vi è da chiedersi se sia ragionevole una determinazione routinaria della creatininemia prima dell’indagine contrastografica.Va a questo proposito ricordato anzitutto che la valuta- zione clinico-anamnestica è stata considerata dalla Circolare Ministeriale del 17/9/1997 l’aspetto più importante nella prevenzione di eventuali danni da MDC, non risultando necessarie batterie di indagini laboratoristiche. L’importanza di una valutazione clini- co-anamnestica preliminare per identificare i pazienti a rischio viene anche sottoli- neata dai risultati ottenuti attraverso un questionario che aveva l’obiettivo di identifi- care i pazienti con una elevata probabilità di avere una funzionalità renale normale, e quindi di non necessitare di una valutazione preliminare della creatininemia. In questo studio [14] è stato rilevato come la risposta positiva a 6 domande (tese a verificare pre- senza di una patologia renale preesistente, di proteinuria, di un precedente intervento chirurgico renale, di ipertensione, gotta e diabete) fosse predittiva di una creatininemia elevata. Il 67% dei 673 pazienti interrogati aveva dato una risposta negativa a questi 6 quesiti. Tra questi, 94 avevano una creatininemia normale e il 99% aveva una creatini- nemia inferiore a 1,7 mg/dl. Gli autori pertanto concludono che un semplice questionario con 6 domande può identificare una elevata percentuale di pazienti con creatininemia normale e quindi ridurre notevolmente la quota di pazienti in cui è necessaria una valutazione della creatininemia prima dell’indagine contrastografica.

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Vanno prese a questo punto in considerazione le strategie che possono essere impie- gate per prevenire il danno nefrotossico in pazienti a rischio. Prenderemo in esame cinque aspetti:

1. la necessità di evitare farmaci nefrotossici per almeno 24 ore;

2. la necessità di garantire una idratazione adeguata;

3. la possibilità di una profilassi farmacologica;

4. la possibilità di ricorso all’emodialisi o all’emofiltrazione;

5. l’opportunità di ottimizzare il volume di MDC e di scegliere il prodotto più opportuno.

Abbiamo già accennato come il radiologo debba essere consapevole che numerosi far- maci sono in diversa misura nefrotossici ed è stato recentemente dimostrato come la som- ministrazione di farmaci potenzialmente nefrotossici sia un fattore di rischio indipen- dente per l’insorgenza di danno nefrotossico indotto da MDC [15].

L’ESUR ha quindi inserito nelle proprie linee guida l’opportunità di evitare la som- ministrazione di farmaci nefrotossici per almeno 24 ore prima di effettuare l’esame contrastografico in pazienti a rischio [9].

Per quanto riguarda l’idratazione, vi è ampio consenso sulla sua efficacia come misu- ra profilattica per evitare il danno nefrotossico. Vi è anche accordo sull’opportunità di una idratazione per via endovenosa piuttosto che per via orale, quando possibile, come anche sull’opportunità di impiegare preferenzialmente una soluzione fisiologica allo 0,9%. Per quanto riguarda il volume ottimale da impiegare, le linee guida dell’ESUR consigliano la somministrazione di 100 ml/h, iniziando 4 ore prima della procedura e continuando sino a 24 ore dopo [9]. Un recente studio [16] ha sottolineato l’utilità di una idratazione con bicarbonato di sodio piuttosto che con soluzione fisiologica (cloruro di sodio) dimostrando una significativa riduzione nell’incidenza di eventi nefrotossici in pazienti idratati con la prima. Tali risultati vanno considerati di estremo interesse, pur se sarà opportuna una conferma in trial multicentrici più ampi.

Sono stati proposti numerosi farmaci per una profilassi del danno nefrotossico. In particolare, sono stati testati in trial clinici sia vasodilatatori renali (calcioantagonisti, dopamina, peptide atriale natriuretico, fenoldopam, prostaglandina E1), sia farmaci antagonisti di vasocostrittori (antagonisti del recettore per l’endotelina e la teofillina), sia infine farmaci citoprotettori (N-acetilcisteina). Alcuni di questi farmaci si sono dimostrati inefficaci, altri addirittura dannosi, ma sulla gran parte i risultati ottenuti in letteratura sono controversi. Ci sembra opportuno soffermarsi in particolare su due di essi, sui quali è stato raccolto un maggior numero di dati nella letteratura recente: la teofillina e, soprattutto, la N-acetilcisteina.

Per quanto riguarda la teofillina, antagonista dell’adenosina, il suo impiego può risultare di interesse soprattutto per la possibilità di somministrarla pochi minuti prima della somministrazione del MDC in una singola iniezione per via endovenosa; moda- lità quindi immediata, non dispendiosa e ragionevolmente sicura, pertanto concet- tualmente utile in situazioni di urgenza. Una recente metaanalisi [17] ha preso in con- siderazione 7 studi su questo farmaco e ha concluso sottolineandone la reale efficacia per la prevenzione del danno nefrotossico da MDC. Gli autori stessi peraltro sottoli- neano l’estrema eterogeneità dei lavori presi in considerazione nell’ambito della metaa- nalisi, per cui tale risultato, per quanto interessante, non può ancora rappresentare un dato conclusivo a favore dell’impiego di questo prodotto.

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Negli ultimi anni moltissimi studi hanno preso in considerazione la possibilità di impiegare la N-acetilcisteina per la prevenzione del danno nefrotossico da MDC. Si tratta di un farmaco citoprotettore, un vero e proprio spazzino dei radicali ossigeno liberi che presenta anche un’azione vasodilatatrice. Esso ha inoltre ulteriori punti a proprio favore che ne agevolano l’impiego, ovvero il basso costo, l’ampia diffusione, la facilità di somministrazione e la scarsità di effetti collaterali. Sembrerebbe un prodot- to pressoché ideale, ma resta da definire se sia veramente efficace. Una prima metaanalisi [18] aveva concluso positivamente, dimostrando l’efficacia della N-acetilcisteina nel prevenire il danno nefrotossico. Una metaanalisi successiva, che prendeva in conside- razione 13 studi clinici, è invece giunta a risultati meno favorevoli [19]. Un altro studio ha contribuito a sollevare perplessità sulla modalità di azione di questo farmaco [20].

Sarebbe stato infatti dimostrato come la N-acetilcisteina riduca effettivamente la crea- tininemia serica, ma non il volume di filtrazione glomerulare misurato attraverso un mar- ker più sensibile (la cistatina C), per cui è stato ipotizzato che la N-acetilcisteina non modifichi in realtà il volume di filtrazione glomerulare ma determini una riduzione dei livelli di creatininemia attraverso altri meccanismi (es. interferendo con la secre- zione tubulare e il metabolismo della creatinina). Alla luce di questi dati si ritiene sia dif- ficile proporre sulla base dell’evidenza clinica l’impiego della N-acetilcisteina per pre- venire la nefropatia da MDC [19].

Taluni autori avevano proposto l’emodialisi come misura profilattica, da impiegarsi quindi immediatamente dopo la somministrazione del MDC per prevenirne il danno nefrotossico. Gli studi clinici non hanno dimostrato peraltro un’efficacia di questa procedura, e si ritiene ciò sia legato alle modalità con cui si instaura il danno renale dopo somministrazione di MDC in quanto tale danno verrebbe a essere espressione, in par- ticolare, di una vasocostrizione a livello midollare che si verifica pressoché immedia- tamente dopo la somministrazione del MDC, rendendo quindi vana la successiva emo- dialisi.

Uno studio recente [21] ha riportato i risultati positivi ottenuti con emofiltra- zione, procedura effettuata nel reparto di terapia intensiva iniziando 4-8 ore prima dell’angiografia e continuando per 18-24 ore dopo l’indagine. Tali dati sono sicura- mente interessanti, ma è chiaro che una procedura di questo genere non può trova- re applicazione nella larga massa dei pazienti a rischio, venendo eventualmente limi- tata a pochi casi selezionati.

Per quanto riguarda il volume e il tipo di MDC da impiegare si può far riferi- mento alle considerazioni precedentemente espresse. Non vi è dubbio che nelle inda- gini contrastografiche vada impiegato il volume di MDC minimo che ci consente di ottenere un’informazione adeguata ai fini diagnostici, e nei pazienti a rischio per danno nefrotossico va posta particolare attenzione all’opportunità di minimizzare la dose di MDC. Per quanto riguarda invece il tipo di MDC da impiegare, non vi è dub- bio che i MDC ad alta osmolarità non trovino più utilizzo per studi intravascolari, e va ricordato come non vi siano studi clinici che dimostrino differenze significati- ve in termini di nefrotossità nell’ambito dei diversi MDC a bassa osmolarità. Studi per via intraarteriosa hanno invece rilevato una minor nefrotossicità di MDC isoo- smolari nei pazienti a rischio.

Dopo questa disamina sui danni renali da MDC iodati sembra opportuno aggiungere qualche considerazione sulla possibile nefrotossicità dei MDC contenenti gadolinio. È ben noto come essi siano assai sicuri e non correlabili a un apprezzabile rischio di

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nefrotossicità quando somministrati nelle dosi usuali in risonanza magnetica (sino a 0,3 mmol/kg) sia in pazienti normoazotemici che in pazienti con funzionalità renale ridotta. Tuttavia va sottolineato come la nefrotossicità dei MDC contenenti gadolinio sia stata ben documentata sia negli animali che nell’uomo quando vengono impiegate dosi superiori a 0,3 mmol/kg, per esempio quando si utilizzano questi composti per esami radiografici o TC. Va rilevato come dosi superiori a 0,3 mmol/kg possano essere occa- sionalmente somministrate anche in alcuni esami RM. L’uso di queste dosi elevate in pazienti con funzionalità renale compromessa è quindi controindicata.

In conclusione, nel paziente anziano va posta particolare attenzione alla necessità di prevenire un eventuale danno nefrotossico da MDC, che in pazienti con fattori di rischio può avere pesanti implicazioni prognostiche. Per orientarci su quanto va fatto e soprat- tutto su quanto va evitato nella pratica quotidiana appare opportuno far riferimento alle linee guida dell’ESUR che possono essere ritrovate sul sito www.esur.org e che sono qui di seguito riportate (Tabelle 1, 2).

Tabella 1. Linea guida ESUR per evitare la nefropatia da MDC Ricercare i fattori di rischio

- Creatininemia elevata, soprattutto se pazienti con nefropatia diabetica - Disidratazione

- Scompenso cardiaco congestizio - Età superiore a 70 anni

- Somministrazione di farmaci nefrotossici, es. FANS

Tabella 2. Linea guida ESUR per evitare la nefropatia da MDC In pazienti con fattori di rischio

Da fare

- Accertarsi che il paziente sia ben idratato: somministrare almeno 100ml/h (per via orale, a esempio bibite, o per via endovenosa - soluzione fisiologica - in base alla situazione clinica) iniziando 4 ore prima e continuando sino a 24 ore dopo la somministrazione del MDC. In paesi caldi il volume di liquidi va aumentato

- Usare MDC a bassa osmolarità o isoosmolare

- Interrompere la somministrazione di farmaci nefrotossici per almeno 24 ore

- Prendere in considerazione indagini alternative che non richiedono la somministrazione di MDC iodati

Da non fare

- Iniettare MDC ad alta osmolarità - Somministrare dosi elevate di MDC

- Somministrare mannitolo e diuretici, soprattutto diuretici dell’ansa - Effettuare studi contrastografici multipli in un breve periodo di tempo

ESUR, European Society of Urogenital Radiology; FANS, farmaci antiinfiammatori non steroidei; MDC, mezzo di contrasto

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