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FISIOPATOLOGIA DEL SISTEMA ENDOCRINO IN UTI

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Academic year: 2021

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FISIOPATOLOGIA DEL SISTEMA ENDOCRINO IN UTI

L’unità di terapia intensiva riceve ogni giorno sia pazienti che necessitano di un monitoraggio post-chirurgico in elezione, essendo stati sottoposti ad interventi di chirurgia maggiore e/o con anamnesi ad alto rischio, sia pazienti in pericolo di vita per l’instaurarsi di condizioni acute come un’insufficienza respiratoria grave, uno shock settico, un’insufficienza multiorgano, etc..

La critical illness è il punto di arrivo di un’incontrollata infiammazione sistemica, di danni vascolari e d’organo, che fanno seguito a diverse patologie, come neoplasie, traumi, eventi settici, complicanze di interventi chirurgici, etc..

La prevalenza di pazienti critici che, negli Stati Uniti, vengono ammessi in UTI è di circa 750000/anno, con un tasso di mortalità che può superare il 30-50%. (1)

Si deduce che il pronto riconoscimento e il trattamento di pazienti in fase critica è fondamentale per impedire che si inneschi un “effetto domino”, che porta inevitabilmente ad un progressivo collasso degli organi vitali ed eventualmente all’exitus.

La risposta dell’organismo ai vari tipi di insulti, sia eventi acuti che cronici, prevede un adattamento delle funzioni metaboliche, immunologiche, e

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neuroormonali, allo scopo di sostenere le funzioni vitali e garantire un adeguato recupero funzionale.

Le alterazioni che si verificano in questi malati sono complesse, talora disomogenee, e richiedono quindi un’adeguata conoscenza della fisiologia e delle eventuali modificazioni che si hanno in seguito a una qualsiasi noxa. Il sistema ipotalamo-ipofisi costituisce la parte più importante dell’intero sistema endocrino; non sorprende, pertanto, che la sua organizzazione anatomica e le sue relazioni funzionali siano particolarmente elaborate e sofisticate. L’attività del complesso ipotalamo- ipofisi controlla la funzione della tiroide, delle ghiandole surrenali e delle gonadi, è direttamente responsabile dell’accrescimento corporeo e contribuisce al mantenimento del bilancio idrico. L’unità funzionale ipotalamo-ipofisaria sintetizza, immagazzina e secerne numerosi ormoni. Due ormoni, l’ormone antidiuretico (ADH) e l’ossitocina, vengono sintetizzati nell’ipotalamo, ma sono accumulati e secreti dall’ipofisi posteriore, o neuroipofisi. La porzione anteriore, o adenoipofisi, sintetizza, accumula e secerne i seguenti ormoni trofici: ormone adrenocorticotropo (ACTH), ormone tireostimolante (TSH), ormone luteizzante (LH), ormone follicolo-stimolante (FSH),

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5 (Fig. 1) Circuito a feedback negativo che regola la secrezione ormonale dell’asse ipotalamo-ipofisi-ghiandola periferica; XTH, ormone trofico dell’ipofisi; XRH, ormone ipotalamico di rilascio; XIH, ormone ipotalamico inibitorio. (Robert M. Berne, Matthew N. Levy, Bruce M. Koeppen,

Bruce A. Stanton,

FISIOLOGIA, Zanichelli

edizioni, quarta edizione pag. 92)

Inoltre, esiste un insieme di ormoni (o fattori) di liberazione e di inibizione, che vengono sintetizzati nell’ipotalamo e che raggiungono l’adenoipofisi, dove modulano la sintesi e la secrezione degli ormoni trofici. L’ipotalamo riveste un ruolo fondamentale: rappresenta infatti una sorta di stazione centrale di smistamento, che raccoglie e integra le informazioni di diversa origine e le convoglia verso l’ipofisi. L’ipotalamo riceve fibre nervose afferenti dal talamo, dalla sostanza reticolare afferente, dal sistema limbico, dalla retina, ed indirettamente, dalla neocorteccia. Tramite queste afferenze, l’attività ipofisaria può essere influenzata dal dolore, dal sonno o

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dalla veglia, dalle emozioni, dalla paura, dalla luce e da vari tipi di stress. La vicinanza di altri nuclei ipotalamici che controllano altre funzioni del sistema nervoso autonomo, come la sete, l’appetito, la regolazione dei depositi energetici e la regolazione della temperatura corporea, consente anche una coordinazione tra la secrezione degli ormoni ipofisari e un’ampia gamma di funzioni autonome fondamentali. Alcuni neurotrasmettitori ipotalamici, come la dopamina, possono raggiungere il sangue delle vene portali e influenzare direttamente, agendo su specifici recettori, la secrezione degli ormoni trofici adenoipofisari.

L’asse ipotalamo-ipofisario è sotto l’influenza di varie molecole prodotte in periferia: gli ormoni delle ghiandole periferiche o i substrati che derivano dal metabolismo tissutale possono esercitare un controllo retroattivo (feedback) sia sull’ipotalamo sia sull’ipofisi anteriore. (2)

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5 (Fig. 2) I centri regolatori ipotalamici: rappresentazione schematica delle loro afferenze e efferenze e delle interrelazioni esistenti. Si noti come, utilizzando l’ipotalamo come stazione di relais, un fattore, come ad esempio, il dolore, può influenzare la secrezione di ormoni , la regolazione dell’equilibrio idrico o le risposte allo stress. (Robert M. Berne, Matthew N. Levy, Bruce M. Koeppen, Bruce A. Stanton, FISIOLOGIA, Zanichelli edizioni, quarta edizione pag. 927)

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Da ciò si deduce l’enorme complessità nello studio di un sistema embricato con una grande varietà di stimoli sia fisiologici che patologici.

In occasione di un trauma, di un intervento chirurgico o di altri tipi di stressors, l’assetto neuroendocrino di questi pazienti subisce variazioni importanti che perturbano la normale omeostasi, ma che, alla luce di quanto osservato in numerosi recenti studi clinici, dovrebbe essere utilizzato come strumento importante nella valutazione del paziente critico cronico.

Inizialmente si sono avute difficoltà di interpretazione dei dati, in quanto gli studiosi sono stati fuorviati dalla convinzione di una identica risposta ormonale indipendentemente dalla fase di malattia; così, i primi trattamenti endocrini terapeutici hanno inaspettatamente aumentato, anziché diminuito la mortalità.

Oggi si può invece affermare con certezza la presenza di una risposta ormonale bifasica allo stress, diversa nella fase acuta e nella fase cronica di malattia, sia a livello ipotalamico-ipofisario, sia a livello periferico, con un eventuale ripristino del pattern ormonale normale alla guarigione. (3)

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7 (Fig.3) Modificazioni ormonali in fase acuta e cronica di malattia (Van den Berghe G, de Zegher F, Bouillon R: Acute and prolonged critical illness as different neuroendocrine paradigms. J Clin Endocrinol Metab 1998, 83:1827-183)

In un primo momento, infatti, si ha una risposta protettiva, che aumenta la disponibilità di substrati metabolici (glucosio, aminoacidi, acidi grassi liberi) per supportare gli organi vitali e un’ efficace risposta immunitaria; nella malattia prolungata invece si ha una fase ipercatabolica con una perdita importante di proteine dalle ossa, dai muscoli e dagli organi, che determina un peggioramento delle funzioni vitali e un prolungamento della degenza in UTI. (4)

Molti studi hanno ormai dimostrato che nella critical illness ci sia un alterato funzionamento dell’asse ipotalamo-ipofisi anteriore (HPA), che risulta in parte responsabile degli effetti metabolici osservati.

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(fase acuta) si ha un’ attivazione funzionale dell’ipofisi anteriore associata comunque ad una inattivazione periferica delle vie anaboliche, mentre, nella fase cronica di malattia (> 7 giorni), si ha una riduzione della secrezione pulsatile degli ormoni dell’ipofisi anteriore, cui segue la cosiddetta wasting syndrome, caratterizzata da estrema debolezza muscolare, atrofia intestinale, ritardata guarigione, disfunzione immunitaria.

In fase acuta inoltre sopraggiunge una resistenza all’azione degli ormoni ipofisari a livello degli organi bersaglio e di conseguenza si ha una bassa concentrazione degli ormoni effettori periferici, che spiega la diminuita attività anabolica. Ciò probabilmente ha un ruolo nel garantire la sopravvivenza all’insulto a breve termine, per cui non sembra necessario alcun intervento medico. (5)

Questi adattamenti infatti, sono favorevoli per il paziente, perché riducono il consumo periferico di energia, indirizzando i substrati verso gli organi vitali.

Al contrario, nella malattia critica cronica, si ha una alterazione della secrezione pulsatile ipotalamica, che contribuisce all’abbassamento dei livelli ematici dei corrispettivi ormoni periferici.

Ma, se al paziente si somministrano secretagoghi ipotalamici, si ha un recupero della pulsatilità e un aumento degli ormoni periferici, fatto che

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implica almeno in parte, la presenza di sensibilità dei tessuti alla stimolazione ormonale, a differenza di quanto accade invece nella fase acuta di malattia.

Nelle due fasi di malattia si hanno meccanismi fisiopatologici diversi che sono tuttora solo in parte conosciuti.

Le citochine pro-infiammatorie (Fattore di necrosi tumorale α, Interleuchina-1 e -6) e gli ormoni contro-insulari (adrenalina, glucagone, glucocorticoidi), sono elevati nella risposta di fase acuta, mentre si riducono o si normalizzano nella fase cronica. E’ alquanto improbabile quindi un loro contributo alla wasting syndrome della fase prolungata. L’assetto ormonale ipofisario, in fase cronica di malattia, sembra avere quindi un ruolo fondamentale nel determinare lo stato ipercatabolico, per la profonda influenza che esso ha sul metabolismo globale e sul sistema immunitario. (6)

I recenti lavori sulle variazioni della risposta neuroendocrina nella critical illness e le sue relazioni con le alterazioni metaboliche e ormonali periferiche in seguito a una malattia, hanno ampliato l’orizzonte sull’uso di potenziali strategie terapeutiche in terapia intensiva.

Mentre in fase acuta la reazione ipercatabolica è molto probabilmente favorevole per il paziente, per cui non sembra necessario intervenire farmacologicamente per ripristinare l’assetto ormonale, in fase cronica

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dovrebbe essere valutata una terapia per far regredire la wasting sindrome e per migliorare la sopravvivenza.

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