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Rimborsi chilometrici

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Academic year: 2022

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È vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro.

Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente

Rimborsi chilometrici

Di Fabio Garrini – Roberto Chiumiento

Una prima soluzione spesso utilizzata dalle aziende per la gestione delle auto aziendali utilizzate dai dipendenti per le trasferte è quella del rimborso chilometrico: il dipendente che deve spostarsi per adempiere alle proprie mansioni, anziché utilizzare la vettura messagli a disposizione dall’azienda, utilizza un mezzo proprio e successivamente chiede all’azienda di erogargli un rimborso per indennizzarlo del costo patito per effettuare detta trasferta.

Al fine di gestire i rimborsi chilometrici sono presenti sul sito dell’ACI apposite tabelle (che vengono periodicamente aggiornate) che consentono di verificare il costo chilometrico in ragione della marca e del modello della vettura. Nei calcoli vengono convenzionalmente adottate le seguenti percorrenze medie annue:

• per le autovetture (e fuoristrada) a benzina: da un minimo di 5.000 ad un massimo di 50.000 km annui, suddivise in fasce di 5.000 km;

• per le autovetture (e fuoristrada) a gasolio: da un minimo di 10.000 ad un massimo di 100.000 km annui, suddivise in fasce di 10.000 km;

• per i ciclomotori e motocicli: da un minimo di 2.500 ad un massimo di 25.000 km annui, suddivisi in fasce di 2.500 km;

• per gli autofurgoni: da un minimo di 20.000 ad un massimo di 90.000 km annui, suddivisi in fasce di 10.000 km.

La valutazione della percorrenza deve essere complessiva, ossia considerando tanto i chilometri sostenuti per l’utilizzo privato quanto quelli sostenuti per utilizzo aziendale: questo è piuttosto logico visto che, come poi si vedrà, all’interno del costo chilometrico sono presenti delle parti non proporzionali alla percorrenza, il cui costo al km viene stimato in ragione del chilometraggio complessivo. Ad esempio il costo sostenuto per l’assicurazione, fisso, offre utilità sia per l’utilizzo privato che per quello aziendale. Questa considerazione è di grande importanza nella valutazione del rimborso unitario: se infatti si fa riferimento alla sola percorrenza chilometrica presente sui prospetti dei rimborsi, quindi trascurando la percorrenza privata, si finirà necessariamente per sottostimare il chilometraggio annuo e quindi sovrastimare il rimborso chilometrico unitario. è una prassi che dovrebbe essere assunta dalle aziende quella di verificare con cadenza periodica (almeno annuale) l’effettiva percorrenza della vettura.

Per ben valutare le conseguenze fiscali legate alla gestione di tale fattispecie, occorre guardare la materia da due distinti punti di vista, quello dell’azienda (per verificare la deducibilità della somma erogata) e quello del dipendente (per verificarle l’eventuale imponibilità in capo al percettore).

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Trattamento in capo all’azienda

Per quanto riguarda l’azienda, la disciplina di riferimento è quella contenuta nell’articolo 95, comma 3 secondo periodo del TUIR, secondo il quale:

“… Se il dipendente o il titolare dei predetti rapporti [rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, n.d.a.] sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato al fine di essere utilizzato per una specifica trasferta, la spesa deducibile è limitata, rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se con motore diesel”.

L’azienda, nell’erogare i rimborsi, dovrà tenere in considerazione i seguenti limiti di deducibilità fiscale:

1) se il dipendente utilizza la propria vettura (che può essere intestata direttamente a lui oppure egli potrebbe utilizzarla anche in forza di un contratto di locazione finanziaria), per il costo di percorrenza il rimborso è fiscalmente deducibile entro il limite previsto per le vetture di 17 cavalli fiscali se alimentate a benzina, ovvero 20 cavalli fiscali se alimentate a gasolio (tali importi sono periodicamente aggiornati ai sensi dell’art. 33, d.l. 41/1995 e possono essere verificati sul sito dell’Automobile Club Italia);

2) è opinione condivisa (e ormai una prassi diffusa) che non vi siano problemi anche se la vettura non è di proprietà del dipendente ma è semplicemente nella disponibilità del dipendente stesso. Si pensi al caso del dipendente che per effettuare una trasferta utilizzi la vettura intestata alla moglie (non sembra necessario che vi sia un comodato ufficiale tra i coniugi; se però le trasferte effettuate utilizzando tale mezzo sono frequenti, potrebbe essere utile predisporre un documento in tale senso);

3) se il contribuente, per effettuare la trasferta, ha preso a noleggio una vettura il rimborso può avvenire nel limite delle tariffe di noleggio previste per le vetture di 17 cavalli fiscali, ovvero 20 cavalli fiscali se alimentate a gasolio. Si tratta, occorre ricordarlo, di vettura presa a noleggio direttamente dal dipendente in quanto, se la vettura è presa a noleggio dall’azienda e poi messa a disposizioni del dipendente, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 164 TUIR, anche nel caso di durata inferiore all’anno, al limite anche di un solo giorno (cfr. c.m. 48/e del 10 febbraio 1998).

Su tale seconda fattispecie si dirà in seguito.

Il rimborso chilometrico copre tanto il deperimento del veicolo (quota del costo di acquisto, manutenzioni e consumo dei pneumatici) quanto i costi diretti di utilizzo (il carburante consumato nel viaggio); ciò sta a significare che l’erogazione di un rimborso chilometrico in linea con le tariffe previste per le vetture di 17/20 cavalli fiscali a cui dovesse essere aggiunta una componente relativa, ad esempio, alla manutenzione (il dipendente in trasferta con la propria auto fora la gomma e, oltre al rimborso chilometrico, gli viene erogata anche una somma pari al costo della sostituzione della gomma), tale componente aggiuntiva sarebbe indeducibile. essa, infatti, in quanto già ricompresa nelle tariffe citate, sarebbe nella sostanza un rimborso chilometrico aggiuntivo, eccedente i limiti dell’articolo 95, comma 3, TUIR. essendo una erogazione aggiuntiva essa non risulterebbe detassata ma al contrario sarebbe parte della remunerazione imponibile.

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Si deve invece osservare come nelle componenti che vanno a formare tali tariffe non siano previsti alcuni costi che ordinariamente vengono sostenuti nell’ambito delle trasferte, quali pedaggi autostradali e spese di custodia (parcheggi); il rimborso di tali spese può pertanto essere aggiunto a quello chilometrico, risultando comunque deducibile (Assonime, circolare 25/98) e senza che esso comporti alcuna conseguenza in capo al lavoratore. Purché ovviamente siano rispettate le regole di documentazione.

Trattamento in capo al lavoratore

Qualche accortezza in più serve al fine verificare il trattamento fiscale in capo al lavoratore dipendente del rimborso chilometrico erogato. La nozione chiave è quella della non imponibilità del rimborso erogato in quanto non trattasi di remunerazione ma, al contrario, di un indennizzo per costi patiti dal dipendente per conto dell’azienda. In particolare, secondo la c.m. 326/e del 23 dicembre 1997: “… i rimborsi analitici delle spese di viaggio, anche sotto forma di indennità chilometrica, e di trasporto non concorrono comunque a formare il reddito quando le spese stesse siano rimborsate sulla base di idonea documentazione”.

Al riguardo, richiamando alcuni concetti già espressi in precedenza in relazione alle spese di trasferta, si ricorda che:

• tale esclusione dall’imponibile del dipendente vale solo per la trasferta effettuato al di fuori del comune e, per tale verifica,

è irrilevante la dimensione del Comune. Se al dipendente, con luogo di lavoro nel comune di Milano che si deve recare da un cliente ubicato nel medesimo comune, viene erogata un rimborso chilometrico, questo sarà imponibile anche se la trasferta richiede diverse ore. Al contrario, se il dipendente si sposta per un veloce intervento da Mantova (sede di lavoro) al vicino comune di Virgilio, anche se la trasferta dura non più di una decina di minuti, il rimborso erogato non sarà imponibile in capo al lavoratore;

• per le trasferte nell’ambito del comune, ai sensi dell’ultimo periodo dell’articolo 51, comma 5 del TUIR, è prevista una deroga all’imponibilità dei rimborsi in capo al dipendente, costituita dalla rifusione delle spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore (ad esempio, la ricevuta del taxi); al riguardo la c.m. 232/e del 16 luglio 2002 ha precisato che tale disposizione deve interpretarsi in via tassativa, per cui non è ammessa l’interpretazione per analogia al caso di utilizzo di auto propria (per la quale viene erogato un rimborso chilometrico che deve quindi considerarsi tassabile);

• al fine di consentire l’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente dell’indennità chilometrica, non è necessario che il datore di lavoro provveda al rilascio di una espressa autorizzazione scritta preventiva (c.m. 188/e del 16 luglio

1998), anche se questa è una pratica che nelle imprese di grosse dimensioni potrebbe essere utile soprattutto per il controllo amministrativo interno (ma comunque senza alcun riflesso fiscale); la trasferta deve risultare dalla normale documentazione conservata dal datore di lavoro dal quale sia desumibile il calcolo del rimborso spettante (ossia un prospetto dal quale desumere gli elementi della trasferta attraverso i quali quantificare il rimborso da erogare);

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• il tragitto casa-lavoro-casa non costituisce trasferta, nel senso di temporaneo spostamento dalla sede abituale di lavoro (la spesa sostenuta dal lavoratore per recarsi al lavoro e per ritornare alla propria abitazione è da considerarsi una spesa per la produzione del reddito a carico del lavoratore, evidentemente non deducibile da parte di quest’ultimo); una erogazione del datore di lavoro in relazione ai costi sostenuti dal dipendente per raggiungere il luogo ordinario di lavoro deve intendersi imponibile in capo al dipendente (c.m. 54/e del 23 marzo 1999 e c.m. 191/e del 13 dicembre 2000).

Coordinamento tra regole del dipendente e regole dell’azienda

Per verificare il corretto coordinamento tra le due disposizioni ci si deve porre una domanda: visto che il rimborso chilometrico erogato al dipendente viene dedotto dall’azienda entro un certo limite, risulta o meno detassato in capo al percettore senza alcun tetto superiore di importo? Per ben apprezzare la concreta portata di tale interrogativo si pensi al seguente esempio base, che sarà di seguito utilizzato anche per altre esemplificazioni.

Quesito

Un’azienda chiede ad un proprio dipendente, la cui sede di lavoro è nel Comune di Mantova, di recarsi Firenze per motivi di lavoro.

trasferta: Mantova – Firenze – Mantova  500 km

Se l’imprenditore dovesse erogare € 2.000 quale indennizzo chilometrico, siamo davvero certi che tale somma (al di là del trattamento in capo all’impresa, per il quale esiste il limite di deduzione dell’articolo 95 comma 3 TUIR) sia interamente non imponibile in capo al dipendente?

Risposta

La risposta, a parere di chi scrive, la si può trovare nel seguente passaggio della citata c.m.

326/E/97:

“Relativamente all’indennità chilometrica per le trasferte fuori del comune dove il dipendente ha la sede di lavoro, si precisa che, al fine di consentire l’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente dell’indennità chilometrica, non è necessario che il datore di lavoro provveda al rilascio di una espressa autorizzazione scritta che contenga tutti i dati relativi alla percorrenza e al tipo di autovettura ammessa per il viaggio. È, invece, necessario che, in sede di liquidazione, l’ammontare dell’indennità sia determinato avuto riguardo alla percorrenza, al tipo di automezzo usato dal dipendente e al costo chilometrico ricostruito secondo il tipo di autovettura”.

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Malgrado non vi sia un rinvio esplicito, il riferimento della circolare alle variabili percorrenza, tipo di automezzo e costo chilometrico ricostruito secondo il tipo di autovettura, pare un’indicazione evidente del fatto che la non tassabilità in capo al lavoratore dipendente sia subordinata al limite previsto per la specifica vettura utilizzata per quella determinata trasferta. Si torna a ricordare, con il rischio di risultare ridondanti ma tale passaggio è fondamentale per le considerazioni che seguiranno, che le tabelle da cui ricavare il rimborso chilometrico in questione, come chiarito in precedenza, non sono le medesime previste per la verifica del limite fiscale di deducibilità per l’azienda (17/20 cavalli fiscali) ma quelle relative allo specifico veicolo utilizzato dal dipendente.

La gestione del rimborso dovrà quindi essere condotta avendo a riferimento due distinti limiti:

1) un primo, costituito dal limite di deducibilità fiscale per l’azienda;

2) un secondo, generalmente superiore rispetto al primo, dato dal limite di non imponibilità in capo al lavoratore.

Caso 1

Per verificare come si debbano coordinare tali disposizioni si consideri il seguente esempio caratterizzato da un costo chilometrico delle specifiche vetture superiore a quello stabilito per le vetture di potenza pari a 17/20 cavalli fiscali (la situazione che normalmente si verifica nella pratica): un dipendente si reca con la propria vettura da Mantova a Firenze e ritorno per un totale di km 500, utilizzando una Mercedes ML 430 benzina. La percorrenza media annua è di 30.000 km (in seguito si proporranno considerazioni in merito alla rilevanza del chilometraggio annuo, quindi alla rilevanza dei costi fissi nella determinazione del rimborso chilometrico).

N.B.: gli esempi che seguono sono evidentemente esemplificativi e i dati utilizzati devono necessariamente essere considerati in ragione della tipologia, marca e modello della vettura ed aggiornati alla luce delle revisioni che periodicamente l’ACI propone per tali tabelle.

Per quanto detto, al dipendente potrebbe essere liquidato un rimborso chilometrico per tale trasferta pari ad € 395,75 (pari ad € 0,791493 moltiplicato per 500 chilometri), senza che questo venga tassato in capo al dipendente.

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Limite 17 CF  € 0,41268 al km rimborso  € 206,34

Autovetture in produzione alimentate a benzina con 17 CVF

Prezzo Costi non proporzionali alla percorrenza Costi proporzionali alla percorrenza

Prezzo listino

Prezzo strada

Quota interessi

Tassa autom.

Assicuraz.

RCA

TOTALE Quota capitale

Carbur. Pneum. Manut.

ripar.

TOTALE

14.584,68 17.904,81 958,11 210,10 1.996,71 3.164,92 0,09280 0,13032 0,01444 0,06963 0,30718

Costo complessivo di esercizio in euro al km Percorrenza

media annua

5.000 10.000 15.000 20.000 25.000 30.000 35.000 40.000 45.000 50.000

Costo di esercizio

0,94017 0,62368 0,51818 0,46543 0,43378 0,41268 0,39761 0,38631 0,37752 0,37048

Sulla base della tabella delle vetture di potenza pari a 17 cavalli fiscali per le vetture a benzina, si verifica che il limite di deducibilità in capo all’azienda è pari ad € 206,34 (pari ad € 0,41268 moltiplicato per 500 chilometri).

A questo punto, combinando le due disposizioni si arriva a concludere che:

Rimborso Trattamento fiscale AZIENDA

Trattamento fiscale DIPENDENTE fino a € 206,34 deducibile NON imponibile da € 206,35 a € 395,75 NON deducibile NON imponibile Oltre € 395,75 NON deducibile imponibile

A dire il vero, l’ultima riga della tabella che precede merita una riflessione specifica ed ulteriore; se infatti il componente imputato al dipendente, per quanto in precedenza affermato, diviene imponibile, sulla indeducibilità in capo all’azienda occorre precisare:

• se la regola dell’articolo 95 TUIR circa il limite di potenza del veicolo nella determinazione dei rimborsi chilometrici deducibili deve intendersi inderogabile (come ritiene chi scrive e come indicato in tabella), allora la quota di rimborso che costituisce fringe benefit deve considerarsi comunque indeducibile in capo all’azienda;

• se al contrario si ritiene che, essendo tale rimborso compenso in natura imponibile in capo al dipendente, esso cambi natura divenendo costo del lavoro, allora il rimborso, per la parte corrispondente a tale quota, deve intendersi deducibile.

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A sostegno della prima tesi si deve richiamare alla memoria la formulazione dell’articolo 164, comma 1, lettera b-bis) nel periodo compreso tra il d.l. 262/2006 ed il d.l. 81/2007, ossia allorquando i costi auto di proprietà dell’azienda erano interamente indeducibili. In quella sede, nella diversa disciplina riguardate le vetture in uso promiscuo ai dipendenti, si affermava: “per i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti, è deducibile l’importo costituente reddito di lavoro”. Al riguardo occorre notare che se il Legislatore si era preoccupato di inserire una disposizione specifica volta ad assicurare la deducibilità del costo aziendale proporzionale al reddito di natura imputato, significa che la tassazione in capo al dipendente del provento, di per sé, non ne assicura automaticamente il diritto alla deduzione in capo all’azienda.

Caso 2

A questo punto vale la pena di considerare il caso opposto al precedente, ossia quello in cui la tariffa di rimborso specifica del mezzo utilizzato è inferiore al limite fiscale. Il medesimo dipendente dell’esempio precedente si reca con la propria vettura da Mantova a Firenze e ritorno per un totale di km 500, utilizzando un Fiat Doblò 1.4 benzina. La percorrenza media annua è di 30.000 km.

Tariffa ACI  € 0,362457 rimborso  € 181,23

Costi complessivi per le percorrenze annue richieste

km €/km km €/km

5.000 0,792151 10.000 0,534335

15.000 0,448396 20.000 0,405426

25.000 0,379645 30.000 0,362457

35.000 0,350180 40.000 0,340972

45.000 0,333811 50.000 0,328082

Rimborso Trattamento fiscale AZIENDA

Trattamento fiscale DIPENDENTE fino a € 181,23 deducibile NON imponibile da € 181,24 a € 206,35 deducibile imponibile Oltre € 206,35 NON deducibile imponibile

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In questo caso il limite di imponibilità per il dipendente (€ 181,23) è inferiore al limite di deducibilità per il rimborso stabilito dall’art. 95 TUIR (evidentemente il medesimo di prima visto che si prende a riferimento quello previsto per le vetture di 17 cavalli fiscali a benzina, € 206,35).

Con riferimento a tale situazione, che si verifica sulle vettura di ridotta cilindrata, occorre prestare particolare attenzione.

Spesso nelle aziende si fissa il rimborso al dipendente (anche) in ragione del limite fiscale di deducibilità in capo all’azienda ritenendo che questo sia l’unico valore privo di conseguenze. In effetti per l’azienda il rimborso in tal modo determinato risulta integralmente deducibile, ma non è detto che non vi siano conseguenze in capo al dipendente che riceve tale somma. nel caso appena esaminato, infatti, vi sarà un importo pari ad € 25,12 (differenza tra € 206,35 ed € 181,23) imponibile in capo al dipendente (componente che quindi dovrà essere comunicato al consulente del lavoro per la redazione della busta paga). Pertanto, prima di erogare i rimborsi spese, oltre alla tabella relativa al limite fiscale di deducibilità, sarà necessario verificare anche la tabella per il limite di imponibilità in capo al lavoratore (ossia il limite del rimborso chilometrico previsto per la specifica vettura utilizzata dal lavoratore). Valgono anche nel presente caso le considerazioni proposte nel precedente in merito alla deducibilità aziendale delle somme imponibili in capo al lavoratore.

9.4 L’individuazione della fascia chilometrica

dall’analisi appena condotta, viste le ripercussioni che potrebbero sorgere in termini fiscali tanto in capo all’azienda quanto in capo al lavoratore, dovrebbe essersi evidenziata la particolare importanza legata alla corretta gestione dell’importo erogato al dipendente.

La gestione deve innanzitutto passare dall’individuazione del rimborso chilometrico spettante. Le tabelle ACI prevedono a tal fine una individuazione del rimborso chilometrico unitario basato su fasce di percorrenza, non certo, per evidenti ragioni, su di un chilometraggio puntuale. Sotto tale profilo occorre considerare due distinte situazioni:

1) come gestire il rimborso unitario nell’eventualità che la percorrenza annua sia è al di sopra o al di sotto del range valutato dalle tabelle ACI (quindi, ad esempio, per le autovetture alimentate a benzina, al di sopra di 50.000 km o al di sotto di 5.000 km; oppure per le vetture alimentate a gasolio sotto i 10.000 o sopra i 100.000)?

2) Oppure, ancora, situazione ordinaria, il chilometraggio annuo non coincide con una delle classi di riferimento. come valutare il rimborso chilometrico quando la percorrenza annua è di 28.000 km quando i dati messi a disposizione dall’ACI sono riferiti a 20.000 e a 30.000 km?

Vi è una soluzione semplicistica, che probabilmente viene spesso utilizzata nelle realtà di più piccole dimensioni: utilizzando il limite previsto per la fascia immediatamente superiore si sottostima il rimborso chilometrico (sia per quanto riguarda il calcolo del rimborso spettante al dipendente sia per quanto riguarda il limite di 17/20 cavalli fiscali), quindi si rimane entro i limiti di

“tolleranza fiscale”.

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Il che significa che se la percorrenza è sotto il limite minimo si utilizzerà il limite minimo; se la percorrenza annua fosse di 28.000 km si prenderebbe il limite di 30.000. Un’approssimazione tutto sommato spesso sopportabile.

Caso 1

Un’azienda chiede ad un proprio dipendente di effettuare le trasferte. egli possiede una AUdI-A4- 2.0-143 cv. Il chilometraggio annuo percorso da tale vettura è di 28.000 km.

Pertanto, adottando il limite di € 30.000:

• l’importo unitario riconoscibile al rimborso chilometrico che non genera alcun imponibile in capo al dipendente sarà pari ad € 0,463990;

Costi non proporzionali €

Quota interessi 1.844,607240

Tassa automobilistica 277,350000

Premio ass. RCA 2.638,842000

TOTALE 4.760,799240

Costi non proporzionali €/km

Quota capitale 0,095662

Carburante 0,099929

Pneumatici 0,027905

Manut. riparazione 0,081800

TOTALE 0,305296

Costi complessivi per le percorrenze annue richieste

km €/km km €/km

10.000 0,781376 20.000 0,543336

30.000 0,463990 40.000 0,424316

50.000 0,400512 60.000 0,384643

70.000 0,373308 80.000 0,364806

90.000 0,358194 100.000 0,352904

• mentre il limite di deducibilità fiscale in capo all’azienda (tabella 20 cavalli fiscali perché a gasolio) sarà fissato in € 0,42817.

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Autovetture in produzione alimentate a gasolio con 20 CVF

prezzo costi non proporzionali alla percorrenza costi proporzionali alla percorrenza prezzo

listino

prezzo strada

quota interessi

tassa autom.

assicuraz.

RCA TOTALE

quota

capitale carbur. pneum.

manut.

ripar. TOTALE 21.608,81 26.299,44 1.303,33 257,42 2.638,84 4.199,59 0,06825 0,12407 0,02012 0,07574 0,28818

Costo complessivo di esercizio in euro al km Percorrenza

media annua 10.000 15.000 20.000 30.000

40.000 50.000 60.000 70.000 80.000 90.000 100.000 Costo di

esercizio 0,70814 0,56815 0,49816 0,42817 0,39317 0,37217 0,35818 0,34818 0,34068 0,33484 0,33018

Vi è poi una soluzione puntuale, che comunque risulta tutto sommato piuttosto facilmente gestibile.

è opportuno rilevare che l’analisi dettagliata delle singole voci che concorrono alla formazione del costo d’esercizio, ed in particolare la loro suddivisione nelle due categorie principali di costi annui non proporzionali alla percorrenza e di costi proporzionali alla percorrenza, consente di ricavare, mediante un calcolo elementare, il costo chilometrico corrispondente a qualsiasi percorrenza media annua.

Tale costo si otterrà dividendo la somma dei costi non proporzionali per la percorrenza media annua che interessa e aggiungendo al valore ottenuto il costo proporzionale alla percorrenza già calcolato in €/km.

tutte le informazioni al riguardo (in particolare l’ammontare unitario dei costi variabili e l’ammontare complessivo dei costi fissi da ripartire per il chilometraggio effettivo) possono essere verificate sul sito dell’ACI.

Si veda l’esempio che segue.

Caso 2

Un’azienda chiede ad un proprio dipendente di effettuare le trasferte con l’autovettura personale. Il chilometraggio annuo percorso da tale vettura è di 28.000 chilometri.

Il calcolo dei costi proporzionali rimane invariato e pari ad € 0,305296 al km.

I costi non proporzionali sono invece complessivamente pari ad € 4.760,799240 e devono essere suddivisi per la percorrenza annua di 28.000 km (4.760,799240 / 28.000 = € 0,170029 al km).

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Pertanto il costo chilometrico complessivo calcolato sulla percorrenza di 28.000 km sarà pari alla somma delle due componenti (€ 0,305296 variabile + € 0,170029 fissa ricalcolata), ossia € 0,475325.

Costi non proporzionali €

Quota interessi 1.844,607240

Tassa automobilistica 277,350000

Premio ass. RCA 2.638,842000

TOTALE 4.760,799240

Costi non proporzionali €/km

Quota capitale 0,095662

Carburante 0,099929

Pneumatici 0,027905

Manut. riparazione 0,081800

TOTALE 0,305296

Costi complessivi per le percorrenze annue richieste

km €/km km €/km

10.000 0,781376 20.000 0,543336

30.000 0,463990 40.000 0,424316

50.000 0,400512 60.000 0,384643

70.000 0,373308 80.000 0,364806

90.000 0,358194 100.000 0,352904

Per il calcolo del limite di deducibilità fiscale in capo all’azienda occorrerà fare un calcolo analogo, ma invece di prendere lo sviluppo dei costi per la specifica vettura, si tratterà di prendere a riferimento la tabella relativa alle vetture con potenza di 20 cavalli fiscali, perché la vettura è alimentata a gasolio.

Il calcolo dei costi proporzionali rimane invariato e pari ad € 0,28818 al km.

I costi non proporzionali sono invece complessivamente pari ad

€ 4.199,59 e devono essere suddivisi per la percorrenza annua di 28.000 chilometri (4.199,59/28.000 = € 0,14999 al km).

Pertanto il costo chilometrico complessivo calcolato sulla percorrenza di 28.000 km sarà pari alla somma delle due componenti (€ 0,28818 variabile + € 0,14999 fissa ricalcolata), ossia € 0,43817.

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Autovetture in produzione alimentate a gasolio con 20 CVF

prezzo costi non proporzionali alla percorrenza costi proporzionali alla percorrenza prezzo

listino

prezzo strada

quota interessi

tassa autom.

assicuraz.

RCA TOTALE

quota

capitale carbur. pneum.

manut.

ripar. TOTALE 21.608,81 26.299,44 1.303,33 257,42 2.638,84 4.199,59 0,06825 0,12407 0,02012 0,07574 0,28818

Costo complessivo di esercizio in euro al km Percorrenza

media annua 10.000 15.000 20.000 30.000 40.000 50.000 60.000 70.000 80.000 90.000 100.000 Costo di

esercizio 0,70814 0,56815 0,49816 0,42817 0,39317 0,37217 0,35818 0,34818 0,34068 0,33484 0,33018

Chilometraggio “fuori scala”

Peraltro, il metodo appena descritto che permette di riparametrare i costi fissi, consente anche il calcolo dei valori di riferimento con chilometraggi posti al di fuori della scala di riferimento (nel caso prospettato sotto i 10.000 o sopra i 100.000 km).

Caso 3

Un’azienda chiede ad un proprio dipendente di effettuare le trasferte con il proprio mezzo. Il chilometraggio annuo percorso da tale vettura è di 120.000 km.

Il calcolo dei costi proporzionali rimane invariato e pari ad € 0,305296 al km.

I costi non proporzionali complessivamente pari ad € 4.760,799240 e devono essere suddivisi per la percorrenza annua di 120.000 km (4.760,799240/120.000 = € 0,039673 al km). Pertanto il costo chilometrico complessivo calcolato sulla percorrenza di 120.000 km sarà pari alla somma delle due componenti (€ 0,305296 variabile + € 0,039673 fissa ricalcolata), ossia € 0,344969.

Costi non proporzionali €

Quota interessi 1.844,607240

Tassa automobilistica 277,350000

Premio ass. RCA 2.638,842000

TOTALE 4.760,799240

Costi non proporzionali €/km

Quota capitale 0,095662

Carburante 0,099929

Pneumatici 0,027905

Manut. riparazione 0,081800

TOTALE 0,305296

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Costi complessivi per le percorrenze annue richieste

km €/km km €/km

10.000 0,781376 20.000 0,543336

30.000 0,463990 40.000 0,424316

50.000 0,400512 60.000 0,384643

70.000 0,373308 80.000 0,364806

90.000 0,358194 100.000 0,352904

Quindi si tratterà anche in questo caso di verificare il limite fiscalmente deducibile.

Il calcolo dei costi proporzionali rimane invariato e pari ad € 0,28818 al km.

I costi non proporzionali sono invece complessivamente pari ad

€ 4.199,59 e devono essere suddivisi per la percorrenza annua di 120.000 km (4.199,59/120.000 = € 0,034997 al km).

Pertanto il costo chilometrico complessivo calcolato sulla percorrenza di 120.000 km sarà pari alla somma delle due componenti (€

0,28818 variabile + € 0,14999 fissa ricalcolata), ossia € 0,323177.

Autovetture in produzione alimentate a gasolio con 20 CVF

prezzo costi non proporzionali alla percorrenza costi proporzionali alla percorrenza prezzo

listino

prezzo strada

quota interessi

tassa autom.

assicuraz.

RCA

TOTALE quota

capitale carbur. pneum.

manut.

ripar.

TOTALE

21.608,81 26.299,44 1.303,33 257,42 2.638,84 4.199,59 0,06825 0,12407 0,02012 0,07574 0,28818

Costo complessivo di esercizio in euro al km Percorrenza

media annua 10.000 15.000 20.000 30.000 40.000 50.000 60.000 70.000 80.000 90.000 100.000 Costo di

esercizio 0,70814 0,56815 0,49816 0,42817 0,39317 0,37217 0,35818 0,34818 0,34068 0,33484 0,33018

Verifica a consuntivo

Un’ultima questione da proporre su questo punto è quella legata al momento in cui individuare l’importo unitario del rimborso chilometrico: è infatti evidente che mentre i rimborsi sono ordinariamente riconosciuti in corso d’anno al dipendente che si sposta per motivi di lavoro (di solito alla fine di ciascun mese il dipendente predispone l’apposito prospetto riepilogativo), al contrario il chilometraggio annuale è verificabile solo a consuntivo.

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Come regolarsi in tale situazione? La prassi aziendale è quella di individuare il chilometraggio annuo più probabile, salvo poi effettuare una verifica a consuntivo. A quel punto occorrerà effettuare un conguaglio (a favore del dipendente nel caso di chilometraggio effettivo inferiore, a favore dell’azienda nel caso di chilometraggio globale annuo superiore a quanto stimato).

Dal punto di vista fiscale, in particolare, onde evitare conseguenze fiscali in capo al lavoratore e assicurare la piena deducibilità in capo all’azienda, occorrerà prestare attenzione al fatto che il chilometraggio finale non superi quello stimato. Al verificarsi di tale evenienza il lavoratore dovrà restituire parte del rimborso ottenuto onde evitare di superare il limite massimo fiscalmente stabilito.

Caso 4

Un’azienda chiede ad un proprio dipendente di effettuare le trasferte. Quest’ultimo possiede una AUdI-A4-2.0-143 cv. nel mese di gennaio percorre 1.000 km. Si ipotizza che la percorrenza annua sia 30.000 km:

• L’importo del rimborso chilometrico specifico per la vettura è pari a 1.000 * 0,463990 = € 463,99.

• L’importo massimo deducibile è pari ad € 1.000 * 0,42817 = € 428,17.

Ipotizzando che ogni mese il chilometraggio effettuato dal dipendente con la propria autovettura sia costante e pari a 1.000 km, il rimborso che egli riceve nell’anno è € 4.639,90, di cui deducibile per l’azienda € 4.281,70 (quindi con una variazione in aumento da operare nella dichiarazione dei redditi pari ad € 358,20).

Al termine del periodo d’imposta si verifica che il chilometraggio totale (aziendale e privato) dell’autovettura è pari a 50.000 km:

• l’importo del rimborso chilometrico annuale ricalcolato è pari a € 12.000 * 0,400512 = € 4.806,14.

Il lavoratore quindi dovrà restituire all’azienda la differenza tra quanto percepito (€ 4.639,90) e quanto effettivamente spettante (€ 4.806,14): la partita quindi si chiude con un conguaglio a favore dell’azienda pari ad € 166,24. Ora, poiché il reddito di lavoro dipendente si definisce “per cassa” è opportuno che tale regolazione avvenga entro il termine del periodo d’imposta o comunque entro il 12 del mese di gennaio dell’anno successivo. Qualora tale regolazione non avvenga, l’importo di € 166,24 percepito dal lavoratore in aggiunta rispetto a quanto ricalcolato risulta essere una remunerazione aggiuntiva e come tale deve essere trattata (tassata in sede di conguaglio annuale).

Ovviamente la tassazione interesserà l’eventuale differenziale riguardante la sola percorrenza aziendale (appunto € 166,24 calcolato sui 12.000 km percorsi per le esigenze dell’attività);

• l’importo massimo deducibile annuale è pari a € 12.000 * 0,37217 = € 4.466,04. Il datore di lavoro, nella propria dichiarazione dei redditi, dovrà operare una variazione in aumento pari ad € 340,10, pari alla differenza tra il rimborso chilometrico ricalcolato (€ 4.806,14) e il limite ricalcolato (€ 4.466,04). Qualora le parti si dovessero accordare per la non restituzione della somma di € 166,24, comunque essa sarebbe deducibile in capo al datore di lavoro in quanto essa verrebbe riqualificata da rimborso chilometrico a costo del lavoro (e in quanto tale essa verrebbe ad esulare dalla verifica prevista all’art. 95, comma 3, TUIR e di cui si sta parlando).

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Rimborsi chilometrici: solo costi variabili?

Per la determinazione del limite fiscale alla deducibilità dei rimborsi chilometrici si pone una questione, che potrebbe dimostrarsi di non poco conto.

Il limite fiscale di deducibilità, che si materializza nelle tabelle pubblicate sul sito ACI per le vetture di 17/20 cavalli fiscali, in realtà è composto da due componenti elementari, ulteriormente influenzate da altri elementi di costo (si riportano le indicazioni fornite dalle note metodologiche pubblicate sul sito ACI):

un costo proporzionale alla percorrenza del veicolo, relativo a:

• Quota capitale del veicolo (ossia una sorta di quota di ammortamento imputabile a ciascun chilometro percorso, che quindi risulta inversamente proporzionale al chilometraggio, ossia maggiore è il chilometraggio, minore è il costo unitario). Tale ripartizione viene fatta sulla base di una vita tecnica massima convenzionale, stabilita a seconda dell’alimentazione e della cilindrata:

per le autovetture a benzina fino a 1.000 cc è stimata pari a 120.000 km, per quelle da 1.001 a 1.500 cc è pari a 130.000 km e per quelle oltre 1.500 cc è pari a 150.000 km. Per le autovetture a gasolio fino a 1.500 cc è pari a 250.000 km e per quelle oltre 1.500 cc è pari a 300.000 km. Per gli autofurgoni la vita tecnica è ipotizzata in base alla p.u.: pari a 150.000 km per portata utile fino a 1.000 kg, pari a 200.000 km per portata utile da 1.000 a 3.500 kg. Per i ciclomotori la vita tecnica è pari a 40.000 km, per i motocicli fino a 350 cc è pari a 60.000 km e per quelli oltre 350 cc è pari a 80.000 km.

• carburante. Per la stima dei consumi specifici di carburante si è tenuto conto dei consumi medi riportati nelle schede di omologazione dei veicoli, adeguando tale valutazione, in considerazione del fatto che essi sono determinati in particolari condizioni di messa a punto del veicolo. Pertanto i consumi in litri per 100 km indicati per ogni autovettura sono stimati in base alla media dei valori a 90 km/h, 120 km/h e ciclo urbano nel caso che il veicolo sia omologato secondo la normativa cee 80/1268 o in base alla media dei valori di ciclo extraurbano ed urbano nel caso che il veicolo sia omologato secondo la normativa cee 93/116. I valori così ottenuti sono peggiorati del 22% circa nel primo caso e del 10% circa nel secondo. Sono considerati i valori mediani dei prezzi consigliati dalle principali società petrolifere, senza tenere conto dei previsti differenziali geografici.

• Pneumatici. I prezzi considerati sono quelli indicati nei listini delle principali aziende del settore, al momento del calcolo. I valori vengono in media ridotti del 15%, in relazione al normale sconto praticato dai rivenditori. Per le autovetture la durata media di ciascun pneumatico è stimata pari a 35 mila km, per i fuoristrada pari a 30 mila km, per gli autofurgoni pari a 40 mila km, mentre per i ciclomotori e motocicli è pari a 25 mila km. tali durate rappresentano un dato medio di larga approssimazione. esse variano notevolmente in relazione a molteplici fattori e possono essere sensibilmente ridotte in caso d’impiego su strade con fondo in cattive condizioni, per velocità eccessiva, per errato sistema di guida, per scarsa cura nella manutenzione ecc.

• costi necessari alle manutenzioni e riparazioni. Sono comprese in tale gruppo le spese per operazioni di manutenzione “ordinaria” e “straordinaria” da effettuarsi nell’arco di vita del veicolo, al fine di mantenerlo in condizioni di piena efficienza. Per quel che concerne le operazioni di manutenzione “ordinaria” s’è tenuto conto delle istruzioni del costruttore relative ai tagliandi periodici di manutenzione, mentre per ciò che concerne le operazioni di manutenzione

“straordinaria” s’è tenuto conto di un insieme di operazioni che usualmente vanno effettuate dopo un certo periodo d’impiego del veicolo onde ristabilirne la piena efficienza; tra queste la revisione del sistema frenante, la sostituzione degli ammortizzatori, la revisione del gruppo frizione ecc., nonché alcune spese di carrozzeria dovute all’uso cittadino dell’autovettura (piccoli tamponamenti, graffiature ecc.). I costi sono stati calcolati considerando i “tempi di lavoro” necessari alle diverse

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operazioni come indicati “dalle case costruttrici, valutati ad una tariffa media oraria (pari a € 25,82 + Iva), e il costo delle parti di ricambio”. tenendo conto della periodicità, in termini di km, con la quale le singole operazioni vanno eseguite, è calcolato il “costo in euro per km delle spese per manutenzione e riparazioni”. Il reperimento dei parametri di base viene effettuato con la collaborazione delle case automobilistiche e della dAt Italia s.p.a. In mancanza di tali elementi per calcolare con ragionevole esattezza questa voce, il costo di manutenzione viene stimato sulla base di modelli di autovetture similari. è da sottolineare che questo costo, una volta disponibili tutte le informazioni, potrà variare anche di molto rispetto alla stima iniziale. ricordiamo che in questa voce è stato inglobato il costo per lubrificanti, che fino al 2003 era calcolato come voce separata;

1) un costo non proporzionale alla percorrenza, riferibile a:

• Quota interessi per l’impiego di denaro nell’acquisto del mezzo.

• tassa automobilistica. Gli importi della tassa automobilistica, come previsto dalla normativa vigente, fanno riferimento ai kw o alla portata posseduti da ogni veicolo, ipotizzando il pagamento annuale in unica soluzione. Per le autovetture e per i motoveicoli il dato relativo alla potenza motore (kw), specificato generalmente nel libretto di circolazione di ogni veicolo, deve essere moltiplicato per un importo in euro che varia in funzione della categoria del veicolo. Per gli autofurgoni il dato di riferimento è la portata utile: gli importi della tassa automobilistica variano a seconda della classe di portata utile alla quale il veicolo appartiene. Inoltre nel calcolo si fa riferimento alla zona tariffaria comprendente le seguenti regioni: Abruzzo, basilicata, calabria, Lazio, Lombardia, veneto, marche e Piemonte.

• Assicurazione RCA obbligatoria per il veicolo. essendo, ormai da anni, in vigore il sistema liberalizzato delle tariffe, i premi potranno differire, in misura anche sensibile, a seconda delle politiche tariffarie delle compagnie, delle zone territoriali, del sesso e dell’età dell’assicurato ecc.

nel calcolo dei costi di esercizio, a titolo orientativo, sono state considerate per le autovetture e per i motoveicoli tariffe standard al netto degli oneri fiscali praticate per la zona di roma, classe di merito 14 e per il massimale unico di € 800.000,00; per gli autofurgoni le tariffe si riferiscono alla zona di roma, massimale unico di € 1.000.000 e senza alcuna franchigia. Si precisa ancora che gli importi sono da considerare a titolo orientativo. Qualora l’automobilista si trovi in situazioni diverse da quelle indicate, potrà agevolmente procedere ad un adeguamento dei costi sostituendo l’importo del premio RCA indicato nella tabella analitica con quello a proprio carico ed ottenere il nuovo costo di esercizio. In particolare, dal totale costi non proporzionali occorre sottrarre l’importo del premio assicurativo considerato nel calcolo e sommare il valore effettivamente pagato. Occorrerà inoltre dividere l’importo così ottenuto per la percorrenza media annua relativa al proprio veicolo: il valore così ottenuto, in euro/km, va sommato al totale dei costi proporzionali alla percorrenza, ottenendo così il nuovo costo chilometrico personalizzato.

Tali indicazioni sono utili per capire come sia calcolato il costo chilometrico: non si tratta infatti di dati forfetari, ma piuttosto di elementi costruiti analiticamente prendendo in considerazione i reali costi che l’utilizzatore sostiene (direttamente o indirettamente) tutte le volte in cui gli viene chiesto di utilizzare la propria vettura.

Tornando alla questione in precedenza sollevata, la prassi è quella di considerare il costo complessivo di esercizio del veicolo, comprensivo di entrambe le componenti: tale costo è decrescente all’aumentare dei chilometri, in quanto la componente fissa viene ripartita su di un chilometraggio superiore.

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Autovetture in produzione alimentate a gasolio con 17 CVF

prezzo costi non proporzionali alla percorrenza costi proporzionali alla percorrenza prezzo

listino

prezzo strada

quota interessi

tassa autom.

assicuraz.

RCA TOTALE

quota

capitale carbur. pneum.

manut.

ripar. TOTALE 14.584,68 17.904,81 958,11 210,10 1.996,71 3.164,92 0,09280 0,13032 0,01444 0,06963 0,30718

Costo complessivo di esercizio in euro al km Percorrenza

media annua 5.000 10.000 15.000 20.000 25.000 30.000 35.000 40.000 45.000 50.000 Costo di

esercizio 0,94017 0,62368 0,51818 0,46543 0,43378 0,41268 0,39761 0,38631 0,37752 0,37048

Al riguardo si segnala come alcuni uffici dell’Amministrazione Finanziaria ritengano che il limite previsto dall’articolo 95, comma 3 del TUIR debba essere coniugato con i soli costi variabili, ossia quelli che il dipendente sostiene in ragione della trasferta compiuta; i costi fissi, al contrario, sarebbero stati comunque sostenuti dal dipendente.

tali costi, essendo appunto variabili in ragione della percorrenza, a livello unitario (costo al km) non sono influenzati dalla percorrenza complessiva annua del veicolo (sono solo i costi fissi che rendono variabile il rimborso chilometrico in ragione della percorrenza complessiva, visto che vengono ripartiti sul maggiore/minore chilometraggio annuo percorso).

ESEMPIO

Il dipendente si reca da Mantova a Firenze utilizzando la propria vettura a benzina. Considerando i soli costi variabili, il rimborso chilometrico deducibile in capo all’azienda sarebbe € 153,59 (ossia km 500 moltiplicati per il rimborso unitario al km € 0,30718 relativo ai soli costi variabili).

A ben vedere, tale considerazione vale solo se l’utilizzo dell’auto propria da parte del dipendente è sporadica, ma questa è anche la situazione dove tale riflessione perde di consistenza. Consideriamo invece il caso di trasferte frequenti effettuate dai dipendenti con la propria auto; in questo caso si deve notare come il singolo dipendente potrebbe aver acquistato il veicolo (o un determinato veicolo) anche in ragione dell’utilizzo ai fini lavorativi. Questo potrebbe abitare nei pressi dell’azienda e raggiungere il lavoro in bicicletta oppure potrebbe utilizzare i mezzi pubblici, quindi l’acquisto dell’auto potrebbe essere legato solo ed esclusivamente alle trasferte; oppure ancora egli potrebbe aver deciso di acquistare un’autovettura più recente o di dimensioni/cilindrata superiori proprio perché è conscio del fatto che, dagli accordi che ha preso al momento dell’assunzione, dovrà spesso spostarsi per la propria attività utilizzando un mezzo proprio, sapendo comunque che i maggiori costi sostenuti gli saranno rimborsati dal datore di lavoro. Senza dimenticare che il costo da questi sostenuto per l’assicurazione potrebbe essere legato ad un maggior chilometraggio;

assicurazione, occorre ricordarlo, relativa alla sola RCA, mentre un lavoratore che utilizza spesso la propria vettura potrebbe essere portato a sottoscrivere assicurazioni integrative contro danni provocati al veicolo dallo stesso conducente (Kasko) che ovviamente sono più frequenti con l’aumentare dell’utilizzo.

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Per tali considerazioni, pare eccessivamente penalizzante limitare la deducibilità fiscale dei rimborsi ai soli costi variabili.

A sostegno del riferimento del limite di deducibilità dei rimborsi chilometrici comprensivi dei costi fissi, si propone una riflessione circa la ratio dell’articolo 95, comma 3, TUIR. In particolare, perché limitare il rimborso chilometrico in ragione della potenza del veicolo?

Si deve ricordare, prima di tutto, che l’articolo 164, comma 1, lettera b) del TUIR prevede una disposizione che vuole limitare la rilevanza fiscale del costo delle autovetture (fissato in € 18.075,99 ovvero elevato ad € 25.822,84 se viene svolta attività di agenzia e rappresentanza). Il motivo di tale previsione è evidente: una vettura eccessivamente prestigiosa configura un costo che eccede il limite della normalità, trasformandosi in qualche modo in una spesa che esula la semplice necessità di spostarsi e sfocia, almeno in parte, in un godimento per il soggetto che la utilizza. Il Legislatore ha posto come limite un costo che ha ritenuto ragionevole per una vettura finalizzata a soddisfare le esigenze di spostamento: intento che può dirsi condivisibile (se non che il limite introdotto nel 1997 a diversi anni di distanza risulta essere drammaticamente inadeguato).

Ciò premesso, pare che la limitazione relativa ai rimborsi chilometrici prevista nell’articolo 95, comma 3, del TUIR sia una sorta di alter ego della disposizione precedentemente ricordata:

l’azienda andrà a rimborsare al dipendente quanto pattuito, ma comunque la somma deducibile in capo all’azienda sarà entro il limite delle vetture di 17/20 cavalli fiscali. Se così non fosse, pare evidente come la disposizione si presterebbe a una evidente e tutto sommato semplice manovra elusiva: il costo fiscalmente irrilevante della vettura acquisita dall’azienda – che non può essere dedotto per le limitazioni recate dall’articolo 164 TUIR – lo potrebbe essere se questo venisse sostenuto dal dipendente e risarcito dall’azienda tramite l’erogazione di documentati rimborsi chilometrici.

Le due disposizioni, a parere di chi scrive, devono essere lette nella medesima ottica. e se l’ottica deve essere la medesima, perché negare la deduzione della frazione di rimborso chilometrico riferibile alle componenti non proporzionali? Queste, se fossero sostenute dall’azienda per una vettura di proprietà, sarebbero risultate deducibili in misura limitata; analogamente, se sostenute dal dipendente e rimborsate in ragione della percorrenza, dovrebbero poter essere interamente dedotte dall’azienda (visto che trattasi della quota relativa all’utilizzo aziendale).

Sul punto, necessariamente, risulta quanto mai opportuno un chiarimento ufficiale.

Rimborsi del costo del noleggio

Una limitazione analoga a quella descritta per il rimborso dell’utilizzo della propria vettura è prevista anche nel caso in cui il lavoratore abbia noleggiato una vettura per effettuare la trasferta.

Si ricorda infatti che l’art. 95, comma 3, TUIR prevede che: “Se il dipendente o il titolare dei predetti rapporti sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato al fine di essere utilizzato per una specifica trasferta, la spesa deducibile è limitata, rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se con motore diesel”.

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ESEMPIO 1

Si pensi al caso di lavoratore che ha come sede di lavoro Milano e si reca 5 giorni a Palermo per motivi di lavoro, utilizzando l’aereo e noleggiando una vettura in loco, il costo sostenuto per la vettura verrà poi richiesto a rimborso al datore di lavoro. Se la vettura ha una potenza superiore ai 17/20 CVF, il rimborso erogato al dipendente sarà deducibile entro tale limite. Ipotizziamo quindi che sia noleggiata una Fiat Punto alimentata a gasolio al costo di € 100 al giorno. Poiché tale vettura non supera il limite dei 20 cavalli fiscali, l’intero costo sostenuto dal dipendente per i 5 giorni di utilizzo (€ 500) e rimborsato dal datore di lavoro, risulta essere in capo a quest’ultimo interamente deducibile.

Noleggio diretto

Situazione diversa è invece quella per cui è l’azienda a noleggiare direttamente la vettura: in questo caso si devono applicare le disposizioni previste all’articolo 164 del TUIR. nella c.m. 48/e/98 (le cui osservazioni, aggiornati i limiti di deducibilità, devono considerarsi ancora oggi del tutto valide) è stabilito che:

• il canone di noleggio di una vettura è rilevante nel limite di € 3.615,20;

• il canone di noleggio di un motociclo è rilevante nel limite di € 774,69;

• il canone di noleggio di una vettura è rilevante nel limite di € 413,17.

tutti questi importi vanno ragguagliati al numero dei giorni di utilizzo.

Il limite massimo di deducibilità sarà quindi pari a 3.615,20 * giorni di utilizzo della vettura / 365 * 20%1. Già a prima vista ci si accorge che questa soluzione è davvero poco conveniente rispetto alla precedente, a maggior ragione da quando la l. 228/2012 ha ridotto i limiti di deducibilità ai costi di acquisto e gestione delle autovetture al 20%1, mentre il trattamento dell’autovettura data in uso promiscuo al dipendente non ha subito una riduzione percentuale inferiore, passando al 70%.

ESEMPIO 1

Si consideri la medesima situazione analizzata nell’esempio precedente, ma in questo caso la vettura viene noleggiata direttamente dall’azienda per un periodo di 5 giorni. Il limite di deducibilità sarà quindi pari ad € 3.615,20 * 5 / 365 * 20%1 = € 9,91.

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Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente

Ciò posto, nella circolare citata si afferma che al fine di assicurare un equo trattamento per i costi sostenuti per l’utilizzo dei veicoli a motore, indipendentemente dalla natura del contratto a tal fine stipulato, si ritiene che il limite stabilito dal legislatore, nelle ipotesi di stipula di contratti di noleggio full service (ossia contratti ove il locatore sostiene anche le spese di gestione del veicolo) debba essere considerato al netto dei costi riferibili alle prestazioni accessorie. A tale conclusione si perviene in considerazione del fatto che il legislatore ha previsto un unico limite di deducibilità delle spese per la locazione e per il noleggio. Pertanto, la ratio della norma è di consentire identiche deduzioni a fronte di identiche prestazioni derivanti dai due tipi di contratti. è di tutta evidenza, pertanto, che qualora da uno dei due contratti (nel caso di specie il noleggio) scaturiscono prestazioni aggiuntive rispetto a quelle proprie della locazione, ne conseguirà, se le stesse sono inerenti all’attività esercitata, la loro deduzione secondo le regole previste dalle diverse disposizioni del testo Unico delle imposte sui redditi. Quindi, se il soggetto noleggiante distingue la quota di puro noleggio dalla quota inerente le spese di gestione, il limite superiore (di € 3.615,20 per le autovetture) si applica solo alle prime.

Va comunque detto che la fattispecie del full service si utilizza solitamente per i noleggi per un lungo periodo e non interessa i brevi periodi che (solitamente) caratterizzano le trasferte; si torna quindi alle considerazioni di convenienza in precedenza proposte.

__________

1. La misura è quella applicabile dal 2013 sulla base di quanto previsto dalla l. n. 228/2012.

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Estratto dal libro “Fringe benefits e rimborsi spese”

Indice dei principali argomenti del volume

Premessa

1 La qualificazione dei redditi di lavoro dipendente nel TUIR

2 Regole generali per la determinazione dei redditi di lavoro dipendente 3 Le erogazioni ai dipendenti – Le fattispecie dell’art. 51, comma 2, TUIR 3.1 I contributi previdenziali ed assistenziali

3.2 I contributi sanitari ai fondi “interni” al rapporto di lavoro 3.3 Le spese mediche rimborsate dai fondi, enti e casse sanitarie 3.4 Le polizze assicurative e le erogazioni per spese sanitarie

3.5 Le polizze assicurative e le somme erogate discrezionalmente ai dipendenti 3.6 Somministrazione del vitto, ticket restaurant e servizi di trasporto collettivo 3.7 Le opere e i servizi di utilità sociale e le erogazioni per le borse di studio 3.7.1 Utilizzazione di opere e servizi: alcune ipotesi

3.7.2 Le erogazioni per asili nido e borse di studio

3.8 Le azioni ai dipendenti: piani di azionariato “diffuso” e stock options 3.9 Gli oneri deducibili direttamente trattenuti dal datore di lavoro 4 I fringe benefits

4.1 Il limite di rilevanza fiscale delle utilità 4.2 Le modalità di attribuzione dei fringe benefits

4.3 Le somme corrisposte al dipendente per l’acquisizione del bene o servizio

4.4 I fringe benefits di cui all’art. 51, comma 4, TUIR e relativi criteri di valorizzazione 4.4.1 I prestiti ai dipendenti

4.4.2 L’alloggio a disposizione del dipendente 4.5 Gli altri benefits non previsti dal TUIR 4.5.1 telefoni cellulari destinati ai dipendenti 4.5.2 Personal computer destinati ai dipendenti 4.5.3 La carta di credito

4.5.4 I servizi di consulenza 4.5.5 I viaggi

5 Trasferte di lavoro e rimborsi spese 5.1 La trasferta nel comune

5.2 trasferta al di fuori del comune 5.2.1 Il rimborso forfetario 5.2.2 Il rimborso analitico 5.2.3 Il rimborso misto

5.2.4 La documentazione richiesta

6 Trattamento in capo all’azienda delle spese di vitto e alloggio 6.1 Imposte dirette

6.2 La detrazione dell’Iva sulle spese di vitto e alloggio 7 Le altre ipotesi di prestazioni lavorative fuori sede 7.1 I trasfertisti – Art. 51, comma 6, TUIR

7.2 Le indennità di trasferimento – Art. 51, comma 7, TUIR

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7.4 Gli assegni di sede – Art. 51, comma 8, TUIR 8 Gestione delle vetture

9 Rimborsi chilometrici.

9.1 Trattamento in capo all’azienda 9.2 Trattamento in capo al lavoratore

9.3 Coordinamento tra regole del dipendente e regole dell’azienda 9.4 L’individuazione della fascia chilometrica

9.5 Rimborsi chilometrici: solo costi variabili?

9.6 Rimborsi del costo del noleggio 10 Le vetture ad uso promiscuo 10.1.1 Uso promiscuo al dipendente

10.1.1 Le fattispecie di utilizzo da parte del dipendente 10.1.2 Il trattamento in capo all’azienda: imposte dirette 10.1.3 La quantificazione del fringe benefit

10.1.4 Il trattamento in capo all’azienda: la detrazione dell’Iva 10.1.5 Profili di convenienza

10.2 Uso promiscuo all’amministratore 11 Redditi esteri

11.1 La nozione di residenza fiscale secondo il TUIR

11.2 La base imponibile dei redditi di lavoro dipendente prodotti all’estero 11.3 I redditi prodotti in Italia dai non residenti

11.4 Le convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni

11.5 Il regime fiscale delle retribuzioni convenzionali – Art. 51, comma 8-bis, TUIR

11.6 Adempimenti dei datori di lavoro e riconoscimento del credito d’imposta per le imposte estere “definitive”

corrisposte dal lavoratore Documentazione

– decreto Presidente della repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 - Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi (artt. 49 e 51)

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20 gennaio 2014

di Fabio Garrini – Roberto Chiumiento

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