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Questo lavoro è stato possibile grazie al prezioso aiuto della dott.ssa Barbara Iannone.

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1 Questo lavoro è stato possibile grazie al prezioso aiuto della dott.ssa Barbara Iannone.

Un ringraziamento veramente sentito va inoltre alla mia famiglia che mi ha sostenuto durante gli studi, a mio fratello Marco, Silvia, Gaia, Vincenzo e tutti gli altri amici che mi hanno sopportato e Manuela che ha condiviso al mio fianco gran parte del percorso formativo.

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INDICE

INTRODUZIONE……….5

CAPITOLO 1

L'EVOLUZIONE DELLE MODALITA’ DEGLI ACCADIMENTI DELL’OPERATIVITA’ AZIENDALE

1.1 La creazione di valore: definizioni………..8

1.2 La creazione di valore e il vantaggio competitivo...…...………..12

1.3 Cambiamento culturale e leve del valore………..……..15

1.4 Le 4 fasi evolutive del marketing: dalla produzione alla

relazione……….……….19

1.5 Le relazioni nel processo di creazione di valore………...…..26

CAPITOLO 2

IL CUSTOMER RELATIONSHIP MANAGEMENT

2.1 Il customer relationship management: concetti definitori………...30

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2.2 La struttura di un progetto di CRM……….……33

2.3 Le fasi di un progetto di CRM………44

2.4 Le tecnologie del CRM……….………..49

2.5 L’Implementazione di un progetto di CRM………60

2.6 Le problematiche legate all'implementazione di un progetto di CRM………66

CAPITOLO 3

IL CASO CONVATEC IN ITALIA

3.1 Informazioni generali sulla ConvaTec e stomia………75

3.2 Il Caso ConvaTec………..78

CONCLUSIONI……….92

BIBLIOGRAFIA………95

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4

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INTRODUZIONE

L’importanza di stabilire e conservare nel tempo una relazione di qualità con la propria clientela è un principio semplice ma basilare per qualsiasi azienda: un cliente soddisfatto, diventa un cliente fedele, ed è un vantaggio competitivo che può portare enormi benefici, di varia natura, all’azienda. Per poter instaurare e mantenere una relazione di qualità con i propri clienti, le aziende possono avvalersi dei principi dettati dal marketing relazionale e in particolare dal customer relationship management.

Nell’arco dell’ultimo decennio si è assistito ad un cambiamento del contesto competitivo, al mutamento delle attese dei clienti, all’introduzione di nuovi prodotti e servizi, al naturale cambiamento dei processi e dei canali distributivi, nonché all’ingresso di nuovi attori sul mercato dovuto all’abbassamento delle barriere in entrata, effetto principale del processo di globalizzazione.

Per le aziende di media e piccola dimensione, tipiche del panorama italiano, questo approccio può diventare requisito fondamentale della stessa sopravvivenza: non potendo competere sui prezzi dei più grandi competitors, le piccole aziende dovrebbero cercare di prevedere le esigenze, preferenze e comportamento d’acquisto della clientela.

Obiettivo principale di questo lavoro è quello di dimostrare la necessità per tutte le imprese di adottare un approccio relazionale di business e, suggerendo il Customer Relationship Management (CRM) come strumento in grado di rendere sostenibile tale strategia, mostrare i

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6 vantaggi, in termini di creazione di valore, nella trasformazione dell’azienda da un orientamento al prodotto ad un orientamento strategico client-centrico.

La tesi si compone di tre capitoli. Il primo concentra l’attenzione sull’importanza della creazione di valore nella sopravvivenza e nell’aumento della competitività stessa dell’azienda, e attraverso un breve excursus sull’evoluzione del marketing, si è voluto dimostrare come determinate strategie, processi e tecnologie possono aiutare l’azienda a raggiungere obiettivi di creazione di valore economico e mantenere stabile nel lungo periodo il vantaggio perseguito.

Nel secondo capitolo, fulcro peraltro dell’intero lavoro svolto, il CRM viene descritto come uno strumento importantissimo ai fini della massimizzazione del valore delle relazioni azienda-cliente. Nel primo paragrafo vengono presentate una serie di definizioni del CRM che portano a considerarlo come un insieme di processi integrati e un sistema di strumenti operativi che generano una vera e propria base informativa, da cui si può partire per gestire al meglio le interazioni con il cliente.

Nei successivi due paragrafi vengono analizzate struttura, CRM analitico, CRM operativo e Touchpoint, e le quattro fasi in cui è possibile scomporre un progetto di CRM: la raccolta dei dati, l’analisi dei dati, la pianificazioni delle azioni da eseguire e l’esecuzione vera e propria.

Il lavoro continua analizzando alcune delle principali tecnologie utilizzate in un programma di customer relationship management, in particolar modo viene focalizzata l’attenzione sul Call Center, il Web, il mailing e il contatto diretto con il cliente.

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7 Nelle ultime due parti del secondo capitolo, invece, vengono affrontate le problematiche che accompagnano un processo di implementazioni di un programma di CRM e si suggeriscono alcune direttive per una corretta implementazione.

Il lavoro termina analizzando, nel terzo capitolo, l’esperienza fatta dalla ConvaTec, una divisione della Bristol-Myers Squibb, nel settore farmaceutico del mercato italiano. Si è voluto dimostrare i benefici, in termini di valore prodotto, apportati dall’applicazione saggia di un programma di customer relationship management all’interno di un’azienda italiana.

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8 CAPITOLO 1

LA CREAZIONE DI VALORE IN AMBITO AZIENDALE: ANALISI

EVOLUTIVA

1.1 La creazione di valore: definizioni

“Le imprese esistono – scrive Donna 1– per creare valore: è la creazione di valore la molla che spinge a far nascere una nuova azienda; è la creazione di valore che ne garantisce l’esistenza e la continuità guidandone le scelte e i comportamenti; è l’eventuale incapacità di creare valore che alla lunga ne determina la morte. Ma che cosa significa creare valore? Significa realizzare qualche cosa che valga la pena, cioè che meriti gli sforzi, le energie, le risorse impiegate per ottenerla”.

La creazione di valore non deve limitarsi solo ed esclusivamente alla propria azienda ma anche a tutti i suoi interlocutori, ovvero tutti i soggetti interni ed esterni all’organizzazione aziendale che entrano in

1 Donna G, La creazione di valore nella gestione d’impresa, Carocci, Roma, 1999

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9 contatto con l’impresa (i c.d. stakeholders2). Bisogna infatti garantire la soddisfazione delle attese di ogni interlocutore al fine di fidelizzarlo e non indurlo a rivolgersi ai concorrenti.

Per valore si intende il sacrificio che un individuo è disposto a sopportare per poter acquisire la disponibilità del bene o del servizio ed è quindi proporzionale ai benefici che l’individuo trae dall’oggetto o dal servizio. Si tratta di un concetto impregnato di soggettività in quanto il valore è un qualcosa che non esiste in natura ma che il genere umano ha creato per riuscire a realizzare scambi commerciali.

Creare valore, nel tempo ha assunto significati diversi, fino ad arrivare ai giorni nostri dove creare valore significa accrescere le dimensioni del capitale economico, cioè il valore dell’impresa come capitale investito. Il valore economico quindi riguarda il denaro che l’investitore si aspetta di ricevere in cambio dei propri capitali investiti: un impresa cioè crea valore se e nella misura in cui un euro in essa investito vale più di euro3. Il valore del capitale e le sue variazioni si sono interpretate come il modo migliore per misurare i veri risultati conseguiti dall’impresa.4

L’obiettivo, così come la mission aziendale, non è più quello della massimizzazione dell’utile dell’esercizio bensì quello della

2 Gli stakeholders possono essere interni (dipendenti, collaboratori e manager dell’impresa) ed esterni (fornitori, banche, lo stato, la comunità, clienti, vari soggetti che conferiscono capitale di debito).

3 Donna G, in AA.VV., Il Management degli Asset Intangibili, Wolters Kluwer Italia, Milano, 2004 Ad esempio se l’azienda vale 3 milioni di euro, e il capitale investito in essa è pari a 2 milioni, si può affermare che 1 milione di euro è il valore creato dall’azienda. Naturalmente, questa somma non può essere considerata esclusivamente da tali flussi futuri: sappiamo tutti che il tempo è denaro, cioè che una somma ha un diverso valore economico a seconda del momento in cui si rende disponibile. Per questo, prima si riesce a disporre di una certa somma di denaro, prima si riesce a reinvestire la stessa per generare nuovo reddito e quindi maggior valore economico è attribuito alla stessa.

4 Brealey R.A., Mayers S.C., Principles of Corporate Finance, MCGraw-Hill, New York, 2000

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10 massimizzazione del valore, ovvero quello di accrescere il valore del proprio capitale economico.

Il valore, quindi, viene preso in considerazione come strumento del successo aziendale, ovvero come fattore di misurazione della performance e del livello di gradimento dei clienti, e perciò anche del valore percepito dai clienti che in realtà rappresenta il fulcro centrale della stessa catena del valore.

Le variabili che incidono sulla creazione di valore possono quindi essere riassunte nei seguenti fattori:

- la redditività futura attesa (fattore r);

- il rischio dei risultati (fattore c);

- la durata del divario tra redditività e costo del capitale (fattore CAP);

- le prospettive di crescita (fattore g).

Dietro a queste variabili agisce in modo decisivo la qualità d’impresa, ovvero tutte quelle risorse, materiali e immateriali, che vanno a comporre il c.d. patrimonio strategico e che determinano a sua volta la posizione competitiva dell’impresa.

La qualità d’impresa non è la sola variabile che agisce dietro i quattro fattori, infatti è bene sottolineare anche l’importanza della qualità del business; cioè il suo grado di attrattività, il suo tasso di crescita, le opportunità che possono maturare e le minacce che vi incombono; la qualità della strategia che l’impresa intende realizzare, in termini di credibilità, chiarezza e coerenza; e infine la qualità della governance su

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11 cui si regge, in termini di adattabilità, di professionalità, di indipendenza e via discorrendo.

Quanto appena esposto permette di fissare due principi utili a evitare equivoci nei quali invece spesso cade il dibattito sul rapporto tra asset intangibili e creazione di valore:5

 poiché il calore dell’impresa non dipende soltanto dalla sua dotazione di risorse, ma anche da altre variabili, esso può modificarsi anche in assenza di qualunque variazione di tale dotazione, ove intervenga una variazione nella qualità del business, della governante e della strategia.

 A parità di queste altre variabili, la capacità di creare valore dell’impresa dipende dalla sua forza competitiva: è questa che le permette di operare con una redditività più elevata dei concorrenti, di essere meno rischiosa e vulnerabile, di poter protrarre più a lungo nel tempo il divario tra redditività e costo del capitale, di sfruttare con maggiori probabilità di successo le opportunità di crescita.

5 Donna G., Patrimonio strategico e valore del’impresa, in AA. VV., Il Management degli Asset Intangibili, IPSOA, Milano, 2004

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1.2 La creazione di valore ed il vantaggio competitivo

Esiste una stretta correlazione tra la creazione di valore e il vantaggio competitivo e per esaminarla è necessario prendere in considerazione due componenti distinte che confluiscono nel valore di un certo bene o servizio:

- Il valore costo delle attività a monte per ottenere quel bene o servizio che permette di raggiungere un vantaggio competitivo di costo, ovvero l’azienda riesce a mettere sul mercato prodotti o servizi simili o uguali a quelli dei concorrenti ma a prezzi decisamente inferiori. La maggiore redditività potrà essere ottenuta grazie all’acquisizione di una più importante quota di mercato rispetto ai concorrenti.

- Il valore d’uso/prestazione che lo stesso bene o servizio ha per gli utilizzatori a valle si sintetizza in un vantaggio competitivo di differenzazione, dato da particolari plus cui gode il prodotto rispetto a quello dei concorrenti che giustifica il prezzo più elevato. Un livello di profitto più alto dipende sia dal premium price6 che si riesce ad imporre, sia dalle spese sostenute e dalla

6 Termine introdotto da Porter che sta ad indicare il prezzo più alto presente sul mercato.

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13 capacità di sviluppare le determinanti di unicità che incidono sul livello delle caratteristiche distintive del prodotto.

“Il vantaggio competitivo – scrive Porter7 - deriva fondamentalmente da valore che un’azienda è capace di creare per i suoi clienti. Può assumere la forma di prezzi più bassi di quelli dei concorrenti a parità dei benefici offerti, oppure può consistere nel fornire benefici con caratteristiche di unicità tali da compensare abbondantemente un prezzo più elevato, quello che si definisce di solito premium price.”

Per ottenere un vantaggio competitivo inoltre le aziende potrebbero assumere strategie di focalizzazione, ovvero concentrarsi su segmenti di mercato più promettenti senza disperdere le risorse competitive su un orizzonte di mercato molto più vasto. L’obiettivo è quindi quello di concentrare i propri sforzi su una nicchia di potenziali clienti focalizzati su bisogni molto particolari. La nicchia di consumatori, non volendo acquistare un prodotto standardizzato è disposta a spendere molto di più per soddisfare i propri bisogni. Questa strategia trova un’equilibrata sintesi fra la strategia di differenzazione e quella di costo.

Da quanto detto, si emerge che il vantaggio competitivo rappresenta la condizione base per la creazione di valore, e di conseguenza ogni qual volta un’azienda possiede un vantaggio competitivo deve impegnarsi al suo mantenimento nel tempo, condizione questa necessaria e sufficiente per il successo e la sopravvivenza dell’impresa stessa.

A sua volta poi, la vera fonte del vantaggio competitivo è costituita dalla dotazione di risorse e dalla modalità di ricombinarle e coordinarle tra di

7 Porter M.E., Il vantaggio competitivo, Comunità, Milano, 1987

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14 loro8, ovvero da quelle capacità distintive dell’azienda che permetto alla stessa di elevarsi rispetto ai propri competitors.

Il vantaggio competitivo inoltre dipende da fattori endogeni, ovvero interni all’azienda, e dalla capacità dell’azienda di reagire e anticipare i cambiamenti esogeni, esterni all’azienda.

La sostenibilità del vantaggio competitivo nel tempo invece, dipende dal numero e la qualità delle fonti del vantaggio competitivo e dalla difficoltà di imitare queste fonti, che a sua volta dipendono dalle barriere che i concorrenti devono superare per imitarla.

Dall’esistenza e dal mantenimento nel lungo periodo di questa condizione di vantaggio che dipende proprio la creazione di valore.

“Il valore quindi è prodotto dal valore stesso”9.

Per valutare meglio le dinamiche del vantaggio competitivo e sopratutto se e quanto esso venga raggiunto, mantenuto e difeso, Michael E. Porter, professore dell’Università di Harvard, nella metà degli anni ’80, introdusse un utile strumento chiamato catena del valore. Partendo dall’assunto che il vantaggio competitivo possa risiedere in ciascuna delle attività svolte dall’impresa, dalla progettazione alla produzione, alla vendita e all’assistenza ai clienti; Porter propone una disgregazione del sistema aziendale in attività strategicamente rilevanti per la creazione di valore e quelle non, cercando di ridurre al minimo i costi e favorendo la differenzazione produttiva.

8 Cuomo M.T., La customer satisfaction, Cedam, 2000

9 Vicari S., L’impresa vivente. Itinerario in una diversa concezione, Etas Libri, Milano, 1991

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15 Il vantaggio competitivo dipende da un migliore svolgimento di attività ad alto potenziale in termini di valore rispetto ai concorrenti. Queste attività significative sul piano del contributo si chiamano attività

“chiave”. Un’attività “chiave” è tale se ha e sviluppa un ampio potenziale per la riduzione dei costi e/o per la differenziazione.

Diventano chiave e centrali alcune delle attività primarie e alcune delle attività ausiliarie in relazione al contesto interno e a quello ambientale.10

1.3 Cambiamento culturale e leve del valore

Da quanto precede, è emerso che la creazione di valore è in grado di generare miglioramenti di eccezionale portata nei risultati d’impresa.

Occorre però che la creazione di valore diventi un concetto radicato nella mentalità e nella cultura dell’impresa, non soltanto per i manager o coloro che occupano un ruolo importante all’interno dell’organizzazione aziendale, ma anche per qualsiasi altro componente indipendentemente dal proprio ambito di responsabilità.

Affinché questo concetto possa convincere ogni singolo componente dell’organizzazione aziendale, occorre che vi sia la presenza di tre fattori, i quali peraltro condizionano il grado di successo di ogni cambiamento radicale:

10 http://www.zerodelta.it

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16 - L’impegno attivo del vertice11;

- La formazione;

- La comunicazione.

Tutte le aziende che sono chiamate a conseguire obiettivi di creazione di valore, hanno intrapreso significativi sforzi di formazione e sensibilizzazione, non solo nei confronti della dirigenza, ma scendendo più a fondo nella compagine organizzativa, con il coinvolgimento almeno dei livelli intermedi. L’importanza della formazione acquista maggiore rilevanza nei contesti dove la cultura e la sensibilità economica è ancora troppo fragile, come ad esempio può essere l’Italia. E’

necessario però che tali operazioni formative non trasmettano il concetto di creazione di valore come mero insieme di tecniche o strumenti più o meno sofisticati, ma come filosofia a cui aspirare dei comportamenti, come un pensiero che debba guidare l’agire di ogni componente dell’azienda.

Infine l’ultima componente del cambiamento culturale per poter assorbire al meglio il concetto di creazione di valore riguarda la comunicazione sia verso l’esterno (azionisti, investitori, istituzionali, clienti) sia verso l’interno (dirigenti, quadri, rappresentanti sindacali). La comunicazione è infatti utile a diffondere cultura e consapevolezza negli interlocutori, che più facilmente eviteranno di cadere negli errori di

11Come per alcuni dei più grandi manager che hanno abbracciato questa filosofia, Roberto Goizueta (Coca-Cola), Franco Barbè (Eni), Paolo Cantarella (FIAT), il vertice aziendale dovrebbe focalizzare l’attenzione sulla creazione di valore, ponendola al primo posto fra le priorità da seguire, sottolineandola nelle comunicazioni interne ma soprattutto dandone esempio attraverso le proprie scelte e chiedendone sistematicamente conto al management, in modo da renderlo un valore di riferimento per tutta l’impresa.

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17 percezione e di giudizio a cui le tradizionali misurazioni di prestazione possono condurre.12

Dal 1929 il marketing ha aumentato la propria importanza all’interno della scienza manageriale ed è stata fonte primaria di successo per moltissime aziende. Uno dei punti di arrivi di tale successo risiede nella raggiunta coscienza che è proprio il marketing a costituire le basi per la creazione di valore.

Nella figura 1.1 sono evidenziate le leve di creazione di valore di pertinenza del marketing e le determinanti del profitto aziendale anche dal punto di vista organizzativo e finanziario.

Figura 1.1 Le leve della creazione di valore

Le determinanti del marketing si estrinsecano in quattro passaggi fondamentali:13

- Comprensione dei bisogni del consumatore;

12 Donna G., La creazione di valore nella gestione d’impresa, op. cit.

13 Donna G., Patrimonio strategico e valore dell’impresa, in AA. VV., Il Management degli Asset Intangibili, op. cit.

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18 - Formulazione di una proposta per soddisfare i bisogni del

consumatore con un vantaggio rispetto ai concorrenti;

- Passaggio da una transazione con il consumatore ad un rapporto di lungo termine basato sulla fedeltà del consumatore e sull’impegno dell’impresa a soddisfare le sue mutevoli e via via più sofisticate esigenze;

- Creazione di un insieme di competenze necessarie a dar vita a prodotti e servizi che nel tempo soddisfino i bisogni del proprio consumato sempre nel migliore dei modi.

Uno studio condotto da Guatri e Sicca14 identifica sette15 leve del valore specifiche del marketing:

- Efficacia delle segmentazione della clientela - Fedeltà dei clienti/consumatori

- Corretto posizionamento dei prodotti - Adeguatezza dell’assortimento/gamma - Fase del ciclo di vita dei prodotti

- Corretto livello dei prezzi

- Importanza delle quote di mercato

Secondo questa visione, il marketing viene considerato come uno strumento importante per la crescita aziendale, per l’aumento della competitività e soprattutto per la creazione di valore.

14 Guatri L., Sicca L., Strategie, leve del valore e valutazione delle aziende, Università bocconi Editore, 2000

15 Nello studio condotto da Guatri e Sicca vengono indicate molte altre leve che hanno più o meno attinenza diretta con il marketing. In questo lavoro vengono riportate le leve più importanti e più attinenti nella correlazione tra marketing e creazione di valore.

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1.4 Le 4 fasi evolutive del marketing: dalla produzione alla relazione

L’ultima definizione data dall’America Marketing Association (AMA) definisce il marketing come un “processo di pianificazione ed attuazione del concetto, del prezzo, della promozione e della distribuzione di idee, beni e servizi tesi a creare uno scambio in grado di soddisfare gli obiettivi dell’individuo e dell’azienda produttrice”.

Per arrivare a questa definizione, il marketing ha seguito un processo evolutivo che possiamo scomporre in 4 macro-fasi e che, come rappresentato nella figura 1.2, si caratterizzano per il diverso orientamento strategico e per le tecniche e strumenti utilizzati.

Focus del Marketing Tecniche e strumenti utilizzati

I Fase Orientamento alla produzione

Standardizzazione/Riduzione dei costi

II Fase Orientamento alla

transazione Quota ponderata di mercato

III Fase Orientamento al

mercato Segmentazione/ 4Ps

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20

Figura 1.2 Schema riassuntivo dell’evoluzione del Marketing

1.4.1 I Fase: orientamento alla produzione

“Ognuno può scegliere il colore della sua automobile purchè sia nero”

(H. Ford)

La filosofia manageriale del celebre produttore americano Ford, focalizzava l’attenzione sulla produzione di un unico modello di automobile (il c.d. modello “T”), cercando di ridurre al massimo i costi di produzione per renderlo accessibile al grande pubblico. Il Marketing orientato alla produzione ha infatti come obiettivo l’aumento dei volumi di vendita finalizzato al contenimento dei costi di produzione e alla realizzazione di economie di scala. In questo contesto i consumatori sono considerati aventi lo stesso peso e sono trattati in maniera indifferente.

Il sistema produttivo proposto da Ford è caratterizzato da molteplici caratteristiche: parti intercambiabili, macchine specializzate, centralità del processo produttivo, divisione del lavoro, centralità del flusso logistico, abbattimento dei costi e dei prezzi, economie di scala, prodotti standard, specializzazione estrema, efficienza operativa, organizzazione gerarchica, presenza di manager professionisti, integrazione verticale.

Come si vede alcune caratteristiche riguardano il processo produttivo, i prodotti, le risorse umane ovvero tutto il sistema azienda, mentre altre riguardano l’ambiente con cui l’azienda si trova ad operare.

IV Fasen Orientamento alla relazione

Customer Relationship Management

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21 Il marketing in un simile contesto, è esclusivamente concentrato sulla creazione di un’immagine di marca che possa essere associata, nell’immaginario collettivo, a tutti i prodotti di una determinata azienda, e ciò allo scopo di conseguire una fetta di mercato superiore a quella della concorrenza. 16

Ai primi cenni di instabilità della domanda risultò evidente che tale approccio, molto orientato all’impresa, non era più adeguato ed era necessario un nuovo modello a cui riferirsi.

1.4.2 II Fase: orientamento alla transazione

La seconda fase evolutiva del marketing, si distingue dalla tradizionale, per il forte orientamento strategico verso una migliore gestione dei processi di vendita (orientamento alla transazione).

L’obiettivo primario della strategia è guidare le decisioni manageriali al raggiungimento di risultati di eccellenza mediante la ricerca di un vantaggio competitivo. 17

L’incremento dei volumi offerti in maniera significativamente superiore a quelli domandati costrinse le aziende a ragionare non più in termini di quota semplice di mercato ma attribuendo un peso ai consumatori in base al volume di vendite che erano in grado di generare (quota ponderata di mercato).18 In questa fase il marketing per aumentare la quota di mercato dell’azienda, tende ad agire sul riposizionamento del pricing dei prodotti

16 Contaldo R. G., Largo T., Marketing relazionale. Come gestire la relazione con il cliente., IPSOA, Milano, 2006

17 Grant R, L’analisi strategica per le decisioni aziendali, Il Mulino, Bologna, 1999

18 Contaldo G, op. cit.

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22 o servizi al fine di acquisire un numero maggiore di consumatori e allo stesso tempo aumentare il volume medio di acquisto di ognuno di essi.

Il limite di tale approccio però consta proprio nel fatto che si pensi che la sola variazione del prezzo possa portare ad aumentare la quota di mercato posseduta dall’azienda.

1.4.3 III Fase: orientamento al mercato

Con l’accrescersi della competizione fra le azienda, si rese necessario superare anche quest’ultimo approccio e le aziende si preoccuparono maggiormente di convincere i consumatori a scegliere i propri prodotti piuttosto che altri.

Il marketing operativo coincide con il marketing management e consiste

“nello studio delle norme di comportamento competitivo dell’impresa con riguardo alla pianificazione, gestione e controllo delle proprie attività di scambio19”: essenzialmente l’uso delle leve di marketing, il marketing mix.

Con marketing mix si intende “l’insieme delle principali leve d’azione competitiva di un’impresa” che McCarthy identifica nella celeberrima sigla “4Ps” (Prodotto, Prezzo, Punto di vendita, Promozione).

In realtà ognuno di questi 4 elementi è costituito da diversi aspetti:

a. Prodotto: qualità, caratteristiche, opzione, stile, marca, confezione, taglie e misure, servizio, garanzia, possibilità di restituzione;

19 Valdano E., Marketing, Utet, Torino, 1995

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23 b. Prezzo: prezzo di listino, sconti e abbuoni, termini e condizioni di

pagamento;

c. Punto di vendita: canali, copertura, localizzazione, scorte, trasporti;

d. Promozione: pubblicità, vendita personale, promozione vendite, relazione pubbliche.

In definitiva per poter migliorare il dimensionamento competitivo dell’azienda, in questa terza fase, il marketing doveva gestire contemporaneamente e in maniera armonizzata queste quattro leve.

1.4.4 IV Fase: orientamento alla relazione

Infine, anche il marketing di massa con il suo orientamento e i suoi strumenti, ha dovuto cedere il passo per lasciare spazio alla più moderna filosofia client-driven.

La consapevolezza di non poter concepire unitariamente il mercato, l’acuirsi delle dinamiche competitive fra le imprese, il ridursi dei costi delle tecnologie e gestione delle informazioni di fronte ad un aumento dei costi delle operazioni di mass-marketing e la presa di coscienza da parte del consumatore del proprio ruolo, hanno spinto le aziende ad adottare un orientamento strategico diretto alla relazione con il cliente.

Inoltre in questa fase le aziende votate al successo abbandonano un atteggiamento reattivo, di risposta ai reclami dei consumatori, per assumere un atteggiamento proattivo, nel quale si cerca di aumentare il livello di soddisfazione del cliente. Cliente che diventa risorsa sempre più costosa da acquisire ed proprio per questa ragione che

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24 quest’approccio punta a migliorare la relazione con i clienti già acquisiti per cercare di garantire un rapporto duraturo e soddisfacente con l’azienda.

Finalmente in primo piano è posta la relazione, una relazione in cui il cliente ha una nuova importanza e rilevanza.

Per poter comprendere al meglio, la filosofia cliente-centrica occorre però innanzitutto chiarire il significato del termine “cliente”. Cliente è colui che effettua i suoi acquisti presso una determinata impresa. Il rapporto cliente-impresa non è un rapporto di natura esclusivista poiché ognuno odi noi, in quanto consumatore, può essere contemporaneamente cliente di più di un’impresa.20

Dalle tradizionali “quattro P del marketing21”, gli elementi fondamentali che compongono il marketing mix, si passa alle “quattro C”: Customer need, Cost to consumer, Convenience, Communication.22

La relazione con il cliente è costituita da due momenti fondamentali:

acquisizione e ritenzione. L’azienda, quindi, dovrebbe acquisire nuovi clienti in grado di generare volumi di vendite tendenzialmente uguali o superiori a quelli dei clienti già acquisiti (strategia di acquisizione), e incrementare la fidelizzazione della propria clientela (strategia di ritenzione), ed è proprio su queste due componenti che si gioca la stabilità dell’azienda.

La capacità di individuare le specifiche esigenze di ogni singolo cliente potenziale rappresenta il pre-requisito essenziale per la sua acquisizione

20 Contaldo, op. cit.

21 Product, Price, Place and Promotion

22 Concetto introdotto da Robert Lauterborn: Valore per il cliente, costo per il cliente, comodità e accessibilità per il cliente, comunicazione al cliente.

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25 e successiva fidelizzazione. Proprio questo orientamento, che parte dal cliente, dalle sue esigenze, dai suoi bisogni e che considera la vendita come il punto di arrivo fisiologico di una relazione, può essere definito Marketing Relazionale.

Il termine marketing relazionale viene generalmente attribuito a Berry, anche se è consuetudine considerare, quali antecedenti concettuali di tale proposta, i risultati delle ricerche condotte, negli anni Settanta, dalla Scuola Nordica negli ambiti dei servizi (Gronroos e Grummerson) e dall’Industrial Marketing Group (Hakansson, Jhoansson e Mattsson).

Il marketing relazionale si pone come obiettivo quello di “iniziare, negoziare e gestire le relazioni di scambio con gruppi chiave di interesse al fine di perseguire vantaggi competitivi sostenibili in specifici mercati, sulla base di accordi a lungo termine con clienti e fornitori”.23

L’obiettivo non è più conseguire un profitto ma soddisfare desideri per conseguire un profitto.24 L’ultima evoluzione del marketing è, dunque, rappresentata dall’inserimento della leva relazionale, poiché solo grazie alla relazione l’azienda può capire quali siano i desideri, anche inespressi, della clientela e stabilire quali di questi sia conveniente soddisfare soprattutto in base al valore che viene generato da ogni cliente.

23Hakansson H., Wootz B., “A Framework of Industrial Buying and Selling”, 1979

24 Contaldo, op. cit.

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1.5 Le relazioni nel processo di creazione di valore

E’ ormai opinione diffusa, che lo scambio è il processo attraverso cui si realizza il potenziale produttivo delle risorse. Fra tutti gli scambi che l’impresa può effettuare, lo scambio relazionale con il cliente rappresenta l’unica modalità per la realizzazione di valore per l’impresa.

A tale proposito, Valdani e Busacca hanno proposto una teoria delle risorse nella prospettiva della relazione fra l’impresa e la clientela, considerando la generazione di valore per il cliente, come origine e finalità di tutti i processi generativi del valore d’impresa.

Figura 1.3 – La customer-based view dell’impresa

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27 La figura 1.3 mostra la sequenza attraverso la quale l’impresa è in grado di generare valore. Come è possibile notare, nella customer based view è necessario che vi sia un equilibrio tra la soddisfazione che il cliente trae nella relazione con l’impresa, e la soddisfazione che l’impresa trae dalla stessa relazione. Ogni cliente, infatti, ha per l’impresa un diverso valore.

Per cogliere il nesso fra valore per il cliente, relazione con la domanda e valore dell’impresa è necessario anzitutto considerare che lo sviluppo di tali relazioni ha origine dalla soddisfazione dei clienti cumulata nel tempo, ossia dalla fiducia; e che la fiducia costituisce, a sua volta, una fondamentale componente dell’immagine di marca, determinante per l’attivazione di nuove relazioni (effetto reputation), ma anche per rafforzare la fedeltà e, quindi, per lo sviluppo della customer loyalty.

Dalle relazioni leali cooperative con i clienti, infine, hanno sovente origine i processi di apprendimento e di accrescimento del patrimonio cognitivo dell’impresa.25

La componenti che incidono sulla creazione di valore dell’impresa sono, quindi, la percezione della soddisfazione dei clienti, la fiducia e lo stato attuale delle relazioni (lealtà e fedeltà) e dell’immagine aziendale, che a loro volta rappresentano le determinanti per il valore offerto al cliente.

La determinazione del valore dei propri clienti è, quindi, l’antecedente logico di qualunque strategia l’impresa decida di attuare sulla propria customer base, poiché, ovviamente, solo la conoscenza dei clienti (uno per uno) e del loro valore, le permetterà di capire quando è opportuno

25 Costabile M., Il capitale relazionale, McGraw-Hill, Milano, 2001

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28 tagliare i costi e recedere dalla relazione e quando, invece, è più corretto investire nello sviluppo e nella fidelizzazione dei clienti “giusti”.26

Quando si parla di valore dei clienti, si fa riferimento al valore attuale, ovvero il valore che il cliente rappresenta per l’impresa in un determinato periodo e al valore potenziale, che rappresenta invece quanto il cliente potrebbe valere qualora il potenziale fosse interamente sfruttato, in altri termini, la quota di valore, di quel cliente, che è posseduta dai concorrenti.

La componente relazionale svolge, dunque, un ruolo fondamentale nella determinazione di un vantaggio competitivo e nel processo di creazione di valore. Attraverso una buona relazione, infatti, è possibile raggiungere obiettivi di incremento reddituale, che a sua volta sono strettamente legati al raggiungimento di altri tre sotto-obiettivi:

accrescere la base di clientela

incrementare la redditività della clientela già acquisita;

conservare la base di clientela.

Il recente sviluppo dei mercati, la crescente facilità con cui le soluzioni tecnologiche e i modelli di business possono essere imitati o acquisiti e l’aumento esponenziale della competitività, hanno creato le basi per l’affermazione della componente relazionale, che oggi è considerata come uno dei pochi elementi su cui fondare la differenzazione dell’offerta e attraverso la quale difendere tale differenzazione dalla concorrenza.

26 Contaldo R. G., Largo T., op.cit.

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29 Le imprese più innovative difendono la quota di mercato acquisita e il vantaggio competitivo raggiunto, mediante corposi investimenti nel capitale relazionale, non solo clienti, ma anche fornitori e partner, attraverso i quali è possibile realizzare una vera e propria rete di valore unica e inimitabile.

Gli studi condotti sul marketing relazionale hanno evidenziato che tutte le forme di relazione proposte rappresentato strumenti di eccezionale efficacia nello sviluppo e al consolidamento delle relazione con il cliente. Sono queste ultime, infatti, che più direttamente influenzano la determinazione del valore dell’impresa e per questa ragione diventano anche momento e luogo di verifica del valore generato da tutte le altre forme di relazione che l’impresa è in grado di attivare.

In linea di principio, il valore delle relazioni d’impresa è da considerarsi un potenziale di valore, che diventa reale solo in presenza di scambi di mercato stabili e continuativi, tali cioè da configurare una relazione con la domanda. Sono scambi e relazioni con la domanda, infatti, il luogo di verifica e concretizzazione del valore della rete relazionale dell’impresa.27

27 Costabile M., op.cit.

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30 CAPITOLO 2

IL CUSTOMER RELATIONSHIP MANAGEMENT

1.1 Il customer relationship management: concetti definitori

Con il termine Customer Relationship Management (CRM) si identifica un insieme di strategie, metodologie, processi e software che coinvolge la gestione della relazione con i clienti, al fine di attrarli e fidelizzarli, in modo da creare, consolidare e mantenere valore nel lungo periodo.

Il CRM serve, dunque, ad ampliare e migliorare i punti di contatto con i clienti, tenere traccia dell’interazioni tra l’azienda ed i clienti, dalle attività pre-vendita a tutte quelle di servizio ed assistenza, sfruttare queste interazione per conoscere meglio il valore dei clienti e poterli segmentare.28 La segmentazione della clientela è un processo importante per la realizzazione di un piano di CRM perché permette di aumentare la fedeltà e massimizzare la redditività dei clienti attuali e investire sui giusti prodotti o servizi per segmento, così da massimizzare il ritorno degli investimenti e quindi creare valore per l’azienda.

28 Piraccini M., Nuove tendenze nella soddisfazione del Cliente, in AA. VV., Customer Relationship Management, Ipsoa, Milano, 2002

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31 Lo scopo di un progetto di CRM consiste nella costruzione di solide relazioni di lungo periodo con il cliente. Mediante la comprensione e la soddisfazione delle esigenze e delle preferenze del singolo cliente si crea un valore aggiunto percepito, che diventa, nel lungo periodo, profitto per l’impresa.

Attraverso l’utilizzo di determinate tecnologie, il CRM consente di raccogliere e poi trasformare i dati e le informazioni sul cliente in conoscenza. Questa conoscenza potrà essere utilizzata per la costruzione della relazione di lungo periodo sia in ottica di efficienza interna che di efficienza/livello offerto e di efficacia esterna. Un cliente infatti diventa profittevole con il tempo, non per l’ultimo acquisto che ha effettuato, ma per tutti gli acquisti che effettuerà in futuro in base al livello di fidelizzazione raggiunto.

I numerosi studi affrontati sul tema, hanno condotto ad una consapevolezza ormai diffusa: conservare un cliente è molto meno dispendioso che acquisirne di nuovi, per tali ragioni è utile considerare il life time value del cliente, che copre tutte le fasi del ciclo di vita della relazione con il cliente.

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Figura 2.1 – Ciclo di vita della relazione con il cliente

Il grafico 2.1 mostra quali sono i cinque step fondamentali del ciclo di vita del cliente. Sin dalla prima fase viene attivata la relazione fra l’aziende con il cliente e consiste proprio nella analisi e ricerca di un potenziale cliente, il c.d. soggetto interessato. Nella seconda fase verrà proposta un’offerta vantaggiosa al potenziale cliente, di regola migliore di quella della concorrenza, per indurre il soggetto interessato ad effettuare il primo acquisto. Garantendo poi il livello del servizio e personalizzando l’offerta intorno ai desideri del cliente stesso si riuscirà nella trasformazione (conversione) dal potenziale cliente a cliente pagante. Il passaggio chiave per incrementare la fedeltà del cliente avviene nel quarto step (ritenzione) dove l’azienda prova a mantenere i clienti esistenti di valore, cercando di cogliere le evoluzioni dei loro bisogni e delle loro esigenze mutevoli, per saper poi agire proattivamente per soddisfarle, così da completare la costruzione di una relazione duratura basata sulla fedeltà e sulla lealtà del cliente. L’ultima fase del

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33 ciclo di vita del cliente, loyalty, si preoccupa invece di accrescere il valore dei propri clienti.

L’approccio al CRM si articola:29

- Da un lato nella costruzione del vero e proprio contenuto della filosofia o strategia della relazione con il cliente: definizione dei bisogni informativi, identificazione dei criteri di segmentazione e della modalità di raccolta e comprensione delle aspettative dei clienti e poi ovviamente le modalità di costruzione delle offerte mirate ai singoli clienti o cluster di clienti;

- Dall’altro nell’adeguamento di processi e organizzazioni per rispondere alle diverse priorità e modalità di interrelazione sia con i clienti esterni, sia in ottica di cliente interno e ovviamente con la definizione degli strumenti chiave a supporto e dei conseguenti investimenti tecnologici necessari.

2.2 La struttura di un progetto di CRM

Per analizzare le fasi di un progetto di CRM bisogna innanzitutto descriverne la struttura . La struttura di un sistema di CRM si caratterizza per la presenza di due componenti fondamentali: il CRM operativo e il CRM analitico. Il primo gestisce le attività di interazione con i clienti e si occupa quindi della raccolta dei dati che vengono messi a disposizione

29 Altavilla A., Bolwijn R., Customer relationship management: regole di successo, IPSOA, Milano, 2006

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34 del CRM analitico, che a sua volta li analizza al fine di pianificare ed eseguire il progetto.

Fi gura 2.2 La struttura del CRM

2.2.1 Il CRM operativo

Il CRM operativo fa riferimento alle attività e strutture che permettono all’azienda di fare business: i processi di marketing, di vendita e post- vendita. Queste attività prevedono il contatto diretto con il consumatore e ne condividono e aggiornano, in tempo reale, le stesse informazioni.

Le aree funzionali del CRM operativo si dividono in: attività di front office e attività di back office.

a. Attività di front office.

In quest’area sono presenti tutte quelle funzioni che sono automatizzate dai software di CRM e incanalate verso i diversi touchpoint. A questa categoria appartengono il Marketing Automation e il Sales Force Automation (SFA).

- Marketing Automation: le automazioni delle attività di marketing permette di velocizzarne la schedulazione o di realizzarne senza intervento umano al realizzarsi di determinate variazioni di campi di database. Tramite l’utilizzo di regole logiche ed opportuni strumenti è possibile automatizzare il flusso delle informazioni,

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35 per gestire e potenziare le comunicazioni tra l’azienda e gli stakeholders, siano esse attive (invio di informazioni) o di feedback o Customer Profiling (mirate a registrare opinioni e preferenze). Si può ad esempio stabilire che ai clienti che hanno acquistato un determinato prodotto X nell’ultima settimana sia inviata una comunicazione specifica (suggerimenti sull’utilizzo del prodotto) attraverso un determinato touchpoint (telefonata dal call center della zona di residenza del cliente).

- Sales Force Automation: la automazioni delle forze di vendita permette ad utenti interni ed esterni all’azienda, che operano sul cliente, di condividere tutte le informazioni relative alla relazione con quel particolare cliente. Qualunque collaboratore d’impresa, di qualsiasi funzione aziendale, è in grado di visualizzare le attività che l’impresa sta svolgendo per quel cliente: impegni, calendari di incontri e promozioni; in modo tale da razionalizzare i processi di vendita ed evitare problemi causati dalla non sincronia dei vari organi aziendali.

b. Attività di back office

La attività di back office sono quelle che non richiedono interazione con il cliente e che quindi sono invisibili al cliente stesso. Fanno parte di questa categoria il Supply Chain Management, l’ERP e il Legacy System.

- Supply Chain Management: SCM o comunemente chiamato gestione della catena dei fornitori, riguarda strumenti e processi

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36 che permettono di ottimizzare la gestione del magazzino, degli ordini, della capacità produttiva, la gestione dei distributori, dettaglianti, fornitori e tutte quelle imprese che partecipano sia al processo di produzione che alla vendita.

- ERP: sigla per Enterprise Resource Planning letteralmente

“pianificazione delle risorse d’impresa”, indica quell’insieme di attività che permette la pianificazione, l’esecuzione e il controllo dei processi aziendali mirati sia alla produzione del prodotto o servizio che alla sua distribuzione e vendita. Si differenzia dal Supply Chain Management perché riguarda esclusivamente le risorse interne all’impresa.

- Legacy system: sono sistemi e tecnologie di valore ereditati dal passato, ovvero già esistenti all’interno dell’organizzazione per i quali sono stati effettuati investimenti considerevoli. La strategia all’interno di un progetto di CRM può essere quella di rimpiazzarli completamente o aggiornarli.

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Figura 2.3 La struttura del CRM operativo

2.2.2 Il CRM analitico

Il CRM analitico consente di valorizzare e sfruttare il patrimonio informativo proveniente dall’operativo al fine del miglioramento della performance del business. Naturalmente il CRM analitico non può prescindere da quello operativo, ma bisogna tenere presente che è proprio questo a dare valore aggiunto all’azienda in termini di competitività.

Attraverso l’interazione con i touchpoint30, l’impresa acquisisce i dati sul cliente. I dati vengono raccolti, automaticamente o manualmente, a seconda del grado di implementazione del sistema di CRM, all’interno del database. Il database può essere unico (datawarehouse) oppure multiplo (datamart).

30 Tra i principali si annoverano il call center, web, mailing e face to face. Il seguente argomento è trattato in maniera più ampia nel paragrafo 2.4.

(38)

38 Una volta raccolti i dati, essi vengono trasformati, dagli strumenti di business intelligence, in informazioni utili per prendere decisioni strategiche. Di questi strumenti ne esistono diversi tipi che si differenziano per la loro capacità informativa.

Successivamente vengono integrati all’interno dei vari processi aziendali ed utilizzati, dal cliente o dall’impresa, nella forma e attraverso il canale più adatto.

Figura 2.4 Le componenti del CRM Analitico

Con il termine business intelligence (BI) si intende l’insieme di concetti, metodologie e la capacità dell’impresa di accedere, esplorare ed analizzare le informazioni aziendali. Il compito della BI è di trasformare i dati in informazioni attraverso la tecnologia a disposizione.

Il primo passo è, quindi, quello di archiviare i dati, provenienti dalle sorgenti informative, in un database per essere analizzati con tecnologie diverse. Esistono tre diversi tipi di database: datawarehouse, data mart e data webhouse.

DATAWAREHOUSE

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39 La costruzione di un database, in particolare del datawarehouse, è una delle iniziative fondamentali in un approccio di customer relationship management.

Il datawarehouse rappresenta uno strumento utilissimo per riorganizzare, integrare, filtrare e aggregare i dati già disponibili per trarne informazioni che vengono messe a disposizione del management.

Immon 31individua le caratteristiche principali del datawarehouse attraverso la sua celebre definizione “una collezione di dati orientata ai soggetti, integrata, non volatile e correlata alla variabile tempo costruita in supporto delle decisioni manageriali”:

- Orientata al soggetto: in un datawarehouse i dati sono archiviati in modo che possano essere facilmente letti ed elaborati.

- Integrata: i dati confluiscono da più sistemi transazionali e da fonti esterne. L’integrazione avviene mediante l’utilizzo di una codifica uniforme, mediante l’utilizzo delle stesse unità di misura o attraverso altre strade.

- Non volatile: l’aggiornamento dei dati, con la perdita di informazioni che ne consegue, non viene effettuato all’interno del data warehouse; in questo modo vengono aggiunte informazioni senza modificare quelle già presenti.

- Variabile nel tempo: i dati archiviati in un datawarehouse hanno un orizzonte temporale molto più esteso nei sistemi operazionali consueti.

31 Immon W.H., Bulding the Data WareHouse, John Wiley, 1996

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40

DATA WEBHOUSE

Il web è un’immensa fonte di dati. Per poter utilizzare questi dati, essi devono essere confluiti in un unico database, il data webhouse, che si distingue dal data warehouse perché deve considerare le caratteristiche del web.

A differenza del data warehouse, il data web house offre tempi di risposta alla ricerca di informazioni più immediati, ed è reperibile velocemente e senza interruzioni di disponibilità da ogni parte del mondo.

DATA MART

Data mart è l’abbreviazione del data marketing e può essere considerato come un archivio aziendale che raccoglie tutte le informazioni sui clienti e soggetti interessati.

Solitamente deriva da altre strutture di dati, è possibile ad esempio estrarre diversi data mart dal data warehouse, uno per ogni tipo di analisi che si vuole effettuare.

La costruzione di data mart rappresenta una delle operazioni fondamentali per l’applicazione del CRM.

L’affermazione dei database e del data warehouse è legata alla forte crescita di peso dei sistemi informatici in azienda. Le opportunità sono pressocchè infinite e le applicazioni continueranno a svilupparsi consentendo di escogitare la soluzione anche ai problemi più complessi.

Ciò porterà, di converso, alla rapidissima obsolescenza del software attuale. I costi legati ai sistemi informativi dovrenno essere ammortizzati

(41)

41 quindi in un tempo molto limitato per evitare stime di redditività dei progetti troppo positive.32

Le tipologie di operazioni che si possono svolgere con i dati raccolti sono molteplici, tra le quali annoveriamo: query e reporting, OLAP, datamining e data retrival.

DATA MINING

Il termine data mining deriva dall’inglese to mine, estrazione da una miniera di dati.

Il data mining è il processo atto a scoprire correlazioni, relazioni e tendenze nuove e significative, setacciando grandi quantità di dati immagazzinati nei repository, quindi un processo di estrazione di informazioni valida, utilizzabile e precedentemente sconosciuta, da grandi database di utilizzo di questa informazione a supporto delle decisioni di business.33

La tecnica del data mining viene applicata sui dati “grezzi”

provenienti dal datawarehouse.

Le applicazioni delle tecniche di data mining possono essere molteplici: nel settore bancario, per predire ad esempio l’affidabilità del cliente in una richiesta di prestito, nel settore delle telecomunicazioni, per capire da una serie di malfunzionamenti ove si possa verificare un guasto grave, nel settore della medicina, per capire quale sia la terapia più adeguata ed economica per il paziente e in altri molti settori.

32 Vikman L., Un database informativo sulla rete distributiva, in AA.VV., Customer Relationship Management: strategie e strumenti per la soddisfazione del cliente, IPSOA, Milano, 2002

33 Altavilla A., Bolwijn R., op. cit.

(42)

42

QUERY & REPORTING

Realizzato il datawarehouse e dopo aver analizzato le informazioni presenti attraverso la tecnica del data mining, è necessaria l’implementazione di una reportistica leggibile e fruibile che faccia da supporto dalle decisioni del management.

Questi strumenti permettono di esplorare di dati aziendali a vari livelli, recuperando specifiche informazioni richieste (strumenti di query), e presentandole in modo chiaro e leggibile (strumenti di reporting).

La produzione del report deve seguire alcune fasi:

1- la definizione chiara e puntuale degli obiettivi della reportistica;

2- definizione chiara delle informazioni a supporto degli obiettivi;

3- inserimento dell’interrogazione a sistema;

4- produzione della reportistica.

Gli applicativi del reporting possono rappresentare il passo finale nell’utilizzo degli strumenti di CRM.

DATA RETRIEVAL

Il data retriva è una attività che ha le stesse funzioni del data mining, ovvero quelle di estrarre da un database le informazioni di interesse per chi ne fa uso.

I criteri di estrazione dei dati sono definiti a priori, in maniera esogena all’attività di estrazione stessa.

Un classico esempio di questa attività è la ricerca, da parte del settore marketing, di tutti quei clienti che hanno acquistato almeno una volta il prodotto A e il prodotto B contestualmente. I

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43 nominativi che ne vengono fuori potrebbero essere soggetti di una campagna promozionale, confidando sul fatto che la probabilità dei successi, ovvero dei clienti che acquistano effettivamente il prodotto in fase di lancio rispetto al totale dei contattati, sarebbe sicuramente superiore alla percentuale di successi che si otterrebbe qualora i clienti non avessero le caratteristiche ricercate dal marketing.

OLAP

OLAP, acronimo di On-line Analytical Processing, rappresenta un insieme di tecniche software per l’analisi interattiva e veloce di grandi quantità di dati.

Con il termine OLAP si intende la possibilità di effettuare analisi dei dati su strutture multidimensionali in maniera rapida, flessibile ed efficiente, attraverso i servizi forniti da motori di database specifici. Le analisi multidimensionali (in inglese Sclice % Dice) consistono nel navigare i dati lasciando all’utente la facoltà di scegliere interattivamente le informazioni da visualizzare ed i filtri da applicare. La tecnologia OLAP, quindi, consente all’utente di realizzare da solo le sue analisi, senza la necessità di ricorrere all’aiuto di personale tecnico.34

Esistono diverse tipologie di OLAP: ROLAP (Relationship OLAP), MOLAP (Multidimensional OLAP), HOLAP (Hybrid OLAP) e DOLAP (Desktop OLAP).

34 http://www.olap.it

(44)

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2.3 Le fasi di un progetto di CRM

Dopo aver analizzato la struttura di un progetto di CRM occorre analizzare le varie fai di cui si compone.

Ci sono quattro pericoli assolutamente da evitare in un progetto di customer relationship management35:

- Esecuzione del CRM prima della generazione della strategia del cliente

- Avvio del CRM prima di riorganizzare la propria struttura - Supporre che la tecnologia di CRM sia la migliore in assoluto - Inseguire, e non corteggiare, i clienti

Per non incorrere in questi errori comuni bisogna seguire cronologicamente le quattro fasi principali di un progetto di CRM: la raccolta dei dati, l’analisi dei dati, la pianificazione delle azioni da seguire ed infine l’esecuzione delle azioni pianificate.

35 Secondo la visione di Rigby, Reicheld e Schefter (2002)

(45)

45

Figura 2.5 Le fasi di un progetto di CRM

2.3.1 La raccolta dei dati

Mentre la presenza e le caratteristiche delle altre fasi dipendono dalle scelte strategiche e dall’avanzamento del progetto stesso, l’acquisizione dei dati costituisce una fasi imprescindibile di un progetto di CRM.

In questa fase vengono raccolti i dati di molteplici aspetti del cliente che si differenziano da un impresa all’altra in base al settore di appartenenza.

Questi dati possono essere socio-demografici, capacità reddituale, esposizione ai media, informazioni sul nucleo familiare, profilo anagrafico, evoluzione del comportamento, durata della relazione, valore di ritenzione, quota di mercato sul cliente, storia delle proposte e delle transazioni, stile di vita e così via.

E’ importante sin dall’inizio stabilire gli obiettivi del CRM, in modo da decidere quali siano i dati rilevanti per la nostra analisi ed evitare un inutile sovraccarico di informazioni. Per poter garantire un adeguato utilizzo dei dati ai fini strategici infatti non è sufficiente disporre di

(46)

46 informazioni ampie ed organizzate sui clienti, ma occorre soprattutto poter raggruppare le stesse secondo criteri funzionali agli obiettivi di CRM prefissati.

Un’altra istanza di cui tenere conto è il problema relativo alla privacy, anche se ormai dal punto di vista legale è sufficiente una dichiarazione espressa di consenso.

La raccolta dei dati avviene attraverso l’utilizzo dei touchpoint, che rappresentano il vero punto di contatto tra l’impresa e il cliente.

2.3.2 L’analisi dei dati

Il vero fattore critico di successo di un’iniziativa di CRM non è rappresentato dalla disponibilità di consistenti quantità di dati sulla clientela, bensì dalla capacità di organizzarli e di interpretarli correttamente, al fine di trarre valore dagli stessi.36

Si tratta di una fase fondamentale poiché consente di estrarre conoscenza dai dati acquisiti e di massimizzare le fasi successive. Lo scopo dell’analisi è quello di individuare una corretta segmentazione del proprio mercato che consenta, nella fase successiva, di pianificare un’interazione personalizzata e integrata con il cliente. E’ vero che ogni cliente possiede delle caratteristiche, ma individuare una corretta segmentazione per il cliente è utile per rilevare quei gruppi di domanda sui quali alcune leve del marketing sono più efficienti.

36 Munari L., Il CRM nella banca, Bancaria Editrice, Roma, 2005

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47 Sulla base di un numero ampio di attributi, i clienti vengono divisi e raggruppati in cluster, che si caratterizzano dalla presenza di affinità e variabili comuni. Il numero di segmenti individuati, inoltre, non dovrebbe mai essere troppo elevato per non rendere troppo complessa la sua gestione.

Si ha una prima distinzione di base dei criteri di segmentazione che distingue una segmentazione descrittiva da una comportamentale.37

La segmentazione descrittiva descrive il profilo dell’individuo indipendentemente dal suo comportamento d’acquisto e può riguardare segmentazione socio-demografica, per classi sociali, stili di vita, composizione del nucleo familiare e così via.

La segmentazione comportamentale è invece correlata al comportamento d’acquisto del cliente e al prodotto e permette di ottenere informazioni in merito alla fedeltà alla marca, alla propensione all’acquisto di prodotti e all’utilizzo dei singoli canali, la sensibilità alle diverse modalità di contatto e promozioni e via dicendo.

Le segmentazioni, e quindi i cluster, guidano le aziende nella definizione dei target commerciali e possono condurre anche alla creazione di nuovi prodotti o nuove forme distributive, così soddisfare alcune richieste particolari dei clienti appartenenti ad un determinato segmento.

2.3.3 La pianificazione

Dopo le prime due fasi, l’azienda dovrebbe aver già acquisito un’adeguata conoscenza dei propri clienti e dovrebbe convergere i propri sforzi verso la pianificazione di strategie, ovvero l’assunzioni di

37 Valdani E., Marketing, Utet, Torino, 1995

(48)

48 decisioni e lo sviluppo di concrete azioni proattive nei confronti dei clienti. La pianificazione, all’interno di un progetto di customer relationship management, è la parte della strategia che determina il tipo di interazione che va effettuata con il cliente.

La pianificazione è un momento fondamentale in un processo di CRM in quanto implementare una strategia impone dei costi elevati all’azienda.

Il livello dell’investimento deve essere quindi attentamente valutato: la spesa deve essere comparata al valore dalla customer retenzion e dall’acquisizione di nuovi clienti ne deriva.

Tenendo presente la strategia globale dell’impresa, è compito dei manager utilizzare i dati dell’analisi per valutare i segmenti del proprio mercato.

Bisogno considerare la natura dei cluster, non solo le caratteristiche d’acquisto di ogni segmento, ma anche dalla loro consistenza.

Diventa quindi possibile stabilire l’adeguatezza della propria strategia di business, la sua attuabilità o le eventuali modifiche da apportare.

2.3.4 L’esecuzione

I processi aziendali e le strutture organizzative vengono ridefinite in base all’analisi dei dati e alla pianificazione della strategia da adottare.

L’esecuzione avviene attraverso i diversi canali a disposizione, nelle attività di vendita, marketing e customer service38.

Questa fase conclusiva chiude il cerchio di un sistema di CRM e consente di rendere concreti i vantaggi percepiti durante l’analisi.

38 Il customer service è il reparto che funge da interfaccia verso il cliente nell’erogazione dei servizi post-vendita.

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49 Le segmentazioni della clientela avvenuta nella seconda fase, basata su metriche di fedeltà e profitto, mette a disposizione un buon metro per misurare le campagne di marketing.

2.4 Le tecnologie del CRM

L’interazione tra l’azienda e i propri clienti, acquisiti o potenziali, avviene attraverso i cosiddetti touchpoint.

Questa interazione è sempre bidirezionale: da un lato l’impresa utilizza questi canali per proporre un offerta al cliente, dall’altro il cliente utilizza gli stessi canali per ottenere qualcosa dall’impresa (informazioni, suggerimenti, chiarimenti, risoluzione dei problemi, attenzione ai propri reclami).

Attraverso di essi, infatti, avviene la prima raccolta dati provenienti dalla clientela e poi la diffusione di altri dati relativi alla gestione della relazione (come per esempio quali promozioni possono interessare il cliente che sta chiamando il call center).

Questa doppia funzione dei touchpoint è particolarmente evidente per alcuni, soprattutto nei call center, ma è comunque caratteristica di tutti.

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Figura 2.6 Le componenti del Touchpoint

2.4.1 Il call center

I call center sono fra gli strumenti, touchpoint, più utilizzati in ottica di customer relationship management.

Il call center si compone di un insieme di infrastrutture, risorse e supporti tecnologici, finalizzati alla gestione delle chiamate in entrata e in uscita da un’organizzazione, per erogare un servizio pre e post acquisto ai clienti. Il servizio può essere svolto dalla stessa organizzazione o da aziende esterne specializzate, che provvedono, tramite il telefono e il supporto di un computer, ad interagire con i clienti in modo strutturato, per una gestione efficace ed efficiente delle chiamate.39

Attraverso il call center, quindi, un impresa può contattare attivamente i propri clienti o potenziali tali (attività di outbound) oppure essere disponibile verso ciò che il cliente o soggetto interessato può chiedere (attività di inbound).

a. Attività di outbound

39 Altavilla A., Bolwijn R., op. cit.

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