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ALVEOLARE INFERIORE ALVEOLARE INFERIORE ALVEOLARE INFERIORE

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TAGETE 3-2008 Year XIV

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CHIRURGIA EXODONTICA DEI TERZI MOLARI INFERIORI: PROFILO CHIRURGIA EXODONTICA DEI TERZI MOLARI INFERIORI: PROFILO CHIRURGIA EXODONTICA DEI TERZI MOLARI INFERIORI: PROFILO CHIRURGIA EXODONTICA DEI TERZI MOLARI INFERIORI: PROFILO

MEDICO MEDICO MEDICO

MEDICO----LEGALE NELLE LESIONI IATROGENE DEL NERVO LEGALE NELLE LESIONI IATROGENE DEL NERVO LEGALE NELLE LESIONI IATROGENE DEL NERVO LEGALE NELLE LESIONI IATROGENE DEL NERVO ALVEOLARE INFERIORE

ALVEOLARE INFERIORE ALVEOLARE INFERIORE ALVEOLARE INFERIORE

Dott. D

Dott. DDott. D

Dott. Deborah Meleoeborah Meleoeborah Meleoeborah Meleo****, , Dott. , , Dott. Dott. Maria Sofia RiniDott. Maria Sofia RiniMaria Sofia RiniMaria Sofia Rini********, , Dott. , , Dott. Dott. Dott. Luciano PacificiLuciano PacificiLuciano PacificiLuciano Pacifici************

* Università di Roma “Sapienza”, Dottorato di Ricerca in Malattie Odontostomatologiche

** Università di Bologna, CLSOPD, Professore a contratto di Patologia Speciale Odontostomatologica

*** Università di Roma “Sapienza”, CLSOPD, Insegnamento di Clinica Odontostomatologica

ABSTRACT ABSTRACT ABSTRACT ABSTRACT

Le lesioni del nervo alveolare inferiore rientrano tra le più severe complicanze che possono verificarsi a seguito dell’avulsione del terzo molare inferiore sia per le sequele funzionali che ne derivano sia per i risvolti medico-legali. Il chirurgo orale ha oggi a disposizione uno strumento diagnostico in più rispetto agli esami radiografici tradizionali: l’esame TC dentascan. L’esatta valutazione in senso tridimensionale dei rapporti intercorrenti tra il nervo alveolare inferiore e l’elemento dentario consente di quantificare il rischio chirurgico e di scegliere la tecnica operatoria più adatta alla circostanza. Si ritiene, inoltre, di fondamentale importanza, anche in presenza di un rischio seppur minimo di lesione nervosa iatrogena, informare dettagliatamente il paziente sulle possibili conseguenze che potrebbero derivare dall’intervento e ottenere dallo stesso un valido consenso informato.

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2 1. Introduzione

1. Introduzione 1. Introduzione 1. Introduzione

Il coinvolgimento neurologico dell’alveolare inferiore rappresenta una rara, ma seria complicanza di numerose procedure odontoiatriche. La lesione è più frequente in chirurgia orale, in particolare in seguito all’estrazione dei terzi molari inferiori, e in implantologia, mentre più raramente si verifica a seguito di procedure endodontiche (ortograde e retrograde) o anestesiologiche (tronculare) (1,2).

L’estrazione dei terzi molari inferiori è uno degli atti operatori più compiuti in chirurgia odontostomatologica e maxillo-facciale. La mancanza di spazio in regione retromolare rappresenta la più frequente causa di ritenzione/inclusione dei denti del giudizio inferiori; circa l’84% degli individui a vent’anni presenta gli ottavi mandibolari ritenuti (3). L’elevata frequenza con cui si ricorre all’avulsione dei suddetti elementi dentari comporta inevitabilmente un elevato rischio di danno ad alcune strutture nervose, in particolare il nervo alveolare inferiore. L’intervento può presentarsi particolarmente indaginoso, anche nelle mani più esperte, a causa della sede anatomica, della difficoltà di accesso visivo e strumentale, della variabilità morfologica dell’incluso e dei suoi altrettanto variabili rapporti con le strutture adiacenti (4).

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3 In letteratura i danni neurologici da avulsione di ottavi inferiori vengono riportati con percentuali differenti, comprese tra lo 0,4% e il 5% (Osborn 1985, cit. in Ferronato 1996) (Tab. 1) (5).

L’indicazione all’estrazione dei terzi molari inclusi appare ovvia quando esistono patologie in atto, quali pericoronariti ricorrenti, patologia cariosa dello stesso ottavo o del settimo, parodontite a carico del terzo e/o del secondo molare, riassorbimento radicolare del settimo, dolore facciale cronico non imputabile ad altra causa, altre patologie associate (cisti, tumori, denti soprannumerari, ecc.). Vi possono essere anche indicazioni di carattere ortodontico e protesico, ma rimane il fatto che molti ottavi, inclusi o meno, rimangono silenti per tutta la vita. Si pone dunque il problema dell’estrazione a scopo profilattico degli stessi, in assenza di patologie associate e sintomatologia, soprattutto qualora sussista il rischio di lesione iatrogena del nervo alveolare inferiore (4,6,7).

Il grado di incertezza su questo tema è testimoniato da qualche riferimento. Nel 1997 l’ADA forniva questa indicazione piuttosto ambigua: “dopo considerazione delle circostanze individuali, il dentista deve decidere se trattare o monitorare il dente incluso/non erotto”. Nel 1998 l’Accademia Americana di Odontoiatria Infantile sentenziava che “i terzi molari, giudicati problemi potenziali o attivi, devono essere

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4 considerati per il trattamento da parte di specialisti”. L’Accademia Americana di Chirurgia Orale e Maxillofacciale nello stesso anno sentenziava invece categoricamente che “tutti i denti inclusi sono patologici e il trattamento d’elezione è quello chirurgico”.

Nel 1999 il NICE (Istituto Nazionale per l’Eccellenza Clinica) del Regno Unito stabiliva che non è disponibile evidenza scientifica che supporti l’estrazione profilattica di terzi molari inclusi esenti da patologie. In assenza di condizioni di questo tipo il programma di trattamento dei denti del giudizio deve essere quello standard. L’accumulo di placca costituisce un fattore di rischio ma non giustifica, di per sé, il ricorso alla chirurgia e un primo episodio di pericoronarite, se non particolarmente grave, non deve considerarsi un’indicazione per la chirurgia, mentre la configurano un secondo o subentranti episodi

(8).

2. Anatomia chirurgica 2. Anatomia chirurgica 2. Anatomia chirurgica 2. Anatomia chirurgica

Il nervo alveolare inferiore attraversa il canale mandibolare per tutta la sua lunghezza e, in regione premolare, si divide nelle sue due branche terminali, il nervo mentale e il nervo incisivo. Nel suo decorso intra-mandibolare presenta un andamento obliquo in senso cervico-caudale e medio-laterale. Di particolare importanza sono i rapporti che i

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5 denti inferiori, in particolare il terzo molare, possono contrarre con il canale mandibolare e il suo contenuto. Il rapporto degli apici radicolari con il canale può essere di contiguità qualora esista un setto osseo di separazione tra radice e canale, mentre è di continuità nel caso in cui il parodonto dell’ottavo sia in diretto contatto con il contenuto dello stesso: questa condizione può spiegare il dolore di tipo nevralgico che spesso insorge dopo l’estrazione del dente o durante un processo infiammatorio del suo legamento parodontale (9,10).

Dal punto di vista spaziale si possono ravvisare quattro diversi tipi di disposizione (9). La situazione più frequente vede il fondo dell’alveolo del terzo molare in contatto con il tetto del canale: un esile diaframma lamellare può porsi a separazione dei due compartimenti oppure il connettivo periapicale dell’ottavo si trova in diretto contatto con il contenuto del canale.

In un alto numero di casi si ha l’assenza di una relazione spaziale tra queste strutture:

questa circostanza si riscontra soprattutto quando il corpo mandibolare è relativamente alto e le radici dentarie presentano lunghezza media.

Una terza situazione prevede un rapporto più stretto e complesso: nelle comuni proiezioni radiografiche le radici si estendono oltre il livello del canale mandibolare, sebbene un effettivo incontro tra di essi si presenta piuttosto raramente. In questi casi il

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6 terzo molare inferiore può essere inclinato lingualmente e le sue radici superano il canale sul versante buccale; viceversa, si verifica la situazione opposta.

In rari casi la struttura radicolare si dispone in parte vestibolarmente e in parte lingualmente (radici cosiddette “a cavaliere”), entrando in intimo rapporto con il contenuto del canale. Qualora gli apici radicolari dei due versanti si presentino fusi, allora il fascio vascolo-nervoso attraversa un canale all’interno del complesso radicolare. Le complicanze estrattive determinate da questa anomalia sono di per sé evidenti.

3. Eziopatogenesi e fisiopatologia del danno nervoso 3. Eziopatogenesi e fisiopatologia del danno nervoso 3. Eziopatogenesi e fisiopatologia del danno nervoso 3. Eziopatogenesi e fisiopatologia del danno nervoso

I meccanismi patogenetici alla base del danno neurologico in corso di estrazione dell’ottavo inferiore possono essere sostanzialmente di due tipi:

- meccanico: per compressione, stiramento, ferita, lacerazione, sezione parziale o totale del tronco nervoso ad opera di strumenti rotanti, leve, pinze, cucchiai endoalveolari, ecc.;

- termico: per utilizzo di strumenti rotanti ad alta velocità e senza raffreddamento.

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7 Le lesioni anatomiche e funzionali che ne conseguono vengono descritte nella classificazione di Seddon che, sulla base dell’estensione del danno anatomico, del tempo di recupero e della prognosi, riconosce tre classi crescenti di compromissione nervosa: neuroprassia, assonotmesi e neurotemesi. Questa distinzione risulta di estrema utilità per la diagnosi del danno nervoso e per la determinazione della possibilità di un recupero funzionale e della necessità e tempistica dell’eventuale intervento microchirurgico (11,12,13).

La neuroprassia consiste in un blocco temporaneo della conduzione nervosa senza un danno anatomico a seguito di insulti, per lo più meccanici, di lieve entità come la compressione o la prolungata trazione del tronco nervoso. Solitamente il disturbo sensitivo si risolve nel giro di circa 4 settimane e non vi è necessità di intervento per la riparazione della struttura lesa (11,12,13).

L’assonotmesi si presenta come un danno nervoso di maggiore entità causato da una eccessiva trazione o compressione del nervo. Da un punto di vista anatomo-patologico possono verificarsi edema, ischemia e demielinizzazione; la continuità della struttura nervosa viene mantenuta ma vi può essere l’interruzione di alcuni assoni. I pazienti riferiscono una riduzione della sensibilità della zona interessata -ipoestesia- spesso accompagnata da parestesia o disestesia; il lento recupero della sensibilità inizia circa 5 o 11 settimane dopo l’insulto nervoso e prosegue per i successivi 10-12 mesi.

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8 Generalmente non è necessario alcun intervento microchirurgico tranne nei casi di dolore neuropatico persistente (11,12,13).

La neurotmesi è il più severo grado di danno nervoso e consiste in un’interruzione completa della struttura nervosa, sia nella parte assonica sia in quella mielinica. Per il recupero della sensibilità, spesso molto parziale, è necessario un tempestivo intervento microchirurgico che consenta l’affrontamento dei due capi nervosi sezionati. La prognosi dipende molto dalla tempistica di intervento, dall’estensione del danno e dalla sede della struttura nervosa, se intraossea o nei tessuti molli (11,12,13).

In associazione a questi disturbi di tipo quantitativo della sensibilità esistono delle rare ma temibili complicanze raggruppate sotto la definizione di dolore neuropatico: la nevralgia da deafferentazione, la causalgia e la nevralgia del trigemino. Nel primo caso si tratta di dolori connessi con una lesione del sistema nervoso periferico, percepiti al di fuori di qualsivoglia stimolazione nocicettiva: anestesia dolorosa, scariche folgoranti, iperpatie. La causalgia è una nevralgia dolorosa, di tipo urente, continua, difficilmente localizzabile in maniera precisa, che compare a seguito di lesioni traumatiche incomplete di una struttura nervosa e spesso si associa ad alterazioni distrofiche della regione cutanea di pertinenza del nervo leso; minime stimolazioni esterne possono esacerbare la sintomatologia dolorosa (1,2).

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9 La terapia per la riparazione dei tronchi nervosi lesi non offre grandi garanzie di risultato: dalla semplice somministrazione di farmaci antiedemigeni e neurotrofici (vitamine del complesso B) si arriva alla microchirurgia (neurorrafia, trapianto di segmenti di nervo periferico), mentre in presenza di disestesia trovano indicazione la carbamazepina, l’alcolizzazione e la neuroexeresi. Considerata la scarsa efficacia dei suddetti presidi terapeutici e la discrezionalità di ogni singolo operatore nella loro applicazione, l’omessa somministrazione di una terapia neurotrofica non rappresenta solitamente un elemento di responsabilità professionale (1,2).

4. Programmazione di un intervento a rischio 4. Programmazione di un intervento a rischio 4. Programmazione di un intervento a rischio 4. Programmazione di un intervento a rischio

In presenza di un concreto rischio di danno biologico, la programmazione di un intervento di estrazione di un terzo molare inferiore in intimi rapporti spaziali con il nervo alveolare inferiore passa chiaramente per un’accurata anamnesi, un esame obiettivo preciso e principalmente per uno studio radiologico puntuale. Inoltre, preliminare a

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10 qualsiasi atto medico, è una corretta informazione e un adeguato consenso da parte del paziente.

In odontoiatria ci si avvale di routine di due tipi di tecniche radiografiche tradizionali: le radiografie endorali e l’ortopantomografia. Le radiografie endorali sono lo strumento diagnostico più comune, di facile impiego e di buona definizione; per contro presentano tre principali limiti: un parziale effetto di distorsione, soprattutto se malposizionate, una limitata zona esaminabile e la difficoltà di esecuzione in regione terzo molare inferiore a causa della mal tolleranza dei pazienti in questa zona al posizionamento della pellicola radiografica e del centratore. L’esame ortopantomografico consente invece di raccogliere su un’unica lastra informazioni relative a entrambe le arcate, è di rapida e semplice esecuzione, ma non risolve i problemi relativi alla distorsione e all’ingrandimento, che può andare dal 25% al 30%. Rimane poi di fondo il principale limite di queste due tecniche radiografiche: sono esami che offrono immagini bidimensionali e non consentono di ottenere informazioni sulla profondità delle strutture esaminate. Nella presente discussione, non consentono di verificare la posizione reciproca in senso bucco-linguale delle radici dell’ottavo con il canale mandibolare, tranne il caso della tecnica del “tube shift” eseguibile con le radiografie endorali, e comunque possono non fornire informazioni su eventuali anomalie di numero e forma delle radici (ad esempio presenza di uncinature apicali) (14,15,16,17).

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11 Il mezzo che consente di ottenere le immagini più precise e informazioni in tutte le dimensioni spaziali è la TC con apposito software di elaborazione, tipo il dentascan.

Proprio in relazione a tale studio anatomo-morfologico, l’esame può fornire un contributo decisivo nella valutazione del rischio chirurgico e nella programmazione e scelta delle tecniche estrattive più adeguate alla circostanza. A differenza delle radiografie endorali bidimensionali e delle ortopantomografie, le sezioni trasversali mandibolari multiplanari ottenute secondariamente (panorex e parassiali o cross- section), senza artefatti di volume e nel rapporto di 1:1, mostrano la forma reale e l’esatta posizione spaziale delle strutture anatomiche oggetto di studio. E’ pur vero che un utilizzo standardizzato della TC, infatti, non può comunque prescindere dalla considerazione che essa comporta un dispendio economico e biologico nettamente maggiore rispetto alle altre indagini radiografiche tradizionali, per cui deve essere eseguita quando realmente ritenuta necessaria (14,15,16).

Il chirurgo deve, infine, avere un’ultima ma importantissima accortezza: indicare sulla prescrizione dell’esame l’ampiezza degli interspazi tra le sezioni parassiali e panorex, che dovrebbe essere non superiore a 1 mm, pena la possibilità che dettagli anatomici a rischio, come uncinature apicali in intimi rapporti con il canale, sfuggano all’occhio dell’operatore in quanto fuori strato.

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12 5. Valutazione clinico

5. Valutazione clinico 5. Valutazione clinico

5. Valutazione clinico----diagnostica del danno nervosodiagnostica del danno nervosodiagnostica del danno nervoso diagnostica del danno nervoso

Dal punto di vista diagnostico, la raccolta di informazioni anamnestiche e l’esame clinico devono documentare durata, grado e miglioramento di segni e sintomi. Agli elementi oggettivi di danno nervoso (morsicature di labbro e lingua, scialorrea, difficoltà nella favella) vanno associati i sintomi di deficit sensitivo riferiti dal paziente (anestesia, ipoestesia, disestesia, dolore neuropatico). Esistono poi dei test che consentono di indagare ulteriormente i disturbi della sensibilità: il “pin prick sensation”, il “light touch”, il “two point discrimination” e il test termico sono degli esami clinici di tipo meccanocettivo e di discriminazione nocicettiva utili ma gravati da soggettività e dunque non sovrapponibili nel tempo; i potenziali evocati somatosensitivi rappresentano invece, secondo alcuni Autori, un test di tipo strumentale più affidabile, anche se non tutta la letteratura sull’argomento concorda con tale affermazione (1,2). Il “pin prick sensation test” prevede la partecipazione della sensibilità dolorifica: il paziente, ad occhi chiusi, viene stimolato in sequenza in alcuni punti mediante l’utilizzo della punta di un ago al fine di discriminare le aree dolenti da quelle silenti ed eseguire dunque una mappatura della superficie cutanea presa in considerazione; nel “light touch sensation test”

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13 cambiano lo strumento utilizzato, la punta di un pennello, e la sensibilità ricercata, tattile da sfioramento. Nel “two points discrimination test” due punte non traumatiche, a distanza crescente tra di loro, vengono contemporaneamente posizionate sulla superficie cutanea al fine di valutare la distribuzione e la funzionalità dei sensori di pressione: per distanze molto esigue tra le punte, i pazienti di solito avvertono un unico punto di pressione; per distanze maggiori riferiscono invece due punti distinti di pressione. A livello delle labbra e della guancia questa distanza per discriminare due punti contigui è pari generalmente a 4-6 mm: in caso di lesione nervosa il paziente continuerà ad avvertire un unico punto di pressione anche per distanze maggiori. Nel test termico viene utilizzata una sorgente di calore per evocare una risposta positiva o negativa in diversi punti di una superficie (12,13).

I potenziali evocati somatosensitivi teoricamente consentono a differenza dei precedenti di fornire risposte non gravate da soggettività e soprattutto confrontabili nel tempo. Essi consistono in una registrazione della risposta elettrica cerebrale ad uno stimolo periferico, in questo caso somatosensitivo, applicato attraverso degli elettrodi di superficie posizionati sulle aree da indagare (12,13,18,19). Il limite di tali indagini consiste nella loro invasività e nella possibilità piuttosto elevata di avere artefatti muscolari in mani inesperte (18,19).

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14 6. Valutazione del danno biologico permanente

6. Valutazione del danno biologico permanente 6. Valutazione del danno biologico permanente 6. Valutazione del danno biologico permanente

La valutazione del danno da lesione nervosa del nervo alveolare inferiore conseguente a chirurgia exodontica del terzo molare pone una serie di problemi, così come le altre lesioni neurologiche, legati in prima istanza al riconoscimento del nesso causale tra atto chirurgico e comparsa delle lesione e successivamente alla stabilizzazione dei postumi e all’oggettivazione del danno. È più semplice, rispetto ad altre tipologie di danno neurologico, riconoscere, in caso di exodontiasi dell’ottavo e comparsa di sintomi di sofferenza dell’alveolare inferiore, un rapporto di causa/effetto tra atto chirurgico e lesione, mentre è molto più difficile discernere tra caso fortuito, imprevedibile ed imprevenibile, ed errore professionale. Un secondo problema si pone relativamente all’oggettivazione del danno che, fatto salvo i casi in cui si rilevano palesi segni di sofferenza (morsicature e ustioni monolaterali, perdita di saliva ecc…), si basa sulla soggettività lamentata dal paziente e su test diagnostici che scarsamente soddisfano i criteri di valutazione medico-legale. Considerazioni similari si possono esprimere in relazione alla stabilizzazione dei postumi, senza negare con questa affermazione la verosimile sofferenza del paziente e le ricadute che tali problematiche hanno sulla quotidianità dei soggetti e sulla loro vita sociale e di relazione.

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15 Di conseguenza, non di rado, l’interesse dell’odontoiatria forense si sposta su altri elementi solo apparentemente marginali: le indicazioni terapeutiche, la correttezza della tecnica utilizzata, il consenso, l’adeguata gestione delle eventuali complicanze, ecc.

Indipendentemente da tali considerazioni, tuttavia, ponendo il caso in cui si riuscisse a soddisfare i criteri propri della metodologia valutativa medico-legale (oggettivazione della lesione e dei suoi postumi, riconoscimento del nesso causale con un’erronea condotta professionale, ecc.), la valutazione del danno porrebbe comunque importanti problematiche.

Sebbene le comuni tabelle correntemente utilizzate in medicina legale facciano riferimento ad una percentuale del 3-8% di danno biologico permanente (DBP) in caso di lesione del nervo trigemino, gli attuali orientamenti propongono percentuali sensibilmente più basse in virtù del fatto che la struttura nervosa alveolare inferiore è di fondo un ramo terminale e dunque è minore anche l’estensione anatomica del disturbo sensitivo.

Più temibile è invece il riscontro, sebbene più raro, di complicanze di tipo nevralgico:

nella nevralgia da deafferentazione i sintomi di deficit sensitivo si associano a fastidiose parestesie e disestesie; nella causalgia, condizione più grave della precedente, i difetti sensitivi sono accompagnati da dolore urente, persistente e scatenato anche da minime

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16 stimolazioni, da sudorazione, eritema e alterazioni distrofiche dell’area cutanea di pertinenza del nervo leso.

I deficit fonatori, consistenti per lo più in una disartria soggettiva a causa della minore sensibilità propriocettiva del labbro, sono di solito temporanei e autolimitanti e comunque tali da non alterare in modo significativo la vita di relazione, sebbene vengano compresi nella valutazione del deficit sensitivo. Lo stesso dicasi per la scialorrea, il difficile controllo della posizione del labbro e la morsicatura dello stesso (Tab. 2) (1,2).

Una corretta valutazione del danno non può prescindere da tali considerazioni, così come dalla valutazione della sussistenza di elementi che possano aver concorso all’eventuale fatto colposo da parte del creditore e/o dalle preesistenze. Anche tali elementi dovranno adeguatamente essere valutati e considerati nella determinazione del diritto al risarcimento.

Da un punto di vista medico-legale il chirurgo può essere chiamato a rispondere del danno per imperizia o imprudenza, poiché ad esempio non ha tenuto conto dei prevedibili rapporti anatomici attraverso l’esecuzione, laddove indicata, di ulteriori esami strumentali come la TC dentascan. Non si esclude la possibilità che l’odontoiatra sia chiamato in giudizio per negligenza ed omissione di diagnosi o terapia in corso di

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17 misconoscimento della presenza di situazioni che, contrariamente, indicavano la necessità di un intervento avulsivo. Parimenti esiste la possibilità di riconoscimento di responsabilità in caso di cattiva gestione della complicanza neurologica qualora il paziente non venga adeguatamente seguito e trattato (1,2).

L’attestazione della correttezza diagnostico-esecutiva e di una condotta perita, prudente e diligente, accanto ad un documentato, efficace e valido processo informativo e di acquisizione del consenso del paziente, rendono difficile il riconoscimento di una condotta colposa del professionista .

7. Conclusioni 7. Conclusioni 7. Conclusioni 7. Conclusioni

L’aumento delle conoscenze e l’affinamento delle tecniche se da un lato ha ampliato quelli che sono i limiti della chirurgia orale ambulatoriale, contestualmente ha condotto ad un aumentato numero di complicanze e insuccessi e, in modo speculare, di contenziosi per responsabilità professionale. Su una casistica generale di casi di responsabilità professionale, la chirurgia orale rappresenta il 10% di tutti i contenziosi e la quasi totalità di questi eventi è imputabile alla chirurgia exodontica, di cui circa un terzo è costituita da lesioni del nervo alveolare inferiore a seguito di estrazione di denti

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18 del giudizio inferiori. Esistono dei precisi criteri di diagnosi per selezionare i casi in cui risultano indicati ulteriori indagini diagnostiche al fine di escludere stretti rapporti di continuità e contiguità tra canale mandibolare e radici dell’ottavo inferiore. In percentuali (da alcuni Autori considerati piuttosto alte fino al 60-70 % dei casi) è necessario procedere con strumenti diagnostici di approfondimento come la TC dentascan, selezionando i casi in cui esistono le reali indicazioni all’intervento avulsivo (corretta valutazione del rapporto costo/beneficio). Si riporta come diverse fonti della letteratura ritengano oggi dimostrata la sussistenza di un minor numero di indicazioni all’intervento avulsivo: tali considerazioni porterebbero a valutare con maggior rigore la comparsa di eventi lesivi, soprattutto in assenza di appropriatezza o in presenza di palese inutilità dell’intervento. Addirittura in alcuni casi, dal confronto con alre pratiche chirurgiche di ampia diffusione (tonsillectomie o adenoidectomie), si è giunti a parlare di impiego improprio di risorse (18,19).

Informare il paziente relativamente alle indicazioni, ai rischi, alle alternative, alle modalità ed alle possibilità del trattamento, non esclude la responsabilità del sanitario a fronte di scelte inappropriate e di negligenza, imperizia o imprudenza.

Bibliografia Bibliografia Bibliografia Bibliografia

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Lesione Anni <

25 (%)

Anni 25- 35 (%)

Anni

>35 (%)

n. totale lesioni

(%) n. alveolare

inferiore 1,2% 2,4% 2,7% 4,4%

n. linguale 0,6% 0,9% 1,8% 1,1%

(16000 estrazioni eseguite su 9574 pazienti) (Osborn, 1985).

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Lesione DBP Deficit sensitivo del

NAI 1-5%

Deficit masticatorio e

disartria < 5%

Nevralgia da

deafferentazione del NAI

6-10%

Nevralgia del trigemino

o causalgia 10-30%

secondarie a procedure odontoiatriche

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