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CAPITOLO 1 I MERCATI FINANZIARI 1.1

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CAPITOLO 1

I MERCATI FINANZIARI

1.1 I mercati finanziari

I mercati finanziario sono il luogo in cui gli operatori economici si scambiano risorse finanziarie.

In tali mercati avviene l’incontro tra domanda di risorse finanziarie per effettuare investimenti di medio - lungo periodo e l’offerta da parte di coloro che dispongono di un surplus finanziario; in particolare:

- la domanda è composta daglioperatori economici che rilevano un avanzo di risorse finanziarie in quanto dispongono di risparmi superiori agli investimenti, e sono detti “creditori”; tra essi vi sono generalmente le famiglie, ma anche le imprese;

- l'offerta è composta da coloro che rilevano un disavanzo, e non

disponendo delle risorse necessarie per finanziare gli investimenti, devono ricorrere al mercato diretto o indiretto per ottenerli; essi sono chiamati “debitori” e tra essi si trovano per lo più le imprese, per finanziare gli investimenti, e i governi, per finanziare il disavanzo di bilancio mediante il debito pubblico1.

I mercati finanziari migliorano dunque il benessere economico di tutta la società in quanto consentono un’efficiente allocazione del capitale. Essi mettono a disposizione degli operatori un’ampia gamma di strumenti finanziari, utili per trovare una soluzione alle proprie esigenze di investimento o finanziamento; tali strumenti finanziari, a loro volta sono costituiti da “titoli” emessi da parte di coloro che domandano risorse, per i quali costituiscono delle “passività”;

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Il debito pubblico è il debito dello Stato nei confronti di altri soggetti, individui, imprese, banche o stati esteri, che hanno sottoscritto un credito allo Stato nell'acquisizione di obbligazioni o titoli di stato.

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coloro che li acquistano acquisiscono un diritto sui redditi futuri dell’emittente, dunque per essi costituiscono delle attività.

I mercati finanziari si distinguono in primari e secondari, a seconda che in essi vengano scambiati titoli nuovi o già in circolazione: un mercato primario è un mercato finanziario in cui una impresa o l’amministrazione pubblica (Stato, Regione, Provincia, ecc.) che prende a prestito le risorse finanziarie emette nuovi titoli, obbligazioni o azioni, che sono venduti, o meglio collocati, presso gli investitori iniziali. Un mercato secondario è invece un mercato finanziario in cui possono essere rivenduti o acquistati titoli già in circolazione.

I mercati primari dei titoli non sono molto conosciuti perché la vendita dei titoli agli investitori iniziali avviene spesso a porte chiuse, solo fra investitori istituzionali. Un’istituzione finanziaria importante che contribuisce al collocamento iniziale dei titoli sul mercato primario è la banca di

investimento (merchant bank), che si impegna al loro underwriting

(sottoscrizione): di fatto, garantisce che i titoli emessi dalla società non rimangano invenduti e poi si preoccupa di venderli al pubblico.

Quando si acquistano titoli sul mercato secondario, chi li vende riceve in cambio denaro, ma la società che li ha emessi non ottiene nuove risorse finanziarie, in quanto un’impresa ricava nuovi fondi soltanto quando i suoi titoli vengono collocati la prima volta nel mercato primario. Nonostante questo I mercati secondari svolgono due importanti funzioni anche per gli emittenti: in primo luogo rendono più agevole la vendita degli strumenti finanziari, rendendoli più liquidi e appetibili, pertanto più facili da vendere nel mercato primario da parte dell’impresa emittente; in secondo luogo i mercati secondari definiscono il prezzo a cui la società emittente può collocare i titoli sul mercato primario.

La Borsa valori, ossia il mercato in cui sono scambiate azioni in circolazione, è l’esempio più noto di mercato secondario, sebbene i mercati obbligazionari in cui sono acquistati e venduti titoli di Stato e obbligazioni di grandi società abbiano

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spesso un volume di scambi superiore. Altri esempi di mercati secondari sono quelli dei cambi, dei futures e delle opzioni di cui si tratterà più avanti.

1.2 Gli strumenti finanziari

Per ogni tipo di strumento scambiato si può individuare uno specifico mercato, per tale motivo si parla di “mercati finanziari”; a tal proposito è utile fare una rassegna dei principali tipi di strumenti.

1.2.1 Le azioni

Esse consentono ai possessori di partecipare alla proprietà e al governo dell'azienda; in particolare, un'impresa costituita in forma di società per azioni può finanziare i propri investimenti produttivi attraverso la cessione di quote di capitale di rischio, in forma di azioni. La maggior parte dei paesi del mondo ha un proprio mercato azionario, nel quale vengono scambiate le azioni delle imprese locali, ad esempio tra i mercati più conosciuti ci sono il “New York Stock Exchange”, l’American Stock Exchange e il Nasdaq negli Stati Uniti; il London Stock Exchange in Gran Bretagna, la Borsa Italiana a Milano; i prezzi ai quali le azioni vengono scambiate nel mercato sono determinati dalle dinamiche di domanda e offerta.

Per il sottoscrittore esse costituiscono un investimento e sia la sua domanda che il prezzo a cui le acquista dipendono dalle aspettative di redditività futura dell'impresa stessa: se tali aspettative sono positive allora aumenta la domanda di azioni e il prezzo cresce, il ché si traduce, per il sottoscrittore, nella possibilità di rivendere tali azioni ad un prezzo più elevato facendo aumentare anche i rendimenti ; al contrario, se le previsioni sono negative, la domanda diminuisce e il prezzo delle azione scende.

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Il vantaggio dell'emissione di azioni per l'azienda emittente è rappresentato dal recupero di liquidità finanziaria necessaria per eventuali investimenti, mentre per il possessore, oltre ai possibili guadagni derivanti dalla vendita delle azioni stesse in seguito a quotazione sul mercato azionario, dà diritto a ricevere una quota dei profitti dell'azienda noti come dividendi, che sono parte degli utili conseguiti dalla stessa, a meno che la società non decida di reinvestire tali utili nella sua attività caratteristica

L’andamento dei mercati azionari, viene monitorato da diversi indici azionari tra cui il “Dow Jones Industrial Average”, il più noto indice della borsa di New York, calcolato quotidianamente dal 1896 replicando l’andamento di un portafoglio composto dalle maggiori 30 imprese industriali statunitensi, raggruppate in un rapporto pesato in base al loro prezzo, o lo “Standard& Poor's 500”, con base negli Stati Uniti, che rileva quotidianamente il prezzo delle azioni delle 500 più grandi imprese quotate. Poiché le quotazioni azionarie riflettono le aspettative di redditività già citate, gli indici azionari vengono seguiti per “prevedere” le condizioni economiche future.

Tipologie di azioni

Esistono diverse tipologie di azioni, tra cui:

-

ordinarie che

assegnano diritti patrimoniali quali il diritto al dividendo e al

rimborso del capitale in caso di scioglimento della società; assegnano anche diritti amministrativi, come quello di voto nell'assemblea ordinaria e straordinaria della società;

- privilegiate che

sono nominative e assicurano all'azionista un diritto di

prevalenza rispetto a quelle ordinarie nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale all'atto dello scioglimento della

società (quando viene posta in

liquidazione la società, le risorse finanziarie che avanzeranno saranno

distribuite in modo da privilegiare i possessori di questo particolare tipo di

azioni e in seconda battuta ai detentori di azioni ordinarie); non consentono

però di votare nelle assemblee ordinarie;

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- correlate,

fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell'attività sociale

in un determinato settore;

- di risparmio

sono favorite nella distribuzione del dividendo, poiché la società

emittente deve distribuire utili ai titolari di queste azioni un dividendo minimo del 5% del valore nominale dell’azione. Se gli utili superano questa soglia minima, occorre ripartirli in modo che il dividendo di tali azioni sia superiore a quello delle azioni ordinarie di almeno il 2% del valore nominale dell’azione. Non concedono il diritto di voto ma danno una prelazione rispetto alle azioni ordinarie in caso di liquidazione della società, e possono essere emesse unicamente da società con azioni quotate in Borsa, sui mercati regolamentati, sia italiani che europei;

- a voto limitato,

rispetto alle azioni ordinarie sono caratterizzati da una

limitazione del diritto di voto (ad esempio, possono votare solo nelle assemblee straordinarie), fino alla sua totale soppressione. Ad esse viene riconosciuto un privilegio dal punto di vista patrimoniale se vengono emesse da società quotate in borsa, venendo ad assumere la veste di azioni di risparmio o azioni privilegiate; se sono emesse da società non quotate in borsa, il diritto di voto può essere limitato anche senza la concessione del privilegio patrimoniale.

1.2.2 Le obbligazioni (bonds)

La distinzione principale tra la detenzione di azioni e obbligazioni risiede nel diverso rapporto esistente tra possessore ed emittente: mentre il titolare di un'azione è proprietario di una parte dell'impresa, il sottoscrittore di una obbligazione ne è creditore; differente è anche il tipo di ritorno a seconda che i risultati conseguiti dall’emittente siano positivi o no: se l’azienda realizza buoni profitti l'azionista ne gode i benefici, mentre all’obbligazionista vengono riconosciuti i soli interessi sulla somma sottoscritta; nel caso invece di profitti nulli o negativi, all'obbligazionista viene comunque corrisposto quanto pattuito, mentre l'azionista non riceve nulla o può perdere parte del capitale investito. Pertanto le obbligazioni, rispetto alle azioni sono una forma d’investimento più

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“sicuro”, in cui il capitale investito è garantito, ma le azioni offrono a chi le sottoscrive un potenziale di reddito superiore a fronte di un rischio più elevato. I maggiori emittenti di obbligazioni sono lo Stato o società che a fronte del capitale ricevuto “in prestito” per finanziare i propri investimenti, si impegnano a restituirlo aumentato degli interessi; l’obbligazione è dunque, per l’impresa, un certificato di debito con cui si obbliga alla suddetta restituzione e in cui vengono stabiliti sia il momento nel quale il prestito verrà rimborsato che il tasso di interesse che verrà periodicamente corrisposto prima della scadenza2.

Le caratteristiche fondamentali delle obbligazioni sono: la durata, il rischio di credito e il trattamento fiscale, elementi essenziali per la definizione del loro prezzo. Per la loro valutazione inoltre vanno considerati il tasso d'interesse e la vita residua.

La durata di un'obbligazione è il periodo di tempo che intercorre tra l’emissione

e la scadenza; in base a questa si distinguono: obbligazioni a breve termine, quando non supera i 12 mesi, medio termine fino a 10 anni, lungo termine quando supera il suddetto periodo; essa inoltre incide sul tasso di interesse corrisposto, in quanto generalmente, una durata maggiore corrisponde ad un rischio maggiore3 e di conseguenza il tasso di interesse corrisposto sarà di solito più elevato.

Come detto prima, le obbligazioni sono considerate un investimento più sicuro di quello azionario, tuttavia non ce n’è mai la certezza, in quanto in alcune situazioni l'investitore può essere esposto a un rischio elevato, come il rischio di

credito, uno dei rischi di mercato più analizzati e di difficile quantificazione,

che esprime la probabilità di insolvenza da parte del debitore, ovvero il rischio che non riesca ad onorare gli impegni presi (default).

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Discorso diverso vale per le obbligazioni senza cedola, detti anche zero-coupon, abbreviato ZCB in cui il rendimento è calcolato come differenza tra la somma che il sottoscrittore riceve alla scadenza e la somma che versa al momento della sottoscrizione (che è inferiore al valore quello nominale) e l'esempio tipico di un titolo zero-coupon in Italia è il Buono Ordinario del Tesoro (BOT).

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Dal momento che la restituzione del capitale ai titolari avviene dopo un periodo di tempo più lungo, in cui possono accadere più eventi sfavorevoli.

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Le pubbliche amministrazioni vengono considerate più sicure rispetto alle imprese e pertanto i titoli obbligazionari emessi da questi (come i titoli di Stato) tendono a corrispondere interessi relativamente bassi; viceversa quelli emessi dalle imprese sono più elevati in base alle condizioni finanziarie in cui si trovano; imprese in condizioni finanziarie precarie pur di ottenere denaro, ricorrono ad un elevato indebitamento, andando così incontro al rischio di fallimento emettendo titoli obbligazionari spazzatura, o “junk bond”, che corrispondono tassi di interesse molto elevati, ma per i risparmiatori ciò si traduce nel rischio di perdere in tutto o in parte il capitale investito.

Infine tale rischio di credito può essere coperto ricorrendo a diverse società private che forniscono copertura dal rischio di credito di molti titoli obbligazionari, come Standard & Poor's.

Il trattamento fiscale è, infine, il modo in cui la normativa fiscale considera il

reddito da interessi derivante dal possesso di obbligazioni. Il sottoscrittore dell'obbligazione deve pagare al fisco una porzione degli interessi guadagnati poiché l'interesse maturato sulle obbligazioni emesse da privati costituisce reddito imponibile, a differenza degli interessi sui titoli emessi dalle amministrazioni pubbliche che nella maggior parte dei paesi, sono esenti da imposte o comunque soggetti a un trattamento fiscale agevolato.

1.2.3 Gli strumenti derivati

Gli strumenti derivati sono titoli che ricavano il proprio nome dalla principale caratteristica che li contraddistingue, ovvero il prezzo di tali titoli “deriva” dal valore di mercato di un’altra attività di riferimento che prende il nome di “attività sottostante” (underlying), la quale può avere natura finanziaria, come per esempio i titoli azionari, i tassi di interesse e di cambio, o reale come l'oro o il petrolio, il grano, il caffè. Chi acquista (vende) uno strumento derivato si impegna ad acquistare (consegnare) a scadenza, l'attività sottostante al contratto.

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Le principali tipologie di strumenti derivati sono:

contratti future, che sono generalmente scambiati al fine di ridurre il rischio

legato alle variazioni di prezzo dell'attività sottostante (hedging) e realizzare un profitto prevedendo correttamente l'andamento di un mercato (speculazione), pertanto i derivati finanziari che hanno come sottostante tassi di interesse, valute, azioni ed indici azionari, combinano finalità tanto di copertura quanto di investimento.

Essi sono contratti standardizzati4 per poter essere negoziati facilmente in Borsa5,la quale specifica:

 le caratteristiche dell'attività sottostante,

 l'ammontare che il venditore dovrà consegnare per ogni contratto stipulato,

 il luogo e il periodo del mese in cui effettuare la consegna,

 il metodo di quotazione dei prezzi,

 gli eventuali limiti alle oscillazioni giornaliere dei prezzi e alle posizioni degli operatori.

Essi sono utilizzati per l'acquisto o la vendita di attività, e sono definiti commodity futures se l'attività sottostante è una merce, invece si definisce financial futures se è uno strumento finanziario; sono inoltre caratterizzati dal fatto che il momento della stipulazione del contratto è differito rispetto a quello della sua esecuzione, che dunque avviene in un momento futuro.

Chi acquista il future assume una posizione lunga (al rialzo); egli deve acquistare, a scadenza, l'attività sottostante al contratto, oppure può chiudere la propria posizione vendendo un future analogo a quello acquistato, prima della

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I futures son standardizzati in quanto ogni elemento del contratto è definito, e le controparti non possono modificarlo;tale caratteristica fa si che questi contratti siano interscambiabili tra loro, rendendo possibile annullare impegni di acquisto o di vendita tramite compensazione, ovvero stipulando un contratto di segno opposto all'originale. In questo modo, verrà evitata la consegna dell'attività sottostante il contratto.

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scadenza; analogamente, chi vende un future assume una posizione corta (al ribasso) e si impegna a consegnare a scadenza l'attività sottostante, oppure chiude la propria posizione prima della scadenza acquistando un contratto analogo a quello venduto. Il valore finale del contratto è la differenza tra il prezzo iniziale del sottostante a scadenza e il prezzo forward stabilito dalle parti ; un aumento del prezzo del future genera profitti per chi assume una posizione lunga e perdite per chi assume una posizione corta.

La stipula del contratto avviene tramite l'intervento di un intermediario finanziario, detto clearing house (CH) o stanza di compensazione, organismo che gestisce le operazioni di compensazione e garantisce il buon fine di tutte le transazioni in una borsa future6.

In Italia le funzioni di Clearing House sono assolte dalla Cassa di Compensazione e Garanzia (CCG) che provvede a liquidare la differenza fra il prezzo concordato (future price) e il prezzo rilevato in quel giorno sul mercato (spot price). Tale differenza, rilevata giornalmente, è liquidata a seconda del segno, all’una e all’altra parte del contratto secondo la modalità del marked to market: la controparte che ha subito una perdita si vede addebitare la stessa sul conto aperto presso la CCG, e al contempo lo stesso importo viene automaticamente accreditato all’altra controparte che ha registrato un profitto, come se alla fine di ogni giornata di negoziazione ogni posizione venisse chiusa attraverso il regolamento, per essere poi riaperta il giorno successivo. A tal fine l'operatività in futures è caratterizzata dal cosiddetto sistema di margini, secondo cui l'investitore che sottoscrive un contratto future deve depositare, al clearing member, una somma cauzionale (margine iniziale o di garanzia), variabile dal 2 al 10 per cento dell’importo negoziato,a garanzia dell'adempimento a scadenza. Il loro prezzo infine si determina per arbitraggio: il future price rappresenta il valore atteso dell'attività sottostante, scontata a un tasso risk -free.

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Chi partecipa ad un mercato regolamentato, paga una quota di iscrizione ed in cambio ottiene l'associazione ad una camera di compensazione che garantisce sempre la solvibilità della controparte, anche se quest'ultima dovesse fallire.

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L'utilità di questi contratti sta nel fatto che bloccano il prezzo del prodotto

sottostante fino alla data di consegna, rendendo quindi immune il compratore da eventuali aumenti. Il rischio infatti, potrebbe essere che da oggi alla data di consegna il prezzo del bene scenda e sia più basso rispetto a quello che si è fissato e che si è obbligati a pagare; in ogni caso una delle controparti, l'acquirente o il venditore, ci guadagna a seconda che il prezzo di mercato del bene salga o scenda rispetto al prezzo bloccato dal contratto: se nel corso di validità del contratto il prezzo scende, l'acquirente perde e il venditore guadagna; in questo caso esiste, pertanto, la tentazione per l'acquirente di non onorare il contratto alla data di scadenza, e i contratti futures risolvono tale problema.

Contratti forward (o a termine), che hanno una struttura del tutto simile a

quella dei futures, con la differenza che vengono negoziati sui mercati non regolamentati (OTC).

Il contratto forward è un contratto “over the counter”, ossia fuori dal mercato borsistico nel senso che non è da esso regolamentato; è un contratto non standardizzato tra due controparti, come tra due istituzioni finanziarie o tra un'istituzione finanziaria ed uno dei suoi clienti, mediato ad esempio da un notaio. Esiste comunque un mercato dei contratti forward, nel senso che è possibile vendere tale contratto ad un altro acquirente, per il quale il prezzo di consegna e le altre clausole del contratto continuano ad essere bloccate, ma non c’è una camera di compensazione.

Il principale rischio di un contratto forward è dunque la possibilità che una delle controparti non onori gli impegni contrattuali.

Contratti di opzione, sono contratti negoziati sia sui mercati regolamentati, che

sui mercati over the counter, cui loro principale caratteristica e differenza rispetto ai futures e ai forwards, consiste nell’attribuire al detentore il diritto, e non l'obbligo, di acquistare o vendere l'attività ad una fissata data futura, detta maturità, ad un certo prezzo prefissato chiamato prezzo strike o prezzo d'esercizio.

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Naturalmente questo diritto di opzione ha un costo, che consiste in un versamento iniziale che dà l’accesso al contratto d'opzione, detto premio.

Esistono diverse tipologie di contratti di opzione:

• opzione call: dà il diritto di “acquistare” l'attività sottostante ad un prezzo precedentemente fissato.

• opzione put: dà il diritto di “vendere” l'attività sottostante ad un prezzo

precedentemente fissato. Infine Se il diritto di acquisto o vendita può essere esercitato solo alla scadenza,

l'opzione (call o put) si definisce europea; se invece può essere esercitato in un qualsiasi istante tra la data di stipula e la scadenza, si definisce americana. In generale quindi il premio di un'opzione americana è maggiore di quello di un'opzione europea poiché offre maggiori opportunità.

Come nei casi precedenti, la finalità principale della negoziazione di questo strumento è costituita dalla gestione dei rischi finanziari, ovvero la copertura delle posizioni, d’altra parte esso rappresenta uno strumento fortemente speculativo, in quanto l’adozione di una strategia speculativa da parte di chi acquista un’opzione garantisce una perdita massima limitata, pari al premio corrisposto al venditore. Per quest’ultimo soggetto vale l’esatto contrario: il massimo profitto che può trarre dalla vendita è pari al premio.

In sintesi è possibile dunque affermare che se da una parte tali strumenti derivati consentono di aggirare il rischio legato alla fluttuazione dei prezzi, dall’altra pongono il rischio di insolvenza, che si verifica nel caso in cui una delle parti alla scadenza decida o non riesca ad onorare il contratto

1.2.4 Gli strumenti del risparmio gestito

Il risparmio gestito è un'attività d'investimento svolta da società di gestione, chiamate SGR, e banche tramite le risorse finanziarie ottenute dai risparmiatori che gli attribuiscono un mandato di investire una quota del proprio risparmio attraverso l'acquisto e la vendita di attività finanziarie, potendo impartire loro

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Stato, eccetera, oppure aderendo al prodotto precostituito che più risponde alle sue esigenze; in cambio riconoscono agli operatori una commissione sulle attività.

Esistono forme di risparmio gestito individuali e collettive: le prime fanno riferimento all'attività di gestione di patrimoni mobiliari individuali (detta GPM) effettuata da banche e da società d’intermediazione mobiliare; le seconde includono le gestioni operate dai fondi comuni di investimento mobiliare e dalle SICAV (Società di investimento a capitale variabile).

1.2.4.1 I Fondi

Tra i principali prodotti del risparmio gestito in Italia si trovano i fondi comuni d’investimento, i quali rispetto a un investimento diretto in azioni o obbligazioni, offrono vantaggi non indifferenti: il primo è l'accesso alla diversificazione di portafoglio (come si vedrà più avanti, necessaria alla formazione di un portafoglio efficiente), anche nel caso in cui le somme a disposizione siano minime; un secondo vantaggio è legato alla competenza professionale dei gestori di tali fondi, i quali monitorizzano le tendenze e gli andamenti dei mercati finanziari al fine di acquistare solo i titoli delle imprese che considerano migliori, in modo da garantire un rendimento maggiore sulle somme date in gestione al fondo; in questo modo anche l‘investitore che non ha alcuna dimestichezza con il mondo finanziario può beneficiare dell’esperienza di tali operatori.

Essi sono patrimoni collettivi e ciascun risparmiatore detiene un numero di quote proporzionali all'importo che ha versato e per cui accetta il rischio e il rendimento associati al portafoglio scelto.

Il rischio

Come si è già discusso a proposito della differenza di rischiosità tra azioni e obbligazioni, qualsiasi titolo può variare di valore e più ampia è la possibile variazione di valore e maggiore è il rischio, da qui la considerazione che le

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azioni sono più rischiose delle obbligazioni: il valore di un'azione, può infatti variare di diversi punti anche in un sol giorno, mentre le obbligazioni, di solito sono più stabili. Ne consegue che maggiore è la percentuale di azioni che un fondo ha in portafoglio e maggiore è il rischio connesso ad un investimento in quel fondo. La quantità di azioni contenute in un fondo, però, non è l'unico parametro per misurarne la rischiosità: un fondo azionario che investe sul mercato europeo, per esempio, sarà meno rischioso di uno che investe nei paesi emergenti, in quanto le aziende quotate sui mercati europei sono già consolidate, mentre le aziende dei paesi in via di sviluppo, dovendo ancora consolidarsi, possono essere soggette a repentine crescite o, a bruschi crolli.

Va inoltre considerata la tipologia di titoli, più o meno volatili, che compongono il paniere di cui è costituito il fondo e il mercato su cui esso può investire, poiché un mercato più grande implica un minor rischio, data la possibilità di una maggiore diversificazione: un fondo azionario internazionale, ad esempio, sarà meno rischioso di un fondo azionario Italia, in quanto, mentre il primo può diversificare gli investimenti in tutto il mondo, il secondo può diversificare gli investimenti solo in Italia. Infine è importante considerare la composizione del fondo, ovvero il paniere, infatti non è detto che i fondi migliori siano quelli con rendimenti più elevati, poiché è possibile che tali fondi abbiano assunto rischi maggiori, cioè abbiano una maggiore volatilità.

Le spese

I fondi comuni d’investimento comportano costi, oneri e spese a carico del sottoscrittore, indicati più generalmente in questa sede come spese, sia evidenti, in quanto l'investitore se le vede materialmente addebitare alla sottoscrizione del contratto o, in alcuni casi, al momento del disinvestimento, che occulte.

Fatta eccezione per alcuni fondi, detti "no load", che ne sono esclusi, tutti gli altri fondi prevedono delle commissioni d'ingresso o commissioni di uscita: le commissioni d'ingresso, che sono trattenute direttamente dal capitale investito, vengono calcolate in percentuale sul capitale conferito e tale percentuale

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diminuisce con l'aumentare della somma investita; le commissioni di uscita, invece, decrescono percentualmente con l'aumentare della durata dell'investimento.

Le spese occulte sono invece, quelle di cui il cliente non ha percezione dato che non gli sono direttamente addebitate, ma vanno a decurtare il valore della quota. Esse sono date da: le commissioni di gestione, eventuale commissione d'incentivo (solo se il Fondo rende di più di un determinato indice), oneri fiscali (le SGR ogni anno sono tenute a versare all'Erario il 12,50% dell'eventuale rendimento conseguito sui fondi gestiti) e tutti gli oneri gestionali attinenti l'attività di gestione, come le spese da riconoscere alla Banca depositaria, parcelle da riconoscere alla Società di revisione ecc. Per calcolare il valore della quota infatti, dopo aver calcolato il valore dei titoli in portafoglio al fondo, si addebita il Fondo di tutte le spese e poi si divide il risultato per il numero delle quote in circolazione.

Le tipologie di fondi

I fondi di investimento possono essere raggruppati nelle seguenti principali categorie, anche in considerazione del loro livello di rischio:

- liquidità o monetari: il fondo è investito in titoli obbligazionari a brevissimo termine (massimo 6 mesi);

- obbligazionari: il fondo è investito esclusivamente in titoli obbligazionari; questi fondi possono distinguersi in base alla valuta dei titoli in portafoglio, al tipo di emittente (titoli di stato o obbligazioni di società) e alla loro durata;

- azionari: il fondo è investito in titoli azionari e può ulteriormente caratterizzarsi in base all’ambito geografico (italiani, americani, globali, ecc.) e/o al settore in cui operano (finanziario, farmaceutico, nuove tecnologie, ecc.);

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- flessibili: la politica di investimento può variare continuamente a discrezione del gestore nel tentativo di cogliere le opportunità dei mercati finanziari.

1.2.4.2 I Piani di accumulo (PAC)

E’ interessante rivolgere l’attenzione ad una forma di sottoscrizione ai Fondi comuni d’investimento che per le sue caratteristiche offre vantaggi significativi agli investitori che vogliono costituire per il futuro un certo capitale partendo da cifre ridotte, che incidono poco sul loro tenore di vita.

I Piani d'accumulo di capitale (PAC), sono forme di investimento progressivo in uno o più prodotti finanziari che servono a mettere da parte e far fruttare nel tempo somme di denaro anche piccole, riscuotendo alla fine il capitale.

In particolare il PAC è un programma d'investimento di importi costanti a scadenze regolari per un periodo di durata predeterminata; a differenza degli altri strumenti finanziari , consente di effettuare un investimento a medio - lungo termine a colore che non desiderano stanziare una grossa cifra iniziale e che vogliono impegnarsi a risparmiare ogni mese qualcosa dello stipendio, anche in previsione di un acquisto futuro; per questo motivo si differenzia da un'altra forma di investimento detta “PIC” (Piano di investimento del capitale) che invece prevede il pagamento in un'unica soluzione.

Nel PAC l’investimento viene effettuato versando periodicamente anche piccole somme di denaro (anche solo 50 euro al mese) in uno o più prodotti finanziari, riuscendo così a frazionare l’investimento in più rate invece che in unica soluzione; al termine di un periodo minimo di giacenza che varia a seconda dei contratti, il capitale accumulato può essere riscosso oppure si può decidere di sospendere i versamenti senza ritirare il capitale, in modo che non smetta di rivalutarsi nel tempo. Per ciò che attiene infine al rendimento e al rischio di tale investimento, questi dipenderanno dai prodotti sui quali si è scelto di far

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confluire i risparmi periodici, come titoli di Stato, obbligazioni o anche azioni, mediante l’acquisto di quote di fondi comuni d’investimento.

Oltre alla possibilità di accantonamento progressivo del risparmio, un altro beneficio è la riduzione del rischio dell'investimento; quest’ultimo è dato dal fatto che effettuando tanti piccoli investimenti distribuiti nel tempo si acquista con tutte le condizioni di mercato, sia favorevoli che sfavorevoli, ottenendo così un prezzo medio di carico che difficilmente porterà ad ottenere rendimenti estremi (sia in senso positivo, sia in senso negativo); in altre parole, acquistando un Fondo con la formula rateale, si mediano i prezzi d'acquisto. Un esempio di ciò si è avuto nel 1986, quando la Borsa Italiana dopo aver raggiunto livelli elevatissimi, ha cominciato a subire perdite quotidiane anche rilevanti per diversi anni e con essa, anche le quote dei Fondi Comuni Azionari Italiani hanno subito importanti perdite; solo dopo alcuni anni il valore delle quote dei fondi sono tornate al valore del 1986; chi aveva investito un capitale in unica soluzione (PIC) prima del "Crak", ha dovuto attendere parecchio prima che il suo investimento tornasse al valore iniziale, chi invece, aveva sottoscritto un PAC ed aveva continuato a versare mentre la quota perdeva valore, alla stessa data si è trovato con un buon guadagno. Questo metodo di sottoscrizione inoltre rispetto al Pic risulta protegge nelle fasi di mercato decrescente e volatile, mentre penalizza nelle fasi di mercato crescente.

1.2.4.3 Gli strumenti previdenziali

Agli strumenti finanziari di previdenza complementare appartengono i fondi pensione, piani previdenziali integrativi e polizze vita, i quali consentono ai risparmiatori diottenere una rendita integrativa a quella del sistema previdenziale obbligatorio, al fine di mantenere anche dopo il pensionamento, un tenore di vita simile a quello del periodo lavorativo.

Il sistema pensionistico italiano infatti, è stato oggetto di cambiamenti che hanno reso le prestazioni offerte dal sistema previdenziale obbligatorio meno

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generose di quanto avveniva in passato. Nel 1995 infatti, con la riforma Dini, è cambiata la modalità di calcolo della pensione passando da retributiva a contributiva: fino al 1995 la pensione mensile veniva calcolata in base alla media dello stipendio percepito negli ultimi 10 anni e l'importo finale si aggirava all'incirca attorno al 70% di questa media; con la suddetta riforma, invece, il calcolo della pensione si effettua in base alla quantità dei contributi versati durante l'intera vita lavorativa. La conseguenza diretta di questa riforma, per la maggioranza dei lavoratori, è una drastica riduzione del tasso di sostituzione, vale a dire il rapporto fra pensione e ultima retribuzione.

La previdenza complementare (o integrativa) rappresenta quindi una strada obbligata per tutti coloro che vogliono evitare, giunti al momento del pensionamento, un drastico ridimensionamento del proprio tenore di vita. Essa rispetto alla previdenza obbligatoria, presenta alcune differenze fondamentali: oltre ad avere carattere volontario, non si basa sul sistema a ripartizione, in cui in pratica i contributi dei lavoratori in attività finanziano le pensioni di chi ha già smesso di lavorare, ma su quello a capitalizzazione, in cui la pensione dipende invece dai contributi versati e rivalutati in base ai rendimenti ottenuti dalla gestione finanziaria.

In particolare, per quanto riguarda i fondi pensione, essi raccolgono i versamenti effettuati dai lavoratori aderenti, dai datori di lavoro e le quote di accantonamento annuale del trattamento di fine rapporto (TFR); alla fine del periodo lavorativo queste vengono restituite come rendita periodica.

1.3 Caratteristiche degli strumenti finanziari

Nel valutare un investimento, occorre tener conto di due fattori: rischio e rendimento.

Non esistono strumenti finanziari buoni o non buoni per definizione, poiché ciascuna scelta di investimento può essere o no adatta agli obiettivi perseguiti dall’investitore.

(18)

24

Il rischio è insito in ogni tipo di strumento finanziario, anche se come visto in precedenza, per alcuni investimenti esso può essere maggiore che per altri; stesso discorso vale per il rendimento ed entrambi sono legati generalmente da una relazione crescente e possono variare in relazione alle caratteristiche dello strumento.

In particolare il rendimento di un titolo i-esimo acquistato al tempo t, al prezzo pi,t, è il tasso di interesse (ri,t+1) ottenuto dal rapporto fra la differenza tra prezzo

d’acquisto iniziale (pi,t) e il prezzo di vendita del titolo al tempo t+1 più i

pagamenti riscossi dal titolo stesso fino a quel periodo (pvi,t+1), e il prezzo

d’acquisto iniziale; pertanto il rendimento può essere espresso dalla seguente equazione:

r

i,t+1=

. (1.1)

I pagamenti riscossi nell’arco del periodo considerato, come già accennato, variano a seconda del tipo di titolo; ad esempio nel caso di azioni essi saranno dati dai dividendi percepiti; nel caso di titoli obbligazionari dagli interessi percepiti, etc, ma anche a seconda dell’emittente, che può essere lo Stato o un impresa, dalla valuta di emissione, dal mercato di quotazione e di negoziazione, ovvero dove il titolo viene ammesso alla negoziazione e dove avviene la sua compravendita.

Il rendimento così determinato è un valore nominale, tuttavia il risparmiatore deve tenere in considerazione il tasso di inflazione e per tale motivo va considerato il valore reale del tasso di rendimento ottenuto correggendo appunto

1 t i,

r  per l’inflazione π al tempo t+1:

tasso reale di rendimento ri,t1

=

ri,t1

- π

t+1 (1.2)

Il rischio, infine è dato dalla volatilità del rendimento atteso, inoltre esistono altre diverse configurazioni di rischio legate agli strumenti finanziari, tra cui:

- rischio emittente nel caso in cui quest’ultimo si trovi nell’incapacità di far fronte agli impegni presi nei confronti dell’investitore;

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- il rischio di liquidità legato al grado di liquidità del mercato7, si verifica nei casi in cui l’investitore non sia in grado di vendere lo strumento finanziario e trasformarlo quindi in moneta senza perdere parte del suo valore; in particolare i titoli trattati su mercati organizzati sono più liquidi di quelli non trattati su detti mercati. Un indice del rischio liquidità consiste nella differenza tra i prezzi d’acquisto e di vendita, dovuti principalmente al limitato numero di scambi sul titolo;

- rischio monetario o di inflazione dato dalla variazione del livello assoluto dei prezzi e che porta alla riduzione del potere d’acquisto;

- rischio di interesse o di prezzo, come per i titoli con cedole e zero-coupon8. Le variazioni dei tassi di interesse modificano il prezzo (valore attuale) al quale lo strumento finanziario può essere liquidato prima della scadenza (relazione inversa tra tassi e prezzo dei titoli a reddito fisso). Più in particolare: se il titolo non è detenuto sino alla scadenza si va incontro al rischio di una riduzione delle quotazioni di vendita del titolo per effetto di variazioni al rialzo dei tassi di mercato; se il titolo è detenuto sino alla scadenza, c’è il rischio di mancato guadagno in caso di rialzo dei tassi di mercato su strumenti analoghi, derivante dalla non ricomposizione del proprio portafoglio;

- il rischio di cambio, si verifica qualora uno strumento finanziario è denominato in una divisa diversa da quella di riferimento per l’investitore. Infine il rischio può essere scomposto tra rischio sistematico e rischio specifico:

- il rischio sistematico o di mercato, dipende dalle fluttuazioni complessive del mercato e non può essere eliminato diversificando il portafoglio di investimento; per i titoli di capitale trattati su un mercato

7

Un mercato poco liquido rende difficile lo smobilizzo anticipato.

8

Per rischio di tasso di interesse si intende la possibilità che, effettuato un investimento, il suo valore diminuisca per la variabilità della struttura per scadenza. Si pensi alle polizze a minimo garantito emesse una quindicina di anni fa: il minimo era oltre il 10%, un tasso adeguato all’inflazione di allora, ma praticamente impossibile da coprire per le imprese di assicurazione oggi.

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organizzato, esso dipende dalle variazioni del mercato in generale (movimenti dell’indice del mercato), invece per i titoli di debito, esso origina dalle fluttuazioni dei tassi d’interesse, che si ripercuotono sia sui prezzi che sui rendimenti dei titoli in modo tanto più accentuato quanto più lunga è la loro vita residua;

- il rischio specifico: dipende dalle caratteristiche peculiari dell’emittente quali la solidità patrimoniale, le prospettive economiche, che sono valutate anche in considerazione dei settori e dei mercati in cui operano gli emittenti. Come si dimostrerà nel prossimo capitolo, una corretta diversificazione del portafoglio consente di ridurre i rischi specifici dell’investimento.

Per i titoli di capitale il rischio specifico viene riflesso nel prezzo di quotazione, che incorpora una media delle aspettative che i partecipanti al mercato hanno circa le prospettive di guadagno delle imprese emittenti; per i titoli di debito il rischio che le società o gli enti finanziari emittenti non siano in grado di pagare gli interessi o di rimborsare il capitale prestato si riflette nella misura degli interessi che tali obbligazioni garantiscono all’investitore: quanto maggiore è la rischiosità percepita dell’emittente tanto maggiore è il tasso d’interesse che l’emittente dovrà corrispondere all’investitore;

Come si evince dall’analisi, svolta in questa sezione, sul mercato finanziario e sulle caratteristiche degli strumenti che vengono scambiati in esso, le sue

funzioni sono molteplici: in primo luogo permette di finanziare gli investimenti

realizzando un trasferimento di risorse da settori in surplus verso settori in deficit; in secondo luogo consente la negoziabilità dell'investimento, attraverso transazioni di titoli ad un prezzo di equilibrio, e la gestione del rischio, permettendo ai singoli investitori di poter scegliere tra una molteplicità di strumenti finanziari diversi, quelli che più rispondono alle esigenze e agli obiettivi degli investitori; infine rende possibile la negoziazione di titoli a

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scadenze future, nonché di contratti che contemplino il futuro verificarsi di un possibile evento.

Il mercato finanziario offre dunque la possibilità di accedere ad una realtà ricca di opportunità che può rendere all’investitore grandi benefici ma, come si è detto a proposito del rischio, anche delle perdite; pertanto l’investitore è chiamato a comporre il suo portafoglio nel modo ottimale, che massimizza la sua utilità attesa. Come questo sia possibile viene affrontato nel prossimo capitolo dove si analizzano le teorie delle scelte di portafoglio, che portano alla determinazione del portafoglio ottimo.

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