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7.1 APPENDICE A - TECNICA DELL’IBRIDAZIONE IN SITU FLUORESCENTE (FISH)

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7. APPENDICE

7.1 APPENDICE A - TECNICA DELL’IBRIDAZIONE IN SITU FLUORESCENTE (FISH)

La tecnica dell’ibridazione in situ fluorescente (FISH) consente di rilevare sequenze specifiche denaturate (in soluzione, su filtro, su supporto) tramite una sonda complementare; si vengono così a formare molecole ibride. L’avvenuta formazione del legame tra sonda e bersaglio (ibridazione) può essere facilmente rilevata al microscopio a fluorescenza mediante il sistema di marcatura della sonda.

Nella marcatura indiretta la sonda contiene una molecola che, per affinità immunochimica, si può facilmente legare ad un’altra molecola su cui è presente il fluorocromo. Le molecole utilizzate in questo tipo di marcatura sono la biotina o vitamina B12 oppure la digossigenina, uno steroide vegetale.

Per rilevare la sonda legata viene usata, nel primo caso, la streptavidina, proteina con alta affinità per la biotina, coniugata generalmente con la fluoresceina-isotiocianato (FITC) o con la tetrametilrodamina-isotiocianato (TRITC). Nel secondo caso si usa un anticorpo monoclonale diretto verso la digossigenina che a sua volta verrà rilevato da un anticorpo secondario coniugato con uno dei due fluorocromi sopra citati.

Per la colorazione del DNA non marcato viene utilizzato il 4,6-diamidino-2-fenilindolo (DAPI), un fluorocromo che colora in blu, o lo ioduro di propidio che controcolora il resto del genoma in rosso. La scelta di uno dei due fluorocromi dipende, ovviamente, dal fluorocromo utilizzato per la rivelazione delle sequenze ibridate.

Nella marcatura diretta i nucleotidi della sonda sono legati, tramite legami covalenti, ad uno dei fluorocromi utilizzati per la marcatura indiretta. I coloranti ed i fluorocromi con diverse lunghezze d’onda di emissione massima possono essere osservati simultaneamente in microscopia a fluorescenza usando filtri multibanda (Simi e Migliore, 2004).

La possibilità di avere sonde marcate con fluorocromi differenti rende possibile

l’utilizzo di più sonde diverse con diverse sequenze bersaglio all’interno di uno stesso

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preparato cellulare o tissutale, attraverso quella che viene definita una FISH multicolore (Scarpato et al., 1996).

L’ibridazione in situ fluorescente è una tecnica costituita da numerosi passaggi ed incubazioni che necessitano di condizioni di temperatura e pH particolari, legate al tipo di materiale e sonda che si utilizza. La buona riuscita dell’ibridazione dipende dall’accessibilità della sequenza bersaglio e dalla possibilità di eliminare legami aspecifici tra le varie componenti (Pinkel et al., 1986). Indipendentemente dal tipo di sonda e dalla natura del preparato la FISH prevede alcuni passaggi cruciali:

INVECCHIAMENTO: l’invecchiamento dei preparati (appena gocciati) in soluzioni saline poco concentrate, data l’azione stabilizzante dei cationi monovalenti nei confronti del DNA, può servire ad incrementare l’accessibilità della sonda ai siti bersaglio.

DENATURAZIONE DELLA SONDA E DEL DNA BERSAGLIO: le condizioni di denaturazione devono essere sempre ben controllate e adeguate, di volta in volta, al tipo di sonda e al tipo di preparato. Ciò può essere ottenuto, in genere, agendo sulla temperatura (tra i 70 e gli 80°C) o sul tempo di denaturazione, dai 2 ai 5 minuti, ma non sul pH che deve rimanere neutro. E’ molto frequente l’uso di soluzioni denaturanti contenenti la formammide, che riducono la stabilità termica della doppia elica rompendo i legami ad idrogeno, in modo da non dover ricorrere a temperature troppo elevate. Pertanto un altro parametro su cui è possibile agire per favorire l’ibridazione è la concentrazione dell’agente denaturante (Tucker, 1995).

IBRIDAZIONE: l’ibridazione dipende dalla capacità del DNA denaturato di

appaiarsi con l’elica complementare, in un ambiente appena al di sotto del punto

di fusione. Fondamentali sono le condizioni di stringenza alle quali avviene la

formazione delle molecole ibride (eteroduplex sonda-bersaglio); maggiori sono

le condizioni di stringenza (bassa concentrazione di sali, elevata temperatura,

presenza di agenti denaturanti) minore è la probabilità di mantenere eteroduplex

contenenti appaiamenti errati. Tenendo invariato il pH(=7), la concentrazione

salina, le condizioni d’ibridazione vengono controllate agendo sulla percentuale

di formammide e sulla temperatura. In questo modo tutte le reazioni

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d’ibridazione vengono fatte avvenire in un range di temperatura che varia da 37 a 45°C con percentuali di formammide che vanno dal 50 al 70%.

La sonda marcata può ibridare in maniera non completa con sequenze che presentano un minor grado d’omologia. Il risultato è un ibrido meno stabile rispetto ad uno perfettamente accoppiato. Essi possono essere dissociati intervenendo sulla temperatura e sul tempo di lavaggio o sulla composizione della soluzione di lavaggio. Tuttavia una temperatura troppo bassa, così come un tempo di lavaggio troppo ridotto possono essere insufficienti ad eliminare ibridazioni crociate. D’altra parte, un aumento eccessivo della temperatura o del tempo di lavaggio può risultare in una perdita del segnale.

La FISH prevede, attualmente, l’impiego di un’ampia varietà di sonde: DNA genomico totale, genoteche di interi cromosomi umani, sequenze geniche in singola copia, interi segmenti cromosomici clonati nei cromosomi artificiali di lievito (YAC) o sequenze di DNA altamente ripetuto (tra le quali sequenze centromeriche , β-satellite, telomeriche).

Le sonde che più frequentemente vengono usate per aumentare l’informatività del test del micronucleo sono complementari a sequenze presenti nel centromero di tutti i cromosomi caratterizzato da sequenze di DNA, altamente ripetute, la cui unità monometrica è di 171 paia di basi. La famiglia del DNA -satellite costituisce l’unico tipo di sequenza conosciuta localizzata a livello del centromero di ogni cromosoma umano. Al suo interno è possibile individuare sottofamiglie satelliti che mostrano, sovrapposte alle piccole unità ripetute di base, ulteriori unità ripetute di ordine superiore. Alcune di queste sottofamiglie costituiscono sonde specifiche per un singolo cromosoma (sonde cromosoma specifiche) altre, invece, sono comuni a tutti i cromosomi (sonde pancentromeriche). La sonda p82H, clonata da Mitchell e collaboratori nel 1985, ha la capacità di ibridare in situ esclusivamente a livello della regione centromerica comune a tutti i cromosomi umani (Mitchell et al., 1985; Meyne et al., 1989). La sonda è composta approssimativamente da 14 varianti ripetute in tandem della sequenza base di 172 bp.

Le sonde cromosoma specifiche sono invece costituite da sequenze di DNA complementari soltanto ad un sottogruppo di DNA satellite, costituito da ripetizioni altamente specifiche.

L’ibridazione in situ fluorescente, realizzata con l’utilizzo della sonda pancentromerica,

permette l’identificazione dei meccanismi alla base dell’induzione dei MN dal momento

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che quelli privi di segnale (micronuclei centromero negativi = MN C-), che contengono frammenti acentrici, si sono generati in seguito ad eventi clastogeni. Invece, i MN centromero positivi (MN C+), contenendo interi cromosomi, derivano da eventi aneuploidogeni anche se non è da escludere che il centromero possa indicare la presenza di un frammento centrico. Ci si aspetta, comunque, che questi ultimi siano rari.

Tuttavia, per poterli identificare, sarebbe necessaria una doppia ibridazione che preveda l’uso di una sonda aggiuntiva specifica per i telomeri.

7.2 APPENDICE B – LE ABERRAZIONI CROMOSOMICHE

Le aberrazioni di tipo strutturale

Le mutazioni cromosomiche strutturali possono essere distinte in due classi principali:

le aberrazioni di tipo cromosomico e quelle di tipo cromatidico. La classificazione proposta si basa su lavori pubblicati indipendentemente da H.J. Evans e ad J.R.K.

Savage, (citati da Mossesso, 2004).

Aberrazioni strutturali cromosomiche

Le aberrazioni cromosomiche sono rotture che coinvolgono entrambi i cromatidi fratelli. Si osservano in cellule esposte all’agente mutageno allo stadio G

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o G

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del ciclo cellulare, prima cioè della replicazione. Al momento della replicazione il danno viene trasmesso anche all’elica neosintetizzata. Si possono verificare anche in cellule trattate durante il primo stadio della fase S, quando solo una parte di DNA è già stata duplicata (Edwards, 1996).

Vengono di seguito riportate alcune delle più comuni mutazioni cromosomiche strutturali suddivise in intrascambi e interscambi.

INTRASCAMBI

Delezioni interstiziali: Si originano in seguito a due rotture su ciascun cromatidio che,

riunendosi, lasciano fuori un pezzo di DNA. Le porzioni delete possono essere

evidenziate come una coppia di frammenti puntiformi (minutes) o come delezioni più

grandi in cui è evidente uno spazio nel centro dell’anello (anelli acentrici). La porzione

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terminale e quella centrica del cromosoma, si riuniscono a dare un braccio cromosomico più corto.

Ring o cromosomi ad anello: Sono intrascambi asimmetrici che originano dalla rottura di entrambe le braccia (braccio corto e braccio lungo) di un cromosoma. I segmenti distali ai punti di rottura si perdono e le due estremità appiccicose si saldano in una struttura ad anello centrico, rimangono inoltre i frammenti acentrici formati dalle due regioni terminali del cromosoma oltre il punto di rottura.

Gli scambi asimmetrici sopra riportati (delezioni, ring) portano a perdita di materiale genetico in quanto il frammento acentrico, privo di centromero, non ha un punto di appiglio per le fibre del fuso mitotico durante la segregazione, può quindi essere perso alla prima divisione mitotica.

Inversioni: Si verificano quando un segmento cromosomico viene tagliato e poi reintegrato nel cromosoma dopo rotazione di 180° rispetto all’orientamento originale.

Quando il segmento invertito comprende il centromero, l’inversione è definita pericentrica, quando il segmento invertito si trova su un braccio cromosomico e non comprende il centromero, l’inversione è definita paracentrica.

INTERSCAMBI

Traslocazioni: Sono interscambi simmetrici che avvengono in seguito a due siti di rottura cromosomici e al cambiamento di posizione delle sequenze geniche contenute tra i due siti. Questi riarrangiamenti non comportano di solito alcuna perdita di materiale cromosomico e perciò vengono anche definiti traslocazioni bilanciate.

Dicentrici: Sono interscambi asimmetrici che si formano tra due o più cromosomi in

seguito a due rotture e alla riunione delle porzioni centriche (dicentrici o policentrici) e

delle porzioni acentriche (frammenti acentrici). Quindi il dicentrico, quando è formato,

consiste in un cromosoma con due centromeri accompagnato da un singolo frammento

acentrico formato dai pezzi terminali dei due cromosomi coinvolti. Il destino di questo

frammento è simile a quello dei frammenti visti in precedenza: tende ad essere perso

alla prima divisione mitotica.

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Aberrazioni strutturali cromatidiche

Sono rotture che coinvolgono un solo cromatidio. Si osservano in cellule esposte all’agente mutageno durante la fase G

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o S del ciclo cellulare, cioè quando il DNA è già stato duplicato ed il danno permane solo su un filamento.

Di seguito vengono riportate alcune delle aberrazioni cromatidiche più comuni.

INTRASCAMBI

Delezioni interstiziali: Originano da due eventi di rottura sullo stesso cromatidio. Il frammento risultante può presentarsi appaiato o meno.

Delezione isocromatidica: Origina da due eventi di rottura nello stesso punto di entrambi i cromatidi. Si possono avere due diverse situazioni: non-union in assenza di riunione delle due estremità cromatidiche distali e prossimali, in questo caso il frammento acentrico sarà indistinguibile dalla delezione cromosomica terminale; sister- union quando si ha riunione delle estremità dei cromatidi (prossimale, distale, prossimale e distale contemporaneamente), tale situazione conferma la delezione di tipo cromatidico in quanto le delezioni di tipo cromosomico non sono associate a sister- union.

Anello centrico: Intrascambio interbraccio intracromatidico (lo scambio coinvolge solo uno dei due cromatidi mentre l’altro rimane inalterato) asimmetrico, accompagnato da un frammento composto derivante dalle porzioni terminali opposte dello stesso cromatidio.

Dicentrico cromatidico: Intrascambio interbraccio intercromatidico (lo scambio coinvolge entrambi i cromatidi fratelli) asimmetrico, che appare come un anello centrico ma si distingue da esso al momento dell’anafase, dove forma un ponte.

Inversione pericentrica: E’ un intrascambio interbraccio intracromatidico simmetrico che coinvolge un segmento di uno dei due cromatidi.

Duplicazione/delezione: Fa parte degli intrascambi interbraccio intercromatidici simmetrici.

L’inversione paracentrica: Rappresenta un intrascambio intrabraccio intracromatidico simmetrico di un segmento intercalare

Duplicazione/delezione: Fa parte degli intrascambi intrabraccio intercromatidici

simmetrici.

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INTERSCAMBI

Triradiali: Questo interscambio deriva da un’interazione tra una delezione isocromatidica e una delezione cromatidica terminale per dare origine a una configurazione a tre braccia.

Interscambi interbraccia: queste aberrazioni sono equivalenti ai dicentrici e alle

traslocazioni reciproche. In questo caso l’interscambio cromatidico simmetrico è

facilmente distinguibile, dato l’appaiamento dei cromatidi fratelli in contrasto con

l’equivalente traslocazione reciproca cromosomica, in cui il riarrangiamento non è

evidenziabile se non con tecniche specifiche.

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