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. Definizioni di spazio metrico, normato, con prodotto interno e prime propriet` a.

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(1)

Corso di laurea in Matematica, 2018-19 Universit` a di Roma Tor Vergata

Docente: Lucio Damascelli

1. Richiami sugli spazi R

N

. Definizioni di spazio metrico, normato, con prodotto interno e prime propriet` a.

Sia N ∈ N

+

. Lo spazio euclideo N -dimensionale R

N

` e il prodotto cartesiano di N copie di R, cio`e `e l’insieme delle N-ple x = (x

1

, . . . , x

N

) dove gli x

j

sono numeri reali.

Se x = (x

1

, . . . , x

N

) x

i

` e la i-esima coordinata (canonica) di x. Una tale N -pla si dice anche vettore N -dimensionale perch´ e R

N

` e uno spazio vettoriale di dimensione N con le operazioni di addizione tra vettori e di moltiplicazione per uno scalare definite, se x = (x

1

, . . . , x

N

), y = (y

1

, . . . , y

N

) e α ∈ R in questo modo:

x + y = (x

1

+ y

1

, . . . , x

N

+ y

N

) , α x = (α x

1

, . . . , α x

N

)

Lo zero ` e il vettore 0 = (0, . . . , 0), mentre l’opposto di x = (x

1

, . . . , x

N

)

`

e il vettore −x = (−x

1

, . . . , −x

N

). Una base di R

N

` e quella costitui- ta dai vettori e

j

= (0, . . . , 1, . . . , 0), j = 1 . . . N , dove e

j

ha tutte le coordinate nulle tranne la j-esima che ` e uguale a 1.

Nello spazio R

N

` e definito il prodotto scalare tra due vettori x, y:

`

e il numero reale

(1.1) x · y = x

1

y

1

+ . . . x

N

y

N

Esso ` e bilineare, simmetrico, definito positivo, cio` e gode delle seguenti propriet` a (di immediata verifica). Se x, y ∈ R

N

scriviamo (x, y) :=

x · y. Per ogni α, β ∈ R, x, y, z ∈ R

N

:

Ps1) (α x+β y, z) = α(x, z)+β(x, z), (x, αy+βz) = α(x, y)+β(x, z) Ps2) (x, y) = (y, x)

Ps3) (x, x) ≥ 0 ; (x, x) = 0 ⇐⇒ x = 0

Una importante conseguenza delle propriet` a del prodotto scalare ` e la seguente disuguaglianza.

Teorema 1.1 (Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz). Denotiamo con (h , k) il prodotto scalare di due vettori h, k ∈ R

N

. Vale la seguente disuguaglianza:

|(x, y)|

2

≤ (x, x)(y, y)

Dimostrazione. Siano X = (x, x), Y = (y, y), e Z = (x, y). Essendo il prodotto scalare simmetrico, definito positivo e bilineare si ha che 0 ≤ (Y x − Zy, Y x − Zy) = Y

2

(x, x) + Z

2

(y, y) − 2Y Z(x, y) = XY

2

− Y Z

2

, e quindi Y Z

2

≤ XY

2

.

Se Y = 0 ` e y = 0 e la disuguaglianza ` e banale, mentre se Y 6= 0

`

e Y > 0, e dividendo per Y la precedente relazione si ottiene Z

2

1

(2)

XY , cio` e |(x, y)|

2

≤ (x, x)(y, y), che equivale alla disuguaglianza da

dimostrare. 

Osservazione La stessa dimostrazione funziona, con le ovvie modifi- che, per dimostrare la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz nello spazio vettoriale complesso C

N

.

Osservazione 1.1. Si noti che la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz di- pende solo dalle propriet` a Ps1)–Ps3) e non dalla definizione particolare (1.1) del prodotto scalare in R

N

che abbiamo dato.

In R

N

si definisce poi la norma euclidea o modulo di un vettore x: ` e il numero reale, indicato come |x| o kxk, definito da:

(1.2) kxk = (x · x)

12

= v u u t

N

X

i=1

|x

i

|

2

Si noti che la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz si pu` o scrivere come

(1.3) |(x, y)| ≤ kxkkyk

dove khk = (h, h)

12

` e la norma indotta dal prodotto scalare.

La norma ha le seguenti propriet` a. Se x, y ∈ R

N

, α ∈ R si ha che:

N1) kxk ≥ 0, kxk = 0 ⇐⇒ x = 0.

N2) kα xk = |α|kxk

N3) kx + yk ≤ kxk + kyk ( disuguaglianza triangolare )

La N1) e la N2) sono ovvie, mentre la disuguaglianza triangolare N3) ` e conseguenza della disuguaglianza di Cauchy-Schwarz. Infatti, elevando al quadrato, essa equivale alla disuguaglianza kx + yk

2

≤ (kxk + kyk)

2

= kxk

2

+ kyk

2

+ 2kxkkyk.

Ora per la disuguaglianza CS) si ha che (x · y) ≤ |x · y| ≤ kxkkyk, e quindi

kx + yk

2

= (x + y) · (x + y) = x · x + y · y + (x, y) + (y, x)

= kxk

2

+ kyk

2

+ 2 Re(x · y) ≤ kxk

2

+ kyk

2

+ 2kxkkyk

Osservazione 1.2. Si noti che nella verifica di N1)–N3) si sono usate solo le propriet` a Ps1)–Ps3) del prodotto scalare e la CS), che di tali propriet` a ` e conseguenza.

Esercizio 1.1. Analizzando la dimostrazione della disuguaglianza di Cauchy-Schwarz e della disuguaglianza triangolare per la norma che ne

`

e conseguenza, dire quando valgono le uguaglianze

| (x, y) | = kxk kyk ,

(x, y) = kxk kyk ,

kx + yk = kxk + kyk

(3)

Infine la distanza euclidea di due vettori x, y ∈ R

N

` e il numero reale

(1.4) d(x, y) = kx − yk = v u u t

N

X

i=1

|x

i

− y

i

|

2

La funzione distanza ` e anche detta metrica euclidea e verifica le seguenti propriet` a.

Per ogni x, y, z ∈ R

N

:

D1) d(x, y) ≥ 0, d(x, y) = 0 ⇐⇒ x = y.

D2) d(x, y) = d(y, x)

D3) d(x, y) ≤ d(x, z) + d(z, y) ( disuguaglianza triangolare ) La D1) e la D2) sono ovvie, e la D3) segue dalla N3) sostituendo x con x − z e y con z − y.

Osservazione 1.3. Si osservi ancora che nella verifica di D1) – D3) si sono usate solo le propriet` a N1) –N3) della norma.

Osservazione 1.4. Osserviamo esplicitamente una conseguenza imme- diata delle propriet` a D1)–D3). Per ogni x, y, z si ha

D4) d(x, y) ≥ |d(x, z) − d(z, y)|

La D4) segue dalla disuguaglianza triangolare D3) e dalla simmetria D2) della distanza. Infatti d(x, z) ≤ d(x, y) + d(y, z) = d(x, y) + d(z, y) e quindi

i) d(x, z) − d(z, y) ≤ d(x, y).

Analogamente d(z, y) ≤ d(z, x) + d(x, y) = d(x, z) + d(x, y) e quindi ii) d(z, y) − d(x, z) ≤ d(x, y).

Da i) e ii) segue subito la D4).

Definiamo ora alcune strutture astratte, che si ottengono prendendo come assiomi le propriet` a ora viste degli spazi K

N

.

Definizione 1.1. Sia X uno spazio vettoriale reale. Un prodotto interno su X ` e una applicazione g : X × X → R che ad ogni coppia di vettori x, y associa un numero g(x, y) ∈ R, che indicheremo con (x, y) (prodotto interno di x e y), che verifica le propriet` a Ps1)–Ps3).

La coppia (X , g) ` e detta spazio con prodotto interno o spazio prehilbertiano (reale).

Esattamente come nel caso di R

N

si dimostra il

Lemma 1.1. In ogni spazio prehilbertiano vale la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz:

CS) |(x, y)|

2

≤ (x, x)(y, y) ∀ x, y ∈ X

(4)

Definizione 1.2. Sia X uno spazio vettoriale reale. Una norma su X ` e una applicazione N : X → R, che ad ogni vettore x associa un numero reale N (x), che indicheremo con kxk (norma di x), che verifica le propriet` a N1)–N3).

La coppia (X , N ) ` e detta spazio normato.

Si verifica per induzione su n che se x

1

, . . . , x

n

∈ X N3’) k P

n

i=1

x

i

k ≤ P

n i=1

kx

i

k

Definizione 1.3. Sia X un insieme, i cui elementi chiameremo punti.

Una metrica o distanza su X ` e una applicazione d : X × X → R, che ad ogni coppia di punti x, y associa un numero reale d(x, y) (distanza di x da y), che verifica le propriet` a D1)–D3).

La coppia (X , d) ` e detta spazio metrico.

In ogni spazio metrico vale la disuguaglianza D4) dell’ Osservazione 1.4. Inoltre per induzione se x

1

, . . . , x

n

∈ X si ha che

D3’) d(x

1

, x

n

) ≤ P

n−1

i=1

d(x

i

, x

i+1

)

Abbiamo visto, nel caso di R

N

, come le propriet` a D1)–D3) dipendono solamente dalle corrispondenti propriet` a N1)–N3), e a loro volta queste dipendono solamente dalle propriet` a PS1)–PS3) e dalla disuguaglianza CS), che ne ` e conseguenza (vedi le Osservazioni 1.1 – 1.3). Vale quindi la

Proposizione 1.1. i) Sia X uno spazio normato con norma k.k.

Posto per x, y ∈ X: d(x, y) = kx − yk, si ha che d ` e una distanza in X, detta distanza indotta dalla norma e quindi ogni spazio normato ` e anche spazio metrico.

ii) Sia X uno spazio prehilbertiano con prodotto (., .). Posto per x ∈ X: kxk = (x, x)

12

si ha che k.k ` e una norma su X, detta norma indotta dal prodotto scalare, e quindi ogni spazio prehilbertiano ` e anche spazio normato (e spazio metrico).

Naturalmente esistono spazi metrici la cui distanza non ` e indotta da una norma, dato che una metrica pu` o essere definita su un insieme qualsiasi, mentre una norma ` e definita su uno spazio vettoriale. Analo- gamente esistono spazi normati la cui norma non ` e definibile a partire da un prodotto scalare.

Esempio 1.1. La metrica discreta su un insieme qualsiasi X ` e definita da:

d(x, y) =

( 0 se x = y 1 se x 6= y

E facile vedere che gli assiomi di spazio metrico sono verificati. `

(5)

Esempio 1.2. La retta reale estesa ` e l’ insieme R

= R∪{+∞, −∞}, ottenuto aggiungendo all’ insieme dei numeri reali i due simboli ±∞.

La funzione

d(x, y) = | arctan(x) − arctan(y)|

` e una metrica su R

; si intende che si ` e estesa a R

la funzione arco- tangente, che ` e strettamente crescente da R sull’ intervallo (−

π2

, +

π2

), ponendo arctan(±∞) = ±

π2

. ` E facile vedere che gli assiomi di spazio metrico sono verificati.

Esempio 1.3. La norma euclidea kxk di un vettore x in K

N

` e spesso indicata con il simbolo kxk

2

=

q P

N

i=1

(x

i

)

2

ed ` e indotta dal prodotto scalare o hermitiano standard, come abbiamo visto.

Diverse norme su K

N

, non indotte da un prodotto interno, sono le seguenti norme

(1.5) kxk

= max

i=1,...,N

|x

i

| , kxk

1

=

N

X

i=1

|x

i

| La verifica delle propriet` a delle norme ` e immediata.

Queste norme sono equivalenti tra loro ed equivalenti alla norma euclidea, nel senso che ognuna di esse ` e maggiorata e minorata da un multiplo dell’ altra, come segue dalle disuguaglianze, di verifica immediata,

(1.6) kxk

≤ kxk

2

≤ kxk

1

≤ N kxk

Tali disuguaglianze implicano ad esempio che se il modulo di tutte le componenti di un vettore x ` e ”piccolo”, e quindi kxk

1

` e ”piccola”, anche la norma euclidea kxk

2

` e piccola, e viceversa se la norma euclidea kxk

2

` e piccola allora la norma kxk

` e piccola, cio` e i moduli di tutte le componenti del vettore sono piccole.

La (1.6) si usa quindi spesso per mostrare che molti concetti definiti in termini della norma euclidea sono equivalenti a concetti introdotti

”per componenti” (vedi in seguito ad esempio i limiti e la continuit` a di funzioni a valori in R

N

).

Osservazione 1.5. Pi` u in generale se p ≥ 1 si pu` o definire la norma

(1.7) kxk

p

=

"

N

X

i=1

|x

i

|

p

#

1p

Per la verifica delle propriet` a delle norme nel caso generale la disugua- glianza triangolare segue dal fatto che

[ P

n

i=1

|x

i

+ y

i

|

p

]

1p

≤ [ P

n

i=1

(|x

i

| + |y

i

|)

p

]

1p

e dalla disuguaglianza [ P

n

i=1

(|x

i

| + |y

i

|)

p

]

1p

≤ ( P

n

i=1

|x

i

|

p

)

1p

+ ( P

n

i=1

|y

i

|

p

)

1p

,

(6)

nota come disuguaglianza di Minkowski che vedremo tra poco.

Tutte queste norme sono equivalenti, nel senso che ognuna di esse

`

e maggiorata e minorata da un multiplo dell’ altra, come segue dalle disuguaglianze, di verifica immediata,

(1.8) kxk

≤ kxk

p

≤ N

1p

kxk

, p ≥ 1

Talvolta gli spazi normati costituiti dall’ insieme R

N

con le norme ora introdotte si indicano con i simboli l

p

(N ) = R

N

, k.k

p

, 1 ≤ p ≤ ∞.

Esempio 1.4 (Norme su C

0

[a, b]). Siano a, b numeri reali, con a < b.

L’ insieme C

0

[a, b] delle funzioni a valori reali (complessi) continue su [a, b] ` e uno spazio vettoriale con le operazioni di addizione e mol- tiplicazione per uno scalare definite puntualmente: (αf + βg)(x) = αf (x) + βg(x) se x ∈ [a, b].

Se f ∈ C

0

[a, b] allora f assume massimo e minimo nell’ intervallo [a, b] per il teorema di Weierstrass (che generalizzeremo in seguito).

Inoltre ` e definito l’ integrale di f . Diverse norme su C

0

[a, b] sono le seguenti:

kf k

= max

x∈[a,b]

|f (x)| , kf k

1

= Z

b

a

|f (x)| dx , kf k

2

=

Z

b a

|f (x)|

2

dx



12

Si verifichi per esercizio che k.k

, kf k

1

sono norme e che la norma kf k

2

`

e indotta dal seguente prodotto scalare: (f, g) = R

b

a

f (x)g(x) dx (se le funzioni sono a valori reali si ignori il segno di coniugio).

Si noti che generalmente con il simbolo C

0

[a, b] si intende lo spazio normato con la norma del massimo k.k

, mentre come vedremo nel capitolo successivo le altre norme sono generalmente definite su una classe di funzioni pi` u ampia delle funzioni continue.

Vedremo in capitoli successivi vari esempi interessanti di spazi metri- ci, in particolare spazi di funzioni come quello dell’ esempio precedente.

In questa prima parte del corso siamo interessati al caso dello spazio R

N

, ma enunciamo alcuni concetti e propriet` a nel caso generale non essendoci alcuna difficolt` a ulteriore.

Topologia degli spazi metrici Sia (X, d) uno spazio metrico.

• Se r > 0, x ∈ X, la palla aperta di centro x e raggio r `e il sottoinsieme di X definito da B

r

(x) = B(x, r) = {y ∈ X : d(y, x) < r}.

• Un intorno di un punto x ∈ X `e un sottoinsieme I di X che

contiene una palla di centro x: I ` e intorno di x se esiste r > 0

tale che x ∈ B

r

(x) ⊆ I.

(7)

• Sia E ⊆ X e x ∈ X. Il punto x `e interno a E se E `e intorno di x, cio` e se esiste una palla B

r

(x) ⊆ E.

• Il punto x `e esterno a E se `e interno al complementare E

c

= X \ E, cio` e se esiste una palla B

r

(x) ⊆ E

c

⇐⇒ ∃ r > 0 : B

r

(x) ∩ E = ∅.

• Il punto x `e punto di frontiera di E se non `e n´e interno n´e esterno a E; ci` o equivale a dire che per ogni r > 0 si ha B

r

(x) ∩ E 6= ∅, B

r

(x) ∩ E

c

6= ∅.

L’ insieme dei punti interni (rispettivamente esterni, di frontiera) di un insieme E ` e detto interno di E (rispettivamente esterno di E, frontiera di E) e si denota con E

o

oppure int (E) (rispettivamente con est (E) = (E

c

)

o

, e con ∂E oppure fr (E)). Dalla definizione segue subito che ∂E = ∂E

c

.

• La chiusura di un sottoinsieme E `e il sottoinsieme E = cl (E) = E ∪ ∂E.

• Un sottoinsieme E `e aperto se E = E

o

, cio` e se ogni punto di E ` e interno ad E.

• Un sottoinsieme E `e chiuso se E = E, cio`e se ∂E ⊆ E.

Per definizione X ` e unione disgiunta

(1.9) X = E

o

∪ ∂(E) ∪ est (E) = E ∪ est (E) e dalla relazione (1.9) si ricavano molte propriet` a.

In particolare il complementare della chiusura di E ` e l’ esterno di E, cio` e l’ interno del complementare E

c

. Inoltre E = E ∪ ∂E, ` e anche unione disgiunta E = E

o

∪ ∂E. Dalle definizioni date segue allora facilmente che:

• E `e aperto se e solo se E

c

` e chiuso.

Inoltre

• Ogni palla aperta B

r

(x) ` e un insieme aperto. L’ interno E

o

di un insieme E ` e un insieme aperto.

Esercizio 1.2. Dimostrare che B

r

(x) e E

o

sono aperti.

Dato che est (E) ` e l’ interno di E

c

, anche l’ esterno ` e un insieme aper- to, e la chiusura ` e allora un insieme chiuso, essendo il complementare dell’ aperto est (E). Si ha quindi che:

• E

o

` e aperto, est(E) ` e aperto, E ` e chiuso

Una propriet` a importante della chiusura di un insieme E ` e quella di essere il pi` u piccolo insieme chiuso che contiene E. Infatti abbiamo visto che E ` e chiuso, e inoltre si ha che

• Se E ⊆ F e F `e chiuso allora E ⊆ F . In particolare E `e chiuso se e solo se E = E.

Infatti E ⊆ F equivale a F

c

⊆ (E)

c

= est (E). Se x ∈ F

c

, che ` e aperto,

esiste una palla B

r

(x) ⊆ F

c

⊆ E

c

e allora x ∈ est (E).

(8)

Dato che E = E

o

∪ ∂E, si vede poi facilmente che

• x ∈ E se e solo se ogni intorno di x contiene punti di E.

In particolare se A ⊆ R `e un sottoinsieme dei numeri reali limitato inferiormente [superiormente ], si ha che inf A ∈ A, [ sup A ∈ A ].

Ci` o segue facilmente dalla caratterizzazione degli estremi: ad esempio per ogni ε > 0 esistono punti di A in (inf A, inf A + ε) e quindi ogni intorno di inf A contiene punti di A.

Analogamente se A non ` e limitato inferiormente [superiormente] si pone inf A = −∞ [sup A = +∞] e nello spazio metrico R

(retta reale estesa, vedi esempio precedente) si ha che inf A = −∞ ∈ A [sup A = +∞ ∈ A] dove la chiusura ` e ora in R

.

I punti della chiusura E di un insieme E possono essere ulteriormente distinti in punti isolati e punti di accumulazione di E.

Un punto x ∈ X ` e punto di accumulazione di E se ogni intorno di x contiene punti di E diversi da x.

Un punto di accumulazione di E pu` o appartenere o meno a E, ma appartiene comunque alla chiusura E. Se x ` e un punto di accumula- zione di E ` e facile vedere che ogni suo intorno contiene infiniti punti di E. Se infatti un intorno I di x contenesse solo un numero finito p

1

, . . . , p

n

di punti di E distinti da x, posto r = min

1≤j≤n

d(x, p

j

), si avrebbe che in B

r

(x) non cadrebbero punti di E distinti da x, e quindi x non sarebbe punto di accumulazione di E.

x ∈ E ` e detto punto isolato di E se esiste r > 0 tale che B

r

(x) ∩ E = {x}.

La chiusura di E ` e unione disgiunta dei punti isolati di E e dei punti di accumulazione di E, come si vede facilmente.

Il comportamento di aperti e chiusi rispetto ad unione ed intersezione

`

e illustrato dal seguente

Teorema 1.2. i) Sia {O

α

}

α∈A

una collezione arbitraria di insie- mi aperti. Allora O = ∪

α∈A

O

α

` e aperto.

ii) Sia O

1

, . . . O

n

una collezione finita di insiemi aperti. Allora O

0

= ∩

ni=1

O

i

` e aperto.

iii) Sia {C

α

}

α∈A

una collezione di insiemi chiusi. Allora C =

α∈A

C

α

` e chiuso.

iv) Sia C

1

, . . . C

n

una collezione finita di insiemi chiusi. Allora C

0

= ∪

ni=1

C

i

` e chiuso.

Esercizio 1.3. Dimostrare il Teorema 1.2.

Sia (X, d) uno spazio metrico. Se Y ⊆ X, la restrizione d

Y

della

funzione distanza a Y × Y , cio` e alle coppie di punti x, y ∈ Y , ` e una

metrica su Y , detta metrica indotta da d su Y . Lo spazio metrico

(Y, d

Y

) ` e talvolta detto sottospazio metrico dello spazio (X, d). Se

(9)

y ∈ Y la palla aperta di centro y e raggio r > 0 nello spazio metrico Y ` e l’ insieme B

rY

(y) = {z ∈ Y : d(z, y) < r} ed ` e immediato allora vedere che B

rY

(y) = B

r

(y) ∩ Y , dove B

r

(y) = B

rX

(y) = {z ∈ X : d(z, y) < r}

`

e la palla aperta nello spazio metrico X.

Le relazioni tra le nozioni prima introdotte negli spazi metrici X e Y sono le seguenti.

Proposizione 1.2. Siano (X, d) uno spazio metrico, Y ⊆ X, (Y, d

Y

) il sottospazio metrico di X e A ⊆ Y .

i) A ` e aperto in Y se e solo se A = O ∩ Y con O aperto in X. In particolare se Y ` e aperto in X allora un sottoinsieme A ⊆ Y ` e aperto in Y se e solo se ` e aperto in X.

ii) A ` e chiuso in Y se e solo se A = C ∩ Y con C chiuso in X. In particolare se Y ` e chiuso in X allora un sottoinsieme A ⊆ Y ` e chiuso in Y se e solo se ` e chiuso in X.

iii) Siano A

Y

e A = A

X

le chiusure di A negli spazi Y , X rispetti- vamente. Allora A

Y

= A ∩ Y .

Dimostrazione. i) Siano O aperto di X, A = O ∩ Y e x ∈ A. Essendo O aperto in X e x ∈ O, esiste una palla (in X) B

rX

(x) ⊆ O e allora B

rY

(x) = B

Xr

(x) ∩ Y ⊆ O ∩ Y = A. Ne segue che x ` e interno ad A (nello spazio metrico Y ) e per l’ arbitrariet` a di x A ` e aperto.

Viceversa se A ` e aperto in Y , per ogni a ∈ A esiste r = r

a

> 0 tale che B

rY

(a) = B

Xr

(a) ∩ Y ⊆ A e quindi A = ∪

a∈A

B

rYa

(a) = ∪

a∈A

B

rXa

(a) ∩ Y = O ∩ Y dove O = ∪

a∈A

B

rXa

(a) ` e aperto in X, in quanto unione di aperti di X.

ii) Se C ` e un chiuso di X e A = C ∩ Y si ha che O = X \ C ` e aperto di X, e Y \ A = Y \ (C ∩ Y ) = Y \ C = Y ∩ O ` e aperto in Y , per quanto visto in i), perch´ e O ` e aperto in X. Viceversa se A ` e chiuso in Y allora Y \ A ` e aperto in Y , e per i) si ha che esiste O, aperto in X, tale che Y \ A = O ∩ Y ; ma allora, se C = X \ O, si ha che C ` e chiuso in X e A = Y ∩ C, come si vede subito.

iii) Per quanto visto in ii), A ∩ Y ` e chiuso in Y e contiene A, quindi contiene A

Y

e vale l’ inclusione A

Y

⊆ A ∩ Y . Se per` o x ∈ A ∩ Y , allora x ∈ Y e ogni suo intorno B

rX

(x) contiene punti di A = A ∩ Y , quindi ogni suo intorno B

rY

(x) = B

rX

(x) ∩ Y contiene punti di A e x ∈ A

Y

, quindi vale anche l’inclusione opposta A ∩ Y ⊆ A

Y

e allora

A ∩ Y = A

Y

. 

Esempio 1.5. Sia X = R

2

, con la metrica euclidea, e consideriamo il

sottospazio Y = {(x, y) : y = 0}, cio` e Y ` e l’ asse delle ascisse. Posto

A = {(x, y) : y = 0, −1 < x < 1}, si ha che A non ` e aperto in X,

perch´ e ogni palla centrata in un punto di A contiene punti (x, y) con

y 6= 0, quindi non appartenenti ad A. Ciononostante A ` e aperto in Y ,

perch´ e ` e intersezione della palla di centro (0, 0) e raggio 1 in R

2

con

(10)

Y , o direttamente perch´ e A = B

1Y

( (0, 0) ) ` e la palla di centro (0, 0) e raggio 1 nello spazio metrico Y .

Si noti che se (X, k.k) ` e uno spazio normato, ogni sottospazio vetto- riale Y ` e uno spazio normato, avente per norma la restrizione a Y della norma in X.

Se per` o A ` e un sottoinsieme qualsiasi di X, esso non ha in generale la struttura di spazio vettoriale e non ` e quindi uno spazio normato.

Ha tuttavia (come ogni sottoinsieme di uno spazio metrico) una struttura naturale di (sotto)spazio metrico con la metrica indotta dalla metrica naturale di X, cio` e la metrica indotta dalla norma. Quasi tutti gli spazi metrici che considereremo saranno di fatto spazi normati, i cui sottoinsiemi saranno esempi di spazi metrici senza in generale struttura vettoriale.

Se (X, d) ` e uno spazio metrico e A ⊆ X il diametro di A ` e definito da diam (A) = sup

x,y∈A

d(x, y) e pu` o eventualmente essere +∞. Un sottoinsieme A ` e detto limitato se il suo diametro ` e finito.

Esercizio 1.4. Dimostrare che A ` e limitato se e solo se ` e contenuto in una palla di X.

In particolare se X ` e uno spazio normato, A ⊆ X ` e limitato se e solo se esiste M > 0 tale che per ogni x ∈ A si ha kxk = d(x, 0) ≤ M .

Diremo che una propriet` a P(n), dipendente da n ∈ N, `e verificata definitivamente se ` e verificata per tutti i naturali n, eccettuati al pi´ u un numero finito di essi, cio` e se esiste M ∈ N tale che P(n) `e verificata per ogni n ≥ M .

Definizione 1.4. Sia (X, d) uno spazio metrico e sia {x

n

}

n∈N

una successione a valori in X.

Se x ∈ X si dice che {x

n

} converge a x per n → ∞, o che x

`

e il limite per n → ∞ della successione, e si scrive in tal caso

n→∞

lim x

n

= x, o x

n

→ x per n → ∞, se per ogni ε > 0 esiste M = M

ε

∈ N tale che per ogni n ≥ M si ha d(x

n

, x) < ε, cio` e x

n

∈ B

ε

(x) (ci` o equivale a richiedere che la successione reale d(x

n

, x) converga a zero in R). Equivalentemente x = lim

n→∞

x

n

se per ogni intorno I di x, i valori della successione sono definitivamente in I.

Come per le successioni reali si dimostra facilmente il Teorema 1.3.

• Se un limite della successione esiste, esso ` e unico.

• Se lim

n→∞

x

n

= x, allora per ogni sottosuccessione {x

kn

} si ha lim

n→∞

x

kn

= x.

• Se {x

n

} ` e convergente, allora ` e limitata, cio` e esistono M > 0,

x

0

∈ X tali che d(x

n

, x

0

) ≤ M per ogni n ∈ N.

(11)

Esercizio 1.5. Dimostrare il Teorema 1.3.

Teorema 1.4 (Continuit` a di distanza, norma, prodotto interno). Sia- no {x

n

}, {y

n

} successioni in uno spazio metrico X e supponiamo che x

n

→ x, y

n

→ y ( n → ∞).

a) La successione di numeri reali d(x

n

, y

n

) converge in R al numero reale d(x, y).

b) Se in particolare ( X, (. , .) ) ` e uno spazio con prodotto interno allora (x

n

, y

n

) converge a (x, y).

c) Se (X, k . k ) ` e uno spazio normato allora kx

n

k converge a kxk.

Dimostrazione. a) Per la propriet` a D4) (vedi Osservazione 1.4) si ha che

|d(x, y) − d(x

n

, y

n

)| = |d(x, y) − d(x, y

n

) + d(x, y

n

) − d(x

n

, y

n

)| ≤

|d(x, y) − d(x, y

n

)| + |d(x, y

n

) − d(x

n

, y

n

)| ≤ d(y, y

n

) + d(x, x

n

) e dato che d(y, y

n

) + d(x, x

n

) → 0 per n → ∞ si ha la tesi.

b) Essendo convergente, y

n

` e limitata, cio` e esiste M > 0 tale che ky

n

k ≤ M , e per le propriet` a del prodotto interno si ha che

|(x, y)−(x

n

, y

n

)| = |(x, y−y

n

)+(x−x

n

, y

n

)| ≤ |(x, y−y

n

)|+|(x−x

n

, y

n

)| ≤ kxk ky − y

n

k + kx − x

n

k ky

n

k ≤ (M + kxk)(kx − x

n

k + ky − y

n

k) Per ipotesi kx − x

n

k → 0, ky − y

n

k → 0, e si deduce facilmente la tesi.

c) ` E un caso particolare di a), prendendo y

n

= 0.  Come per le successioni reali si dimostra facilmente il

Teorema 1.5. Sia (X, k.k) uno spazio normato reale, siano {x

n

}, {y

n

} due successioni in X, convergenti rispettivamente a due vettori x, y ∈ X e sia {α

n

} una successione in R convergente a α ∈ R. Allora

a) lim

n→∞

(x

n

+ y

n

) = x + y.

b) lim

n→∞

α

n

x

n

= α x.

c) Se Y = R allora lim

n→∞

x

n

y

n

= x y.

Esercizio 1.6. Dimostrare il Teorema 1.5.

Una importante relazione tra i limiti di successioni e i concetti prima introdotti ` e data dal

Teorema 1.6 (Caratterizzazione di chiusura e chiusi). Sia E ⊆ X.

i) Un punto x appartiene alla chiusura E se e solo se esiste una successione {x

n

} a valori in E e convergente a x.

ii) E ` e chiuso se e solo se per ogni successione {x

n

} a valori in E

e convergente a x ∈ X, il limite x appartiene ad E.

(12)

Dimostrazione. i) ` E chiaro che se {x

n

} ⊆ E, x

n

→ x, allora x ∈ E, perch´ e ogni palla B

ε

(x) contiene punti di E, contenendo i valori della successione definitivamente. Viceversa se x ∈ E, ogni intorno di x contiene punti di E e in particolare per ogni n ∈ N esiste x

n

∈ B

1

n

(x)∩E. La successione {x

n

} cos´ı definita `e a valori in E per costruzione, e converge a x, dato che d(x

n

, x) <

1 n

.

ii) Se E ` e chiuso, si ha che E = E. Se {x

n

} `e a valori in E e converge a x, per quanto visto in i), si ha che x ∈ E = E.

Viceversa se ` e vera la propriet` a di appartenenza ad E dei limiti di successione a valori in E, si ha che E ⊆ E e quindi E ` e chiuso. Infatti se x ∈ E, per i) esiste una successione {x

n

} a valori in E e convergente a x, ma allora, per la propriet` a che si ipotizza, x ∈ E, e quindi E ⊆ E.

 In particolare se A ⊆ R `e un sottoinsieme dei numeri reali limitato inferiormente [ superiormente ], si ha che inf A ∈ A, [ sup A ∈ A ], e quindi esiste una successione {x

n

} ⊆ A tale che x

n

→ inf A [ x

n

→ sup A ] . Ogni successione di questo tipo `e detta successione minimizzante [successione massimizzante] per A. Analogamente se A non ` e limitato inferiormente [superiormente] si ha che inf A =

−∞ ∈ A [ sup A = +∞ ∈ A ] dove la chiusura `e ora nello spazio me- trico R

(vedi Esempio 1.3), e quindi esiste una successione {x

n

} ⊆ A tale che x

n

→ −∞ [ x

n

→ +∞ ].

Siano (X, d

X

), (Y, d

Y

) spazi metrici, A ⊆ X, x

0

∈ X punto di accumulazione di A e f : A → Y una funzione.

Un punto y

0

∈ Y `e il limite di f (x) per x che tende a x

0

, in simboli lim

x→x0, x∈A

f (x) = y

0

, se

∀ ε > 0 ∃ δ > 0 : ∀ x ∈ A : 0 < d

X

(x, x

0

) < δ =⇒ d

Y

(f (x), y

0

) < ε Si osservi che non ` e necessario che x

0

∈ A, e anche se f `e definita in x

0

pu` o accadere che f (x

0

) 6= lim

x→x0

f (x). Ci` o che importa ` e che f sia definita in punti vicini a x

0

, ed ` e per questo che si suppone che x

0

sia di accumulazione per A. Come per le successioni si vede subito che se il limite esiste esso ` e unico.

Siano (X, d

X

), (Y, d

Y

) spazi metrici, A ⊆ X, x

0

∈ A, f : A → Y una funzione. Si dice che f ` e continua in x

0

se

∀ ε > 0 ∃ δ = δ(ε, x

0

) > 0 : ∀ x ∈ A d

X

(x, x

0

) < δ =⇒ d

Y

(f (x), f (x

0

)) < ε

Dal confronto tra le definizioni di limite e di funzione continua si

deduce che se x

0

` e punto isolato di A allora ogni funzione f : A →

Y ` e continua in x

0

, perch´ e qualunque sia ε > 0 se δ > 0 ` e piccolo

d

X

(x, x

0

) < δ =⇒ x = x

0

e banalmente d

Y

(f (x

0

), f (x

0

) = 0 < ε;

(13)

viceversa se x

0

` e punto di accumulazione di A allora f ` e continua in x

0

se e solo se esiste lim

x→x0

f (x) = f (x

0

).

Vale la seguente relazione tra funzioni continue e limiti di successioni detto Teorema Ponte (tra i limiti di successione e quelli di funzione), la cui dimostrazione ` e analoga a quella del corrispondente teorema per funzioni reali di variabile reale.

Teorema 1.7. Siano X, Y spazi metrici, A ⊆ X, x

0

∈ A, e f : A → Y . i) Se f ` e continua in x

0

e {x

n

} ` e una successione in A tale che

x

n

→ x

0

allora lim

n→∞

f (x

n

) = f (x

0

). Viceversa:

ii) Se da ogni successione {x

n

} a valori in A che converge a x

0

` e possibile estrarre una sottosuccessione {x

kn

} tale che lim

n→∞

f (x

kn

) = f (x

0

) allora f ` e continua in x

0

.

Dimostrazione. i) Se f ` e continua in x

0

, dato ε > 0 esiste δ > 0 tale che per ogni x ∈ A, d

X

(x, x

0

) < δ =⇒ d

Y

(f (x), f (x

0

)) < ε. Se x

n

→ x

0

, in corrispondenza di questo δ > 0 esiste M ∈ N tale che se n ≥ M allora d(x

n

, x

0

) < δ e quindi d(f (x

n

), f (x

0

) < ε. Ne segue che lim

n→∞

f (x

n

) = f (x

0

).

ii) Per mostrare il viceversa mostreremo che se f non ` e continua in x

0

, esiste una successione x

n

→ x

0

dalla quale non ` e possibile estrarre alcuna sottosuccessione x

kn

per la quale f (x

kn

) → f (x

0

). Sia dunque f non continua in x

0

. Ci` o implica che esiste ε > 0 tale che per ogni n ∈ N esiste x

n

∈ A con d(x

n

, x

0

) <

n1

e d

Y

(f (x

n

), f (x

0

)) ≥ ε. Per ogni estratta x

kn

si ha quindi d

Y

(f (x

kn

), f (x

0

)) ≥ ε e quindi f (x

kn

)

non converge a f (x

0

). 

Teorema 1.8. Siano X uno spazio metrico e Y uno spazio normato su K, e siano f, g : X → Y , α : X → K funzioni continue in un punto x

0

∈ X. Allora le funzioni f + g , α f : X → Y sono continue in x

0

. Se Y = R allora la funzione f g `e continua in x

0

.

Dimostrazione . Il risultato si pu` o dimostrare direttamente, sulla fal- sariga del Teorema 1.5, oppure come conseguenza dello stesso e del

Teorema ponte. 

Come nel caso delle funzioni reali di variabile reale si dimostra il Teorema 1.9 (Teorema di composizione). Siano X, Y, Z spazi metrici, A ⊆ X, f : A → Y , g : f (A) → Z, x

0

∈ A. Se f ` e continua in x

0

e g

`

e continua in y

0

= f (x

0

), allora h = g ◦ f : A → Z ` e continua in x

0

. Esercizio 1.7. Dimostrare il Teorema 1.9

Se X, Y sono spazi metrici e f : X → Y ` e una funzione, si dice che f ` e continua (in X) se ` e continua in ogni punto di X.

Vale il seguente

(14)

Teorema 1.10. Siano X, Y spazi metrici e f : X → Y . f ` e continua se e solo se per ogni aperto [chiuso] V di Y , l’ insieme f

−1

(V ) ` e aperto [chiuso] in X.

Esercizio 1.8. Dimostrare il Teorema 1.10.

I concetti che abbiamo introdotto in questo paragrafo sono una diret- ta generalizzazione di concetti e propriet` a familiari per gli spazi euclidei R

N

e le applicazioni tra essi.

In R

N

tuttavia alcune definizioni possono essere equivalentemente in- trodotte ”per componenti”. Infatti dalla disuguaglianza (1.6) si ricava facilmente il

Teorema 1.11. [Limiti per componenti]

• Una successione {x

n

} ⊆ R

N

converge a x ∈ R

N

se e solo se per ogni i = 1, . . . , N le successioni delle componenti, x

in

, convergono alla componente x

i

.

• Se X ` e uno spazio metrico, f = (f

1

, . . . , f

N

) : X → R

N

` e una funzione a valori in R

N

, e x

0

∈ X, si ha che lim

x→x0

f (x) = y ∈ R

N

se e solo se per ogni i = 1, . . . , N le funzioni componenti f

i

: X → R soddisfano lim

x→x0

f

i

(x) = y

i

.

• Se X ` e uno spazio metrico, f = (f

1

, . . . , f

N

) : X → R

N

` e una funzione a valori in R

N

, e x

0

∈ X, si ha che f ` e continua (in x

0

) se e solo se ogni componente f

i

: X → R `e continua (in x

0

).

Esercizio 1.9. Dimostrare il Teorema 1.11.

Il calcolo di limiti di funzioni vettoriali di una variabile (o successioni a valori in R

N

) ` e quindi immediato conoscendo i limiti di funzioni (o successioni) reali.

Ad esempio lim

n→∞

(n sin(

n1

), (1 +

2n

)

n

) = (1, e

2

).

In particolare il calcolo delle derivate di funzioni di una variabile a valori in R

N

` e immediato dopo aver dato la seguente definizione, del tutto analoga a quella della derivata di una funzione a valori reali.

Definizione 1.5. Sia f = (f

1

, . . . , f

N

) : I = (a, b) → R

N

una funzione definita su un intervallo aperto I ⊂ R a valori in R

N

. Se t ∈ I si dice che f ` e derivabile in t se esiste (in R

N

) il

f

0

(t) =

dfdt

(t) := lim

h→0 f (t+h)−f (t)

h

.

In tal caso f

0

(t) ` e la derivata o vettore derivata di f in t.

Se invece I = [a, b] ` e un intervallo chiuso e limitato gli eventuali vettori derivata destra in a e sinistra in b si definiscono in modo analogo prendendo limiti destri e sinistri rispettivamente.

Dal precedente teorema si ricava subito il

Teorema 1.12 (Derivate per componenti). La funzione f = (f

1

, . . . , f

N

) :

I = (a, b) → R

N

` e derivabile in t ∈ I se e solo se ogni componente f

i

(15)

`

e derivabile in t. In tal caso f ` e continua in t e f

0

(t) = (f

1

)

0

(t), . . . , (f

N

)

0

(t) 

Ad esempio se f (t) = (e

t2

, sin

2

(t)) si ha che f

0

(t) = (2te

t2

, 2 sin(t) cos(t)) per ogni t ∈ R.

Densit` a, separabilit` a

Definizione 1.6. Sia (X, d) uno spazio metrico. Un sottoinsieme A ` e detto denso (in X) se A = X.

Lemma 1.2. A ` e denso in X se e solo se per ogni aperto non vuoto O di X l’ intersezione A ∩ O ` e non vuota (o se e solo se per ogni palla B = B

r

(x), x ∈ X, r > 0, l’ intersezione A ∩ B ` e non vuota.)

Dimostrazione . Se x ∈ X si ha che x ∈ A se e solo se ogni intorno di x contiene punti di A. Quindi A ` e denso in X se e solo se ogni intorno di ogni punto di X contiene punti di A o ancora se e solo se ogni palla centrata in un punto qualsiasi di X contiene punti di A; dato che un aperto O ` e intorno di ogni suo punto si conclude facilmente.  Quindi A ` e denso se ogni punto dello spazio ` e approssimabile con distanza piccola a piacere da un elemento di A : ∀ x ∈ X , ∀ ε >

0 ∃a ∈ A : d(x, a) < ε.

Pi´ u in generale se A ⊆ B ⊆ X si dice che A ` e denso in B se A

`

e denso nel sottospazio metrico B di X; dato che A

B

= A ∩ B, ci` o equivale a dire che A ∩ B = B, e quindi che B ⊆ A, cio` e che ogni elemento b ∈ B ` e approssimabile ”a piacere” con un elemento a ∈ A:

A ` e denso in B se e solo se ∀ b ∈ B , ∀ ε > 0 ∃a ∈ A : d(a, b) < ε Per il Teorema 1.6 (i) A ` e denso in B se e solo se per ogni b ∈ B esiste una successione {a

n

} ⊆ A che converge a b.

Se B ` e denso in X e A ` e denso in B allora A ` e denso in X.

Infatti se A ` e denso in B si ha che B ⊆ A, quindi essendo A chiuso si ha che B ⊆ A. Per la densit` a di B in X si ha poi che B = X e quindi A = X, cio` e A ` e denso in X.

Questa propriet` a ` e molto usata, nel senso che se si conosce gi` a un sottoinsieme B denso in uno spazio metrico X e si vuole dimostrare che un altro sottoinsieme A ` e denso, basta mostrare che A ` e denso in B.

Definizione 1.7. Uno spazio metrico (X, d) ` e detto separabile se esiste un suo sottoinsieme A ⊂ X che sia numerabile e denso in X.

Esempio 1.6. Se N ≥ 1 gli spazi R

N

sono separabili.

Infatti l’ insieme Q dei numeri razionali `e numerabile e denso in

R. L’ insieme Q

N

` e numerabile in quanto prodotto cartesiano di un

numero finito di insiemi numerabili. Inoltre per ogni x ∈ R

N

esiste

(16)

una successione q

n

∈ Q

N

che converge a x (come segue facilmente dalla densit` a di Q in R e dalle disuguaglianze 1.6) e quindi Q

N

` e denso in R

N

.

Teorema 1.13. Sia (X, d) uno spazio metrico separabile e sia Y ⊆ X.

Allora Y ` e separabile (come spazio metrico con la metrica indotta).

Dimostrazione. Per ipotesi esiste un sottoinsieme Q = {q

n

}

n∈N

⊂ X, numerabile e denso in X. Per ogni numero razionale r e naturale n tali che B

r

(q

n

) ∩ Y 6= ∅ si scelga un elemento y = y

r,n

∈ B

r

(q

n

) ∩ Y . Il sottoinsieme S = {y

r,n

} cos´ı costruito `e numerabile ed `e denso in Y , cio` e Y ⊆ S: ∀ y ∈ Y , ∀ ε > 0 ∃ s ∈ S : d(y, s) < ε. Infatti sia y ∈ Y e sia r razionale con 0 < r < ε. Essendo Q denso in X esiste q

n

∈ Q tale che d(q

n

, y) <

r2

, e essendo B

r

2

(q

n

) ∩ Y 6= ∅ esiste y

r

2,n

∈ Y con d(y

r

2,n

, q

n

) <

r2

. Si ha allora che d(y, y

r

2,n

) ≤ d(y, q

n

) + d(q

n

, y

r

2,n

) <

r

2

+

r2

= r < ε. 

In particolare ogni sottoinsieme S ⊆ R

N

` e separabile.

Connessione

Definizione 1.8. Sia (X, d

X

) uno spazio metrico e sia E ⊆ X. Una curva continua in E ` e un’ applicazione continua α : I → E definita su un intervallo I ⊆ R (con la metrica indotta dalla metrica euclidea su R). L’ immagine α(I) `e detta sostegno della curva. Se I = [a, b]

`

e un intervallo compatto si parla di arco continuo e i punti x = α(a), y = α(b) sono gli estremi dell’ arco (rispettivamente punto iniziale e punto finale).

Se X ` e uno spazio vettoriale normato, x ∈ X, v ∈ X \ {0}, il pi` u semplice esempio di curva ` e la retta passante per x di direzione v:

` e la funzione α(t) = x+t v, t ∈ R. La restrizione di questa applicazione all’ intervallo [0, ∞) ` e la semiretta di origine x e direzione v, mentre la restrizione a un intervallo [0, t

0

] ha per immagine un segmento che va da da x a y = α(t

0

). Lo stesso insieme ` e sostegno di altri archi e se x, y ∈ X definiremo segmento di estremi x e y l’ arco continuo di estremi x e y γ : [0, 1] → X definito da γ(t) = (1 − t) x + t y, la cui immagine sar` a pure chiamata segmento di estremi x, y e denotata con il simbolo [x, y].

Definizione 1.9. Un sottoinsieme E di uno spazio normato X ` e detto convesso se dati due punti p, q ∈ E il segmento [p, q] ` e contenuto in E.

Un esempio di sottoinsieme convesso ` e una palla aperta (o chiusa);

se p, q ∈ B

r

(x) e z = (1 − t) p + t q si ha che kz − xk = k(1 − t) (p −

x) + t (q − x)k ≤ (1 − t)kp − xk + t kq − xk < (1 − t)r + tr = r.

(17)

Definizione 1.10. Un sottoinsieme aperto A di uno spazio normato X ` e detto connesso(per archi) se per ogni coppia di punti x, y ∈ E esiste un arco continuo α : [a, b] → E di estremi x e y.

Ad esempio un aperto convesso in uno spazio normato ` e connesso per archi.

Intuitivamente un insieme connesso ` e un insieme ”fatto di un solo pezzo”.

Approfondiremo il concetto di connessione nel capitolo sulle curve.

Compattezza

Definizione 1.11. Un sottoinsieme K di uno spazio metrico X ` e detto sequenzialmente compatto o compatto per successioni se da ogni successione {x

n

} a valori in K si pu` o estrarre una sottosuccessione {x

kn

} convergente a un punto di K.

Nel seguito diremo semplicemente che un sottoinsieme K ` e compat- to anzich´ e sequenzialmente compatto o o compatto per succes- sioni.

Un sottoinsieme E di X ` e detto precompatto se E ` e compatto.

Teorema 1.14. Sia X uno spazio metrico.

a) Se K ⊂ X ` e compatto allora K ` e chiuso e limitato.

b) Se X ` e compatto e K ⊂ X ` e chiuso allora K ` e compatto.

Dimostrazione. a) Sia K compatto. Per mostrare che esso ` e chiuso dobbiamo mostrare che per ogni successione {x

n

} a valori in K e con- vergente a x ∈ X, il limite x appartiene ad K. Per ipotesi si pu` o estrarre una sottosuccessione {x

kn

} convergente a un punto y di K, ma dato che {x

n

} converge a x si ha che x = y ∈ K.

Se K non fosse limitato per ogni n ∈ N esisterebbe x

n

∈ K con kx

n

k > n. e da ci` o ` e immediato che lim

n→∞

kx

n

k = +∞. Dalla successione x

n

non ` e possibile estrare alcuna sottosuccessione conver- gente a un punto x ∈ K, perch´ e si avrebbe kxk = lim

n→∞

kx

n

k = +∞, e ci` o ` e assurdo perch´ e per ipotesi K ` e compatto.

b) Sia X compatto e K ⊂ X chiuso, e sia {x

n

} una successione in K.

Dobbiamo mostrare che si pu` o estrarre una sottosuccessione conver- gente a un punto di K. Per ipotesi si pu` o estrarre una sottosuccessione {y

n

} = {x

kn

} convergente a un punto x ∈ X, ma essendo {y

n

} a valori in K e K chiuso, il limite x ∈ K, quindi esiste una estratta {x

kn

} convergente a un punto di K.

 Sia f : X → Y un’ applicazione tra due spazi metrici. Si dice che f

`

e uniformemente continua se

∀ ε > 0 ∃ δ = δ(ε) > 0 : ∀ x, y ∈ X d

X

(x, y) < δ =⇒ d

Y

(f (x), f (y)) < ε

(18)

Per definizione di limite si ha che f : X → Y ` e uniformemente continua se e solo se

lim

δ→0

{ sup

x,y∈X , dX(x,y)<δ

(d

Y

(f (x), f (y))} = 0

Alcune propriet` a fondamentali dei compatti sono illustrate nel se- guente

Teorema 1.15.

(1) K ⊆ R

N

` e compatto se e solo se ` e chiuso e limitato.

(2) Se X, Y sono spazi metrici, f : X → Y ` e continua, e K ⊆ X

`

e compatto, allora f (K) ` e un sottoinsieme compatto di Y . (3) ( Teorema di Weierstrass) Se X ` e uno spazio metrico, K ⊆ X

` e compatto e f : X → R `e continua, allora f ha massimo e minimo assoluto in K: esistono x

1

, x

2

∈ K tali che f (x

1

) ≤ f (x) ≤ f (x

2

) ∀ x ∈ K.

(4) (Teorema di Heine-Cantor) Se X, Y sono spazi metrici, f : X → Y ` e continua, e K ⊆ X ` e compatto, allora f ` e uniforme- mente continua in K.

(5) Se X, Y sono spazi metrici, K ⊆ X ` e compatto e f : K → Y

`

e continua e iniettiva, allora (f (K) ` e un sottoinsieme compatto di Y e) f

−1

: f (K) → K ` e continua.

Dimostrazione. (1) Se K ` e compatto esso ` e chiuso, segue subito dal- la caratterizzazione dei chiusi. Se K non ` e limitato esiste una successione x

n

in K tale che lim

n

kx

n

k = +∞, e da tale succes- sione non si pu` o estrarre alcuna sottosuccessione convergente (perch´ e la norma convergerebbe in R).

Viceversa per mostrare che C chiuso e limitato ` e compat- to (Teorema di Bolzano-Weierstrass in R

N

), osserviamo che C

`

e in tal caso un sottoinsieme chiuso di un N -intervallo J = Q

N

i=1

[a

i

, b

i

] e basta dimostrare che un tale intervallo J ` e compat- to. Se x

n

= (x

1n

, . . . , x

Nn

) ` e una successione in J , per il teorema di Bolzano-Weierstrass in R esiste una sottosuccessione x

k1(n)

tale che x

1k

1(n)

converge a x

1

∈ [a

1

, b

1

], da questa si pu` o estrar- re una sottosuccessione x

k2(n)

tale che x

2k

2(n)

→ x

2

∈ [a

2

, b

2

], . . . , e alla fine si ottiene una sottosuccessione convergente a x = (x

1

, . . . , x

N

) ∈ J perch´ e le sue componenti convergono alle componenti di x.

(2) Sia y

n

una successione in f (K) e x

n

una successione in K tale che f (x

n

) = y

n

. Essendo K compatto si pu` o estrarre una sot- tosuccessione x

kn

→ x ∈ K e per la continuit` a di f si ha che f (x

kn

) → f (x) ∈ f (K).

(3) ` E una conseguenza dei precedenti punti: f (K) ` e compatto,

quindi chiuso e limitato. Ne segue che sup f (K) ` e finito, e

appartiene a f (K) essendo nella chiusura di f (K) come si vede

(19)

facilmente (esiste una successione x

n

in K tale che lim

n

f (x

n

) = sup f (K)), analogamente per l’ estremo inferiore.

(4) Per assurdo esiste ε > 0 tale che per ogni δ =

1n

esistono punti x

n

, y

n

∈ K con d(x

n

, y

n

) ≤

n1

e d(f (x

n

), f (y

n

)) ≥ ε > 0 ∀ n.

Dalla successione x

n

si pu` o estrarre una sottosuccessione x

kn

convergente a x ∈ K, e quindi, essendo d(x

n

, y

n

) ≤

n1

, per la disuguaglianza triangolare anche y

kn

converge a x.

Per la continuit` a di f le successioni f (x

kn

) e f (y

kn

) conver- gono entrambe a f (x), contraddicendo la relazione

d(f (x

n

), f (y

n

)) ≥ ε > 0 ∀ n.

(5) Per il Teorema ponte dobbiamo mostrare che se y = f (x) ∈ f (K) e y

n

= f (x

n

) ` e una successione in f (K) che converge a y, allora una estratta della successione x

n

= f

−1

(y

n

) converge a x = f

−1

(y).

Per la compattezza di K dalla successione x

n

si pu` o estrarre una sottosuccessione x

kn

convergente a z ∈ K, e per la conti- nuit` a di f si ha che f (z) = lim

n

f (x

n

) = lim

n

y

n

= y, e quindi z = f

−1

(y) = x e x

kn

= f

−1

(y

kn

) converge a x = f

−1

(y).



Definizione 1.12. Sia f : X → Y una funzione tra due spazi metrici.

Si dice che f ` e Lipschitziana se esiste L > 0 (costante di Lipschitz per f ) tale che per ogni a, b ∈ X si ha d

Y

(f (a), f (b)) ≤ L d

X

(a, b).

Se f ` e Lipschitziana la pi´ u piccola costante L per la quale la relazione precedente ` e verificata ` e detta migliore costante di Lipschitz per f e indicata con il simbolo Lip (f ):

Lip (f ) = sup{

dY(f (a),f (b))

dX(a,b)

: a, b ∈ X, a 6= b}.

E immediato vedere che se f ` ` e Lipschitziana con costante L allora f ` e uniformemente continua: la definizione di uniforme continuit` a

`

e verificata con δ(ε) =

Lε

.

Definizione 1.13. Sia (X, d) uno spazio metrico e sia A un sottoin- sieme non vuoto di X. La funzione distanza da A ` e la funzione d

A

: X → [0, +∞) definita da d

A

(y) = d(y, A) = inf{d(x, y) : x ∈ A}. Se A, B sono sottoinsiemi non vuoti di X la distanza tra A e B ` e il numero reale non negativo definito da d(A, B) = inf{d(x, y) : x ∈ A, y ∈ B}.

Lemma 1.3. Sia X uno spazio metrico e siano A, B sottoinsiemi non vuoti di X.

i) La funzione d

A

` e Lipschitziana (con costante di Lipschitz 1), quindi uniformemente continua.

ii) d

A

(y) = 0 se e solo se y ∈ A.

iii) d(A, B) = inf{d

A

(y) : y ∈ B} = inf{d

B

(x) : x ∈ A}

(20)

Dimostrazione. i) Siano y, z ∈ X, x ∈ A. Per la disuguaglian- za triangolare si ha che d(x, y) ≤ d(x, z) + d(z, y) e prendendo l’

estremo inferiore al variare di x ∈ A al primo membro si ottiene d

A

(y) ≤ d(x, z) + d(z, y) per ogni x ∈ A, z ∈ X. Prendendo ora l’

estremo inferiore al secondo membro si ha: d

A

(y) ≤ d

A

(z) + d(z, y) e quindi d

A

(y) − d

A

(z) ≤ d(z, y) Scambiando i ruoli di y e z, essen- do d(y, z) = d(z, y) si ottiene d

A

(y) − d

A

(z) ≤ d(z, y) e quindi infine

|d

A

(y) − d

A

(z)| ≤ d(y, z) e allora d

A

` e Lipschitziana con costante di Lipschitz L = 1.

ii) Se y ∈ A, per la Proposizione 2.3 esiste una successione y

n

a valori in A che converge a y, quindi d

A

(y) ≤ d(y, y

n

) → 0 e d

A

(y) = 0. Vice- versa se d

A

(y) = inf{d(x, y) : x ∈ A} = 0 per le propriet` a dell’ estremo inferiore per ogni n ∈ N

+

esiste y

n

∈ A tale che d(y, y

n

) <

n1

. ` E chiaro che y

n

→ y per n → ∞ e allora y ∈ A essendo limite di una successione a valori in A.

iii) Se x ∈ A, y ∈ B si ha che d(A, B) = inf{d(x, y) : x ∈ A, y ∈ B} ≤ d(x, y). Prendendo l’ estremo inferiore al variare di x ∈ A nel secondo membro si ottiene che d(A, B) ≤ d

A

(y) per ogni y ∈ B.

Prendendo l’ estremo inferiore al variare di y ∈ B si ha infine che d(A, B) ≤ inf{d

A

(y) : y ∈ B}.

Per mostrare la disuguaglianza inversa ricordiamo che per le pro- priet` a dell’ estremo inferiore, dato ε > 0, esistono x ∈ A, y ∈ B tali che d(x, y) < d(A, B) + ε. Prendendo prima l’ estremo inferiore al va- riare di X ∈ A e poi l’ estremo inferiore al variare di y ∈ B si ottiene inf{d

A

(y) : y ∈ B} ≤ d(A, B) + ε e per l’ arbitrariet` a di ε > 0 ` e quindi inf{d

A

(y) : y ∈ B} ≤ d(A, B), che insieme alla disuguaglianza prece- dente d` a d(A, B) = inf{d

A

(y) : y ∈ B}. Analogamente si ottiene che

d(A, B) = inf{d

B

(x) : x ∈ A}. 

Una conseguenza del precedente lemma ` e il seguente teorema, per il quale premettiamo una definizione.

Definizione 1.14. Sia X uno spazio metrico e sia g : X → R una funzione continua. Il supporto di g ` e la chiusura in X dell’ in- sieme dei punti di X nei quali la funzione non ` e nulla: supp g = {x ∈ X : g(x) 6= 0}.

Teorema 1.16. Siano C, K, A sottoinsiemi di uno spazio metrico X.

i) Se C ` e chiuso, K ` e compatto e C ∩ K = ∅ allora d(C, K) > 0.

ii) Se K ` e compatto, A ` e aperto e K ⊆ A, esistono un aperto B e una funzione continua g : X → [0, 1] tali che K ⊂ B ⊂ B ⊂ A, g(x) = 1 ∀ x ∈ K, e supp g ` e contenuto in B ⊂ A (quindi g(x) = 0 ∀ x / ∈ A).

Se inoltre X = R

N

si pu` o prendere l’ aperto B a chiusura

compatta B, e quindi supp g ⊆ B ` e un compatto contenuto in

A.

(21)

Dimostrazione. i) Per quanto visto nel lemma precedente la funzione d

C

` e continua in X e essendo K compatto essa ha minimo in K: esiste a ∈ K tale che d

C

(a) = inf{d

C

(y) : y ∈ K} = d(C, K). Dato che C ` e chiuso e a / ∈ C si ha che a / ∈ C = C e quindi d(C, K) = d

C

(a) > 0.

ii) Posto C = A

c

= X \ A si ha che K e C sono disgiunti, K ` e compatto e C ` e chiuso, quindi d(C, K) = d > 0. Definiamo B = {x ∈ X : d

K

(x) <

d2

} e sia D = B

c

= {x ∈ X : d

K

(x) ≥

d2

}. Essendo d

K

continua e D = d

−1K

([

d2

, +∞)), si ha che D ` e chiuso. Definiamo la funzione g(x) =

d(x,D)+d(x,K)d(x,D)

.

Essa ` e continua in X perch´ e il denominatore non si annulla mai. Se x ∈ K ` e d(x, D) ≥

d2

e g(x) =

d(x,D)d(x,D)

= 1, mentre se x ∈ D ` e d(x, D) = 0 e quindi g(x) = 0. Ne segue che {x ∈ X : g(x) 6= 0} ⊆ B = D

c

e allora supp g = {x ∈ X : g(x) 6= 0} ⊆ B. Inoltre se x ∈ B allora d

K

(x) ≤

d2

, quindi {x ∈ X : d

K

(x) >

d2

} ⊆ [B]

c

. Ci` o implica che B ⊂ A perch´ e C = A

c

⊂ [B]

c

: se x ∈ C = A

c

allora d

K

(x) ≥ d e quindi x ∈ {x ∈ X : d

K

(x) >

d2

} ⊆ [B]

c

.

Se poi X = R

N

e K ` e compatto, allora K ` e chiuso e limitato e si verifica subito che B ` e pure limitato, dunque B ` e compatto, essendo chiuso e limitato. Essendo supp g chiuso e contenuto nel compatto B

esso ` e compatto. 

Torneremo nel capitolo sulle curve su alcuni concetti, in particola- re sui concetti di connessione e compattezza, approfondendo alcune propriet` a relative.

Completezza, Spazi di Banach e Hilbert

Definizione 1.15. Una successione {x

n

}

n∈N

in uno spazio metrico X

`

e detta successione di Cauchy o fondamentale se per ogni ε > 0 esiste N = N

ε

∈ N tale che per ogni n, m ≥ N si ha d(x

n

, x

m

) < ε.

Talvolta si esprime questa condizione scrivendo lim

n,m→∞

d(x

n

, x

m

) = 0.

Lemma 1.4. Se {x

n

}

n∈N

` e una successione in X convergente a un punto x ∈ X allora ` e una successione ` e di Cauchy.

Dimostrazione. Per definizione di limite di successione se ε > 0 esiste N ∈ N tale che se n ≥ N si ha d(x

n

, x) <

ε2

. Se ora n, m ≥ N per la disuguaglianza triangolare si ha d(x

n

, x

m

) ≤ d(x

n

; x) + d(x, x

m

) <

ε

2

+

ε2

= ε. 

Il viceversa non ` e in generale vero. Ad esempio se {x

n

}

n∈N

` e una suc-

cessione in Q, convergente in R a un numero irrazionale x (ad esempio

(1 +

n1

)

n

che converge al numero e), per il lemma precedente essa ` e

una successione di Cauchy in R e quindi anche nel sottospazio metrico

Q. D’ altra parte essa non converge in Q a un numero y, perch´ e per

(22)

la densit` a di Q in R convergerebbe a y anche in R e per l’unicit`a del limite si avrebbe y = x, irrazionale che non appartiene a Q.

Definizione 1.16. Uno spazio metrico (X, d) ` e detto spazio metrico completo se ogni successione di Cauchy in X converge a un elemento di X.

Vale la seguente relazione per i sottospazi metrici di spazi completi.

Teorema 1.17. Sia X uno spazio metrico completo e sia E un sot- toinsieme di X. Il sottospazio metrico E (con la metrica indotta da X) ` e completo se e solo se E ` e chiuso in X.

Dimostrazione. Sia E chiuso in X e sia {x

n

} una successione di Cauchy in E. Per la completezza di X la successione converge a un elemento x ∈ X, e essendo E chiuso, per la Proposizione 2.3 ii) x ∈ E. Quindi la successione converge in E, che ` e allora completo.

Viceversa supponiamo che E sia completo come sottospazio metrico e sia {x

n

} una successione in E che converge a un elemento x ∈ X. Se mostriamo che x ∈ E, ancora per la Proposizione 2.3 ii) otterremo che E ` e chiuso in X.

Dato che {x

n

} converge in X, essa `e di Cauchy in X e quindi in E.

Per la completezza di E, {x

n

} converge in E a un elemento y ∈ E. Ma allora {x

n

} converge a y anche in X, e per l’unicit` a del limite si ha

x = y ∈ E. 

Il noto Criterio di Cauchy per le successioni reali mostra che R con la metrica usuale ` e uno spazio completo. Un modo per dimostrare il criterio di Cauchy in R `e il seguente.

Innanzitutto dimostriamo due utili lemmi generali.

Lemma 1.5. Sia {x

n

} una successione di Cauchy in uno spazio me- trico (X, d). Allora {x

n

} ` e limitata.

Dimostrazione. Prendiamo ε = 1 nella definizione di successione di Cauchy, e sia n

1

∈ N tale che per ogni n, m ≥ 1 si ha d(x

n

, x

m

) < 1. Po- sto M = max

i=1,...,n1−1

d(x

i

, x

n1

), per ogni n ∈ N si ha che d(x

n

, x

n1

) <

M + 1, e quindi {x

n

} ⊆ B

M +1

(x

n1

) e la successione ` e limitata.  Lemma 1.6. Sia {x

n

} una successione di Cauchy in uno spazio metri- co X e supponiamo che esista una sottosuccessione {x

kn

} convergente a un elemento x ∈ X. Allora la successione {x

n

} converge a x.

Dimostrazione. Sia ε > 0. Per ipotesi esistono N

1

e N

2

tali che se n, m ≥ N

1

si ha d(x

n

, x

m

) <

2ε

, mentre se n ≥ N

2

si ha d(x

kn

, x) <

2ε

. Se ora N = max{N

1

, N

2

} e n ≥ N , essendo m = k

n

≥ n per ogni n (per definizione di sottosuccessione), si ha che d(x

n

, x) ≤ d(x

n

, x

kn

) + d(x

kn

, x) <

ε2

+

ε2

= ε. Per l’ arbitrariet` a di ε si ha che {x

n

} converge

a x. 

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