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Storia del pensiero politico — Portale Docenti - Università  degli studi di Macerata

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(1)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 1

I SEMESTRE

(2)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

STORIA COSTITUZIONALE L’ambito disciplinare

Alle origini:

Storia delle dottrine politiche

(1924)

(3)

STORIA COSTITUZIONALE L’ambito disciplinare

Oggi:

Storia del pensiero politico

Storia delle idee politiche

Storia delle ideologie

(4)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

STORIA COSTITUZIONALE L’oggetto di studio

Alle origini:

Le dottrine politiche:

“Concezioni sistematiche della politica

finalizzate all’attività pratica”

(5)

STORIA COSTITUZIONALE L’oggetto di studio

Oggi:

Anche le forme non sistematiche di elaborazione intellettuale sulla

politica

(6)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

STORIA COSTITUZIONALE L’oggetto di studio

Oggi:

Le grandi concezioni filosofiche Le elaborazioni degli autori minori

Le costruzioni ideologiche e propagandistiche La produzione giornalistica

Le mentalità collettive

(7)

STORIA COSTITUZIONALE L’oggetto di studio

Oggi:

Il rapporto tra le costruzioni intellettuali e il contesto politico,

sociale ed economico

(8)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

STORIA COSTITUZIONALE L’oggetto di studio

Oggi:

Il vocabolario della politica

e le sue forme di comunicazione

pubblica

(9)

STORIA COSTITUZIONALE L’oggetto di studio

Oggi:

Storia del pensiero politico

Storia dei linguaggi e dei discorsi politici

(10)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

STORIA COSTITUZIONALE L’oggetto di studio

La svolta linguistica:

Consapevolezza che «ogni società e ogni cultura incarna sistemi di significato che

vengono costituiti dalla lingua,

indipendentemente dagli uomini che ne fanno

uso e in un certo senso alle loro spalle»

(11)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 2

I SEMESTRE

(12)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

STORIA COSTITUZIONALE Il tema del corso

I dilemmi della democrazia

(13)

STORIA COSTITUZIONALE John Dunn:

“Democrazia” è «una parola nata per caso, con alle spalle una storia fatta di

luci e di ombre, che in tempi abbastanza recenti è giunta a

dominare l’immaginario politico del

mondo intero»

(14)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

STORIA COSTITUZIONALE Edoardo Greblo:

«La democrazia può essere considerata come il luogo per eccellenza della

politica;più di ogni altra parola-chiave del vasto lemmario della politica, essa

identifica il nostro mondo, non solo politico, vera carta d’identità

dell’Occidente»

(15)

STORIA COSTITUZIONALE John Rawls:

“La storia del pensiero democratico degli ultimi due secoli dimostra chiaramente che non c’è, oggi, un accordo sul modo in

cui si dovrebbero organizzare le istituzioni di base di una democrazia costituzionale, se si vuole soddisfino equi termini di

cooperazione fra cittadini considerati liberi ed eguali. Lo dimostrano le profonde controversie sulla miglior maniera di

esprimere i valori di libertà e uguaglianza nei diritti e nelle libertà fondamentali dei cittadini, rispondendo sia all’esigenza

della prima sia a quella della seconda”

(16)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

STORIA COSTITUZIONALE John Rawls:

«Questo dissenso può essere considerato un conflitto interno alla tradizione dello stesso pensiero democratico: da una parte c’è la corrente, associata al nome di Locke, che privilegia quelle

che Constant chiamava “libertà dei moderni” – la libertà di pensiero e di coscienza, certi diritti fondamentali della persona

e della proprietà, il governo della legge; dall’altra c’è quella, associata al nome di Rousseau, che privilegia quelle che Constant chiamava “libertà degli antichi” – le uguali libertà

politiche e i valori della vita pubblica»

(17)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 3

I SEMESTRE

(18)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

STORIA COSTITUZIONALE La democrazia degli Antichi

V secolo a.C.: nasce il termine Demokratia (demos + kratos) =

governo del popolo o

governo esercitato dal popolo

(19)

STORIA COSTITUZIONALE La democrazia degli Antichi

In precedenza:

Eunomia o isonomia =

buon ordine civile

(20)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Forma di governo democratico ad Atene nel V secolo

•Primato dell’assemblea

•Diritto di parola e di proposta attribuito a tutti i cittadini

•Estrazione a sorte delle cariche pubbliche

•Alternanza dei governanti

•Obbligo di rendiconto pubblico dei governanti

(21)

Erodoto (484-430 a.C.), Storie

Otane: “A me sembra opportuno che nessuno di noi divenga più monarca, poiché non è cosa né piacevole né conveniente

(…) Come potrebbe essere una cosa ben ordinata la

monarchia, cui è lecito far ciò che vuole senza doverne rendere conto? Perché il potere monarchico allontanerebbe dal suo solito modo di pensare anche il migliore degli uomini, una volta

giunto a tale autorità. Dai beni presenti gli viene infatti l’arroganza, mentre sin dalle origini è innata in lui l’invidia…

Dirò ora la cosa più grave: egli sovverte le patrie usanze e violenta donne e manda a morte senza giudizio…”

(22)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Erodoto (484-430 a.C.), Storie

“…Il governo popolare, invece, anzitutto ha il nome più bello di tutti, l’eguaglianza dinanzi alla legge; in secondo

luogo niente fa di quanto fa il monarca, poiché a sorte esercita le magistrature, ha un potere soggetto a controllo e presenta tutti i decreti all’assemblea generale. Io dunque

propongo di abbandonare la monarchia e di elevare il popolo a potere, perché nella massa sta ogni potenza; nel

molto c’è infatti il tutto”.

(23)

Erodoto (484-430 a.C.), Storie

Megabizo: “…Niente è più privo di intelligenza, né più insolente di una moltitudine buona a nulla. Certo, è cosa assolutamente intollerabile che per fuggire l’insolenza di un monarca gli uomini cadano nell’insolenza di una moltitudine

sfrenata. Quello infatti se fa qualcosa la fa a ragion veduta, questa invece non ha neppure capacità di discernimento : e come potrebbe avere discernimento chi né ha imparato da altri

né conosce da sé niente di buono, e sconvolge le cose,

affrontandole senza senso, simile a un torrente impetuoso…”

(24)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Erodoto (484-430 a.C.), Storie

“…Della democrazia facciano dunque uso quelli che vogliono male ai Persiani; noi invece, scelto un gruppo

degli uomini migliori, a questi affidiamo il potere; fra

questi ci saremo anche noi, ed è probabile che dagli

uomini migliori derivino le migliori deliberazioni”.

(25)

Erodoto (484-430 a.C.), Storie

Dario: “…Offrendoci tre forme di governo ed essendo tutte, a parole, ottime, la democrazia e l’oligarchia e la monarchia, io affermo che quest’ultima è di molto

migliore. Niente potrebbe apparire migliore di un uomo solo che sia ottimo, e valendosi del suo senno

egli potrebbe guidare in modo perfetto il popolo, e così soprattutto potrebbero essere tenuti segreti i

provvedimenti contro i nemici…”

(26)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Erodoto (484-430 a.C.), Storie

Dario: “…Nell’oligarchia invece ai molti che

impiegano le loro qualità nell’amministrazione dello stato sogliono capitare gravi inimicizie personali, perché, volendo ciascuno essere il primo e prevalere con i suoi pareri, vengono a grandi inimicizie fra loro, e da queste nascono discordie, e dalle discordie stragi,

e dalle stragi si passa alla monarchia, e con ciò si

dimostra di quanto questo regime è il migliore…”

(27)

Erodoto (484-430 a.C.), Storie

Dario: “…D’altra parte se il popolo è al potere è impossibile che non sopravvenga la malvagità. E sopravvenuta nello stato

la malvagità sorgono fra i malvagi non inimicizie, ma salde amicizie, poiché quelli che danneggiano gli interessi comuni lo

fanno cospirando fra loro. Questo succede fino a che uno del popolo, postosi a capo degli altri, li fa cessare; in conseguenza

di ciò costui s’impone all’ammirazione del popolo, e così ammirato viene proclamato monarca. Così anche questo

dimostra che la monarchia è la cosa migliore…”

(28)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Tucidide (460-404 a.C.), Storie

…Il nostro ordine politico non si modella sulle costituzioni straniere. Siamo noi d’esempio ad altri, piuttosto che imitatori.

E il nome che gli conviene è democrazia, governo nel pugno non di pochi, ma della cerchia più ampia di cittadini: vige anzi

per tutti, da una parte, di fronte alle leggi, l’assoluta equità di diritti nelle vicende dell’esistenza privata; ma dall’altra si costituisce una scala di valori fondata sulla stima che ciascuno

sa suscitarsi intorno, per cui, eccellendo in un determinato campo, può conseguire un incarico pubblico, in virtù delle sue

capacità reali più che dell’appartenenza a questa o quella fazione politica.

(29)

Tucidide (460-404 a.C.), Storie

…In ogni cittadino non si distingue la cura degli affari politici da quella dei domestici e privati problemi, ed è viva in tutti la

capacità di adempiere egregiamente agli incarichi pubblici, qualunque sia per natura la consueta mansione. Poiché unici al

mondo non valutiamo tranquillo un individuo in quanto si astiene da quelle attività, ma superfluo. Siamo noi stessi a prendere direttamente le decisioni o almeno a ragionare come si conviene sulle circostanze politiche: non riteniamo nocivo il

discutere all’agire, ma il non rendere alla luce attraverso il dibattito, tutti i particolari possibili di un’operazione, prima di

intraprenderla...

(30)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Protagora (491-411 a.C.)

…Per me, come per tutti gli Elleni, gli Ateniesi sono saggi. Io vedo che quando ci riuniamo nell’assemblea, se si tratta di

costruire qualche edificio pubblico si fanno venire in

consultazione gli architetti; se si tratta di costruzioni navali i costruttori navali e così per tutte quelle altre cose che

giudicano apprendibili e insegnabili. (…) Quando invece si deve decidere di affari concernenti la direzione della città, si alzano a dare il loro consiglio ugualmente l’architetto, il fabbro

e il calzolaio, il commerciante all’ingrosso e l’armatore, il ricco e il povero, il nobile e il plebeo…

(31)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 4

I SEMESTRE

(32)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Platone, La Repubblica

Costituzione ideale Timocrazia

Oligarchia Democrazia

Tirannia

(33)

Platone, La Repubblica

Forma di governo: Passione dominante:

Timocrazia ambizione

Oligarchia brama di ricchezza

Democrazia desiderio di libertà

Tirannia violenza

(34)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Platone, La Repubblica L’uomo timocratico:

Un simile uomo è duro con i servi, ma non è che di loro neppure s’accorga come avviene invece per colui che ha ricevuto

un’educazione perfetta; è mite verso gli uomini liberi, e tutto sottomesso alle autorità, desideroso del comando, amante degli

onori, aspirando però a comandare non per virtù della propria parola, o per altra qualsivoglia virtù del genere, ma per le proprie attività belliche, per il proprio talento militare, ed egualmente avrà

la passione della ginnastica e della caccia (549 a).

(35)

Platone, La Repubblica L’uomo oligarchico:

Quanto più sono tesi ad accumulare denaro e quanto più l’onorano, di tanto viene meno il rispetto per la virtù. O non è forse vero che

fra la virtù e la ricchezza corre questa differenza che, poste ciascuna sui due piatti della bilancia, l’una tira sempre in senso contrario all’altra? (…) E così, da uomini desiderosi di supremazia e di onori quali erano, finiscono invece per essere cupidi trafficanti di ricchezze, cupidi avari, ed applaudono ed ammirano il ricco, al

ricco offrono le più alte cariche di governo mentre disprezzano il povero. (550-551 a).

(36)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Platone, La Repubblica

L’uomo democratico:

Ora, in primo luogo, non sono liberi? E lo stato non diventa libero e non vi regna la libertà di parola? E non

v’è licenza di fare ciò che si vuole? (…) Ma dove c’è questa licenza, è chiaro, che ciascuno può organizzarvisi un suo particolare modo di vita, quello che a ciascuno più

piace…

(37)

Platone, La Repubblica

L’uomo democratico:

E’ soprattutto in questa costituzione, a mio avviso, che si troveranno uomini d’ogni specie. (…) Forse, (…) tra le varie costituzioni questa è la più bella.

Come un variopinto mantello ricamato a fuori di ogni sorta, così anche questa, che è un vero mosaico di caratteri, potrà apparire bellissima. E bellissima, continuai, saranno forse molti a giudicarla, simili ai bambini e alle donne che

contemplano gli oggetti di vario colore. (…) E poi, (…) v’è una certa convenienza a ricercarvi una costituzione. (…) Perché, per la licenza che le è

propria, presenta ogni genere di costituzioni. Chi, come facevano or ora noi, vuole organizzare uno Stato, forse è costretto a recarsi in uno stato democratico

per sceglierne, come andasse a una fiera di costituzioni, il tipo che gli piace: e quando l’ha scelto così può fondare il suo Stato (VII, 557)

(38)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Platone, La Repubblica

L’uomo tirannico:

…Il capo del popolo, trovando che la moltitudine è pronta ad obbedire, non sa astenersi dallo spargere sangue cittadino; ma sotto

false imputazioni, proprio secondo l’uso caro ai suoi simili, trascinando la gente dinnanzi ai tribunali, si macchia di omicidio,

facendo togliere la vita a un uomo, e gusta con la lingua e le sue scellerate labbra il sangue del prossimo suo, ed altri manda in esilio, altri ancora a morte, mentre d’altra parte fa intravedere la remissione

dei debiti ed una nuova spartizione di terre; non è forse necessario allora, anzi fatale, per un simile uomo o morire per mano dei propri

nemici o farsi tiranno e da uomo trasformarsi in lupo? (565 e).

(39)

Platone, La Repubblica

Il mutamento costituzionale : dall’uomo timocratico all’uomo oligarchico

…Quando il figlio di un timocratico da principio emula il padre e ne segue le orme, vedendo poi che suo padre ad un tratto va a cozzare contro lo stato come contro uno scoglio, e che dopo aver tutto perduto, se stesso come i propri averi, o nelle sue funzioni di

comandante supremo dell’esercito, o in quanto tenne qualche importante posto direttivo,viene poi processato, messo in iscacco da chi lo ha calunniato, lo ha posto sotto accusa, e così condannato

a morte, o all’esilio, alla perdita dei suoi diritti pubblici, dei suoi beni…

(40)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Platone, La Repubblica

Il mutamento costituzionale: dall’uomo timocratico all’uomo oligarchico

Vedendo queste cose e soffrendone, avendo tutto perduto, (…) egli si prende di paura e, io penso, subito, a precipizio, getta giù

quell’ambizione e quella fierezza dal trono che prima avevano nell’anima sua; e così, umiliato dalla povertà, si volge a far

quattrini ed a forza di lavoro e di economie a poco a poco raccoglie una nuova ricchezza. Non credi che costui, arrivato a questo punto, non sia spinto a mettere su quel trono la cupidigia e l’avarizia tanto da elevarla a gran re dell’anima sua, cingendole di tiare, di monili,

di scimitarre (553 b-c).

(41)

Platone, La Repubblica

Il mutamento costituzionale: dall’uomo oligarchico all’uomo democratico

Quando un giovane, allevato (…) senza cultura e nella parsimonia, comincia a gustare il miele dei fuchi e frequenta fiere focose e terribili, capaci di escogitare piaceri d’ogni sorta, svariati e in fogge diverse, credi pure

che a questo punto la sua intima natura oligarchica

comincia a trasformarsi in democratica…

(42)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Platone, La Repubblica

Il mutamento costituzionale: dall’uomo oligarchico all’uomo democratico

Se i suoi familiari tentano di dare qualche aiuto alla parte parsimoniosa dell’anima sua, quei discorsi ciarlataneschi non sbarrano le porte del regale castello in lui, senza lasciar passare quell’alleanza stessa e senza

accogliere come ambasciatori i discorsi di privati più anziani? E non vincono la loro battaglia? E non cacciano in disonorevole esilio il pudore chiamandolo dabbenagine, e non espellono la temperanza dicendola viltà

e coprendola di improperi? E, sostenuti da molti e vani appetiti, non mettono la bando la moderazione e lo spendere modico facendoli passare

per rusticità e grettezza?

(43)

Platone, La Repubblica

Il mutamento generazionale: dall’uomo oligarchico all’uomo democratico

E quando hanno vuotato e purificato di tutto ciò l’anima di colui su cui dominano e che iniziano a grandi mistici riti, eccoli subito dopo

ricondurre con imponente corteo, risplendenti e coronate, la tracotanza, l’anarchia, la sregolatezza e l’impudenza; e le esaltano

con belle parole, chiamando la tracotanza buona educazione, l’anarchia libertà, la sregolatezza magnificenza, l’impudenza coraggio. Non è pressappoco così (…) che da persona allevata tra

appetiti necessari un giovane si trasforma sino a liberare e scatenare i piaceri superflui e vani? (VIII. 559-561)

(44)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Platone, La Repubblica

Il mutamento generazionale: dall’uomo democratico all’uomo tirannico

Quando, credo, uno stato democratico, assetato di libertà, è alla mercé di cattivi coppieri e troppo s’inebria di schietta libertà, allora, a meno

che i suoi governanti non siano assai miti e non concedano grande libertà, li pone in stato d’accusa e li castiga come scellerati e

oligarchici, (…) E coloro (…) che obbediscono ai governanti, li copre d’improperi trattandoli da gente contenta di essere schiava e buona a nulla, mentre loda e onora privatamente e pubblicamente i governanti che sono simili ai governati. Non è inevitabile che in uno stato siffatto

il principio di libertà si allarghi a tutto?

(45)

Platone, La Repubblica

Il mutamento costituzionale: dall’uomo democratico all’uomo tirannico

E così (…) vi nasce l’anarchia e si insinua nelle dimore private e si estende sino alla bestie. (…) Per esempio, (…) nel senso che il padre si abitua a rendersi simile al figlio e a temere i figlioli, e il figlio simile al padre e a non sentire né rispetto né timore dei genitori, per poter essere libero; e che il meteco si parifica

al cittadino e il cittadino al meteco, e così dicasi per lo straniero. (…) A questo si aggiungono (…) altre bagattelle, come queste: in un simile ambiente il maestro teme e adula gli scolari, e gli scolari s’infischiano dei maestri e così pure dei pedagoghi. In genere i giovani si pongono alla pari degli anziani e li emulano nei discorsi e nelle opere, mentre i vecchi accondiscendono ai giovani e

si fanno giocosi e faceti, imitandoli, per non passare da spiacevoli e dispotici...

(46)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Platone, La Repubblica

Il mutamento costituzionale : dall’uomo democratico all’uomo tirannico

Però (…) l’estremo della libertà cui la massa può giungere in un simile stato si ha quando uomini e donne comperati sono liberi tanto quanto gli

acquirenti. E quasi ci siamo scordati di dire quanto grandi siano la parificazione giuridica e la libertà nei rapporti reciproci tra uomini e

donne. (…) Ora, (…) non pensi quanto l’anima dei cittadini si lasci impressionare dal sommarsi di tutte queste circostanze insieme raccolto, al punto che uno, se gli si prospetta anche la minima schiavitù, si sdegna e non la tollera? E tu sai che finiscono con il trascurare dl tutto le leggi

scritte o non scritte, per essere assolutamente senza padroni…

(47)

Platone, La Repubblica

Il mutamento costituzionale: dall’uomo democratico all’uomo tirannico

Ecco dunque (…) qual è a mio parere l’inizio, bello e gagliardo, donde viene la tirannide. (…) In realtà ogni eccesso suole comportare una grande trasformazione nel senso opposto: così nelle stagioni come

nelle piante e nei corpi e anche, in sommo grado, nelle costituzioni.

(…) L’eccessiva libertà, sembra, non può trasformarsi che in eccessiva schiavitù, per un privato come per uno stato. (…) E’

naturale quindi (…) che la tirannide non si formi da altra costituzione che la democrazia; cioè, a mio avviso, dalla somma libertà viene la

schiavitù maggiore e più feroce (VIII 562-564).

(48)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Platone, La Repubblica

Ora, credo, la democrazia nasce quando i poveri, dopo aver riportata la vittoria, ammazzano alcuni avversari, altri ne cacciano in esilio e dividono con i rimanenti, a condizioni di parità, il governo e le cariche pubbliche, e

queste vi sono determinate per lo più col sorteggio

(VIII 557 a).

(49)

Platone, Il Politico

Forme di governo:

Secondo la legge Contro la legge

Monarchia Tirannia

Aristocrazia Oligarchia

Democrazia

(50)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 5

I SEMESTRE

A.A. 2011-2012

(51)

Aristotele, Politica

Forme di governo:

Bene comune Interesse dei governanti

Monarchia Tirannia

Aristocrazia Oligarchia

Politia Democrazia

(52)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Aristotele, Politica

Base della costituzione democratica è la libertà (così si è soliti dire, quasi che in questa sola costituzione gli uomini partecipino di libertà, perché è questo, dicono, il fine di ogni

democrazia). Una prova della libertà consiste nell’essere governati e nel governare a turno: in realtà, il giusto in senso democratico consiste nell’avere uguaglianza in rapporto al numero e non al merito, ed essendo questo il concetto di giusto, di necessità la massa è sovrana e quel che i più decidono ha valore di fine ed è questo il giusto: in effetti dicono che ogni cittadino deve avere parti uguali. Di conseguenza succede che nelle democrazie i poveri siano più potenti dei ricchi perché sono di più e la decisione della maggioranza è

sovrana. E’ questo, dunque, un segno della libertà che tutti i fautori della democrazia stabiliscono come nota distintiva della costituzione. Un altro è di vivere ciascuno come

vuole, perché questo, dicono, è opera della libertà, in quanto che è proprio di chi è schiavo vivere non come vuole. Ecco quindi la seconda nota distintiva della democrazia;

di qui è venuta la pretesa di essere preferibilmente sotto nessun governo o, se no, di governare e di essere governati a turno: per questa via contribuisce alla libertà fondata

sull’eguaglianza (1317a).

(53)

Aristotele, Politica

La comunità che risulta di più villaggi è la polis, perfetta, che raggiunge ormai, per così dire, il limite dell’autosufficienza completa: formata bensì

per rendere possibile la vita, in realtà esiste per rendere possibile una vita felice. Quindi ogni polis esiste per natura, se per natura esistono anche le prime comunità: infatti esso è il loro fine e la natura è il fine: per esempio

quel che ogni cosa è quando ha compiuto il suo sviluppo, noi lo diciamo la sua natura, sia d’un uomo, d’un cavallo, d’una casa. Inoltre, ciò per cui una cosa esiste, il fine, è il meglio e l’autosufficienza è il fine e il meglio.

Da queste considerazioni è evidente che la polis è un prodotto naturale e che l’uomo per natura è un essere politico: quindi chi vive fuori della

comunità statale per natura e non per qualche caso o è un abietto o è superiore all’uomo …e di conseguenza è o bestia o dio (I, 1252 b-1253).

(54)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Aristotele, Politica

E’ chiaro perciò che la polis non è comunanza di luogo né esiste per evitare eventuali aggressioni e in vista di scambi: tutto questo necessariamente c’è, se

dev’esserci una polis, però non basta perché ci sia una polis: la polis è comunanza di famiglie e di stirpi nel viver bene: il suo oggetto è una esistenza pienamente realizzata e indipendente. Certo non si giungerà a tanto senza abitare

lo stesso luogo e godere il diritto di connubio. Per questo sorsero nelle città rapporti di parentela e fratrie e sacrifici e passatempi della vita comune. Questo

è opera dell’amicizia, perché l’amicizia è scelta deliberata di vita comune.

Dunque, fine della polis è il vivere bene e tutte queste cose sono in vista del fine.

La polis è comunanza di stirpi e di villaggi in una vita pienamente realizzata e indipendente: è questo, come diciamo, il vivere in modo felice e bello. E proprio

in grazia delle opere belle e non della vita associata si deve ammettere l’esistenza della comunità politica (III, 1281 a).

(55)

Aristotele, Politica

La politia è in generale una mescolanza di oligarchia e di democrazia; ed in genere si sogliono chiamare politie i

governi che inclinano piuttosto alla democrazia e

aristocrazie quelli che inclinano piuttosto alla oligarchia

(1293 b)

(56)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Aristotele, Politica

Si ha democrazia se i liberi ed i poveri, essendo in numero

prevalente, sono signori del potere, oligarchia se lo sono i ricchi ed i più nobili che costituiscono la minoranza (1290 b).

Ciò per cui la democrazia e l’oligarchia differiscono l’una dall’altra sono la povertà e la ricchezza, sicché dove dominano i

ricchi, in molti o pochi che siano, ci sarà necessariamente

un’oligarchia, e dove dominano i poveri una democrazia, sebbene accada, come si è detto, che i ricchi siano pochi ed i poveri molti, perché pochi sono quelli che si arricchiscono, mentre tutti hanno

parte della libertà (1280 a).

(57)

Aristotele, Politica

…è chiaro che la miglior comunità politica è quella che si fonda sulla classe media e che le città che sono in queste condizioni possono essere ben governate, quelle, dico, in

cui la classe media è la più numerosa e più potente delle due estreme o almeno di una di esse. Infatti, legandosi all’una o all’altra farà pendere la bilancia dalla sua parte e

impedirà che uno degli estremi contrari raggiunga un

potere eccessivo (1295 b)

(58)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 6

I SEMESTRE

A.A. 2011-2012

(59)

S.P.Q.R.

Senatus Populusque

Romanus

(60)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Polibio, Storie:

a) Esistono fondamentalmente sei forme di governo, tre buone e tre cattive;

b) Le sei forme di governo si succedono l’un l’altra secondo un certo ritmo e costituiscono quindi una vicenda ciclica che si ripete nel tempo;

c) Oltre le sei forme tradizionali, ne esiste una settima, di cui la costituzione romana è un esempio, che in

quanto sintesi delle tre forme buone è la costituzione

migliore.

(61)

Polibio, Storie:

Forme di governo:

Secondo la legge Contro la legge

Monarchia Tirannia

Aristocrazia Oligarchia

Democrazia Oclocrazia

(62)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Polibio, Storie:

La costituzione mista:

…Guardando in parte al potere dei consoli, lo stato appariva senz’altro monarchico e regio, se invece si guardava a quello del senato, appariva aristocratico e se al potere

della moltitudine sembrava senza dubbio

democratico (VI, 2)

(63)

Polibio, Storie:

Quando (…) uno degli organi costituzionali,

ingrossandosi, monti in superbia e prevalga più del conveniente, è chiaro che non essendo alcuna parte autonoma, come ho già detto, ed ogni disegno potendo

essere deviato o impedito, nessuna delle due parti eccede la sua competenza e oltrepassa la misura. Tutti

dunque rimangono nei limiti prescritti, da un lato perché sono impediti in ogni impulso aggressivo,

dall’altro perché fin da principio temono la

sorveglianza degli altri (VI, 18).

(64)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Cicerone, De re publica

…Res publica è ciò che appartiene al popolo (res populi). Ma non è popolo ogni moltitudine di uomini riunitasi in un modo qualsiasi, bensì una

società organizzata che ha per fondamento l’osservanza della giustizia e la comunanza di

interessi.

(65)

Cicerone, De re publica

Ogni popolo (…) che è, come dissi, unione di cittadini con leggi e interessi comuni, ogni civitas,

che è ciò che costituisce politicamente il popolo, ogni res publica, vale dire quanto riguarda e appartiene alla comunità, per essere stabile, deve

essere diretta secondo un certo disegno, che si

conformi allo scopo per cui la civitas fu istituita.

(66)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Cicerone, De re publica

…In generale coloro che si dispongono a reggere lo Stato abbiano sempre presenti

questi due precetti di Platone: primo

salvaguardare il bene dei cittadini (…) poi curare tutto il corpo dello Stato, per non trascurare le altre parti, mentre ne curano

una (I, XXV).

(67)

Sallustio, De coniuratione Catilinae

…Da quando la repubblica ha

consegnato il diritto e l’autorità nelle mani di pochi potenti, tutti gli altri sono

stati resi schiavi (obnoxii), costretti a vivere in una condizione di sudditanza

nei loro confronti.

(68)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 7

I SEMESTRE

A.A. 2011-2012

(69)

Tommaso d’Aquino

Qu

Quando un regime iniquo è condotto dai molti viene detto democrazia.

Una democrazia è quindi una forma di potere

popolare in cui la gente comune, con la mera forza dei grandi numeri, opprime i ricchi con il risultato che

l’intera plebaglia diviene una sorta di tiranno

(70)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

La democrazia nel Medioevo

Res publica libera

Status popularis

Civitas popularis

(71)

Marsilio da Padova, Defensor Pacis (1324)

Le leggi migliori derivano dalla voce e dal volere della moltitudine.

…Ognuno è in grado di rendersi conto se una

proposta di legge tutela gli interessi di un singolo oi pochi piuttosto che gli interessi degli altri o della

comunità, e può agirvi contro.

(72)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 8

I SEMESTRE

A.A. 2011-2012

(73)

Montaigne, Saggi

Non c’è alcuna esistenza costante, né del nostro essere né di quello degli oggetti. E

noi nel nostro giudizio, e tutte le cose mortali andiamo scorrendo e rotolando

senza posa…

(74)

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Cartesio, Discorso sul metodo

Già dall’epoca del collegio avevo imparato che niente di così strano e poco credibile si può immaginare, che non sia stato sostenuto da qualche filosofo; e poi, viaggiando, mi ero reso conto che non tutti quelli che la pensano molto

diversamente da noi sono perciò barbari e selvaggi, anzi, molti di loro fanno uso della

ragione quanto noi e anche di più;

(75)

Cartesio, Discorso sul metodo

…e avevo considerato quanto lo stesso uomo, con le stesse possibilità, allevato fino dall’infanzia tra

Francesi o Tedeschi risulti diverso da quel che sarebbe se avesse sempre vissuto tra Cinesi o cannibali;e come,

fino alle mode dell’abbigliamento, la stessa cosa che dieci anni fa ci è piaciuta, e che forse tornerà a

piacerci fra meno di dieci, ci sembri ora stravagante e ridicola; sì che il costume e l’esempio esercitano su di

noi molto più efficace persuasione di qualunque

conoscenza certa…

(76)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Niccolò Machiavelli, Il Principe

Dominio o Stato

Repubbliche Principati

Nuovi Ereditari

Nuovi tutti Aggiunti a uno Stato

Acquistati per virtù Acquistati per fortuna e armi proprie e armi altrui

(77)

Niccolò Machiavelli, Il Principe

…Nondimanco, perché il nostro libero arbitrio non sia spento, judico potere essere

vero che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, ma che etiam lei ne lasci governare l’altra metà, o presso, a noi (XXV,

p. 130).

(78)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Niccolò Machiavelli, Il Principe, XXV

E assomiglio quella a uno di questi fiumi rovinosi, che, quando s’ adirano, allagano e’ piani, ruinano gli alberi e

gli edifizii, lievono da questa parte terreno, pongono da quell’altra; ciascuno fugge loro dinanzi, ognuno cede allo

impeto loro, senza potervi in alcuna parte obstare. E benché sieno così fatti, non resta però che gli uomini,

quando sono tempi quieti, non vi potessino fare

provvedimenti, e con ripari e argini, in modo che,

crescendo poi, o egli andrebbano per uno canale, o

l’impeto loro non sarebbe né sì licenzioso né sì dannoso.

(79)

Niccolò Machiavelli, Il Principe, XXV

Similmente interviene della fortuna; la quale dimostra la sua potenzia dove non è ordinata

virtù a resisterle; e quivi volta li sua impeti dove la sa che non sono fatti gli argini e li

ripari a tenerla.

(80)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Niccolò Machiavelli, Il Principe, XXV

Concludo, adunque, che, variando la fortuna, e stando gli uomini ne’ loro modi ostinati, sono felici mentre

concordano insieme, e, come discordano, infelici. Io iudico bene questo: che sia meglio essere impetuoso che

respettivo; perché la fortuna è donna, ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla. E si vede che la si

lascia più vincere da questi, che da quelli che freddamente procedano; e però sempre, come donna, è amica de’

giovani, perché sono meno respettivi, più feroci e con più

audacia la comandano.

(81)

Niccolò Machiavelli, Il Principe, XII

…A uno principe è necessario avere e’ sua fondamenti buoni; altrimenti, di necessità conviene che ruini. E’

principali fondamenti che abbino tutti li stati, così nuovi come vecchi o misti, sono le buone legge e le buone arme: e perché non può essere buone legge dove non sono buone arme, e dove sono buone arme conviene sieno buone legge, io lascerò indrieto el ragionare delle

legge e parlerò delle arme.

(82)

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Niccolò Machiavelli, Il Principe, XIV

Debbe, adunque, uno principe non avere altro obietto né altro pensiero, né prendere cosa alcuna per sua arte, fuora della guerra e ordini e disciplina di essa; perché quella è sola arte

che si espetta a chi comanda; ed è di tanta virtù, che non solamente mantiene quelli che sono nati principi, ma molte

volte fa gli uomini di privata fortuna salire a quel grado; e, per adverso, si vede che e’ principi, quando hanno pensato più alle delicatezze che alle armi, hanno perso lo stato loro. E

la prima cagione che ti fa perdere quello, è negligere questa arte; e la cagione che te lo fa acquistare, è lo essere professo

di questa arte.

(83)

Niccolò Machiavelli, Il Principe, XII

Le arme mercenarie (…) sono inutile e

pericolose: e se uno tiene lo stato suo fondato in sulle arme mercenarie, non starà mai fermo né sicuro; perché le sono disunite, ambiziose, senza disciplina, infedele; gagliarde fra gli amici; fra e’

nemici, vile; non timore di Dio, non fede con gli uomini; e tanto si differisce la ruina quanto si differisce lo assalto; e nella pace se’ spogliato da

loro, nella guerra da’ nimici.

(84)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Niccolò Machiavelli, Il Principe, XII

La cagione di questo è che non le hanno altro amore né altra cagione che le tenga in campo, che un poco di stipendio; il quale non è sufficiente a fare che voglino morire per te. Vogliono bene essere tuoi soldati mentre

che tu non fai guerra; ma, come la guerra viene, o

fuggirsi o andarsene. La qual cosa doverrei durare poca fatica a persuadere, perché ora la ruina di Italia non è causata da altro che per essere in spazio di molti anni

riposatasi in sulle arme mercenarie.

(85)

Niccolò Machiavelli, Il Principe, XIII

Uno principe, pertanto, savio ha sempre fuggito queste arme, e voltosi alle proprie; e

ha volsuto piuttosto perdere con i suoi che vincere con gli altri, iudicando non vera

vittoria quella che con le armi aliene si

acquistassi (XIII, p. 83).

(86)

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Niccolò Machiavelli, Il Principe, XV

Resta ora a vedere quali debbano essere e’ modi e governi di uno principe con sudditi o con gli amici. E perché io so che molti di questo hanno scritto, dubito, scrivendone ancora io, non essere tenuto prosuntuoso,

partendomi massime, nel disputare questa materia, dagli ordini degli altri. Ma sendo l’intento mio scrivere cosa utile a chi la intende, mi è parso più

conveniente andare drieto alla verità effettuale

della cosa, che alla imaginazione di essa.

(87)

Niccolò Machiavelli, Il Principe, XV

E molti si sono imaginati republiche e principati che non si sono mai visti né conosciuti essere in vero perché egli è tanto discosto da come si vive a come si doverrebbe vivere,

che colui che lascia quello che si fa per quello che si doverrebbe fare impara piuttosto la ruina che la

perservazione sua: perché uno uomo che voglia fare in tutte le parte professione di buono, conviene rovini infra

tanti che non sono buoni. Onde è necessario a uno

principe, volendosi mantenere, imparare a potere essere

non buono, e usarlo e non l’usare secondo la necessità.

(88)

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Niccolò Machiavelli, Il Principe, XVIII

E hassi ad intendere questo, che uno principe, e massime uno principe nuovo, non può osservare tutte quelle cose

per le quali gli uomini sono tenuti buoni, sendo spesso necessitato, per mantenere lo stato, operare contro alla fede, contro alla carità, contro alla umanità, contro alla

religione. E però bisogna che egli abbia uno animo disposto a volgersi secondo ch’e’ venti della fortuna e le variazioni delle cose li comandano, e come di sopra dissi,

non partirsi dal bene, potendo, ma sapere intrare nel

male, necessitato.

(89)

Niccolò Machiavelli, Il Principe, XVIII

Dovete, adunque, sapere come sono dua generazioni di combattere: l’uno con le leggi,

l’altro con la forza: quel primo è proprio

dell’uomo, quel secondo è delle bestie: ma perché el primo molte volte non basta, conviene ricorrere

al secondo. Pertanto, a uno principe è

necessario sapere bene usare la besta e l’uomo.

(90)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Niccolò Machiavelli, Il Principe, XVIII

Questa parte è suta insegnata a’ principi copertamente dagli antichi scrittori; li quali scrivono come Achille e

molti altri di quelli principi antichi furono dati a nutrire a Chirone centauro, che sotto la sua disciplina

li custodissi. Il che non vuole dire altro, avere per

precettore uno mezzo bestia e mezzo uomo, se non che bisogna a uno principe sapere usare l’una e l’altra

natura; e l’una sanza l’altra non è durabile.

(91)

Niccolò Machiavelli, Il Principe, XVIII

Sendo, dunque, uno principe necessitato sapere bene usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe e il lione; perché il lione non si defende da’

lacci, la golpe non si defende da’ lupi. Bisogna, adunque, essere golpe a conoscere e’ lacci, e lione

a sbigottire e’ lupi.

(92)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Niccolò Machiavelli, Il Principe, XVIII

Coloro che stanno semplicemente in sul lione, non se ne intendano. Non può, pertanto, uno signore

prudente, né debbe, osservare la fede, quando tale osservianza li torni contro e che sono spenti le cagioni che le feciono promettere. E se gli uomini fussino tutti buoni, questo precetto non sarebbe buono; ma perché

sono tristi, e non la ossevarebbono a te, tu etiam non

l’hai ad osservare a loro.

(93)

Niccolò Machiavelli, Il Principe, XVIII

Credo (…) che sia felice quello che riscontra el modo di procedere suo con le qualità de’

tempi, e similmente sia infelice quello che

con il procedere suo si discordano e’ tempi.

(94)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Niccolò Machiavelli, Il Principe, XV

Io so che ciascuno confesserà che sarebbe

laudabilissima cosa in uno principe trovarsi, di tutte le (…) qualità, quelle che sono tenute buone; ma perché le

non si possono avere né interamente osservare, per le condizioni umane che non lo consentono, gli è

necessario essere tanto prudente che sappia fuggire l’infamia di quelli vizii che li torrebbano lo stato e da

quelli che non gnene tolgano, guardarsi, se egli è

possibile; ma non possendo, vi si può con meno respetto

lasciare andare.

(95)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 9

I SEMESTRE

(96)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Niccolò Machiavelli, I Discorsi, II, 2

Si vede per esperienza le cittadi non avere mai ampliato né di dominio né di ricchezza se non mentre sono state in libertà. (…) La ragione è facile a intendere; perché non il

bene particulare, ma il bene comune è quello che fa grandi le città. E senza dubbio, questo bene comune non

è osservato se non nelle repubbliche; perché tutto quello

che fa a proposito suo, si esequisce; e quantunque e’ torni

in danno di questo o di quello privato, e’ sono tanti quegli

per chi detto bene fa, che lo possono tirare innanzi contro

alla disposizione di quegli pochi che ne fussono oppressi.

(97)

Niccolò Machiavelli, I Discorsi, II, 2

Al contrario interviene quando vi è uno principe; dove il più delle volte quello che fa per lui, offende la

città; e quello che fa per la città, offende lui.

Dimodoché, subito che nasce una tirannide sopra uno vivere libero, il manco male che ne resulti a quelle

città è non andare più innanzi, né crescere più in potenza o in ricchezze; ma il più delle volte, anzi

sempre, interviene loro, che le tronano indietro.

(98)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Niccolò Machiavelli, I Discorsi, I, 2

Io voglio porre da parte il ragionare di quelle

cittadi che hanno avuto il loro principio sottoposto a altrui; e parlerò di quelle che hanno avuto il principio lontano da ogni servitù esterna, ma si

sono subito governate per loro arbitrio o come

repubbliche o come principati.

(99)

Niccolò Machiavelli, I Discorsi, III, 41

Dove si dilibera al tutto della salute della patria non vi debbe cadere alcuna considerazione né di giusto né d’ingiusto, né di piatoso né di crudele, né di laudabile né di ignominioso; anzi, posposto ogni

altro rispetto, seguite al tutto quel partito che le

salvi la vita e mantenghile la libertà.

(100)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Niccolò Machiavelli, I Discorsi, I, 4

Sono in ogni repubblica due umori diversi, quello del popolo e quello de’ grandi; e (…) tutte le leggi

che si fanno in favore della libertà nascano dalla disunione loro, come facilmente si può vedere

essere seguito in Roma.

(101)

Niccolò Machiavelli, I Discorsi, I, 4

Perché li buoni esempi nascano dalla buona educazione; la buona educazione, dalle buone leggi; e le buone leggi, da quelli tumulti che molti

inconsideratamente dannano: perché, chi

esaminerà bene il fine d’essi, non troverà ch’egli abbiano partorito alcuno esilio o violenza in

disfavore del commune bene, ma leggi e ordini in

beneficio della pubblica libertà.

(102)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 10

I SEMESTRE

A.A. 2011-2012

(103)

J. Bodin, I sei libri dello Stato,

Ci sono di quelli che hanno scritto e parlato degli affari pubblici in maniera approssimativa e grossolana, senza

conoscenza alcuna delle leggi né del diritto pubblico, lasciando anzi questo del tutto in secondo piano rispetto al privato, dal

quale si può trarre maggiore profitto; ora io affermo che

costoro hanno profanato i sacri mestieri della filosofia politica, e ciò inoltre è stato causa di rovina per molti Stati illustri. Si veda per esempio il caso di un Machiavelli, scrittore che è stato

in gran voga tra i parassiti dei tiranni, e che Paolo Giovio, pur annoverandolo tra gli uomini degni di nota, dichiara

nientemeno che ateo e ignorante di belle lettere…

(104)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

J. Bodin, I sei libri dello Stato,

Quanto all’ateismo è lui stesso a vantarsene nei suoi scritti; e quanto alla cultura, credo che tutti quelli che sono soliti

dissertare dottamente intorno agli alti affari dello Stato saranno facilmente concordi ch’egli non ha mai realmente tentato il guado della scienza politica. Giacché essa non consiste in tutte quelle astuzie tiranniche da lui ricercate accuratamente in tutti gli angoli di Italia e colate come dolce veleno nel suo Principe,

ove innalza alle stelle e pone a paragone di tutti i re il più

sleale figlio di ecclesiastico che mai vi sia stato…

(105)

J. Bodin, I sei libri dello Stato,

Ci sono poi altri di tendenza opposta a quelli di cui abbiamo parlato, ma non meno pericolosi e

forse ancora di più, che sotto il pretesto

dell’esenzione dai gravami e della libertà popolare, eccitano i sudditi alla ribellione contro i loro

principi naturali, aprendo la porta a quell’anarchia ch’è peggiore di qualsiasi tirannide del mondo, sia

pure la più aspra…

(106)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

J. Bodin, I sei libri dello Stato,

Come la nave non è più altro che legno, senza più forma alcuna di imbarcazione, allorquando

la chiglia, che ne sostiene i fianchi, la prua, la poppa e il ponte sono stati tolti, così la

Repubblica senza un potere sovrano, che ne unisca tutte le membra e le sue parti e tutte le

famiglie e le comunità in un solo corpo, non è

più una Repubblica.

(107)

J. Bodin, I sei libri dello Stato,

Per sovranità s’intende quel potere assoluto e perpetuo ch’è proprio dello

Stato

(108)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

I caratteri della sovranità:

Assolutezza:

«Chi è sovrano non deve essere soggetto in alcun modo al comando altrui»

Perpetuità:

Chi è sovrano deve svolgere le sue funzioni in

nome proprio e senza limiti di tempo

(109)

Il contenuto della sovranità:

E’ il «diritto di dare la legge collettivamente e singolarmente non ricevendola da nessuno»

«Sotto questo potere di dare e annullare le leggi sono compresi tutti gli altri diritti e prerogative sovrane: cosicché potremmo dire che [il potere legislativo] è la sola vera e propria prerogativa

sovrana, che comprende in sé tutte le altre»

(110)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Il contenuto della sovranità:

«Le leggi del principe sovrano, sia pure fondate su motivi validi e concreti, non

dipendono che dalla sua pura e libera

volontà»

(111)

La sede della sovranità:

Uno solo (monarchia);

Una minoranza del popolo (aristocrazia);

L’intero popolo o la sua maggioranza

(democrazia)

(112)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

La sede della sovranità:

Quando la sovranità è divisa tra più soggetti «si crea una situazione che può risolversi solo con le armi, fino a che la sovranità non resti a un principe

o alla minoranza del popolo o a tutto il popolo»

(113)

Forma di Stato e forma di governo:

Lo Stato può essere una Monarchia e tuttavia sarà governato popolarmente (ossia democraticamente) se

il Principe ripartisce ranghi (…) uffici e benefici in modo uguale fra tutti senza tenere conto della nobiltà o

delle ricchezze o della virtù. Può anche darsi il caso di una Monarchia che ha una forma di governo

aristocratica e questo avviene quando il Principe

concede ranghi e benefici solo ai nobili o anche solo ai

più dotati o anche solo ai più doviziosi.

(114)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

Forma di Stato e forma di governo:

Del pari la signoria aristocratica può governare il suo Stato popolarmente qualora distribuisca onori

e benefici in misura eguale a tutti i suoi sudditi.

(…) Se poi ad essere detentrice della sovranità è la maggioranza dei cittadini, ma poi il popolo

assegna le cariche onorifiche, i benefici e gli

stipendi ai soli nobili (…), lo Stato avrà la forma di

Stato popolare, ma il suo governo sarà aristocratico

(115)

J. Bodin, I sei libri dello Stato:

Per Stato si intende il governo giusto che si esercita con potere sovrano su diverse

famiglie e su tutto ciò che hanno in comune

fra loro

(116)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

J. Bodin, I sei libri dello Stato:

Quelli che affermano in generale che i principi non sono soggetti alle leggi e

nemmeno ai loro patti, se non eccettuano le leggi di Dio e della natura, e le giuste convenzioni e i trattati fatti con i sudditi,

offendono Dio e la natura

(117)

J. Bodin, I sei libri dello Stato:

Quanto meno [il potere sovrano] si

estende, a parte quelle che sono le vere e specifiche prerogative della sovranità,

tanto più è sicuro

(118)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO Docente Prof. Scuccimarra

J. Bodin, I sei libri dello Stato:

«Non discuto qui quale sia la religione migliore fra tutte (anche se, in realtà, non vi è che una religione, una verità, una legge divina, in quanto

promulgata dalla bocca stessa di Dio); dico solo che il principe che, perfettamente convinto di essere nella vera religione, voglia conquistare ad essa i sudditi divisi in sette e fazioni, a mio parere

non deve usare la forza»

(119)

J. Bodin, I sei libri dello Stato:

Può accadere infatti «che l’appoggio e il favore della nobiltà e del popolo a una nuova religione o a una nuova

setta sia così forte e solido da rendere impossibile o estremamente difficile ogni intervento teso a reprimerla

o ad alterarla, se non con pregiudizio grave di tutto lo Stato. (…) Quando una setta o una religione non possa

essere spazzata via senza rischiare la distruzione dello Stato, sarà meglio tollerarla, giacché la salvezza e il bene dello Stato costituiscono lo scopo principale della

legge»

(120)

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Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 11

I SEMESTRE

A.A. 2011-2012

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