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Storia del pensiero politico contemporaneo — Portale Docenti - Università  degli studi di Macerata

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(1)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 1

I SEMESTRE

A.A. 2011-2012

(2)

Antoine L.C. Destutt de Tracy Sur la faculté de penser (1796)

Preferirei dunque di gran lunga che si adottasse il nome di ideologia o scienza delle idee. E’ molto saggio che non si presupponga niente di ciò che è dubbio o sconosciuto;

essa non rammenta allo spirito alcuna idea di causa. Il suo significato è molto chiaro per tutti, se non si

considera che quello della parola francese idea; perché ognuno sa che cosa intende con un’idea, sebbene pochi

sappiano ciò che essa è. E’ rigorosamente esatto in questa ipotesi; perché ideologia è la traduzione letterale

di scienza delle idee.

(3)

Antoine L.C. Destutt de Tracy Sur la faculté de penser (1796)

Ed è altrettanto esatto, se si fa riferimento all’etimologia greca della parola idea: perché il verbo eido vuol dire, io vedo, io percepisco, io percepisco attraverso la vista, e

persino io so, io conosco. (…) Or, poiché di eido noi abbiamo fatto idea per esprimere una percezione in generale, possiamo ben farne ideologia per esprimere la

scienza che tratta delle idee o percezioni…

(4)

Antoine L.C. Destutt de Tracy Sur la faculté de penser (1796)

Ed è altrettanto esatto, se si fa riferimento all’etimologia greca della parola idea: perché il verbo eido vuol dire, io vedo, io percepisco, io percepisco attraverso la vista, e

persino io so, io conosco. (…) Or, poiché di eido noi abbiamo fatto idea per esprimere una percezione in generale, possiamo ben farne ideologia per esprimere la

scienza che tratta delle idee o percezioni…

(5)

Antoine L.C. Destutt de Tracy Sur la faculté de penser (1796)

Questa parola ha un altro vantaggio ed è che dando il nome di ideologia alla scienza che risulta dall’analisi delle sensazioni, voi indicate allo stesso tempo il fine e

il mezzo: e se la vostra dottrina si trova a differire da quella di qualche altro filosofo che coltiva la stessa scienza, la ragione la conosciamo prima: è che voi non cercate la conoscenza dell’uomo che nelle analisi delle sue facoltà; vi potete permettere di ignorare tutto ciò che

non scoprirete…

(6)

Antoine L.C. Destutt de Tracy Elements d’idéologie (1804)

Non si ha una conoscenza completa di un animale, se non si conoscono le sue facoltà intellettuali. L’ideologia è una parte

della zoologia, ed è soprattutto nell’uomo che questa parte è importante e merita di essere approfondita.

(…) Ho tentato di offrire una descrizione esatta e circostanziata delle nostre facoltà intellettuali, dei loro principali fenomeni, e delle loro più rilevanti circostanze; in

una parola dei veri e propri elementi di ideologia. E senza soffermarmi sulle difficoltà dell’impresa, non ne ho visto

che l’utilità…

(7)

Antoine L.C. Destutt de Tracy

Elements d’idéologie, Introduction (1804)

A voi mi rivolgo, o giovani, e per voi soli scrivo. Non pretendo affatto di dare degli insegnamenti a quelli che sanno già molte cose

e le sanno bene: a loro chiederei lumi invece di offrirgliene. E quanto a coloro che le sanno male, vale a dire che avendo un gran

numero di conoscenze ne hanno tratto dei risultati falsi di cui si credono molto sicuri, e a quelli sono attaccati da un lunga abitudine, io sono ancor più lungi da presentar loro le mie idee;

poiché, come ha detto uno dei più grandi filosofi moderni; «Una volta che gli uomini abbiano acquisito delle opinioni false e le abbiano autenticamente registrate nei loro spiriti, è impossibile sia parlare loro in modo intellegibile quanto scrivere in modo leggibile

su un foglio di carta già sporco di scrittura».

(8)

Antoine L.C. Destutt de Tracy

Elements d’idéologie, Introduction (1804)

Nulla di più giusto di questa osservazione di Hobbes. Forse vedremo presto assieme la ragione di questo fatto; ma intanto la potete tenere per certa. Io sarei altresì molto sorpreso se la vostra piccola esperienza personale, per quanto poco estesa possa essere, non ve ne abbia già offerto la prova. Comunque sia, la prima volta che a qualche vostro compagno accadrà di ostinarsi in una idea la quale a tutti

gli altri sembri assurda, osservatelo attentamente e vedrete che egli è in una disposizione mentale tale che gli è impossibile comprendere le ragioni che a voi

altri sembrano chiarissime. E’ che quelle stesse idee si sono preventivamente messe nella sua testa con tutt’altro ordine che quello con cui si sono messe nelle vostre; e che sono congiunte a moltissime altre, le quali bisognerebbe smuovere dal

posto che tengono nella sua mente, volendo rettificare quelle in cui tanto si ostina.

In un’altra occasione gli concederete forse la rivincita. Ebbene amici miei è nello stesso modo che ci attacca ad un falso sistema di filosofia e ad una falsa

combinazione in un gioco d’infanzia.

(9)

Antoine L.C. Destutt de Tracy

Elements d’idéologie, Introduction (1804)

E’ per preservarvi dall’una e dall’altro che in questo libro voglio non già insegnarvi, ma farvi notare tutto quello che succede in voi medesimi quando pensate, parlate e ragionate. Aver delle idee, esprimerle, combinarle sono tre

cose differenti, ma strettamente legate insieme. Queste tre operazioni si trovano in ogni minima frase; e sono sì unite insieme, e si eseguono con tanta

prontezza e si rinnovano tante volte in un giorno, in un’ora, in un momento, che quasi pare a prima vista cosa impossibile a comprendere come ciò possa

accadere in noi. Tuttavia vedrete presto che questo meccanismo non è così complicato come potreste credere. Per vederlo chiarito è sufficiente esaminarlo

in dettaglio; e già sentirete che è necessario conoscerlo per essere certi di farsi delle idee vere, di esprimerle con esattezza e di combinarle con giustezza; tre condizioni senza le quali non si ragiona che a caso. Studiamo dunque assieme

la nostra intelligenza…

(10)

Pierre Bayle

Dictionnaire historique et critique (1695)

La ragione umana» è un principio di distruzione, non di edificazione; essa serve a formare dubbi e a volgersi a dritta e a manca in una interminabile

disputa.

(11)

Pierre Bayle

Dictionnaire historique et critique (1695)

E’ la libertà che regna nella République des lettres.

Questa repubblica è uno Stato straordinariamente libero.

Non vi si riconosce che l’impero della verità e della ragione; e sotto i loro auspici si fa innocentemente guerra a chiunque. Gli amici devono stare in guardia

contro gli amici, i padri contro i loro figli, i suoceri contro i loro generi: proprio come in un secolo di ferro.

(…) Ciascuno è allo stesso tempo sovrano e condannabile da ciascuno…

(12)

Encyclopédie, Voce “Critique”

Il lettore necessita di una guida morale. «Questa guida sarà una critica capace di distinguere la verità

dall’opinione, il diritto dall’autorità, il dovere dall’interesse, la virtù dalla gloria, in una parola di ridurre l’uomo, quale che sia stato, alla condizione di cittadino, condizione che è la base della legge, la

regola dei costumi, e da cui nessun uomo o società

ebbe mai diritto di ribellarsi».

(13)

Immanuel Kant

Kritik der reinen Vernunft (1781)

Il tempo nostro è proprio il tempo della critica, cui tutto deve sottostare. Vi si vogliono

comunemente sottrarre la religione per la santità sua e la legislazione per la sua maestà: così esse

lasciano adito a giusti sospetti, e non possono pretendere quella non simulata stima, che la

ragione concede solo a ciò che ha saputo

resistere al suo libero e pubblico esame.

(14)

Napoleone Bonaparte

Discorso al Consiglio di Stato (1812) E’ alla dottrina degli ideologi, a questa metafisica ossessiva, che cerca in modo artificioso le cause prime, e che su queste

fondamenta vorrebbe erigere la legislazione dei popoli, invece di adattare le leggi alla

conoscenza del cuore umano e alle lezioni della storia, che vanno attribuite tutte le disgrazie che

si sono abbattute sulla nostra amata Francia.

(15)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 2

I SEMESTRE

A.A. 2011-2012

(16)

Fenomenologia dello Spirito (1806-7), Prefazione:

Secondo il mio modo di vedere che dovrà giustificarsi soltanto mercé l’esposizione del sistema stesso, tutto dipende

dall’intendere e dall’esprimere il vero non come sostanza, ma altrettanto decisamente come soggetto (…), ciò che è poi lo

stesso, è l’essere che in verità è effettuale, ma soltanto in quanto la sostanza è il movimento del porre se stesso, o in

quanto essa è la mediazione del divenir-altro-da-sé con se stesso (…). Il vero è il divenire di se stesso, il circolo che presuppone e ha all’inizio la propria fine come proprio fine, e

che solo mediante l’attuazione e la propria fine è effettuale.

(17)

Fenomenologia dello Spirito (1806-7), Prefazione:

(…) Il vero è l’intero. Ma l’intero è soltanto l’essenza che si completa mediante il suo

sviluppo. Dell’Assoluto si deve dire che esso è essenzialmente risultato, che solo alla fine è ciò

che è in verità; e proprio in ciò consiste la sua natura, nell’essere effettualità, soggetto o

divenir-se-stesso.

(18)

Fenomenologia dello Spirito (1806-7), Prefazione:

(…) Che il vero sia effettuale solo come sistema, o che la sostanza sia essenzialmente Soggetto,

ciò è espresso in quella rappresentazione che enuncia l’Assoluto come Spirito – elevatissimo concetto appartenente all’Età moderna e alla sua

religione.

(19)

Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817):

Il “sopprimere” è una determinazione fondamentale che si manifesta ad ogni istante, di cui bisogna afferrare il

senso con precisione e che si deve soprattutto

distinguere bene dal nulla. Ciò che si sopprime (o si supera) non diventa nulla per questo: Il nulla è

immediato; una cosa soppressa invece è mediata; essa è un non-essendo, ma, in quanto risultato che è sorto da un essere; essa quindi ha ancora in sé la determinazione

da cui proviene.

(20)

Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817):

Aufheben ha nella lingua un doppio senso: quello di conservare e quello di far cessare, di porre un termine. Conservare ha

d’altronde un significato negativo, cioè per conservare qualcosa bisogna che gli si tolga la sua immediatezza, che gli si sopprima

la sua esistenza, così che essa è sottomessa alle condizioni esterne. In questo modo ciò che viene soppresso è nello stesso tempo conservato, avendo perso solo la sua esistenza immediata,

senza essere per questo annientato. Sul piano semantico, le due determinazioni di aufheben possono essere considerate significati

della stessa parola. E’ sorprendente che una lingua sia giunta a usare una sola parola per due significati opposti.

(21)

Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817):

(…) Una cosa è soppressa (superata) nella

misura in cui essa è realizzata in unità con il suo opposto: in questa determinazione, la Cosa

superata appare come riflessa e può essere

designata come «momento»…

(22)

Scienza della logica (1812-16):

L’unico punto, per ottenere il progresso scientifico – e intorno alla cui semplicissima intelligenza bisogna essenzialmente adoprarsi, - è la conoscenza di questa

proposizione logica, che il negativo è insieme anche positivo, ossia che quello che si contraddice non si risolve

nello zero, nel nulla astratto, ma si risolve essenzialmente solo nella negazione del suo contenuto particolare, vale a dire che una tal negazione non è una negazione qualunque,

ma la negazione di quella cosa determinata che si risolve, ed è perciò negazione determinata.

(23)

Scienza della logica (1812-16):

Bisogna, in altre parole, saper conoscere che nel risultato essenzialmente contenuto quello da cui esso risulta; - il che è propriamente una tautologia, perché, se no, sarebbe un immediato, e non un risultato. Quel che risulta, la negazione, in quanto è negazione determinata, ha un contenuto. Cotesta negazione è un nuovo concetto, ma un concetto che è superiore e più ricco che non il precedente. Essa è

infatti divenuta più ricca di quel tanto ch’è costituito dalla negazione, o dall’opposto di quel concetto. Contiene dunque il concetto precedente,

ma contiene anche di più, ed è l’unità di quel concetto e del suo opposto. – Per questa via deve il sistema dei concetti, in generale, costruir se stesso – e completarsi per un andamento irresistibile, puro,

senz’accoglier nulla dal di fuori.

(24)

Scienza della logica (1812-16):

(…) Un tal metodo non è nulla di diverso dal suo oggetto e

contenuto; - poiché è il contenuto in sé, la dialettica che il contenuto ha in lui stesso, quella che lo muove. E’ chiaro che nessuna

esposizione può valere come scientifica, la quale non segua l’andamento di questo metodo e non si uniformi al suo semplice ritmo, poiché è l’andamento della cosa stessa. (…) Quello per cui il concetto si spinge avanti è quel negativo, dianzi accennato, che ha

in sé; cotesto è il vero elemento dialettco. La dialettica, che venne trattata come una parte separata della logica e che, quanto al suo

scopo e al suo punto di vista, rimase, si può dire, interamente disconosciuta, acquista con ciò una ben altra dignità…

(25)

Scienza della logica (1812-16):

(…) La contraddizione (…) è la radice di ogni movimento e vitalità; qualcosa si muove, ha un istinto e un’attività, solo in

quanto ha in se stesso una contraddizione. (…) La comune esperienza riconosce che si dà una quantità di cose

contraddittorie, di contraddittorie disposizioni, ecc., la cui

contraddizione non sta semplicemente in una riflessione esteriore, ma in loro stesse. E la contraddizione non è poi da prendere semplicemente come un’anomalia che si mostri solo qua e là, ma

è il negativo nella sua determinazione essenziale, il principio di ogni muoversi, muoversi che non consiste se non in un esplicarsi

e mostrarsi della contraddizione…

(26)

Il sistema filosofico di Hegel

Logica Idea in sé e per sé=

Puro pensiero (tesi) Filosofia della natura Idea fuori di sé=

Natura (antitesi)

Filosofia dello spirito Idea che ritorna in sé=

Spirito (sintesi)

(27)

Il sistema filosofico di Hegel

Logica Dottrina dell’essere

Dottrina dell’essenza Dottrina del concetto

Filosofia della natura Meccanica Fisica

Organica

(28)

Il sistema filosofico di Hegel

Filosofia dello Spirito

Spirito soggettivo Antropologia

Fenomenologia Psicologia

Spirito oggettivo Diritto

Moralità Eticità

Spirito assoluto Arte

Religione Filosofia

(29)

Il sistema filosofico di Hegel

Famiglia

Eticità Società civile

Stato

(30)

Lineamenti di filosofia del diritto

Lo Stato non esiste per i cittadini: si potrebbe dire che esso è il fine, e quelli sono i suoi strumenti. Peraltro tale rapporto generale di fine a mezzo non è in questo caso adeguato. Lo Stato non è infatti una realtà astratta che si contrapponga ai cittadini; bensì essi sono momento come nella vita organica, in cui nessun membro è fine e nessuno è mezzo, (§ 258 A).

(31)

Lezioni di filosofia della storia

Si può chiamare astuzia della ragione il fatto che

quest’ultima faccia agire per sé le passioni, e che

quanto le serve di strumento per tradursi in

esistenza abbia da ciò scapito e danno (I, 97)

(32)

Lezioni di filosofia della storia

Questi sono i grandi uomini della storia, quelli i cui propri fini particolari contengono il sostanziale, che è volontà dello spirito del mondo. Questo contenuto è la loro vera potenza, esso è nell’universale istinto inconsapevole degli uomini. Essi sono spinti a ciò intimamente, e non hanno altro modo di resistere a colui che ha assunto, nel proprio interesse, l’esecuzione di un tale fine. I popoli piuttosto si uniscono intorno alla sua bandiera: egli svela loro e reca in atto quel che era impulso immanente della loro natura.

(33)

Epistolario

Ho visto l’imperatore – quest’Anima del mondo

– cavalcare in ricognizione attraverso la città; è

davvero una sensazione meravigliosa vedere un

tale individuo, che concentrato qui in un punto,

dritto su di un cavallo, conquista il mondo intero

e lo domina.

(34)

Epistolario

Gli avvenimenti più universali (…) mi suscitano le più universali considerazioni, che mi riportano nella sfera del pensiero i particolari singoli e prossimi, per quanto questi possano interessare il sentimento.

Io considero che lo Spirito del mondo ha dato al tempo la parola d’ordine di avanzare; un tale comando è obbedito; questo essere si avanza irresistibile come una falange corazzata, in ordine chiuso, e con il movimento impercettibile del sole, attraverso ogni ostacolo;

innumerevoli truppe leggere si muovono nell’uno e nell’altro senso, e la maggior parte di esse non sa neppure di che si tratta e non fa che incassare colpi che provengono come da una mano invisibile. Tutte le millanterie temporeggiatrici (…) a nulla servono; (…) Il partito più sicuro (interiormente ed esteriormente) è quello di osservare questo gigante che si avanza…

(35)

Lezioni di filosofia della storia

La bandiera dello spirito libero (…) è la bandiera

sotto cui serviamo e che teniamo alta. Il tempo,

da allora fino a noi, non ha avuto e non ha altra

opera da compiere all’infuori di quella di

incorporare questo principio nel mondo (IV, 151)

(36)

Lezioni di filosofia della storia

Sembra che allo spirito del mondo sia ora riuscito di sbarazzarsi da ogni essenza estranea e oggettiva, e di cogliersi infine come Spirito assoluto, di generare da sé ciò che gli diviene oggettivo e, comportandosi con calma, di tenerlo in suo potere.

(37)

Lezioni di filosofia della storia

Sin qui è giunto lo spirito del mondo. L’ultima filosofia è il risultato di tutte le precedenti; nulla è perduto, tutti i principi sono conservati. Questa idea concreta è il risultato degli sforzi dello spirito attraverso quasi 2500 anni (…) del suo più serio lavoro per diventare oggettivo a se stesso e per conoscersi: Tantae molis erat se ipsam cognoscere mentem (parafrasi virgiliana).

(38)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 3

I SEMESTRE

A.A. 2011-2012

(39)

Filosofia del diritto, Prefazione

La filosofia, poiché è lo scandaglio del razionale, appunto per ciò che è l’apprendimento di ciò ch’è presente e reale, non la costruzione di un al di là, che sa Dio dove dovrebbe essere, - o del quale di fatto si sa ben dire dov’è, cioè nell’errore di un vuoto, unilaterale raziocinare…

Ciò che è razionale è reale:

e ciò che è reale è razionale.

(40)

Filosofia del diritto, Prefazione

In questa convinzione sta ogni coscienza non prevenuta, e così pure la filosofia, e questa procede di qui nella considerazione così dell’universo spirituale, come di quello naturale. Se la riflessione, il sentimento o qualsiasi forma abbia la coscienza soggettiva, riguarda il presente per un qualcosa di vano, è al di là di esso, e giudica da saccente, esso si ritrova in uno spazio vano, e giacché essa ha realtà soltanto nel presente, così essa stessa è soltanto vanità. Se d’altro verso l’idea passa per ciò ch’è soltanto un’idea, una rappresentazione in un’opinione, la filosofia al contrario procura l’intellezione che nulla è reale al di fuori dell’idea.

(41)

Filosofia del diritto, Prefazione

Quel che importa allora è conoscere, nella parvenza di ciò ch’è temporale e transeunte, la sostanza che è immanente e l’eterno che è presente. Poiché il razionale, che è sinonimo dell’idea, allorché esso nella sua realtà entra in pari tempo nell’esistenza esterna, vien fuori in un’infinita ricchezza di forme, fenomeni e configurazioni, e circonda il suo nucleo con la scorza variopinta nella quale la coscienza dapprima dimora, che soltanto il concetto trapassa, per trovare il polso interno e pur nelle configurazioni esterne sentirlo ancora battere…

(42)

Filosofia del diritto, Prefazione

…Così, dunque, questo trattato, in quanto contiene la scienza dello Stato, dev’essere null’altro, se non il tentativo d’intendere e presentare lo Stato come cosa razionale in sé. In quanto scritto filosofico, esso deve restare molto lontano dal dover costruire uno Stato come dev’essere; l’ammaestramento che può trovarsi in esso non può giungere a insegnare allo Stato come deve essere, ma, piuttosto, in quale modo esso deve esser riconosciuto come universo etico.

(43)

Filosofia del diritto, Prefazione

…Intendere ciò che è, è il compito della filosofia,

poiché ciò che è, è la ragione. Del resto, per quel che

si riferisce all’individuo, ciascuno è, senz’altro, figlio

del suo tempo; e anche la filosofia è il proprio tempo

appreso col pensiero. E’ altrettanto folle pensare che

una qualche filosofia precorra il suo mondo attuale,

quanto che ogni individuo si lasci indietro il suo

tempo, e salti oltre…

(44)

Filosofia del diritto, Prefazione

Ciò che sta tra la ragione come spirito autocosciente, e la ragione come realtà presente, ciò che differenzia quella ragione da questa ed in essa non lascia trovare l’appagamento, è l’impaccio di qualche astrazione, che non si è liberata, e non si è fatta concetto.

Riconoscere la ragione come la rosa, nella croce del presente, e quindi godere di questa – tale riconoscimento razionale è la riconciliazione con la realtà, che la filosofia consente a quelli, i quali hanno avvertito, una volta, l’interna esigenza di comprendere e di mantenere, appunto, la libertà soggettiva in ciò che è sostanziale, e al modo stesso, di stare nella libertà soggettiva, non come in qualcosa di individuale e di accidentale, ma in qualcosa che è in sé e per sé.

(45)

Filosofia del diritto, Prefazione

(…) Del resto, a dire anche una parola sulla dottrina di come dev’essere il mondo, la filosofia arriva sempre troppo tardi. Come pensiero del mondo, essa appare per la prima volta nel tempo, dopo che la realtà ha compiuto il suo processo di formazione ed è bell’e fatta. Questo, che il concetto insegna, la storia mostra, appunto, necessario: che, cioè, prima l’ideale appare di contro al reale, nella maturità della realtà, e poi esso costruisce questo mondo medesimo, colto nella sostanza di esso, in forma di regno intellettuale. Quando la filosofia dipinge a chiaroscuro, allora un aspetto della vita è invecchiato, e, dal chiaroscuro, esso non si lascia ringiovanire, ma soltanto riconoscere: la nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo.

(46)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 5

I SEMESTRE

A.A. 2011-2012

(47)

K. Marx, Undicesima tesi su Feuerbach

I filosofi hanno solo interpretato il

mondo in modi diversi; si tratta però

di mutarlo.

(48)

K. Marx, L’ideologia tedesca

Finora gli uomini si sono sempre fatti idee false intorno a se stessi, intorno a ciò che essi sono o devono essere. In base alle loro idee di Dio, dell’uomo normale, ecc. essi hanno regolato i loro rapporti. I parti della loro testa sono diventati più forti di loro. Essi, i creatori, si sono inchinati di fronte alle loro creature. Liberiamoli dalle chimere, dalle idee, dai dogmi, dagli esseri prodotti dall’immaginazione, sotto il cui giogo essi languiscono. Ribelliamoci contro questa dominazione dei pensieri. Insegniamo loro a sostituire queste immaginazioni con pensieri che corrispondano all’essenza dell’uomo, dice uno; a comportarsi criticamente verso di esse, dice un altro; a togliersele dalla testa, dice un terzo, e la realtà ora esistente andrà in pezzi.

(49)

K. Marx, L’ideologia tedesca

Queste fantasie innocenti e puerili formano il nucleo della moderna filosofia giovane-hegeliana, che in Germania non soltanto è accolta dal pubblico con orrore e reverenza, ma è anche messa in circolazione dagli stessi eroi filosofici con la maestosa coscienza della sua criminosa spregiudicatezza. Il primo volume di questa pubblicazione ha lo scopo di smascherare queste pecore che si credono lupi e che tali vengono considerate, di mostrare come esse altro non fanno che tener dietro, con i loro belati filosofici, alle idee dei borghesi tedeschi, come le bravate di questi filosofici esegeti rispecchino semplicemente la meschinità delle reali condizioni tedesche. Essa ha lo scopo di mettere in ridicolo e di toglier credito alla lotta filosofica con le ombre della realtà, che va a genio al sognatore e sonnacchioso popolo tedesco…

(50)

K. Marx, L’ideologia tedesca

I presupposti da cui muoviamo non sono arbitrari, non sono dogmi: sono presupposti reali, dai quali si può astrarre solo nell’immaginazione. Essi sono gli individui reali, la loro azione e le loro condizioni materiali di vita, tanto quelle che essi hanno trovato già esistenti quanto quelle prodotte dalla loro stessa azione. Questi presupposti sono dunque constatabili per via puramente empirica.

(51)

K. Marx, L’ideologia tedesca

Il primo presupposto di tutta la storia umana è naturalmente l’esistenza di individui umani viventi. Il primo dato di fatto da constatare è dunque l’organizzazione fisica di questi individui e il loro rapporto, che ne consegue, verso il resto della natura. Qui naturalmente non possiamo addentrarci nell’esame né della costituzione fisica dell’uomo stesso, né delle condizioni naturali trovate dagli uomini, come le condizioni geologiche, oro-idrografiche, climatiche, e così via. Ogni storiografia deve prendere le mosse da queste basi naturali e dalle modifiche da esse subite nel corso della storia per l’azione degli uomini.

Si possono distinguere gli uomini dagli animali per la coscienza, per la religione, per tutto ciò che si vuole; ma essi cominciarono a distinguersi dagli animali allorché cominciarono a produrre i loro mezzi di sussistenza, un progresso che è condizionato dalla loro organizzazione fisica. Producendo i loro mezzi di sussistenza, gli uomini producono indirettamente la loro stessa vita materiale.

(52)

K. Marx, L’ideologia tedesca

Il modo in cui gli uomini producono i loro mezzi di sussistenza dipende prima di tutto dalla natura dei mezzi di sussistenza che essi trovano e che debbono riprodurre. Questo modo di produzione non si deve giudicare solo in quanto è la riproduzione dell’esistenza fisica degli individui; anzi, esso è già un modo determinata dell’attività di questi individui, un modo determinato di estrinsecare la loro vita, un modo di vita determinato. Come gli individui esternano la loro vita, così essi sono. Ciò che essi sono coincide dunque con la loro produzione, tanto con ciò che producono quanto col modo come producono. Ciò che gli individui sono dipende dunque dalle condizioni materiali della loro produzione.

(53)

K. Marx

Il compito della storia, una volta scomparso l’al di là della verità, consiste quindi nello stabilire la verità dell’al di qua. Compito della filosofia, che è al servizio della storia, è lo smascheramento, dopo che la figura sacra dell’estraneazione dell’uomo è già stata smascherata, dell’autoestraneazione dell’uomo nelle figure non-sacre.

La critica del cielo si trasforma quindi nella critica della terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica.

(54)

K. Marx

Noi siamo i compagni filosofici del presente, senza esserne i compagni storici. La filosofia tedesca è il prolungamento ideale della storia tedesca… Ciò che presso i popoli progrediti è lo sfacelo pratico delle condizioni politiche moderne, è rappresentato in Germania, dove queste condizioni non esistono neppure ora, anzitutto dallo sfacelo critico del rispecchiamento filosofico di queste condizioni. La filosofia tedesca del diritto e dello Stato è l’unica storia tedesca che possa stare alla pari con la situazione ufficiale del mondo moderno.

(55)

K. Marx

Il popolo tedesco deve quindi confrontare questa sua storia di sogno con le sue condizioni attuali, e sottomettere alla critica non soltanto queste ultime, ma anche la loro astratta continuazione. Il suo avvenire non può limitarsi né alla negazione immediata delle sue condizioni reali, né alla immediata realizzazione delle sue concezioni politiche e giuridiche ideali, poiché esso già possiede nelle sue concezioni ideali la negazione immediata delle sue condizioni reali, ed ha già quasi vissuto anticipatamente, vedendola concretamente nei popoli vicini, la realizzazione immediata delle sue concezioni ideali.

(56)

K. Marx

Questo modo di considerare le cose non è privo di presupposti. Esso dipende dai presupposti reali, e non li abbandona neppure un istante. I suoi presupposti sono gli uomini, non però in una qualsiasi compiutezza o fissità fantastica, ma nel loro reale… processo di sviluppo sotto determinate condizioni. Non appena viene rappresentato questo attivo processo vitale, la storia cessa di essere una raccolta di morti dati di fatto, come avviene per gli empiristi, pur essi ancora astratti, oppure un’azione immaginaria di soggetti immaginari, come avviene per gli idealisti.

(57)

Marx, Critica del diritto pubblico hegeliano (1843)

Il lato più profondo di Hegel sta nel fatto di aver

sentito come un contrasto la separazione della

società civile da quella politica. Negativo è

peraltro il fatto che egli si accontenti di avere

apparentemente dissolto questo contrasto.

(58)

Marx, Critica del diritto pubblico hegeliano (1843)

Per comportarsi quindi come un vero cittadino dello Stato, per acquistare importanza ed efficacia politiche, egli deve uscire dalla sua realtà civile, deve astrarsene e rientrare nella propria individualità, abbandonando tutta questa organizzazione; l’unica esistenza infatti che egli trova, per essere cittadino dello Stato, è la sua individualità nuda e cruda, poiché l’esistenza dello Stato in quanto governo può fare a meno dell’individuo, e la sua esistenza nella società civile prescinde da quella dello Stato. Egli può essere cittadino dello Stato solo come individuo, e in contrasto con queste uniche comunità sussistenti. La sua esistenza come cittadino dello Stato è un’esistenza estranea alla sua esistenza come uomo sociale, è cioè un’esistenza puramente individuale.

(59)

Marx, Critica del diritto pubblico hegeliano (1843)

I droits de l’homme, cioè i diritti dell’uomo, sono come tali distinti dai droits du citoyen, cioè dai diritti del cittadino. Ma chi è l’homme distinto dal citoyen? Nessun altro fuorché il membro della società borghese. Perché dunque il membro della società borghese diventa un uomo, l’uomo semplicemente, è perché i suoi diritti sono chiamati diritti dell’uomo? Come ci spieghiamo questo fatto? Certo in base al rapporto tra Stato politico e società borghese, cioè in base alla natura dell’emancipazione (soltanto) politica.

(60)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 6

I SEMESTRE

A.A. 2011-2012

(61)

K. Marx, L’ideologia tedesca

La divisione del lavoro offre anche il primo esempio del fatto che fin tanto che gli uomini si trovano nella società naturale, fin tanto che esiste, quindi, la scissione fra interesse particolare e interesse comune, fin tanto che l’attività, quindi, è divisa non volontariamente ma naturalmente, l’azione propria dell’uomo diventa una potenza a lui estranea, che lo sovrasta, che lo soggioga, invece di essere da lui dominata.

(62)

K. Marx, L’ideologia tedesca

Cioè appena il lavoro comincia ad essere diviso ciascuno ha un sfera di attività determinata ed esclusiva che gli viene imposta e dalla quale non può sfuggire: è cacciatore, pescatore, o pastore, o critico, e tale deve restare se non vuol perdere i mezzi per vivere, laddove nella società comunista, in cui ciascuno non ha una sfera di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a piacere, la società regola la produzione generale e appunto in tal modo mi rende possibile di fare oggi questa cosa, domani quell’altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare, così come mi vien voglia; senza diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né critico.

(63)

K. Marx, L’ideologia tedesca

Questo fissarsi dell’attività sociale, questo consolidarsi del nostro proprio prodotto in un potere obiettivo che ci sovrasta, che cresce fino a sfuggire al nostro controllo, che contraddice le nostre aspettative, che annienta i nostri calcoli, è stato fino ad oggi uno dei momenti principali dello sviluppo storico. Il potere sociale, cioè la forza produttiva moltiplicata che ha origine attraverso la cooperazione dei diversi individui, determinata nella divisione del lavoro, appare a questi individui, poiché la cooperazione stessa non è volontaria ma naturale, non come il loro proprio potere unificato, ma come una potenza estranea, posta al di fuori di essi, della quale essi non sanno donde viene e dove va, che quindi non possono più dominare e che al contrario segue una sua propria successione di fasi e di gradi di sviluppo la quale è indipendente dal volere e dall’agire degli uomini e anzi dirige questo volere e questo agire…

(64)

Marx, Il Capitale

Di dove sorge dunque il carattere enigmatico del prodotto di lavoro appena assume forma di merce? Evidentemente proprio da tale forma. L’eguaglianza dei lavori umani riceve la forma reale dell’eguale oggettività di valore dei prodotti del lavoro, la misura del dispendio di forza-lavoro umana mediante la sua durata temporale riceve la forma della grandezza di valore dei prodotti del lavoro, infine i rapporti fra i produttori, nei quali si attuano quelle determinazioni sociali dei loro lavori, ricevono la forma di un rapporto sociale dei prodotti del lavoro.

(65)

Marx, Il Capitale

L’arcano della forma merce consiste dunque semplicemente nel fatto che tale forma, come uno specchio, restituisce agli uomini l’immagine dei caratteri sociali del loro proprio lavoro, facendoli apparire come caratteri oggettivi dei prodotti di quel lavoro, come proprietà sociali naturali di quelle cose, e quindi restituisce anche l’immagine del rapporto sociale tra produttori e lavoro complessivo, facendolo apparire come un rapporto sociale fra oggetti esistente al di fuori di essi produttori. Mediante questo quid pro quo i prodotti del lavoro diventano merci, cose sensibilmente soprasensibili, cioè cose sociali.

(66)

Marx, Il Capitale

Quel che qui assume per gli uomini la forma fantasmagorica di un rapporto tra cose è soltanto il rapporto sociale determinato che esiste fra gli uomini stessi. Quindi, per trovare un’analogia, dobbiamo involarci nella regione nebulosa del mondo religioso. Quivi, i prodotti del cervello umano paiono figure indipendenti, dotate di vita propria, che stanno in rapporto tra loro e in rapporto con gli uomini. Così, nel mondo delle merci, fanno i prodotti della mano umano.

Questo io chiamo il feticismo che s’appiccica ai prodotti del lavoro appena vengono prodotti come merci, e che quindi è inseparabile dalla produzione delle merci (I, I, 4)

(67)

Marx, Il Capitale

In genere, la riflessione sulle forme della vita umana, e quindi anche l’analisi scientifica di esse, prende una strada opposta allo svolgimento reale. Comincia post festum e quindi parte dai risultati belli e pronti del processo di svolgimento. Le forme che danno ai prodotti del lavoro l’impronta di merci, e quindi sono il presupposto della circolazione delle merci, hanno già la solidità di forme naturali della vita sociale, prima che gli uomini cerchino di rendersi conto, non già del carattere storico di queste forme, che per essi anzi sono ormai immutabili, ma del loro contenuto (Vol. I, p. 107)

(68)

Marx, Scritti giovanili

“Quando il proletariato annuncia il

dissolvimento dell’ordine finora esistente,

rivela solo il segreto della sua propria

esistenza, poiché esso il dissolvimento

effettivo di quest’ordine mondiale”.

(69)

Marx, L’ideologia tedesca

Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi.

Chiamiamo comunismo il movimento reale

che abolisce lo stato di cose presente. Le

condizioni di questo movimento risultano

dal presupposto ora esistente.

(70)

Marx, Il Capitale

Il vero limite della produzione capitalistica è il capitale stesso, è questo:

che il capitale e la sua autovalorizzazione appaiono come punto di partenza e punto di arrivo, come motivo e scopo della produzione; che la produzione è solo produzione per il capitale, e non al contrario i mezzi di produzione sono dei semplici mezzi per una continua estensione del processo vitale per la società dei produttori. I limiti nei quali possono unicamente muoversi la conservazione e l’autovalorizzazione del valore-capitale, che si fonda sull’espropriazione e l’impoverimento della grande massa dei produttori, questi limiti si trovano dunque continuamente in conflitto con i metodi di produzione a cui il capitale deve ricorrere per raggiungere il suo scopo, e che perseguono l’accrescimento illimitato della produzione, la produzione come fine a se stessa, lo sviluppo incondizionato delle forze produttive sociali del lavoro.

(71)

Marx, Il Capitale

Il mezzo – lo sviluppo incondizionato delle forze produttive sociali – viene permanentemente in conflitto con il fine ristretto, la valorizzazione del capitale esistente. Se il modo di produzione capitalistico è quindi un mezzo storico per lo sviluppo della forza produttiva materiale e la creazione di un corrispondente mercato mondiale, è al tempo stesso la contraddizione costante tra questo suo compito storico e i rapporti di produzione sociali che gli corrispondono (Vol. III, p. 303).

(72)

Marx, Il Capitale

Dato che la massa di lavoro vivo impiegato diminuisce costantemente in rapporto alla massa di lavoro oggettivato da essa messo in movimento (cioè ai mezzi di produzione consumati produttivamente) anche la parte di questo lavoro vivo che non è pagato e si oggettiva in plusvalore, dovrà essere in proporzione costantemente decrescente rispetto al valore del capitale complessivo impiegato. Questo rapporto tra la massa del plusvalore e il valore del capitale complessivo impiegato costituisce però il saggio del profitto, che dovrà per conseguenza diminuire costantemente (Vol.

III, p. 261).

(73)

Marx, Epistolario (1858)

Avevo cominciato lo studio di questa scienza a Parigi, e lo continuai a Bruxelles, dove ero emigrato in seguito ad un decreto di espulsione del sig. Guizot. Il risultato generale al quale arrivai e che, una volta acquisito, mi servì da filo conduttore nei miei studi, può essere brevemente formulato così: nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale.

(74)

Struttura e sovrastruttura

Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse.

(75)

Struttura e sovrastruttura

La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza, è in primo luogo direttamente intrecciata all’attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini, linguaggio della vita reale. Le rappresentazioni e i pensieri, lo scambio spirituale degli uomini appaiono qui ancora come emanazione diretta del loro comportamento materiale. Ciò vale allo stesso modo per la produzione spirituale quale essa si manifesta nel linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della religione, della metafisica, ecc. di un popolo.

(76)

Il concetto di ideologia

La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza, è in primo luogo direttamente intrecciata all’attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini, linguaggio della vita reale. Le rappresentazioni e i pensieri, lo scambio spirituale degli uomini appaiono qui ancora come emanazione diretta del loro comportamente materiale. Ciò vale allo stesso modo per la produzione spirituale, quale essa si manifesta nel linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della religione, della metafisica, ecc. di un popolo.

(77)

Il concetto di ideologia

Sono gli uomini i produttori delle loro rappresentazioni, idee, ecc., ma gli uomini reali, operanti, così come sono condizionati da un determinato sviluppo delle loro forze produttive e dalle relazioni che vi corrispondono fino alle loro formazioni più estese. La coscienza non può mai essere qualcosa di diverso dall’essere cosciente, e l’essere degli uomini è il processo reale della loro vita. Se nell’intera ideologia gli uomini appaiono capovolti come in una camera oscura, questo fenomeno deriva dal processo storico della loro vita, proprio come il capovolgimento degli oggetti sulla retina deriva dal loro immediato processo fisico…

(L’ideologia tedesca, p. 13)

(78)

Il concetto di ideologia

Esattamente all’opposto di quanto accade nella filosofia tedesca, che discende dal cielo alla terra, qui si sale dalla terra al cielo. Cioè non si parte da ciò che gli uomini dicono, si immaginano, si rappresentano, né da ciò che si dice, si pensa, si immagina, si rappresenta che siano, per arrivare da qui agli uomini vivi; ma si parte dagli uomini realmente operanti e sulla base del processo reale della loro vita si spiega anche lo sviluppo dei riflessi e degli echi ideologici di questo processo di vita.

Anche le immagini nebulose che si formano nel cervello dell’uomo sono necessarie sublimazioni del processo materiale della loro vita, empiricamente constatabile e legato a presupposti materiali. Di conseguenza la morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica, e le forme di coscienza che ad esse corrispondono, non conservano oltre la parvenza dell’autonomia.

(79)

Il concetto di ideologia

Esse non hanno storia, non hanno sviluppo, ma gli uomini che sviluppano la loro produzione materiale e le loro relazioni materiali trasformano, insieme con questa loro realtà, anche il loro pensiero e i prodotti del loro pensiero. Non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza. Nel primo modo di giudicare si parte dalla coscienza come individuo vivente, nel secondo modo, che corrisponde alla vita reale, si parte dagli stessi individui reali viventi e si considera la coscienza soltanto come la loro coscienza.

Questo modo di giudicare non è privo di presupposti. Esso muove dai presupposti reali e non se ne scosta per un solo istante. I suoi presupposti sono gli uomini, non in qualche modo isolati e fissati fantasticamente, ma nel loro processo di sviluppo, reale ed empiricamente constatabile, sotto condizioni determinate.

(80)

Il concetto di ideologia

Questo modo di giudicare non è privo di presupposti. Esso muove dai presupposti reali e non se ne scosta per un solo istante. I suoi presupposti sono gli uomini, non in qualche modo isolati e fissati fantasticamente, ma nel loro processo di sviluppo, reale ed empiricamente constatabile, sotto condizioni determinate. Non appena viene rappresentato questo attivo processo vitale, la storia cessa di essere una raccolta di morti dati di fatto, come avviene per gli empiristi, pur essi ancora astratti, oppure un’azione immaginaria di soggetti immaginari, come avviene per gli idealisti.

(L’ideologia tedesca, pp. 12 s.).

(81)

Il concetto di ideologia

Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti;

cioè la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cosicché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. Le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l’espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio. Gli individui che compongono la classe dominante posseggono tra l’altro anche la coscienza, e quindi pensano… (L’ideologia tedesca, pp. 35 s.)

(82)

Il concetto di ideologia in Marx

1) Credenze illusorie o socialmente sconnesse, che si considerano il fondamento della storia e che distraendo gli uomini e le donne dalle loro vere condizioni sociali (comprese le determinazioni sociali delle loro idee), servono a sorreggere un potere oppressivo.

Il contrario di ciò è una conoscenza esatta e

spregiudicata delle condizioni sociali

materiali

(83)

Il concetto di ideologia in Marx

2) Idee che esprimono direttamente gli interessi materiali della classe sociale dominante e che sono utili alla difesa del suo dominio.

Il contrario di ciò è o la vera conoscenza

scientifica o la coscienza delle classi non

dominanti.

(84)

Il concetto di ideologia in Marx

3) Tutte le forme concettuali in cui si combatte

la lotta di classe, compresa rpobabilmente l

valida coscienza di forze politicamente

rivoluzionarie. Il contrario di ciò è qualsiasi

concezione al momento non coinvolta nella

lotta.

(85)

Il concetto di ideologia in Marx

4) Una non verità esistente, praticamente

fondata, dotata di conseguenze pratiche ed

infine interamente sopprimibile soltanto

attraverso la prassi. (Il Capitale, Analisi del

feticcio della merce)

(86)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 7

I SEMESTRE

A.A. 2010-2011

(87)

Per la critica dell’economia politica (1859):

Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. (…) A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura.

(88)

Per la critica dell’economia politica (1859):

(…) Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perché l’umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione. A grandi linee, i modi di produzione asiatico, antico, feudale e borghese moderno possono essere designati come epoche che marcano il progresso della formazione economica della società.

(89)

Il Capitale:

Con la diminuzione costante del numero dei magnati del capitale che usurpano e monopolizzano tutti i vantaggi di questo processo di trasformazione, cresce la massa della miseria, della pressione, dell’asservimento, della degenerazione, dello sfruttamento, ma cresce anche la ribellione della classe operaia che sempre più s’ingrossa ed è disciplinata, unita e organizzata dallo stesso meccanismo del processo di produzione capitalistico. Il monopolio del capitale diventa un vincolo del modo di produzione, che è sbocciato insieme ad esso e sotto di esso. La centralizzazione dei mezzi di produzione e la socializzazione del lavoro raggiungono un punto in cui diventano incompatibili col loro involucro capitalistico. Ed esso viene spezzato. Suona l’ultima ora della proprietà privata capitalistica. Gli espropriatori vengono espropriati. (…) La produzione capitalistica genera essa stessa, con l’ineluttibilità di un processo naturale, la propria negazione. E’ la negazione della negazione.

(90)

F. Engels, Lettera a Joseph Bloch (1890):

Secondo la concezione marxista della storia la produzione e riproduzione della vita reale è nella storia il momento in ultima istanza determinante. Di più né io né Marx abbiamo mai affermato. Se ora qualcuno distorce quell’affermazione in modo che il momento economico risulti essere l’unico determinante, trasforma quel principio in una frase fatta insignificante, astratta e assurda. La situazione economica è la base, ma i diversi momenti della sovrastruttura – le forme politiche della lotta di classe e i risultati di questa – costituzioni stabilite dalla classe vittoriosa dopo una battaglia vinta, ecc. – le forme giuridiche, anzi persino i riflessi di tutte queste lotte reali nel cervello di coloro che vi prendono parte, le teorie politiche, giuridiche, filosofiche, le visioni religiose ed il loro successivo sviluppo in sistemi dogmatici, esercitano altresì la loro influenza sul decorso delle lotte storiche e in molti casi ne determinano in modo preponderante la forma. .

(91)

F. Engels, Lettera a Joseph Bloch (1890):

E’ un’azione reciproca di tutti questi momenti, in cui alla fine il movimento economico si impone come fattore necessario attraverso un’enorme quantità di fatti casuali (cioè di cose e di eventi il cui interno nesso è così vago e così poco dimostrabile che noi possiamo fare come se non ci fosse e trascurarlo). In caso contrario, applicare la teoria a un qualsiasi periodo storico sarebbe certo più facile che risolvere una semplice equazione di primo grado.

(92)

F. Engels, Lettera a Joseph Bloch (1890):

Ci facciamo da noi la nostra storia, ma, innanzitutto, a presupposti e condizioni assai precisi. Tra di essi quelli economici sono in fin dei conti decisivi. Ma anche quelli politici, ecc., anzi addirittura la tradizione che vive nelle teste degli uomini ha la sua importanza, anche se non decisiva… Ma in secondo luogo la storia si fa in modo tale che il risultato finale scaturisce sempre dai conflitti di molte volontà singole, ognuna delle quali a sua volta è resa quel che è da una gran quantità di particolari condizioni di vita; sono perciò innumerevoli forze che si intersecano tra loro, un gruppo infinito di parallelogrammi di forze, da cui scaturisce una risultante – l’avvenimento storico – che a sua volta può esser considerata come il prodotto di una potenza che agisce come totalità, in modo non cosciente e non volontario. Infatti quel che ogni singolo vuole è ostacolato da ogni altro, e quel che ne viene fuori è qualcosa che nessuno ha voluto. Così la storia, quale è stata finora, si svolge a guisa di un processo naturale, ed essenzialmente è soggetta anche alle stesse

(93)

STORIA DEL PENSIERO POLITICO CONTEMPORANEO

Docente Prof. Scuccimarra

Lezione n. 8

I SEMESTRE

A.A. 2011-2012

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