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La gravitazione universale e il moto dei pianeti

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Academic year: 2021

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© 2012 Cristian Lucisano Editore • LE BASI DI FISICA - Aldo Marinoni

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La gravitazione universale e il moto dei pianeti

Se lascio cadere dalle mani una mela, questa cade a Terra come tutti gli oggetti inerti più pesanti dell’aria.

Fin dall’antichità si capì che la Luna nel cielo, così apparentemente vicina a noi, per quanto di forma sferica non era come un palloncino gonfi ato a elio soggetto all’azione dei venti bensì un corpo celeste di grandi dimensioni e molto distante.

Il fatto che la Luna viaggiasse nel cielo (come tutti gli altri corpi celesti), senza

apparentemente rispondere alla legge che attirava tutte le cose pesanti del mondo fi no a precipitare al suolo, portò gli antichi a ritenere che esistessero due mondi distinti governati da leggi diverse: il mondo terrestre, mutevole e imperfetto, e le sfere celesti, costruite secondo geometrie e regole proprie molto più stabili e incorruttibili.

Per comprendere che due fatti così apparentemente contraddittori erano in realtà eventi governati dalle stesse leggi occorsero millenni e l’osservazione empirica di fatti astronomici particolari.

La Luna come la mela cade attratta dalla Terra, ma a differenza di quest’ultima non si è mai schiantata al suolo e per miliardi di anni questo non accadrà.

Il proiettile sparato da un cannone subisce la forza di propulsione della polvere, che gli imprime una velocità lungo la direzione del cannone, e la forza di gravità, che attrae il proiettile verso il centro della Terra.

Immaginiamo di aumentare a piacimento e per gradi la potenza del cannone.

Il proiettile avanza in orizzontale (supponiamo un “alzo” del cannone di zero gradi) spinto dalla polvere fi no a che non impatta al suolo attratto dalla gravità.

Se aumentiamo via via la potenza del cannone, in ogni caso il proiettile toccherà il suolo dopo il medesimo intervallo di tempo, poiché la distanza dal suolo ad alzo zero è costante; ma, essendo la potenza del cannone aumentata, esso percorrerà una distanza sempre maggiore.

Se ipoteticamente la potenza della polvere è suffi ciente e gli attriti dell’aria inesistenti (come alla distanza della Luna per esempio), si potrà sparare il proiettile a una velocità tale che la curvatura della Terra farà sì che il proiettile nel suo percorso non riesca mai a colpirla, poiché la sua superfi cie curverà sotto di lui più “rapidamente”

di quanto il proiettile possa fare nella sua traiettoria di caduta curva verso il suolo.

Il proiettile in questo caso rimarrà in orbita attratto dalla Terra in perenne e incompiuta caduta.

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© 2012 Cristian Lucisano Editore • LE BASI DI FISICA - Aldo Marinoni

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La gravitazione universale e il moto dei pianeti

Questa scoperta si deve a Isaac Newton alla fi ne di un’evoluzione scientifi ca cominciata con l’osservazione di Galileo che due oggetti di peso anche molto diverso cadono con pari accelerazione.

Quest’ultimo fenomeno istintivamente può sembrare strano al punto da avere richiesto a quel tempo una dimostrazione sperimentale.

In effetti, se teniamo nelle mani due sfere di eguale dimensione, una di legno, più leggera, e una di piombo, più pesante, sentiamo che la forza richiesta dal braccio per sollevare la sfera di piombo è molto maggiore rispetto a quella necessaria per la sfera di legno.

Ciononostante, se lasciamo cadere da uguale altezza e nello stesso momento le due sfere, queste toccheranno il suolo nel medesimo istante rivelando di avere subito un’uguale

accelerazione costante g, pari a 9,81 m s

2

.

Conoscendo la legge del moto F = ma, è facile dedurne che se l’accelerazione è costante per tutti i corpi in caduta, la forza attrattiva F, che identifi chiamo con forza-peso, aumenta con la massa, per cui l’oggetto più pesante subisce una attrazione maggiore ma al contempo oppone un’inerzia maggiore a essere accelerato.

Di conseguenza oggetti di massa maggiore (dotati quindi di maggiore inerzia) vengono attratti da una forza maggiore e oggetti di minore massa sono attratti con forza minore ma l’accelerazione risultante resta la stessa.

In defi nitiva, si può dire che la forza con cui un oggetto è attratto dalla Terra è proporzionale alla sua massa, per cui l’accelerazione rimane costante, fatto salvo l’effetto degli attriti dell’aria.

F (peso) = g (costante) • m (massa dell’oggetto)

Contemporaneamente a Galileo, Keplero ricavava dalle osservazioni a occhio nudo di Ticho Brahe tre leggi sulle orbite dei pianeti del Sistema solare destinate a fornire a Newton i dati sperimentali indispensabili a capire il funzionamento della forza di gravità.

Prima legge di Keplero

I pianeti descrivono nel loro moto orbite ellittiche delle quali il Sole occupa uno dei fuochi.

Il caso di un’orbita circolare era un caso limite di questa legge.

Seconda legge di Keplero

Il vettore tra il Sole e un pianeta in orbita ellittica attorno a esso, spazza aree uguali in tempi

uguali.

Da questa legge apparve chiaro che la velocità dei pianeti lungo le orbite ellittiche diminuisce

quando il pianeta si allontana dal Sole ed è massima quando questo giunge a distanza minima

dal Sole.

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© 2012 Cristian Lucisano Editore • LE BASI DI FISICA - Aldo Marinoni

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La gravitazione universale e il moto dei pianeti

specchio

luce laser incidente

Terza legge di Keplero T

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R

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= K

Il rapporto tra il quadrato del periodo T dell’orbita dei pianeti e il cubo del semiasse maggiore R delle orbite è una costante per tutti i pianeti del Sistema solare.

Tale costante doveva dipendere dalla forza attrattiva del Sole.

Da questi risultati Newton formulò l’ipotesi che la forza di gravità diminuisse in ragione del quadrato della distanza tra il Sole e i pianeti e che fosse proporzionale alle masse dei corpi in reciproca attrazione.

La legge che ne dedusse prende il nome di legge di gravitazione newtoniana ed è stata considerata valida fi no all’avvento della teoria della relatività generale di Einstein.

F =G m M R

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In questa equazione come detto precedentemente, la forza gravitazionale tra due corpi è proporzionale alle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della distanza tra i loro centri di massa, tutto per una costante di proporzionalità G.

A causa dell’estrema debolezza della forza di gravità per corpi di piccole dimensioni la costante G fu trovata sperimentalmente solo un secolo dopo la formulazione di Newton da Cavendish, mediante la precisa misurazione dell’attrazione tra due coppie di sfere collegate a un fi lo di torsione e uno specchio che ne evidenziava l’angolo di rotazione.

Nel dispositivo di Cavendish le sfere piccole sono appese a un fi lo con uno specchietto.

L’attrazione tra le sfere piccole e le sfere grandi fa sì che queste si avvicinino applicando una minima torsione al fi lo che devia il raggio luminoso rifl esso dallo specchio su una scala goniometrica.

Conoscendo la massa delle sfere, la loro distanza iniziale e la costante di torsione del fi lo si arriva a trovare la grandezza di G applicando la suddetta formula della gravitazione:

Il valore di G: G =6.67×10

−11

Nm

2

/ kg

2

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