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"Basta, qui siamo finiti!": 1938 le leggi razziste a Trieste. "That's it, we're done here": 1938 the Racist LawsTrieste

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Academic year: 2021

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Tullia Catalan è professore associato di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Trieste, dove insegna Storia Contemporanea e Storia dell’Ebraismo. Responsabile scientifica del Museo della Comunità ebraica di Trieste “Carlo e Vera Wagner” e membro del comitato di direzione delle riviste “Quest: Issues in Contemporary Jewish History” della Fondazione CDEC di Milano e di “Memoria e Ricerca”. La sua più recente pubblicazione è

Under observation: Italian Jewry and European Jewish Philantropic Organizations in 1938-1939,

nel collettaneo Italian Jewish Networks from the Seventeenth to the Twentieth Century. Bridging

Europe and the Mediterranean (Palgrave Macmillan, New York, 2018).

Tullia Catalan is an Associate Professor of Modern History in the Department of Humanities at the Università degli Studi di Trieste, where she lectures Modern History and Jewish History. She is the scientific director of the “Carlo e Vera Wagner” Museum of the Trieste Jewish Community and a member of the editorial board for the journal Quest: Issues in Contemporary Jewish History, published by the Fondazione CDEC in Milan, and for Memoria e Ricerca. Her most recent publi-cation is ‘Under Observation: Italian Jewry and European Jewish Philanthropic Organizations in 1938-1939’, in the edited volume Italian Jewish Networks from the Seventeenth to the Twentieth

Century. Bridging Europe and the Mediterranean (Palgrave Macmillan, New York, 2018).

Annalisa Di Fant, dottore di ricerca in Forme della comunicazione del sapere storico presso l’Uni-versità degli Studi di Trieste, si è occupata di antisemitismo cattolico, scrivendone nella colletta-nea Storia della Shoah in Italia (UTET, Torino, 2010). Lavora al Museo della Comunità ebraica di Trieste “Carlo e Vera Wagner”, di cui ha curato il riallestimento tra il 2014 e il 2015.

Annalisa Di Fant, holds a PhD in Forms of communicating historical knowledge from the Univer-sità degli Studi di Trieste. She studied Catholic anti-Semitism, writing on the subject in the edited volume Storia della Shoah in Italia (UTET, Turin, 2010). She works at the “Carlo e Vera Wagner” Museum of the Trieste Jewish Community, where she curated the new set-up in 2014-2015.

Matteo Perissinotto, ricercatore presso l’Università di Lubiana all’interno del progetto ERC

Post-war trasistions in gendered perspective: the case of the North-Eastern Adricatic Region. Nel 2016

ha conseguito il titolo di dottore di ricerca presso l’Università degli Studi di Trieste. Managing editor della rivista “Quest. Issues in Contemporary Jewish History”, collabora con il Museo della Comu-nità ebraica di Trieste “Carlo e Vera Wagner” e con la Fondazione Museo della Shoah di Roma. La sua ultima pubblicazione è Il difficile equilibrio tra identità ebraica e patriottismo durante la Prima

guerra mondiale (1914-1918) in “Annali di Italianistica” (36/2018).

Matteo Perissinotto, a researcher at the University of Ljubljana, working on the ERC project

Post-war transitions in gendered perspective: the case of the North-Eastern Adriatic Region. In 2016

he received his doctorate from the Università degli Studi di Trieste. Managing editor of the journal

Quest: Issues in Contemporary Jewish History, he collaborates with the “Carlo e Vera Wagner” Museum

of the Trieste Jewish Community and the Holocaust Museum Foundation in Rome. His most recent publication is ‘Il difficile equilibrio tra identità ebraica e patriottismo durante la Prima guerra mon-diale (1914-1918)’ in Annali di Italianistica (36/2018).

«Bas

ta, qui siamo finiti!» / «That’s it, w

e’re done here!»

a cura di T

. Catalan, A

. Di F

ant, M. P

erissino

tto

«Mi ricordo il discorso di Trieste di Mussolini, ero sotto il palco, dove c’è guardia del corpo, tutti neri, e subito davanti era la milizia universitaria. In quel momento uno dietro dice: ‘Butè fora Levi!’. E questo qui chi era? Un carissimo amico! Quando ho inteso, ho detto: ‘Basta, qui siamo finiti!’».

Dino Italo Levi

«I remember Mussolini’s speech in Trieste, I was standing right beneath the stage, where the bodyguards were, all dressed in black, and just in front was the University Militia. All of a sudden somebody behind me said: ‘Get Levi out of here!’. And who was this? A very dear friend of mine! When I realised, I said: ‘That’s it, we’re done here!’».

Dino Italo Levi

a cura di

Tullia Catalan

Annalisa Di Fant

Matteo Perissinotto

«Basta, qui siamo finiti!»

1938: le leggi razziste a Trieste

«That’s it, we’re done here!»

1938: the Racist Laws in Trieste

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Catalogo della mostra allestita dal 2 dicembre 2018 al 28 giugno 2019 presso il Museo della Comunità ebraica “Carlo e Vera Wagner” col contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia

Catalogue of the exhibition held at the Museum of the Trieste Jewish Community “Carlo e Vera Wagner” from December 2nd, 2018 to June, 28th 2019 with the support of Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia

Curatori della mostra

Exhibition curators Tullia Catalan Annalisa Di Fant Matteo Perissinotto Comitato scientifico Scientific committee

Sara Bergamasco, Tullia Catalan, Antonietta Colombatti, Annalisa Di Fant, Stefano Fattorini, Ariel Haddad, Vanessa Maggi, Erica Mezzoli, Matteo Perissinotto, Maurizio Petroni, Mauro Tabor, Livio Vasieri

In collaborazione con

With the collaboration of

Archivio di Stato di Trieste

Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, Milano Fondazione Museo della Shoah, Roma

Tirocinanti del Dipartimento di Studi Umanistici

Interns from the Humanities Department

Stefano Aschi, Andrea Basso, Carlotta Berini, Chiara Cattarin, Stefano Chiappetta, Matilde Cragnolini, Martino Fasan, Marco Fontana, Karen Giacalone, Gloria Pilastro, Martina Roma

Allestimento

Set-up design

Giovanni Damiani│architetto Giovanni Damiani, Sara Calcich Teknik srl

Traduzioni

Translations

Studio Traduzioni Vecchia, Milano Bethany Gaunt

Archivi privati

Private archives

Marco Bocciai, Gisella Cantori Misan, Armando Chaim, Domenico Crisci,

Roberto Dedenaro, Sergio Della Pergola, Daniele Finzi, Nicoletta e Valentina Goldschmidt, Stefano Hering, Fulvia Levi, Ruben Levi, Loretta Levi, Laura Levi Tomizza, Tamara Misan, Amelia Morpurgo, Sabatino Mustacchi, Liana Novelli Glaab, Loredana Orbach, Rossella Paschi, Davide Puzzolo, Maria Luisa Rigoni Levi, Marina e Paola Sbisà, Tamir Shmulevitz, Luisella Schreiber Segrè, Carlo Sevini, Sara Sinigaglia, Mauro Tabor, Elena Vecchione Grüner, Sabina Vecchione Grüner, Livio Vasieri, Stelio Vinci, Teresa Vivante, Paolo Volli, Gianna Wagner de Polo, Fabio Zenari

Si ringraziano per l’aiuto

Thanks for the help to

Silvia Antonelli, Davide Alzetta, Chiara Artico, Andrea Babich, Miryam Belleli, Sabrina Benussi, Sara Berger, Sonia Bertorelle, Laura Brazzo, Silva Bon,

Franco Cecotti, Claudia Colecchia, Antonella Cosenzi, Andrea D’Arrigo, Luca Del Fabbro, Giuditta De Pretis, Paolo Fano, Paolo Felluga, Gabriella Floreano, Gabriella Gelovizza, Cristina Klarer, Gisele Levy, Maurizio Lorber, Gadi Luzzatto Voghera, Tristano Matta, Christian Michelides, Eddi Milkovitsch, Luciana Musul, Michela Nacmias, Marcello Pezzetti, Liliana Picciotto, Anna Pizzuti, Francesca Richetti, Glauco Rigo, Michele Sarfatti, Livio Sirovich, Costantino Soncini, Franco Stock, Tamy Stock, Valentina Vit, Marinella Zonta

In copertina

Due disegni di Giuseppe Amedeo Tedeschi (Trieste 1881–1957) Archivio privato Marco Bocciai, Trieste

Citazione di Dino Italo Levi tratta da Il libro della Shoah italiana, a cura di Marcello Pezzetti (Einaudi, Torino, 2009)

On the cover

Two drawings by Giuseppe Amedeo Tedeschi (Trieste 1881–1957) Marco Bocciai’s private archive, Trieste

Dino Italo Levi’s quotation taken from Il libro della Shoah italiana, edited by Marcello Pezzetti (Einaudi, Turin, 2009)

Dipartimento di Studi Umanistici

© Copyright 2019

EUT Edizioni Università di Trieste via Weiss 21, 34128 Trieste eut@units.it

http://eut.units.it

https://www.facebook.com/EUTEdizioniUniversitaTrieste Proprietà letteraria riservata.

I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale e parziale di questa pubblicazione, con qualsiasi mezzo (compresi i micro ilm, le fotocopie e altro) sono riservati per tutti i paesi ISBN 978-88-5511-055-6 (print)

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«Basta, qui siamo finiti!»

1938: le leggi razziste a Trieste

«That’s it, we’re done here!»

1938: the Racist Laws in Trieste

a cura di

Tullia Catalan

Annalisa Di Fant

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Rav Ariel Haddad

8 Le leggi razziste del 1938

Mauro Moshe Tabor

12 A 80 anni dal 1938: ricordare o fare memoria attiva?

Tullia Catalan, Annalisa Di Fant, Matteo Perissinotto

16 1. Introduzione

Tullia Catalan

18 2. Antisemitismo politico fra fine ’800 e primo ’900

Matteo Perissinotto

24 3. I censimenti razzisti di Trieste

Annalisa Di Fant 32 4. Propaganda locale Tullia Catalan 40 5. Il discorso di Mussolini Vanessa Maggi 44 6. Ebrei stranieri Sara Bergamasco 54 7. Scuole Tullia Catalan 64 8. Università Matteo Perissinotto

70 9. Negozi e piccolo commercio

Erica Mezzoli

84 10. Grandi imprese

Sommario

Contents

Rav Ariel Haddad

9 The Racist Laws of 1938

Mauro Moshe Tabor

13 80 years after 1938: Should we remember or should we actively commit to memory?

Tullia Catalan, Annalisa Di Fant, Matteo Perissinotto

17 1. Introduction

Tullia Catalan

19 2. Political anti-Semitism in the late 19th and early 20th centuries

Matteo Perissinotto

25 3. Racist censuses in Trieste

Annalisa Di Fant 33 4. Local propaganda Tullia Catalan 41 5. Mussolini’s speech Vanessa Maggi 45 6. Foreign Jews Sara Bergamasco 55 7. Schools Tullia Catalan 65 8. University Matteo Perissinotto

71 9. Shops and small businesses

Erica Mezzoli

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Erica Mezzoli 90 11. Borsa e assicurazioni Erica Mezzoli 96 12. Libere professioni Annalisa Di Fant 108 13. Cultura e sport Vanessa Maggi

118 14. Konfessionslos, convertiti e “misti”

Matteo Perissinotto, Antonietta Colombatti

124 15. Delazioni e zelo amministrativo

Matteo Perissinotto

130 16. Le «discriminazioni»

Maurizio Petroni

136 17. I primi ebrei antifascisti a Trieste

Tullia Catalan

148 18. Emigrazione

Annalisa Di Fant

152 19. La scuola ebraica

Stefano Fattorini

160 20. Tracce scritte, storie individuali

Annalisa Di Fant

192 21. Pietre d’inciampo

Erica Mezzoli

91 11. Stock and Commodity Exchange and insurance companies

Erica Mezzoli

97 12. The professions

Annalisa Di Fant

109 13. Culture and sport

Vanessa Maggi

119 14. Konfessionslos, converts and “mixed”

Matteo Perissinotto, Antonietta Colombatti

125 15. Denunciations and administrative zeal

Matteo Perissinotto

131 16. «Discriminations»

Maurizio Petroni

137 17. The first anti-fascist Jews in Trieste

Tullia Catalan

149 18. Emigration

Annalisa Di Fant

153 19. The Jewish school

Stefano Fattorini

161 20. Written accounts, individual experiences

Annalisa Di Fant

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7

Archivio Centrale dello Stato ACS

Archivio Comunità ebraica di Trieste ACTS

Archivio di Stato di Trieste (PG fondo Prefettura Gabinetto) AST

Archivio Museo della Comunità ebraica di Trieste “Carlo e Vera Wagner” AMETS Archivio storico del Senato della Repubblica, Roma

Archivio storico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Roma Archivio Storico Generale dell’Università degli studi di Trieste ASGUnits Archivio Storico “Il Piccolo”, Trieste ASIP

Biblioteca dell’Alliance Israélite Universelle, Parigi Biblioteca Civica “Attilio Hortis”, Trieste BCTS Biblioteca Statale “Stelio Crise”, Trieste BSSCTS Camera di Commercio di Trieste, archivio storico

Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, Milano CDEC Civici Musei di Storia ed Arte, Trieste CMSA

Civico Museo Morpurgo CMM Civico Museo Revoltella CMR

Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl”, Trieste CMT Istituto “Livio Saranz”, Trieste ILS

Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti” ISTORETO Istituto Regionale per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea nel Friuli Venezia Giulia IRSREC FVG Musei Provinciali, Gorizia

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L’approccio della persona comune agli “anniversari” è spesso quello dell’indifferenza. Addirittura i compleanni spesso vengo-no dimenticati, se vengo-non fosse per i risvolti positivi degli stessi: feste e regali. Cionondimeno, il 2018 ci regala un triste ma fon-damentale memento: la promulgazione delle leggi razziste in Italia nel 1938.

Dal punto di vista storico si può dire che due eventi di rile-vanza primaria per l’Italia hanno visto nel 2018 un anniversario fondamentale. Il primo, dal punto di vista cronologico, è il cente-nario della fine della Prima guerra mondiale. Il secondo è l’ottan-tesimo anno dalla promulgazione delle leggi razziste (o razziali che dir si voglia).

Non c’è dubbio che per quanto riguarda la Comunità ebraica italiana le leggi razziste promulgate dal governo di Mussolini san-ciscono una frattura insanabile tra l’ebraismo italiano e la sua patria. Gli ebrei italiani, negli anni del Risorgimento e dell’Italia liberale avevano partecipato con ardore alla costruzione di uno stato liberale e moderno. Negli anni del fascismo, invece, vedono le loro esistenze prima minacciate, poi limitate, sopraffatte, de-rubate, umiliate e annientate.

Coloro che contribuirono con speranza alla costruzione della Nazione, si videro da essa stessa respinti e obliterati.

La genesi di queste leggi affonda le sue radici filosofiche e storiche in un coagulo di motivazioni che, sorprendentemente, si fanno beffe delle idee di modernità, democrazia e uguaglianza che il mondo moderno sembrava aver fatto definitivamente pro-prie, scagliando gli ebrei d’Europa nell’incubo del genocidio di massa oramai conosciuto come Shoah.

Vi è un’ulteriore riflessione da fare. Nella Torah il personaggio di Amalek viene elevato a paradigma assoluto di ogni persecu-zione, attacco o discriminazione. Viene da chiedersi il perché; non è il primo nemico di Israele, non è l’ultimo. Eppure tutti i persecutori seriali dell’ebraismo vengono sempre paragonati a lui. La risposta sta nel fatto che nella Torah egli viene accostato

Le leggi razzis

te del 1938

Ra

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The Racis

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s of 1938

Ra

v Ariel Haddad

except for the positive aspects of them: parties and gifts. Never-theless, 2018 gives us a sad but fundamental reminder: the promul-gation of the Racist Laws in Italy in 1938.

From an historical point of view, we can say that two events of primary importance for Italy saw a fundamental anniversary in 2018. The first, chronologically, is the centenary of WWI’s end. The second is the eightieth year from the promulgation of the racist laws (or racial laws if you prefer).

There is no doubt that, as regards the Italian Jewish commu-nity, the Racist Laws issued by the Mussolini’s regime marked an incurable rift between Italian Jewry and its homeland. Italian Jews, in the years of Risorgimento and in Liberal Italy, ardently participated to the construction of a liberal and modern state. During Fascism, instead, they saw their lives first threatened, then limited, overwhelmed, robbed, humiliated and annihilated.

Those who contributed with hope to the construction of the Nation were rejected and obliterated.

The genesis of these laws has its philosophical and historical roots in a coagulation of motivations that, surprisingly, makes a mockery of the ideas of modernity, democracy and equality – ideas that the modern world seemed to have definitively made its own – throwing the European Jews into the nightmare of the mass genocide now known as the Shoah.

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Le leggi razziste del 1938/The Racist Laws of 1938

all’idea di freddo. Simbolicamente il freddo rappresenta l’oppo-sizione all’ardore con il quale un ebreo guarda al suo retaggio. L’umiliazione e l’eliminazione fisica non sono l’unica cosa da te-mere, l’abbrutimento e la degradazione dello spirito non sono da meno. Questo ci insegnano, tra le altre cose, le leggi del 1938.

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Sempre più spesso purtroppo, quando si parla di persecuzioni antiebraiche, leggi razziste e Shoah notiamo sguardi infastiditi e talvolta annoiati. Sguardi che sembrano dire: «È ora di finirla di ricordare una cosa di tanti anni fa».

A questo punto sorge spontaneo un dubbio. Facciamo bene o facciamo male ad ostinarci ad approfondire e a far conoscere ciò che è stato? Perché lo facciamo e a cosa vorremmo che ciò portasse?

Ricordare e fare memoria possono essere due verbi per certi

aspetti molto simili ma se ci fermassimo con calma a riflettere, noteremmo che questa similitudine forse è solo apparente. Una persona ricorda un evento specifico, ricorda ciò che accadde nel suo passato, probabilmente rammenta le date e gli anniversari e, come un anziano, ripercorre gli eventi della sua giovinezza or-mai andata e tutte le cose che gli sono accadute.

Fare memoria invece è un verbo di continuità, un verbo che si proietta nel futuro e che, dal ricordo di ciò che è stato, anche dal ricordo negativo e doloroso, trae memoria e la proietta nel suo e, se possibile anche nell’altrui futuro affinché certi sbagli non vengano più rifatti. In un certo senso il sostantivo Memoria può essere quasi visto come sinonimo di Esperienza.

Un architetto alle prime armi costruisce una casa su un ter-reno non idoneo, la sua opera crolla. Cosa dovrebbe quindi fare l’architetto intelligente? Dovrebbe indagare le cause del crollo, comprenderle e farne memoria, trasmettendo la sua esperienza negativa a tutte le generazioni di architetti a venire oltre che farne tesoro per il suo stesso lavoro. Così facendo anche l’esperienza più negativa potrà servire alla costruzione di un futuro migliore.

Nelle Massime dei Padri un trattato della Mishnah (Pirkei

Avot) troviamo una frase importantissima, un insegnamento che

dovrebbe essere alla base del vivere civile di ogni persona: «Non è tuo compito terminare l’opera, ma non per questo devi sentirti esentato dal tentare di farlo» (2:21) da qui capiamo che ognuno di noi ha un compito importante, e quel compito è tentare di

ripor-A 80 anni dal 1938: ricordare

o fare memoria attiv

a?

Mauro Moshe T

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with annoyed, and sometimes bored, looks. Looks which seem to say: «It’s time to stop going on about something which hap-pened so long ago».

At this point, a question spontaneously comes to the sur-face. Is it a good thing or a bad thing to stubbornly try to learn more about what took place? Why do we do it and what do we hope to achieve?

To remember and to commit to memory are two very

simi-lar verbs in certain regards, but if we stop and consider we find that this similarity is perhaps only superficial. People remember a specific event, they remember what happened in their past, perhaps the date things happened and the anniversaries of the event and, like an old person, they go over the events of their youth and all the things they experienced.

To commit to memory, however, is an ongoing action, a verb which projects into the future and which, by remembering what has been, even the negative and painful memories, draws on the memory and projects into one’s own, and where possible other people’s, futures, so that certain mistakes are not made again. In a certain sense the noun “memory” can almost be viewed as synonymous with “experience”.

A novice architect builds a house on unstable ground, and his work falls apart. What, therefore, should the intelligent architect do? He should investigate the cause of the collapse, understand it and commit it to memory, treasuring this negative experience and transmitting it to the generations of architects to come. In this way, even the most negative experience can serve to build a better future.

In Ethics of Our Fathers, a treaty by Mishnah (Pirkei Avot), we find an incredibly important phrase, a teaching which should be at the centre of civic life for everyone: «It is not incumbent upon you to complete the work, but neither are you at liberty to desist

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A 80 anni dal 1938/80 years after 1938

tare il mondo all’armonia ed alla pace. Ognuno di noi rappresenta un tassello importante nella costruzione di un mondo migliore.

Ogni anno la notte tra il 14 ed il 15 del mese di Nissan il popolo ebraico festeggia Pesach, l’uscita dall’Egitto, il momento, gioioso e doloroso allo stesso tempo, che ci insegna che fummo schiavi in Egitto e ci fa quindi apprezzare la libertà come bene assoluto ed irrinunciabile.

Ma ricordiamo o facciamo memoria? Io credo che facciamo entrambe le cose. I rabbini ci insegnano che in quella data, e per tutti gli otto giorni della festa, ognuno di noi, nonostante siano passati migliaia di anni, è come se stesse nuovamente uscendo dall’Egitto. Noi quindi non ricordiamo solo quei fatti raccontati nell’Haggadah ma li viviamo, ne siamo partecipi, ci prepariamo fisicamente all’uscita ed alla fine, superato il Mar Rosso, siamo finalmente Liberi.

La festa di Pesach è chiamata “zeman cherutenu”, epoca della nostra liberazione. L’uomo libero è colui che sa ascoltare l’altro e che con umiltà si dispone ad accogliere le sue opinioni, anche se diverse dalle proprie. A differenza di ciò il “chamez” (il cibo lievitato proibito negli otto giorni della Festa), rappresenta la violenza; è infatti il simbolo della supremazia di un uomo nei confronti del suo prossimo.

Troppo spesso diamo per scontate le cose che abbiamo, le crediamo traguardi raggiunti che nessuno potrà mai toglierci. La libertà ed i diritti erano dei traguardi sognati ed agognati da generazioni e generazioni di ebrei, famiglie intere costrette a fre-quenti e repentini spostamenti legati alla lungimiranza di certi governanti riguardo “agli ebrei” piuttosto che all’antisemitismo di altri. La storia ci insegna che ad un momento di calma e tran-quillità può seguire un momento di sorte completamente avver-sa per il nostro popolo.

Dalla Rivoluzione francese in poi, in molti stati si andò via via a creare una sempre più completa accettazione dell’ebreo quale cittadino a pieno diritto. I diritti civili avevano emancipato gli ebrei che, lasciati i ghetti e le segregazioni, si sentivano

final-mente cittadini liberi e pronti a dare il loro contributo alla crescita sociale, culturale ed economica dello stato cui appartenevano e verso il quale si sentivano leali.

La partecipazione degli ebrei alla Prima guerra mondiale, schierati nelle fila degli stati di cui erano cittadini, sembrò, nella sua drammaticità, quasi l’ultimo suggello della completa pari-tà di diritti. Nonostante un costante antisemitismo strisciante in certi circoli ed in certi gruppi, le leggi dei singoli stati conferivano parità di trattamento a tutti i cittadini a prescindere dalla reli-gione da loro professata. Ciò parve un traguardo raggiunto con tanta fatica ed assolutamente non controvertibile.

A meno di due decenni dalla fine del conflitto mondiale co-stato tante vite umane anche ebraiche, tutti quei diritti acquisiti furono tolti agli ebrei, la loro libertà venne via via limitata al pun-to di ridurli ad esseri braccati e, purtroppo, categoria subumana da eliminare dal panorama umano del nuovo ordine nazifascista. Ecco quindi il motivo per il quale l’ebreo ha un obbligo morale di fare memoria: ogni essere umano ha il dovere di vigilare sulla propria, ma soprattutto sull’altrui libertà. Viviamo un periodo nel quale troppo spesso sentiamo slogan, anche da voci ufficiali, che inneggiano alla diversità di trattamento di intere categorie sociali rispetto ad altre. Lo studio e la conoscenza della storia devono crearci gli anticorpi per saper difendere il nostro presente ed il nostro futuro da qualsiasi virus xenofobo e razzista, che potreb-be rischiare di farci ripiombare negli anni bui in cui singoli gruppi umani venivano disumanizzati e relegati a paria della società.

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to the world. We all represent an important piece in the building of a better world.

Every year on the night between the 14th and 15th of the month of Nissan the Jewish people celebrate Pesach, the exodus from Egypt, the moment, joyful and painful at the same time, which teaches us that we were slaves in Egypt and which makes us appreciate freedom as an absolute and indispensable good.

But do we remember or do we commit it to memory? I be-lieve that we do both. The Rabbis teach us that on that date, and for all eight days of the festival, despite the thousands of years which have passed, for each of us it is as if we have newly left Egypt. Therefore, we not only remember the facts recounted in the Haggadah, but we live them, we are participants, we physi-cally prepare for the departure and at the end, having crossed the Red Sea, we are finally Free.

The celebration of Pesach is called “zeman cherutenu”, era of our liberation. The free man is he who knows how to listen to others and who humbly welcomes their opinions, even if they dif-fer from his own. In contrast, the “chamez” (the leavened bread which is forbidden during the eight days of the festival), repre-sents violence; indeed, it is a symbol of the supremacy of one man over another.

Too often we take the things we have for granted, we think they are achievements that no one can take away from us. Free-dom and rights were dreamed about and coveted by Jews for generation after generation. Entire families were subjected to frequent and sudden moves, tied to the views of certain rulers on “the Jews”, as well as the anti-Semitism of others. History teaches us that after a moment of peace and tranquillity, a very different, negative fate may follow for our people.

From the French Revolution onwards, in many states there was on ever-improving acceptance of Jews as citizens with full

to contribute to the social, cultural and economic growth of the state to which they belonged and to which they felt loyalty.

The participation of Jews in the First World War, where they stood amongst the ranks of the states in which they lived, seemed, in its drama, almost the final seal on their complete equality of rights. Despite a constant latent anti-Semitism in certain circles and certain groups, the laws of the single states conferred parity of treatment to all citizens, notwithstanding religion. This seemed to be an outcome which had been achieved with a great deal of effort, and which would be absolutely indestructible.

Less than two decades after the end of the global conflict which had caused such loss of human life, including amongst the Jewish population, all rights were taken away from the Jews, their freedom was slowly limited to the point that they were hunt-ed and considerhunt-ed subhuman, to be eliminathunt-ed from the face of the earth by the new Nazi-Fascist order.

This, then, is the reason why Jews have a moral duty to com-mit to memory: every human being has the right to keep watch over their own, and other people’s, freedom. We live in a time when too often we hear slogans, even from official outlets, which promote the idea that entire social categories should be treated differently to others. Studying and understanding history should make us antibodies which know how to defend our present and our future from every xenophobic and racist virus which we risk encountering during the dark years in which individual groups are dehumanised and made social pariahs.

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Trieste può essere considerata fin dal tardo Ottocento, un “labo-ratorio di razzismo”, antislavo e antisemita.

Questa mostra intende ricostruire, attraverso molta docu-mentazione ancora inedita, la prassi persecutoria del razzismo fascista antisemita e le reazioni dei singoli ebrei e della società maggioritaria nei mesi convulsi tra la primavera del 1938 e i pri-mi mesi del 1939. Fu il periodo in cui il regime fascista decise di iniziare a perseguitare i diritti dei cittadini italiani di religione e origine ebraica, e lo fece in modo particolarmente rigoroso a Trieste, come se il fascismo locale volesse smentire una volta per tutte la fama di città più «giudaizzata» del Regno, secondo le parole d’ordine della propaganda antisemita nazionale.

All’epoca Trieste era la terza comunità ebraica italiana, con più di 5.000 iscritti, e con un alto numero di ebrei stranieri, sia residenti che in transito verso altre destinazioni. Gli ebrei triesti-ni erano bene integrati nella società locale e la promulgazione delle leggi razziste nel 1938 fu per loro un fulmine a ciel sereno. Il percorso affronta i vari ambiti della persecuzione: la scuola, l’università, il mondo del lavoro, ma vuole anche restituire la rie-laborazione successiva degli avvenimenti da parte dei protagoni-sti, attraverso le loro memorie del periodo. Le reazioni dei singoli furono molteplici: l’emigrazione, la conversione, l’accettazione rassegnata della normativa, ma anche l’adesione all’antifasci-smo. La Comunità ebraica mantenne sul piano pubblico un quasi totale riserbo, anche a causa del profondo patriottismo nutrito da molti dei suoi dirigenti. Il suo aiuto concreto si espresse in particolar modo nella gestione della scuola ebraica e nel suppor-to costante all’emigrazione.

1. Introduzione

Tullia Cat

alan

Annalisa Di F

ant

Matteo P

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This exhibition aims to reconstruct, using a great deal of in-edited documentation, the practices of persecution adopted by the anti-Semitic racism, and the reactions of individual Jews and the majority society during the turbulent months from Spring 1938 to early 1939. This was the period during which the Fascist regime decided to begin persecuting the rights of Italian citizens of Jewish origins and faith, implementing this persecution par-ticularly rigorously in Trieste, as if the local Fascists wished to deny one and for all the city’s fame as the most “Judaized” city in the Kingdom, according to the slogans of the national anti-Semitic propaganda.

At the time Trieste was the third largest Italian Jewish Com-munity, with more than 5,000 members, and a high number of foreign Jews, who were resident in the city or in transit towards other destinations. The Triestine Jews were well integrated in the local society and the promulgation of the Racist Laws of 1938 came as a bolt from the blue.

The exhibition retraces the various areas of persecution: school, university, the world of work, but it seeks also to present the protagonists’ view of the events, through their memories of the period. The Jews reacted to the persecution in many different ways: some emigrated, some converted, some resignedly accept-ed the legislation, and some turnaccept-ed to antifascism. The Jewish Community maintained total reserve on a public level, which was in part due to the profound patriotism supported by many of its leaders. Its concrete support was expressed in the management of the Jewish school and the constant assistance of those seek-ing to emigrate.

1. Introduction

Tullia Cat

alan

Annalisa Di F

ant

Matteo P

(19)

2. Antisemitismo politico

fra

fine

’800

e

primo

’900

Tullia Cat

alan

«L’antisemitismo a Trieste è un fenomeno recente, dirò quasi

ne-onato, non ha messo ancora denti visibili, ma comincia tuttavia a mordere…».

Felice Venezian a Enrico Nathan, 1902

A Trieste l’influenza dell’antisemitismo politico presente nell’Impe-ro asburgico si fece sentire alla fine dell’Ottocento e durò fino al 1903, quando fu arginato grazie all’intervento dei socialisti locali. L’antisemitismo, nelle sue varie correnti, ebbe come obiettivo soprattutto gli ebrei presenti nel partito liberal-nazionale di orien-tamento irredentista, contro i quali si scagliarono i periodici sati-rici come ad esempio il “Cri Cri”, ma anche la stampa politica di area cristiano-sociale.

(20)

2. P

olitical anti-Semitism

in the late 19th and early

20th

centuries

Tullia Cat

alan

less...».

Felice Venezian to Enrico Nathan, 1902

The influence of the political anti-Semitism that was rife in the Habsburg Empire began to be felt in Trieste from the late 19th century and lasted until 1903 when the local socialists inter-vened to check it.

All of the various forms of anti-Semitism were directed above all at the Jews in the liberal-national party, which had irredentist leanings. Satirical journals such as “Cri Cri” railed against them, as did the political press of the Christian social movement.

(21)

20

2. Antisemitismo politico fra fine ’800 e primo ’900/Political anti-Semitism in the late 19th and early 20th centuries

20 Il primo numero del “Cri Cri”, 13.2.1897, con l’articolo programmatico

accompagnato da un’illustrazione chiaramente antisemita.

BCTS

(22)

L’oro ebraico nell’affaire Dreyfus, “L’Avvenire”, 11.2.1898, uno dei tanti articoli antisemiti dedicati a ll’affaire Dreyfus dal giornale. BCTS

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22

2. Antisemitismo politico fra fine ’800 e primo ’900/Political anti-Semitism in the late 19th and early 20th centuries

22

Vignetta antisemita apparsa su “Il Figaro”, 9.10.1903, col testo che allude all’emigrazione ebraica causata dai pogrom nell’Impero russo. Un dettaglio della testata: «Necrologie per circoncisi GRATIS». BCTS

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Foto di gruppo a San Giusto nel 1912 con Giovanni e Giusto Buttignoni, seduti rispettivamente secondo e quarto da sinistra, e Ugo Mioni, primo in piedi da destra. CMSA Fototeca 21241

A group photo in San Giusto, 1912, with Giovanni and Giusto Buttignoni, seated second and fourth on the left, respectively, and Ugo Mioni, standing first on the right.

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A Trieste il 17 giugno 1937 venne elaborata dall’avv. Piero Pieri, preside della Provincia, la prima lista su base razziale nel Regno d’Italia. La redazione aveva richiesto una lunga gestazione, di-mostrazione del controllo al quale erano sottoposti da tempo gli ebrei triestini.

Il regime fascista per schedare gli ebrei e poterli poi meglio colpire, promosse nell’agosto del 1938 un censimento speciale per individuare tutte le persone «appartenenti alla razza ebraica» anche se professanti altra o nessuna religione, convertite o che avevano abiurato. La Prefettura, con la collaborazione del Co-mune, organizzò un’imponente macchina burocratica censendo 6.787 ebrei domiciliati a Trieste.

I dati furono costantemente aggiornati, obbligando dopo il no-vembre 1938 le famiglie ad autodenunciarsi come appartenenti alla «razza ebraica». Nel 1942 fu redatto un nuovo elenco diviso in due registri: «ebrei puri» (3.479) ed «ebrei misti» (2.224).

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racially-based census. It had taken considerable time to compile, proving for just how long the Jews of Trieste had been subjected to monitoring.

In order to keep files on Jews and be in a better position to attack them at a later date, in August 1938 the Fascist regime introduced a special census to identify all those individuals «be-longing to the Jewish race»; even those who professed another religion, or none at all, those who had converted or abjured their beliefs. With the help of the City Council, the Prefecture set in motion a formidable bureaucratic machine that censored 6,787 Jews resident in Trieste.

The figures were updated constantly, obliging families after November 1938 to declare themselves as belonging to the «Jew-ish race». In 1942 a new list was drawn up, divided into two catego-ries: «pure Jews» (3,479) and «mixed Jews» (2,224).

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26

3. I censimenti razzisti di Trieste/Racist censuses in Trieste

26 26

Una foto scattata a Villa Sartorio il 16.8.1926 in occasione della visita del generale Luigi Cadorna a Trieste. Al centro, appoggiato alla sedia, Piero Pieri. Alle sue spalle, a destra, il conte Salvatore Segrè Sartorio che con la moglie Anna, ospitava Cadorna.

CMSA, Fototeca 037651

A photo taken at Villa Sartorio on 16.8.1926 during General Luigi Cadorna’s visit to Trieste. Piero Pieri is in the centre, leaning against the chair. Behind him, to the right, Conte Salvatore Segrè Sartorio who, with his wife Anna, was hosting Cadorna.

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Le prime delle 104 pagine redatte da Piero Pieri in cui furono elencate, in ordine gerarchico, le posizioni politiche, amministrative, economiche, lavorative e sociali tenute in città da «ebrei», anche se «battezzati». AST, PG, busta 363

The first two pages of the 104 written by Piero Pieri listing, in order of hierarchy, the political, administrative, economic, business and social positions held in the city by «Jews», including those who had been «christened».

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28

3. I censimenti razzisti di Trieste/Racist censuses in Trieste

28 Foglio del censimento del 1938 dove troviamo la famiglia dell’avvocato Ugo Volli (Trieste 1892-1964): la sorella Gemma, la moglie Edvige e i figli Enzio e Claudia. Emilio Grazioli, segretario federale del PNF a Trieste, il 27.8.1938 ebbe a scrivere: «Le ricerche a Trieste si svolgono in un’atmosfera di apprensione che confina quasi con il terrorismo e nessuno certamente osa sottacere o sviare i fatti; ho avuto invece l’impressione che in altre parti, ad esempio a Roma tutto ciò sia fatto in uno spirito diverso […] senza la severità e la meticolosità di ricerca che si verifica a Trieste».

AST, PG, registri 696-697

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Foglio della Rubrica A del censimento del 1942: a matita vicino al nome di Enzio Volli è annotato «trasferitosi a Zurigo» a dimostrazione del costante controllo esercitato. La madre Edvige è registrata in altro foglio con il cognome da nubile Karolanig, scritto in diversi modi vicino ai nomi del marito e dei figli.

AST, PG, registro 698

A page from List A of the 1942 census: a pencil note near Enzio Volli’s name states «moved to Zurich», demonstrating the constant monitoring. His mother Edvige is recorded on another page under her maiden name Karolanig, misspelled near the names of her husband and children.

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30

3. I censimenti razzisti di Trieste/Racist censuses in Trieste

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Enzio Volli (Trieste 1922-2017) dopo gli studi interrotti al Liceo Ginnasio “F. Petrarca” e proseguiti alla scuola ebraica, si laureò in chimica e ingegneria chimica in Svizzera, raggiunta da solo nel 1939 (qui il documento rilasciato a Zurigo il 20.2.1940). Dopo la guerra, laureatosi anche in Giurisprudenza, divenne avvocato e si associò allo studio del padre. Fu tra i protagonisti del processo intentato nel 1976 contro i responsabili dei crimini della Risiera, rappresentando con Sergio Kostoris la Comunità ebraica. Archivio privato Paolo Volli, Trieste

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Dopo le vicissitudini della guerra, la famiglia si riunisce per il matrimonio di Enzio Volli, qui ritratto tra i genitori, con Anna Wolf. Bergamo, 11.10.1947. Archivio privato Paolo Volli, Trieste

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«Quella faccenda degli ebrei era diventata momentaneamente il principale problema italiano. Più nessuno parlava dell’Abissinia, dell’impero, della Guerra di Spagna sanguinosamente paralizzata nella grande ansa dell’Ebro. Si parlava solo della razza italiana, della sua purezza, del grande pericolo che significavano gli ebrei».

Oscar Grünbaum / Santiago Grimani

I principali organi di propaganda in città, quando divampò l’an-tisemitismo del regime, erano “Il Popolo di Trieste”, quotidiano fascista fondato nel 1920 da Francesco Giunta, e “Il Piccolo”, con le sue tre edizioni giornaliere. La testata fondata nel 1881 da Teodoro Mayer, sotto la direzione di Rino Alessi, dopo un’ini-ziale esitazione, nel corso del 1938 aderì completamente alla campagna antiebraica.

Alla riproduzione degli articoli tratti dalla stampa nazionale, si aggiungeva il contributo originale relativo alla situazione locale, considerata degna di particolare attenzione nel Regno.

Dal bollettino della sezione razzista del Gruppo Universitario Fascista di Trieste alla pubblicazione satirica illustrata del “Ma-rameo!”: quasi tutta la carta stampata circolante diffondeva con insistenza, attraverso testi e immagini, il razzismo antisemita, spesso di pari passo con quello antislavo.

4. Propaganda locale

Annalisa Di F

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the empire, or the war in Spain, which was paralysed by the bloodbath of the Battle of Ebro. People just talked about the Italian race, about its purity, and the huge danger that the Jews represented».

Oscar Grünbaum / Santiago Grimani

When the regime’s anti-Semitism spread, the main outlets for propaganda in the city were the “Il Popolo di Trieste”, a fascist daily newspaper founded by Francesco Giunta in 1920, and the “Il Piccolo”, with its three daily issues. The “Il Piccolo” was founded in 1881 by Teodoro Mayer. Under its editor-in-chief Rino Alessi, after some initial hesitation, in the course of 1938 the paper heartily backed the anti-Jewish campaign.

Alongside reproduced articles taken from the national press, the papers added their own commentary on the local situation, which was considered worthy of special attention within the Kingdom.

From the newsletter of the racist chapter of the University Fascist Group of Trieste, to the illustrated satirical magazine “Marameo!”, almost all publications in circulation used text and images to insistently promote anti-Semitic racism, which often went hand-in-hand with anti-Slav propaganda.

4. Local propaganda

Annalisa Di F

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34

4. Propaganda locale/Local propaganda

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Trieste fa il suo dovere, “Il Piccolo”, 4.9.1938.

BSSCTS

Trieste fa il suo dovere (Trieste does its duty), “Il Piccolo”, 4.9.1938.

BSSCTS

Due delle numerose vignette antisemite apparse sul “Popolo di Trieste” (24.11.1938 e 25.11.1938), quasi sempre opera di (Olindo) Missigoi, un prolifico illustratore, come il fratello Giordano (Giorda), ma anche di Rinaldo Lotta (Trieste 1913-1995). BCTS

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15.11.1938. Qui ritratto da Arturo Rietti, a illustrare Osvaldo Ramous, Il tema della responsabilità nel teatro di Rino Alessi, Roma, 1941.

BCTS

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4. Propaganda locale/Local propaganda

36 “Razzismo fascista”. Supplemento al n. 11

del Bollettino della sezione razzista del GUF di Trieste, pp. 1 e 3, 18.11.1939.

CMSA

“Razzismo fascista” (Fascist racism). Supplement to issue n° 11 of the Bulletin of the racist

chapter of the Trieste GUF (University Fascist Group), pp. 1 and 3, 18.11.1939.

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4. Propaganda locale/Local propaganda

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Due delle tante vignette antisemite comparse sul “Marameo!”, il trisettimanale fondato nel 1911 e diretto fino all’ultimo numero del 1942 da Carlo de Dolcetti. Esse sono quasi sempre disegnate da Egidio Gherlizza (Trieste 1909 - Milano 1995), ma anche da Renzo Kollmann (Trieste 1920 - 2005), Stocchi e Zergol. BCTS

Two of the many anti-Semite cartoons published in “Marameo!”, the tri-weekly founded in 1911 by Carlo de Dolcetti, who was also the director up until the final issue in 1942. The anti-Semitic cartoons were almost always by Egidio Gherlizza (Trieste 1909 - Milano 1995), as well as by cartoonists Renzo Kollmann (Trieste 1920-2005), Stocchi and Zergol.

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Carlo de Dolcetti (Trieste 1876-1959), scriveva sul “Marameo!” con lo pseudonimo di Amulio. Dal 1950 al 1952 è stato presidente della Lega Nazionale. Qui un suo scritto del 25.11.1938: Gli ebrei in frigorifero! CMSA Fototeca CMT F_812

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«Mi ricordo il discorso di Trieste di Mussolini, ero sotto il palco, dove c’è guardia del corpo, tutti neri, e subito davanti era la mi-lizia universitaria. In quel momento uno dietro dice: ‘Butè fora Levi!’. E questo qui chi era? Un carissimo amico! Quando ho inte-so, ho detto: ‘Basta, qui siamo finiti!’».

Italo Dino Levi

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black, and just in front was the University Militia. All of a sudden somebody behind me said: ‘Get Levi out of here!’. And who was this? A very dear friend of mine! When I realised, I said: ‘That’s it, we’re done here!’».

Italo Dino Levi

Mussolini’s visit to Trieste in September 1938 marked a shift in the regime’s racist policies, stripping the Italian Jews of any illusions they may have clung onto. The Duce’s speech in Piazza Unità on 18th September, in front of a cheering crowd, was re-ported by many international press correspondents, causing a profound impact over the following days in French Jewish news-papers, such as “Paix et Droit”, and English news-papers, including the “Jewish Chronicle”, which reported entire excerpts from the speech, highlighting the most crucial passages.

During the speech in Trieste, the symbolic city of Italianness and seat of one of the most important Jewish Communities of the peninsula, Mussolini announced for the first time to the Ital-ian and international public the objectives of the regime’s racist and anti-Semitic policies, making a strong claim for their autono-my from the German direction.

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5. Il discorso di Mussolini/Mussolini’s speech

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Parigi dall’Alliance Israélite Universelle. Biblioteca dell’Alliance Israélite Universelle, Parigi

En Italie: variations antisémites, “Paix et Droit”, October 1938: the beginning of the article published in Paris by the monthly magazine of the Alliance Israélite Universelle.

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«Apolide e senza lavoro, dovrò trascinarmi meco queste due per-sone nella tragica situazione di non essere sicuro di poter sod-disfare al mio obbligo di uomo e di figlio di poter fornire ai miei cari i mezzi necessari per la vita. Non ho nulla fatto di male e di disonesto…».

Daniele Barnestein

Negli anni Trenta la presenza di ebrei stranieri era particolar-mente elevata a Trieste, ed ammontava a circa 1.600 persone, per lo più greci corfioti presenti in città da fine Ottocento ed ex sudditi austriaci optanti per l’Italia dopo la Prima guerra mon-diale. Questi ebrei erano stranieri soltanto di nascita, in quanto avevano acquisito la cittadinanza italiana nel corso della loro permanenza nel paese.

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fulfil my duty as a man and as a son, and provide my loved ones the means necessary for living. I have done nothing wrong or dishonest…».

Daniele Barnestein

There were particularly high numbers of foreign Jews in Trieste in the 1930s with around 1,600 individuals, most of whom were Corfu Greeks who had been living in the city since the late nine-teenth century, and former Austrian subjects who had opted to move there after World War I. These Jews were foreign only by birth, as they had acquired Italian citizenship through their resi-dency in the country.

Royal Decree Law 1381 of 7 September 1938 revoked citizen-ship for anyone who had acquired it after 1919, with the order to leave the kingdom by March 1939. The Decree Law also affected the larger group of Jewish refugees who had moved to Trieste from Germany, Austria, occupied nations in Eastern Europe and Yugoslavia; the Prefecture was especially rigorous in filing details of these individuals. Stripped of their residency and citizenship rights, the foreign Jews of Trieste became a large group of state-less people. Furthermore, authorisations to remain in the King-dom were processed on a case-by-case basis, as were permits to stay, travel permits, and expulsion or internment procedures.

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46

6. Ebrei stranieri/Foreign Jews

46

Istituto magistrale e Liceo femminile “G. Carducci”, Registro di protocollo 1937-1938: in data 27.8.1938 viene riportato il divieto d’iscrizione per gli studenti stranieri ebrei disposto dal Provveditorato agli Studi di Trieste.

AST, Istituto magistrale e Liceo femminile in Trieste (1872-1959)

“G. Carducci” High School for Girls, Protocol Records 1937-1938: on 27.8.1938 there is an entry concerning the ban on enrolling foreign Jewish students, issued by the Trieste Education Department.

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“Il Piccolo”, 2.9.1938, preannuncia l’entrata in vigore del provvedimento di legge contro gli ebrei stranieri, costretti a lasciare l’Italia entro 6 mesi.

BSSCTS

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48

6. Ebrei stranieri/Foreign Jews

48 Daniele Barnestein (Samsun 1904 - Trieste 1977) in una foto degli anni Sessanta, primo a destra, con Anna, Tore e Lucia Osmo. Impiegato presso la sede di Istanbul del Lloyd Triestino dal 1919 e successivamente a Trieste presso la S.A. di Navigazione Adriatica, ottenne la cittadinanza italiana nel 1923 mentre ancora risiedeva a Istanbul, revocata in seguito alle disposizioni di legge del 1938. Contestualmente venne sospeso dal posto di lavoro. Ritrovatosi apolide, con a carico la madre Stella Tedeschi e la sorella Diamantina, riuscì a sfuggire la persecuzione fascista rifugiandosi in Grecia nel luglio 1939, come segnalato dalla Questura cittadina. Fece rientro a Trieste nel dopoguerra, dove visse con la famiglia fino alla morte. Archivio privato Mauro Tabor, Trieste

Daniele Barnestein (Samsun 1904 - Trieste 1977) in a photo from the 1960s, first on the right, with Anna, Tore and Lucia Osmo. He worked at the Istanbul office of Lloyd Triestino from 1919, and later for Navigazione Adriatica in Trieste. He obtained Italian citizenship in 1923 when still living in Istanbul; his citizenship was revoked after the 1938 laws. He was suspended from his job at the same time. Finding himself stateless, with his mother Stella Tedeschi and sister Diamantina to support, he managed to escape Fascist persecution by fleeing to Greece in July 1939, as reported by the Central Police Station. He returned to Trieste after the war, where he lived with his family until his death.

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Lettera di Daniele Barnestein, 12.10.1938, indirizzata a Mussolini e allegata alla richiesta di permanenza nel Regno. La sorella Diamantina (Samsun, 1897 - Auschwitz data ignota) venne arrestata il 22.10.1943, detenuta nel carcere del Coroneo per 6 mesi e deportata ad Auschwitz, da cui non fece ritorno.

AST, PG, busta 370

Letter by Daniele Barnestein, 12.10.1938, addressed to Mussolini and enclosed with his application to remain in the Kingdom. His sister Diamantina (Samsun, 1897 - Auschwitz, date unknown) was arrested on 22.10.1943, held at the Coroneo prison for 6 months and deported to Auschwitz; she never returned.

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6. Ebrei stranieri/Foreign Jews

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Bernardo Kreilsheim (Vienna 1870 - Trieste 1940), dirigente delle ditte Stock e Ampelea, fotografato in occasione del trentesimo anniversario del suo matrimonio con Alice Stock, 11.11.1930. Pagina a fianco: la revoca prefettizia della cittadinanza italiana ottenuta nel 1922, datata 25.5.1939, in seguito a cui Kreilsheim divenne un apolide. Archivio privato Gianna de Polo Saibanti, Firenze Bernardo Kreilsheim (Vienna 1870 - Trieste 1940), director of the company Stock and Ampelea, photographed on the 30th anniversary of his marriage to Alice Stock, 11.11.1930. Next page: the revocation of Italian citizenship (obtained in 1922),

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6. Ebrei stranieri/Foreign Jews

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Lettera anonima contro l’ebreo straniero Leo Piesen (Vienna 1897 - ?), residente a Trieste dal 1898 e cittadino italiano dal 1920. Impiegato presso la Società Industriale dell’Olio di via dei Giacinti a Roiano, nel 1926 sposò Maria Cavo, cattolica. Nel dicembre 1938 a Piesen fu revocata la cittadinanza, ma ottenne di poter permanere nel Regno perché domiciliato a Trieste anteriormente al 1919 e «sposato con una cittadina italiana ariana». L’accanimento tuttavia non si placò, come dimostra questa lettera inviata nel 1940 sia alla Prefettura di Trieste che al Consolato Generale di Germania. Il suo cognome è storpiato in “Pusen” dagli autori della delazione. AST, PG, busta 369

Anonymous letter informing on the foreign Jew Leo Piesen (Vienna 1897 - ?), who had been resident in Trieste since 1898 and an Italian citizen since 1920. Employed at the Industrial Oil Company in Via dei Giacinti, Roiano, in 1926 he married Maria Cavo, a Catholic. In December 1938 Piesen had his citizenship revoked, but he managed to gain permission to remain in the Kingdom as he had been resident in Trieste since before 1919, and was “married to an Aryan Italian citizen”. However, the animosity did not go away, as this letter proves. It was sent in 1940 to the Prefecture of Trieste as well as to the General Consulate of Germany. His surname was misspelled “Pusen” by the informant.

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degli ebrei dal Regno. BCTS

“Il Popolo di Trieste”, 20.10.1938 and 29.11.1938: two anti-Semitic cartoons about the expulsion of the Jews from the Kingdom of Italy.

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«È stato veramente terribile. Io avevo grandi speranze di andare all’Università: mi è stato proibito di andare a scuola […]. Alcune compagne hanno continuato a vedermi […]. C’erano delle altre che hanno espresso dispiacere, non ho più sentito nessuno, non ero più una di loro. Beh, mi è dispiaciuto, è stato un colpo abba-stanza tremendo. Giravo per le strade e mi sentivo un pochino una persona invisibile. Cioè mi sembrava di essere come tutti gli altri ma sapevo che non lo ero».

Bruna Perla Sevini

Le norme antiebraiche furono applicate con asettico rigore al mondo scolastico triestino.

Ciò emerge dai Registri di protocollo degli istituti cittadini che, già da agosto, recepirono le disposizioni con cui il ministro dell’E-ducazione Nazionale, Giuseppe Bottai, proibì l’iscrizione degli studenti ebrei stranieri, sostenne la diffusione della rivista “La difesa della razza”, negò le supplenze ai docenti ebrei, impose un censimento del personale «di razza ebraica» nella scuola e vietò i libri di testo di autori di origine israelita.

Successivamente il provveditore agli studi di Trieste, Giu-seppe Reina applicò in maniera puntuale i Provvedimenti per la

difesa della razza nella scuola fascista (RDL 1390) del 5

set-tembre, causando la sospensione dal servizio di 80 insegnanti e l’esclusione da tutte le scuole di almeno 500 alunni: un numero destinato ad aumentare con le espulsioni di altri studenti, figli di matrimoni misti o convertiti, avvenute nei mesi seguenti.

7. Scuole

Sara B

ergamas

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mates carried on seeing me […]. There were others who said they were sorry; I never heard from anyone again, I was no longer one of them. So I was upset, it was a massive blow to me. I would wander the streets and felt a bit like an invisible person. I mean I felt like I was the same as everybody else, but I knew that I wasn’t».

Bruna Perla Sevini

The anti-Semite laws were applied to schools in Trieste with de-tached rigour.

This emerges from the Protocol Records of the city’s schools which, as early as August, implemented the instructions through which the Minister for National Education, Giuseppe Bottai, for-bade foreign Jewish students from enrolling; encouraged the dis-tribution of the magazine “La difesa della razza” (The defence of the race); denied Jewish supply teachers the right to hold tempo-rary posts; imposed a census of staff «of Jewish race» in schools, and outlawed text books by Jewish authors.

Subsequently the Director of Education in Trieste, Giuseppe Reina, scrupulously applied the Provisions for the Defence of the

Race in Fascist Schools (Royal Decree-Law 1390), issued on 5th September. This led to the suspension of 80 teachers and the exclusion of at least 500 students from the city’s schools. That number would rise when students born into mixed marriages or converted were also expelled in the following months.

7. Sc

hools

Sara B

ergamas

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7. Scuole/Schools

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Presa in carico volumi di biblioteca, Trieste, 30.6.1938. All’inizio dell’estate 1938, fra i libri acquistati dalla Biblioteca dell’Istituto magistrale e Liceo femminile “G. Carducci”, fanno la loro comparsa testi esplicitamente antisemiti (Piero Pellicano, Ecco il diavolo: Israele!) e opere di autori propugnatori di dottrine razziste, quali i filosofi Julius Evola e Giulio Cogni, e il futuro direttore della rivista “La difesa della razza”, Telesio Interlandi.

AST, Istituto magistrale e Liceo femminile in Trieste (1872-1959)

Adoption of library volumes, Trieste, 30.6.1938. In early summer 1938, among the books purchased by the Library of the “G. Carducci” High School for Girls, some overtly anti-Semitic texts appeared (Piero Pellicano, Ecco il diavolo: Israele!) along with works by authors who advocated racist doctrines, such as the philosophers Julius Evola and Giulio Cogni, and Telesio Interlandi, who would later become editor-in-chief of the magazine “La difesa della razza”.

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Completa eliminazione dalla scuola fascista degli insegnanti e degli alunni ebrei “Il Piccolo”, 3.9.1938.

BSSCTS

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7. Scuole/Schools

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Rita Rosani (1920-1944), futura partigiana e medaglia d’oro al valor militare alla memoria, frequentò il Carducci. Questa foto la ritrae nella sua classe, a. s. 1936-37: apre la prima fila in piedi, da destra. Espulsa dalla scuola, Rita Rosani divenne maestra d’italiano per gli studenti stranieri nella scuola elementare ebraica giuliana, conseguendo la licenza magistrale da privatista il 15.10.1940.

Archivio privato Roberto Dedenaro, Trieste

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La classe I C dell’Istituto magistrale e Liceo femminile “G. Carducci”, a.s. 1937-1938, da cui furono espulse tre studentesse: Bruna Sevini (Trieste 1923-2017), terza da sinistra seduta; Lea Tedeschi (Trieste 1922-2016), quinta da sinistra seduta, e Licinia Canarutto. Archivio privato famiglia Sevini, Trieste

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7. Scuole/Schools

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Bruna Sevini, sesta da sinistra, e Lea Tedeschi, ottava da sinistra, con alcuni compagni della scuola ebraica, che frequentarono dopo l’espulsione dal Carducci.

Archivio privato famiglia Sevini, Trieste

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«di razza ebraica» e «scuola media israelitica». Agli ebrei fu concesso di diplomarsi come privatisti, sostenendo gli esami nelle scuole frequentate in precedenza, ma rigorosamente separati dagli altri studenti.

AST, Istituto magistrale e Liceo femminile in Trieste (1872-1959)

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7. Scuole/Schools

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La classe I A del Liceo Ginnasio “F. Petrarca”, a.s. 1937-1938. L’alunna Bruna Levi (Trieste 1921-2010), seduta a sinistra del prof. Luciano Serti, così ricordava: «Vivevamo in una gabbia piacevole e dorata e ne sono uscita con un colpo in testa, il giorno dell’emanazione delle leggi razziali. Non mi turbava nulla, quando arrivò la mazzata in testa…» (Luisella Schreiber Segrè, Questa mia pazza fede nella vita, Luglio Editore, Trieste, 2011). Con lei, dalla stessa classe, furono cacciate anche Jolanda Ludovisi (Trieste 1921 - Gemona UD 1992, qui la prima a sinistra in piedi); Ida Ferro, Silvia Liebmann, Lidia Luzzatto, Evelina Permutti e Liliana Richetti. Furono nel complesso 69 gli alunni espulsi dall’istituto in seguito alle leggi razziali.

Archivio privato Luisella Schreiber Segrè, Trieste

Class I A of the “F. Petrarca” High School, academic year 1937-1938. The pupil Bruna Levi (Trieste 1921-2010), seated to the left of the teacher Luciano Serti, recalled: «We lived in a pleasant, gilded cage and I fell out of it with a punch to the head on the day the racial laws were issued. I had no concerns at all, and then suddenly it was like being slapped in the face…» (Luisella Schreiber Segrè, Questa mia pazza fede nella vita, Luglio Editore, Trieste, 2011). In this class also Jolanda Ludovisi (Trieste 1921 - Gemona UD 1992, here the first on the left, standing), Ida Ferro, Silvia Liebmann, Lidia Luzzatto, Evelina Permutti and Liliana Richetti were expelled. A total of 69 pupils were expelled from the school following the Racial Laws.

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Mario Winkler, «opinando per la reiezione di essa». Il 19.11.1938, il preside del Liceo scientifico “G. Oberdan” aveva scritto al provveditore agli studi di aver espulso Mario Winkler «in base all’articolo 8, lettera B (genitori cittadini esteri; padre ebreo cecoslovacco; madre ariana straniera; religione dell’alunno cattolica)».

AST, Provveditorato, b. 123

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Dopo alcuni segnali di antisemitismo già nel 1937, con il RDL 1390 anche la Regia Università di Trieste fu coinvolta dal pro-cesso di espulsione del personale di «razza ebraica». Gli studenti ebrei già iscritti poterono tuttavia concludere gli studi, ma erano vietate nuove iscrizioni. Con le procedure di epurazione già in corso, il 18 settembre 1938 Mussolini aveva posto la prima pie-tra per il nuovo Ateneo.

Dopo un’indagine che aveva visto coinvolti in una prima fase anche Fabio Cusin e Pierpaolo Luzzatto Fegiz, i docenti di ruolo espulsi furono Ettore Del Vecchio, Renzo Fubini, Angelo Segrè e Mario Pugliese. Fra i liberi docenti furono cacciati Bruno Tede-schi, Giorgio Manni e Mario Permutti; e infine due gli assistenti esclusi: Guido Spiegel e Arrigo Bullaty. Tutti furono sostituiti da altri colleghi.

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process of expelling staff of «Jewish race». Jewish students were permitted to finish their studies, but new enrolments were forbid-den. With the purging underway, on 18th September Mussolini laid the foundation stone of the new university.

After an investigation which initially involved Fabio Cusin and Pierpaolo Luzzatto Fegiz, the professors expelled from their posi-tions were Ettore Del Vecchio, Renzo Fubini, Angelo Segrè and Mario Pugliese. The following lecturers lost their positions: Bruno Tedeschi, Giorgio Manni and Mario Permutti; and two assistants – Guido Spiegel and Arrigo Bullaty – were dismissed. They were all replaced by other members of staff.

On 15th November Dean Udina announced the successful ful-filment of his aim in his speech at the start of the academic year of 1938-1939, where he asserted that «the impending threat of a pollution of our race […] by the progressive physical and spiritual invasion of a group which infiltrated silently among us, but which was different from us, despite all appearances» had been averted.

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8. Università/University

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Il rettore Manlio Udina (Visignano d’Istria 1902 - Trieste 1982) riceve il ministro dell’Educazione nazionale Bottai in visita all’Università di Trieste, 15.5.1938.

ASGUnits

Dean Manlio Udina (Visignano d’Istria 1902 - Trieste 1982) receives Bottai, the Minister for National Education, during a visit to the University of Trieste, 15.5.1938.

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8. Università/University

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Il rettore, di spalle, con Mussolini e Bottai alla posa della prima pietra della nuova Università, 18.9.1938. ASGUnits

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Prospetto del «personale di razza ebraica» dell’Università al 20.9.1938.

ASGUnits

List of «staff belonging to the Jewish race» in the University on 20.9.1938.

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«I miei genitori avevano una macelleria kosher a Trieste, nel ghet-to. Era una vita serena, felice. Andavamo a fare gite in bicicletta fino a Sistiana, a Duino, a Monfalcone, era bellissimo. Andava-mo a fare i bagni alla Diga quando si chiudeva la macelleria, e ci facevamo portare il pranzo dalla donna di servizio col motoscafo che portava la gente, dal molo alla Diga. Era una bellezza... ».

Giacomo Marcheria

Il piccolo commercio non fu subito colpito da leggi specifiche, ma le circolari emesse tra il 1938 e il 1942 ridussero sempre di più i settori in cui era concesso operare agli ebrei.

Nel dicembre del 1938 vi fu un’azione di boicottaggio delle attività economiche ebraiche e furono affissi diversi cartelli con scritte antisemite negli esercizi commerciali.

Nel febbraio successivo fu imposto ai proprietari e gestori di aziende commerciali di denunciare le proprie attività, comunican-do il numero di dipendenti e fornencomunican-do informazioni utili a valutare l’impatto dell’azienda sulla realtà economica cittadina. In seguito all’inasprirsi delle misure discriminatorie, molti furono costretti a svendere o, nei casi più fortunati, a cedere a persone di fiducia i propri esercizi. A Trieste nel 1938 erano circa 350 le attività com-merciali di proprietà o che vedevano la partecipazione di ebrei: di queste alla fine del 1940 ne erano rimaste attive circa 110.

9. N

egozi e piccolo commercio

Matteo P

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