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1 Introduzione

I problemi che caratterizzano l'attuale sistema energetico sono diversi, ma possono essere ricondotti all'esaurimento dei combustibili tradizionali, agli elevati livelli di emissioni inquinanti e da un aumento della richiesta energetica; da tale situazione sorge la necessità di rivolgersi verso combustibili caratterizzati da un aumento del rapporto idrogeno/carbonio, che tenderà verso l'uso dell'idrogeno puro pur essendoci ancora vari ostacoli da superare. L'idrogeno consente, rispetto agli attuali combustibili, di raggiungere un miglioramento dei rendimenti ed una riduzione delle perdite oltre ad una riduzione delle sostanze inquinanti; purtroppo l'idrogeno può essere impiegato come combustibile alternativo negli usi finali, ma non può essere utilizzato come fonte primaria poiché non esistono giacimenti di idrogeno in natura, come invece avviene per alcuni dei combustibili normalmente adoperati. Disporre di una data quantità d'idrogeno significa aver speso una certa quantità di energia per produrlo che deve essere disponibile da un'altra fonte energetica a monte della filiera: ne consegue che l'idrogeno non può essere definito una fonte energetica, bensì un vettore energetico. I vettori energetici comportano sempre due difetti:

• la loro produzione implica una perdita di energia durante la trasformazione da una forma di energia all'altra;

• la trasformazione comporta la presenza di un processo e di un impianto produttivo in più all'interno della filiera che si traduce quindi in un aumento del costo dell'unità di energia prodotta.

Tali svantaggi possono però essere compensati se il vettore energetico prodotto permette di ottenere nei processi a valle rendimenti più elevati di quelli ottenibili con altri vettori o con il vettore di partenza permettendo di incrementare l'efficienza energetica nonostante la precedente perdita di energia. A parità di energia, l'idrogeno figura come il combustibile più costoso tra i combustibili fossili e viene quindi utilizzato solo in settori di nicchia quali il petrolchimico chimico ed aerospaziale. Attualmente l'uso di idrogeno come combustibile non rappresenta ne un vantaggio economico ne una soluzione pratica tale da rispondere alle richieste del crescente fabbisogno energetico, però è necessario evidenziare che tale utilizzo presenta molteplici vantaggi che potrebbero avere forti ricadute all'interno del settore energetico; la diffusione dell'idrogeno dipende infatti dallo sviluppo di infrastrutture apposite che ne possano garantire un impiego pratico ed economico, oltre a sviluppare accorgimenti che ne consentano un uso sicuro in quanto l'idrogeno è particolarmente infiammabile ed esplosivo. I principali sistemi in cui risulta utile convertire l'energia chimica dell'idrogeno fanno riferimento ai motori a combustione interna, celle a combustibile e turbine che possono essere impiegati sia nell'ambito della trazione sia nell'ambito della produzione elettrica.

Tecniche di produzione dell'idrogeno

L'idrogeno è un vettore energetico, per cui è necessario produrlo partendo da quelle sostanze presenti in

natura, quali acqua, sostanze organiche ed idrocarburi, che ne presentano tracce nella loro composizione

chimica. Per ottenere idrogeno allo stato puro, è necessario raffinare tali sostanze eliminando gli elementi

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non necessari spendendo energia. I principali metodi impiegati per produrre idrogeno fanno quindi riferimento a tre classi di fonti energetiche:

• fossili;

• rinnovabili;

• nucleari.

Produzione da fonti fossili

L'uso dei combustibili fossili è la tecnica più adoperata dalla aziende petrolchimiche per produrre idrogeno che risulta come sottoprodotto di lavorazione derivante dalla raffinazione del petrolio; è necessario evidenziare che i settori chimico e petrolchimico sono anche i maggiori consumatori di idrogeno poiché tale sostanza viene impiegata nella sintesi di ammoniaca etilene e metanolo oltre nei processi di trattamento dei combustibili quali desolforazione ed idrogenazione.

Le tecnologie che fanno riferimento all'uso dei combustibili fossili sono validate negli anni, ma presentano lo svantaggio di emettere in atmosfera ingenti quantitativi di sostanze inquinanti, vanificando così la ragione principale dell'uso delle idrogeno nelle applicazioni. La sintesi dell'idrogeno, attraverso queste sostanze, prevede di raffinare e frazionare le molecole fino a privarle della parte carboniosa attraverso reazioni chimiche che avvengono a temperature di circa 800°C e che coinvolgono un idrocarburo e del vapore acqueo. Il processo è detto steam reforming e coinvolge solitamente idrocarburi leggeri perchè sono gli unici composti capaci di non danneggiare il catalizzatore. Un tipico esempio è rappresentato dalla reazione seguente che indica anche come venga emessa direttamente anidride carbonica:

CH

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+H

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O→ CO+3H

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In realtà il processo è più complicato in quanto vi sono alcuni passaggi intermedi quali la depurazione dell'alimentazione, somministrazione di calore e depurazione finale del prodotto oltre ad altre reazioni chimiche. L'idrogeno prodotto attraverso lo steam reforming deriva in parte dal combustibile di partenza, che solitamente è metano, preferito per l'elevato rapporto idrogeno/carbonio, ed in parte dal vapore acqueo. Risulta possibile produrre idrogeno impiegando reazioni esotermiche che coinvolgono idrocarburi pesanti e ossigeno puro come agente gassificante, in modo tale non contaminare la miscela finale che risulta costituita da monossido di carbonio, idrogeno. Anche in tal caso si rendono necessarie operazione di pulizia e depurazione dei prodotti e, facendo un confronto, si nota che le condizioni operative delle reazioni che impiegano come reagenti idrocarburi pesanti, risultano più severe di quelle che impiegano reagenti costituiti da idrocarburi leggeri. Estendendo il campo d'applicazione, è possibile produrre idrogeno gassificando anche il carbone mediante due processi:

• processo Koppers-Totzek ;

• processo Texaco.

Il primo sistema permette di operare a pressione ambiente ma necessita di una ricompressione

finale del gas prodotto comportando una spesa energetica ingente; il secondo processo invece

opera con pressioni più alte permettendo quindi una produzione economicamente più efficiente.

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3 Produzione da fonti rinnovabili

Un'altra opportunità per produrre idrogeno è rappresentata dalle fonti rinnovabili, che permettono una produzione priva di emissioni inquinanti. In analogia ai combustibili tradizionali è possibile ottenere idrogeno dalle biomasse mediante gassificazione e pirolisi. La gassificazione , che consente di trasformare un combustibili liquido o solido in un combustibile gassoso mediante una reazione chimica endotermica con ossigeno ed un opportuno apporto di calore, è una tecnica impiegata già da tempo a livello dimostrativo e commerciale e nel caso delle biomasse produce oltre all'idrogeno anche altri composti quali anidride carbonica ed azoto; il processo ha impatto ambientale nullo perché l'anidride carbonica rilasciata corrisponde al quantitativo assorbito dalla biomassa durante la crescita. La pirolisi invece è un processo di degradazione che avviene ad alte temperature e può svolgersi in assenza di ossigeno se il calore è fornito dall'esterno, mentre può avvenire in presenza di piccole quantità di agenti ossidanti se il calore deve essere prodotto all'interno del reattore attraverso una combustione parziale della biomassa impiegata. Il processo di pirolisi consente di ottenere un combustibile liquido con un potere calorifico circa di 21-25 MJ/kg superiore quindi alla biomassa di partenza caratterizzata da un potere calorifico compreso tra 12.5-16.5 MJ/kg . Successivamente si può impiegare il trattamento di reforming per convertire il combustibile ottenuto dalla pirolisi per ottenere idrogeno. Il processo basato su pirolisi risulta di grande utilità nell'uso delle biomasse perché, essendo quest'ultime dislocate su un ambiente esteso, si potrebbe trattarle direttamente nella zona di produzione mediante pirolisi ottenendo così un prodotto più qualificato dal punto di vista energetico che potrebbe essere veicolato in un secondo impianto centralizzato in cui ha sede la produzione di idrogeno. Un'altra modalità per ottenere idrogeno è rappresentata dall'elettrolisi che impiega acqua ed energia elettrica: in tal modo risulta possibile impiegare risorse rinnovabili non inquinanti quali energia solare, eolica ed idroelettrica, ma purtroppo, allo stato attuale, queste tecnologie non si adattano a processi basati su vasta scala. Una determinata quantità di idrogeno prodotto attraverso energia elettrica ottenuta da combustibili fossili ha un costo tre o cinque volte superiore rispetto alla solita quantità prodotta direttamente da combustibili fossili ed inoltre è necessario considerare anche l'inevitabile produzione di sostanze inquinanti. Anche se non economicamente competitiva, l'elettrolisi permette di ottenere alcuni vantaggi quali la flessibilità d'uso, la purezza dell'idrogeno ottenuto, che tra l'altro è un requisito di fondamentale importanza in determinate applicazioni, ed anche la disponibilità di ossigeno puro prodotto. L'elettrolisi avviene impiegando due elettrodi immersi in una soluzione elettrolita contenuta in una vasca di metallo divisa a metà. Il separatore che divide la vasca ha la funzione di permettere il passaggio di ioni ed impedire il contatto tra l'idrogeno e l'ossigeno che si sviluppano agli elettrodi. La reazione globale, che coinvolge l'acqua e non consuma l'elettrolita, comincia quando nel circuito viene fatta circolare della corrente elettrica e la reazione chimica che si svolge può essere sintetizzata attraverso la seguente equazione:

H

2

O→H

2

+1/2O

2

Affinché la reazione possa avvenire è importante che la tensione applicata agli elettrodi sia

maggiore della tensione reversibile che è una grandezza funzione dell'energia libera di Gibbs di

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formazione di una molecola d'acqua. L'aspetto fondamentale dell'elettrolisi associato alla produzione d'idrogeno riguarda la trasformazione di un vettore energetico quale l'energia elettrica, caratterizzata da un'ampia infrastruttura ma penalizzata dalla scarsa possibilità di accumulo, in un altro vettore energetico, quale l'idrogeno, che può essere accumulato e riconvertito in energia elettrica con alti rendimenti. Possibili conseguenze di queste aspetto portano ad impiegare l'idrogeno come un vettore energetico per livellare il carico elettrico sulla rete e come volano energetico.

Produzione da fonte nucleare

L'idrogeno in un prossimo futuro potrà essere prodotto attraverso l'energia nucleare tramite un nuovo tipo di reattore VHTR, acronimo di Very High Temperature Reactor, che operando a circa 1000 °C consentirà di impiegare i vari cascami termici per avviare reazioni chimiche quali il cracking di idrocarburi oppure per produrre idrogeno attraverso il processo termo-chimico noto come ciclo del Solfuro di Iodio. Un reattore capace di produrre sia energia elettrica, dia idrogeno risulta molto versatile e permette di creare il vettore energetico più adatto nel tempo in funzione delle esigenze della rete elettrica. Si può dunque concludere che la riuscita di un sistema basato sull'idrogeno, è possibile solo in base alla disponibilità di energia elettrica a basso costo originata da fonti non fossili. Confrontando le varie produzioni disponibili ne consegue che il processo di steam reforming appare come il metodo migliore perché presenta al momento le efficienze più alte e gli investimenti minori. Spostandosi verso processi meno economici troviamo l'ossidazione parziale degli idrocarburi pesanti, quali l'olio residuo proveniente dalla raffinazione del petrolio, che risulta caratterizzato da investimenti circa doppi rispetto al processo di steam reforming; infine il processo economicamente meno efficiente è rappresentato dall'elettrolisi, per via dell'elevato costo dell'energia elettrica di alimentazione e dello scarso rendimento globale condizionato dal basso rendimento della centrale termoelettrica necessaria a produrre l'energia elettrica.

Metodi di accumulo per l'idrogeno

L'uso di idrogeno come vettore energetico comporta inevitabilmente la necessità del

problema dello stoccaggio, sopratutto se realizzato su vasta scala. I sistemi di accumulo devono

possedere pertanto elevate efficienze e flessibilità di lavoro per sostenere la domanda,

soprattutto se connessi con l'idrogeno prodotto da fonti rinnovabili. Nel caso dell'idrogeno i

problemi di accumulo sono connessi con le proprietà chimico fisiche di questa sostanza: infatti, sia

allo stato liquido che a quello gassoso l'idrogeno possiede la massima quantità di energia per unità

di massa, ma nello stesso tempo a causa della densità ridotta, possiede anche la minima quantità

di energia per unità di volume. La scelta di un sistema di stoccaggio dipende dal tipo di

applicazione considerata, non esistendo ancora una tecnica migliore in assoluto, e molto spesso si

traduce in compromesso tra vari aspetti quali considerazioni economiche, di sicurezza e di

praticità. Un modello ideale di sistema d'accumulo dovrebbe possedere grande capacità di

stoccaggio, cinetica rapida, sicurezza e soprattutto volume ridotto con capacità operative a

temperatura e pressione ambiente. Attualmente le tecniche a disposizione fanno riferimento a:

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• idrogeno gassoso compresso;

• idrogeno liquido;

• idruri metallici;

• liquidi intermedi;

• metodi basati sul carbonio.

Idrogeno gassoso compresso

Attraverso questo metodo l'idrogeno viene stoccato in fase gas a pressioni elevate, che possono arrivare a superare anche i 30MPa. Il sistema si rivela molto semplice ed economico, ma presenta lo svantaggio di realizzare una bassa densità di energia per unità di volume; per tale motivo si ricorre a pressioni di stoccaggio elevate per incrementare la densità e migliorare la capacità di accumulo. La contropartita è rappresentata però dall'ispessimento dei serbatoi, che si traduce in un aumento di peso del serbatoio di accumulo annullando così anche l'effetto benefico del minor peso dell'idrogeno, e delle maggiori perdite di energia necessaria alla compressione. In applicazioni mobili la tecnologia di accumulo si è avvalsa dei progressi sviluppati per stoccare il gas in automobili arrivando così a realizzare serbatoi in materiale composito che a parità di resistenza strutturale garantiscono un risparmio di peso e, permettendo di operare a pressioni pari tra 20- 24,8 MPa, consentono di immagazzinare una densità pari a 0.5-2.15 kW/kg. In applicazioni stagionali su vasta scala si ricorre invece all'accumulo dell'idrogeno in siti naturali quali giacimenti esauriti di gas o rocce porose.

Idrogeno liquido

La bassa densità dell'idrogeno lo rende il combustibile dotato di minore densità di energia per unità di volume, così, allo stato liquido ed a parità di energia accumulata, occupa il maggior volume tra tutti gli altri combustibili di riferimento. In particolare l'accumulo di idrogeno allo stato liquido crea problemi inerenti sia il mantenimento delle basse temperature che oscillano attorno a 21K, sia l'ingente spesa energetica che è necessario affrontare per effettuare la liquefazione. Le principali conseguenze di questi problemi si traducono quindi in un aumento dei costi dovuti all'isolamento termico e al processo di liquefazione. Tuttavia è necessario evidenziare che impiegando serbatoi di elevate dimensioni, quali quelli impiegati nel caso di utilizzi stazionari, la riduzione del costo che ne consegue a causa della maggiore densità dell'idrogeno liquido rispetto a quello gassoso, supera il beneficio che si verifica per quest'ultimo derivante dal minor costo del materiale con cui si realizza il serbatoio in pressione.

Idruri metallici

L'accumulo di idrogeno attraverso idruri metallici si basa sulla proprietà che l'idrogeno ha

di dissociarsi in atomi che si posizionano negli spazi interatomici del reticolo cristallino del metallo,

permettendo così di raggiungere, a parità di volume, densità superiori a quelle ottenibili con

idrogeno liquido. Gli idruri metallici sono realizzati attraverso leghe di magnesio, alluminio, ferro

contenenti al loro interno altri composti di nichel, vanadio, terre rare e cromo che consentono di

adsorbire l'idrogeno nello spazio interatomico. I sistemi di accumulo ad idruri metallici si

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presentano come serbatoi riempiti di materiale metallico in polvere. Per realizzare lo stoccaggio di idrogeno in un idruro, che avviene mediante un processo esotermico, è necessario aumentare la pressione del gas; al contrario per effettuare il rilascio di idrogeno è necessario ridurre la pressione e fornire calore al sistema in quanto il processo risulta endotermico. I principali limiti di questi sistemi sono dovuti alla bassa conduttività termica ed alla bassa permeabilità del letto di polvere.

Al momento dell'accumulo la pressione di ricarica, compresa tra 30-55 bar viene fornita con un compressore, ed il tempo di rifornimento risulta abbastanza breve in quanto gli idruri possiedono una cinetica di assorbimento e rilascio abbastanza veloce. Solitamente gli idruri vengono divisi in due categorie:

• idruri ad alta temperatura: operano a temperature comprese tra 150 e 300°C con pressioni di carica comprese tra 30 e 55 bar mentre le pressioni di rilascio risultano comprese tra 0.7 e 10 bar;

• idruri a bassa temperatura: lavorano a temperature comprese tra 20 e 90°C.

Gli idruri ad alta temperatura permettono di avere alta capacità di accumulo, anche se attualmente non ci sono ancora idruri capaci di rispondere al modello ideale di sistema di stoccaggio quale quello richiesto da applicazioni mobili: infatti risulta necessario migliorare la cinetica dei processi, incrementare la capacità di accumulo e soprattutto diminuire i costi, anche se tale tecnica è la migliore per le applicazioni mobili in quanto esente da problemi di sicurezza.

Liquidi intermedi

La tecnica di stoccaggio a liquidi intermedi consente di accumulare idrogeno in fluidi vettori che consentono di produrre idrogeno in caso di necessità. Si dividono in due classi:

• liquidi intermedi a ciclo aperto;

• liquidi intermedi a ciclo chiuso.

I primi, quali ammoniaca e metanolo, realizzano un prodotto finale che non è riciclabile, mentre gli altri consentono di estrarre dalle loro molecole una parte o anche tutti gli atomi di idrogeno in esse contenuti. I sistemi a ciclo aperto sono caratterizzati dalla necessità di dover immagazzinare a priori i gas quali anidride carbonica e azoto necessari alla sintesi di ammoniaca e metanolo oltre che da una grande spesa energetica; questi svantaggi suggeriscono di impiegare direttamente metanolo e ammoniaca in altre applicazioni. I sistemi a ciclo chiuso, risultando più versatili, possono essere abbinati alla produzione di idrogeno da fonti rinnovabili: infatti appena dopo la produzione, l'idrogeno potrebbe essere accumulato in tali fluidi attraverso idrogenazione ed essere veicolato fino all'impianto di estrazione dove il liquido intermedio verrebbe deidrogenato, cioè privato dell'idrogeno, e nuovamente inviato al luogo di produzione.

Metodi basati sul carbonio

Il carbonio, se opportunamente lavorato, consente di accumulare idrogeno e ad alta

pressione è possibile raggiungere la condensazione dell'idrogeno migliorando così la densità

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dell'accumulo e quindi l'efficienza del sistema. Affinché tale tecnica possa essere realizzata, è necessario impiegare particolari carboni attivi dotati sulla superficie di porosità con dimensioni di circa 2nm che possono adsorbire l'idrogeno. Le interazioni che si sviluppano tra fase gas e fase solida permettono così di accumulare l'idrogeno con densità superiori a quelle della fase gassosa:

in particolare ad alta pressione interviene il fenomeno della condensazione capillare che, comportando la condensazione dell'idrogeno, ne incrementa la densità d'accumulo.

L'assorbimento attraverso i carboni attivati presenta un'efficienza paragonabile alla tecnologia degli idruri metallici, però necessita di un bon isolamento termico a causa delle basse temperature; ciò ha come conseguenza un aumento dei costi di tale sistema.

Nella tabelle che seguono si confrontano i vari sistemi di stoccaggio

Oltre ad essere prodotto e stoccato, l'idrogeno deve essere anche trasportato: a tale riguardo il problema dovuto alla bassa densità energetica continua a permanere. Gli stati fisici in cui si preferisce effettuare il trasporto sono ancora lo stato liquido e quello gassoso: gli idruri rappresentano infatti una tecnologia ancora non matura a causa dell'elevato peso. Il trasporto dell'idrogeno gassoso avviene attualmente attraverso serbatoio alla pressione di 20MPa installati su rimorchi o vagoni ferroviari; risulta tuttavia come una tecnica inefficiente, perché a causa dell'elevato peso dei contenitori, si rileva che l'idrogeno movimentato è solo il 2-4% del peso del mezzo di trasporto. Per avere un'idea è sufficiente notare che un contenitore da 20 a 30 kg consente di immagazzinare 1 kg di idrogeno alla pressione di 15.2MPa e solo 2.5kg a 40.5MPa.

L'altra via di trasporto per l'idrogeno gassoso è rappresentata dai gasdotti ed in teoria si potrebbe

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impiegare la rete attuale, già impiegata per la distribuzione del metano. Tuttavia alcuni aspetti dovrebbero essere risolti:

• l'idrogeno allo stato gassoso crea problemi di infragilimento agli acciai, aumentando così il rischio di fessurazioni;

• la maggiore diffusività dell'idrogeno impone di sostituire le tenute e le valvole studiate per il gas;

• a parità di pressione ed a temperatura ambiente la densità energetica dell'idrogeno è pari a meno di un terzo delle densità corrispondente al gas naturale, rendendo così necessario il trasporto di volumi tre volte più grandi; si potrebbe risolvere la situazione aumentando la velocità dell'idrogeno all'interno dei condotti, ma ipotizzando una velocità pari a 2.8 volte la velocità del gas naturale sarebbe necessario incrementare la spesa energetica, sostenuta per la compressione, di 4.6 volte rispetto alla stessa energia spesa per comprimere il gas naturale.

Tali problemi suggeriscono di progettare una rete di trasporto dedicata all'idrogeno per evitare

elevati costi d'investimento che sorgerebbero nel caso di una possibile conversione da

metanodotto ad idrogenodotto. Il trasporto dell'idrogeno allo stato liquido evita la formazione di

idruri a causa della bassa reattività chimica che insorge a temperature criogeniche, ma il problema

dell'infragilimento permane in quanto i materiali strutturali sono ancora soggetti a condizioni

estreme. Possibili rimedi sono l'uso di materiali specifici quali leghe di alluminio, acciai inossidabili

ed acciai a basso tenore di carbonio che presentano un comportamento duttile anche a

temperature ridotte. Si preferisce trasportare idrogeno liquido quando viene richiesto

dall'applicazione, poiché la liquefazione è possibile solo in grandi impianti. Lo stato liquido è

l'unica forma fisica, per ora considerata, che, in teoria, potrebbe permettere il trasporto

intercontinentale di elevate densità energetiche in quanto consente di massimizzare le quantità

movimentate. L'idrogeno liquido per ora viene trasportato in serbatoi termicamente isolati

installati su carri ferroviari o su autotreni, anche se può essere impiegato l'utilizzo di tubazioni. Da

un'analisi dei costi si nota che, a parità di distanza, i costi di trasporto di idrogeno liquido su strada

risultano ridotti di un ordine di grandezza rispetto ai costi che andrebbero sostenuti per il

trasporto della solita quantità di idrogeno in forma gassosa; la solita analisi rivela che i costi

minori in assoluto potrebbero essere conseguiti con il gasdotto a patto di impiegare ritmi di

trasporto più intensi. I liquidi a ciclo chiuso, infine, suggeriscono un modo innovativo per

effettuare il trasporto di idrogeno: utilizzando infatti due condotte, una destinata al fluido

idrogenato e l'altra a quello deidrogenato, si realizzerebbe un sistema di trasporto più complicato

degli altri, ma, contemporaneamente, caratterizzato da minori costi di esercizio perché, trattando

un liquido e non un aeriforme, è possibile impiegare condotti di diametro inferiore rispetto a quelli

usati per il trasporto d'idrogeno gassoso oltre al fatto di spendere meno energia per il pompaggio

del liquido. L'unico svantaggio presentato dai sistemi a ciclo chiuso, è costituito dall'elevato punto

di congelamento posseduto dai fluidi vettori impiegati quali cicloesano e benzene, che, trovandosi

rispettivamente a temperature attorno a 278.5K e 279.5K, potrebbe impedire il trasporto in

inverno. Nella tabella seguente vengono confrontati i costi su strada dell'idrogeno gassoso e

dell'idrogeno liquido:

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di seguito si riporta una rappresentazione schematica in cui compaiono i parametri rappresentativi

di tre filiere produttive.

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