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Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 4 giugno 2015, ha adottato la seguente delibera:

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Linee programmatiche sulla formazione e l'aggiornamento professionale dei magistrati per l'anno 2016.

(Delibera del 4 giugno 2015)

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 4 giugno 2015, ha adottato la seguente delibera:

"Il Consiglio superiore della magistratura delibera di approvare le seguenti linee programmatiche relative alla formazione permanente dei magistrati per il 2016 da trasmettere alla Scuola Superiore della Magistratura:

Sommario: I. PREMESSA – 1. La formazione del magistrato – 2. La funzione di indirizzo del CSM: le linee programmatiche e le direttive per i magistrati in tirocinio e per la formazione permanente. Leale collaborazione Scuola superiore, Consiglio superiore della magistratura e Ministero della giustizia. – 3. Pluralismo culturale e apertura ai saperi extragiuridici come precondizioni di una formazione che non si limita al dato “tecnico” ma intende assicurare la funzione giudiziaria e la sua maturazione individuale e collettiva. – 4. La rilevazione delle esigenze formative. – 5. Strumenti metodologici e sperimentazione nelle iniziative condivise tra formazione centrale e formazione distrettuale. – 6. Pari opportunità di accesso ai corsi e criteri di selezione dei partecipanti ai corsi di formazione. – 7. La selezione del corpo docente della Scuola. - II.

INDICAZIONI OPERATIVE. - 1. Principi fondamentali. – 1.a. Formazione ed autoformazione dei magistrati. Il coinvolgimento di nuovi soggetti. – 1.b. Il pluralismo culturale e l’apertura a saperi diversi. – 1.c. Una formazione non ‘autoreferenziale’. – 1.d. L’omogeneità territoriale della formazione. – 1.e. Una cultura comune della giurisdizione penale. – 1.f. Metodologie didattiche e nuove tecnologie. - 1.g. La formazione per le funzioni specialistiche. - 1.h. La formazione

‘multilivello’. - 2. Tematiche prioritarie. – 2.a. I profili deontologici. – 2.b. I temi ordinamentali e la cultura dell’organizzazione. – 2.c. L’uso delle nuove tecnologie nello svolgimento delle funzioni giudiziarie. – 2.d. L’attenzione ai temi processuali. – 2.e. Formazione interdisciplinare. – 2.f. La Formazione europea e la formazione linguistica. - 2.g. Formazione dei dirigenti. – 2.h. Formazione magistratura onoraria. – 2.i. Formazione di riconversione. - 2.l. Formazione dei formatori.

I. PREMESSA

1. La formazione del magistrato.

Per ogni magistrato la formazione costituisce una delle condizioni della legittimazione del suo operato e della sua indipendenza. Unitamente al sistema delle valutazioni di professionalità, alle procedure disciplinari e ai criteri di organizzazione del lavoro all’interno degli uffici, la formazione contribuisce al perfezionamento del livello di professionalità, che diventa obiettivo irrinunciabile in considerazione della nuova collocazione politico-istituzionale dell’ordine giudiziario.

I compiti del sistema della formazione dei magistrati sono, dunque, particolarmente delicati.

Nelle moderne democrazie occidentali, la magistratura è fisiologicamente chiamata ad intervenire in settori nuovi, non necessariamente disciplinati da norme specifiche, e a risolvere conflitti sociali di particolare complessità e significato. Da tempo, è chiamata ad intervenire là dove terrorismo, corruzione e crimine organizzato diventano grandi fenomeni sociali; e con il progressivo allargarsi dell’azione pubblica ha esteso il controllo di legalità sulle attività politico-amministrative e su chi direttamente le gestisce. Sovente, poi, la magistratura è la prima istituzione ad incontrare soggetti e interessi nuovi alla ricerca di una legittimazione e di efficaci strumenti di tutela.

Sulla base di tali presupposti, tutti gli organi preposti all’adempimento dei compiti di formazione dovranno condividere un approccio secondo cui risulta necessaria per ogni magistrato non solo l’acquisizione di una adeguata preparazione tecnico-giuridica ma anche la consapevolezza

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del ruolo e degli effetti del proprio agire. Doti che paiono fondamentali per il doveroso miglioramento della qualità della giurisdizione. Doti, tuttavia, non suscettibili di essere affidate alla facoltatività della iniziativa individuale, ma necessariamente collegate ad una ampia comunicazione organizzata di conoscenze teoriche, pratiche, e deontologiche, che si aggiungono a quelle fornite dal concreto operare.

In altri termini, anche in base ai testi del Consiglio d’Europa1, la formazione va concepita non solo come facoltà del magistrato, ma pure come espressione di un dovere deontologico all’aggiornamento e alla crescita professionale. Il che implica, per l’ordinamento giudiziario, la creazione delle condizioni per assicurare a tutti una offerta adeguata e indipendente di formazione.

Il Decreto Legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, modificato dalla Legge 30 luglio 2007, n. 111, ha definito il contesto normativo e l’ambito dei compiti rispettivi del Consiglio superiore della magistratura e della Scuola superiore della magistratura nella materia della formazione e dell’aggiornamento professionale dei magistrati.

Sulla base del vigente assetto normativo, quindi, il C.S.M. deve procedere all’elaborazione delle ‘Linee programmatiche’ relative all’attività di formazione permanente e di aggiornamento professionale per l’anno 2016.

Tale compito viene svolto alla luce non solo dei caratteri e dei contenuti della attività formativa esplicatisi nei primi anni di vita della Scuola superiore, ma anche di un patrimonio di esperienze didattiche e formative, centrali e decentrate, ed anche internazionali, accumulato dallo stesso C.S.M. (nelle sue articolazioni a ciò deputate: Nona Commissione e Comitato scientifico) negli anni precedenti alla entrata in vigore della riforma che ha innovato le competenze sulla formazione dei magistrati.

Il riferimento all’esperienza pregressa contribuisce, infatti, a individuare le questioni

“cruciali” di una attività, quella della formazione, che, strutturandosi come servizio atto a sorreggere in modo continuativo le esigenze professionali del magistrato, funge da precondizione per l’indipendenza e l’autonomia della giurisdizione.

Sulla base di tale premessa, rimane irrinunciabile il collegamento tra Scuola e il Consiglio superiore della magistratura. Tale soluzione deriva dall’art 105 Cost. secondo cui ogni determinazione attinente alla vita professionale del magistrato deve collocarsi nell’alveo del sistema di autogoverno. E può garantire più efficacemente il pluralismo culturale nei contenuti, nei metodi, nella scelta dei docenti e dei partecipanti alle iniziative di formazione. Pluralismo chiamato ad alimentare una professionalità che non trascuri l’importanza sia del momento organizzativo dell’attività giudiziaria sia degli interrogativi sul proprio ruolo e sulla propria identità.

Ciò comporterà la necessaria realizzazione di momenti di raccordo effettivo e costante tra lo stesso C.S.M. e la Scuola, improntati alla leale collaborazione, allo scopo di verificare gli esiti delle attività formative nel corso della loro manifestazione: solo in tal modo, infatti, si potrà evitare di trasformare l’indicazione delle linee programmatiche in uno sterile adempimento burocratico.

2. La funzione di indirizzo del CSM: le linee programmatiche e le direttive per i magistrati in tirocinio e per la formazione permanente. Leale collaborazione Scuola superiore, Consiglio superiore della magistratura e Ministero della giustizia.

Nel settore della formazione permanente, il CSM è chiamato a trasmettere le linee programmatiche che concorrono a definire la cornice della programmazione didattica della Scuola, unitamente a quelle elaborate dal Ministro e alle proposte pervenute dal Consiglio nazionale forense e dal Consiglio universitario nazionale.

Questa funzione di indirizzo generale non può limitarsi all’enunciazione degli atti programmatici una volta l’anno, nella fase antecedente all’approvazione del programma annuale,

1 Si veda, al riguardo, il punto 65 della Raccomandazione CM/Rec. (2010) 12 del Comitato dei Ministri agli stati membri sui giudici: indipendenza, efficacia e responsabilità.

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ma deve trovare attuazione anche nelle fasi successive, in sede di elaborazione ed erogazione dell’offerta formativa, all’esito della definizione dei corsi e della loro realizzazione.

Una verifica delle attività svolte dalla Scuola è prevista dal D.Lgs. n. 26/2006 con la trasmissione al Ministro e al CSM della relazione annuale.

Nello spirito di leale collaborazione istituzionale, sia nelle delibere sulle direttive per i magistrati in tirocinio sia nell'ambito delle linee programmatiche, il CSM ha costantemente invitato alla realizzazione di momenti periodici di confronto e di collaborazione, anche mediante la formazione di strutture partecipate tra CSM, Scuola e Ministero, allo scopo di verificare gli esiti delle attività formative nel corso della loro realizzazione.

Al fine di dare compiuta attuazione a tali indicazioni viene istituito un tavolo permanente di consultazione tra CSM, Scuola e Ministero mediante il quale attuare una verifica periodica delle modalità di implementazione degli indirizzi forniti per la programmazione degli incontri di formazione, elaborare forme e modalità di partecipazione del CSM nelle sue varie articolazioni all’elaborazione e erogazione di specifiche offerte formative ed affrontare ogni eventuale questione di tipo ordinamentale, che possa presentare o determinare esigenze formative.

Si vuole in tal modo consentire, nello spirito di una leale e costante collaborazione, l’introduzione di momenti ulteriori di confronto tra le Istituzioni che, con modalità e funzioni diverse, sono chiamate a concorrere nel governo della formazione dei magistrati. La convocazione, almeno con cadenza trimestrale, del suindicato tavolo tecnico permanente consentirà di fare il punto sulle attività in corso e su quelle ancora da compiere, nei termini sopra specificati.

In tale contesto si dovrebbero affrontare anche i temi della cooperazione e della collaborazione internazionale in ambito giudiziario con Istituzioni straniere e dell’Unione europea, in ragione della adesione della Scuola e del CSM alle organizzazioni internazionali che si occupano di formazione giudiziaria.

Questi momenti appaiono fondamentali anche per l’approvazione delle linee di indirizzo per gli anni successivi.

Il Consiglio, infatti, onde arginare i rischi della riduzione delle linee programmatiche a una mera riproposizione dei contenuti delle delibere precedenti, sarà chiamato a compiere un'attività istruttoria, che deve prevedere anche forme di interlocuzione con la Rete della formazione decentrata e gli Uffici giudiziari, da concludersi entro la prima metà dell’anno solare, e che deve essere preceduta dalla trasmissione della relazione sull’attività svolta dalla Scuola nell’anno precedente, predisposta in tempo utile dal Segretario generale ai sensi dell'art. 17 bis D.Lgs. n.

26/2006 e approvata dal Comitato direttivo (art. 5 D.Lgs. n. 26/2006).

Alla relazione dovrà far seguito la valutazione, a opera del Consiglio, dell’attività didattica dell’anno precedente, comparandola con le linee programmatiche adottate dal Consiglio. La relazione annuale, perciò, non si deve limitare a una mera elencazione delle attività svolte, ma deve fornire gli elementi utili per consentire al Consiglio le proprie valutazioni.

Ai componenti del tavolo tecnico di consultazione tra CSM, Scuola e Ministero va, altresì, affidato il compito di monitorare l’andamento delle attività svolte presso le strutture didattiche territoriali, le cui iniziative presentano tuttora caratteri di disomogeneità territoriali. A tal fine i componenti potranno suggerire al Consiglio direttivo della Scuola l’adozione di atti di impulso allo scopo di sollecitare e meglio indirizzare le attività delle strutture distrettuali, ovvero di favorire un incremento delle iniziative di formazione condivise tra il centro e la periferia.

3. Pluralismo culturale e apertura ai saperi extragiuridici come precondizioni di una formazione che non si limita al dato “tecnico” ma intende assicurare la funzione giudiziaria e la sua maturazione individuale e collettiva.

L’obiettivo della formazione dei magistrati, da lungo tempo, non è più solo la trasmissione del sapere ma – secondo una terminologia ormai classica – la comunicazione di un “saper fare” e di un

“saper essere”. Mira a generalizzare un metodo. Vuole essere un modo di assicurare la funzione, che produce maturazione individuale e collettiva. E per tale ragione, la formazione ha superato da

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tempo lo schema metodologico della somministrazione “frontale” di informazioni e nozioni. Non può avere come obiettivo quello di insegnare come si interpreta o si applica la legge, travasando dall’ “alto al basso” il sapere, quanto piuttosto quello di sviluppare un approccio critico alle molteplici questioni, tecniche o valoriali, proposte da una società sempre più complessa. Autonomia e indipendenza del magistrato non ammettono indottrinamenti di alcun genere.

La formazione, dunque, non deve avere come finalità l’omologazione culturale dei magistrati, neppure quanto alle attività più tecniche della interpretazione delle legge, ma piuttosto deve consentire che ciascuno di essi sia professionalmente capace di maturare una opinione, informata e attendibile, sulle questioni poste dalla pratica della giurisdizione. La stessa funzione di aggiornamento sulle norme e sugli indirizzi giurisprudenziali – che costituisce il livello basico (e per altro irrinunciabile) dell’attività formativa – deve essere finalizzata, di fatto, ad un allargamento della base di riflessione sui problemi, evitando gli involontari contrasti giurisprudenziali e favorendo, se del caso, le opzioni interpretative destinate ad assicurare la prevalenza delle migliori soluzioni per il caso concreto e, al contempo, a favorire l’evoluzione del diritto in parallelo a quelle dell’ordinamento e della società.

In tal senso, la pratica della formazione non può essere concepita se non alla luce di alcune caratteristiche irrinunciabili, che ne assicurano, prima ancora che la correttezza, la stessa efficienza funzionale: libertà di elaborazione dei contributi dei “docenti” e fruitori (fino alla evocazione, giustamente compiuta anche prima e al di fuori d’una istituzione scolastica, della libertà di insegnamento garantita dalla Costituzione); pluralismo delle culture, delle esperienze professionali e delle provenienze nella composizione del corpo docente; centralità della esperienza giudiziaria nell’elaborazione e nell’attuazione dei programmi, pur nel rapporto, vitale ed ineliminabile, con il mondo universitario, con quello delle professioni, con quello delle scienze applicate.

Come suggeriscono i principi internazionali in materia di formazione dei magistrati, tutto ciò non potrà non riflettersi sui contenuti dei programmi, ed anche sulle strutture dei corsi, che dovranno, ove possibile, essere aperti agli apporti di diverse professionalità, (se del caso anche prevedendo un incremento del numero dei partecipanti ai corsi diversi dai magistrati ordinari, con spese a carico dei relativi enti di appartenenza), di differenti voci, di espressioni culturali provenienti dai molteplici settori della società, in modo da arricchire il bagaglio e la sensibilità culturale dei magistrati. E questo è l’antidoto al rischio di una formazione “autoreferenziale”.

4. La rilevazione delle esigenze formative.

La predisposizione di linee programmatiche per l’attività formativa deve tenere particolarmente in conto il tema della rilevazione delle esigenze formative dei magistrati.

Tale rilevazione dovrà essere sostanzialmente affidata alle sensibilità dei singoli componenti del Comitato Direttivo della Scuola e ai magistrati referenti a livello distrettuale, ma tenendo conto altresì delle indicazioni che possono provenire dai diversi uffici giudiziari, dalle associazioni di magistrati, dai Consigli giudiziari e dal Consiglio superiore della magistratura.

La stabilità organizzativa su cui la Scuola superiore può contare consente di curare quel costante raccordo “con” e “tra” le formazioni decentrate, sin dal momento iniziale della programmazione annuale, individuando proprio con i magistrati referenti innanzitutto la tipologia di interventi formativi da diffondere in modo unitario su tutto il territorio (per lo più, dovrà trattarsi di corsi c.d. di primo livello, idonei a fornire una preparazione basilare per i magistrati);

predisponendo, poi, un secondo ambito di corsi per così dire “duplicati”, che valgano, cioè, a riversare in sede decentrata i risultati di incontri centrali di particolare rilievo e/o finalizzati a diffondere percorsi formativi “circolari”, che dal centro si diffondano in periferia per conoscere momenti di sintesi finale (secondo un’esperienza virtuosa introdotta e praticata negli ultimissimi anni: si pensi al corso sulla giurisdizionalizzazione del processo minorile o ai corsi sui rapporti tra giurisdizione di legittimità e di merito).

Dalle esperienze dei formatori decentrati e dal loro continuo contatto con le singole realtà giudiziarie, infine, dovranno partire nuovi modelli di rilevazione dei bisogni formativi, in grado di

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influire (mediante momenti di confronto annuale con il Comitato direttivo della Scuola) sui contenuti specifici della programmazione, fermo restando che proprio alle sedi distrettuali dovrà restare l’insostituibile compito di approntare le prime ed immediate risposte alle sollecitazioni che possano venire da mutamenti giurisprudenziali e/o normativi. In sostanza, va alimentato un modello di programmazione della formazione nazionale, articolato in momenti centrali, di competenza della Scuola, e momenti decentrati, di competenza delle sedi distrettuali in raccordo con la Scuola, lasciando, infine, alle iniziative autonome dei formatori dei vari distretti una categoria residuale (ma non meno importante) di interventi formativi “d’urgenza” o comunque esulanti dalla programmazione nazionale.

In tale ottica, la Scuola può pure beneficiare della sinergia che deriverà dalle relazioni con la Rete europea della formazione giudiziaria – della quale la Scuola fa parte – finalizzate a favorire, anche attraverso gli scambi di esperienze e di partecipazione dei magistrati dei vari Paesi membri dell’Unione Europea, il rafforzamento delle conoscenze del diritto europeo e la completa acquisizione della consapevolezza del nuovo ruolo che ai magistrati spetta nel contesto europeo.

Una particolare attenzione, infine, dovrà essere riservata a quei magistrati che negli ultimi tre anni non hanno presentato alcuna domanda di partecipazione a corsi organizzati dalla Scuola a livello centrale o decentrato, allo scopo di comprendere le ragioni di quel fenomeno e di verificare la possibilità di ‘intercettare’ i bisogni formativi dei colleghi ancora interessati.

5. Strumenti metodologici e sperimentazione nelle iniziative condivise tra formazione centrale e formazione distrettuale.

Le iniziative di formazione dovranno ispirarsi alla “flessibilità” degli strumenti didattici, funzionali a specifiche esigenze.

E’ auspicabile una modalità di esecuzione dei corsi modellata secondo un sistema misto in cui la relazione c.d. “frontale” potrà costituire il modulo base di comunicazione nelle ipotesi in cui si perseguono finalità di “insegnamento” in senso stretto (ad es. nei corsi di riconversione o per l’illustrazione di contributi di natura extragiuridica) ovvero di informazione sulle novità legislative e giurisprudenziali (aggiornamento pronunce della Corte costituzionale e della Corte di cassazione);

o, ancora, nel caso in cui la materia trattata presenti profili dogmatici di rilevante complessità.

Negli altri casi, andrà lasciato spazio a metodi formativi spiccatamente dialogici, quali ad esempio: il c.d. “dibattito guidato” (finalizzato a mettere a fuoco esperienze, approcci ermeneutici o protocolli condivisibili per realtà omogenee, attraverso l’illustrazione sintetica, da parte del relatore, di specifiche questioni per sollecitare l’intervento dei partecipanti, rapido e informale su ogni singolo punto, per poi passare agilmente al punto successivo); il laboratorio di autoformazione (adattabile a gruppi di lavoro ristretti, sotto la guida di un “metodologo” o di un esperto nel settore della formazione ed organizzazione, per analizzare singoli settori dell’esperienza giuridico- professionale ed elaborare criteri ed orientamenti per la gestione dei casi critici); la simulazione di casi o la discussione in ordine a vicende giudiziarie specifiche.

Va coltivata l’idea secondo cui la formazione dei magistrati deve essere concepita come un processo orientato ad organizzare la conoscenza, a sviluppare capacità di costruire legami ed ordini, più o meno provvisori, alla massa di dati, emozioni, richieste, pressioni che costituiscono il contesto in cui si esercitano le funzioni giudiziarie.

Per procedere in questa direzione, sarà utile offrire ai magistrati l’opportunità e lo sviluppo di capacità di vedersi all’opera nella pratica professionale, ascoltare ed osservare le modalità di lavoro proprie, dei colleghi e dell’organizzazione giudiziaria nel suo insieme.

Su taluni argomenti, potrà essere opportuna una individuazione dei temi e dei metodi da realizzare nelle singole proposte da lasciare ad incontri preparatori a livello locale, per mettere a fuoco questioni da approfondire, e raccogliere soluzioni interpretative da proporre a livello centrale.

Occorre rendere effettivo il confronto tra le diverse esperienze sul territorio nazionale e, quindi, valorizzare quelle tecniche “virtuose”, che, rispettando la legge, sono suscettibili di produrre una

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effettiva accelerazione nella definizione dei procedimenti e una condivisione delle griglie interpretative.

In alternativa potrà essere verificata la possibilità di introdurre forme di previa interlocuzione tra gli organizzatori e gli ammessi a ciascun incontro di studi al fine di predisporre programmi e moduli didattici in termini tali da rispondere ai particolari e specifici bisogni formativi dei partecipanti.

Va, poi, considerato il profilo della evoluzione degli stili comunicativi. Da tempo, per la formazione dei magistrati, ci si interroga su tale aspetto. Soprattutto negli incontri di taglio pratico o densi di interventi su saperi extragiuridici, andrà alimentato l’impiego di strumenti di supporto virtuale (quali lucidi, diapositive, power point), utili a realizzare un contatto diretto con il pubblico e ad evidenziare i “concetti chiave” da sottoporre all’analisi dei partecipanti. Così come potrà essere opportuno in talune circostanze l’utilizzo dello strumento della ripresa audiovisiva, con successiva distribuzione del relativo supporto ai formatori locali o ai richiedenti, per individuare aspetti virtuosi o sbavature di talune prassi (ad es., tecniche di conduzioni di interrogatori). Peraltro, la periodica esigenza di tempestivo aggiornamento sulle novità normative potrebbe essere assecondata con risorse telematiche, quali la teleconferenza, in considerazione del basso quoziente di partecipazione attiva del discente, secondo formule già sperimentate.

Sempre nell’ottica evolutiva delle metodologie didattiche, dovrà essere valutata, almeno con riferimento a quei corsi nei quali dovesse essere rilevata l’esistenza di incertezze applicative in relazione a nuove normative o anomale disomogeneità giurisprudenziali, la possibilità che i relatori ed i coordinatori di ciascun incontro di studi redigano, sotto il coordinamento dell’esperto formatore e/o di un componente del consiglio direttivo, un report ovvero una pubblicazione di sintesi dei lavori da inviare a tutti i magistrati del settore interessato.

6. Pari opportunità di accesso ai corsi e criteri di selezione dei partecipanti ai corsi di formazione.

La configurazione della formazione come dovere professionale ha evidenti riflessi sulla disciplina delle opportunità di accesso ai corsi e alle iniziative di formazione per i magistrati.

Non basterà la programmazione di corsi che, per il loro numero (in rapporto alla quantità dei partecipanti ammessi), garantiscano tanti “posti” quante saranno le domande assistite dalla

“obbligatorietà” della partecipazione. I protocolli per le ammissioni dovranno assicurare un rapporto ragionevole tra l’area di interesse professionale e culturale dei candidati e l’occasione formativa loro concretamente offerta. In tale senso il criterio della pluralità delle domande in via progressivamente subordinata non appare risolutivo. D’altra parte – pur variando di molto l’esigenza a seconda del tipo di offerta – le “griglie” di ammissione dovranno garantire una composizione della “platea” che sia congrua rispetto al progetto formativo sotteso alla iniziativa, e funzionale per la sua riuscita.

La fisiologica selezione dei partecipanti dovrà fondarsi, principalmente, sul criterio territoriale e su quello della funzione concretamente esercitata dai richiedenti. In tale prospettiva sarà opportuno indicare le percentuali dei partecipanti tra magistrati di merito e magistrati di legittimità ovvero tra magistrati requirenti e magistrati giudicanti.

I criteri di individuazione dei partecipanti al corso dovranno essere indicati nel relativo bando che quindi dovrà rivolgersi quasi sempre a magistrati che svolgono funzioni nella materia oggetto dell’incontro di studi, ai quali potrà richiedersi, contestualmente alla presentazione della domanda, di allegare un’autocertificazione o un’attestazione del capo dell’ufficio contenente la precisazione che il magistrato opera nel settore a cui è diretta l’attività di formazione.

Un aspetto fondamentale della “formazione centrale” riguarda la provenienza territoriale dei partecipanti ai corsi. In tale prospettiva va evidenziato il necessario carattere “unificante” della formazione centrale, cioè la sua costante attenzione affinché su ogni tema culturale e su ogni aspetto operativo, si instauri un confronto tra magistrati operanti nell’intero territorio nazionale. Dal confronto tra le esperienze territoriali deve lievitare la diffusione delle buone idee e dei

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comportamenti virtuosi, in una struttura, la Scuola, che deve essere concepita come “casa comune”

dei magistrati italiani.

Quando una determinata materia è oggetto di controversie concentrate per lo più in uno o più distretti (si pensi, a mero titolo di esempio per il settore penale, alla questione, che si pose qualche anno fa, delle normative sui reati ambientali previste per la sola Regione Campania), sarebbe opportuno garantire la provenienza di un maggior numero di partecipanti a quelle specifiche realtà giudiziarie, rispetto a coloro che provengono da sedi meno interessate al tema oggetto del corso.

D’altronde, il “legame” tra sede e territorio, piuttosto, potrebbe essere valorizzato nella logica del decentramento formativo, cioè delle iniziative concepite e attuate in relazione ai bisogni di singole realtà territoriali, che già nell’esperienza attuale ha talvolta generato iniziative di livello interdistrettuale. Le sedi, in altre parole, potrebbero fungere da supporto per la formazione decentrata della rete consigliare e della stessa Scuola, nei termini in cui la stessa sarà chiamata a tale compito.

Per realizzare corsi bilanciati in relazione alle caratteristiche dei partecipanti e comunque per poter meglio programmare la struttura del corso stesso sulla base proprio di tali caratteristiche, si renderanno necessarie: a) una dettagliata individuazione della tipologia di destinatari di ciascun corso da effettuarsi al momento della programmazione preventiva annuale e da inserirsi nella scheda di presentazione del corso; b) la messa a disposizione da parte della Scuola di maggiori informazioni riguardanti i partecipanti al corso, informazioni che potranno eventualmente essere fornite all’atto della compilazione della domanda di partecipazione mediante la previsione di modelli nei quali i richiedenti siano chiamati a compilare campi (predeterminati) che meglio consentano di conoscere le rispettive specifiche esperienze professionali.

Dovrà garantirsi la pari opportunità in ordine all’accesso ad ogni evento formativo, anche prevedendo prerogative rafforzate di partecipazione in seguito a periodi di assenza dagli uffici per l’assolvimento di doveri di cura verso la propria persona o verso componenti del nucleo familiare.

7. La selezione del corpo docente della Scuola.

La normazione interna alla Scuola e i criteri di inserimento nell’albo dei docenti dovranno consentire una credibile suddivisione per categorie professionali e per materie di interesse, tenuto conto delle diverse sensibilità culturali.

Più che il rapporto proporzionale tra le categorie di provenienza occorrerà cercare il giusto equilibrio tra esigenze della didattica e una politica di forte rotazione del corpo docente.

D’altronde, non si può sottovalutare il dato di esperienza secondo cui la performance formativa richiede tecnica e perfezionamento: obiettivi che non si conseguono con rapporti episodici e che, una volta conseguiti, rappresentano una risorsa non facilmente rinunciabile.

Di conseguenza va promossa un idea di formazione per i magistrati alla stregua di un dovere del servizio sia nel ruolo di fruizione che in quello di docenza, peraltro sempre meno separati all’interno di un sistema che crede nell’evoluzione delle metodologie.

Nei fatti, i magistrati cui viene richiesto un serio impegno formativo hanno sinora operato aggiungendolo faticosamente a quelli ulteriori, oppure diradandolo, o ancora onorandolo con prestazioni sbrigative, o finanche negando in via definitiva il proprio contributo. Il che rischia di escludere dal circuito, in una qualche misura, anche alcune figure professionali delle quali la formazione si potrebbe molto giovare. La Scuola, dunque, non potrà esimersi da una interlocuzione con il Consiglio superiore, ciascuno nell’ambito delle rispettive competenze, affinché il tempo della formazione trovi una disciplina che ne valorizzi la piena pertinenza al lavoro giudiziario e non lo releghi ai margini della vita professionale di “discenti” e “docenti”.

La Scuola dovrà auspicabilmente essere in grado di fornire indicazioni metodologiche precise ed organiche ai docenti, che sempre meglio dovranno cogliere la pertinenza del loro contributo ad un progetto più ampio, e necessariamente coerente anche dal punto di vista metodologico. Anche a questo proposito, sarà opportuno che l’articolazione organizzativa della Scuola dedicata alla

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formazione dei formatori provveda alla raccolta dei materiali significativi sul piano delle metodologie: non solo testi e elaborazioni sull’argomento, ma concreti esempi applicativi delle singole esperienze metodologiche (fascicoli virtuali, questionari progressivi, simulazioni di ruolo) per accumulare e tramandare le esperienze, e per formare le basi di una osservazione scientifica dell’attività istituzionale.

L’albo dei docenti potrà comprendere un settore dedicato ad esperti di scienza della formazione, non solo al fine di utilizzarne le competenze nell’ambito di corsi di formazione dei formatori, ma anche per momenti di interlocuzione diretta con il Comitato Direttivo e con i responsabili di settore, specie nella fase di predisposizione dei programmi.

II. INDICAZIONI OPERATIVE.

La necessità di attribuire contenuto concreto alla differente terminologia che il legislatore ha adottato per indicare i rapporti tra C.S.M. e Scuola a proposito della formazione iniziale (per la quale si parla di direttive ed individuazione delle materie) ed a proposito della formazione permanente (per la quale si prevede solo l’emanazione di linee programmatiche annuali), induce a limitare le indicazioni programmatiche al richiamo di alcuni principi fondamentali e di talune tematiche prioritarie di cui la Scuola dovrà tener conto nella pianificazione dei programmi e nella costruzione dei singoli corsi, sulla base delle premesse contenute nelle pagine precedenti.

Nel sistema attuale risulta fondamentale una costante collaborazione tra la Scuola e il C.S.M., organo di rilievo costituzionale e massima espressione dell’autonomia e dell’autogoverno. È pertanto evidente che il C.S.M. ha un rilevante e legittimo interesse per ogni aspetto relativo all’aggiornamento professionale e alla formazione continua di tutti i magistrati che fanno parte dell’ordine.

1. Principi fondamentali.

1.a. Formazione ed autoformazione dei magistrati. Il coinvolgimento di nuovi soggetti.

È necessario il coinvolgimento dei magistrati nei processi di formazione ed autoformazione.

Ciò vuol dire, da un canto, che nelle attività di formazione dovranno essere sempre più coinvolti anche nuovi soggetti (oltre ai referenti per la formazione, anche i referenti per l’informatica ed i magistrati di riferimento dei singoli uffici; i componenti dei consigli giudiziari, i componenti delle commissioni flussi; i magistrati esperti nel diritto europeo) e, dall’altro, che un’attenzione crescente dovrà essere dedicata ai temi ordinamentali e ai profili deontologici dell’attività dei magistrati.

1.b. Il pluralismo culturale e l’apertura a saperi diversi.

Nei corsi, devono essere garantiti il “pluralismo culturale” e l’“apertura a saperi diversi”.

Proprio la pluralità delle voci consente di avvicinarsi all'interpretazione più corretta ed adeguata. In questa prospettiva è indispensabile, in materie particolarmente controverse, affidare la trattazione contestuale della stessa tematica a più relatori aventi diversa impostazione culturale e scientifica, al fine di favorire una reale dialettica sulle argomentazioni addotte a sostegno di diverse opzioni interpretative e quindi un reale, anche se impegnativo, "dialogo" (dia - logos ossia la ricerca dei fatti e delle cose nella luce della ragione). Ciò permette tra l'altro di evitare che le relazioni si trasformino in monologhi, aventi la sembianza, talora nemmeno mascherata, di "manifesti ideologici".

Inoltre i relatori ed i formatori – pur appartenenti a diverse "scuole di pensiero" - devono essere mossi innanzitutto dalla preoccupazione di garantire, in termini metodologicamente rigorosi:

l'individuazione del problema giuridico affrontato, l'illustrazione degli elementi normativi e di contesto implicati nello stesso, l'esposizione delle argomentazioni che possono essere addotte a sostegno delle diverse opzioni interpretative e che spiegano anche l'evoluzione della stessa giurisprudenza.

Ciò permette di evitare non solo l'imposizione di un "pensiero unico", ma soprattutto di un pensiero che non si confronta con le peculiarità del lavoro del giurista.

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Tale impostazione favorisce inoltre un confronto reale tra i relatori, perché argomentato e costantemente preoccupato di insegnare un metodo e quindi di favorire una consapevolezza critica e sistematica dello strumento giuridico utilizzato e delle scelte circa il ruolo del giudice che di volta in volta vengono affermate.

Deve essere, inoltre favorita, l’apertura a saperi diversi. Sempre più spesso il magistrato è costretto a confrontarsi con saperi (e persino con linguaggi) propri di altre culture, rispetto ai quali non sempre l’ausilio di tecnici (periti o consulenti) appare sufficiente a colmare i divari di partenza.

Se è evidente che non è possibile ipotizzare un giudice “onnisciente”, è del pari vero che, almeno in alcuni settori, può essere quanto mai opportuno gettare le basi, affinché il magistrato sia consapevole delle potenzialità e dei limiti delle diverse discipline che possono essergli di ausilio nell’espletamento della sua funzione.

1.c. Una formazione non ‘autoreferenziale’.

Al fine di evitare il rischio sempre incombente di una formazione ‘chiusa’ dei magistrati, perché sostanzialmente ‘autoreferenziale’, si dovrà aver cura di sviluppare un costante dialogo mirato alla conoscenza dei punti di vista sulla giustizia, sui suoi servizi e sulle sue stesse criticità, di altri operatori nei diversi campi giuridici e giudiziari (avvocati; docenti e ricercatori universitari), ma anche in altri e diversi ambiti scientifici variamente connessi ai saperi giuridici.

Inoltre, il predetto dialogo dovrà coinvolgere i rappresentanti delle istituzioni dell’autonomia territoriale, personale dirigente delle diverse amministrazioni pubbliche e private, polizia giudiziaria e altri operatori nei diversi ambiti della sicurezza e del contrasto delle diverse tipologie di criminalità.

1.d. L’omogeneità territoriale della formazione.

Va perseguita l’omogeneità territoriale della formazione.

A prescindere dalle sedi in cui l’attività di formazione sarà svolta in concreto, che secondo la volontà del legislatore potranno anche essere plurime2 (problema sul quale il C.S.M. già si è espresso con le delibere del 31 maggio 2007 e 11 giugno 2008), ciò che per il Consiglio superiore rileva è che la ripartizione dei partecipanti ai corsi avvenga con modalità tali da salvaguardare, quale valore irrinunciabile, l’omogeneità qualitativa della formazione ed il confronto costante tra prassi interpretative formatesi in distretti ed in realtà territoriali tra loro differenti, delle quali dovrà, dunque, essere sempre assicurata un’adeguata rappresentanza.

1.e. Una cultura comune della giurisdizione penale.

Nel settore penale, dovrà continuarsi a privilegiare una cultura comune tra magistrati. Al di là di momenti di approfondimento specialistico in funzione di singoli temi propri dell’una o dell’altra attività, requirente e giudicante, la formazione del settore penale, comprensiva della fase relativa all’esecuzione della pena ed al procedimento di sorveglianza, dovrà ispirarsi ai comuni principi della giurisdizione e mirare a tessere una trama condivisa di valori cui tutte le professionalità possano attingere per l’esercizio concreto delle varie attività professionali.

1.f. Metodologie didattiche e nuove tecnologie.

Resta evidentemente riservata alla Scuola la scelta delle metodologie didattiche ritenute più adeguate ai bisogni formativi e alla struttura delle singole iniziative, ma è auspicabile, in linea con

2 Esula dalle competenze del C.S.M. ogni indicazione logistica e organizzativa. Il C.S.M. non ha avuto alcuna parte attiva nella determinazione che il legislatore ha dato a tale questione con la Riforma del 2005, il Decreto legislativo n. 26/2006 e tutte le successive modifiche sino al recente Decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 ‘Misure urgenti per la crescita del Paese’, che all’articolo 56 ha stabilito che le Sedi della Scuola potranno essere, rispetto alle tre finora previste dalla legge e in parte già approntate o in fase avanzata di preparazione (Bergamo, Benevento e Firenze-Scandicci), ‘fino a tre’; così come ha previsto, a modifica della normativa vigente, che sarà possibile anche l’‘esonero parziale’ dall’attività giurisdizionale dei magistrati che vengono chiamati a fare parte del Comitato Direttivo della Scuola superiore della magistratura.

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le stesse indicazioni fornite dal Parlamento europeo nella Risoluzione del 14 marzo 2012 sulla formazione giudiziaria (2012/2575(RSP)), l’utilizzo, accanto ai metodi tradizionali, delle nuove tecnologie al servizio della didattica (forum telematici, mailing-list, videoconferenze, corsi on-line, streaming web, on demand, podcasting dei file audio e video digitali degli incontri di formazione), allo scopo di favorire il confronto dialettico e la più ampia partecipazione possibile, coinvolgendo anche i magistrati dei distretti più periferici, che talvolta, sia per ragioni logistiche che per i crescenti impegni derivanti dal lavoro giudiziario, sono costretti a rinunciare all’offerta formativa della Scuola.

1.g. La formazione per le funzioni specialistiche.

Una particolate attenzione dovrà continuare ad essere garantita al settore della formazione dei magistrati con funzioni specializzate (quali quelli del minorile, della sorveglianza, del lavoro) o con funzioni specialistiche (quali quelli assegnati alla sezione fallimentare o dell’esecuzione, a quella dei gip-gup, ai magistrati che operano in grado di appello o in sede di legittimità), con iniziative che favoriscano il raccordo tra le varie funzioni giurisdizionali e le relative esperienze.

1.h. La formazione ‘multilivello’.

Allo scopo di venire incontro, in maniera più efficace, alle esigenze formative dei magistrati, dovrà essere verificata la possibilità di introdurre moduli organizzativi di corsi multilivello, che tengano conto delle diverse tipologie di discenti: realizzando forme di ‘multilivello esterno’, ad esempio, distinguendo il corso per civilisti o penalisti con formazione avanzata da quello per civilisti o penalisti alle prime esperienze; forme di ‘multilivello interno’, che considerino la differente specializzazione dei discenti; oppure forme di multilivello per i medesimi destinatari, in ragione dei bisogni variabili nel tempo, con l’organizzazione di più corsi, a distanza di tempo, per gli stessi discenti con sempre di sempre maggiori approfondimenti.

2. Tematiche prioritarie.

2.a. I profili deontologici.

Un impegno specifico dovrà essere riservato al tema dell’etica e della deontologica professionale. Nella specie, si tratta essenzialmente di offrire ad ogni magistrato tutti gli strumenti per cogliere appieno gli effetti dei propri comportamenti, pubblici e privati, anche quando essi siano irrilevanti dal punto di vista penale, civile e disciplinare.

E’ auspicabile che la formazione si dedichi, in primo luogo, alla interpretazione delle opzioni legislative in materia disciplinare. Ma gli approfondimenti dovranno coinvolgere la dimensione comunitaria e internazionale in genere con riguardo alla evoluzione degli strumenti normativi.

Particolare attenzione dovrà essere dedicata ai contributi resi nella materia della deontologia professionale dalla Rete Europea dei Consigli di Giustizia; in una prospettiva comparatistica che interessa non solo le forme di indipendenza del giudice ma anche forme di indipendenza del pubblico ministero e che finisce per coinvolgere i complessi rapporti tra giurisdizione e politica.

L’offerta formativa sul tema dovrà orientarsi soprattutto al tema della imparzialità, quale polo aggregante intorno a cui ricomporre la più ampia questione dell’etica giudiziaria.

La prospettiva storica consentirà di ricostruire l’evoluzione dei principi di indipendenza e di imparzialità alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell’Uomo quali giudici deputati alla salvaguardia dei valori fondanti qualsiasi sistema democratico; senza trascurare, in tale ambito, il prezioso contributo della Corte di cassazione.

Il tema della imparzialità del giudice quale cifra comportamentale e criterio di valutazione della pratica professionale rappresenterà l’occasione per approfondire non solo i caratteri della attività ispettiva ministeriale e della funzione disciplinare del Consiglio superiore ma anche i principali profili costitutivi del codice etico della magistratura italiana.

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Nell’ampia prospettiva deontologica andrà pure affrontato il tema del complesso rapporto tra magistratura e mass media. L’influenza dei mezzi di comunicazione di massa sullo svolgimento del processo e sulla formazione della decisione dovrà rappresentare uno dei punti di approfondimento anche attraverso lo studio di casi concreti di “processo parallelo” e di accesso delle telecamere nelle aule di giustizia, coinvolgendo non solo magistrati, ma anche giornalisti, conduttori televisivi, esperti di comunicazione pubblica.

Nell’ambito dell’offerta formativa dovranno essere previsti specifici corsi di riqualificazione professionale per i magistrati nei cui confronti, a seguito di valutazione di professionalità negativa, il Consiglio disponga la partecipazione quale elemento integrante dell’attività di recupero nel biennio successivo, ai sensi dell’art. 11 comma 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, in rapporto alle specifiche esigenze di professionalità riscontrate.

L’individuazione di tali corsi potrà avvenire anche mediante l’indicazione, concordata tra la Scuola e il Consiglio, tra quelli già presenti nell’offerta formativa, anche in sede decentrata, qualora adeguati al recupero delle carenze professionali individuate dalla delibera di valutazione di professionalità non positiva.

2.b. I temi ordinamentali e la cultura dell’organizzazione.

Adeguato spazio dovrà essere dedicato alla materia ordina mentale. I diversi istituti che regolano il funzionamento del sistema giudiziario e della vita professionale dei magistrati andranno esaminati in una prospettiva teorico-pratica, alla luce non solo dei principi costituzionali e delle legge sull’ordinamento giudiziario ma anche della normativa secondaria adottata con le delibere del C.S.M..

Assumono così particolare rilievo, tra gli altri, i temi delle attività e delle competenze degli organi del governo autonomo, della mobilità e delle incompatibilità dei magistrati, dell’organizzazione tabellare degli uffici giudicanti, delle valutazioni di professionalità e della selezione dei dirigenti, degli incarichi extragiudiziari, della formazione iniziale e permanente, dell’organizzazione degli uffici requirenti e di legittimità.

L’attività formativa dovrà, inoltre, accompagnare e favorire la diffusione della cultura dell’organizzazione degli uffici giudiziari e dell’auto-organizzazione del lavoro del magistrato, nonché delle nuove tecnologie, quale strumento per agevolare, velocizzare e rendere più efficiente il lavoro di ciascun giudice.

Particolare attenzione dovrà essere posta ai temi dell’analisi e gestione dei flussi statistici degli uffici giudiziari, delle “buone prassi” metodologiche ed operative, della normativa prevista dall’art. 37 della legge 15 luglio 2011, n. 111 in tema di programmi di gestione dei procedimenti civili e di carichi esigibili. Inoltre, adeguati spazi dovranno essere riservati alla conoscenza e alla concreta gestione di tutti gli strumenti tecnologici di più proficuo impiego per il lavoro del magistrato. Sarà opportuno altresì approfondire la conoscenza e la formazione dei magistrati sui temi dell’organizzazione degli uffici e del proprio lavoro anche mediante la diffusione dell’utilizzo degli strumenti messi a disposizione di recente dal C.S.M.3.

In settori quali la formazione dei dirigenti e di coloro che aspirano a ricoprire tali incarichi e l'organizzazione del lavoro dei magistrati, l’apporto del CSM, in ragione della sua specificità e della posizione di rilievo costituzionale nel governo autonomo della magistratura, non può limitarsi alla funzione di indirizzo generale ma deve trovare uno spazio adeguato anche nella definizione dei programmi. Il Consiglio, infatti, nelle sue articolazioni, può offrire un fondamentale valore aggiunto sui temi ordinamentali e organizzativi, nella prospettiva del miglioramento continuo dell’offerta formativa e del suo adeguamento alle concrete esigenze degli Uffici giudiziari.

3 Si pensi, ad esempio, al servizio di informazione sulla nuova Circolare sulla Formazione degli Uffici Giudiziari per il triennio 2012-2014. “Infotabelle@cosmag.it” e il servizio di massimazione delle decisioni consiliari sulla Circolare sulla Formazione delle tabelle attraverso l’istituito archivio tabellare (cd. Albero delle Tabelle) sui domini del C.S.M. – www.csm.it e www.cosmag.it.

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Importante, inoltre, in tale ambito, appare l'ampliamento del numero dei magistrati da coinvolgere, a diverso titolo, nelle attività di formazione della Scuola, anche attraverso il ricorso a coloro che rivestono funzioni specifiche nelle varie articolazioni dell’autogoverno. Si pensi ai componenti del CSM, ai magistrati addetti alla Segreteria e all'Ufficio studi del CSM, ai componenti dei Consigli giudiziari e del Consiglio Direttivo della Corte di cassazione, ai componenti delle commissioni flussi istituite presso i Consigli giudiziari, ai referenti distrettuali per l’informatica, ai magistrati di riferimento per l’informatica dei singoli uffici.

Con specifico riferimento al CSM, la presenza attiva di componenti o di magistrati addetti potrà garantire non solo il necessario raccordo tra esercizio delle competenze consiliari e contenuti concreti della formazione (si considerino ad esempio i corsi di formazione dirigenziale), ma anche una delle più efficaci e dirette modalità di partecipazione di tutti i magistrati ai temi dell’autogoverno.

2.c. L’ uso delle nuove tecnologie nello svolgimento delle funzioni giudiziarie.

Tra i temi da approfondire in quanto collegato alle problematiche dell’organizzazione del lavoro dei magistrati, vi è quello del corretto uso delle tecnologie messe a disposizione degli stessi, a maggior ragione dopo l’entrata in vigore del processo civile telematico.

Le iniziative di formazione dovranno esaminare i modelli gestionali ed organizzativi del lavoro del giudice, con illustrazione delle esperienze concrete di organizzazione virtuosa. In particolare, pare emergere necessità di approfondimento, in relazione a tutti quei programmi specificamente creati per la gestione dei procedimenti, sia nel settore civile che penale.

In tale prospettiva occorrerà avvalersi del contributo di esperti esterni (in particolare di docenti di programmazione e controllo nelle amministrazioni pubbliche e di organizzazione aziendale), e di professionalità complementari a quella del magistrato (in particolare quella dei dirigenti amministrativi), attraverso la metodologia dei gruppi di discussione-confronto.

Sotto altro profilo ulteriore attenzione dovrà essere dedicata alla diffusione della conoscenza delle banche dati esterne al pianeta giustizia (si pensi ai database delle camere di commercio, all’anagrafe dei comuni, all’anagrafe tributaria, ecc.) alle quali i magistrati hanno la possibilità di accedere con richieste di informazioni nonché all’esame ed all’illustrazione delle reali potenzialità degli strumenti informatici di uso comune ai magistrati quali i sistemi di videoscrittura e di creazione di moduli che agevolino compiti di routine.

Più specificamente l’attenzione dovrà essere rivolta:

a) alle ricerche informatiche (giurisprudenziali, normative, ecc.) fornendo suggerimenti non solo sui luoghi di ricerca delle informazioni ma anche sulle metodologie di ricerca delle stesse;

b) all’illustrazione dei programmi informatici utilizzati dagli operatori della rete giustizia, per gestire i procedimenti, che pur non essendo rivolti al magistrato devono da questi essere conosciuti, come sopra chiarito, soprattutto se dirigente o semidirettivo, alfine di poterne estrarre le conoscenze necessarie per la migliore organizzazione del lavoro;

c) all’esame dei programmi rivolti ai magistrati per la gestione degli affari giudiziari, nella loro evoluzione e diffusione, nonché, entro certi limiti, all’esame dei c.d. software “fai da te”

pensati ed utilizzati a volte da singoli magistrati, ma comunque utili a semplificare i problemi del comune lavoro quotidiano;

d) ai profili di sicurezza nell’uso degli strumenti informatici legati alle parallele necessità di proteggere i propri dati e l’intero sistema informatico sul quale si opera da indebite intrusioni da parte di terzi;

e) alle nuove modalità del comunicare da parte degli operatori della Giustizia, a partire dalle nuove tecnologie telefoniche finalizzate al risparmio di tempo e di denaro e fino a giungere alla più semplice ma non meno importante “deontologia” nell’uso degli strumenti informatici, quali le mailing-list e la posta elettronica.

Per realizzare le finalità di cui si è appena detto e, comunque, per incrementare e rendere effettiva la formazione dei magistrati nell’uso delle nuove tecnologie applicate al lavoro quotidiano

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sarà peraltro necessario il coordinamento tra la Scuola, i formatori decentrati, i referenti distrettuali per l’informatica, il Ministero della giustizia e il C.S.M.

Del resto con la delibera del 13 maggio 2015, il C.S.M., nell’ambito di una valutazione complessiva dello stato di funzionamento ed evoluzione del processo civile telematico ha invitato la Scuola superiore della magistratura a considerare la materia dell’informatica giuridica e giudiziaria, ed in particolare le questioni attinenti al processo civile telematico e all’informatizzazione del processo penale, quali parti imprescindibili e prioritarie del complessivo progetto di formazione dei magistrati, da attuarsi anche in sinergia con il Ministero della Giustizia ed il Consiglio superiore della magistratura nell’ambito delle rispettive prerogative e competenze.

In particolare sul versante penalistico, una offerta formativa specifica non dovrà attendere il completamento di un sistema in qualche modo simile al p.c.t., essendo già in uso in diverse realtà giudiziarie sistemi applicativi che stanno profondamente incidendo sulle modalità di esercizio della giurisdizione (portale notizie di reato, registro unico nazionale SICP, applicativi documentali e consolle, notifiche penali telematiche) e che come tali possono svolgere un ulteriore irrinunciabile compito di promozione delle migliori esperienze e delle avanguardie che si stanno realizzando nei singoli uffici.

2.d. L’attenzione ai temi processuali.

La formazione dovrà diffondere una costante attenzione ai valori del processo, non come luogo di tecnicismi esasperati, ma come momento di leale confronto dialettico tra le posizioni contrapposte delle parti. L’esame dei temi processuali dovrà essere condotto in modo da far emergere e valorizzare prassi virtuose o modalità organizzative nuove, alla ricerca di soluzioni condivise o, quanto meno, nel tentativo di trasformare contrasti inconsapevoli in consapevoli dissensi.

In tale ambito dovrà essere assicurata particolare attenzione, nel settore penale, ai temi che, in specie nella fase cautelare, attengono alla tutela della libertà delle persone sottoposte ad indagine o a processo, favorendo una riflessione non soltanto sugli aspetti strettamente tecnici della materia, ma anche sul piano dei principi e dei valori costituzionali, che consentono il ricorso a strumenti coercitivi soltanto come extrema ratio e che perciò ripudiano ogni torsione del mezzo cautelare verso istanze di natura prettamente securitaria.

Sia in ambito civile che in quello penale, dovrà dedicarsi ampio spazio alla riflessione sulle tecniche di assunzione della prova, sul ragionamento probatorio, sul peso delle massime di esperienza e sul modo in cui queste possono essere ricavate.

Inoltre, non dovranno mancare iniziative specifiche sulle tecniche di redazione dei provvedimenti giudiziari, sia, ancora una volta, in ambito cautelare, ove spesso si assiste a forme di incorporazione nel provvedimento decisorio del materiale investigativo, già inopinatamente refluito nella richiesta di misura cautelare; sia nella sentenza, troppo spesso tuttora ancorata, sia nel settore civile che in quello penale, a modelli, strutturali e funzionali, ormai non più compatibili con le esigenze di un sistema moderno, che deve garantire un controllo sul processo decisorio del giudice senza indulgere in pretese di rappresentazione enciclopedica dell’universo processuale.

2.e. Formazione interdisciplinare.

Un ruolo importante devono rivestire le tematiche interdisciplinari. Accanto all’articolazione disciplinare, si pone con altrettanto fondamento l’esigenza di punti di vista più unitari sui diversi momenti dell’esperienza pratica e conoscitiva (cosiddetta unificazione del sapere), che postula, in alcuni settori, l’interazione o il convergente apporto di più metodi di analisi intorno a un medesimo oggetto di studio.

In questo ambito è possibile stabilire un contatto diretto tra diverse discipline per affrontare, da altrettanti di vista, tematiche importanti per l’attività giudiziaria e la professione del magistrato.

Si pensi, ad esempio, alle questioni di avanguardia e di attualità, di approfondimento culturale o legate all’esercizio di funzioni giudiziarie (come l’arte di giudicare, l’etica del giudice, il

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ragionamento giuridico, la discrezionalità del giudice, la tecnica della motivazione, i rapporti tra scienza e giurisdizione etc.), ai temi della comunicazione e del multiculturalismo.

In particolare, proprio perché il cambiamento continuo è la vera cifra della modernità, i sistemi di formazione in ambito professionale non possono non avere la capacità di riflettere su se stessi e sulle principali sfide, nella consapevolezza che la nozione di aggiornamento professionale è ormai insufficiente a dar conto della velocità e della novità del cambiamento stesso. Occorre, ingenerare, che le professioni tutte si interroghino dunque su se stesse. Ciò vale anche e soprattutto per la “professione magistrato”.

Il CSM invita perciò la Scuola superiore della magistratura a intensificare l’attenzione per una formazione globale e attenta alla novità del cambiamento e preannuncia sin d’ora che proporrà alla Scuola stessa di condividere alcuni momenti di alta formazione con particolare riferimento a tre ordini di tematiche:

a) magistratura e globalizzazione economica e giuridica;

b) dati tecnico-scientifici e autorità giurisdizionali;

c) comunicazione e magistratura;

d) professione magistrato.

2.f. La Formazione europea e la formazione linguistica.

In una “Comunità di diritto”, quale deve definirsi l’Unione Europea, già secondo la storica pronuncia Les Verts della Corte di giustizia del 1986, la tutela dei valori comuni è affidata non solo alla Corte di giustizia e alle sue Istituzioni ma a tutti i giudici nazionali.

E attraverso il “dialogo” con le Corti sopranazionali, i giudici nazionali hanno contribuito ad attuare l’ordinamento dell’Unione e a rendere effettivo un sistema di tutela “multi - livello” dei diritti fondamentali.

Nel percorso orientato dall’obiettivo della massima espansione delle tutele dei diritti, le Corti sovranazionali hanno assunto sempre più il ruolo di protagoniste della costruzione del diritto europeo, e di un sistema di tutela integrata delle fonti, ed in questo percorso continua ad essere centrale il ruolo dei giudici nazionali. Un ruolo che ha portato, nel nostro ordinamento, a quella che è stata definita una “mutazione genetica della funzione giurisdizionale” della Corte di legittimità, chiamata a svolgere una attività di “nomofilachia europea” per assicurare l’uniforme interpretazione della legge anche alla luce della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e del diritto dell’Unione europea, e perciò espressione di una rete giurisdizionale volta ad assicurare non soltanto la conformità delle decisioni alla legge, ma soprattutto la conformità alle esigenze di tutela dei diritti fondamentali.

La realizzazione dello spazio comune di libertà giustizia e sicurezza e la cooperazione giudiziaria richiedono che sempre più si rafforzi la comune cultura dei “magistrati europei”, e da tempo le Istituzioni dell'Unione invitano gli Stati membri a rafforzare il loro impegno per favorire la diffusione della conoscenza del diritto europeo. Come sottolineato dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 23 novembre 2010 la capacità di comprendere e di gestire le differenze tra i sistemi giuridici europei può nascere solo da una cultura giudiziaria europea, che deve essere coltivata condividendo le conoscenze e la comunicazione, studiando il diritto comparato e mutando radicalmente il modo in cui i giudici partecipano alla formazione e allo sviluppo professionale, attraverso azioni che hanno l’obiettivo di superare le barriere linguistiche. Così la Commissione europea, nella comunicazione relativa alla formazione del 13 settembre 2011, e il Parlamento europeo, nella risoluzione sulla formazione giudiziaria del 14 marzo 2012, hanno evidenziato che la padronanza di una lingua straniera e della sua terminologia giuridica dovrebbe costituire uno degli obiettivi della formazione continua degli operatori della giustizia, essendo la conoscenza linguistica requisito indispensabile per l'efficacia dei contatti tra gli Stati membri, a loro volta sono cruciali per la cooperazione giudiziaria.

In questa prospettiva devono essere valorizzate le iniziative già adottate dal CSM nel settore della formazione “internazionale”, dando in particolare completa attuazione al progetto European

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Gaius (approvato con delibera del 13 aprile 2011), citato dal Parlamento europeo, nella Risoluzione del 14 marzo 2012, insieme a quello dei Paesi Bassi quali modelli da seguire per gli Stati europei e tali conclusioni sono state ribadite nella Risoluzione del 7 febbraio 2013; del pari, particolare rilievo deve essere riconosciuto alla partecipazione ai progetti di formazione di rilievo europeo e internazionale, prediligendo, in linea di continuità con le relazioni e gli accordi stabiliti dal Consiglio in questi anni, le attività realizzate e promosse con le Scuole nazionali della magistratura e le Istituzioni nazionali che curano la formazione dei magistrati.

Dovrà quindi proseguita l’attività di formazione nell’ambito dei programmi di scambio tra autorità giudiziarie nel quadro delle attività della Rete Europea di Formazione Giudiziaria, in particolare con gli stage di breve durata e di lunga durata presso la Corte di giustizia dell'Unione europea, la Corte europea dei diritti dell'uomo ed Eurojust: si tratta di iniziative risultate particolarmente qualificanti sotto il profilo professionale per i magistrati che hanno partecipato con interesse e assiduità a partire dalla prima edizione del 2009 all’attività presso i principali organismi giudiziari europei ed Eurojust, e di arricchimento per la giurisdizione che si è potuta giovare del patrimonio di conoscenze ed esperienze acquisite dal magistrato nei predetti contesti.

La formazione internazionale richiede inoltre particolare attenzione anche ai risultati prodotti dal confronto fra sistemi giudiziari e magistrature nelle sedi europee e in organismi consultivi, come i Consigli consultativi dei giudici e dei pubblici ministeri nel Consiglio d'Europa, la Rete Europea dei Consigli di Giustizia, finalizzato ad individuare standard comuni di indipendenza e di professionalità: la riflessione sulle tematiche oggetto di documenti e di carte internazionali elaborate in tali contesti, e sui principi e i valori condivisi che ne costituiscono l’oggetto, può infatti costituire – in una più ampia prospettiva europea - un importante momento di approfondimento rispetto a temi, come la responsabilità e la deontologia, e a profili di fondamentale rilievo per la formazione professionale, finalizzata ad acquisire le conoscenze e i “punti di vista” di altre esperienze e contesti culturali, che contribuiscono ad un esercizio consapevole e indipendente delle funzioni giudiziarie.

2.g. Formazione dei dirigenti.

E’ necessario che la formazione dei magistrati giudicanti e requirenti che aspirano al conferimento di incarichi direttivi sia finalizzata allo studio dei criteri di gestione delle strutture organizzative complesse e all’acquisizione delle necessarie competenze nell’applicazione e nella gestione dei sistemi informatici e nel management delle risorse.

E’ altresì indispensabile garantire omogeneità tra le proposte formative ed i nuovi requisiti attitudinali direttivi di cui al T.U. sulla dirigenza giudiziaria in corso di approvazione.

Ciò al fine di valorizzare le specifiche esperienze e competenze professionali più pertinenti rispetto alla tipologia dell’incarico.

Va perseguita, inoltre, la formazione di un comune patrimonio di conoscenze in ambito dirigenziale, sia pure nel pieno rispetto del pluralismo culturale.

In questa direzione le proposte formative dovranno attribuire particolare attenzione alla materia ordinamentale (formazione di progetti tabellari o organizzativi, redazione dei programmi di gestione di cui all’articolo 37 del decreto legge 6 luglio 2011 n. 98, modalità di redazione dei pareri informativi, rapporti con i Consigli giudiziari e le sue articolazioni), sia con riferimento alla normativa primaria sia con riguardo alla normativa secondaria adottata con le delibere del CSM, nonché valorizzare le concrete esperienze dei magistrati che abbiano già avuto modo di confrontarsi positivamente con le diverse problematiche connesse alla funzione direttiva.

Sul piano metodologico, nell’ottica di una formazione più efficace in relazione alle concrete esigenze degli uffici giudiziari, è indispensabile ampliare lo spazio del confronto tra i partecipanti e i relatori, anche con riferimento alle problematicità correlate all’applicazione della normativa secondaria.

Ciò potrebbe opportunamente attuarsi, tra l’altro, mediante la predisposizione di appositi gruppi di lavoro o di studio che vedano sempre più coinvolti i partecipanti nell’analisi delle criticità proprie dell’organizzazione degli uffici.

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Particolare attenzione, infine, dovrà essere posta alla predisposizione dei criteri di ammissione ai corsi, tenuto conto del fatto che alla luce di quanto previsto dall’art. 26 bis, comma 5, del D.Lgs. 30 gennaio 2006, n. 26, soltanto i magistrati che abbiano partecipato al corso di formazione possono concorrere all’attribuzione degli incarichi direttivi, sia requirenti che giudicanti, sia di primo che di secondo grado.

Dovranno, quindi, essere individuati dei criteri di ammissione oggettivi idonei a garantire la formazione a tutti i partecipanti interessati favorendo, per quanto possibile, coloro che abbiano domande già pendenti e, tra questi ultimi, coloro che non abbiano ancora fruito dell’offerta formativa.

2.h. Formazione magistratura onoraria.

Con riferimento alla magistratura onoraria va ribadita l’esigenza – più volte evidenziata dalle delibere consiliari – di assicurare una specifica qualificazione dell’attività di formazione, che tenga conto della varietà delle figure non togate che operano nei vari settori della giurisdizione 4 , e di affiancare alle attività in ambito distrettuale, funzionali ad un intervento più capillare, quelle svolte in sede centrale, finalizzate all’elaborazione di linee per l’orientamento e l’omogeneità dell’offerta formativa.

In questa prospettiva, incrementando la già prevista quota di partecipazione dei magistrati onorari a corsi fissati per quelli togati, giudicanti e requirenti, deve essere perseguito anche l’obiettivo di una maggiore integrazione giuridica e culturale fra le diverse magistrature, sempre più frequentemente chiamate ad agire in sinergia (si pensi al frequente ricorso ai got per comporre i collegi penali e, in campo civile, all’ampliamento dell'area delle materie da affidare ai got, previsto dalla circolare sulla formazione delle tabelle) e deve essere assicurato il coinvolgimento degli

“esperti” che compongono gli uffici minorili e di sorveglianza con approfondimento delle discipline extra giuridiche, nonché delle SSPL.

Auspicabile appare altresì, in quanto sicura fonte di incremento qualitativo e quantitativo dell’offerta formativa, che la Scuola della magistratura promuova forme di collaborazione con le Università, al fine di profittare delle attività giuridiche informative formative da queste offerte.

Quanto ai settori di intervento, si indica la necessità per il penale di prevedere corsi aventi ad oggetto gli ultimi arresti giurisprudenziali sui reati di competenza dei magistrati onorari come giudici monocratici o giudici di pace, e, sul piano procedurale, corsi finalizzati all’aggiornamento sulle recenti modifiche normative (quali ad esempio la nuova figura della messa alla prova e del processo in assenza); nel settore civile, si indica la necessità di dedicare specifici corsi agli ultimi arresti in tema di risarcimento del danno, alle tecniche di redazione delle sentenze e dei provvedimenti in genere, per l’acquisizione della prova nel contraddittorio delle parti, e della tecnica delle requisitorie e delle indagini.

La Scuola dovrà quindi favorire l’attività formativa finalizzata a creare e a diffondere, anche fra i magistrati onorari, la cultura dell'organizzazione degli uffici e dell'auto-organizzazione del lavoro, esigenze che appare di specifico rilievo se si considera la frequenza di procedimenti disciplinari per ritardi nel deposito dei provvedimenti, molto spesso dovuti proprio alla cattiva gestione del ruolo da parte del singolo magistrato onorario.

2.i. Formazione di riconversione.

Una speciale attenzione dovrà essere riservata alla formazione dei magistrati destinati ad assumere le funzioni di giudicante o requirente diverse e del tutto disomogenee da quelle espletate in precedenza. Ciò considerato che pregresse esperienze didattiche hanno consentito di appurare, da un lato, che l’organizzazione dei corsi in questo settore deve partire da una accurata verifica delle specifiche esigenze dei magistrati che si riconvertono (che, ad esempio, appaiono più bisognosi di

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