Maltrattamenti sul luogo di lavoro:
ultime sentenze
Autore: Redazione | 26/01/2021
Vessazioni, mobbing e offese da parte del datore di lavoro: quando è possibile parlare del reato di maltrattamenti in famiglia e quando di quello di abuso dei mezzi di correzione.
Vessazioni sul lavoro: no reato di maltrattamenti in famiglia se manca una comunanza di vita
Le condotte vessatorie poste in essere dal direttore generale nei confronti del dirigente amministrativo con qualifica di ingegnere non assumono i connotati del reato di cui all’art. 572 c.p. qualora essi non abbiano instaurato una comunanza di vita assimilabile a quella che caratterizza la vita familiare.
Cassazione penale sez. VI, 18/06/2019, n.28251
Affinchè il mobbing possa essere equiparato ai maltrattamenti in famiglia occorre un rapporto di parafamigliarità
È essenziale il requisito della para-famigliarità del rapporto per configurare il reato di maltrattamento in famiglia in ambito lavorativo (nella specie, l’imputato, nella sua qualità di notaio e datore di lavoro della vittima, dipendente dello studio notarile e sua cognata era accusato del reato di maltrattamenti in famiglia in ambito lavorativo).
Cassazione penale sez. VI, 07/06/2018, n.39920
Persecuzioni e maltrattamenti del datore di lavoro: reato solo se c’è un rapporto interpersonale caratterizzato dal tratto della «para-familiarità»
In tema di art. 572 c.p., la condotta persecutoria e maltrattante del datore di lavoro in danno del dipendente rileva esclusivamente in presenza di un rapporto interpersonale caratterizzato dal tratto della «para-familiarità», che si caratterizza per la sottoposizione di una persona all’autorità di un’altra in un contesto di prossimità permanente, di abitudini di vita (anche lavorativa) e di
affidamento, fiducia e aspettative del sottoposto rispetto all’azione di chi ha ed esercita su di lui l’autorità caratterizzata da ampia discrezionalità ed informalità, e non può essere desunta dal dato — meramente quantitativo — costituito dal numero dei dipendenti presenti nel contesto lavorativo. Si potranno ravvisare gli estremi della para-familiarità allorché ci si trovi in presenza di una relazione stretta e continuativa (come nel caso della collaborazione domestica svolta in ambito familiare) o comunque connotata da un rapporto di soggezione e subordinazione del dipendente rispetto al titolare che gestisca l’azienda con atteggiamento « padronale ».
Cassazione penale sez. VI, 07/06/2018, n.39920
Il mobbing può integrare reato di maltrattamenti solo se il rapporto tra datore di lavoro e dipendente assume natura para familiare
Le pratiche persecutorie realizzate ai danni del lavoratore dipendente e finalizzate alla sua emarginazione (c.d. “mobbing”) possono integrare il delitto di maltrattamenti in famiglia esclusivamente qualora il rapporto tra il datore di lavoro e il dipendente assuma natura para-familiare, in quanto caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell’altra, dalla fiducia riposta dal soggetto più debole del rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia. (Fattispecie in cui è stata esclusa la configurabilità del reato in relazione alle condotte poste in essere dai superiori in grado nei confronti di un appuntato dei Carabinieri).
Cassazione penale sez. VI, 13/02/2018, n.14754
Il mobbing integra il reato di
maltrattamenti in famiglia se il rapporto
presenta le caratteristiche della para -
familiarità
Gli atti persecutori realizzati in danno del lavoratore dipendente e finalizzati alla sua emarginazione (c.d. mobbing) possono integrare il delitto di maltrattamenti in famiglia esclusivamente qualora il rapporto tra il datore di lavoro e il dipendente assuma natura para -familiare, in quanto caratterizzato da relazioni intense ed abituali, dal formarsi di consuetudine di vita tra i soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell’altra, dalla fiducia riposta dal soggetto debole del rapporto in quello che riveste la posizione di supremazia, e come tale, destinatario di obblighi di assistenza verso il primo.
Cassazione penale sez. II, 06/12/2017, n.7639
Il reato di maltrattamenti in famiglia è configurabile anche se commesso da soggetto riconosciuto come badante della vittima
Ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 572 cod. pen., è sufficiente la sussistenza di un rapporto di convivenza caratterizzato dalla situazione di fatto della sottoposizione di una persona all’autorità di un’altra, che non deriva da un rapporto di familiarità o di lavoro, ma si sviluppa in un contesto di affidamento e di soggezione del sottoposto rispetto a chi assume una posizione di supremazia.
(Fattispecie in cui la Corte ha riconosciuto la configurabilità del reato commesso da una persona, da tutti riconosciuta come “badante” della vittima, pur in mancanza della consacrazione di tale relazione in un formale rapporto di lavoro).
Cassazione penale sez. I, 19/04/2017, n.206
Vessazioni sul luogo di lavoro, quando si integrano i maltrattamenti
Il delitto di maltrattamenti previsto dall’art. 572 c.p. può trovare applicazione nei rapporti di tipo lavorativo, a condizione che sussista il presupposto della parafamiliarità, intesa come sottoposizione di una persona all’autorità di altra in
un contesto di prossimità permanente, di abitudini di vita proprie e comuni alle comunità familiari, nonché di affidamento, fiducia e soggezione del sottoposto rispetto all’azione di chi ha la posizione di supremazia.
Cassazione penale sez. VI, 28/09/2016, n.51591
Configura delitto di maltrattamenti la condotta del datore di lavoro che tiene comportamenti tali da causare disagio psichico al dipendente
In tema di esercizio del potere di correzione e disciplina in ambito lavorativo, configura il reato previsto dall’art. 571 cod. pen. la condotta del datore di lavoro che superi i limiti fisiologici dell’esercizio di tale potere (nella specie rimproveri abituali al dipendente con l’uso di epiteti ingiuriosi o con frasi minacciose), mentre integra il delitto di cui all’art. 572 cod. pen. la condotta del datore di lavoro che ponga in essere nei confronti del dipendente comportamenti del tutto avulsi dall’esercizio del potere di correzione e disciplina, funzionale ad assicurare l’efficacia e la qualità lavorativa, e tali da incidere sulla libertà personale del dipendente, determinando nello stesso una situazione di disagio psichico (nella specie, lancio di oggetti verso il dipendente e imposizione di stare seduto per lungo tempo davanti alla scrivania del datore di lavoro senza svolgere alcuna funzione).
Cassazione penale sez. VI, 28/09/2016, n.51591
Il mobbing è idoneo ad integrare maltrattamenti in famiglia se le relazioni fra datore di lavoro e dipendente sono intense ed abituali
Le pratiche persecutorie realizzate ai danni dei lavoratore dipendente possono integrare il delitto di maltrattamenti in famiglia esclusivamente qualora il rapporto tra il datore di lavoro e il dipendente assuma natura para-familiare, ovvero sia caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i soggetti,
dalla soggezione di una parte nei confronti dell’altra, dalla fiducia riposta dal soggetto più debole dei rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia (nella specie, relativa ai rapporti tra i gestori di una ricevitoria e una loro dipendente, qualificabili in termini di lavoro subordinato, non ricorreva quel nesso di supremazia -soggezione che ha esposto la parte offesa a situazioni assimilabili a quelle familiari).
Cassazione penale sez. VI, 01/06/2016, n.26766