ANNO XIV - N. 3 - MARZO 2016
LAGUNA NORD EST FAVARO VENETO • MARCON • QUARTO D’ALTINO • PORTEGRANDI
LAGUNA NORD ESTLega
Supplemento mensile di VeneziaLavoro – Direttore responsabile Giovanni Pascoli – Direttore editoriale Ettore Vittiman – Autorizzazione Tribunale Ve n.1493 del 06.10.04 Sede: Sindacato Pensionati Italiani Cgil - Favaro Veneto via Monte Abetone, 30 - 30173. Venezia - Telefono 041 5491445 - Fax 041 5010276 - e-mail legaspilagunane@ve- neto.cgil.it - [email protected]
LA GENTE È STUFA ( …E hA RAGIoNE )
Un milione di euro (finora) recuperati in provincia di Venezia
LA CACCIA AI "DIRITTI
INESPRESSI"
di Ettore Vittiman
I mass media, e in particolare la televisione specie del servizio pub- blico, riferiscono costantemente come un martello pneumatico le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e della sua compagine governativa, sui successi che le loro scelte di poli- tica economica avrebbero raggiunto.
Ultima è quella dei dati sull’occupazione che chiuderebbe con oltre 700.000 contratti stabili in più, basandosi su dati dell’INPS.
Chiariamo i termini. I “contratti” sono una cosa ed essi possono es- sere anche di un numero ingente. Ma la domanda è: “quanta occu- pazione hanno creato?”
Spieghiamo. Un contratto può essere di certo “a tempo indetermi- nato”, ma stante la recente abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, il lavoratore, assunto pure a tempo indeterminato (o meglio con “indennizzo crescente”), può essere licenziato “ad nutum” (al cenno) senza alcun problema. Può durare, quindi, una settimana, un mese, un trimestre. Certo anche di più, ma può essere un contratto a “part-time”, orizzontale, verticale, a chiamata e così via.
Di questi dichiarati 764.129 “nuovi contratti” – che in realtà è il saldo tra cessazioni e attivazioni - ben 578.081 sono trasformazioni di vecchi rapporti di apprendistato o a tempo determinato, quindi i rapporti aggiuntivi sono 186.048. Ma altre fonti più analitiche – quale l'ISTAT - ne registrano solo 109.000. E poi ci sono le cessa- zioni dei lavoratori stagionali che, nella loro grande maggioranza,
sono disoccupati. Segue a pag. 2
MODELLO RED
Il RED è una dichiarazione reddituale che l’INPS richiede annualmente ai pensionati titolari di prestazioni legate al reddito, al fine di verificare il permanere del diritto. Si ricorda che i titolari di qualsiasi prestazione che abbia a riferimento il reddito, devono compilare ogni anno il mo- dello RED anche se non viene esplicitamente richiesto dall’INPS. La necessità di questa dichiarazione (RED), per mantenere quel tipo di prestazioni, è infatti stata comunicata all’atto della prima erogazione.
La compilazione e l’invio del modello avviene tramite il CAAF in modo totalmente gratuito. Il Servizio CAAF è in grado di verificare per via te- lematica se esiste questa necessità. Se negli scorsi anni è stata pre- sentata la dichiarazione RED a un CAAF si consiglia di ritornare presso la medesima sede CAAF per l’eventuale compilazione e spedizione del modello RED.
Per ogni ulteriore informazione rivolgevi alle nostre sedi.
di Giovanni Pascoli direttore di VeneziaLavoro
Due mesi fa lo avevano annunciato: "Cari gior- nalisti vi faremo sapere come sta andando la no- stra campagna di informazione sui "diritti inespressi". Così diceva due mesi fa Angiola Ti- boni, segretaria del sindacato dei pensionati della Cgil di Venezia. E puntuale è arrivata la con- ferenza stampa sui controlli delle pensioni.
L'iniziativa della Cgil di Venezia è arrivata a meno di un quarto dell'obiettivo finale e già somiglia a un vaso di Pandora. Dal coperchio sollevato sui più di 2400 pensionati consultati finora (sui die- cimila iscritti in provincia di Venezia con reddito inferiore ai 750 euro) esce un dato sconfortante.
"In poco più di due mesi di attività - afferma Pier- giorgio Carrer della segreteria dello Spi- sono stati contattati oltre 2.400 pensionati e sono state verificate le situazioni previdenziali per circa 1.500. Nel controllo sono state individuate 417 prestazioni economiche mancanti (il 28%). Si tratta in particolare di assegni al nucleo familiare, maggiorazioni sociali e 14° mensilità. Va consi- derato che queste sono prestazioni concesse solo su domanda dell’interessato". Totale di un milione di euro solo per la provincia di Venezia.
A sottolinearne l'importanza è stato Enrico Piron, segretario generale della Camera del Lavoro di Venezia: "Questa campagna di informazione è una delle iniziative che riportano al centro i diritti di cittadinanza che il nostro sindacato afferma e difende da sempre. Il continuo taglio delle pre- stazione dell'Inps é inaccettabile e ingiusto. Da un lato il Governo impone all'ente previdenziale di ridurre i servizi, con la chiusura degli sportelli nel territorio per passare agli sportelli "virtuali"
su internet o caldeggiando di rivolgersi ai patro- nati dei sindacati o di categoria.
Segue a pag 4
Vittiman - segue dalla prima pagina
Questi “nuovi contratti” hanno una forma giuridica che non dà certezza: sono, al di là della roboante definizione
“a tempo indeterminato”, un lavoro precario, perché la
“spada di Damocle” del licenziamento senza possibilità di potersi opporre, pende sulla testa del lavoratore.
Di più. La così detta “impennata” dei contratti in dicem- bre (ma anche per quelli stipulati nei mesi passati) è do- vuta non al “jobs act”, ma al fatto che si sono dati incentivi pubblici (quindi soldi di tutti) per le nuove as- sunzioni a tempo indeterminato (e abbiamo appena detto quanto mistificante sia questa definizione), contributi che a fine dicembre si sono ridotti. E da ciò l’ “impennata”;
tanto dopo quei lavoratori possono essere licenziati quando si vuole con un minimo indennizzo.
Sono davvero impennati, invece, i “voucher” (vedere dati in altra parte del giornale). Nel Veneto il turismo nel 2015 ha avuto un “boom” inusitato, ma altrettanto “boom” c’è stato nell’utilizzo dei “voucher”, sistema di pagamento valido per lavoro “accessorio” e che invece viene spesso usato, specie nel terziario, per pagare lavoratori stabili.
Ben 115 milioni di ore pagate con i voucher, con una pla- tea stimata di 1,7 milioni di voucheristi e con il 40% dei giovani pagati con i voucher. Di quale occupazione si parla? Pensate a cosa viene risposto a un giovane vou- cherista che va in banca a chiedere un prestito e alla do- manda “quale occupazione”, risponde “voucherista”.
Verosimilmente: “PRRRRR!”.
È un contratto sulla base del quale non puoi contrarre un mutuo, non puoi “metter su famiglia”, programmare il tuo futuro, un qualsiasi futuro. Altro che “nuovi con- tratti”, che, detta così, nel sentire popolare viene inter- pretato come “nuovi posti di lavoro stabili” in più.
Una lettura attenta e completa del recente Rapporto sul precariato dell’INPS (e non solo su alcuni numeri in esso contenuti) fa giustizia di osannanti dichiarazioni. Il Rap- porto è facilmente reperibile da tutti sul sito INPS. Basta leggerlo con la mente libera da preconcetti e pregiudizi.
Recentemente è stata riferita dalla stampa anche un'ana- lisi attenta della Corte dei Conti di cui riferiamo, insieme ad altre osservazioni in un box in calce a questo articolo.
Non a caso le nascite nel nostro Paese hanno raggiunto il minimo storico dall’unità d’Italia, mettendo in crisi il ricambio intergenerazionale e, anche, il sistema del no- stro welfare, perché se i giovani non sostituiscono chi va in pensione, il sistema va in “tilt”.
Ciò è causa principalmente della scarsa attenzione che si ha da sempre sulle politiche che facilitino la maternità.
Di certo l’insicurezza del rapporto di lavoro dei compo- nenti della famiglia, ma anche dei servizi sociali carenti o che costano molto, avendo subìto un costo enorme della partecipazione a carico del cittadino.
Le imposte locali sono aumentate del 248,5% in 20 anni, quelle sugli immobili del 143%. Ogni famiglia spende, direttamente o indirettamente, 4.000 euro l’anno in media per questi costi, ai quali si sommano quelli dei ser- vizi, come asili nido, ecc. La TARI sale in 5 anni del 55%: ciò significa circa 3 MILIARDI che le famiglie ita- liane hanno pagato in più. Si ha un bel dire che le “tasse”
diminuiscono, ma siccome “pecunia non olet”, ad una famiglia poco conta se paga 13 euro in meno per il ca-
none TV o un po’ di IMU in meno, se poi deve subire un aumento delle tasse e dei servizi locali, perché il Governo non trasferisce risorse ai Comuni o, addirittura, impedi- sce l’utilizzo dei fondi che loro hanno e, di conseguenza, questi Enti devono alzare i costi per i cittadini.
I lavoratori italiani pagano più contributi di tutti gli altri in Europa (ma le pensioni si attestano ad un livello più basso) e pagano più tasse di chiunque in Europa. Su una pensione annua lorda di 19.500 euro (1.500 euro al mese lordi) un pensionato italiano paga 4.042 euro di tasse, uno spagnolo 1.852 euro, un inglese 1.404 euro, un fran- cese 1.015 euro, un tedesco 39 (trentanove!) euro. E anche se queste cifre sono state mitigate da un centinaio di euro di recupero per la recente equiparazione della no tax area di 500 euro di franchigia, che significa circa 100 euro l’anno di tasse in meno (poco più di 8 euro al mese) il divario in Europa rimane enorme.
E non ricordiamo in questo articolo dettagliatamente l’aumento dei prezzi, di quegli articoli che rappresentano davvero i consumi: i medicinali, ad esempio, che magari devi pagare perché non mutuabili o quella visita che devi pagare perché le liste d’attesa hanno tempi biblici. Ciò, tanto per rimanere a quest’esempio, ha comportato una impossibilità a praticare le cure o anche le prevenzioni appropriate specie da parte della popolazione più anziana a cui si aggiunge la recente disposizione ministeriale sull’”appropriatezza” delle prescrizioni di cui riferiamo in altra parte del giornale. Indegnità, l’una e l’altra cosa, per un Paese civile.
La tenuta del sistema sociale è tanto più grave perché l’e- vasione e l’elusione fiscale e contributiva implementata dalla corruzione (sulle mazzette non si pagano le tasse!) rimane ad alti livelli. Ma il Premier dice che ha avuto il maggior successo nella lotta all’evasione di sempre. In realtà quello che si è accertato (poi vedremo se si riesce anche ad incassarlo…) è meno di un decimo di quello che diverse fonti denunciano, sia di parte imprenditoriale che di parte pubblica come la Corte dei Conti, essere in Italia gli illeciti di questo tipo. E poi, chiaramente, quando il mare in cui pescare è enorme, ben facile è riempire un piccolo secchio d’acqua. La stampa riferisce ogni giorno a pagine intere di evasioni e simili. Ma questi soldi vengono poi recuperati? Si sono modificate quelle norme che consentono, anche se accertato dai bravi ser- vitori dello Stato, di incassare gli indebiti in modo veloce oppure si consente ancora di “svicolare”, di “differire”, anche quando c’è la certezza del crimine fiscale? I lavo- ratori dipendenti e i pensionati, mese dopo mese, versano fino all’ultimo centesimo quanto dovuto. Perché non si obbligano gli altri a fare altrettanto? Anche qua un dato:
ammonta a 1.058 miliardi (sì, proprio MILIARDI!) il credito non riscosso per vari motivi da Equitalia negli ul- timi 15 anni. E seppur depuriamo il dato da alcune poste contabili si arriva comunque ad oltre 800 MILIARDI. Il sommerso in Italia (fonte CGIA di Mestre) è di 211 mi- liardi di euro con un peso sulla pressione fiscale di 4,855 miliardi. Ne basterebbero “la metà della metà” per sanare molte questioni.
Per ritornare all’occupazione è bene leggere i dati Istat che conta, oltre i contratti, il numero delle ore e dei giorni lavorati. Lì davvero il lavoro viene misurato per quanto
produce, oltre che per le “teste occupate” e non per il nu- mero di contratti. Un lavoratore può avere più “contratti”, due datori di lavoro (per esempio, un lavoratore che fa due stagioni, che cambia lavoro, che fa due part-time al giorno – classico esempio delle donne addette alle pulizie ), ma solo “uno” è il lavoratore, “uno” è lo stipendio.
E quei dati non sono così confortanti. La disoccupazione cala ma di pochi decimi di punto e ancor meno quella gio- vanile. Però è vero: cala. Ma anche qui è facile ottenere risultati magari minimi, dopo aver “toccato il fondo”.
L’Europa e il mondo a cui noi facciamo riferimento è in ripresa, il dollaro eguaglia l’euro con effetto benefico sulle esportazioni, il petrolio è ai minimi storici. Ma dove è la vera ripresa basata sul nostro assetto produttivo, sull’in- telligenza italiana, che viene per di più umiliata per i gio- vani ricercatori che vanno all’estero dove sono stimati, ben pagati e raggiungono eccelsi risultati come la recente scoperta delle onde gravitazionali? Ma qui gli esempi si sprecherebbero. Anche la cassa integrazione che sem- brava aver avuto un calo (ma era una questione ammini- strativa dovuta alla modifica delle procedure di autorizzazione che avevano comportato una stasi) ora ha ripreso la sua corsa.
La ripresa che è stata esaltata con enfasi ora frena, ap- punto perché non si basa su presupposti di politiche eco- nomiche di sviluppo strutturalmente stabile.
I toni che esaltano un successo e una svolta risolutiva della crisi sono impropri, anche se è vero che alcuni migliora- menti ci sono stati (ma effimeri e contingenti, come ho spiegato sopra) sono fuori luogo e mortificano chi, invece, stenta a vivere decentemente e vede i figli e i nipoti ancora in difficoltà a garantirsi un futuro normalmente tranquillo attraverso il proprio lavoro.
I dati che fotografano la situazione sono invece altri.
Un terzo della ricchezza del Paese è in mano al 5% delle famiglie, il tasso di disoccupazione complessivo è dell’11,3% e quello dei giovani è del 38,1% (su dieci gio- vani quindi quattro non trovano lavoro), ma i NEET (gio- vani che non lavorano, non studiano, né sono in formazione e che non cercano lavoro) sono quasi 3.000.000, il divario economico tra Nord e Sud rimane enorme (32.500 euro pro capite contro 17.600) e ciò è un immane freno alla crescita.
I consumi aumentano con il contagocce, così come la di- sponibilità delle famiglie. Ma è comunque una media ed a mente dei dati sulla distribuzione delle ricchezza prima ricordati, non meraviglia l’aumento della povertà assoluta (4.000.000 di poveri), il consumo dei pasti alle mense dei poveri e anche della ricerca nei cassonetti e ai mercati di materiale di recupero per le necessità alimentari da parte di tanti connazionali.
Le proposte del sindacato su questi punti sono chiare e le abbiamo sempre ricordate. A queste si somma ora la piat- taforma sui “Diritti universali del lavoro” per una propo- sta di legge che renda più stabile e protetta la condizione del lavoratore dipendente, comunque denominato.
Si tratta però di far sì che questi rapporti di lavoro germi- nino in un humus economico e di sviluppo veramente saldo. Il nostro Paese i suoi cittadini, le loro intelligenze ne hanno la possibilità e si meritano davvero politiche go- vernative che sappiano coglierle e svilupparle tutte
UN' ANALISI PREOCCUPANTE
Fonti di stampa riferiscono un'analisi sull'occupa- zione anche coniugata con i riflessi del Jobs Act e che si fondono con la situazione finanziaria del- l'INPS, che se pur non mette in discussione il pa- gamento futuro delle pensioni, l'una e l'altra cosa, devono essere oggetto di puntuale evidenza.
Vediamo.
La Corte dei Conti è preoccupata sui possibili ef- fetti della decontribuzione per i nuovi assunti a tempo indeterminato insieme al Jobs Act (seppur attenuata dal 2016) che ha riguardato circa 1.500.000 contratti. Si ricorda che il “bonus” am- montava a ben 8.000 euro per ciascun nuovo contratto.
Quali effetti sull'occupazione, quella veramente
“aggiuntiva”? L'ISTAT registra un incremento di poco oltre di 100.000 lavoratori. È di certo un dato importante, ma del tutto diverso dall'osannato au- mento di oltre 700.000 “nuovi contratti” dichiarato dal governo.
Ma cosa succederà quando questa agevolazione finirà? Così viene riferito dalla Corte: “La scadenza delle agevolazioni potrebbe determinare un incre- mento delle cessazioni dei rapporti di lavoro, in- staurati o trasformati in funzione della decontri- buzione, con conseguente ricorso alle prestazioni a sostegno del reddito...”.
I contributi figurativi (quindi non dovuti a versa- menti) darebbero diritto ad ammortizzatori sociali tutti a carico della fiscalità generale.
La crescita modesta dell'economia e quindi della contribuzione non garantiscono sufficienti coper- ture.
Già adesso come riferito dal Presidente Boeri nella recente audizione alla Commissione Parlamentare la spesa per le erogazioni dell'Istituto è maggiore da quanto coperto dalle entrate, molti dei crediti che l'INPS vanta a causa della crisi non sono esi- gibili e il disavanzo per l'assorbimento di altri Enti non è stato coperto sufficientemente dalla Stato.
Il patrimonio (sedi ed altro) è ridotto notevolissi- mamente. Perché è stato depauperato dalla ces- sione anche dei beni strumentali (voluta dal Governo Berlusconi) e il conseguente attuale pa- gamento degli affitti per restare in quelle stessi sedi costruite con i soldi dei lavoratori e delle aziende e, poi, venduti.
Tutto ciò dovrebbe essere diverso, anzi di tutt' altro segno, se si programmasse e si attuasse una vera e sana politica di sviluppo e se si facessero pagare le tasse e i contributi a tutti colpendo gli illeciti.(EV)
Pochi giorni fa è stata resa pubblica una ricerca a cura dell’università di Torino sulla corruzione in Europa con particolare riferimento ai settori delle costruzioni e della sanità. Sono questi due i settori più esposti e in particolare la corruzione nella sanità pubblica vede un brutto primato del nostro Paese e della Polonia.
In genere in tutta Europa gli appalti pubblici sono una tentazione forte per le organizzazioni criminali organizzate sia per le normative che cam- biano tra Stato e Stato, sia e ancor più nel caso di aggiudicazione del- l’appalto: poi senza sostanziali controlli, quasi nulli.
Nella sanità il maggior rischio è dato dal connubio tra pubblico e privato e le tante strane condivisioni tra il primo e il secondo, come gli appalti e le “convenzioni”, il doppio lavoro dei medici tra i due ruoli etc. Gli appalti di forniture mediche, a parte i medi- cinali veri e propri, sono circoscritti, di fatto, a pochi fornitori, sempre gli stessi operatori facendo lievitare i costi anche del doppio: a titolo di esempio la denuncia più volte fatta a mezzo stampa da Gino strada sul costo delle protesi dentarie che lui riesce a trovare a un prezzo, con la stessa qualità, meno della metà di quanto il
servizio sanitario pubblico acquista. segue a pag 5
CORRUZIONE IN EUROPA
Una ricerca
dell’Università di Torino
Pascoli - segue dalla prima pagina
Dall'altro lato taglia i fondi per questi servizi dei patronati, mettendoli in pesante difficoltà".
Per chi vuole attaccare il sindacato va sempre di moda dire che si fa cassa con patronati e Caaf. I dati sono in- vece ben diversi. A partire dal fatto che le prestazioni pre- videnziali nei patronati sono gratuite per tutti i cittadini che si rivolgono agli sportelli. In sostanza si tratta di un servi- zio che lo Stato non è in grado di fornire e che delega ai patronati. Questi ricevono molto meno di quel che spen- dono per garantire il servizio. "Se saranno confermati i tagli ai patronati - continua Piron - dovremo mettere una tariffa per il servizio. Il che sarebbe una beffa. Il cittadino o il pensionato dovrebbe pagare due volte: prima con le tasse e poi con chi gli permette di esercitare i propri diritti, cioè noi. La nostra scelta come Cgil è comunque quella di garantire la gratuità delle prestazione ai nostri iscritti anche se sarà sempre più difficile".
Ma torniamo alla campagna di informazione sui diritti ine- spressi. Lo Spi ha prima formato e poi messo in campo 60 addetti che in questi mesi stanno facendo una ricogni- zione a tappeto, partendo dagli iscritti che hanno le pen- sioni più basse. È proprio tra questi, infatti, il maggior numero di prestazioni assistenziali e previdenziali aggiun- tive che i pensionati non ricevono perché non ne sono a conoscenza. Le principali sono l'integrazione al tratta- mento minimo (€ 501,89); l’assegno sociale, le maggio- razioni sociali e gli incrementi in relazione all’età; la quattordicesima e il bonus annuale; l’assegno al nucleo famigliare.
La campagna è partita con una diffusa iniziativa di infor- mazione tra i pensionati (volantinaggi nelle piazze e nei mercati, lettere) per avviare poi i contatti telefonici diretti con gli iscritti (circa 10.000 in queste fasce di reddito).
Il Patronato Inca ha già inviato all’INPS oltre 160 pratiche di “ricostituzione” delle pensioni con la richiesta del pa- gamento anche degli arretrati non prescritti, per legge al massimo 5 anni. Le quantità economiche che saranno re-
cuperate dai pensionati (le prime risposte stanno già ar- rivando) variano a secondo della tipologia di “Diritto ine- spresso” e vanno mediamente dai 30 ai 120 €uro mensili e, per gli arretrati, dai 1.800 ai 6.000 €uro. Ci sono però anche casi da 10/13.000 euro. Si tratta come si può ve- dere di cifre considerevoli se si tiene conto che si riferi- scono a pensioni mediamente di 6/7.000 € annuali.
Nei 417 casi già individuati saranno recuperati in media (con una valutazione prudenziale sulle proiezioni) circa 2780 euro per ogni "ricostruzione". In totale per la nostra provincia solo per questi casi si parla di una somma su- periore al milione di euro.
A proposito del dibattito aperto in questi giorni sulle pen- sioni di reversibilità, va detto che dei 417 casi di errore sin qui individuati, ben oltre la metà riguardano donne con pensioni basse e spesso di reversibilità o integrate al mi- nimo. Proprio quella fascia che Poletti e Renzi vorrebbero
“razionalizzare”, per trovare i soldi per combattere la po- vertà.
"Siamo orgogliosi dell’attività svolta e dei risultati che stiamo ottenendo - insiste Angiola Tiboni- perché si tratta di legittimi riconoscimenti a pensionati e pensionate ge- neralmente in condizioni economiche difficili (redditi vicini alla sussistenza, alla povertà), spesso molto anziani, am- malati e soli. Persone che affrontano con grande dignità le difficoltà della loro condizione, cui sono negati diritti economici importanti anche a causa dei difficili rapporti con l’Inps che, in questi anni, ha innalzato un “muro in- valicabile” con l’introduzione della telematizzazione
“spinta” e la chiusura di servizi e sportelli sul territorio".
L’ultima (pessima) novità riguarda le dichiarazioni reddi- tuali (RED) che i Pensionati con prestazioni economiche aggiuntive devono fare obbligatoriamente ogni anno.
L’Inps ha stabilito che da quest’anno non invierà più nes- suna comunicazione agli interessati e sospenderà il pa- gamento delle prestazioni a coloro che entro i termini stabiliti – 31 marzo - non faranno tale dichiarazione (si tratta di oltre 5 milioni di pensionati). G.P.
LA CACCIA AI "DIRITTI INESPRESSI"
Il voucher lavoro ha rappresentato un vero e proprio boom negli ultimi anni, destinato al pagamento per i la- vori occasionali e discontinui e per le prestazioni di la- voro accessorie: situazioni dove, in sostanza, manca un regolare contratto e si rischia di cadere nel baratro del
"lavoro nero". Si stima che nello scorso anno ne siano stati venduti 115 milioni del valore nominale di 10 euro, con un incremento medio nazionale pari al 67,5%, se si pensa che nello stesso periodo del 2014 se ne contavano
"soltanto" 61.129.111. I maggiori aumenti hanno riguar- dato la Sicilia (97,4%), la Liguria (85,6%), Abruzzo (83,1%), Puglia 83% ) e Veneto (57,0%).
I voucher INPS lavoro sono stati introdotti nel 2003 con la riforma Biagi e sono acquistabili sia da privati cittadini che da professionisti o imprenditori per poter gestire al- cune attività particolari facenti capo a qualsiasi settore produttivo: si tratta di prestazioni di lavoro accessorio, attività lavorative che non danno luogo a compensi an- nuali superiori a 7 mila euro (9.333 euro lordi).
La legge Fornero del 2012 ha eliminato le causali, ec- cetto per il settore dell'agricoltura, confermando i limiti economici, mentre è stato il Jobs Act a estendere il vou- cher a tutti i settori produttivi, portando il limite com- plessivo di compenso annuo dai precedenti 5 mila ai 7 mila euro attuali (con un tetto di 2mila euro per ogni da- tore di lavoro).
Il valore nominale del voucher può essere di 10, 20 o 50 euro, che il lavoratore potrà incassare, se cartaceo, presso un ufficio di Poste Italiane entro 24 mesi dall'emissione, mentre se telematico, a seguito di intervento dell'INPS che verserà il corrispettivo su apposita Card intestata al lavoratore o attraverso un bonifico domiciliato.
Al lavoratore vanno 7,50 euro netti con un versamento inps per una eventuale pensione da fame.
La recente crescita del fenomeno è stata salutata con en- tusiasmo, ma anche con preoccupazione: «Questo boom è un po' sospetto - ha detto il ministro del Lavoro Giu- liano Poletti - Lo stiamo monitorando, non vogliamo che il voucher diventi uno strumento di distorsione del mer- cato del lavoro».
Entro giugno sono attese modifiche con apposito decreto correttivo della disciplina attivata dal Jobs Act.
Il rischio che teme il Ministero è che i blocchetti vou- cher, che possono essere acquistati con rendicontazione mensile scegliendo se e quando utilizzarli, vengano usati solo in caso di visita degli ispettori del lavoro.
Per questo i tecnici del Ministero sono all'opera per eli- minare ogni rischio di “distorsione del mercato del la- voro”, elaborando nuove misure di controllo, ad esempio la possibilità di rendere il voucher "tracciabile".
Si prospettano, dunque, modalità più rigide di comuni- cazione elettronica così da vincolare il buono lavoro alle ore di effettivo utilizzo, indicando una data di inizio e di fine della prestazione.
Ci piace pensare che ciò sia dovuto, oltre che a un’azione sindacale in difesa del lavoro, anche all'azione di vigi- lanza dell'INPS che nel 2014 contestò a ben 150 aziende del nostro litorale un indebito utilizzo dei voucher.
Pasquale Graziano
UTILIZZO IMPROPRIO
DEI VOUCHER: QUALI I DANNI?
Pensione futura: i voucher produrranno effetti minimi o addirittura simbolici sulla futura pensione e quindi quei lavoratori avranno pensioni bassissime tanto da dover essere assistiti dallo Stato.
Concorrenza sleale tra imprese: le aziende che hanno un comportamento corretto con i lavoratori avranno un danno da concorrenza sleale.
Niente diritti: i lavoratori pagati con i voucher non hanno alcun diritto contrattuale (niente tredicesima mensilità, quattordicesima, ferie, TFR, giorno di riposo, malattia, ecc.).
Meno contributi INPS: le casse dell'INPS, essendo i contributi sui voucher bassissimi, subiranno un danno irreversibile e potrebbero esserci difficoltà ad erogare le pensioni.
UN DANNO PER TUTTI I CITTADINI!
STRETTA IN ARRIVO SUI VOUCHER
Gli appalti nella sanità quasi mai sono assegnati ad operatori stranieri: solo il 2,48%del totale, come dire non conta il risparmio ad eguale qualità e la concor- renza ma dalla possibilità data dai mille contatti sul ter- ritorio, Mentre nel settore delle costruzioni l’Italia divide con Austria, Polonia, Finlandia, Spagna e Svezia il maggior rischio di corruzione, sulla sanità è seconda, come già ricordato, solo alla Polonia.
In ogni caso, le opportunità per corrompere ed essere corrotti non sempre derivano dalle regole inesistenti in questo o quel paese dell’Unione europea. L’Italia ha regole precise che però sono facilmente aggirabili con la scrittura dei bandi di gara scritti “ per rispondere a bisogni inesistenti e/o appositamente fabbricati” e inol- tre “alla diffusione d’informazioni riservate relative al bando di gara, allo scopo di favorire alcuni parteci-
panti” . Poi, una volta vinta la gara, i controlli inesistenti nella fase dei lavori e il permissivo dimenticare il con- tratto da parte del committente fanno il resto. Aumento dei tempi di realizzazione e dei costi che in alcuni casi estremi si porta oltre il doppio del preventivo iniziale!
Altri motivi che portano alla pratica corruttiva sono la mancanza di trasparenza e i legami familiari, relazioni sociali, amicizie e conoscenze la necessità di lavoro per le comunità locali sono tutti fattori di rischio.
Risolvere il problema non è semplice: potenziare i con- trolli e inasprire le pene, rendere al massimo traspa- renti le spese ai cittadini, monitorare e verificare in essere esecuzione e costi delle opere, forse può ser- vire a ridurre in modo esponenziale il fenomeno cor- ruttivo.
Filippo Alessandro Nappi
PRIMO DE LAZZARI
Primo De Lazzari, ci ha lasciato oggi, lunedì 15 febbraio 2016.
Nome di battaglia BOCIA, partigiano, giornalista e ricercatore storico.
Nato a Favaro Veneto (Venezia) il 23 giugno 1926, giornalista e dirigente della FGCI e dell’ANPI.
Nel settembre del '43 va a lavorare come tornitore alla Breda dove entra in contatto con la cellula di antifascisti comunisti di Porto- marghera.
Dopo l'8 settembre organizza a Marcon un gruppo di giovani, ag- gregato al gruppo di Campalto che fa capo a Ettore Mestriner
"Negro", poi entra nel battaglione Felisati con a capo Vincenzo Fonti " Alì " e Umberto De Bei, che nel '45 diventerà Brigata Fer- retto.
Nella primavera del '44, quando venne emanato l'ultimo bando di arruolamento della RSI per la classe 1926, va in Cansiglio e vi rimane fino al rastrellamento del settembre.
Ritornato in pianura opera tra il trevigiano, Quarto D'Altino e Portegrandi. Partecipa alla liberazione di Mestre il 27 aprile; il 28 è in Piazza Ferretto con i partigiani che accolgono l'arrivo delle truppe inglesi. Dopo la Liberazione De Lazzari ha fatto parte della Direzione della Federazione Giovanile Comunista Italiana e fu segretario regionale della FGCI per il Veneto. È stato anche vicepresidente dell’ANPI di Venezia.
Redattore capo della rivista culturale “Conoscersi”, è stato uno dei redattori della rivista dell’ANPI “Patria indipendente” ed ha scritto numerosi saggi sulla guerra di Liberazione in Italia e all’estero, a cominciare da quello, uscito nel 1977, sulla Resistenza cecoslovacca.
Nel 1981, De Lazzari, ha pubblicato con l’editore Teti una storia di Curiel inti- tolata “Eugenio Curiel. Al confino e nella lotta di liberazione”. Con l’editore Mursia ha stampato, nel 1996, una “Storia del Fronte della Gioventù nella Re- sistenza”.
Di De Lazzari, con prefazione di Arrigo Boldrini, è uscito nel 2003 “Le SS ita- liane”, a cui ha fatto seguito nel 2008, introdotto da Massimo Rendina, “Ragazzi della Resistenza”. Da molti anni viveva a Roma.
Nel triste evento, così lo ricorda la nipote, Marina Ferrante:
“Un uomo al servizio della causa, della collettività, della libertà. In prima linea a combattere e successivamente a scrivere e raccontare ai ragazzi giovani la sto- ria. Senza mai mettersi in mostra, senza alcun individualismo. Un giornalista e uno storico. La sua era storia corale, gli eventi, i fatti.”
“Sarai sempre presente nella mia memoria, nei miei ricordi, nell'orgoglio di ni- pote, e nella stima, nell'affetto che ho sempre provato per te zio compagno par- tigiano Bocia Primo De Lazzari.”
LA RESISTENZA NEL NOSTRO TERRITORIO
LA COMMEMORAZIONE DI ERMINIO FERRETTO
Sabato 6 febbraio 2016 si è tenuta, com'è prassi consolidata da anni, la cerimonia commemorativa di Erminio Ferretto, partigiano trucidato a Bonisiolo, in territorio moglianese, dove è stata eretta una stele a ricordo perenne del sacrificio dell'eroe, che immolò la sua vita combattendo per la liberazione della patria.
Il comune di Mogliano Veneto, anche quest'anno, ha organizzato la cerimonia, che si è tenuta presso il cippo in via E. Ferretto (vicino allo Stadio Co- munale), con la consueta parte- cipazione dei confinanti comuni di Venezia e Marcon, delle locali sezioni dell'ANPI, di alcuni pa- renti del defunto e di una rappre- sentanza di studenti del Liceo Statale di Mogliano Veneto.
TINA MODOTTI
Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi:
forse il tuo cuore sente crescere la rosa di ieri, l'ultima rosa di ieri, la nuova rosa.
Riposa dolcemente, sorella.
("Tina Modotti è morta" - Pablo Neruda)
Così inizia la poesia scritta da Pablo Neruda e incisa sulla tomba di Tina Modotti.
Assunta Adelaide Luigia Modotti, Tina, nasce nel Borgo Prac- chiuso a Udine il 17 agosto 1896, da una famiglia operaia aderente al socialismo della fine ottocento. Il padre, Giu- seppe, era meccanico, la madre Assunta Mondini, cucitrice.
Tina a solo due anni quando la sua famiglia emigra in Austria per cercare lavoro. Nel 1905 tornano a Udine e Tina fre-
quenta con profitto le prime classi della scuola elementare. A dodici anni lavora come operaia in una filanda per contribuire al mantenimento della numerosa famiglia (sei fratelli). Lo zio Pietro ha uno studio fotografico e qui Tina apprende elementi di fotografia frequentandolo.
Nel giugno 1913 lasciò l'Italia per raggiungere il padre, emigrato a San Francisco, dove lavorò in una fabbrica tessile e si dedicò al teatro amatoriale, recitando anche D'Annunzio, Goldoni e Pi- randello.
Si sposò nel 1918 con il pittore Roubaix “Robo” de l'Abrie Richey. I due si trasferirono a Los An- geles per inseguire la carriera nell'industria del cinema. L'esordio della Modotti è nel 1920,con il film “The Tiger's Coat”, per il quale venne acclamata anche per il suo “fascino esotico”. Grazie al marito conobbe il fotografo Edward Weston del quale nel giro di un anno divenne la sua modella preferita e sua amante. Quella stesso anno il marito Robo rispose a questa relazione trasferendosi in Messico, seguito a breve dalla moglie che però, giunse a Città del Messico quando egli era già morto a causa de vaiolo, da due giorni. Nel 1923 ritornò nella capitale messicana con Weston ed entrarono rapidamente in contatto con i circoli bohémien della capitale incontrando diversi esponenti radicali comunisti tra cui tre funzionari del Partito Comunista Messicano con cui ebbe delle relazioni sentimentali. Fu amica e probabilmente amante di Frida Lahlo, militante comunista e pittrice degli anni venti. Il 1927 è l'anno dell'iscrizione al PCM e l'inizio della fase più intensa del suo attivismo politico. In quel periodo le sue fotografie vennero pubblicate su numerosi giornali di sinistra, tra cui l'organo ufficiale del PCM, El Machete. Nel dicembre del 1929 una sua mostra venne pubblicizzata come “La prima mostra fotografica rivoluzionaria in Messico”: fu l'apice della sua carriera di fotografa. All'incirca un anno dopo fu costretta a lasciare la macchina fotografica dopo l'espulsione dal Messico e, a parte poche eccezioni, non scatto più fotografie nei dodici anni che le rimanevano da vivere.
Esiliata dalla sua patria adottiva per un periodo la Modotti viaggiò in giro per l'Europa per poi sta- bilirsi a Mosca dove si unì alla polizia segreta sovietica, che la utilizzò per varie missioni in Francia ed Europa orientale (probabilmente a sostegno della Rivoluzione Mondiale che aveva in mente).
Quando scoppiò la Guerra civile spagnola, nel 1936 si unì alle Brigate Internazionali. Lavorò con il celebre dottore canadese Norman Bethune (che inventò le unità mobili per le trasfusioni) durante la disastrosa ritirata da Malaga nel 1937. Nel 1939, dopo il collasso del movimento repubblicano, la Modotti lasciò la Spagna per ritornare in Messico. Secondo alcuni storici fu implicata nell'as- sassinio di Lev Trockij.
Tina Modotti morì a Città del Messico il 5 gennaio 1942, fu colpita da infarto e morì nel taxi che la stava accompagnando a casa dopo aver cenato con amici a casa del noto architetto Hannes Meyer.
Ricerca a cura di Giancarlo Centazzo
Riceviamo e pubblichiamo
CONFINE ORIENTALE: Vicenda emblematica dei guasti prodotti dai nazionalismi nello scorso secolo
Dai conflitti politici di fine ottocento alla tragedia della prima guerra mondiale che in essi ha introdotto la vio- lenza. Il volto che l'Italia mostrò in quelle terre nel 1919 fu quasi subito quello del fascismo, la cui posizione verso la minoranza di 350.000 slavi allora incorporati nel regno d'Italia fu espressa in un discorso di Mussolini, fatto a Pola già nel 1920: "Verso una razza inferiore e barbara come quella slava bisogna usare la politica del bastone, non quella dello zuccherino". Questa iniziò con l'incendio della casa nazionale degli sloveni di Trieste (Narodni Don ed Hotel Balkan). Questa politica venne preceduta dalla totale distruzione delle organizzazioni democratiche, politiche sindacali, associative, italiane. Lungo tutto il ventennio fascista vi fu una feroce opera- zione di genocidio culturale verso gli slavi: totale chiusura delle loro scuole, proibizione di parlare in pubblico la loro lingua, anche dal pulpito, di diffondere carta stampata, ecc. Dovevano venire italianizzati con la violenza.
E questa spirale di violenza si allargò con l'aggressione del 1941 quando Italia fascista portò la guerra nelle loro case e poi ancora con la successiva feroce repressione del loro movimento di liberazione.
L'8 settembre 1943, all'atto della dissoluzione delle strutture dello stato italiano, vi fu una rivolta nazionalista nell'Istria che nel momento del successivo grande rastrellamento tedesco provocò il primo episodio delle foibe.
Il secondo, più grave, avvenne in circostanze ben diverse dopo il maggio 1945 sul Carso triestino. È da precisare che gli scomparsi, solo in parte infoibati, da Zara a Gorizia, dal 1943 al 1946 furono secondo gli storici circa 4.500. Fu pulizia etnica dell'elemento italiano? In tale caso i morti avrebbero dovuto essere centinaia di mi- gliaia: furono 300.000 in anni successivi i profughi. Gli scomparsi del 1945 furono per l'80 % gente che portava la divisa del collaborazionista. Negli stessi giorni nell'interno della Slovenia vennero uccisi 12.000 dei loro col- laborazionisti e nell'interno della Croazia quasi 70.000. Vicende che oggi pesano nella vita politica dei due stati:
a guerra finita c'era il tempo di accertare le personali responsabilità e non giustiziare per la semplice appartenenza ai corpi collaborazionisti.
Quale esodo? Vi furono più esodi, fino all'ultimo del 1955 dopo la spartizione tra Italia e Jugoslavia di quello che avrebbe dovuto essere il "Territorio Libero di Trieste”. Le motivazioni non hanno a che fare con il ricordo delle foibe. Dopo venti anni di dittatura fascista e due di quella nazista (quei territori dal settembre 1943 al 1°
maggio 1945 vennero di fatto annessi alla Germania e sottratti al nesso statale italiano) la gente non voleva sottostare ad una nuova dittatura straniera, sostanzialmente nazionalista, malamente camuffata da socialismo.
C'era fame di democrazia e di libertà alla base degli esodi. Fin dal settembre 1943 esisteva il convincimento che il movimento titino più che comunista fosse nazionalista. Il confine sul Tagliamento non aveva niente a che fare con i principi comunisti ma era sicuramente nei postulati del nazionalismo borghese jugoslavo. Le conferme avvennero durante le ulteriori fasi della guerra; nel 1948 quando Tito venne estromesso dai partiti comunisti dal Cominform con l'accusa di nazionalismo, fino alla dissoluzione della Jugoslavia nel 1991 quando i capi dei partiti comunisti di Croazia e Serbia (Tudjman e Milosevich) si comportarono da perfetti na- zionalisti.
Il nostro piccolo esodo di 300.000 istriani (il 64
%), fiumani (27 %), dalmati ( 7 % ) deve essere rapportato con i tragici spostamenti di popola- zione dello stesso periodo: ben 12 milioni i pro- fughi tedeschi dalle zone cedute alla Polonia e dalla Cecoslovacchia. Noi lo chiamiamo esodo, perchè se siamo stati indotti ad andarcene in tante maniere, anche di carattere economico e dalla paura di essere separati da un confine in- valicabile, in ultima analisi lo decidemmo noi.
I tedeschi invece lo chiamano espulsione, per- chè fu trasferimento coatto, attuato con la vio- lenza. La giornata del ricordo deve essere di monito ad impegnarci perchè queste tragedie non accadano più, ad operare contro fascismi, nazionalismi e guerre e perchè si affermi la fra- tellanza tra i popoli.
Mario Bonifacio – profugo istriano
FUMO: LE NUOVE NORME
A partire dal 2 febbraio entrano progressivamente in vigore nuove regole come disposto dal D. Lgs. n. 6 del 12 gennaio 2016, decreto di recepi- mento della direttiva Ue sul tabacco. oltre alla messa al bando dei pac- chetti da 10 sigarette, le nuove norme prevedono il divieto di fumo in macchina in presenza di minori e donne incinta e limiti alla pubblicità delle e-cig. Ecco le misure più importanti.
Immagini choc sui pacchetti Le frasi che invitano a rinunciare alle bionde, come «Il fumo causa il 90% dei casi di cancro ai polmoni», sa- ranno accompagnate a foto choc che rappresentano malattie causate dalle sigarette. vvale anche per il tabacco sfuso.
Numero verde antifumo. In arrivo anche informazioni per chi vuole perdere il vizio, tra cui il numero verde 800.554.088 per smettere di fu- mare.
Sanzioni e sospensioni della licenza Chiunque venda bionde, tabacco o sigarette elettroniche a minorenni incorre in sanzioni pecuniarie molto salate. L'ammenda può comportare la sospensione per 15 giorni della licenza all'esercizio dell'attività.
Multe pesanti per i recidivi la multa sale da un minimo di 1.000 a un massimo di 8 mila euro e la revoca della licenza all'esercizio dell'attività.
Al bando i pacchetti da 10. Le confezioni da 10 vengono tolte dal commercio.Limitate anche quelle con aromi (come mentolo e vaniglia) ritenute pericolose perché alterano la percezione della pericolosità delle sigarette.
Limiti al tabacco sfuso. La quantità massima di tabacco sfuso ac- quistabile sarà di 30 grammi.
No al fumo in auto in presenza di minori e donne in gravidanza Niente sigarette in auto se ci sono minorenni o donne incinta.
Nuove aree smoke-free. Diventano smoke-free (aree libere dal fumo) anche i luoghi in prossimità di strutture universitarie ospedaliere, dei pre- sidi ospedalieri e degli istituti di ricerca scientifica e di cura pediatrici.
Stop ai mozziconi a terra. Chi butta le sigarette per strada può essere multato fino a 300 euro in base al DL sulla green economy che dispone sanzioni anche per chi getta a terra fazzoletti di carta, scontrini o gomme da masticare.
Limiti alla pubblicità tivù per le sigarette elettroniche. Divieto di pub- blicità di liquidi o ricariche per sigarette elettroniche contenenti nicotina trasmesse in programmi rivolti ai minori. La norma si applica anche nei 15 minuti precedenti e successivi alla trasmissione nella fascia oraria 16-19.
Basta spot sulle e-cig.Divieto di pubblicità delle e-cig anche sulla stampa e al cinema.
FUMO E MALATTIE CORRELATE
Il consumo di tabacco riveste un ruolo im- portante nell’insorgenza di numerose ma- lattie, tra cui una serie di malattie molto gravi e con decorso mortale. I componenti del fumo raggiungono attraverso il sangue tutte le aree del corpo e la ricerca acquisi- sce ogni giorno nuove conoscenze sull’ef- fetto nocivo del consumo di tabacco. Qui vengono descritte alcune delle conse- guenze prodotte dal fumo sulla salute. L’e- lenco delle malattie non è completo.(G. Z.) Malattie causate dal fumo di tabacco.
Fonti: International Agency for Research on Cancer, 2004 175, US Department of health and human Services, 2004Cancro ai polmoni
Cancro alla laringe Cancro all’esofago Cancro all’uretere Cancro alla vescica Cancro all’utero Cancro ai reni Leucemia
Cancro alla cavità orale Cancro al pancreas Cancro allo stomaco
Malattie polmonari croniche ostruttive Polmonite
Bronchite acuta e cronica
AsmaMalattie cardiache coronarie (infarto) Malattie cerebrovascolari (colpo apoplettico) Aneurisma dell’aorta addominale
Arteriosclerosi Sterilità nelle donne Impotenza negli uomini Complicazioni in gravidanza Cataratta (nelle donne)
Bassa densità ossea (nelle donne dopo la menopausa)
Ulcera gastrica e duodenale
UNA FALSA IMPRESSIONE
In un recente convegno tenuto a Bari, promosso dalla Consulta Nazionale Antiusura si è fatto il punto fra l’altro dei costi e benefici per lo stato di alcuni consumi tra cui quello del tabacco.
Diana De Martino, sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia, ha evi- denziato le cifre: dal tabacco si ricavano 13,3 miliardi di Euro con un costo di 7,5 mi- liardi, ma con un numero di morti, derivanti dal tabagismo, di ben 71.445 persone.
La vendita di sigarette è in aumento (+ 4 punti in due anni) e la maggior parte di questo aumento è dovuto al consumo delle donne soprattutto giovani.
Ciò favorisce inoltre reati quale quello del contrabbando di sigarette. E che dire sulle sof- ferenze delle famiglie che si trovano con i loro cari con queste patologie fisiche e psichiche, che
hanno riflessi anche economici enormi? Ne vale la pena? Se si fa la somma algebrica di quanto sopra, si arriva ad un deficit enorme, oltre ai costi umani. E i riflessi sociali e anche i costi sanitari sono gravi. (E.V.)
La spesa pubblica italiana è enorme: giustificata dai 2mila e 200miliardi di euro di debito pubblico che il nostro paese si porta sulle spalle. La prima cosa che si pensa con dei debiti cosi è che le uscite devono essere oltremodo enormi e ingiustificate.
Ma la gran parte del debito pubblico è stato prodotto prima degli anni novanta.
“Gli italiani guadagnano netto, ma vivono lordo” affermazione di Giuseppe Saragat, rende bene l’idea. Crescita scarsa, interessi sul debito elevati in rap- porto tra questo (aumentato) e il Pil (che è diminuito), continua ad essere, no- nostante le affermazioni del governo un grosso problema.
Se si analizzano i dati del bilancio 2015 e lo si rapporta agli altri paesi europei si nota come, ne il valore della spesa pubblica di circa 800 miliardi, ne il rap- porto di questa con la popolazione sono particolarmente elevati.
Si evince dai dati Eurostat che il nostro paese spende pressappoco cosi: interessi sul debito pubblico 9%; previdenza e assistenza (pensioni, pensioni sociali, etc.) 30%; spese in conto capitale 7%; sanità 13%; istruzione pubblica 10%;
altre spese correnti (giustizia, ordine pubblico, difesa, territorio, etc.) 17%.
Allo Stato un italiano costa mediamente circa 15.000 euro l’anno. Non male, ma inglesi, francesi, tedeschi, danesi, belgi, finlandesi, olandesi e austriaci co- stono più di noi.
Anche sul Prodotto Interno Lordo la spesa pubblica italiana (pari al 50,6%
della ricchezza prodotta nel Paese) è inferiore a quella di altri paesi come la Francia (56,7%) e i Paesi scandinavi, ma anche a quella di Portogallo e Grecia (53,7%). La differenza italiana sta nel tasso di corruzione e nell’evasione fi- scale senza pari in Europa.
La questione della spesa sanitaria
In tanti anni il dibattito sull’argomento è stato ampio e nel corso del 2015 sono stati annunciati maxi tagli alla stessa, concretizzati nel corso dello scorso anno e con il bilancio di stabilità chiuso lo scorso mese, dove ben 302 prestazioni sanitarie sono state poste di fatto fuori dal sistema di gratuità (o con il solo pagamento di ticket) a beneficio della sanità privata dove per fare una visita non occorre aspettare mesi o anni.
Giù le mani dalla Sanità
La realtà delle cose è che, anche in questo settore, la spesa dedi- cata dall’Italia è tra le più basse nei paesi europei. In uno studio che analizza i costi sanitari dei paesi sviluppati, si evince che la spesa sanitaria italiana è pari a circa 110 miliardi di euro l’anno (circa 2.000 euro per abitante meno che in Francia, Germania..) cifre contenute che permettono alla sanità italiana di essere con- siderata una delle migliori al mondo per efficienza, addirittura la terza al mondo. .
Le Regioni italiane amministrano autonomamente i fondi per la sa- nità e vi sono differenze anche molto considerevoli tra le varie regioni, i fondi non sono che in minima parte tasse dei cittadini residenti in tali regioni prove- nendo in buona parte dal gettito Iva e dalle accise sui carburanti.
Problemi esistono ovunque, an- che nelle eccellenze come To- scana, Veneto e Lombardia (que- st’ultima in particolare impegnata nel 2015 e tuttora in uno scandalo che ha coinvolto e che riguarda ancora i più alti vertici regionali).
La sanità italiana non è malata, tutt’altro. Essa si regge sul lavoro delle tante persone che l’hanno resa eccellente, tra l’altro con scarso personale e salari tra i peg- giori d’Europa.
Tagliare e basta non serve a nulla.
Perfino il Fondo Monetario In- ternazionale, da sempre sosteni- tore dell’austerità, ha calcolato che ogni euro tagliato alla spesa pubblica genera un effetto nega- tivo sull’economia di circa -1,5 euro.
Sulla sanità non servono tagli li- neari e di prestazioni ma occorre fare scelte coraggiose miglio- rando gli investimenti (sopratutto di tecnologie) e allontanando, con forza, i corrotti.
Filippo Nappi
L’ “APPROPRIATEZZA”
(ovvero se e quando hai bisogno di una prestazione medica lo ha deciso il Mini- stero)
Proprio così. È entrato infatti in vigore il provvedimento emanato dal Ministero della Salute sulle nuove condizioni per godere delle prestazioni ambulatoriali (esami, ri- sonanze, e così via). Un solo esempio:
normalmente, in caso di un esame che re- gistri il valore del colesterolo nella norma, il paziente non potrà ripeterlo che dopo 5 ANNI. ovviamente ciò se la prestazione è a carico del Servizio Sanitario Nazionale e altrettanto ovviamente ciascuno può farsi qualsiasi esame… pagandoselo in proprio.
Sono ben 203 prestazioni che sono in- cluse nel provvedimento e che potranno produrre un effetto negativo sia sulla sa- lute del paziente sia, di certo, nel rapporto tra paziente e il suo medico (che invece deve essere sempre caratterizzato da fidu- cia) e altrettanto di certo sulle persone meno abbienti, più povere, che per essere sicure del proprio stato di salute dovranno ricorrere alla medicina privata, pagando- sela, se possono. E se non possono rimar- ranno nel dubbio e magari poi, purtroppo, dovranno registrare di aver avuto ragione nel temere il peggio.
È un effetto deleterio della così detta spen- ding review che colpisce i più bisognosi e che inverte il concetto di prevenzione.
È necessario quindi che tutti (medici, pa- zienti, forze sociale e quei politici che più hanno a cuore il benessere della nostra gente) facciano sentire la propria voce, anche con iniziative concrete per modifi- care questo provvedimento.
E poco vale che si precisi che possono es- serci alcune eccezioni in relazione ad al- cune limitate situazioni. L’obiettivo costante (e non le eccezioni) deve essere quello che il cittadino abbia la certezza della sua con- dizione di salute psicofisica, e, ancor più, che tutti i mezzi scientificamente a dispo- sizione possano essere sempre usati per prevenire ogni sua sofferenza. E se gli ac- certamenti fossero anche negativi tutti, non potremmo che gioirne, ma se così se ne potesse salvare un cittadino, anche uno solo, ne sarebbe valsa la pena. E.V.
Paniere Istat: le novità 2016
Come ogni anno, l’Istat pubblica l’elenco dei prodotti che compongono il pa- niere di riferimento della rilevazione dei prezzi al consumo, diretta alla misura dell’inflazione nel nostro Paese. L’aggiornamento annuale tiene in considera- zione le novità relative alle abitudini di spesa delle famiglie, adeguandosi ai loro comportamenti di acquisto, e arricchisce in alcuni casi il ventaglio di pro- dotti che rappresentano consumi consolidati. Sottolinea l’ISTAT che nel 2016 il paniere utilizzato per il calcolo degli indici dei prezzi al consumo si compone di 1.476 prodotti elementari (1.441 nel 2015), raggruppati in 901 prodotti che a loro volta sono organizzati in 400 aggregati. Mentre per il calcolo dell’indice dei prezzi al consumo armonizzato il paniere comprende 1.484 prodotti ele- mentari (1.457 nel 2015), raggruppati in 906 prodotti e in 404 aggregati.
Cosa entra nel paniere nel 2016? Tra le novità del nuovo anno troviamo le be- vande vegetali, il pantalone corto uomo, i leggings bambina, la lampadina Led, i panni cattura polvere, i servizi integrati di telecomunicazione (tv, Internet e voce), l’alloggio universitario e il tatuaggio. La rilevazione dei prezzi delle au- tomobili usate va inoltre a integrare quella dei prezzi di quelle nuove, mentre prodotti come il trapano elettrico vanno ad arricchire la gamma del segmento di consumo “utensili e attrezzature a motore per la casa e il giardino”. Escono invece dal paniere cuccette e vagoni letto ormai in disuso, il trasferimento pro- prietà auto e moto i cui costi continueranno a essere rilevati per calcolare gli indici dei prezzi delle automobili e delle moto e motocicli.
Anche per il 2016 sono 80 i comuni capoluogo di provincia che contribuiscono alla stima dell’inflazione con riferimento al paniere completo. Per quanto ri- guarda la popolazione provinciale, la copertura dell’indagine è pari all’83,5%.
In merito al “peso” dei prodotti nel paniere, si assiste a un leggero incremento dei beni a discapito dei servizi (+0,1723 per i beni e -0,1723 per i servizi).
Nell’ambito dei beni, scende il peso relativo dei “beni energetici” (da 9,35%
del 2015 a 8,96%), invariato quello dei “beni alimentari” e dei “tabacchi”, cre- sce il peso della componente dei beni durevoli (tra i quali le automobili grazie all’aumento della spesa destinata al loro acquisto) e, in misura minore, di quella dei beni semidurevoli (come abbigliamento e calzature). Per il segmento servizi, gli incrementi maggiori riguardano “servizi vari” (da 11,12% a 11,46%) e “ricreativi, culturali e per la cura della persona” (da 17,24% a 17,56%).
La grande platea degli anziani ha però specifici bisogni e ci rammarica il fatto che non ci sia, collegandolo alla rivalutazione delle pensioni, uno specifico pa- niere ISTAT che ne tenga conto. Un paniere che escluda alcuni beni e servizi che non li riguardano(ad esempio: alloggi universitari, tatuaggi, ecc…) e con- sideri invece altri servizi adatti a quell’età (assistenza domiciliare, anche se ri- guarda la quota di partecipazione dei comuni, colf, fisioterapie ecc… G.Z.
UNA BUONA NOTIZIA:
PARTE LA MEDICINA DI GRUPPO A MARCON
La richiesta dei Sindacati dei Pensionati CGIL CISL UIL di Favaro, Marcon, Quarto d’Altino di riuscire ad avere con celerità il servizio di medicina di gruppo integrata nel nostro territorio sembra sia prossima.
Si dovrebbe partire da Marcon, poi a Quarto d’Altino poi in altri territori.
Si tratta di un servizio, intanto aperto per 12 ore (h12, appunto), dove i cittadini potranno trovare servizi medici integrati.
Tutti i Medici di Base dei territori dove si formeranno questi servizi dovranno es- sere all’interno di queste aggregazioni.
Già da qualche settimana abbiamo solle- citato il Direttore del Distretto Nr. 4 che ha competenza anche su Marcon e Quarto d’Altino a fissarci un incontro unitario per approfondire tempi e modi del realizzo di questo servizio, che ora sollecitiamo. Crediamo anche che il Pre- sidente del Comitato dei Sindaci del Di- stretto, che è il Sindaco di Marcon, debba convocarlo per informare tutti dello stato di avanzamento di questo servizio.
Questo giornale, ma tutte le strutture dello SPI CGIL di questo territorio vi ter- ranno informati del procedere della que- stione e, fin da ora, sono a disposizione per ulteriori informazioni. G.F.
FARMACIA DI GAGGIO, PARTITI I LAVORI PER L’APERTURA
Tra qualche mese l‘importante traguardo, molto atteso dai cit- tadini, specialmente da quelli della frazione di Gaggio e ancor più dalle persone anziane, sarà una realtà.
L'apertura della farmacia a Gaggio è stata una richiesta delle organizzazioni dei pensionati di questo territorio e oggetto di intesa tra l'amministrazione Comunale di Marcon e questi sin- dacati, sottoscritta con verbale del 26 gennaio 2015.
L’apertura della Farmacia a Gaggio arriva dopo la conclusione di un percorso lungo e tortuoso, caratterizzato da un ricorso al Tar e da un successivo appello al giudice di secondo grado, che hanno dato ragione al Comune di Marcon. Così è stata premiata l’azione decisa del Sindaco Andrea Follini, nonché la partecipazione della popolazione che ha spronato e soste- nuto il progetto farmacia. G.Z.
BENVENUTO PASQUALE!
Nella riunione del Comitato Direttivo della Lega Laguna Nord Est del 15 febbraio 2016 è stato integrato nella Segreteria di lega il Compagno Pasquale Graziano, già collaboratore di questa struttura e anche della Redazione di questo giornale.
L’elezione, all’unanimità, avviene su proposta del Segretario Generale della Lega Roberto Giacomini, sentita anche la Segretaria dello SPI CGIL Metropolitano, Angiola Tiboni.
Al Compagno Pasquale Graziano tutti gli auguri di buon lavoro da parte della nostra redazione.
Aldo Mingati Angiola Tiboni Bruna Busso Enrico Piron Ettore Vittiman Filippo Nappi Francesco Nicoletti Franco Piacentini Giancarlo Centazzo Giannina Faraon
Giorgio Morisi Giovanni Pascoli Giuliano Zanetti Leda Cossu Monica Marchi Pasquale Graziano Roberto Giacomini Ugo Agiollo
HANNO SCRITTO PER NOI NEL 2015
S
i sta assistendo, in Italia, ad un numero crescente di femminicidi, mentre permangono preoccupanti i casi di violenza nei confronti delle donne.Come si spiega questo fenomeno, per così dire in contro- tendenza rispetto a quello di incivilimento, almeno for- male, che indubbiamente l’Italia ha realizzato in questi ultimi secoli? A mio avviso le ragioni di questo contrasto si ritrovano nell’incapacità degli uomini, o di parte di essi, di adeguarsi alla nuova situazione venutasi a creare a se- guito della chiamata al lavoro delle donne e del conse- guente inizio di un processo di emancipazione delle stesse, cui quotidianamente assistiamo. Non è che le contadine non lavorassero: lavoravano eccome, e, magari, erano anche soggette a violenze; ma, per lavorare, in allora as- senza di mezzi meccanici, la terra, era necessaria la forza fisica; gli uomini sono più forti; quindi solo gli uomini, e per essi i capi famiglia colonica, percepivano il compenso del lavoro di tutta la famiglia: e, perciò, detenevano il po- tere.
Analogamente, le borghesi non facevano le impiegate o le professioniste, cioè non producevano un reddito, ma si de- dicavano a suonare il pianoforte o a ricamare la biancheria, per cui anch’esse erano soggette al ricatto del marito di perdere la loro agiatezza.
In conclusione: gli uomini comandavano, le donne ubbidi- vano e tutto, per così dire, filava liscio così. Ma il capitali- smo, per ridurre il costo della manodopera ha introdotto le macchine, che rendevano meno faticosa la produzione e ha così raddoppiato l’offerta di lavoro reclutando anche le donne: dapprima le operaie e poi anche le borghesi. Né si dimentichi il contributo dato dalle donne in occasione di guerre. Per la prima volta nella storia dell’umanità, la donna ha goduto di un salario tutto suo, piccolo o grande che fosse.
È
chiaro che, quando una donna è riuscita a realizzare un reddito che le consente di vivere autonoma- mente, in maniera di assicurare a sé e ai propri figli una vita libera e dignitosa, non vive più con l’incubo di essere scacciata di casa dal marito e così morire di fame, ma, addirittura, può pensare essa stessa di richiedere il di- vorzio e abbandonare il marito.Apriti cielo! Non solo le donne non ubbidiscono più al ma- rito – o compagno che sia – ma pretendono di interloquire, di essere ascoltate, magari anche di comandare, perché, al- trimenti, sono capaci di andarsene altrove!
E il processo di emancipazione non è che agli inizi! Natu- ralmente, non tutti gli uomini hanno reagito negativa- mente; molti, i più civili, i più preparati hanno saputo adeguarsi alla nuova situazione che si è creata e che, pe- raltro, ha inciso grandemente nel modificare la struttura stessa della famiglia; ma taluni – speriamo pochi – non hanno capito che l’emancipazione della donna è un pro- cesso ineluttabile, lento e faticoso per le donne, ma pre- zioso per l’apporto della sensibilità e dell’intelligenza femminile, e sono ricorsi all’unico mezzo che l’uomo ha e la donna no: la forza fisica; e giù botte!
Come possono difendersi le donne: anzitutto con l’educa- zione; bisogna insegnare a tutti che le ingiurie, le percosse, le lesioni (non parliamo del femminicidio!) sono un delitto e dunque indegne di ogni persona civile
L
e donne, inoltre, cerchino di raggiungere un reddito che consenta loro di vivere autonomamente senza bisogno di ricorrere al compagno perché questo mette la donna in una posizione di forza che le consente di trattare da pari con il compagno. Soprattutto si ribellino ad ogni violenza: si fotografino o si facciano fotografare da amiche o parenti le conseguenze delle violenze subite;ricorrano al Pronto Soccorso; quando si è in possesso di valide prove, si rivolgano alla Magistratura. In ogni caso, non si vergognino di denunciare chi le maltratta: l’eserci- zio di un proprio sacrosanto diritto non è manifestazione di debolezza, ma di maturità e di consapevolezza. Del pari, tutti si convincano che rendere testimonianza di ciò di cui si viene a conoscenza è un preciso dovere di ogni cittadino che sia veramente degno di tale nome.
Avvocato Giorgio Morisi
Già Giudice On. Agg.to Tribunale di Venezia
Per un banale errore tecnico è stata omessa la firma dell’articolo “Que- stione di Fede o di Potere”apparso nel numero di febbraio di questo gior- nale. L’autore del l’articolo è l’Avv. Giorgio Morisi, già Giudice on. del Tribunale di Venezia. Ce ne scusiamo con lui e con i lettori.
L’emancipazione femminile
Una burla o malcostume? IN ITALIA È UN REATO!
Mi ha colpito una sentenza del tribunale di Palermo, su un caso di molestie sessuali in un ufficio. Il fatto: “Il Di- rettore di una agenzia delle Entrate, ora in pensione, palpeggiava il sedere e infilava il dito nella scollatura di due sue collaboratrici”. Per questo è stato denunciato;che cosa hanno deciso i giudici?
“Non è reato, è solo un comportamento immaturo, è uno scherzo inopportuno. Anche perché questi gesti non hanno procurato appagamento sessuale né limitato la libertà delle presunte vittime”.
Io credo che questa sentenza ci offenda e ci riporti indietro di vent’anni rispetto ai riconoscimenti giurisprudenziali fin qui acquisiti dalle donne e non solo. ora, se le molestie sessuali possono passare per burla e per di più chi le commette le ha anche ammesse, quale immagine delle donne e come si tutela la loro libertà? E se le parti fossero invertite, se fosse stata la donna la molestatrice, come sarebbe finita?
Donna burlona o donna condannata?B.B.
Parità di genere
Alcune norme del sistema elettorale che ha accompagnato il nostro paese dal 1945 ad oggi, non sono state certo a favore della donna e non hanno nemmeno messo in atto la Costitu- zione nella sua complessità, Costituzione che già nel terzo ar- ticolo mette in chiaro la parità tra i sessi in ogni campo. Ciò ha impedito di portare avanti tali diritti, che invece sono fonda- mentali in politica. Non si è avuto in realtà fiducia nelle donne che non si sono viste riconosciuti i diritti costituzionali che me- ritano.
Negli anni del primo Novecento le donne erano impegnate molto più di adesso non essendo aiutate nei lavori domestici dalle odierne tecnologie, ne tantomeno da una certa divisione dei compiti famigliari. Nonostante tutto reclamavano i loro di- ritti, con manifestazioni e lotte sindacali. Bisogna che ancor più le donne di oggi aumentino la loro autostima anche opponen- dosi con fermezza a quegli episodi ricorrenti di violenza che avvengono per di più tra le mura domestiche. La controprova del valore delle donne è che quando sono al governo anche in dicasteri difficili, li portano avanti con fermezza anche se spesso la gente non ha condiviso le loro scelte politiche.
Le norme esistenti e quelle che si stanno discutendo, che pro- muovono un riequilibrio della parità di genere, vanno sicura- mente nella direzione giusta. L’importante è che chi compone le liste elettorali tenga conto di certo del genere ma coniugan- dolo con una potenziale capacità. Tutto ciò perché è dimostrato che una persona, sia essa uomo o donna, viene messa in grado di fare esperienza e cimentarsi nelle difficoltà fa emergere tutte le sue qualità. Ma siccome le donne sono state per secoli, se
non per millenni, sempre tenute in disparte, in particolare escluse dalla partecipazione attiva della vita sociale, è ne- cessario usare verso di esse particolare attenzione; attenzione che per altro è dovuta in riferimento al dettato dell’ar- ticolo 3 della nostra Costituzione. Giannina Faraon
COORDINAMENTO DONNE LEGA LAGUNA NORD EST SPI CGIL VENEZIA
Programma “Marzo Donna” 2016
6 marzo• ore 17,00 Marcon
•Centro Culturale De André: “Io sono libera” spettacolo teatrale di Alessandro Trigona Occhipinti. Con il patrocinio del comune di Marcon
dal 7 al 10 marzo•Favaro Veneto Residenza per Anziani “Anni Azzurri”: mostra sulle donne dell’Assemblea Costituente
8 marzo• Case di Riposo del territorio Omaggio floreale alle ospiti offerto dalla Lega SPI Laguna Nord Est
16 marzo• ore 20,30 a Marcon, Centro Culturale Fabrizio De André, spettacolo teatrale “Ragazze del ’900” organiz- zato dal Comune di Marcon in collaborazione con il Coordinamento Donne Lega
25aprile• ore 20,30 Marcon, Centro Anziani: mostra sulle donne dell’Assemblea Costituente, organizzata da SPI CGIL e ANPI di Marcon
L’8 Marzo uscirà il giornale Lega Laguna Nord Est “edizione speciale in rosa”
Mutilazioni genitali femminili
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che siano già state sottoposte alla pratica 130 milioni di donne nel mondo, e che 3 milioni di bambine siano a rischio ogni anno. Il 6 febbraio si celebra in tutto il mondo la Giornata Mon- diale contro l'infibulazione e le mutilazioni genitali femminili.
Le mutilazioni genitali femminili (MGF), sono pratiche tradizionali che vengono eseguite principalmente in 28 paesi dell'Africa sub-sahariana, per motivi non terapeu- tici. Tali pratiche ledono fortemente la salute psichica e fisica di bambine e donne che ne sono sottoposte.
Campagne politiche internazionali contro le MGF Una campagna per l'abbandono delle mutilazioni genitali femminili è stata lanciata negli anni novanta dalla leader politica Emma Bonino, che, a fianco dell'organizzazione
“Non C'è Pace Senza Giustizia”, ha organizzato eventi, iniziative e conferenze sull'argomento con politici euro- pei e africani.
In Italia nel 2008 un'altra campagna per la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle mutilazioni genitali fem- minili è stata creata da Mara Carfagna tramite il Dipartimento per le pari opportunità. Nel settembre 2009 anche Amnesty International ha dato vita a una campagna europea contro le FGM denominata “End Fgm”.
Nel 2010 è stata rilanciata da Emma Bonino, Radicali Italiani e “Non c'è Pace senza Giustizia”, la campagna contro le MGF. In tutto il mondo, grazie alla loro iniziativa, sono state raccolte firme per un appello di messa al bando di questa pratica da presentare all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite o almeno per una moratoria.
Il 20 dicembre 2012 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione sulla messa al bando uni- versale delle mutilazioni genitali femminili. La risoluzione, depositata dal gruppo dei Paesi africani, è stata in seguito sponsorizzata dai due terzi degli stati membri delle Nazioni Unite.
Il 5 febbraio 2013, Plan Italia e Nosotras hanno lanciato la petizione “Stop alle Mutilazioni Genitali“ con lo scopo di chiedere al Futuro Governo Italiano di impegnarsi a porre fine alle Mutilazioni Genitali Femminili in Italia e nei Paesi dove ancora viene praticata.
La Risoluzione del Parlamento Europeo del 25 febbraio 2014, recante raccomandazioni alla Commissione sulla lotta alla violenza contro le donne, detta le nuove norme per il contrasto della violenza di genere ed ha l’obiettivo di pre- venire non solo il femminicidio, ma tutto ciò che va a ledere i diritti fondamentali della donna, il decreto mira a rendere più incisivi gli strumenti della repressione penale dei feno- meni di maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale e di atti persecutori.Il 1º giugno 2015 l'allora presidente nige- riano Goodluck Jonathan ha firmato un disegno di legge che istituisce il reato di mutilazione genitale femminile. La pena massima prevista è di quattro anni di carcere con una multa
pari a 900 Euro. Giannina Faraon
IN ITALIA È UN REATO:
SI RISCHIANO FINO A 12 ANNI
In Italia si stima che nel 2009 fossero 35mila le donne vittime di mutilazioni genitali. Stando a questi dati, anch’essi calcolati per difetto, consi- derata la clandestinità con cui viene eseguita questa pratica, il nostro paese è al quarto posto in Europa.
L’Italia però sta già da tempo facendo battaglia contro questo fenomeno. Si è iniziato con la campagna di Emma Bonino e si è arrivati all’ap- provazione della legge che prevede da 4 a 12 anni per chi pratica la circoncisione femminile.
Possiamo quindi ignorare questo fenomeno pen- sando che sia un problema di altri? Ciascuno di noi e in particolare se è donna, ma tutti, può dare il suo contributo per tentare di sconfiggere questa ignobile pratica. Il contributo più importante è quello di sensibilizzare le donne dei paesi ove si pratica questa mutilazione e che risiedono in Ita- lia, quindi un contributo di carattere culturale. Ma anche di usare mezzi legali, come la denuncia all’autorità, quando ci sia anche solo il sospetto di qualsiasi tentativo di praticarla. Il nostro ap- pello quindi in occasione dell’8 marzo è quello di non lasciare nulla di intentato.
chiuso in redazione il 29 febbraio 2016