• Non ci sono risultati.

DIVINA COMMEDIA DIVINA COMMEDIA 1

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "DIVINA COMMEDIA DIVINA COMMEDIA 1"

Copied!
63
0
0

Testo completo

(1)

DIVINA COMMEDIA 1

DIVINA COMMEDIA

(2)

DIVINA COMMEDIA 2

INTRODUZIONE

INTERESSE: “ESSERCI DENTRO” → viaggio che è stato pensato per tutta l’umanità RICORDARE: “DARE DI NUOVO AL PROPRIO CUORE”

CAPIRE: “CATTURARE” → Paradiso V, vv. 41/42: Non fa scienza sanza lo ritener l’avere inteso (non serve a niente sapere una cosa e poi non trattenerla, non capirla).

FELICITA’: la Commedia ci spinge a lottare per la nostra felicità.

Dante scrive ben 100 canti (di cui 1 proemio iniziale e 3 cantiche fatte da 33 canti → 100), il fine di tutta l’opera è toglie gli uomini in questa vita dallo stato di miseria e condurli a una condizione di felicità → obiettivo: rendere felici gli uomini.

Lo stile della Commedia è comico perché, per la ruota di Virgilio, se inizialmente è una storia tragica, ha una fine felice.

Per quanto Dante soffra durante il percorso nell’Inferno, non mette mai in dubbio la giustizia di Dio.

Quando è stata scritta e perché? La Commedia è stata scritta quando Dante è già stato esiliato, dal 1302 perché egli ha lasciato da parte il De Vulgari Eloquentia, il Cconvivio e il De Monarchia.

L’Inferno è stato scritto sicuramente tra il 1304 e il 1308 (probabilmente anche prima tra il 1302 e il 1303), il Purgatorio tra il 1308 e il 1312, mente il Paradiso dal 1315 fino al 1321, non perché era finito ma perché è morto.

Sicuramente Dante torna sulle cantiche precedenti anche dopo che le ha concluse. Infatti, la morte di Papa Clemente V è avvenuta nel 1314 e Dante lo inserisce all’Inferno → è probabilmente stato aggiunto in un secondo momento.

Sono presenti 3 cantiche introdotte dal 1° Canto che funge da teorema a tutta l’opera per un totale di 100 cantiche (99+1 perfezione della trinità). Per ogni cantica ci sono 33 canti e ogni cantica finisce con la stessa parola che di volta in volta assume un significato diverso (stelle). Nell’Inferno le stelle indicano il mondo esterno (l’inferno è il luogo del buio), nel Purgatorio (è il luogo del colore) le stelle indicano il Paradiso e alla fine del Paradiso indicano Dio (Empireo).

Le informazioni sul titolo della Divina Commedia le troviamo nella lettera a Cangrande della Scala e l’attributo “Divina” gli viene dato da Boccaccio nel 1373 nel Trattatello in Laude di Dante (Boccaccio era stato incaricato di leggere e di spiegare la Commedia ai fiorentini). La prima volta in cui la Commedia è ufficialmente stampata con questo titolo è nel 1555.

AUTORITATES (modelli):

- La Bibbia: in particolare Isaia, Geremia e l’Apocalisse (perché è profetica);

- Fonti classiche: l’Eneide di Virgilio, le Metamorfosi di Ovidio (perché raccontano di molti miti e trasformazioni → Dante le riprende), la Tebaide di Stazio (che sarà guida di Dante) e Lucano per la Pharsalia;

(3)

DIVINA COMMEDIA 3

- I filosofi: Le Confessioni di Sant’Agostino e importantissimo per capire la Commedia è la Summa Theologiae (Somma Teologica) di San Tommaso D’Aquino (che riprende

Aristotele);

- Opere in volgare: il Tresor di Brunetto Latini, il Roman de la Rose che è un romanzo allegorico scritto in francese, il Libro delle Tre Scritture di Bonvesin de la Riva (dove si diceva che per l’Inferno ci voleva la scrittura nera, per il Purgatorio rossa e per il Paradiso oro → ogni regno ha il suo registro linguistico) e i testi Apocrifi (la più importante è la Legenda Aurea di Iacopo da Varazze).

La Commedia ha da subito successo e i suoi due figli, Jacopo e Pietro, iniziano a commentarla.

Ha molta fortuna tranne nel periodo chiamato Classicismo. Un’opera come la Commedia non veniva ben vista dai Classicisti e con il Romanticismo, la Commedia diventa un simbolo. I commenti sulla Commedia sono tantissimi.

La Terra ha i 4 punti cardinali: a nord Dante colloca Gerusalemme. Dove c’è Gerusalemme c’è la selva oscura e in essa abbiamo la porta dell’inferno → si apre la voragine infernale.

L’inferno è immaginato come un imbuto che parte largo e man mano si stringe fino ad arrivare al centro della terra in cui è presente un blocco di ghiaccio con all’interno Lucifero (con tre volti tre bocche che mastica i traditori Bruto, Giuda e Caio). C’è un filetto che si chiama Natural Burella che è una specie di canale sotterraneo che risbuca nel Purgatorio e si trova quindi a Sud. Il Purgatorio si è formato perché Satana viene scagliato dal cielo, sprofonda la terra, la terra si sposta per non toccare Satana e spunta la collinetta del Purgatorio.

I due fenomeni fisici secondo cui si è formato il Purgatorio sono: 1. Questa Terra si sposta e spunta la collinetta. 2. Le terre emerse si spostano e ruotano nell’altro emisfero.

Le pene nell’Inferno sono date secondo la legge del contrappasso → in base a quella che è stata la colpa, un dannato può avere una punizione per analogia o per opposizione.

CANTO I PARAFRASI

Nel mezzo del cammino di nostra vita (35 anni), io mi ritrovai dentro a una selva oscura perché avevo perso la via del bene, la via giusta.

Ahi, (grido di sofferenza) a descrivere com’era fatta questa selva è una cosa difficile e dolorosa che, anche solo a ricordarla, rinnova la paura.

Questo ricordo è così amaro, che la morte è una cosa poco più forte, ma per raccontare il bene che io vi trovai, descriverò anche le altre cose che ho visto.

Io non so in che momento io ho perso la rotta e mi sono perduto perché ero talmente tanto pieno di sonno (assenza di lucidità razionale → sonno della ragione) a quel punto che abbandonai la via del bene.

(4)

DIVINA COMMEDIA 4

Ma quando io giunsi al piede di un colle nel punto in cui terminava quella valle (la valle della selva oscura) che mi aveva riempito il cuore di paura, guardai in alto e vidi le sue spalle (le spalle del colle) illuminate dai raggi del pianeta (sole) che conduce ogni uomo sulla via giusta.

Allora, vedendo questo colle illuminato dal sole, si rasserena e la paura, che era durata così tanto tempo nel profondo del mio cuore durante la notte che io avevo trascorso con tanta angoscia, si acquietò un poco.

E come colui che con respiro affannato, ansimante, dopo che è uscito fuori dal mare, è arrivato alla riva, si guarda indietro verso l’acqua pericolosa e la guarda; allo stesso modo, il mio animo che ancora fuggiva si volse indietro a guardare quella zona che non aveva lasciato alcuna persona viva.

Dopo che ebbi riposato per un po’ il mio corpo affaticato, ripresi la via per il colle dove non c’era nessuno, in modo tale che il piede fermo era sempre il più basso (cominciai a salire).

Ed ecco, quasi al cominciare della salita, una lonza agile, veloce e snella che era coperta di pelo maculato e non se ne andava davanti alla mia faccia, anzi ostacolava tanto il mio cammino, che io fui più volte tentato di tornare indietro.

Era il principio del mattino, e il sole stava salendo insieme a quelle stelle che si trovavano con lui nel momento in cui Dio cominciò a muovere il mondo (la creazione) → mattina dell’equinozio di primavera.

Tanto che io avevo buone ragioni di sperare di farcela contro quella bestia dalla pelle maculata grazie all’ora del giorno e all’equinozio di primavera. Ma la mia speranza venne a meno quando apparse un leone.

Questo sembrava venire incontro a me con la testa alata (simbolo di superbia) e con una fame rabbiosa e avanzava in modo tale che sembrava addirittura che l’aria stessa tramasse di fronte al suo passaggio.

E comparve una lupa che, nella sua magrezza, sembrava carica di tutte le brame (desideri negativi) e fece vivere tristi molte persone, questa mi diede un’angoscia così grande con la paura che emanava con il suo aspetto, che io persi la speranza di poter salire in cima al colle.

E come colui che, contento vince in continuazione, e arriva il momento in cui perde e si rattrista e piange; allo stesso modo mi rese la bestia senza pace che, venendomi incontro, gradualmente mi respingeva dove c’è la selva oscura dove c’è il buio.

Mentre io tornavo al passo, davanti agli occhi mi comparve per grazia colui che per il lungo silenzio sembrava fioco (spento).

Quando vidi questo uomo in mezzo al luogo deserto gridai: “Pietà di me, (“Aiutami”) chiunque tu sia, o un’ombra, o un uomo vivo!”.

Egli rispose: “Non sono un uomo, fui un uomo, e i miei genitori furono lombardi entrambi di patria mantovana. Nacqui al tempo in cui fu imperatore Giulio Cesare, anche se non lo incontrai, e vissi a Roma sotto il divo Augusto nell’epoca degli dei falsi e bugiardi. Fui poeta e cantai di quel giusto figlio di Anchise che partì da Troia dopo che, la superba Ilio (Troia) venne bruciata. Ma perché stai

(5)

DIVINA COMMEDIA 5

ritornando a una così grande angoscia? Perché non continui la tua strada sul desiderato monte che è inizio e ragione di tutta la gioia?”

“Quindi sei proprio tu quel famoso Virgilio e quella fonte letteraria di cui hanno parlato in tanti?”

risposi io a lui con la testa bassa.

“O tu che sei luce e onore degli altri poeti, abbia valore davanti a te tutto il tempo in cui io ti ho studiato e tutta la passione con il quale io ho studiato la tua opera. Tu sei il mio maestro, tu sei il mio modello, tu sei l’unico da cui io presi il bello stile che mi ha reso onore”

Vedi la bestia (la lupa) per cui io mi volsi, aiutami a liberarmi di lei che mi incute paura, famoso saggio.

“È opportuno che tu compia un altro viaggio” mi rispose dopo che mi vide piangere, “se vuoi sopravvivere a questo luogo selvaggio (selva oscura) poiché in questa bestia, a causa della quale tu gridi aiuto, non lascia passare nessuno sulla sua strada, ma impedisce chiunque a tal punto da ucciderlo; e ha una natura così malvagia e crudele, che non sazia mai la sua fame desiderosa e dopo che ha mangiato ha più fame di prima.

Sono molti gli animali con cui si unisce e saranno ancora di più fin quando arriverà un veltro (cane da caccia), che la farà morire con dolore. Questi non si ciberà né di terra (dei possedimenti terreni) né peltro (lega di piombo e di stagno utilizzata per coniare le monete → denaro), ma di sapienza, amore e virtù, e la sua nazione sarà tra feltro e feltro.

Di quella Italia infelice, per la quale morirono la vergine Camilla, Eurialo, Turno e Niso a causa delle ferite, sarà la salvezza.

Il cane da caccia caccerà la lupa per ogni città finché l’avrà ricacciata nell’Inferno, nel luogo da cui l’invidia l’aveva fatta uscire.

Quindi io per il tuo bene penso e ripenso (dittologia sinonimica) che tu mi debba seguire e io sarò la tua guida e ti condurrò, da qui, attraverso il luogo eterno dove udrai le urla disperate e vedrai gli antichi spiriti che soffrono poiché ciascuno grida alla sua seconda morte; e vedrai coloro che sono contenti nel fuoco perché sperano di arrivare nel momento del Giudizio universale in mezzo ai beati.

Se poi tu vorrai salire anche tra le anime beate, ci sarà un’anima che sarà più degna di me; insieme a lei, io ti lascerò andandomene; poiché Dio, siccome io non credetti nel Cristianesimo, non vuole che attraverso di me si giunga nella sua città.

Governa in tutti i regni e lì è il suo trono; oh felice chi può accedervi!”.

E io a lui: “Poeta, io ti chiedo, per il nome di quel Dio che tu non hi conosciuto, di farmi fuggire a questo male (la lupa) e a un male peggiore (al rischio della dannazione), e che tu mi conduci là dove ora hai detto, in modo che io possa vedere la Porta di San Pietro (del Paradiso) e coloro che tu descrivi così miseri (i dannati)”.

Allora Virgilio iniziò a camminare e io lo seguii.

ANALISI DEL CANTO

(6)

DIVINA COMMEDIA 6

Il I Canto fa da introduzione a tutta l’opera.

La Commedia inizia con una serie di rimandi alle autoritates. In particolare, per l’idea che metà della vita è di 35 anni, dobbiamo rifarci al Salmo 89, 10 dove viene detto che gli anni degli uomini sono 70, 80 per i più robusti → 70/2=35. Ci sono altre citazioni, per esempio c’è il rimando al 1° verso a Isaia perché in Isaia 28,10 perché dice: “a metà della mia vita andrò alle porte degli inferi”.

L’aggettivo “nostra” indica la condizione di tutti gli uomini → lui si è trovato in una condizione che è la stessa per tutti e che ha fatto questo viaggio per tutti → “io”. È un viaggio del singolo, ma per l’umanità.

Quando Dante ha 35 anni, si trova nel 1300, anno in cui gli era stato pervenuto il biglietto di congratulazioni perché era l’anno in cui è diventato priorato (massima realizzazione professionale).

Credeva di aver capito tutto, ma dopo si trova in una situazione di smarrimento. In Dante vige l’enciclopedismo → ogni parola ha tantissimi significati.

Simbologia medioevale: la selva oscura → simbolo della vita ed è oscura perché a volte la vita è incomprensibile, misteriosa e piena di ostacoli → vita peccaminosa. Il bosco, per il medioevo, erano quelle parti di territorio in cui non c’erano le strade, ovvero il bosco, ed è il luogo in cui bisogna trovare la strada che non c’è (il simbolo della vita). In particolare, Sant’Agostino aveva proprio detto che la vita peccaminosa è come una selva in cui ci si perde, in cui non c’è chiarezza. La selva oscura è la condizione strutturale dell’uomo → tutti noi siamo in una selva oscura, siamo alla ricerca di strade e siamo nel rischio di sbagliare. Per Dante, questo periodo di smarrimento, è un periodo in cui lui perde le sue chiarezze e sta studiando la filosofia → si sta allontanando dalla religione, sta mettendo in discussione un po’ tutto e si pone molte domande.

Al verso 4 → allitterazione della “s”, dittologia sinonimica (accostamento di due parole che vogliono dire la stessa cosa) perché “aspra” e “forte” significano la stessa cosa e paronomasia (accostamento di parole che hanno un suono simile) in “selva e selvaggia”.

Nei primi versi, Dante ci sta dicendo che è difficile ricordare questo posto che è selvaggio, dove sembra che non ci siano più le consuete leggi morali. Gli costa anche fatica raccontare di questa esperienza, ma gli ho dato conto perché io ho incontrato anche del bene (non sappiamo se questo bene sia Virgilio o l’esito del viaggio che è l’incontro con Dio).

Al verso 11 → il sonno indica il sonno della ragione. Ciò viene ripreso da San Paolo nella XIII Lettera ai Romani diceva che il sonno era l’abbandono della virtù e intorpidimento dell’anima (anima che vive senza essere cosciente di ciò che sta compiendo) perché si era fuori dalla luce. Per il Medioevo, il sonno era un momento in cui non c’era il controllo della ragione.

A questo punto, Dante cammina per questa selva e arriva ai piedi del colle, guarda in alto (si risveglia) e si ricorda che, anche se la luce non si vede, da qualche parte c’è (e inizia a usare la ragione). Alzando la testa, vede che c’è il colle che è illuminato dai raggi del sole che sta sorgendo perché è mattino.

Al verso 22-27 → similitudine tra Dante e un naufrago che si è salvato da una tempesta. A livello di viaggi nell’oltretomba, noi sappiamo che anche Enea è stato lì. Dante, essendo l’unico che sia

(7)

DIVINA COMMEDIA 7

riuscito a rimanere salvo e a superare la selva oscura, si sente realizzato, così come un naufrago che ha superato le tempeste e il viaggio in mare e si guarda indietro.

Le tre fiere incarnano dei vizi umani (incarnazioni del male): la lonza è una specie di ghepardo, a Firenze era stata esposta nella piazza della signoria una lonza e che questo animale era il simbolo della lussuria. I felini sono continuamente in calore e hanno tanti cuccioli

Secondo il medioevo, la creazione da parte di Dio era avvenuta in primavera → nel verso 37, 38, 39 e 40 c’è un giro di parole per dire che era la mattina dell’equinozio di primavera.

2° fiera: il leone nei bestiari era il simbolo di Dio (c’era la credenza che i leoni resuscitassero), qui invece fa riferimento al simbolo della superbia.

3° fiera: la lupa è simbolo della cupidigia (avidità=desiderio sbagliato che porta a volee tutto per sé e ad accumulare ma, anziché farti avanzare, ti fa regredire). Questa lupa magia continuamente ma è perennemente magra → è come uno che accumula ma più lo fa, più si sente vuoto. Questo è il male più grande. Il contrario della cupidigia dell’avidità è il desiderio che ti spinge a cercare e a metterti in moto sempre.

La lupa ha in sé anche tutti gli altri mali: superbia, lussuria e avidità. Il fatto che la lupa va un po’ con tutti significa che la cupidigia sta corrompendo un po’ tutto il mondo.

Al verso 55-61 → 2° similitudine tra Dante e un giocatore d’azzardo che passa dal vincere sempre al momento in cui improvvisamente perde tutto e perde ogni speranza.

Non si sa se queste tre fiere compaiano tutte assieme o una per volta. Dante, di fronte alla lupa, perde. Alcuni pensano che sia il male che assuma ogni volta un aspetto diverso per tre volte; altri dicono che appaiono uno dietro l’altro. Le tre fiere rappresentano tre volti del male.

Verso 61. → Virgilio è il simbolo della ragione → 1. Il silenzio della ragione: Dato che Virgilio è il simbolo della ragione e Dante era in assenza del sonno, è la ragione che è stata silenziosa per un po’

di tempo e appare fioca. 2. Il silenzio dell’uomo: Virgilio rappresenta sé stesso come uomo ed è morto tanto tempo fa, durante tutto questo tempo è stato in silenzio e quindi è per questo che sembra fioco. 3. Il silenzio della luce del sole: Il silenzio sia il silenzio della luce, del sole che quindi Virgilio non sia ben distinguibile perché c’è stata una lunga assenza di luce.

Virgilio è rappresentato come un’ombra nella Divina Commedia → non può essere abbracciato.

Virgilio ci viene presentato prima dove è nato, durante quale epoca è nato e che lavoro ha svolto.

“Lombardi” è un anacronismo perché al tempo di Virgilio la Lombardia era la Gallia Cisalpina.

Al verso 76 → Virgilio sta facendo capire a Dante che ha bisogno di aiuto ed essere guidato, facendogli delle domande per prenderlo un po’ in giro. C’è un profondo riconoscimento verso Virgilio sia perché egli descrive il viaggio di Enea nell’aldilà e Dante gli ruba l’idea, sia per lo stile della poesia epica. Lo stile che viene ripreso da Virgilio è quello tragico (elevatissimo) dell’Eneide, che viene usato da Dante nel Convivio. Vigilio è un poeta pagano ma è accettabile perché nella IV Bucolica aveva annunciato che sarebbe arrivato un misterioso bambino che avrebbe salvato il mondo → si pensava che Virgilio avesse avuto una visione del salvatore e di conseguenza si potevano

(8)

DIVINA COMMEDIA 8

leggere le sue opere nel Medioevo. Il discorso di Virgilio è fatto da 4 terzine e le risposte di Dante sono anch’esse 4.

Dante risponde a Virgilio con 4 terzine: nelle prime tre, lo esalta e lo riconosce come auctoritas (modello); nella quarta, risponde alla sua domanda → abbiamo un parallelismo intenzionale tipicamente usato nel Medioevo per dare equilibrio al testo (Virgilio inserisce 4 terzine, Dante risponde in 4 terzine).

Al verso 97 → dittologia sinonimica in “malvagia e ria”.

Al verso 104 → sapienza, amore e virtù sono le tre virtù legate a Dio. Il feltro che ucciderà la lupa

→ “La sua nazione sarà tra feltro e feltro” può rappresentare 1. che la sua nazione sarà di origini umili perché il feltro è un materiale è umile 2. Che abiterà tra Feltro e Montefeltro 3. Dato che il feltro era un tessuto tipicamente usato dai francescani, l’uomo sarà proveniente da questo ordine.

Al verso 106 → riprende l’aggettivo usate da Virgilio nell’Eneide: l’Italia è “umile” perché ha le coste basse; per Dante invece è “di quella Italia infelice sarà la salvezza”. Qui c’è una carrellata di personaggi dell’Eneide: Camilla e Turno erano latini, Eurialo e Niso erano troiani. Per Virgilio, nella guerra, non ci sono né vincitori né vinti e la storia ha come missione creare l’impero (Dante ruba questa idea per il De Monarchia) → anche qui sono alternati personaggi troiani a personaggi latini per metterli alla pari.

Al verso 111 → Secondo Dante è l’invidia di Lucifero contro gli uomini che ha fatto uscire la cupidigia dall’INFERNO per distruggere il mondo.

Al verso 112-117 → “penso e discerno” è una dittologia sinonimica, tutta la terzina è una perifrasi per indicare che verrà condotto nell’Inferno ed è la prima terzina dedicata all’Inferno. La terzina successiva (118-120) è dedicata al Purgatorio e poi al Paradiso→ Virgilio sta annunciando a Dante il viaggio che dovrà compiere dalla porta dell’Inferno fino al Paradiso terrestre. Il Purgatorio è temporaneo e saranno destinati alla beatitudine eterna, mentre l’Inferno è eterno. Virgilio, in quanto pagano, non può accedere al Paradiso terrestre, lascerà Dante sotto la guida di Beatrice.

SIMBOLOGIA

La lonza è simbolo della lussuria perché, essendo un felino, va un po’ con tutti.

Il leone è simbolo di superbia per il suo atteggiamento altezzoso.

La lupa che è simbolo dell’avidità e della cupidigia.

Ci sono varie interpretazioni: siccome Dante non le vede tutte e tre assieme, si pensa che sia un unico animale che assuma ogni volta un volto diverso che rappresenta il vizio che ogni volta assume un volto peggiore. La maggior parte dei critici, rimanda questi tre animali a una citazione di Geremia che parla di tre animali che stanno in agguato e che sono pronti a colpire l’uomo → i peccati sono come tre fiere in agguato. Questi animali rappresentano i vizi che probabilmente hanno colpito Dante, ma che soprattutto stanno colpendo l’umanità. La lupa, dei tre mali, è la peggiore perché la cupidigia ha in sé gli altri due mali → questi tre animali sono in climax: dal male minore al male peggiore.

Tutto il I Canto è costruito per immagini perché Dante è un uomo del medioevo che viaggia per simboli che sono per lui universali → simboli universali comprensibili a tutti e logica per immagini.

(9)

DIVINA COMMEDIA 9

L’età dei 35 è ripresa da Sant’Agostino; la selva è il peccato come diceva Isaia 38,10; il sonno come perdita della virtù è ripreso da San Paolo; le tre fiere sono ripresa da Geremia e il concetto di selva aspra e forte è ripreso dalle Ecclesiaste 7. Virgilio è il simbolo della ragione, il sole che sorge da dietro il colle simboleggia Dio (ripreso dalla Bibbia).

Riprendendo il Convivio (tutti gli uomini naturalmente tendono alla felicità e che questa felicità si raggiunge attraverso la realizzazione e conoscenza), i critici interpretano il colle come il simbolo della virtù e della strada da compiere per giungere alla felicità. La fonte in questo caso è Aristotele per cui la felicità sta in una vita virtuosa.

La profezia del veltro è irrisolta e spiega l’arrivo imminente di un salvatore ma Dante non spiega chi è e probabilmente non lo voleva identificare con qualcuno. Il Canto viene collocato nella sfera sacra che ha come fine l’elevazione spirituale e, essendo l’anno del Giubileo, Dante pensa che il momento della purificazione sia ormai vicino. La profezia del veltro voleva solo dare voce a questa esigenza di purezza che pulisse il mondo dallo sporco, ma non si sapeva ancora chi sarebbe stato.

“Miserere” è la prima parola che Dante pronuncia come personaggio ed è una parola latina che richiama a quelle che sono le fonti di Dante: la Bibbia → Salmi 30 e 50 e la cultura classica → era la parola pronunciata da Enea appena giunto nell’Averno.

CANTO II RIASSUNTO

Il Canto I è quasi del tutto dominato da sequenze narrative, il Canto II su 142 versi, 128 sono di discorso diretto. Rappresenta l’introduzione all’Inferno.

Il Canto II contiene il proemio perché è effettivamente il Canto I dell’inferno. Il proemio è suddiviso in:

1. protasi, che contiene l’argomento della cantica (l’Inferno) → il viaggio, narrato e compiuto da Dante, e l’angoscia, che è provata da Dante per le anime che incontrerà;

2. un’invocazione triplice: invoca in primo luogo le muse (omaggio al modello della classicità e puramente decorativo); al suo alto ingegno e alla sua capacità poetica; e alla memoria → chiede alla sua mente di ricordare bene ciò che accaduto per narrarlo.

Timori e dubbi di Dante: è il canto del dubbio e dove Dante esprime le sue paure. I suoi dubbi sono:

l’inadeguatezza (non essere degno a compiere questo viaggio), ha paura di compiere qualcosa di empio (ogni volta che nella Commedia si parla di follia → si sta parlando di qualcosa di empio, che sfida il volere di Dio). Dante afferma di non essere né Enea (un eroe che deve fondare una dinastia) né San Paolo (un santo), che sono i due che hanno compiuto un viaggio negli Inferi. San Paolo aveva raccontato, nella Lettera ai Corinzi, di aver compiuto questo viaggio.

Rassicurazioni di Virgilio: 1. Virgilio gli racconta della discesa di Beatrice negli Inferi che ha spinto Virgilio nella selva oscura.

2. Virgilio gli racconta delle motivazioni che hanno portato Beatrice negli Inferi → tre donne benedette si sono mosse per lui. Le tre donne che intercedono per Dante sono: Maria, che allegoricamente rappresenta la grazia preveniente (quella che agisce prima che peggiori la

(10)

DIVINA COMMEDIA 10

situazione) ha visto Dante perdersi; Santa Lucia rappresenta la grazia illuminante (chiarisce ciò che bisogna fare) e viene chiamata da Maria; Beatrice che rappresenta la grazia cooperante (quella che collabora e obbedisce agli ordini) e viene chiamata da Santa Lucia, scende nel Limbo e dà questa missione a Virgilio. Il volere di Dio si manifesta attraverso queste tre donne.

Dante si rinfranca: si rassicura ed è disposto a iniziare il cammino. Il I e il II Canto finiscono più o meno nello steso modo → con Dante che inizia a camminare.

TEMI: Beatrice è una figura indefinita perché descritta attraverso toni stilnovistici e diventa evidente la differenza tra Dante autore e Dante personaggio → Dante autore è il Dante che ormai ha già compiuto il viaggio, ha già visto Dio e ha delle certezze precise e anche temporalmente è più anziano; invece il Dante personaggio è per la prima volta davanti alla morte, è pieno di dubbio, va in crisi, sviene e incarna la fragilità dell’uomo. Man mano che questo viaggio va avanti, questi due vengono a coincidere perché il Dante alla fine del Paradiso è molto simile al Dante autore. Tutto questo viaggio dura 1 settimana.

PARAFRASI

Il giorno stava finendo e l’aria scura del tramonto liberava le creature che vivono sulla terra dalle loro fatiche; soltanto io mi preparavo a sostenere la fatica (guerra) sia del cammino (viaggio) sia della compassione (angoscia); che descriverà alla mente che non sbaglia (memoria).

Oh muse, oh mia grande intelligenza ora aiutatemi, oh mente che raccontasti ciò che io ho visto, in questo momento si vedrà la tua grandezza.

Io iniziai: “Virgilio, guarda se la mia virtù è abbastanza potente prima di farmi compiere questo viaggio difficile. Tu lo dici nell’Eneide che Enea (il parente di Silvio), mentre era ancora vivo, con il corpo andò nei regni dell’aldilà e lo fece corporalmente.

Però, se Dio (l’avversario di ogni male) fu benigno con lui, avendo tenuto conto il grande beneficio che sarebbe derivato dalla sua impresa, chi egli era e quali capacità avesse, il suo viaggio non pare indegno a nessuna persona di buon senso; perché Enea fu destinato da Dio ad essere il fondatore di Roma e del suo Impero: esse, a dire la verità, furono scelte come luogo santo dove siete il successore di San Pietro (il papa).

Grazie a questo viaggio nell’aldilà, per la quale tu gli dai gloria, comprese cose che furono la motivazione della sua vittoria e di quella della chiesa.

Vi andò poi il Vaso di Elezione (San Paolo) per portare conforto a quella fede che il principio della via della salvezza.

Ma io, perché posso fare questo viaggio? Chi mi da il permesso? Io non sono Enea, io non sono San Paolo; né io né altri mi considerano degno di questo viaggio. Per cui, se io decidessi di compiere questo viaggio, ho paura che il viaggio sia contro il volere di Dio. Tu sei saggio, spiegami perché io non so rispondere.”

(11)

DIVINA COMMEDIA 11

E come colui che improvvisamente non vuole ciò che prima voleva e cambia idea a causa di nuovi pensieri, tanto dal togliersi completamente da quello che voleva iniziare; così feci io in quella luce scura perché, pensando, esaurii nel pensiero l’impresa che, frettolosamente, avevo preso all’inizio.

“Se io ho ben capito le tue parola” rispose l’ombra di quel magnanimo “la tua anima è colpita da viltà, la quale (questa paura) molte volte s’impadronisce dell’uomo, tanto che lo dissuade da un’impresa d’onore, così come accade a una bestia quando vede un’ombra e si spaventa.

Affinché tu ti sollevi da questa paura, ti dirò perché io sono venuto qui e quello che io ho capito nell’istante che mi condusse da te (o nel primo istante in cui io provai pietà per te).

Flashback: Io ero nel limbo e una donna, beata e bella, mi chiamò in un modo tale che io subito desiderai di ubbidirle. I suoi occhi brillavano più di una stella e incominciò a dire, con voce dolce e piana, il suo discorso:

“Oh nobile anima mantovana (captatio benevolentiae), di cui ancora nel mondo dura la fama e che durerà ancora finché il mondo durerà; il mio vero amico sulla deserta piaggia è ostacolato dal cammino, tanto che vuole tornare indietro per paura e io temo che lui ormai sia perduto e che io mi sia mossa troppo tardi per aiutarlo a causa di quello che io ho udito su di lui nel cielo. Muoviti e, con la tua capacità di parlare e con ciò che serve per la sua salvezza, aiutalo in modo che io sia tranquilla.

Io sono Beatrice, faccio fare questo viaggio e vengo dal luogo in cui desidero tornare (Paradiso), son stata spinta da Amore ed è Amore che mi fa parlare ora. Quando sarò di nuovo di fronte a Dio, io parlerò molto bene a lui di te.”

“Oh donna virtuosa, soltanto per merito tuo, la specie umanità è superiore a qualsiasi altra specie che vive sulla terra; il tuo ordine mi piace così tanto che l’ubbidire, se già non lo è, mi sembra lento;

non ti è più necessario comunicarmi il tuo desiderio, ma spiegami il motivo per cui tu non hai paura di scendere in questo luogo dal grande luogo in cui desideri tornare?”

“Dato che tu vuoi sapere bene le cose, te le spiegherò brevemente il motivo per cui non ho paura di venire quaggiù (nel limbo). Bisogna aver paura soltanto delle cose che hanno il potere di farti del male, delle altre non bisogna avere paura perché non ti possono danneggiare. Io sono una creatura di Dio, sono uno strumento della sua grazia, tale che la vostra infelicità non mi tocca, né la fiamma di questo incendio mi assale.

C’è una donna gentile nel cielo che soffre per questa difficoltà nella quale io ti mando (le tre fiere), in modo tale da piegare il duro giudizio di Dio. (intercessione)

La Madonna si rivolse a Lucia e le disse: “Ora il fedele ha bisogno di te e io a te lo affido”. Lucia, nemica di ciascun cattivo, si mosse e giunse nel luogo dove ero io (Empireo), che stavo seduta accanto alla mia amica Rachele.

Lucia disse: “Oh Beatrice, vera lode di Dio, perché non aiuti colui che ti ha amato tanto e che, per amor tuo, si innalzò sopra il popolo? Non senti tu l’angoscia del suo pianto? Non vedi tu il rischio di morte che sta combattendo nel rovinoso fiume del peccato in confronto del quale il mare non sembra pericoloso?

(12)

DIVINA COMMEDIA 12

Al mondo non ci furono mai persone così veloci ad agire a loro vantaggio o ad evitare il pericolo come io dopo che sentii queste parole; venni qua nel limbo, scendendo dal mio beato gradino, confidando nella tua buona capacità di parola che rende onore a te e rende onore a tutti quelli che lo hanno ascoltato (captatio benevolantiae).”

Dopo che mi ebbe detto queste cose, mi guardò con gli occhi lucidi per le lacrime, in modo tale da farmi camminare più veloce e giunsi a te così come lei voleva e ti salvai da quella bestia che ti impediva di percorrere la via più breve per il monte.

Dunque: che hai? Perché ancora esiti? Perché ancora tanta viltà resiste nel tuo cuore? Perché non hai coraggio (dittologia sinonimica) dato che tre donne benedette si sono preoccupate per te in Paradiso e il mio discorso ti promette tanta felicità?”

Così come i fiori che durante il gelo notturno sono chinati e chiusi, si drizzano aperti sul loro stelo dopo che sono stati scaldati e illuminati dal sole; allo stesso modo mi feci io risvegliando la mia virtù fiaccata e un coraggio così grande mi corse nel cuore che io comincia a dire, come una persona decisa: “Oh, benedetta colei che mi ha salvato (Beatrice) e benedetto te, uomo nobile, che hai subito ubbidito alle parole vere che ti sono state dette! Tu, con le tue parole, mi hai così risvegliato in me il desiderio che io sono ritornato al mio primo proposito. Ora guidami perché entrambi vogliamo la stessa cosa: tu duca, tu signore, tu maestro (climax)”.

Gli dissi così e dopo che iniziò a camminare, iniziai il cammino difficile e selvaggio.

ANALISI DEL CANTO

Ai primi versi Dante afferma che dovrà faticare sia fisicamente sia spiritualmente → Dante sostiene di fare il viaggio fisicamente. Dante soffre per le anime dannate, ma questo non vuol dire che va contro il giudizio di Dio. Lui stesso, dato che è stato soggetto a molti vizi, può rischiare la stessa fine se non cambia → si rende conto di ciò che rischia se non ritorna sulla retta via. Quello che ci racconta è tutto vero.

Con “oh Muse” inizia l’invocazione alle muse, di solito 9 fanciulle figlie di Zeus e di Mnemosine e si tratta di un omaggio alla classicità. Dante, che è consapevole della grandezza dell’opera che deve scrivere, invoca la sua grande capacità poetica.

Dante afferma che Enea è riuscito a compiere questo viaggio perché la sua missione era quella di fondare l’impero Romano ed esso è ciò che ha permesso al papato di avere una sede pontificia.

Mentre Dante non è nessuno.

Al verso 28 → “Vas d’elezione” è una perifrasi per indicare San Paolo. Egli, negli Atti degli Apostoli 9 e 15, si chiama come Vaso di Elezione.

Al verso 37 →1° similitudine → le similitudini scandiscono i due momenti dell’arrivo di Dante, qui abbiamo la similitudine in cui Dante espone le proprie paure e la 2° similitudine sarà su Dante che vuole scendere nell’Aldilà.

Il limbo è una zona dell’inferno in cui ci sono tutti i bambini mai battezzati e le persone che sono morte prima della venuta di Cristo e quindi, pur essendo buone, non possono andare in Paradiso. La loro sofferenza è la malinconia di non aver conosciuto Dio.

(13)

DIVINA COMMEDIA 13

Beatrice cerca di accattivarsi Virgilio ed è il simbolo della carità (amore disinteressato) → “amor mi mosse” può essere interpretato in diversi modi: 1. Beatrice può essere mossa per l’amore verso il suo amico (affetto per amicizia). 2. Beatrice è strumento della carità e della grazia divina e obbedisce a Dio.

Al verso 78 → “contento di quel ciel c’ha minor li cerchi sui” (ogni contenuto di quel cielo che ha il cerchio minore) è una perifrasi per indicare le specie terrestri.

È la Madonna che ha avuto compassione per quell’impedimento ed è per questa ragione che ha mandato Beatrice da Virgilio. Dante aveva avuto un problema alla vista ed era particolarmente devoto a Santa Lucia che lo aveva fatto guarire. Lucia è andata nell’Empireo, dove risiede Beatrice.

All’interno dell’Empireo, si trova una sorta di anfiteatro che si chiama Candida Rosa, su queste gradinate sono seduti i santi e i beati. Lucia, che è una santa, si sposta per andare da Beatrice.

Quest’ultima è seduta vicino a Rachele, che è simbolo della vita contemplativa.

Al verso 108 → immagino un fiume pericolosissimo che, a confronto, il mare non è niente → questo fiume è il peccato.

Al verso 127 → 2° similitudine e cambio dello stato interiore di Dante.

CANTO III

Ambientazione: Antinferno con gli ignavi, coloro che non si sono mai schierati.

Punizione: vengono punti da mosche e vespe, queste punture fanno uscire sangue, che va a terra e nutre, insieme alle loro lacrime, dei vermi. In più corrono continuamente seguendo un istillo (una bandiera) che si muove in continuazione cambiando direzione. → pena per opposizione.

Nei primi canti dell’inferno è frequente che il passaggio da un canto all’altro avvenga per svenimenti.

Dante sta imparando a scrivere qualcosa di nuovo perché ogni canto è una zona dell’inferno e il come finiscono i canti significa che Dante non ha meccanismi per finirli.

Ci sono due filoni narrativi: la creazione dell’aldilà (dell’Eneide) e l’importanza dei dati uditivi, visivi e poi il grande tema del libero arbitrio→ una novità di Dante. Gli ignavi e l’antinferno sono un’invenzione di Dante, non c’è nessuna sua rappresentazione.

Il canto può essere diviso in 8 punti:

- (1-21) La lettura dell’epigrafe della porta dell’Inferno, le esitazioni di Dante, le esortazioni di Virgilio che rincuora Dante sorridendogli e prendendolo per mano.

- (22-30) Inizio descrizione dell’inferno attraverso sensazioni uditive (rumori) e visive (Nell’Inferno non c’è più la luce e Dante ci mette un po’ a capire ciò che lo circonda → descrive prima i rumori che sente e poi descrive fisicamente il posto, le visioni compaiono a poco a poco). La reazione di Dante è il pianto

(14)

DIVINA COMMEDIA 14

- (31-51) Incontro con le prime anime dell’inferno, gli ignavi (datti anche vili o pusillanimi), cioè coloro che vissero senza prendere decisioni e schierarsi. Troviamo anche angeli che non hanno saputo schierarsi né con Dio né contro di lui.

- (52-69) Riconoscimento di Celestino V/Pilato e descrizione della pena degli ignavi

- (70-81) L’incontro con una folla di persone che è radunata sulla riva dell’Acheronte (fiume, insieme a molti altri, ripreso dall’aldilà virgiliano.

- (82-99) Incontro con Caronte, cocchiere dell’Acheronte.

- (100-120) Bestemmie delle anime e similitudine (foglie-uccelli).

- (121-136) Spiegazione di Virgilio, terremoto, lampi e svenimento di Dante PARAFRASI

“Attraverso di me (moto per luogo) si entra nella città del dolore, attraverso di me si va nel dolore eterno, attraverso di me si va nella gente irrecuperabile/perduta.

La Giustizia spinse il mio creatore; mi crearono la divina potestate, la somma sapienza e il primo amore. (padre, figlio e spirito santo)

Prima di me furono create solo creature eterne, io duro in eterno. Lasciate ogni speranza a voi che entrate.”

Queste parole che erano scritte con un colore scuro vidi io scritte in cima ad una porta; per cui dissi:

“Maestro, il loro senso mi spaventa.” E lui a me, come persona attenta: “Qui è necessario lasciare ogni paura (sospetto), ogni viltà (caratteristica di Dante nel canto II) fuori di qui.

Noi siamo arrivati nel luogo di cui io ti ho parlato, dove tu vedrai persone sofferenti che hanno perduto il bene dell’intelletto”.

E poi mi prese per mano con volto gentile, in modo che io mi consolai, mi introdusse dentro l’Inferno.

Qui, sospiri, pianti, forti lamenti risuonavano per l’aria senza stelle (senza luce → senza grazia), per cui io iniziai a piangere.

Diverse lingue, orribili linguaggi, (effetto cacofonico → serie di suoni sgradevoli) parole di dolore, toni irosi, volti alte, voci basse e un suono di mali insieme a quelle voci (suono della violenza) chiamano un tumulto, il quale si aggira sempre in quell’aria che è sempre di un colore scuro come la sabbia quando soffia il vento.

E io, che avevo la testa piena di orrore, dissi: “Maestro, cosa sono i suoni che sento e chi sono quelle persone così tormentate dal dolore?” Ed egli mi rispose: “questa triste condizione appartiene alle anime dannate di coloro che vissero senza infamia e senza lode.

Sono mischiate, insieme a quel cattivo gruppo, degli angeli che non furono né ribelli né fedeli a Dio, lo furono solo per sé stessi. I cieli li cacciano per non essere meno belli (per non macchiarsi con la loro presenza) e il profondo Inferno li rifiuta, perché i dannati non devono avere nessuna gloria dal confrontarsi con loro (si vantino con loro per qualcosa).”

(15)

DIVINA COMMEDIA 15

E io dissi: “Maestro, che cosa è tanto pesante da spingerli a lamentarsi in modo così forte?” Rispose:

“Te lo dirò molto brevemente. Questi non hanno speranza di morte (la loro pena è eterna) e la loro vita è così bassa che sono invidiosi di ogni altra sorte.

Il mondo non lascia alcun ricordo di loro; la misericordia, il Paradiso, la giustizia e l’Inferno li sdegnano; non parliamo di loro; ma guarda e vai oltre.”

E io, che riguardai nuovamente, vidi un’insegna che, ruotando, correva tanto veloce che sembrava sdegnosa di ogni posizione; e dietro veniva un gruppo così folto di persone che non avrei mai creduto che la morte ne avesse uccise così tante.

Dopo che io ebbi riconosciuto qualcuno, riconobbi l’ombra di colui che aveva abdicato, Clementino V. Subito capii e fui certo che questo era il gruppo dei vili (gli ignavi non sono cattivi), che non piacciono né a Dio, né ai suoi nemici.

Questi sciagurati, che non furono mai vivi, erano nudi e punti da mosche e da vespe che si trovavano lì. Le mosche e le vespe, con le loro punture, rigavano il loro volto di sangue che, mischiato alle lacrime, veniva mangiato ai loro piedi da fastidiosi vermi.

E dopo che guardai oltre, vidi un gruppo di persone che si affolla sulla riva di un fiume e chiesi:

“Maestro permettimi di sapere chi sono quelle anime e perché sono così desiderose di oltrepassare il fiume, come io vedo sulla luce offuscata?” (non vorrebbero rimanere sulla spiaggia?).

Ed egli mi rispose: “Le cose ti saranno chiare quando noi ci fermeremo sulla triste riva dell’Acheronte”.

Allora chinando la testa verso terra, temendo che le mie parole fossero sbagliate e fuori luogo, stetti zitto fino al fiume.

Ed ecco una barchetta che arriva verso di loro e, sopra di essa, un uomo con i capelli e la barba bianchi che gridava: “Guai a voi anime malvagie, non sperate mi di vedere il paradiso, io vengo per condurvi sull’altra riva, nelle tenebre eterne, nel caldo e nel gelo.

E tu, che sei in questa condizione anima viva, spostati da questi che invece sono morti”.

Ma dopo che vide che io non me ne andavo, disse: “Per un’altra via (altro viaggio) e a porti d’imbarco diversi (la foce del Tevere), arriverai alla riva dell’aldilà: per passare non verrai qui, sull’Acheronte, una barca più leggera ti dovrà portare”.

E Virgilio a lui: “Caronte, non preoccuparti, si vuole così là dove si può ciò che si vuole, non chiedere altro”.

Quindi, le sue guance lanose (perché sono coperte di barba bianca) si acquietarono al nocchiero della palude scura, che aveva dei cerchi di fiamme rosse intorno agli occhi.

Ma quelle anime, che erano stanche e nude, impallidirono e batterono i denti non appena capirono le parole crudeli.

Bestemmiavano contro Dio, contro i loro genitori, contro la specie umane, contro il luogo e il tempo in cui erano vissuti e contro il seme che diete vita a tutto il loro albero genealogico.

(16)

DIVINA COMMEDIA 16

Dopo di che, si radunarono tutti assieme, piangendo forte, sulla riva malvagia dell’Acheronte, che aspetta tutti coloro che non temono Dio.

Il demonio Caronte, con gli occhi di brace, guardando verso di loro, le raccoglie tutte e colpisce con il remo qualsiasi persona perda tempo.

(similitudine) Come d’autunno le foglie si staccano dagli alberi, una dopo l’altra, finché un ramo vede a terra tutte le sue foglie cadute; allo stesso modo, la cattiva discendenza di Adamo si getta su quella spiaggia una dopo l’altra, come un uccello che risponde al richiamo del suo padrone, cacciatore.

Così vengono trasportate sulla livida palude dell’Acheronte, e dopo che sono scese dall’altra parte (dalla parte della riva), una nuova schiera di anime si raduna.

“Figliolo mio”, disse Virgilio gentilmente, “quelli che muoiono non in pace con il mondo si radunano qui da ogni paese e sono pronti a passare oltre il fiume perché la giustizia divina li spinge, in modo tale che la paura si trasforma in desiderio.

Da queste parti, non passa mai un’anima buona; perciò, se Caronte si lamenta di te, ora puoi capire il significato delle sue parole”.

Terminate queste parole, il luogo scuro tremò così forte che, per lo spavento, la mia mente si bagnò ancora di sudore.

Dalla terra piena di lacrime uscì del vento che lasciò uscire la luce rossastra, la quale mi terrorizzò a morte e svenni.

ANALISI DEL CANTO

I versi che vanno dall’1 al 9 vanno immaginati come se pronunciati dalla porta stessa per il loro tono sentenzioso. Questa iscrizione è scritta in nero (=colore scuro simbolo infernale). Questa porta ha un’iscrizione, usanza tipica del Medioevo (venivano scritti avvertimenti su cose che non andavano fatte). La porta dell’Inferno chiarisce le sue origini e mette in guardia le persone che una volta entrate lì dentro non usciranno mai.

L’Inferno non è una città (tranne un pezzo in cui c’è la città di Dite), ma viene definita come città dolente per contrapposizione alla città celeste (Paradiso). → Qui l’Inferno viene definito città dolente probabilmente per analogia al paradiso, che nei testi dei padri della chiesa (in particolare di Sant’Agostino → “La città del Dio”) viene descritto come la Gerusalemme celeste (secondo Sant’Agostino, nella nostra vita viviamo in delle città terrene che però hanno il loro corrispettivo perfetto nel Paradiso → dove c’è la giustizia).

Il vero dramma dell’Inferno non sono le pene e le punizioni, ma il fatto che quelle punizioni siano eterne. Il giudizio viene dato da Minosse, quando decide in che girone un dannato che deve andare all’Inferno, è eterno. L’uomo è abituato ad essere dinamico e lo stare fisso in un determinato luogo per sempre è un dramma gigantesco che viene aumentato dalla consapevolezza che c’era un’alternativa → sarebbero potuti finire da un’altra parte, ma durante la vita non c’è stato modo di prendere una strada diversa.

(17)

DIVINA COMMEDIA 17

La differenza più profonda tra Inferno e Purgatorio è la loro temporalità → l’Inferno è eterno mentre il Purgatorio è momentaneo. Le anime del Purgatorio sono espianti → sono destinate al Paradiso.

L’Inferno è uno strumento di Giustizia, è giusto e non ingiusto. Secondo San Tommaso D’Aquino, l’Inferno è stato creato immediatamente dopo gli angeli → prima del mondo. Un angelo si è ribellato a lui, è stato scagliato dal Paradiso e viene creato l’Inferno. Come ha fatto Lucifero a conficcarsi al centro della Terra se essa non era ancora stata creata? Non si sa.

Al verso 14 → è presente una citazione letterale dell’Eneide 6, verso 261, in cui la Sibilla parla ad Enea, che esita davanti agli inferi, e gli dice “ocu sest” (qui è necessario darsi coraggio).

Al verso 18 → il ben dell’intelletto è stato perso dai dannati per sempre. La contemplazione di Dio è il momento in cui i beati del Paradiso hanno la piena conoscenza di tutti i misteri del mondo. Per Dante la contemplazione di Dio significa stare davanti alla verità e la sete di conoscenza è sanata.

Virgilio ha due volti: quello autorevole (che sgrida) e quello materno (che abbraccia Dante, lo prende per mano, lo rassicura). Nel Canto III, Virgilio mostra il suo volto umano prendendo Dante per mano e consolandolo. Nella Commedia non si scindono mai il linguaggio allegorico e quello letterale → sono sempre insieme.

Dante nell’inferno piange spesso, questo pianto non è perché lui sia contro il volere di Dio, piange di pietà perché si rende conto che il rischio di finire in quel luogo è un rischio che corre anche lui.

Al verso 25 → le diverse lingue sono un simbolo di confusione. Si pensi alla torre di Babele (De Vulgari Eloquentiae) dove le diverse lingue creano confusione e rumore perché è venuta a meno la grazia di Dio.

Al verso 59-60→ Celestino V, pontefice nel 1294, abdica poco dopo. Solo due papi hanno abdicato nella storia: Celestino V e Benedetto XVI ed è u evento clamoroso. Perché Dante ce l’aveva tanto con Celestino V? il suo vero nome era Pier da Morrone ed era un eremita e dopo di lui diventa papa Bonifacio VIII. (p. 67)

Al verso 64→ il concetto degli ignavi che non furono mai vivi è quello che viene ripreso da Elio, perché se Dio dona all’uomo il bene più prezioso (che è il libero arbitrio) e l’uomo non lo usa, è come se egli non fosse mai uomo. Se noi non ci mettiamo in gioco con la nostra libertà, siamo uomini a metà.

Al verso 88 → Dante afferma che il suo viaggio è stato da lui compiuto spiritualmente e fisicamente (con il corpo), tanto che Caronte gli dice: “tu sei vivo, hai un corpo e sulla mia barca non ci sali.

Al verso 91→ Caronte sta quasi dando una previsione a Dante sul suo futuro perché l’”altra via” e gli “altri corpi” sono quelli del Purgatorio. Le anime dell’inferno partono da una riva dell’Acheronte e vengono traghettate da Caronte, le anime che sono destinate al Purgatorio partono dalla foce del Tevere e vengono portate, da un altro nocchiero, dall’altra parte della terra dove c’è il colle del Purgatorio.

Al verso 95→ perifrasi per Paradiso, il posto dove tutto ciò che si vuole è possibile. La reazione di Caronte, alla risposta di Virgilio, è immediata.

(18)

DIVINA COMMEDIA 18

Al verso 103→questi versi contengono la seconda enumerazione di questo canto. La prima enumerazione era quella in cui c’era favelle (enumerazione di suoni). Qui abbiamo un’enumerazione delle stirpi dell’Italia.

Al verso 112→ inizia la similitudine in cui l’incipit è un omaggio a Virgilio perché questa similitudine era già presente nel Canto VI dell’Eneide.

Al verso 122→ Virgilio ci sta dicendo che la giustizia di Dio spinge queste anime a trasformare la paura nel desiderio di compiere la giustizia.

Al verso 128→”e però” vuol dire sempre “perciò”.

CANTO IV Luogo: limbo, primo cerchio dell’inferno.

Peccatori: persone non battezzate.

Punizione: l’eterno desiderio/mancanza di Dio (per analogia).

Personaggi: Dante e Vigilio, i quattro poeti (savi) dell’antichità (Omero, Orazio, Ovidio e Lucano), circa 35 personaggi citati. Platone, Aristotele e Democrito→ negava la visione provvidenziale del mondo, quindi pensava a un modo retto dal caso. Avicen e Averroè, filosofi arabi che avevano permesso l’espansione del pensiero aristotelico, traducendo Aristotele in arabo, riformulandolo. Le loro opere erano state poi tradotte in latino. Saladino che è stato un grande sovrano del passato, famoso per la sua saggezza. Altri filosofi, scienziati e scrittori + gli eroi che contribuirono alla creazione di Roma. Essi hanno condotto una vita virtuosa ma, non essendo stati battezzati, non meritano la salvezza. Dante, alla fine del canto III, era svenuto perché c’era stato una sorta di terremoto e NON ricorda niente dell’attraversata dell’Acheronte.

- Versi 1-12 → a un certo punto c’è un forte tuono, Dante si risveglia e si trova sull’altra sponda dell’Acheronte sull’orlo della voragine infernale. Intorno a sé non vede niente perché è buio (→ l’scurità è ancora il dato caratteristico dell’Inferno).

- Versi 13-45 → descrizione del limbo attraverso le parole di Virgilio che impallidisce e vorrebbe andare via in fretta. Virgilio vorrebbe procedere velocemente perché alla fine non è nel limbo che Dante vedrà delle pene particolari. Dante si accorge che Virgilio è diventato pallido e quindi si preoccupa per lui e gli chiede cosa stia succedendo. Virgilio gli risponde che il suo pallore non è dovuto per paura, ma è dovuto per pietà perché quello è il posto dove lui è confinato. Dante è curioso e Virgilio gli spiega che lì sono presenti delle anime virtuose, ma non battezzate. Esiste una salvezza per i giusti, che loro non riceveranno mai.

Dato che queste anime non sono punite, non si sentono i rumori che caratterizzano il resto dell’Inferno, persone che gridano; si sentono sospiri. La loro punizione non è fisica, ma “spirituale”

così come in vita non hanno avuto Dio, non è nemmeno presente nella loro vita ultraterrena.

(19)

DIVINA COMMEDIA 19

- Versi 46-63 → Siamo partiti dal buio e dalla solitudine e, a poco a poco, la scena si fa un po’

più definita. Qui Dante inizia a vedere una gran folla di persone. Abbiamo le domande di Dante, egli chiede se qualcuno sia mai riuscito ad uscire dal limbo e Virgilio gli risponde che, quando Cristo è morto, è sceso negli inferi e ha portato nel regno dei cieli i grandi patriarchi dell’Antico Testamento (Abramo, Abele, Giacobbe, Davide), coloro che avevano tenuto stratta l’alleanza tra il popolo ebraico e Dio (→ non avevano incontrato Cristo, ma erano vissuti in stretto contatto con Dio e meritavano la salvezza).

APPROFONDIMENTO! Dante fa molta fatica ad accettare il fatto che qualcuno possa aver vissuto virtuosamente e non essere salvo, sembra una grande ingiustizia. Questo era stato uno dei grandi dubbi che lo aveva portato, per un periodo della sua vita, ad allontanarsi dal cristianesimo. Il problema della correttezza del limbo, in Dante è presente. Si era interrogato sulla correttezza di questa credenza, tanto che ci ritorna in altre cantiche, ne parlerà più dettagliatamente nel Purgatorio (perché metterà, come guardiano del Purgatorio, un pagano, che è Catone) e nel Paradiso.

Gli uomini della chiesa sostenevano che non ci potesse essere salvezza per coloro che non avevano ricevuto il battesimo, perché, secondo i cristiani, il battesimo toglie il peccato originale. Quindi, uno poteva anche non avere nessun peccato commesso in vita, ma gli rimaneva la macchia del peccato originale→ non poteva essere salvato. Dante non poteva andare contro la teologia. Alla fine, trova un compromesso: lui soffre non perché il limbo è ingiusto (perché Dio è giustizia), ma perché si rende conto che la mente umana è limitata e quindi non riesce ad aderire a quello che deve con serenità.

Dante farà questo esempio: “così come, quando uno guarda un corso d’acqua e, se l’acqua è bassa vede il fondo, ma se l’acqua è profonda non vede il fondo; il fondale c’è in entrambi i casi: sia che tu lo veda sia che tu non lo veda. Allo stesso modo, la giustizia di Dio c’è sempre, solo che per le questioni semplici si riesce a vedere, per quelle complesse non si vede bisogna credere che ci sia perché la giustizia di Dio è più grande della mia capacità razionale” (Paradiso).

- Versi 64-105 → Dante e Virgilio continuano il loro cammino in mezzo a questa folla di anime e, a un certo punto, in lontananza, vedono una luce e Virgilio spiega che, in quel posto illuminato, ci sono coloro che hanno invettiva sulla terra e che, quindi, sono ancora famosi per quello che hanno fatto in vita. Zona in cui ci sono persone che hanno goduto della fama.

Si sente una voce che annuncia l’arrivo di Virgilio e lo saluta (omaggio al maestro di Dante) e quattro ombre si avvicinano ai nostri due protagonisti: Omero, Orazio, Ovidio e Lucano tutti insieme si mettono a chiacchierare e a camminare. È come se Dante volesse dare un risarcimento a coloro che, pur non avendo meritato la salvezza, hanno lasciato una profonda traccia della loro vita per ciò che hanno scritto e fatto→ li distingue un po’ dai normali giusti.

APPROFONDIMENTO! Dante si mette come VI di “co tanto senno” → dopo i cinque illustri latini, viene lui. Questo, per la mentalità di Dante, non è un atto di superbia perché, tra le caratteristiche

(20)

DIVINA COMMEDIA 20

del magnanino, non c’è il senso dello svilimento di sé stesso. Uno deve essere consapevole della sua grandezza e mostrarlo con le opere. Non era un difetto i propri meriti, anzi dovevi dimostralo con le opere oppure a parole (non era un atto di superbia)

- Versi 106-114 → tutti assieme giungono ai piedi di un nobile castello, il castello delle virtù (degli spiriti magni→ magnanimi), circondato da un fiumiciattolo e da sette mura→

passeranno attraverso sette porte finché si trovano in un prato verdeggiante che assomiglia molto ai campilisi virgiliani. (vedi box p. 90)

- Versi 115-151 → Si siedono in una parte in cui possono godersi il panorama e da qui, chiacchierando assieme, i poeti gli mostrano delle persone presenti nel limbo → elenco dei personaggi ed eroi greci, latini. Il limbo è come se fosse un paradiso senza Dio, ma le anime nel limbo sono infelici perché sanno che si sono perse qualcosa. Dante e Virgilio salutano i cinque savi e proseguono il loro viaggio.

APPROFONDIMENTO! Il nobile castello. Secondo la maggior parte dei critici, il castello simboleggia la nobiltà umana. Essa esalta le virtù morali (che sono prudenza, giustizia, prontezza e temperanza) e le virtù intellettuali (che sono scienza, intelligenza e sapienza) → sommate, esse rappresentano le sette mura. (confronta rifermento al Convivio IV “è nobilitate ovunque è virtute” → c’è nobiltà ovunque ci sia virtù).

Fiumicello. Non si sa cosa possa rappresentare però potrebbe rappresentare un ostacolo da superare per raggiungere la nobiltà d’animo. I personaggi sono virtuosi e quindi lo scavalcano facilmente→ queste virtù sono per pochi e, di conseguenza, nel castello possono entrarci soltanto i magnanimi virtuosi.

Assenza di rumore e presenza di sospiri. Dante cita diversi personaggi classici, ma non dobbiamo pensare che lui avesse letto tutte le opere delle persone citate. Dante conosce i filosofi e gli intellettuali citati spesso in maniera indiretta → attraverso altri autori (ad esempio Omero viene citato da Virgilio).

Dei quattro savi selezionati con i quali parla, Dante ha una conoscenza parziale perché nel Medioevo si conoscevano soltanto alcuni libri di questi poeti. La conoscenza di Dante è parziale perché di alcuni autori conosce solo il nome, di altri ne conosce l’esistenza in maniera indiretta (attraverso altri autori) e, in particolare, i quattro savi vengono citati da Ovidio, uno dei modelli della Commedia.

Ovidio ha scritto le Metamorfosi, che sono un insieme di racconti mitologici di trasformazione che spiegano un po’ l’origine di tutte le cose. Dante ha letto le Metamorfosi, da cui ha preso quasi tutte le figure mitologiche che cita nella Commedia.

Dante non sapeva che Ovidio, tra le sue opere, aveva scritto anche l’Ars Amatoria (l’arte di amare), che era un manuale di seduzione. Forse, se lo avesse saputo, non avrebbe inserito Ovidio tra gli spiriti savi.

CANTO V

(21)

DIVINA COMMEDIA 21

Dove: secondo cerchio Dannati: lussuriosi

Punizione: dannati trascinati da una tormenta incessante (analogia: come in vita erano stati trascinati dalla passione d’amore, nell’aldilà sono trascinati da una tormenta)

Personaggi: Dante e Virgilio, Minosse, Paolo e Francesca, una serie RIASSUNTO

Versi 1-24 → I due poeti arrivano al secondo cerchio. Sull’entrata è presente un giudice, Minosse, che aveva lo stesso ruolo anche nell’aldilà virgiliano (era stato un re giusto). Però presenta delle differenze: in Virgilio era un re, mentre in Dante è un demone (ha le ali, la coda, è mostruoso, ringhia terribilmente). Minosse, in Virgilio, era stato un re molto giusto ed era figlio di Zeus e di Europa, nella mitologia era un giudice infernale insieme a Radamanto ed Eaco.

In Dante, le figure che riprende da Virgilio vengono abbruttite perché, pur essendo strumenti divini, sono nell’Inferno.

Minosse è il giudice al quale giungono le anime che confessano tutti i loro peccati ed egli decide in che girone infernale devono finire. Ci sono due interpretazioni nel modo in cui decide la pena:

1. Ha una coda molto lunga e in base a quanti giri fa con la coda definisce il cerchio;

2. Non ha una coda molto lunga, ma ogni volta che la muove, indica un girone.

Anche Minosse tratterà un po’ Dante e gli chiederà cosa ci fa nell’Inferno perché da qui è facile entrare, ma è impossibile uscire. Virgilio gli risponderà per le rime, citando la stessa frase usata per Caronte: “Volse così colà, dove si puote” (Dante riutilizza dei versi perché non ha molta fantasia al momento).

Versi 25-51 → l’incontro con i lussuriosi. Appena va oltre Minosse, Dante è colpito dal rumore, sia per le anime sia per la bufera che trascina queste anime in maniera incessante. Famose di questo canto sono le similitudini ornitologiche (similitudini con i versi degli uccelli→ il volo luttuoso delle anime è paragonato al volo degli stornelli). Qui sono punite le anime di coloro che non hanno saputo far vincere la ragione sulle passioni. Dante è curioso ed, a un certo punto, rimane attratto da una schiera di anime che volano uno dietro l’altra come dei gruppi. Così chiede a Virgilio chi siano quelle anime.

Versi 52-72 → l’elenco dei nomi che formano la fila che sono: Semiramide, regina degli Assiri, Didone, morte suicida per amore, Cleopatra, che ha avuto diversi uomini (Cesare, Antonio), Elena, Achille, Paride, Tristano, innamorato di Isotta. Quando Dante scopre che si tratta di personaggi così famosi, si sente smarrito e si chiede come sia possibile.

Versi 73-142 → quando Dante si riprende da questo momento di smarrimento, è interessato da due anime, che si distinguono dalle altre perché, anche in questa loro punizione, rimangono unite e

(22)

DIVINA COMMEDIA 22

chiede a Virgilio di poter parlare con loro. Virgilio dice di invitarle e loro verranno da lui. Questi due sono Paolo Malatesta e Francesca da Polenta, due cognati.

La loro storia era molto famosa. Francesca, giovane e bella, viene promessa in sposa a Gianciotto Malatesta, brutto e vecchio (fratello di Paolo). Si dice che a Francesca, per convincerla a sposarsi, avessero fatto vedere un ritratto non di Gianciotto, ma di suo fratello, Paolo. Il giorno delle nozze si è trovato un altro ed è stata costretta a sposarlo. Secondo la leggenda, mentre Gianciotto è fuori per i suoi affari, Francesca passa tutto il tempo con Paolo e insieme svolgono attività come leggere libri. Le loro letture appartengono al ciclo bretone, leggono il Lancillotto e, nel momento in cui, grazie al Galeotto, Lancillotto e Ginevra s’incontrano e si baciano; Paolo guarda Francesca e i due capiscono di amarsi follemente. Non sappiamo se vengano scoperti e trucidati all’istante oppure se continuano ad essere amanti per un po’. Gianciotto, ad un certo punto scopre il tradimento e li fa trucidare.

Francesca dirà che “caina attende che ci fece morire”. La caina è la sezione più profonda dell’inferno dove ci sono i traditori dei parenti.

Francesca sarà una delle poche anime chiamate per nome da Dante nell’Inferno pur essendo una peccatrice, la donna ha un posto di rispetto tra i personaggi della Commedia perché è vittima di un amore cortese, che qui viene definitivamente stroncato (l’amore cortese non è un amore giusto e va punito). Dante arriva ad amare secondo i canoni dell’amore cortese e, quando si trova davanti a Francesca, prova anche un po’ di paura per la sua futura sorte. Dante fa parlare Francesca con le parole tipiche dell’amore cortese e ne ribadisce i concetti, secondo il quale al vero amore non ci si deve opporre. Francesca non si pente della pena commessa. Francesca parla, Paolo piange e basta.

Dante, ancora una volta, non può provare ingiustizia perché questa è una punizione voluta da Dio ed è mossa da giustizia, però prova un profondo smarrimento perché è consapevole del rischio che lui ha corso ed è consapevole che avere la ragione che vince sulla passione è molto comune. Si sente solidale nei confronti dei peccatori, senza giustificarli, perché il loro destino potrebbe essere quello di tante persone.

Dante, anche alla fine del V canto, per il dolore, sviene.

PARAFRASI

Così discesi dal primo cerchio al secondo cerchio, che circonda un luogo più piccolo, ma con un dolore maggiore (più si scende più il dolore aumenta), che provoca lamenti.

Qui si trova Minosse, orribile nell’aspetto, e ringhia (Minosse, re di Creta, ripreso da Virgilio, ma reso più animalesco): esamina le colpe all’entrata dell’inferno/esamina le colpe man mano che entrano;

le giudica e le invia nel cerchio che corrisponde a quanti giri ha compiuto con la coda.

Dico che, quando l’anima dannata si trova di fronte a lui, rivela tutti i suoi peccati e, quel giudice, decide in quale luogo dell’inferno mandarla e si circonda con la coda tante volte quanti sono i cerchi che deve percorrere.

(23)

DIVINA COMMEDIA 23

Davanti a lui ce ne sono sempre molte, a turno ciascuna va al giudizio, dicono i propri peccati, ascoltano la sentenza e poi vanno nel luogo in cui sono destinate.

“Oh, tu che giungi in questo posto doloroso” disse Minosse quando mi vide, interrompendo il suo compito, “stai attento ad entrare e stai attento di chi fidi, non farti ingannare dall’ampiezza dell’entrata”. E la mia guida gli rispose: “Perché continui a gridare? Non ostacolare il suo andare, che è fatale (voluto da Dio), si vuole così là dove è possibile ciò che si vuole, non fare altre domande”

Ora cominciano a farsi sentire i suoni dolorosi, ora sono giunto in cui il rumore de pianto mi causa dolore. Io sono giunto in un luogo privo di ogni luce, che fa rumore come il mare in tempesta, quando è colpito da venti contrari.

La bufera infernale, che non si ferma mai, conduce gli spiriti con il suo vortice (è un vortice che colpisce le anime lussuriose), rigirando e percuotendo di tortura, qui si sentono le strida, il pianto, il lamento; qui bestemmiano la virtù di Dio (enumerazione e climax ascendente).

Quando giungono davanti al vortice del vento infernale (ruina), alzano strida, pianti, lamenti e qui bestemmiano la virtù/virtù di Dio.

Capii che, a questa tortura, erano condannati i peccatori carnali (lussuriosi), che avevano sottoposto la ragione al desiderio.

(I similitudine ornitologica) e come gli stormi (tipo di uccelli) portano le ali durante l’inverno, formando una schiera larga e fitta; così quel vento conduce gli spiriti dei peccatori, spingendoli disordinatamente in tutte le direzioni, nessuna speranza li conforta mai, né di una pausa, né di una diminuzione della pena.

E come le gru procedono cantando i loro lamenti, procedendo tutte in fila, una dietro l’altra in cielo;

così vidi venire, emanando lamenti, ombre portate da questa spinta del vento; per cui dissi:

“Maestro, chi sono quelle anime che l’aria castiga in questo modo?”.

“la prima di coloro di cui vuoi avere notizie”, mi disse Virgilio allora, “fu imperatrice di popoli di molte lingue diverse (di molti popoli→ è Semiramide).

Fu così dedita al vizio (alla lussuria) che rese lecito della sua legge ciò che piacesse a ciascuno per eliminare il biasimo in cui lei stessa incombeva.

Lei è Semiramide di cui si legge che succedette a Nino e fu sua moglie, e governò la città che ora governa il sultano (Babilonia).

L’altra è colei che si uccise per amore e ruppe il patto di fedeltà con il marito morto Sicheo (Didone);

poi c’è la lussuriosa Cleopatra, amante di Cesare e di Antonio.

È presente anche Elena per cui si combatté per tanto tempo una guerra sanguinosa, e vedi il grande Achille che per amore dovette combattere. Vedi Paride e Tristano”; e più di mille anime mi mostrò e mi nominò con il dito che l’amore strappò alla vita.

Riferimenti

Documenti correlati

Il paradosso implicito nel titolo non fa altro che confermare la straordinarietà dell’opera e la sua originalità: Dante è il primo, in un’epoca dove la divisione degli stili è

93: Lieve legno: l’aggettivo lieve fa riferimento non solo al materiale dell’imbarcazione, ma anche alle colpe di Dante, non gravi come quelle dei dannati dell’Inferno.. 94: Duca:

100 Ma quell’anime, ch’eran lasse e nude, Ma quelle anime che erano stanche e nude 101 cangiar colore e dibattero i denti, impallidirono e batterono I DENTI.. 102

Chi riflette sulla scarsità d'interessi estetici fioriti non solo all'interno della scuola junghiana, ma anche all'interno del mondo psicanalitico più vastamente concepito (1),

Già membro della Max Planck Gesellschaft, ricercatore presso la Scuola Normale Superiore e funzionario della Pinacoteca di Brera, dal 2005 insegna Storia dell’arte medievale

In occasione della commemorazione del 700° anniversario della nascita di Dante Alighieri, il Governo italiano commissiona a Dalí le illustrazioni dei canti

Le fonti documentarie, contribuendo all’identificazione tra l’an- tica Molaria e l’attuale Mulargia, delineano dunque la seguente evoluzione del toponimo: Molaria

The simulation results simultaneously exhibit several properties of the observed solar wind fluctuations: spectral indices of the magnetic, kinetic, and residual energy spectra in