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DISCORSO DEL PROF. ANTONIO POSTIGLIONEPER IL CENTENARIO DELLA NASCITADEL PROF. ALESSANDRO DE PHILIPPIS

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– I.F.M. n. 5 anno 2008

Il giorno 10 maggio 2008, per iniziativa dell’Associazione Pro Loco e del Comune di Bellosguardo (SA), si è svolta una manifestazione per il Centenario della nascita del Prof. Alessandro de Philippis, Presidente dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali dal 1980 al 1992. Con piacere riportiamo l’appassionante discorso celebrativo tenuto nell’oc- casione dal Socio ordinario dell’Accademia, Prof. Antonio Postiglione.

DISCORSO DEL PROF. ANTONIO POSTIGLIONE PER IL CENTENARIO DELLA NASCITA DEL PROF. ALESSANDRO DE PHILIPPIS

È per me un grande onore e motivo di orgoglio tratteggiare la figura del Maestro nel suo paese di origine, in occasione del centenario della Sua nascita, alla presenza di Autorità, dei suoi cari figli e familiari, dei suoi con- cittadini e di numerosi suoi allievi.

Il Nostro ha vissuto una lunga vita di 94 anni, sebbene negli ultimi anni fosse afflitto da uno stato patologico che gl’impediva l’uso della favella, di cui aveva fatto mirabile impiego per una vita intera, non solo per sua naturale attitudine al dialogo, ma anche, e soprattutto, con quella esperienza e quella saggezza maturate durante il suo lungo magistero, arricchito dalla conoscen- za diretta di luoghi ed ambienti così diversi dei vari Continenti.

Sarà stata per Lui una sofferenza grandissima, ma per i Suoi familiari e per noi Suoi allievi una pena indescrivibile.

Conobbi il Prof. de Philippis nell’autunno dell’anno 1950 in un’aula della Facoltà di Agraria e Forestale alle «Cascine» a Firenze, dove iniziavo il Corso di laurea in Scienze forestali.

A quell’epoca la Facoltà di Agraria di Firenze era l’unica in Italia a rilasciare la laurea in Scienze forestali. In seguito hanno preso avvio Corsi di laurea in Scienze forestali prima a Padova, per merito del compianto Prof. Lucio Susmel anch’egli emerito ecologo forestale, poi a Bari, a Torino, a Viterbo, a Reggio Calabria fino a quelle più recenti di Potenza e Portici.

Oggi vi sono 8 Facoltà che hanno Corsi di laurea in Scienze forestali. C’è da

sperare che tale proliferazione di Corsi di laurea risulti salutare per l’econo-

mia forestale e montana italiana e non si risolva semplicemente in una

eccessiva dispersione e moltiplicazione di Corsi e di Cattedre a detrimento

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della qualificazione professionale dei futuri custodi del nostro patrimonio ambientale e forestale in particolare, che ha tanto bisogno di concretezza operativa e non di schematismi teorici più o meno ideologizzati.

Ritornando al mio primo incontro con il Maestro, ricordo nitidamente la Sua figura esile, il tratto garbato e composto, il suo eloquio semplice e chiaro, la Sua voce flebile, spesso monotona, talvolta impercettibile per cui ci si accaparravano i banchi di prima fila per un migliore ascolto.

Amava fare lezione sempre in piedi, indicando di volta in volta con una lunga canna sulla lavagna l’indice degli argomenti da trattare. Noi stu- denti cercavamo di prendere appunti dalle Sue lezioni poiché non esisteva, all’epoca, un testo ufficiale di Selvicoltura per la preparazione agli esami.

Circolavano fra gli studenti degli Appunti ciclostilati, che non costi- tuivano un testo vero e proprio: le famose «Dispense».

L’illustre docente parlava lentamente, spesso con qualche pausa onde facilitarci nella scrittura degli appunti.

Trattando delle varie specie forestali o di particolari ambienti e territori, ci mostrava delle fotografie o dei dettagli botanici e floreali disegnati a mano dai Suoi bravi collaboratori Ezio Magini ed Ernesto Allegri. Spesso ci descri- veva particolari situazioni riscontrate durante le escursioni e le visite in bosco effettuate in occasione di Convegni internazionali cui aveva partecipato.

Tutto questo accresceva vieppiù il nostro interesse per le Sue lezioni e le conferenze che teneva periodicamente presso Istituzioni scientifiche ed acca- demiche a Firenze, ad Arezzo, a Siena, a Roma ed in altre sedi quali la neonata Accademia Italiana di Scienze Forestali, l’Accademia dei Georgofili, l’Orto botanico dell’Università o nella Foresta Demaniale di Vallombrosa.

La Sua preparazione scientifica ebbe inizio presso la Facoltà di Agra- ria di Portici e venne proseguita in quella di Firenze dove conseguì la laurea in Scienze agrarie nel 1930.

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L’anno successivo divenne Sperimentatore presso la Stazione speri- mentale di Selvicoltura di Firenze diretta da Aldo Pavari. Collaborò con il Suo insigne Maestro nel lavoro di ricerca e di sperimentazione a Firenze dal 1931 al 1942. Nell’anno 1941 conseguì la laurea in Scienze forestali discu- tendo una tesi sugli Eucalipti. Nel 1942 vinse la Cattedra di Ecologia fore- stale e Selvicoltura all’Università di Firenze.

Il periodo di sperimentatore presso la Stazione di Firenze e la collabo- razione con il Prof. Pavari furono molto fecondi, tanto da produrre ben 70

1Le notizie di carattere bibliografico e sul percorso didattico e scientifico del Maestro sono tratte dal volume «Su le orme della cultura forestale» a cura di Antonio Gabbrielli, pubblicato dal- l’Accademia Italiana di Scienze Forestali (volume 54/2005 degli Annali).

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pubblicazioni apparse in gran parte sulle due Riviste: «L’Alpe» e la «Rivista forestale italiana».

Tra queste ve ne sono alcune di particolare pregio come quelle sulla sughera (Quercus suber L.) ed il Leccio (Quercus ilex L.) nella vegetazione arborea mediterranea, che riceverà il premio Littorio per la Botanica nel- l’anno 1935. Sempre nell’anno 1935 pubblicò in unione con Pavari una monografia sugli Eucalipti più importanti per la selvicoltura italiana. Segui- rono nel 1937 lo studio sulle Zone climatico-forestali del Veneto e della Venezia Giulia ed ancora due fondamentali studi, uno sulle «Classificazioni ed indici del clima in rapporto alla vegetazione forestale italiana» (tradotto in inglese dal Soil Conservation Service) e l’altro «Sulla tecnica di prepara- zione del suolo per il rimboschimento in clima caldo-arido» (1939). Merita- no di essere ancora citati altri due importanti studi relativi a questo primo periodo della Sua carriera scientifica e precisamente il «Contributo ad uno studio monografico sul cerro» e l’altro sulla «Introduzione ad una biologia forestale», entrambi dell’anno 1942.

Dal 1939 de Philippis iniziò una serie di viaggi, prima in Europa e successivamente in America, Asia e Australia.

Durante questi viaggi ebbe modo di visitare Istituti di ricerca e cono- scere particolari ambienti forestali. Ne scaturirono importanti lavori, che vengono citati in ordine cronologico: «Danimarca: le foreste e la loro sto- ria» (1939); «Ungheria forestale» (1940); «Aspetti silvo-pastorali della Cor-

Un momento della Cerimonia commemorativa.

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sica» (1941); «Iugoslavia forestale» (1941); «I querceti di Slavonia» (1941);

«Note sulla selvicoltura e l’economia forestale in Croazia» (1942); «I boschi vergini della Bosnia» (1943).

Soggiornò lungamente in Israele e compilò due fondamentali lavori:

«Note e commenti sui rimboschimenti della Palestina» (1947) e «Rimbo- schimenti e ricerche forestali nello Stato di Israele» (pubblicato in lingua francese nel 1951).

Nel ventennio 1952-72 inizia un secondo periodo di intenso lavoro per il Prof. de Philippis che, accanto all’insegnamento di Selvicoltura a Firenze, svolge un interessante e proficuo lavoro di miglioramento della produzione vivaistica e forestale in Italia e promuove una serie di iniziative a favore della produzione di piantine in fitocelle per incrementare la produ- zione della carta in Italia, il cui consumo era in forte espansione, sia per quanto riguardava la carta per giornali, sia per la carta e cartoni da imbal- laggio. Fondò il Centro di Sperimentazione agricola e forestale dell’Ente Nazionale per la Cellulosa e la Carta (ENCC) con sede a Roma-Casalotti con annesse aziende e vivai forestali a Bagni di Tivoli; successivamente anche a Battipaglia (SA) presso l’Azienda Improsta. In questo periodo ven- gono pubblicati altri lavori fra i quali notiamo: «La provenienza dei semi di Eucalipto» (1952); «Gli Eucalipti visti in Australia» (1953); «Produzione ed usi del legno di eucalipti in Australia (1953); «L’Eucalipto problema mondiale» (1957); «A che punto siamo con gli eucalipti?» (1964); «Orien- tamenti e possibilità del rimboschimento e dell’arboricoltura da legno in Sardegna» (1967).

Lasciò l’insegnamento per raggiunti limiti di età nel 1979 e venne col- locato «fuori ruolo» dal 1979 al 1984.

Fu tra i fondatori dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali di Firenze: Socio ordinario fin dal 1951, ne divenne Presidente dal 1980 al 1992. Nell’anno 1973 venne nominato Socio corrispondente dell’Accade- mia Nazionale dei Lincei.

Venne eletto a ricoprire incarichi in importanti Istituzioni scientifiche internazionali: Consulente tecnico della Presidenza dell’Unione Internazio- nale degli Istituti di Ricerca Forestale (IUFRO) di cui nel 1953 divenne Coordinatore del gruppo Selvicoltura. È stato Presidente dell’Associazione culturale scientifica denominata «Silva Mediterranea».

Ha lasciato oltre 180 scritti che testimoniano la Sua attività di ricerca scientifica nel settore della Botanica forestale, dell’Ecologia, con prevalenza degli aspetti climatici e le ricerche sulle tecniche selvicolturali. Per quanto concerne l’Ecologia forestale non possiamo tralasciare altre importanti pubblicazioni: «Il bosco contro la siccità nella Russia meridionale» (1949);

«Il clima nei territori di bonifica dell’Italia, centro-meridionale. Azione

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modificatrice dell’alberatura (1956); «Il clima dell’Italia meridionale nei suoi rapporti con la vegetazione» (1957); «Evaluation of forest site quality from ecological factors» (1960); «Considerazioni ecologiche: il clima»

(1962). I forestali italiani riconoscono come un grande contributo tecnico e scientifico il piccolo «trattato» dal titolo: «I diradamenti boschivi nella scienza, nella sperimentazione, nell’arte colturale» pubblicato nel 1949. Da menzionare ancora: «Aspetti colturali del problema castanicolo in Toscana»

(1949); «Selvicoltura libera o regolata?» (1950); «Governo e trattamento dei boschi» (1951); «Riproduzione e rinnovazione, due termini spesso con- fusi» (1951); «Problemi e tecnica del rimboschimento nel territorio italiano a clima mediterraneo» (1962); «Selvicoltura e produzione legnosa nella Comunità economica europea» (1969); «Afforestation in arid zones»

(1970); «Diradamenti sì o no, ovvero selvicoltura sì o no» (1986). I grandi problemi della selvicoltura mediterranea sono stati sempre al centro dell’at- tenzione del Nostro ed in questo campo sono parecchi i suoi scritti fra i quali si segnalano «Problemi della selvicoltura mediterranea discussi da una Sottocommissione della FAO» (1949); «Forest ecology and phitoclimato- logy» (1951); «Phitoclimatology and silviculture» (1957); «Commentaires sur la carte de délimitation de la région eumediterraneenne» (1955). Per i servizi della FAO: «La selvicoltura di fronte al crescente fabbisogno dei prodotti legnosi» (1967); «Ecologia e selvicoltura, antitesi o armonia?»

(1982); «Il primo Congresso internazionale di ecologia: i concetti unificanti dell’ecologia e la nicchia degli ecologi» (1974); «Uso e conservazione degli ecosistemi forestali» (1980); «L’ecosistema forestale» (1984).

Va riconosciuto al Prof. de Philippis il grande merito di aver saputo, meglio di qualsiasi altro, affermare il principio che sta alla base della

«moderna selvicoltura su basi naturalistiche, per la quale il bosco non è un semplice insieme di fusti legnosi, ma una complessa e viva entità biologica, in equilibrio dinamico col suo ambiente fisico, dotata di un limitato grado di tolleranza per gl’interventi esterni e perciò suscettibile solo di usi che ne assicurino anche la rinnovazione e la continuità nel tempo».

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«Il fatto che l’armonia, l’intesa, fra selvicoltura e l’ecologia, pur chia- ramente affermata in linea di principio, non sia stata sempre rispettata nella realtà operativa è alla base di posizioni negative nei confronti di qualsiasi intervento in bosco, posizioni che arrivano a mettere all’indice i selvicoltori, come nemici della natura».

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2A. DEPHILIPPIS, Selvicoltura e ambiente. Pubblicazione dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali, Firenze, Tip. Coppini, 1981, pag. 9.

3Op. cit., pag. 19.

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«La continua, non sempre disinteressata, divulgazione di concetti e dati relativi ai fattori che compromettono l’equilibrio ambientale della nostra bio- sfera, ha avuto, però, anche effetti deteriori, provocando l’insorgere di ten- denze estreme di protezionismo del tutto negativo, eccessivamente proibizio- nistico. È il caso dell’opposizione al taglio dei boschi, considerato dannoso agli effetti ambientali e perciò condannato a priori, senza neppure tentare di entrare in merito ai motivi che possono giustificarlo, né alle modalità per assi- curare la rinnovazione dei soprassuoli utilizzati… Oggi sono enormemente cresciute le necessità di operare nel rispetto dell’ambiente; per fortuna i pro- gressi dell’ecologia ci consentono di valutare sempre meglio i presupposti, le modalità, gli effetti di interventi finalizzati, effetti sempre molteplici e interdi- pendenti, che si riflettono su tutti i fattori della qualità della vita, compreso quello, imprescindibile, del benessere materiale. Il razionale uso dei boschi, come risorsa naturale rinnovabile può, e deve, portare un suo contributo alle preoccupazioni internazionali anche nei riguardi della lotta alla fame. Il valo- re economico della produzione legnosa dei boschi è certamente inferiore a quello dei servizi di tutela e di equilibrio dell’ambiente, ma questo non è un motivo sufficiente per giustificare la diffusa tendenza all’abbandono di boschi fino a ieri utilizzati e che non possono essere bruscamente lasciati a sé stessi, senza gravi conseguenze per l’economia del paese e per la loro stessa conservazione, come dimostrano l’enorme deficit della bilancia commerciale dei prodotti legnosi e l’aumentata frequenza degli incendi boschivi…

Disinformazione e pregiudiziali generalizzazioni sono i maggiori, ma non i soli, ostacoli alla comprensione e all’applicazione di una selvicoltura ecologi- ca. Vi sono, infatti, serie difficoltà frapposte dalla inadeguatezza del quadro normativo, dalla permanenza di paralizzanti conflitti di responsabilità fra le varie Amministrazioni centrali, regionali, locali, dalla mancanza di efficienti collegamenti fra gli anelli della catena legno. Porre rimedi a questi ed altri ostacoli non è certo facile, ma non impossibile, purché si cominci col ricono- scere che cura del bosco è anche tutela dell’ambiente, questo inteso nel suo integrale significato ecologico, che implica la presenza dell’uomo come fattore omeostatico, per il conseguimento e il mantenimento di uno stato stazionario di efficienza funzionale dei singoli ecosistemi forestali, a tutti gli effetti».

Così argomentava il prof. de Philippis nel piccolo testo intitolato «Sel- vicoltura e ambiente» (1991).

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«Oggi si tende a ripudiare, in certo qual modo, il concetto di uso mul- tiplo, per sostituirlo con quello, apparentemente più moderno, delle funzio-

4Op. cit., Presentazione, pagg. 5-6.

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ni sociali del bosco, con evidente riferimento ad alcune di esse e con esclu- sione, più o meno sottintesa, della produzione legnosa, quasi non fosse anche questa una funzione sociale».

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Quanto realismo e quanta attualità nelle parole e nelle esortazioni del nostro Maestro!

Fino a questo punto ci siamo occupati dello studioso, del ricercatore, del Docente. Ma per esaltare il Suo carattere pacato e fermo di ricercatore e di studioso debbo rammentare ancora il Suo grande equilibrio, la Sua imparzialità, la Sua straordinaria obiettività sui principali temi scientifici.

Egli soleva ripetere che la Scienza dev’essere libera, non può ammet- tere dogmi, e per tale sua peculiarità non deve diventare «partigiana», né deve essere strumentalizzata a fini politici o confessionali.

Ricordo nitidamente che un giorno, nel lontano 1951, durante una Sua lezione di Selvicoltura si parlava di genetica vegetale ed uno studente Gli chiese fino a che punto fosse attendibile la teoria dei ricercatori Micˇurin e Lysenko, al che il professore rispose: «non si può concepire una genetica marxista, né di altra natura; la genetica è genetica, non può ammettere agget- tivazioni di sorta».

Vorrei per inciso rammentare che Ivan Vladimirovicˇ Micˇurin, agrono- mo, botanico e genetista russo (1855-1935), premio Lenin 1931, membro dell’Accademia Sovietica delle Scienze, elaborò alcune teorie sulla preva- lenza dell’ambiente nella trasmissione dei caratteri ereditari delle piante ispirate al Lamarckismo, teorie che furono riprese in epoca staliniana dal- l’agronomo e biologo Trofim Denisovicˇ Lysenko (1898-1976), che sostenne celebri battaglie contro la Scienza accademica, i principi classici della gene- tica e le leggi di Mendel. Sosteneva, con l’appoggio di Stalin, una teoria neo-lamarckista derivata da Micˇurin, secondo la quale l’eredità dei caratteri sarebbe influenzata da fattori ambientali. Fu a lungo Presidente dell’Acca- demia delle Scienze agricole dell’Unione Sovietica dal 1938 al 1959 e dal 1961 al 1962.

Alcuni scienziati sovietici che si opposero alle sue teorie ed alla loro impostazione ideologica furono incriminati e condannati, tra questi l’illu- stre botanico e genetista Nikolai Vavilov: condannato a morte, ebbe la pena sospesa ma morì nel carcere di Saratov nel 1943.

Le teorie di Lysenko, oggi completamente screditate, applicate all’a- gricoltura sovietica, ebbero esiti fallimentari.

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5Op. cit., pag. 13.

6Ivan Vladimirovicˇ Micˇurin (27 ottobre 1855 - 5 giugno 1935). Trofim Denisovicˇ Lysenko (29 settembre 1898 - 20 novembre 1976) da «Wikipedia, l’enciclopedia libera» (2008).

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La teoria di Micˇurin-Lysenko fece grande scalpore negli ambienti scientifici internazionali procurando stupore e perplessità in molti scienziati.

Esaminando l’evoluzione del pensiero scientifico intorno alla teoria mendeliana dell’ereditarietà, riscontriamo infatti gli studi del ricercatore Thomas Hunt Morgan e della sua scuola, che dette origine al filone princi- pale della moderna genetica materialista, e possiamo così renderci conto della risposta data dal Prof. de Philippis allo studente.

È interessante notare che nell’ascesa della cosiddetta Scuola di Mor- gan (meglio indicata col nome di Scuola della Drosophila) c’è stata una diretta influenza marxiana che ha giocato un ruolo difficile da misurare in termini quantitativi.

È necessario sottolineare che una parte dei più giovani studiosi aveva legami con la classe operaia, aveva coscienza di classe e aveva acquisito una visione marxista e materialista che aveva giocato un ruolo di fatto nella scelta e nella direzione del lavoro di ricerca. Non appare strano quindi che sia stata questa parte del gruppo che è stata più militante negli anni cruciali dal 1911 al 1915 nello spingere verso l’accettazione di una teoria dell’ereditarietà e delle mutazioni basata sul gene e sul cromosoma, nonché un concetto ateleologico dell’evoluzione che progredisce mediante la selezione naturale di mutazioni rare e casuali a carico di geni mendeliani altrimenti stabili.

Più recentemente con la scoperta del codice genetico, il DNA viene ad assumere un ruolo autonomo e inalterabile di controllo delle funzioni del vivente, mentre l’ambiente perde, anche se solo implicitamente, di significato mantenendo soprattutto quello di griglia per le mutazioni negative.

Secondo il noto biologo Jacques Monod, la struttura di un essere vivente è il risultato di un processo nella misura in cui non deve praticamen- te niente all’azione delle forze esterne mentre deve tutto, dalla forma gene- rale fino al minimo particolare a interazioni morfogenetiche interne all’og- getto medesimo.

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La conferma dell’obiettività scientifica del Nostro la troviamo ancora in uno dei Suoi ultimi lavori. Mi riferisco al volumetto dal titolo «Selvicol- tura e ambiente», pubblicato nel 1991 dall’Accademia Italiana di Scienze Forestali, dove sono state raccolte alcune Relazioni degli ultimi anni, fra le quali fanno spicco:

1) la prolusione all’inaugurazione del 31

mo

anno dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali del 28 marzo 1982 dal titolo «Ecologia e Selvicoltura:

antitesi o armonia?»;

7Cfr. la voce «Genetica», vol. I «Le discipline - Gli strumenti del sapere contemporaneo», UTET, Torino, 1985.

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2) lettura tenuta il 28 febbraio 1980 dal titolo «L’ecosistema forestale»

all’Accademia Nazionale dei Lincei in Roma per il VII Seminario sulla

«Evoluzione biologica e i grandi problemi della biologia» (Roma, 1981);

3) «Uso e conservazione degli ecosistemi forestali». Lettura tenuta a Salso- maggiore Terme il 21 ottobre 1980 in occasione del 1

mo

Congresso Nazionale della Società Italiana di Ecologia;

4) «Produzione legnosa e produttività biologica». Lettura tenuta al Simpo- sio del legno organizzato dalla Società Botanica Italiana e dall’Accade- mia Italiana di Scienze Forestali; in occasione del Congresso annuale della Società Botanica (Modena, settembre 1983);

5) «La selvicoltura nell’ambito dei Parchi e delle Aree protette». Lettura tenuta all’Accademia Nazionale dei Lincei il 3 novembre 1983 in occa- sione del Convegno sui Parchi e Aree protette in Italia (Roma, 1983);

6) Relazione letta in occasione della Celebrazione del centenario della nascita di Aldo Pavari il 28 gennaio 1989 in occasione dell’inaugurazio- ne del 38

mo

Anno accademico dell’Accaderaia Italiana di Scienze Fore- stali, Firenze.

Ho scelto, per concludere questa celebrazione, qualche paragrafo trat- to dalle Sue più recenti pubblicazioni per evidenziare il Suo stile, la Sua pacatezza, il tono garbato ma sempre fermo con cui ha saputo sostenere e difendere la purezza del linguaggio scientifico, l’originalità del pensiero ecologico e la Sua facile intuizione di quello che sarebbe inevitabilmente accaduto, di lì a qualche decennio, nell’ambito dell’ecologia «strillata» e strumentalizzata a fini politici ed elettorali. Di fatto, al giorno d’oggi, l’eco- logia è diventata strumento di arrembaggio politico. È una triste constata- zione, ma non solo in Italia ciò accade purtroppo.

Vorrei perciò concludere citando alcune Sue considerazioni svolte nel corso della prolusione all’Accademia Italiana di Scienze Forestali del 28 marzo 1982. Ventisei anni fa, Egli così puntualizzava sul tema dell’Eco- logia:

«A parte le facili battute, io ritengo che molto del contrasto fra i

forestali ed i loro denigratori derivi da incomprensioni e dalla confusione

di idee e di termini che è venuta fuori col boom della parola ecologia e dei

neologismi o frasi fatte che vi girano intorno, senza rispettare l’etimologia

e la semantica e, in definitiva, nemmeno l’ecologia. È difficile accettare

termini quali ad esempio ecotattica, ecotaggio, ecocidio, ecologizzare,

pop-ecologia, pulviscolo ecologico, senza parlare poi dell’etichetta ecologi-

ca affibbiata ai vecchi fumetti di Tarzan e a qualche lagna di ‘Canzonissi-

ma’. Non solo gli inquinamenti, ma gran parte dei mali che ci affliggono

sono diventati ecologici e perciò l’ecologia è diventata ‘buona per tutte le

etichette anche di contestazione… L’inflazione delle parole è favorita dal

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continuo fiorire di convegni, conferenze, trasmissioni televisive e cinema- tografiche, non tutte, purtroppo, al livello di serietà che l’argomento richiede».

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Voglio concludere la celebrazione con questa invocazione: in nome della Scienza onesta e sana, rispettosa di tutte le tendenze, noi forestali chiediamo a gran voce maggior rispetto per l’Ecologia e per il bosco, oggi universalmente apprezzato come «risorsa naturale rinnovabile». Questo è l’insegnamento che ci resta del nostro Maestro, che noi oggi, qui, abbiamo inteso onorare nel centenario della Sua nascita.

8Op. cit., pag. 20.

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