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Academic year: 2021

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(1)

Post hegeliani

Dopo la morte di Hegel, 1831, la scuola hegeliana è attraversata da violente contrapposizioni. In un primo momento il problema si focalizza sulla questione del rapporto tra la filosofia hegeliana e il cristianesimo.

In una fase successiva la polemica si estende al significato politico della filosofia hegeliana.

Rappresentazione religiosa e concetto filosofico,

realtà e ragione sono le tematiche dominanti.

(2)

Desta e sinistra hegeliana

La destra hegeliana, i vecchi hegeliani, insistono sulla

intima conciliazione tra la filosofia di Hegel e

l’ortodossia religiosa, mentre la sinistra (giovani

hegeliani) sostiene una posizione ateista della

filosofia hegeliana. Feuerbach fu tra quest’ultimi.

(3)

Feuerbach (1804-1872)

Inizialmente Feuerbach fu un discepolo di Hegel, ma dopo la sua morte maturò in rifiuto del maestro. Egli critica di Hegel:la concezione speculativa della storia come tappa per la realizzazione dell’assoluto; il preteso “cominciamento assoluto”, di fatto nella Logica Hegel sostenendo che al pensiero si giunge solo partendo dall’essere e “non”, dimentica che il vero cominciamento del pensiero è la sensibilità. La filosofia hegeliana ha inoltre, sostiene Feuerbach, la

“presunzione” di ritenersi assoluta, quando anch’essa è una filosofia relativa, legata ad un contesto storico.

(4)

Hegel nei confronti delle altre teorie filosofiche ha

assunto un atteggiamento acritico, per cui tutte

posseggono una verità che poi andrà a confluire nella

sua filosofia. Le due essenziali caratteristiche

negative che hanno dominato la filosofia hegeliano

sono: la frattura tra il pensiero e la sensibilità e

l’atteggiamento acritico nei confronti dei

predecessori.

(5)

La rivalutazione del sensibile

Nella filosofia hegeliana abbiamo un soggetto

(l’astratto, lo Spirito, Dio) e l’oggetto o predicato (il

concreto: l’essere, l’uomo). Bisogna rovesciare

questo sistema per affermare, riproporre l’autentica

soggettività, ovvero l’uomo. Feuerbach attraverso il

capovolgimento dell’idealismo voleva delineare la

sua nuova filosofia fondata sulla riabilitazione del

sensibile.

(6)

Critica al Cristianesimo

Feurbach sostiene che “il mistero della teologia è

l’antropologia”. Egli sostiene che i discorsi su Dio

sono in realtà dei discorsi sull’uomo, una forma di

antropologia inconsapevole. La religione è vera e

falsa. Vera giacchè è una prima forma di

autocoscienza dell’uomo, un oscuro presentimento

della propria autocoscienza. Falsa perché l’uomo

proietta se stesso fuori di sé, nella illusoria figura di

un Dio personale e trascendente.

(7)

Bisogna emancipare l’uomo, questo deve riappropriarsi di se stesso e ciò avviene annunciando l’inconsistenza del Dio trascendente. Liberando l’uomo da Dio avremo una nuova era nella storia del mondo, il compiuto riconoscimento del senso intrinseco al suo esistere.

Il cristianesimo è ormai arrivato al tramonto. La cultura, la

scienza, la tecnica, l’intera forma di vita dell’uomo moderno

si rivelano essere intrinsecamente anticristiane, orientate al di

qua e indifferenti a qualsiasi tipo di realtà trascendente.

(8)

La fede in contrapposizione all’amore

Per Feuerbach, la fede è l’antitesi dell’amore, mentre

quest’ultimo unisce, il primo separa. L’amore identifica

l’uomo con Dio e Dio con l’uomo, e quindi unisce gli uomini

da loro. La fede separa l’uomo da Dio e quindi l’uomo

dall’uomo. Nella fede, infatti, la legittima aspirazione

dell’individuo umano alla felicità si configura come egoistico

desiderio di beatitudine e di vita eterna individuale,che spinge

l’uomo a vivere unicamente in vista della propria salvezza

personale. Si tratta del trionfo della soggettività egoistica.

(9)

La filosofia di Feuerbach

L’intento di Feuerbach è di liberare l’amore dalla fede al fine di indirizzare nuovamente e direttamente l’amore dell’uomo all’uomo, preservandolo così dallo smarrirsi nell’amore di Dio.

Egli propone una filosofia dei sensi. Rivendica di

fatto la necessità che la filosofia prenda le mosse dal

finito e non dall’infinito, dal particolare non

dall’universale, dal concreto e non dall’astratto.

(10)

Il suo progetto di quello di trasformare lo spirito e

l’astratta autocoscienza hegeliana nella nuova figura

di un uomo concreto, riscoperto nella sua

individualità e corporeità, sensibilità e finitezza. Così

egli vuole dare piena dignità alla corporeità e alla

sensibilità dell’uomo

(11)

Kierkegaard (1813-1855)

Polemico nei confronti della filosofia accademica, che gli pare veicolo di un pensiero astratto e morto, Kierkegaard intende invece il filosofare come esercizio attivo, finalizzato a produrre mutamenti nell’atteggiamento verso la vita e nei comportamenti.

Egli cercò infatti anche un modo di comunicare che

riuscisse riprodurre la mobilità, la concretezza e al

vicinanza alla vita.

(12)

Le maschere

In base al modo di comunicare egli distinse le sue opere in comunicazione diretta ed indiretta. La prima è firmata, la seconda invece comprende opere pubblicate con degli pseudonimi.

Gli pseudonimi non sono delle maschere per proteggersi dal

giudizio altrui, ma per distanziare sé stesso, il suo proprio

punto di vista, da quelli espressi nelle maschere. In questo

modo, ciascuno pseudonimo acquista l’autonomia necessaria

per rappresentare una possibilità d’esistenza. Kierkegaard

non si identifica pienamente in nessuna di esse.

(13)

La comunicazione indiretta è efficace

Lo scrivere è e deve essere un’azione e un esistere

personale che si rivolge non a un pubblico, ma al

singolo, come da esistente ad esistente. Egli vuole

costringere gli uomini a diventare attenti alla verità. Il

suo intento non è quello di dare risposte, ma di

sollevare domande. Il lettore delle sue opere deve

essere scosso, deve potersi guardare nelle sue opere,

riconoscersi o distanziarsi, vivere l’esperienza,

insomma la sua attenzione deve essere risvegliata.

(14)

Gli stadi della vita

Tre sono i fondamentali stadi sul cammino della vita:

l’estetico, l’etico e il religioso.

Kierkegaard affronta le prime due figura nell’opera Aut-Aut.

L’esteta vive il rapporto con la vita come godimento e come

rappresentazione del godimento. La sua sfera è il gioco,

l’immaginazione. L’esteta è privo di un contenuto reale della

propria soggettività, è qualcosa solo nell’immaginazione. Egli

vive nell’orizzonte della possibilità infinita, senza mai

compiere il movimento della realizzazione. La sua vita è

dominata dalla disperazione egli è tutto ma in realtà è niente.

(15)

L’etico

L’esteta può o non accettare la disperazione allontanandola, ossia ripresentando il gioco della distrazione, oppure accettarla con atto di scelta libera.

A questo punto entriamo nella sfera etica. Nell’atto

della scelta l’Io diventa Sé, la personalità si istituisce,

dal piano della possibilità infinita, si passa a quello

della realtà. Chi si è scelto è ciò che è divenuto, e

quindi si riconosce nell’azione. La scelta si configura

come un rivelarsi a sé e al mondo.

(16)

Il matrimonio come esempio di scelta etica

Il matrimonio rivendica la continuità dell’amore; al mistero si sostituisce l’intesa, alla conquista il possesso. Esso rappresenta la serietà della vita.

Conduce ad una riflessione interiore, per cui “non si

fa conto di ciò che si perderà, ma di ciò che si

guadagnerà perseverando”.

(17)

La sfera religiosa

Pur essendo la scelta etica un passo importante per

l’uomo, esso non rappresenta lo stadio ultimo del suo

cammino. L’uomo nella scelta etica, sceglie ciò che

già esiste, quando però egli “addita l’idealità come

scopo e presuppone che l’uomo sia in grado di

raggiungerlo” fa una scacco all’etica. Sull’uomo

grava il peccato quindi per poter effettuare una vera

scelta deve accettare la propria colpa e quella della

specie. In una parola deve pentirsi.

(18)

Kierkegaard analizza la vita religiosa in due opere:

Timore e tremore, e Il concetto dell’angoscia. Nella

prima opera egli presenta la collisione tra etica e

religione nella figura di Abramo, che secondo il

racconto biblico Dio richiede di sacrificare il figlio

Isacco. Nella seconda opera, partendo dal peccato

originale giunge alla dimensione dell’angoscia come

costitutiva dell’esistenza dell’uomo.

(19)

Dal peccato all’angoscia

Il peccato originale è rottura di una condizione di innocenza.

In questa condizione non si percepisce il bene ed il male, che

nascono di fatto con il peccato originale. Come si passa

dall’innocenza al peccato? Kierkegaard non dà una

spiegazione di questo passaggio dice soltanto che questo

passaggio porta con sé l’angoscia. Essa è infatti possibilità del

male e del bene. Accompagna l’uomo in tutte le sue culture e

situazioni. Essa è tuttavia condizione di apertura verso la

libertà, poiché “distrugge tutte le finitezze scoprendo tutte le

loro illusioni”. Più l’angoscia è grande più grande è l’uomo.

(20)

La critica ad Hegel

Il punto di dissenso con Hegel è che “un sistema logico è possibile, ma non è possibile una sistema dell’esistenza”.

Nella logica che è puro pensiero non può esservi movimento,

mentre l’esistenza è continuo divenire. L’astrazione, sostiene

Kierkegaard, per quanto corretta, non può mai eliminare il

fatto che essa stessa si pone come l’atto di un esistente

concreto, un pensatore soggettivo, che accolga nel pensiero il

proprio dell’esistenza. La verità è soggettiva.

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