CAPITOLO 2
L’EVOLUZIONE CONTABILE ALLA LUCE DEGLI INTERNATIONAL
ACCOUNTING STANDARDS
1. Le finalità di una nuova configurazione contabile
L’ordinamento contabile europeo ormai da tempo appare caratterizzato da
spinte riformiste destinate ad incidere profondamente sulla sua stessa
configura-zione e funconfigura-zione. In particolare, nel corso degli anni ’90, una pluralità di
organiz-zazioni internazionali
1ha maturato un forte interesse circa lo sviluppo di un corpo
di principi contabili universalmente riconosciuti, caratterizzati da elevata qualità e
in grado di originare una comunicazione economico-finanziaria d’impresa
intelli-gibile e comparabile in ambito sopranazionale.
Avvenimenti recenti testimoniano che questa consapevolezza si è lentamente
trasformata in una vera e propria tendenza irreversibile, ulteriormente rafforzata
dalla crisi di public confidence generata dai recenti scandali contabili
2.
Competiti-vità ed efficienza dei mercati dei capitali dipendono, infatti, da molti fattori tra
cui, in particolare, l’elevata qualità, trasparenza e comparabilità delle informazioni
finanziarie prodotte dalle imprese.
Il passaggio fondamentale di tale rinnovamento è rappresentato dall’adozione
degli International Accounting Standards (Ias), cui tutta l’Europa ha teso a
con-formare le diverse legislazioni in materia di bilanci e contabilità
3. Il recepimento
di tali principi è stato in varia misura mosso dall’esigenza di rendere più efficiente
ed armonico il mercato, in particolare rafforzando la comparabilità dei bilanci,
a-gevolando la valutazione correlativa delle variabili economiche in un mercato
fi-nanziario integrato, accrescendo la trasparenza verso il pubblico e le diverse
tipo-logie di investitori e inducendo altresì una diversa e più consapevole
responsabili-tà in materia di gestione e controllo dei rischi connessi alla dinamica d’impresa.
1 Ci riferiamo alle varie organizzazioni internazionali che, in vario modo, hanno manifestato il proprio inte-resse verso un processo di armonizzazione contabile, tra le quali l’Onu, l’Ocse, la Wto, l’Unione Europea e lo Iosco.
2 Cfr. The Economist, The future of account – True and fair is not hard and fast, 24th April, 2003.
3 Cfr. A. Provasoli, La modifica alla disciplina del bilancio d’esercizio e i principi contabili internazionali
Il processo di transizione ai principi contabili internazionali va inquadrato
nel-le strategie europee di armonizzazione contabinel-le esplicitate dapprima nella
nicazione della Commissione Ue n. 508 del 14 novembre 1995 e poi nella
Comu-nicazione n. 359 del 13 giugno 2000
4. Tale impostazione strategica muove dalla
consapevolezza che la globalizzazione dei mercati finanziari impone ormai una
comunicazione economico-finanziaria comparabile su scala mondiale e quindi
al-lineata agli standard vigenti in questi mercati.
E’ stato rilevato, infatti, come l’armonizzazione contabile abbia avuto una
ac-celerazione eccezionale quale conseguenza della globalizzazione delle attività
e-conomiche
5. In particolare, è stata l’esigenza dei global players a premere a più
livelli affinché si potesse pervenire ad una lingua contabile armonizzata da
utiliz-zare per l’accesso più libero ai mercati finanziari internazionali, semplicemente
adottando un insieme completo di principi contabili che fosse di elevata qualità e
di comune interpretazione e applicazione nel mondo.
Prima di ciò, infatti, le imprese europee con vocazione internazionale erano
spesso costrette a predisporre due diversi bilanci – uno conforme alla normativa
interna e l’altro secondo i principi riconosciuti all’esterno – subendo così un
ag-gravio di costi, e ancor più, suscitando insicurezza tra gli investitori e la
collettivi-tà finanziaria in generale a causa di dati contabili che si modificavano in funzione
della loro destinazione.
L’interesse per la standardizzazione dei principi contabili è risultato, perciò,
inizialmente avvertito dalle società quotate nei mercati regolamentati ed a
voca-zione internazionale poiché, in un contesto di graduale e progressiva erosione dei
confini tra i diversi mercati nazionali e di crescente diffusione del fenomeno del
cosiddetto multilisting
6, l’adozione a livello sopranazionale di un unico insieme di
4 La strategia così delineata dalla Commissione ha i seguenti obiettivi: allineare le direttive contabili ai Prin-cipi contabili internazionali; completare e stimolare il processo di armonizzazione in corso; e, intervenire con maggiore urgenza sulle società quotate. Commissione delle comunità europee, Armonizzazione contabile: una
nuova strategia nei confronti del processo di armonizzazione contabile internazionale, Comunicazione della
commissione, n. 508, 1995; Commissione delle comunità europee, La strategia dell’Ue in materia di
infor-mativa finanziaria: la via da seguire, Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento
Euro-peo, n. 359, 2000. Sul tema si vedano anche M. Galeotti – P. Bertoli, Preparare un atterraggio morbido degli
Ias su contabilità e bilancio, Amministrazione & Finanza, n. 13/2003, pagg. 67-71; K. Van Hulle, La strate-gia della commissione Europea per l’armonizzazione contabile, Economia & Management, n. 5/1998.
5 P. Demartini, Globalizzazione dei mercati ed aspetti evolutivi dell’informazione economico-finanziaria delle
imprese, Cedam, Padova, 1999.
6 Con tale termine si intende la quotazione contemporanea dei singoli titoli in mercati di diversi Paesi. Per un approfondimento sul tema si veda Cfr. F. Perrini, Le nuove quotazioni alla Borsa Italiana. Evidenze
principi contabili rappresentava la conditio sine qua non per rendere compatibile
la crescita dell’efficienza allocativa dei mercati finanziari con la tutela degli
inve-stitori
7.
Accanto a queste motivazioni, la spinta ad intervenire sul quadro normativo
del bilancio si lega anche al fatto che le direttive contabili risultavano ormai
obso-lete
8ed incapaci di contenere i profondi cambiamenti intervenuti nello scenario
economico
9. Di fatto, la legislazione contabile comunitaria, adottata negli anni
’70, prevedeva esclusivamente un’armonizzazione di base in riferimento ai
requi-siti di informazione contabile delle società che però, anche per le differenze di
re-cepimento nei vari Paesi, non è riuscita a rendere comparabili in modo efficace i
bilanci delle società quotate, come è invece richiesto da un mercato finanziario
sempre più internazionale ed integrato.
Si è perciò ritenuto indispensabile ricorrere ad un corpus distinto e specifico di
principi contabili universalmente riconosciuti, indicando gli Ias come
preferen-za
10. Questo proprio al fine di consentire alle società quotate su diverse piazze di
produrre una sola serie di conti annuali, riducendo i costi sostenuti e favorendo la
comparabilità dei dati ivi contenuti
11.
7 Cfr. F. Lenoci, Trasparenza informativa e armonizzazione contabile nei Paesi europei, in F. Lenoci – E. Rocca (a cura di), Fare banca – Dal business al bilancio, Il Sole 24 Ore, Milano, 2002, pagg. 582-583; A. Zurzolo, Globalizzazione dei mercati e libera circolazione dei capitali: difformità dei linguaggi contabili, in
La globalizzazione de mercati e l’armonizzazione delle regole contabili – Atti del convegno, Milano, 19
Feb-braio 1997, Quaderni di Finanza della Consob, n. 31, pagg. 9-12. 8 La IV direttiva è infatti del 1978.
9 Si pensi, tanto per citare solo alcuni dei cambiamenti che hanno inciso sui bilanci, alla recente diffusione dei prodotti finanziari primari e derivati quali strumenti di investimento e di gestione dei rischi, oppure all’attuale frequenza con cui le imprese perseguono strategie di crescita esterna mediante fusioni e acquisizioni, nonché al ruolo centrale giocato oggigiorno dai cosiddetti intangibles nell’economia delle aziende. Cfr. M. Galeotti – P. Bertoli, Preparare un atterraggio morbido degli Ias su contabilità e bilanci, op. cit., pagg. 67.
10 Sin dalla comunicazione del 1995, la Commissione ha infatti espresso la propria preferenza per i principi contabili emanati dallo IASC (International Accounting Standard Committee), rispetto proprio ai principi sta-tunitensi, US Gaap, giudicati meno internazionali nonostante l’ampia diffusione e l’autorevolezza garantita dal mercato finanziario più importante del mondo. La scelta della Commissione è infatti ricaduta sugli Ias sulla base delle seguenti motivazioni: a) sono redatti in una prospettiva internazionale e non su misura per il contesto statunitense; b) gli US Gaap sono voluminosi e si fondano su regole ed interpretazioni estremamen-te dettagliaestremamen-te e quindi, in quanto tali, richiedono un processo di assimilazione e di formazione lungo e com-plesso; c) l’Unione europea non ha alcuna influenza sull’elaborazione degli US Gaap. Cfr. S. Pellegrino,
L’applicazione dei principi contabili internazionali nell’ordinamento italiano, Contabilità, finanza e
control-lo, n. 4/2005, pag. 314; M. Pozzoli, Processo di convergenza dei principi contabili internazionali
general-mente accettati, Contabilità, finanza e controllo, n. 8-9/2003, pagg. 809-817.
11 Attraverso il processo di armonizzazione contabile in parola si tende infatti a garantire una maggiore com-parabilità dei bilanci, introducendo criteri che consentano alle imprese desiderose di quotarsi su altri mercati mondiali di rimanere nell’ambito del quadro contabile delineato a livello comunitario ed evitando loro di es-sere costrette a preparare bilanci differenti per tenere conto delle direttive comunitarie da un lato e delle pre-scrizioni dei singoli mercati finanziari dall’altro. Cfr. L. Canibano – A. Mora, Evaluating the statistical
sig-nificances of the facto accounting harmonization: a study of european global players, European Accounting
L’obiettivo è da considerarsi di primaria importanza soprattutto alla luce delle
recenti teorie economico-finanziarie secondo le quali la produzione di un flusso
informativo esauriente ed attendibile da parte delle imprese agevola il processo di
allocazione dei capitali, aumenta l’efficienza dei mercati finanziari e genera
van-taggi per l’intera collettività
12.
Inoltre, le caratteristiche di un sistema contabile - quale insieme di regole e
consuetudini caratterizzanti la produzione dell’informazione economico
finanzia-ria - sono strettamente correlate ai fattori ambientali di natura istituzionale,
eco-nomica e socio-culturale espressione di una data collettività in un determinato
pe-riodo storico
13.
Perciò, allorquando mutano i fattori che caratterizzano il contesto ambientale
in cui si è sviluppato e ha preso forma un determinato sistema contabile, cambiano
anche gli interessi degli attori economici che in esso operano ed il loro correlato
fabbisogno informativo
14. Fra gli attori economici interessati al cambiamento
pos-siamo riconoscere, da un lato, le imprese operanti a diverso titolo nel contesto
in-ternazionale e interessate a produrre un flusso informativo che consenta loro di
soddisfare le attese informative dei principali interlocutori aziendali
15, e, dall’altro
lato, gli stakeholders, interessati ad ottenere dalle imprese informazioni
intelligi-bili e comparaintelligi-bili al fine di assumere decisioni economiche più razionali. Infine,
12 Giova rimarcare che l’informazione fa il prezzo del prodotto finanziario sul mercato, il quale esprime, a sua volta, la sintesi delle informazioni di cui il mercato dispone. Perciò, l’allocazione delle risorse dipende pro-prio da come le informazioni finanziarie sono distribuite, evitando la possibilità di asimmetrie informative. Rinviamo alle teorie di New Finance, sviluppate nei Paesi anglosassoni per comprendere l’importanza che l’informativa societaria assume nel mercato dei capitali. In merito si vedano R. Rodorf, Importanza e limiti
dell’informazione finanziaria, Giurisprudenza Commerciale, n. 6/2002, pag. 773; D. Masciandaro, Dopo ENRON, poche regole di qualità, Il Sole 24 ore, 14 gennaio 2003; Assonime, Circolare n. 5, 22 gennaio
2003; C. Cattaneo, Le interrelazioni tra armonizzazione contabile e mercati finanziari in Europa, Rivista ita-liana di ragioneria e di economia aziendale, n. 3-4/2002. Si vedano anche E. F. Fama, Efficient Capital
Mar-kets: a review of theory and empirical work, Journal of Finance, n. 5/1970, pagg. 383-417; M. Belcredi, Eco-nomia dell’informazione societaria, Utet, Torino, 1993; G. Bertinetti, Comunicazione finanziaria aziendale e teoria della finanza, Egea, Milano, 1996.
13 Sulle relazioni esistenti tra informazione economico-finanziaria prodotta dalle imprese e l’ambiente esterno si vedano G. Catturi, Teorie contabili e scenari economico-aziendali, op. cit., cap. V e Cap. VII; F. Ranalli,
Sulla capacità informativa di bilancio, Cedam, Padova, 1984, pagg. 1-17; O. Volpatto, Contabilità e gestio-ne, Rivista italiana di ragioneria e di economia aziendale, mag.-giu., 1990, pagg. 224-227.
14 Nella società moderna, infatti, nessuna impresa può operare senza un consenso da parte dell’ambiente. Tale consenso è sostenuto dall’informazione in generale e contabile in particolare, che, per poter ottenere tali o-biettivi deve presentarsi corretta e soprattutto comprensibile. Cfr. J. A. Burggraaf, L’IASC: una risposta
all’esigenza di armonizzazione contabile a livello mondiale, Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 1/1982,
pag. 27.
15 La qualità della comunicazione aziendale aumenta la capacità di attrazione dell’impresa nei confronti di quei soggetti attuali e potenziali che le conferiscono risorse e il cui consenso è condizione di economica e du-ratura vitalità per l’impresa. Cfr. G. Airoldi – G. Brunetti – V. Coda, Economia Aziendale, op. cit., pagg. 264-266; A. Matacena, Il bilancio di esercizio. Strutture formali, logiche sostanziali e principi generali, Clueb, Bologna, 1993, pagg. 19 e ss.; M. Paoloni (a cura di), Introduzione alla contabilità generale ed alla
non si possono dimenticare gli organismi nazionali e sopranazionali deputati a
re-golamentare l’informazione di bilancio delle imprese, salvaguardando così gli
in-teressi condivisi dalla collettività da cui ricevono legittimazione
16.
Il sistema contabile viene perciò sottoposto ad una costante metamorfosi sia
per l’effetto delle pressioni delle forze di mercato, sia per l’intervento degli
orga-nismi deputati a regolamentare l’informativa delle imprese.
E proprio per soddisfare le attese informative degli investitori si è proceduto
allo sviluppo di principi contabili discendenti piuttosto che da una mediazione tra
le differenti prassi contabili, da un quadro di riferimento teorico unitario a
garan-zia di un’informativa di bilancio coerente con le attese di tali interlocutori
socia-li
17.
Di fatto, c’è chi sostiene che assumere come perno dell’informativa di bilancio
l’ottica dell’investitore possa determinare alcune criticità, soprattutto se
considera-ta a prescindere dal contesto nazionale di riferimento
18.
Adottare l’angolo visuale dell’investitore implica, infatti, una ben precisa
fina-lizzazione del bilancio che diventa funzionale al soddisfacimento delle attese
in-formative di una classe particolare di interlocutori aziendali, ossia gli investitori
attuali e potenziali. Per cui, se il corpus di principi contabili elaborati attualmente
appare la risposta coerente alle esigenze delle società quotate in borsa e dei loro
stakeholders, lo stesso potrebbe non sempre dirsi a priori per le altre classi di
im-prese che non hanno inteso accedere a questi mercati e che pure necessitano di un
linguaggio contabile internazionale
19. Si fa qui prevalentemente riferimento alle
16 Cfr. A. Provasoli, Il bilancio di esercizio destinato a pubblicazione, Giuffrè, Milano, 1974, pag. 164. 17 L’enfasi attribuita alle attese informative degli investitori deriva da una specifica impostazione di origine anglosassone, secondo la quale la soddisfazione dell’interesse dell’azionista rappresenta uno dei valori fon-damentali su cui si basa tutta l’economia aziendale. In tali contesti, infatti, le imprese si rivolgono prevalen-temente al mercato dei valori mobiliari per ottenere provvista di capitali e la principale funzione attribuita al bilancio è quella di fornire utili informazioni agli operatori economici per assumere decisioni di investimento e di finanziamento alle imprese. Cfr. A. Viganò, L’economia aziendale e la ragioneria. Evoluzione.
Prospet-tive internazionali, Cedam, Padova, 1996, pag. 160; A. Rappaport, Creating shareholder value, The Free
Press, New York, 1986; P. Demartini, Globalizzazione dei mercati, op. cit., cap. VII.
18 Si veda sul tema S. Adamo, Problemi di armonizzazione dell’informazione contabile,
processi-attori-strumenti un modello interpretativo, Giuffrè, Milano, 2001; S. Adamo, Prospettive e limiti del processo di armonizzazione contabile internazionale, Rivista dei dottori commercialisti, n. 5/1998.
19 Se la semplificazione richiamata dallo Iasc quando assimila le imprese che si rivolgono al pubblico rispar-mio alle imprese non quotate ma economicamente rilevanti può avere validità in determinati contesti in cui l’economia è caratterizzata dalla centralità dei mercati finanziari ed in cui è condiviso il principio secondo cui l’obiettivo primario è quello di creare valore per gli azionisti, per cui un bilancio può risultare soddisfacente laddove redatto sulla base di principi contabili preposti al soddisfacimento delle attese informative degli inve-stitori, di fatto essa trova più difficile applicazione in altri Paesi in cui esistono modelli di governance diffe-renti. Secondo Onida, invero, le rilevazioni d’azienda hanno essenzialmente “funzione di mezzo e fine”, per-ciò gli elementi del sistema informativo aziendale devono essere opportunamente modificati ed adeguati in
piccole imprese, per le quali l’utilità informativa del bilancio potrà aversi solo
qualora la struttura informativa stessa sia modellata tenendo conto degli interessi e
dei fabbisogni informativi dei principali fruitori, che per i sostenitori della ipotesi
precedente non possono essere assimilati agli investitori tout court.
Di fatto, come risulta da diverse indagini empiriche condotte in più Paesi
20, i
principali fruitori dell’informazione di bilancio delle piccole imprese sono gli
im-prenditori stessi ed i creditori aziendali, fra cui, in primo luogo, le banche e
l’Amministrazione finanziaria che di fatto, a titolo diverso, sono comunque
assi-milabili ad investitori aziendali, attuali e potenziali.
In sintesi, perciò, i principi contabili internazionali, rivisti nell’ottica
dell’investitore, possono essere considerati validi per tutte le classi di imprese,
ri-tenendo quindi corretto che l’armonizzazione contabile
21internazionale avvenga
attraverso l’implementazione, nei singoli contesti nazionali, di standards contabili
univoci, pensati per soddisfare le attese informative di investitori a vario titolo
nelle società.
La contabilità d’impresa deve essere, infatti, per sua natura, strumentale al
fabbisogno conoscitivo degli operatori economici che abbisognano di acquisire
informazioni per assumere decisioni razionali e poiché il bilancio non costituisce
solamente un output fondamentale del sistema informativo d’azienda
22, ma anche
e soprattutto “la sintesi del complesso modo di essere dell’impresa, in tutti i suoi
rapporti organizzativi, interni ed esterni”
23, rende evidente l’esigenza di
rag-giungere, nel modo migliore, un’armonizzazione contabile, ovvero un linguaggio
comune dell’informazione amministrativa, che favorisca il processo di
risposta ai mutamenti dei fenomeni osservati e delle finalità informative perseguite. Cfr. P. Onida, La logica e
il sistema delle rilevazioni quantitative d’azienda, op. cit., pagg. 24-26. Si veda anche S. Azzali, Il sistema delle informazioni di bilancio delle aziende di produzione, il modello dell’International Accounting Stan-dards Committee, Giuffrè, Milano, 1996. Sulla impossibilità del bilancio di soddisfare le attese informative di
vari soggetti interessati ai risultati e all’andamento aziendale si veda per tutti A. Amaduzzi, Conflitto ed
equi-librio di interessi, Cacucci, Bari, 1949. Per approfondimenti sui modelli di governo dell’impresa in diversi
contesti si veda L. Guatri – S. Vicari, Sistemi d’impresa e capitalismi a confronto, Egea, Milano, 1994. 20 Si veda in merito M. Paoloni – P. Demartini, Il bilancio della piccola impresa in Europa, Apsi/Ins-Edit, Urbino, 1997.
21 Più precisamente il termine corretto da utilizzare per la finalizzazione del processo è quello di standardiz-zazione. Mentre infatti per armonizzazione si intende la procedura tesa a ridurre la variabilità delle prassi con-tabili invalse nei diversi Paesi, al semplice fine di conseguire una maggiore comparabilità tra le stesse, la standardizzazione è il processo che conduce all’eliminazione di qualsiasi variabilità, imponendo regole ben precise. Cfr. C. W. Nobes – R. Parker, Comparative international accounting, IV Edition, Prentice Hall, New York, 1995, pagg. 117 e ss..
22 A. Picolli, Il contributo dei principi contabili internazionali alla trasparenza delle informazioni contabili, Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 4/2001.
23 Cfr. U. Bertini, Il progetto di S.p.A. europea e la IV Direttiva, in AA.VV., La contabilità delle imprese e la
zazione dei bilanci e si inserisca efficacemente nel processo di globalizzazione in
corso
24, superando la necessità di presentare un bilancio redatto con i criteri di
presentazione e valutazione ogni volta diversi, in quanto conformi alle diverse
re-golamentazioni locali.
Tale processo di convergenza verso i principi contabili internazionali ha subito
poi un’accelerazione notevole. Ciò a seguito dell’accordo concluso con lo IOSCO
(International Organization of Securities Commission)
25che, nel maggio del
2000
26, ha formalmente riconosciuto gli Ias, raccomandando ai regulators
nazio-nali associati di ammettere alla quotazione società i cui bilanci fossero redatti
se-condo i suddetti standards
27.
Dello stesso avviso il Comitato di Basilea
28che, nell’aprile del 2000, ha
e-spresso il proprio sostegno all’adozione degli Ias in ambito internazionale
29.
Il processo di armonizzazione contabile europeo è peraltro destinato a
produr-re un’ulterioprodur-re spinta verso l’uniformazione dei principi contabili a livello
mon-diale
30. Segnali in tal senso pervengono dalle recenti decisioni delle Autorità
con-tabili di importanti Paesi – quali Canada, Australia e Russia – di adottare,
24 Per ulteriori riflessioni sui rapporti fra globalizzazione e armonizzazione contabile si rinvia a G. Verna, Le
nuove frontiere dell’informazione contabile in Europa, Rivista dei dottori commercialisti, n. 3/2003, pagg.
421-423.
25 Iosco, Resolution of the Presidents’ Committee on Iasc Standard, 17 may, Sidney, 2000.
26 L’accordo tra Iosco e Iasc è stato portato a termine nel dicembre 1998, ponendo fin da subito in evidenza l’esistenza di pareri sfavorevoli all’interno dello Iosco a far sì che i principi contabili internazionali fossero accolti nei mercati finanziari domestici. In particolare è la SEC (Security Exchange Commission), organo di controllo dei mercati mobiliari statunitensi, a temere che consentire alle società estere quotate di presentare i conti annuali redatti sulla base degli Ias possa alterare la qualità dell’informazione societaria e minare l’efficienza del mercato interno. Cfr. IASC, Annual Review, IASC, London, 1998; S. Zambon, La
riconcilia-zione tra principi contabili italiani e US GAAP statunitensi: riflessioni su alcune evidenze empiriche, in
AA.VV., Scritti di ragioneria e di economia aziendale in memoria di Raffaele D’Oriano, Vol. 2, Cedam, Pa-dova, 1997; V. Marasco, Armonizzazione contabile: la missione dello IOSCO, Amministrazione & Finanza, n. 8/1998.
27 La Sec, nonostante sia membro dello Iosco, ha continuato ad imporre l’adozione dei Gaap alle società quo-tate nei propri mercati, criticando fortemente l’iniziativa dello Iosco. Ciò forse per mantenere potere di con-trollo sui principi contabili adottati dalle società quotate nei mercati americani. Gli US Gaap, infatti, benché elaborati da un organismo apposito (FASB), devono essere approvati e possono essere modificati dalla Sec stessa. Cfr. Fondazione L. Pacioli, Gli Ifrs nell’economia e nei bilanci delle imprese – L’impatto degli Ias sui
profili evolutivi della disciplina nazionale e comunitaria, Studio n. 8, 2002, pagg. 5-6; Fondazione L. Pacioli, L’armonizzazione contabile nell’Unione europea, Studio n. 4, 2002, pag. 19.
28 Il Comitato di Basilea è l’organizzazione internazionale degli organi di vigilanza delle banche che, per la materia in esame, ha svolto il compito di analizzare gli Ias su richiesta del gruppo dei ministri del G7 favore-voli alla loro adozione. Comitato di Basilea, Report to G7 Finance Ministers and Central Bank Governors on
International Accounting Standards, April 2000.
29 R. Di Toma, L’armonizzazione contabile internazionale e le prospettive di evoluzione europea, Rivista dei dottori commercialisti, n. 6/2001.
30 Cfr. P. Demartini, Prospettive e limiti dei nuovi principi contabili internazionali, Rivista italiana di ragio-neria e di economia aziendale, n. 7-8/2000.
nell’immediato futuro, gli Ias per la redazione dei bilanci delle imprese
31, nonché
dall’accordo raggiunto dallo Iasb e dal Financial accounting standards board
(Fasb) per favorire una convergenza di base dei rispettivi principi contabili
ema-nati
32.
1.1. L’iter normativo di adozione dei principi contabili internazionali
Il passo decisivo verso l’armonizzazione contabile Ias è stato compiuto
attra-verso l’emanazione del Regolamento (CE) n. 1606/2002
33, adottato dal
Parlamen-to e dal Consiglio Europeo il 19 Luglio dello stesso anno. Con tale documenParlamen-to è
stata prevista l’adozione dei principi contabili internazionali
34elaborati dallo Iasb
(International Acconting Standard Board)
35al fine di armonizzare l’informativa
finanziaria, garantendo un elevato grado di trasparenza e comparabilità dei bilanci
e, quindi, il conseguimento di un efficiente funzionamento del mercato
comunita-rio dei capitali e del mercato interno di ciascun Paese
36.
31 Cfr. Deloitte & Touche Tohmatsu, Ias PLUS – News Letter, 2003, www.iasplus.com; C. Saccon,
L’integrazione del quadro giuridico-contabile in Europa – Il regolamento comunitario per l’applicazione dei principi contabili internazionali (Ifs-Ias) nella redazione dei bilanci, Banche e Banchieri, n. 5/2002, pag. 490.
In particolare da una recente indagine sul processo di armonizzazione contabile a livello mondiale risulta che il 95% dei 59 Paesi indagati, quantomeno per le società quotate nei mercati regolamentati, intende imporre l’obbligo di adottare gli Ias. Cfr. S. Taub, World going Ifrs, www.cfo.com, 2003, pagg. 19-21.
32 Cfr. Iasb – Fasb, News Release – Fasb and Iasb Agree to work together toward convergence of global
ac-counting standard, London, 29 october 2002.
33 Pubblicato nella Guce n. L243 dell’11 settembre 2002.
34 Ai fini del regolamento si intendono per principi contabili internazionali gli International Accounting
Stan-dard (Ias), gli International Financial reporting StanStan-dard (Ifrs) e le relative interpretazioni (Sic-Ifric), nonché
le successive modifiche di detti principi, le relative interpretazioni e i principi e le interpretazioni che saranno emessi o adottati in futuro dall’International Accounting Standards Board. Ciò conferma il riconoscimento da parte del legislatore comunitario non solo dell’adeguatezza degli Ias attualmente esistenti, ma anche e so-prattutto degli stessi agli scenari futuri, tramite il loro continuo aggiornamento da parte di un organismo com-petente e professionale. Cfr. S. Azzali, Il sistema delle informazioni di bilancio delle aziende di produzione, il
modello dell’International Accounting Standards Committee,op. cit., passim.
35 Per una puntuale descrizione della struttura organizzativa dello Iasb si vedano Deloitte & Touche Tohma-tsu, International Financial Reporting Standards – A practical guide, 3rd edition, 2002, pagg. 8-12; Kpmg,
Principi contabili – Il passaggio alle regole Ias, Il Sole 24 Ore, Milano, 2003, pagg. 5-9. Per un ulteriore
ap-profondimento si veda inoltre A. Zurzolo, I tempi e i protagonisti dell’applicazione dei principi contabili
in-ternazionali Ias/Ifrs, Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 3/2003 e A. Picolli (a cura di), Principi contabili internazionali, Il Sole 24 Ore, Milano, 1998.
36 Il Regolamento, già all’art. 1, infatti, esplicita e ribadisce le finalità del processo regolamentato, stabilendo che esse consistono “nel garantire un elevato livello di trasparenza e comparabilità dei bilanci (…) e quindi
l’efficiente funzionamento del mercato dei capitali e del mercato interno” attraverso l’armonizzazione delle
informazioni economico-finanziarie d’impresa, sottolineando così la completa consapevolezza da parte del legislatore comunitario che l’uniformazione delle regole contabili non può che valorizzare e rafforzare insie-me sia il fine ultimo della finanza, ossia quello di rendere disponibili per le imprese capitali al minor costo e di migliorare per gli investitori il rapporto rischio/rendimento, sia l’obiettivo dell’integrazione dei mercati finanziari. Per ulteriori approfondimenti sui contenuti del Regolamento in parola si veda S. Andolina – R. Silva, I nuovi principi contabili internazionali, Sistemi Editoriali SE, Napoli, 2004, pagg. 14-18.
In effetti, il percorso storico relativo al processo di armonizzazione contabile
internazionale ha radici molto più lontane, come testimoniano molti contributi
dottrinali
37, ma è soltanto con il Regolamento suddetto che il processo in esame ha
ottenuto la spinta necessaria per divenire operativo.
La scelta della fonte normativa del Regolamento è giustificata dalla maggiore
cogenza di questo strumento rispetto a quello della direttiva
38, consentendo
l’introduzione di una forma di regolamentazione contabile particolarmente evoluta
ed in grado di coniugare requisiti di capacità impositiva e flessibilità.
La principale prescrizione del Regolamento n. 1606/2002/CE, contenuta
all’art. 4, è quella che prevede che per ogni esercizio finanziario a partire dal 1°
gennaio 2005, o in data successiva, le società – ivi comprese le banche – i cui
tito-li, alla data del bilancio, siano ammessi alla negoziazione in un mercato
regola-mentato di un qualsiasi stato membro dell’Unione europea, sono tenute a redigere
37 Già a partire dal 1978 si era avviato, in sede comunitaria, il discorso sull’armonizzazione contabile, con l’emanazione da parte del Consiglio delle direttive contabili, tra cui quelle più significative al riguardo sono la dir. n. 78/660 del 25 luglio 1978 e la n. 83/349 del 13 luglio 1983, relative rispettivamente ai conti annuali e consolidati di taluni tipi di società; la dir. n. 86/635 dell’8 dicembre 1986, relativa ai conti annuali e conso-lidati delle banche e degli altri istituti finanziari; la dir. n. 91/ 674 del 19 dicembre 1991, relativa ai conti an-nuali e consolidati delle imprese di assicurazione. Successivamente, nel 1995 la Commissione europea ap-poggiò la strategia di armonizzazione tramite le già citate comunicazioni (§ 2.1.), constatando che le direttive contabili in atto non erano più sufficienti, poiché le opzioni da esse consentite, e ampiamente utilizzate dagli Stati membri, nonché l’applicazione dei principi contabili nazionali, rendevano difficile o comunque non im-mediato il confronto dei bilanci delle imprese della Comunità. Nel marzo 2000 – e precisamente nella seduta del 23 e 24 - il Consiglio Europeo di Lisbona si è impegnato a realizzare entro il 2005 l’effettiva integrazione dei mercati finanziari, di cui necessario presupposto è proprio la standardizzazione dei principi di redazione dei bilanci. Nel giugno dello stesso anno la Commissione Europea ha comunicato al Consiglio di aver indivi-duato negli Ias emanati dallo Iasc (oggi Iasb) il corpo di principi contabili di riferimento per le imprese dell’Unione europea. Infine, con l’intento di modernizzare le direttive contabili in linea con gli sviluppi dell’attività delle imprese e della conseguente evoluzione della normativa contabile internazionale, nel set-tembre 2001 il Parlamento ed il Consiglio europeo hanno adottato la direttiva 2001/65 – pubblicata sulla Gu-ce del 27 ottobre 2001 – sulla contabilizzazione al fair value di determinate attività e passività finanziarie. Il passaggio successivo è stato proprio l’adozione del Regolamento in parola. Si veda per tutti A. Zurzolo,
L’azienda di fronte ai processi di internazionalizzazione, Convegno Accademia Italiana di Economia
Azien-dale, Trieste, 24-25 settembre 1992; stesso Autore, L’armonizzazione delle regole contabili nella prospettiva
dei mercati finanziari europei, Atti del Convegno, Consob, Quaderni di Finanza, n. 16/1996; La globalizza-zione dei mercati e l’armonizzaglobalizza-zione delle regole contabili, op. cit.; L’OIC: motivazioni, finalità, struttura e Organi, Auditing – Rivista dell’Associazione Italiana Internal Auditors, n. 4/2001; La riforma del bilancio alla luce delle Direttive UE e dei criteri Ias sulla contabilità, ISB, Firenze, 19 Febbraio 2002.
38 I regolamenti sono atti giuridici di portata generale, obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente appli-cabili in ciascuno degli stati membri, non occorrendo alcun intervento legislativo per il loro recepimento. La maggiore capacità impositiva deriva proprio dal fatto che il regolamento rispetto alla direttiva è un atto legi-slativo cogente e in quanto tale esso neutralizza il rischio di un’applicazione difforme e tardiva delle disposi-zioni da parte dei destinatari. Per maggiori approfondimenti C. Saccon, L’integrazione del quadro
giuridico-contabile in Europa – Il regolamento comunitario per l’applicazione dei principi contabili internazionali, op.
cit., pag. 483; A. Zurzolo, Globalizzazione dei mercati e libera circolazione dei capitali. Difformità dei
lin-guaggi contabili, op. cit., pag. 11; A. Mamoli, Principi contabili internazionali e attività di revisione contabi-le: il ruolo della società di revisione all’interno del progetto Ias, Convegno Abi, Roma, 28 Ottobre 2002.
i loro conti consolidati in conformità agli Ias riconosciuti dalla Commissione
39.
L’art. 9 prevede poi una deroga al citato art. 4, riconoscendo ai singoli Stati
mem-bri la facoltà di posticipare all’esercizio finanziario 2007 il suddetto obbligo par le
società: a) i cui soli titoli di debito sono ammessi alla negoziazione in un mercato
regolamentato di un qualsiasi Stato membro; b) i cui titoli sono ammessi alla
ne-goziazione pubblica in un Paese terzo e che, a tal fine, hanno applicato principi
ri-conosciuti internazionalmente prima della pubblicazione del Regolamento
40.
La commissione ha stimato, fin da subito, che l’obbligo di adottare gli Ias per
la redazione dei bilanci consolidati avrebbe riguardato all’incirca 7000 società
quotate in Europa
41, anche se il numero delle imprese tenute all’adozione sarebbe
potuto risultare di gran lunga superiore, considerato quanto disposto dall’art. 5 del
suddetto Regolamento. Sulla base di tale disposizione, infatti, il Regolamento
at-tribuisce a ciascun Paese membro la facoltà di estendere l’applicazione degli Ias
anche al bilancio di esercizio delle medesime società quotate ed al bilancio
conso-lidato e/o d’esercizio delle società diverse da quelle quotate, sotto forma di
obbli-go od opzione per le imprese stesse.
Ad ogni modo, per poter essere applicati nell’ambito dell’Unione europea, gli
Ias/Ifrs abbisognavano di una procedura di omologazione
42finalizzata a valutarne
39 Si veda per un approfondimento F. Roscini Vitali, 2005: debuttano i principi contabili internazionali, tabilità, finanza e controllo, n. 7/2002, pagg. 683-685 e M. Pozzoli, La rivoluzione contabile dello Iasb, Con-tabilità, finanza e controllo, n. 7/2002, pagg. 687-693.
40 Gli unici principi contabili riconosciuti a livello internazionale ed attualmente utilizzati dalle società euro-pee sono gli Ias e gli US Gaap, per cui in questo caso si fa esclusivo riferimento a quelle società quotate su mercati i cui regolamenti richiedono la presentazione dei bilanci redatti sulla base di questi standards. Si tratta di un accomodamento rivolto pressoché esclusivamente alle imprese tedesche. Alcune di esse, di una certa importanza, sono infatti quotate anche sul mercato Usa e la legislazione tedesca già consente loro, per i bilan-ci consolidati, l’uso alternativo degli Ias o degli US Gaap, anziché il rispetto della normativa tedesca. Poiché il passaggio agli US Gaap ha comportato notevoli investimenti in infrastrutture tecnologiche, formazione e adeguamento, si è voluto evitare sforzi di entità analoga nel breve termine, anche in previsione del processo di convergenza tra Ias e US Gaap annunciato. Per quanto riguarda l’Italia, l’art. 117, comma 2, del D.Lgs. n. 58/1998 prevede la possibilità per alcune società di redigere i loro conti consolidati in base a principi contabi-li internazionalmente riconosciuti, purché compatibicontabi-li con le direttive europee. Tale disposizione, tuttavia, non è stata oggetto di decreto di attuazione da parte delle competenti Autorità. Peraltro, la L. n. 366/2001, contenente la “delega al governo per la riforma del diritto societario”, all’art. 6, comma 1, lettera d), sanci-sce che la riforma della disciplina del bilancio deve prevedere anche “le condizioni in presenza delle quali le
società, in considerazione della loro vocazione internazionale e del carattere finanziario, possono utilizzare per il bilancio consolidato principi contabili riconosciuti internazionalmente”. Anche in questo caso le
di-sposizioni generali del legislatore non sono state attuate, poiché, dopo l’emanazione della legge delega, è so-pravvenuto il Regolamento.
41 Commissione delle Comunità europee, Proposta di regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio
relativo all’applicazione dei principi contabili internazionali, 2001/0044 (Cod.), pag. 22.
42 L’art. 3 del Regolamento, infatti, attribuisce alla Commissione il potere di decidere in merito all’applicabilità degli Ias, potere che deve essere esercitato attraverso un meccanismo di omologazione
(En-dorsement mechanism), ossia mediante un procedimento di valutazione e approvazione dei singoli principi e
relative interpretazioni, al fine di sovrintendere all’adozione degli Ias e in particolare di confermare che i cita-ti principi coscita-tituiscono una base adeguata per l’informacita-tiva finanziaria delle imprese quotate. Il Regolamento
la compatibilità con le direttive comunitarie. A tal fine è stato costituito, nel
giu-gno del 2001, l’Efrag (European Financial Reporting Advisory Group) quale
or-ganismo di raccordo tra lo Iasb e l’Unione Europea
43. Esso ha il compito di
con-tribuire ai lavori dello Iasb, rappresentando gli indirizzi e le valutazioni dell’Ue,
nonché di validare i principi emanati e i relativi documenti interpretativi
44,
favo-rendo eventuali cambiamenti delle direttive contabili
45.
Proprio per quanto concerne il ruolo di queste ultime, va osservato che le
di-rettive in parola continuano a svolgere una funzione importante all’interno
dell’Unione Europea, anche a seguito dell’entrata in vigore dell’obbligo di
ado-zione degli Ias previsto dal Regolamento. Esse, infatti, rappresentano la base della
normativa contabile per le società i cui bilanci consolidati e/o d’esercizio non
de-vono essere redatti in base ai recenti standards, costituendo, inoltre, una disciplina
supplementare per quelle società tenute a partire dal 2005 ad applicare i nuovi
principi contabili. In particolare, il legislatore comunitario, atteso che alcune
fatti-specie importanti non sono disciplinate dal Regolamento, basti pensare all’obbligo
di sottoporre il bilancio a revisione, ha ritenuto opportuno non esonerare le società
soggette all’obbligo di adottare gli Ias dall’ambito di applicazione delle direttive
contabili. Tuttavia, al fine di eliminare le incongruenze e le incompatibilità che
deriverebbero dalla coesistenza di bilanci di società redatti secondo principi
diver-si, da un lato Ias, dall’altro le prescrizioni delle direttive, è stato attuato un
proces-so di emendamento delle direttive esistenti. La IV e la VII direttiva CE, in tema di
bilancio d’esercizio e consolidato, sono infatti state profondamente modificate
dalla Direttiva n. 65/2001 (c.d. Direttiva del fair value)
46e dalla direttiva n.
51/2003 (c.d. Direttiva di modernizzazione)
47.
(art. 3, comma 2) definisce altresì i criteri di valutazione degli Ias ai fini della loro introduzione all’interno del quadro giuridico-contabile dell’Unione Europea. E’ previsto infatti che siano adottati solo se: a) non sono contrari al principio della rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, economica e fi-nanziaria dell’impresa; b) contribuiscono all’interesse pubblico europeo; c) rispondono a criteri di compren-sibilità, pertinenza, affidabilità e comparabilità necessari a garantire un’informativa economico-finanziaria idonea ad adottare decisioni economiche razionali.
43 Per ulteriori approfondimenti sul ruolo, sulle funzioni e sull’organizzazione dell’Efrag si vedano S. Ando-lina – R. Silva, I nuovi principi contabili internazionali, op. cit., pagg. 19-21 e A. Zurzolo, I tempi e i
prota-gonisti dell’applicazione dei principi contabili internazionali Ias/Ifrs, op. cit., pagg. 474-476.
44 Per un approfondimento sul processo diretto di formazione dei principi contabili internazionali e delle in-terpretazioni si rimanda a C. Sottoriva, Principi contabili internazionali e SIC, Contabilità, finanza e control-lo, n. 8-9/1999.
45 Frutto di questa attività sono le direttive 2003/51 e 2001/65 che apportano modifiche significative alle già citate direttive contabili.
46 La direttiva in oggetto integra la IV direttiva (n. 78/660/CE), la settima (n. 83/349/CE) e la n. 86/635/CE, consentendo la possibilità di utilizzare il fair value per la valutazione degli strumenti finanziari, compresi
L’adeguamento agli Ias, inoltre, avendo richiesto e richiedendo in prospettiva,
il sostenimento di rilevanti costi e significativi cambiamenti di ordine operativo,
organizzativo e culturale, atteso il notevole impatto multidisciplinare che
l’introduzione dei nuovi principi comporta, ha ammesso le dovute cautele per
es-sere implementato.
Già nel Regolamento attuativo n. 1725/2003
48, avente il compito di rendere
operativa la procedura di omologazione dei principi accolti dal Regolamento n.
1606/2002, la cautela necessaria si è manifestata appieno. Laddove, infatti, ha teso
ad ufficializzare la lista degli Ias/Ifrs, nonché dei Sic/Ifric, che devono essere presi
in considerazione per la redazione dei bilanci d’esercizio e consolidati, ha
volon-tariamente escluso alcuni principi ritenuti controversi
49.
Probabilmente, proprio l’onerosità e le difficoltà connesse
all’implementazione di un sistema contabile più evoluto e complesso, peraltro da
quelli derivati, rendendo così applicabile quanto previsto dallo Ias 39 - Strumenti finanziari: rilevazione e
contabilizzazione. Si anticipa che tale direttiva è stata parzialmente recepita in Italia attraverso il D.Lgs. n.
394 del 30 dicembre 2003, emanato in attuazione della legge delega n. 39 del 2002 (comunitaria 2001). Le principali modifiche apportate in tema di bilancio sono contenute nella nuova sezione 7bis “Valutazione al
valore equo” che chiarisce l’ambito applicativo, le modalità per la determinazione del valore equo, la
conta-bilizzazione in bilancio delle variazioni intervenute con il criterio del fair value e le informazioni da fornire in nota integrativa. Di fatto, al pari del Regolamento, la direttiva in discorso riconosce agli Stati membri un ele-vato grado di autonomia nel disegnare il perimetro di applicazione ed il grado di obbligatorietà delle sue di-sposizioni, laddove all’art. 1 sancisce che “gli Stati membri autorizzano, o impongono, per tutte le società o
talune categorie di società, la valutazione al valore equo degli strumenti finanziari.” Cfr. Fondazione Luca
Pacioli, L’applicazione dei principi contabili internazionali in Italia, 5 aprile 2004, documento n. 12; P. Piso-ni – D. Busso, Passaggio al bilancio redatto con i principi contabili internazionali: problemi operativi, Con-tabilità, finanza e controllo, n. 8-9/2003, pagg. 787-789.
47 Questa direttiva, che tocca oltre alle direttive già citate anche la 91/674/CE sul bilancio delle imprese di assicurazione, ha una portata più ampia della precedente, toccando i criteri generali di redazione del bilancio. Le principali innovazioni introdotte riguardano gli schemi dei prospetti contabili, i principi generali, il c.d. rendiconto delle prestazioni e la rilevanza delle informazioni sociali e ambientali del bilancio, che approfon-diremo nel prosieguo del lavoro, infra § 2.1 del presente capitolo. Cfr. C. Sottoriva, Verso l’adozione dei
principi contabili internazionali: modificate le direttive comunitarie sui conti annuali e consolidati, Le
socie-tà, n. 8/2003, pagg. 1145-1151.
48 Emanato il 29 settembre 2003 e pubblicato sulla Guce il 13 ottobre 2003. e successivamente modificato per integrazioni o rivisitazioni di principi.
49 Il Regolamento CE n. 1725/2003 ha adottato tutti i principi contabili emanati dallo Iasb, esistenti alla data del 14 settembre 2002 e le relative interpretazioni, eccezion fatta per lo Ias 32 - Strumenti finanziari:
esposi-zione nel bilancio e informazioni integrative e lo Ias 39 - Strumenti finanziari: rilevaesposi-zione e valutaesposi-zione,
nonché di un esiguo numero di relative interpretazioni (SIC 5 “Classificazione degli strumenti finanziari –
Disposizioni su estinzioni non sotto il controllo dell’emittente”, SIC 16 “Capitale sociale – Riacquisto di strumenti propri rappresentativi di capitale”, SIC 17 “Patrimonio Netto – Costi di un’operazione di capita-le”). Le ragioni dell’esclusione di tali principi sono spiegate nei seguenti termini: “l’esistenza di principi di elevata qualità riguardanti gli strumenti finanziari (compresi i derivati) è importante per il mercato europeo dei capitali. Tuttavia nei casi dello Ias 32 e dello Ias 39 le modifiche attualmente previste sono così impor-tanti che è appropriato non adottare questi principi in questa fase. Quando l’attuale progetto di revisione sarà stato completato e saranno stati pubblicati i principi rivisti, la Commissione considererà in via priorita-ria la loro adozione conformemente al Regolamento CE n. 1606/2002”. La revisione è stata compiuta con il
Regolamento (CE) n. 211/2005 del 4 febbraio 2005, pubblicato in Guce 11 febbraio 2005, L. 41/1, che modi-fica il regolamento (CE) n. 1725/2003, che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio, per quanto riguarda gli Ifrs 1 e 2 e gli Ias 12, 16, 19, 32, 33, 38, 39.
realizzare in tempi piuttosto stretti
50, hanno indotto il legislatore comunitario ad
avviare una fase di armonizzazione contabile minima, limitata ad alcuni standards
principali e riguardante solo i gruppi quotati, lasciando alla discrezione dei singoli
Stati membri la gestione di un’applicazione più estesa degli Ias.
1.2. Il percorso italiano in tema di Ias/Ifrs
Il percorso di avvicinamento dell’Italia ai principi contabili internazionali
menzionati ha preso avvio con la Legge Comunitaria n. 306 del 2003
51, il cui art.
25 definisce l’ambito soggettivo di applicazione degli Ias/Ifrs. Tramite tale
dispo-sizione il legislatore nazionale ha fatto proprie alcune delle facoltà attribuite agli
Stati membri dal Regolamento comunitario
52, prevedendo l’utilizzo obbligatorio
degli Ias/Ifrs nelle seguenti fattispecie:
- società quotate per la redazione del bilancio d’esercizio;
- società emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico per la redazione
del bilancio d’esercizio e consolidato;
- banche e intermediari finanziari vigilati per la redazione del bilancio
d’esercizio e consolidato
53;
50 Cfr. A. Provasoli, La modifica alla disciplina del bilancio e i principi contabili internazionali Ias/Ifrs, op. cit., pag. 503.
51 Legge 31 ottobre 2003, n. 306, pubblicata in G.U. n. 266 del 15 novembre 2003, Supplemento Ordinario n. 173/L, entrata in vigore il 30 novembre 2003 e recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi
deri-vanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee”.
52 Al momento in cui in ambito domestico, ci si cominciò ad interrogare su come sarebbe dovuta avvenire la transizione da local Gaap a Ias/Ifrs le opinioni furono discordanti. Alcuni sostenevano l’esigenza di una tran-sizione in via prospettica, cioè mantenendo invariati i dati dell’ultimo bilancio locale e procedendo ad un alli-neamento con gli Ias/Ifrs man mano che se ne ravvisava la necessità, argomentando la teoria sulla base dell’eccessiva onerosità di un approccio diverso. Così, però, si sarebbe mancato l’obiettivo primario dell’imposizione degli Ias da parte del legislatore comunitario, ossia una piena ed immediata comparabilità dei bilanci di tutte le imprese europee, nonché completamente in contraddizione con quanto precisato dal SIC8 (oggi Ifrs 1), il quale esigeva la costruzione accurata e completa del primo bilancio come se tutti i prin-cipi contabili fossero stati adottati anche in passato.
53 In questo caso, la Banca d’Italia ha favorito l’utilizzo di regole comuni per tutte le banche per motivi di controllo, in quanto, tra l’altro, le modalità di redazione del bilancio si riflettono anche sul patrimonio di vigi-lanza. Ciò deriva dal fatto che i dati utilizzati per costruire gli aggregati di vigilanza che le imprese bancarie sono tenute periodicamente a segnalare ai regulators di settore (si pensi proprio al patrimonio di vigilanza e ai
capital ratios per banche e intermediari finanziari) fanno perno su dati contabili. Proprio per questo Banca
d’Italia è risultata fin da subito favorevole all’adozione degli Ias da parte di tutti i soggetti sottoposti al suo controllo. In particolare, nel febbraio 2003 l’Autorità in parola ha inviato alle banche ed agli altri intermediari finanziari vigilati una circolare dove dava comunicazione che le segnalazioni di vigilanza, individuali e con-solidate avrebbero dovuto adeguarsi “all’evoluzione delle regole contabili sovrannazionali”. Medesimo di-scorso vale anche per le imprese di assicurazione per le quali, tuttavia, mancavano, al momento, principi con-tabili di riferimento, oggetto di dibattito. Cfr. Circolare della Banca d’Italia, n. 506 del 17 febbraio 2003 e G. Carosio, L’entrata in vigore dei principi contabili internazionali: impatti sulla disciplina dei bilanci bancari, Convegno Abi, Roma, 28 ottobre 2002.
- imprese assicurative per la redazione del bilancio consolidato (nonché per
la redazione del bilancio d’esercizio se quotate e non tenute alla redazione
del consolidato).
E’ stato poi previsto l’utilizzo facoltativo dei principi contabili internazionali
per le società non quotate che redigono il bilancio in forma completa, sia per i
conti consolidati che per quelli d’esercizio
54.
Dalla lettura del disposto legislativo emerge l’importante scelta assunta dal
le-gislatore italiano di rendere obbligatorio ciò che il Regolamento comunitario dava
in opzione, ossia l’obbligo per le società quotate di adottare i principi contabili
in-ternazionali anche per la predisposizione del bilancio d’esercizio
55.
Si ritiene che tale scelta sia stata oltremodo opportuna al fine di rendere
omo-genea l’informativa fornita dalle società quotate, attraverso l’adozione dei principi
contabili internazionali sia per il bilancio consolidato, sia per il bilancio
d’esercizio, nonché per evitare la spiacevole conseguenza di vedere bilanci di
54 Da qui si sottolinea:
a) un obbligo di adozione degli Ias/Ifrs sia nei conti consolidati che d’esercizio per: • Società quotate;
• Società aventi strumenti finanziari diffusi presso il pubblico (ex. Art. 116 TUF);
• Assicurazioni che applicano il D.Lgs. 173/1997 (qui l’obbligo relativo al bilancio d’esercizio vale solo se quotate e non sottoposte a bilancio consolidato);
• Banche e intermediari finanziari.
b) una facoltà di adozione degli Ias/Ifrs sul bilancio consolidato e d’esercizio per: • Società non quotate.
c) una vera e propria esclusione dall’adozione dei principi contabili internazionali per: • Società che possono redigere il bilancio solo in forma abbreviata.
Cfr. F. Roscini Vitali, Bilanci: utilizzo degli Ias per quasi tutte le imprese, Contabilità, finanza e controllo, n. 2/2004, pag. 115.
55 Questa probabilmente è risultata essere la decisione più complessa per il legislatore nazionale, essendosi palesati due fondamentali ostacoli in proposito. Il primo costituito dalle conseguenze fiscali di un bilancio Ias
compliance, il secondo attinente, invece, alla disciplina civilistica in tema di distribuibilità delle riserve,
do-vuto alla difficoltà di individuare quali utili potessero essere distribuiti, laddove l’uso del fair value al posto del costo storico avesse comportato una rilevazione di utili non realizzati. La scelta del legislatore europeo, con riferimento all’oggetto specifico dell’obbligo, il bilancio consolidato, è probabilmente da ricondurre al fatto che i conti consolidati, a differenza di quelli d’esercizio, non sono soggetti ad influenze fiscali ed alle disposizioni concernenti la distribuzione dei dividendi. Per le citate ragioni, il bilancio consolidato risultava particolarmente adatto a divenire facile oggetto di armonizzazione. La soluzione più semplice, perciò, sarebbe stata quella di vietare l’utilizzo degli Ias per la predisposizione dei bilanci d’esercizio; tuttavia ciò avrebbe quasi certamente determinato gravosi oneri per le società quotate, rendendo in alcuni casi impossibile un’efficace gestione del business. Esse si sarebbero trovate di fronte all’esigenza di mantenere due sistemi contabili distinti e paralleli, la cui onerosità poteva risultare particolarmente gravosa. Inoltre, e forse questa è la conseguenza più grave, i due sistemi contabili avrebbero potuto produrre valori significativamente diversi, rendendo difficoltosa l’ordinaria gestione del business. Basti pensare alla possibilità che il costo del venduto ed il valore delle rimanenze può risultare, dall’applicazione di differenti metriche contabili, profondamente diverso nel bilancio consolidato e d’esercizio, ponendo il management di fronte alla scelta di quali valori prendere a riferimento per la determinazione dei prezzi di vendita e quali dagli investitori per determinare la performance aziendale e i margini di profitto. M. Casò, La transizione agli Ias: la descrizione del problema,
le regole attuali, gli sviluppi attesi, le implicazioni gestionali e la situazione in Italia, Rivista dei Dottori
Commercialisti, n. 2/2003, pag. 211; S. Ferri, L’armonizzazione contabile alla ricerca dei valori equi:
pro-blematiche e difficoltà nell’introduzione dei principi contabili internazionali, Studi e note di Economia, n.
cietà quotate redatti con regole diverse per il semplice fatto di possedere o meno
società controllate che impongono l’obbligo di redigere il consolidato tramite
Ias/Ifrs
56.
Il dibattito sul tema è stato cospicuo, allargandosi non solo sull’opportunità di
dilatare l’applicazione degli Ias ai bilanci d’esercizio, ma anche di estendere
l’obbligo alle società non quotate
57, evitando la semplice e superficiale
conclusio-ne, troppo spesso incontrata nella prassi professionale, che è meglio limitare i
danni al solo bilancio d’esercizio delle società quotate.
L’obiettivo era comunque quello di evitare di arrivare all’esistenza di bilanci
conformi alle più severe e complesse norme comunitarie ed altri ottemperanti al
solo codice civile, con la conseguente individuazione di società rispettivamente di
maggiore o minore qualità. Tale contrapposizione è apparsa innegabilmente
dan-nosa, avendo il potere di creare artificiosamente due comunità imprenditoriali e
due sistemi di informazione contabile. Evidentemente, le società redattrici di
bi-lanci secondo principi contabili internazionali avrebbero goduto di maggiore
con-siderazione da parte dei diversi soggetti finanziatori e fornitori, differenza
tutt’altro che giustificata dalla dimensione economica del soggetto e dall’esistenza
o meno di azioni quotate sui mercati regolamentati.
La bipartizione in parola poteva essere attenuata dal legislatore italiano solo
permettendo a tutte le società di capitali di scegliere tra i due regimi contabili,
fa-vorendo, conseguentemente, un ingresso viepiù intenso dei principi internazionali
nella cultura economico-giuridica domestica, influenzando così anche la redazione
di bilanci di società formalmente non obbligate al loro rispetto.
Data la natura della legge comunitaria, le disposizioni in essa contenute
co-munque non acquistano efficacia operativa fintantoché non sono emanati i decreti
delegati di attuazione.
Di fatto, il periodo di gestazione del Governo sul tema è stato piuttosto lungo.
56 Cfr. A. Provasoli, La modifica della disciplina del bilancio e i principi contabili internazionali Ias/Ifrs, op. cit., pag. 504.
57 E’ bene innanzitutto ricordare che la possibilità di estendere l’obbligo di utilizzo degli Ias anche a società non quotate è nata allo scopo di permettere ai Paesi membri di estendere l’adozione degli Ias ad interi settori industriali, a prescindere dalla circostanza che le società appartenenti siano quotate oppure no. Opzione utile ad esempio per tutte le società appartenenti a particolari settori sottoposti a specifiche norme di vigilanza, quali le banche e le imprese di assicurazione. Cfr. M. Casò, La transizione agli Ias: la descrizione del
pro-blema, le regole attuali, gli sviluppi attesi, le implicazioni gestionali e la situazione in Italia, op. cit., pag.
Nel frattempo, con il D.Lgs. n. 394 del 30 dicembre 2003
58, il legislatore
na-zionale ha recepito la Direttiva CE n. 65/2001 sull’utilizzo del fair value nelle
va-lutazioni di bilancio, prevedendo che le disposizioni contenute nello stesso
entras-sero in vigore a partire dal 1 gennaio 2005. Si è trattato, certamente, di un
recepi-mento solo parziale dei contenuti della Direttiva. Con tale provvedirecepi-mento, infatti,
l’Italia ha deciso di non procedere fin da subito all’immediata introduzione del
fair value, preferendo limitare l’intervento agli aspetti informativi contenuti nella
nota integrativa e senza perciò incidere direttamente sui principi di redazione del
bilancio
59.
Di fatto, però, il processo di recepimento da parte dell’Italia degli standards
internazionali era destinato a completarsi soltanto attraverso il recepimento della
Direttiva n. 51/2003 e con l’attuazione del disposto art. 25, L. n. 306/2005,
avve-nuto nel febbraio 2005.
Con tale disposizione normativa, lo slancio che gli indirizzi contenuti nella
legge comunitaria 2003 manifestavano è stato in parte ridimensionato e
l’attuazione degli standars internazionali è stata prevista in modo maggiormente
graduale
60.
Infatti, per quanto riguarda le società quotate, le società emittenti strumenti
fi-nanziari diffusi tra il pubblico, le banche e gli intermediari fifi-nanziari vigilati,
58 D.Lgs. 30 dicembre 2003, n. 394, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 44 del 23 febbraio 2004.
59 In conformità all’impostazione adottata, il decreto ha introdotto nel Codice Civile l’art. 2427-bis relativo ai dati ed agli elementi informativi sugli strumenti finanziari da riportare nella Nota Integrativa, con il quale ha previsto l’allegazione di informazioni supplementari in ordine alla stima a valori correnti delle attività finan-ziarie, rimandando, per le modalità di formazione e di calcolo dei relativi valori, alle metodologie prescritte dai principi contabili internazionali. L’intervento del legislatore si è esteso anche alla relazione sulla gestione, in quanto l’art. 3 del D.Lgs. n. 394/2003 ha introdotto nell’art. 2428, comma 2, c.c. il n. 6-bis) relativo all’illustrazione degli obiettivi e delle politiche della società in relazione all’eventuale ricorso a strumenti fi-nanziari, derivati e no. Nella stessa direzione viene inoltre richiesta un’adeguata rappresentazione del grado di esposizione della società alle tipiche tipologie di rischio connesse agli strumenti finanziari ed alle eventuali politiche di protezione adottate. Tale intervento, occorre rilevare, si è in sostanza mosso nella medesima dire-zione seguita dal D.Lgs. n. 6 del 17 gennaio 2003 (Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2003 – Supplemento Ordinario n. 8), di attuazione della Riforma del Diritto societario (L. 3 ottobre 2001, n. 366 – Delega al governo per la riforma del diritto societario) con il quale è stato introdotto nell’art. 2427 c.c. al punto 3-bis), un riferimento, sia pure indiretto, al fair value, prescrivendo che la nota integrativa dovesse recare l’indicazione della misura e delle motivazioni delle riduzioni di valore intervenute rispetto alle immo-bilizzazioni immateriali di durata indeterminata. Cfr. G. Verna, Il bilancio tra riforma delle società e
introdu-zione dei principi contabili internazionali, Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 3/2003, pagg. 513-533; G.
D’Abruzzo – E. Pucci, Introduzione ai principi contabili internazionali. Analisi del metodo e dei criteri di
formazione del bilancio di esercizio nella prospettiva degli Ias, Bollettino Tributario, n. 13/2004, pag. 968.
60 Le motivazioni che hanno ridotto la portata dell’intervento degli Ias/Ifrs sono da ricondursi prevalentemen-te al ritardo da parprevalentemen-te delle imprese nell’avviare i processi di conversione, facendo emergere, nel conprevalentemen-tempo, il proprio malumore nei confronti di un’adozione così rapida e generalizzata. Inoltre, lo stesso legislatore ha tardato l’avvio dei lavori per l’omogeneizzazione della normativa tributaria al nuovo corpo contabile. Infine, gli attriti generati dalla stesura degli Ias 32 e 39 e la continua attività di revisione dei principi contabili già adottati dalla Commissione Europea hanno disorientato sia gli operatori sia gli Stati membri. Cfr.
all’obbligo di redigere il bilancio consolidato conforme agli Ias/Ifrs a partire dal
2005 si è aggiunta la facoltà di utilizzare i principi internazionali per i conti
an-nuali del 2005; dal 2006, invece, non vi è più la possibilità di scelta ed anche i
bi-lanci d’esercizio devono essere obbligatoriamente redatti applicando gli Ias/Ifrs.
Le imprese assicurative sono state, invece, obbligate all’applicazione degli
stan-dard internazionali nei bilanci consolidati a partire dal 2005, mentre sono
obbliga-te ad utilizzarli a partire dal 2006 nei bilanci d’esercizio, se quotaobbliga-te e non obbliga-tenuobbliga-te
alla redazione del conto consolidato. Per quel che concerne le società consolidate
dai soggetti su indicati, l’utilizzo degli Ias/Ifrs è facoltativo, anche se nella
mag-gior parte dei casi ciò appare conveniente da un punto di vista operativo, al fine di
fornire alla capogruppo i dati contabili utili al consolidamento. Per tutti gli altri
soggetti
61, eccezion fatta per quelli che redigono il bilancio in forma abbreviata
62,
che non potranno in nessun caso utilizzare gli Ias/Ifrs, la redazione del bilancio
d’esercizio in conformità ai principi contabili internazionali potrà avvenire
facol-tativamente a partire dall’esercizio individuato con apposito decreto dei Ministeri
dell’economia e della giustizia (Tabella 1).
61 Con riferimento alle imprese non quotate che hanno la facoltà di redigere i bilanci consolidati e d’esercizio su base Ias si tenga conto che in Italia vi sono molti gruppi che, seppur non quotati, hanno l’obbligo di redige-re il bilancio consolidato. Alcune di queste società hanno sfruttato sicuramente la facoltà concessa, al fine di offrire all’esterno un’immagine più funzionale ai mercati internazionali nei quali operano. Altre ancora, inve-ce, pur non operando sui mercati internazionali, hanno manifestato comunque l’intenzione di usare gli Ias al fine di un più agevole confronto con le imprese concorrenti quotate in borsa e pertanto obbligate all’utilizzo degli Ias. Cfr. F. Roscini Vitali, Bilancio: utilizzo degli Ias per quasi tutte le imprese, op. cit., pag. 116. Di parere opposto coloro secondo i quali, allo stato attuale, non è ragionevole che la facoltà concessa alle impre-se in parola sia eimpre-sercitata. Cfr. M. Casò, La transizione agli Ias: la descrizione del problema, le regole
attua-li, gli sviluppi attesi, le implicazioni gestionali e la situazione in Italia, op. cit., pag. 208.
62 Viene qui confermata l’impossibilità per le imprese che redigono il bilancio in forma abbreviata, ai sensi dell’art. 2435-bis, di utilizzare gli Ias/Ifrs, sottolineando inoltre che tale platea è destinata ad ampliarsi. Infat-ti, la direttiva 2003/38/CE, pubblicata sulla Guce del mese di maggio 2003, ha ritoccato in aumento i limiti del bilancio in forma abbreviata, contenuti nella IV direttiva comunitaria, sostenendo che le imprese minori si troverebbero in seria difficoltà ad applicare tutti gli standards internazionali, spesso complicati ed eccessiva-mente onerosi sia dal punto di vista delle informazioni di dettaglio, sia nella loro applicazione perché sovente richiedono il ricorso ad esperti esterni per talune valutazioni. Si deve tenere inoltre conto che lo Iasb intende emanare, anche se non a breve, principi contabili più snelli per le imprese minori. Cfr A. Giussani, La
compa-rabilità fra i principi contabili internazionali Ias/Ifrs e quelli nazionali, Rivista dei Dottori Commercialisti, n.