MISSIONI UMANITARIE: ASPETTI DI NURSING
« Bon voyage vers l’autre et vers vous- même!
Et sourtout, prenez soin de votre sourire… » Livret de Santé pour Expatriés: I feel healthy, I feel good Avant, pendant et après la mission Médecins Sans Frontières, Février 2008
Questa semplice frase, riportata nella parte introduttiva di un libricino che viene consegnato a tutti gli operatori umanitari di Medici Senza Frontiere, immediatamente prima della partenza sul
“terreno”, a mio avviso, riassume in sé ciò che dovrebbe rappresentare una missione umanitaria: un viaggio verso l’altro, con la sua alterità, il suo mondo, le sue appartenenze familiari, sociali,culturali, politiche, religiose, e nello stesso tempo un viaggio verso se stessi.
L’incontro con l’altro spesso, fa emergere in noi una nuova conoscenza di noi stessi, una nuova chiave interpretativa delle nostre appartenenze.
E poi, questa piccola frase ci esorta a prenderci cura del nostro sorriso. Ciò può sembrare banale, ma, in contesti molto difficili è essenziale: spesso ci si avvicina a forme estreme di sofferenza umana verso le quali l’unico mezzo di protezione è rappresentato da sé stessi, dalla conoscenza delle proprie risorse e dei propri limiti, dalla propria capacità di riconoscere il pericolo, di prevenirlo, di trovare soluzioni alternative e in molti casi di saper desistere.
Per gli operatori sanitari, tanto abituati alle certezze delle loro teorie scientifiche, dei loro strumenti, dei loro protocolli, lavorare in contesti così diversi, spesso privi di risorse umane, materiali, tecnologiche, può provocare un senso di smarrimento, di rabbia, di impotenza; si affrontano casi difficili facendo “quello che si può”. E’ necessario quindi, essere ben consapevoli delle caratteristiche del contesto nel quale ci si trova ad operare, delle risorse, degli aspetti culturali, del tipo di missione e soprattutto, del ruolo che ci viene chiesto di ricoprire.
Per gli infermieri, così come per tutte le altre figure professionali in “missione”, la decisione di partire e impegnarsi in contesti umanitari e di cooperazione deve essere ben ponderata. E’
bene riflettere profondamente attorno alle motivazioni che spingono a fare questa scelta, per poter comprendere quale tipo di esperienza si vuole affrontare all’interno del mondo
“missionario” .
Scegliere il tipo di “missione”, piuttosto che l’organizzazione con la quale partire non è affatto secondario. Infatti, il mondo del “volontariato” internazionale è caratterizzato da una notevole complessità e da una vasta articolazione, i requisiti richiesti potrebbero essere molto diversi a seconda dell’organizzazione, del contesto e delle caratteristiche della missione.
Esistono diversi tipi di cooperazione, differenziati tra loro sia per entità che per strategie di intervento e sostenuti da diversi attori, tra i quali vi sono le grandi istituzioni internazionali, come l’ONU, l’UNHCR, l’UNICEF, i governi dei singoli Stati, le grandi organizzazioni umanitarie, come la Croce Rossa Internazionale, Medici Senza Frontiere, le ONG, quali Emergency, CESVI, CISP, CUAMM, le ONLUS, le Regioni, gli Enti locali, le Università, le associazioni di territorio e molti enti religiosi.
La prima scelta da farsi è se orientarsi verso la COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO o verso l'AIUTO UMANITARIO.
a) La COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO comprende tutti gli interventi diretti al sostegno di una popolazione in condizioni di crisi prolungata; si tratta di una specifica forma di cooperazione il cui obiettivo consiste fondamentalmente nel favorire lo sviluppo umano, attraverso interventi e strategie diverse che abbracciano settori diversi, ad esempio quello dello sviluppo umano, interessato soprattutto alle pari opportunità di genere, alla prevenzione delle forme di violenza, all’accesso ai sistemi educativi, formativi o di finanziamento; oppure quello agricolo con progetti di promozione dell’agricoltura moderna e sostenibile, di promozione del diritto al cibo e all’alimentazione.
La Cooperazione allo Sviluppo comprende anche progetti sanitari, con caratteristiche ben precise, diverse da quelle richieste nel settore dell’aiuto umanitario. In questo ambito si attuano progetti di PREVENZIONE, a protezione e tutela della sanità pubblica, progetti di sorveglianza epidemica e campagne ordinarie di vaccinazione. Molta importanza viene data alla salute materno-infantile e a progetti di formazione degli operatori sanitari.
b) Diverso è il caso dell’ AIUTO UMANITARIO. Secondo la definizione OCSE-DAC di Assistenza Umanitaria, gli aiuti umanitari scattano in seguito ad interventi catastrofici causati sia dall'uomo che dalla natura, al fine di “salvaguardare la vita e la dignità umana, nonché di alleviare le sofferenze nel corso di un'emergenza e nel periodo successivo ad essa. Per essere considerata come umanitaria tale assistenza deve rispondere ai principi umanitari di “umanità, neutralità, imparzialità ed indipendenza ”.
Per chi decide di impegnarsi in progetti di cooperazione con grandi organizzazioni umanitarie, ONG o enti governativi, è importante considerare che questi richiedono operatori con competenze molto elevate e specifiche, soprattutto per le missioni umanitarie; se nell'ambito dei progetti di sviluppo c'è forse più flessibilità, tempi meno convulsi, minor rischio di errori, l'ambito dell'aiuto umanitario è molto delicato e più pericoloso.
Comunque, al di là della distinzione tra progetti di sviluppo e missioni umanitarie, fatta sopra, gli operatori sanitari, in particolare gli infermieri, una volta in missione nella maggior parte dei casi, dovranno assumere ruoli ben diversi da quelli ai quali sono abituati.
A livello generale, agli infermieri si richiede innanzitutto di possedere un' ampia esperienza clinica, così da permettere una buona autonomia. In missione non sempre c’è il medico; ho conosciuto infermieri ai quali è capitato di fare piccoli interventi chirurgici, o un taglio cesareo urgente (con istruzioni via radio), spesso hanno assistito ai parti, eseguito anestesie generali o loco regionali, gestito da soli posti di pronto soccorso oppure ambulatori di vario tipo.
Sul “terreno” nessuna professione sanitaria vale più di altre e nessun professionista ha più potere o autorità di altri, ma è utile qualsiasi tipo di competenza sanitaria per lo stato di necessità del contesto. Spesso sono gli infermieri a rivestire il ruolo di Medical Coordinator (responsabile sanitario). Ho partecipato ad alcuni progetti relativi all’implementazione del sistema dei soccorsi sanitari, nei quali il Medical Coordinator era un pediatra e insieme abbiamo deciso come svilupparli.
Non sempre ci sono strumenti tecnologici di diagnosi e cura ai quali siamo abituati, si opera in sale operatorie fatiscenti, con container spesso non sterili, senza lampade scialitiche, con pochi presìdi, respiratori che funzionano male, tubi endotracheali “riciclati”, ….
E’ importante rendersi conto che, a volte, le strutture ospedaliere, soprattutto nelle grosse emergenze umanitarie, in situazioni di conflitto o nelle grandi catastrofi naturali, non hanno possibilità di rifornirsi frequentemente, quindi tutto il materiale deve essere usato con parsimonia.
Il personale locale non sempre possiede lo stesso back- ground teorico, a volte è ben preparato e più pratico, visto che conosce bene l’ambiente nel quale lavora, a volte è meno preparato e agisce rispettando protocolli rigidissimi.
La capacità formativa è quindi un’importante requisito richiesto agli infermieri che vogliono partire. L’infermiere cooperante potrà svolgere attività formativa nei confronti del personale sanitario locale, affinché possa migliorare le sue conoscenze/competenze teorico pratiche, oppure nei confronti della popolazione, organizzando incontri a tema, ad esempio riguardanti la cura dei neonati, l’igiene degli alimenti, dell’acqua, l’importanza delle vaccinazioni, o ancora nei confronti di alcune organizzazioni locali, quali gruppi di donne, di giovani, o in settori specifici come quelli ad esempio del soccorso, della prevenzione delle malattie infettive, della gestione della distribuzione di alimenti, materiale per la potabilizzazione dell’acqua o per la costruzione di rifugi, latrine,ecc.
La capacità di supervisione è molto importante: una volta formato il personale locale, sarà necessario supervisionarlo, per verificare che sappia tradurre nella pratica le nozioni acquisite e non torni a lavorare secondo le vecchie abitudini. A tal proposito, è molto importante che durante le attività formative si spieghino le ragioni per cui una pratica deve essere svolta in un dato modo e si verifichi che queste ragioni siano condivise, altrimenti il rischio è che, una volta lasciati soli, a progetto finito, tutto ritorni esattamente come era prima.
La capacità organizzativa e manageriale può essere fondamentale: in molti casi gli infermieri sono responsabili della scelta/selezione delle risorse umane e materiali, della loro gestione, della pianificazione dei turni di lavoro.
Si occupano della apertura di centri di salute, centri nutrizionali, posti di soccorso. Questo significa avere ben chiari gli obiettivi che si vogliono raggiungere, stabilire in quale luogo preciso, alcune volte selezionare materiale di costruzione, scegliere gli arredi, acquistare tutto il materiale sanitario e non, contrattare con il personale coinvolto in tutte le fasi di allestimento e funzionamento del nuovo centro.
Agli infermieri più esperti può essere chiesto di allestire e gestire un campo profughi o rifugiati, oppure di gestire in tutte le loro fasi campagne di educazione sanitarie, ecc.
La capacità di mediazione/diplomatica esercitata nei confronti del personale locale, della popolazione, delle organizzazioni locali e delle altre organizzazioni di volontariato presenti sul territorio, nonché delle autorità, è molto importante per la riuscita di qualsiasi progetto, senza l’appoggio e la collaborazione di tutti anche il progetto migliore è destinato a fallire.
E’ importante capire bene i bisogni effettivi, capire a chi rivolgersi, in quale modo, quali sono le usanze, le tradizioni, le consuetudini, oltre che le leggi in uso presso il luogo, la regione e il Paese nel quale operiamo.
La capacità di raccogliere ed elaborare dati è un’altra importante abilità richiesta agli infermieri:
descrivere le attività realizzate, i risultati e gli obiettivi raggiunti, i costi sostenuti.
Uno dei tanti esempi di progetto, nel quale gli infermieri devono utilizzare tutte queste abilità in modo sinergico, è rappresentato dalla campagna vaccinale ( es. per la prevenzione delle epidemie di morbillo), durante la quale gli infermieri si occupano della raccolta e dell’analisi periodica di dati relativi all'incidenza della infezione in una determinata area, in un periodo preciso, del numero e dell’età delle persone vaccinate, della numerosità dei decessi, della loro registrazione giornaliera. Ancora si potrebbero occupare della campagna di sensibilizzazione, così come della costituzione, formazione e supervisione dello staff locale. E ancora, gli infermieri dovranno programmare i quantitativi da richiedere, verificare la presenza del materiale accessorio, decidere come allestire l’ambulatorio vaccinale (area di attesa, area di triage, area di registrazione, area di vaccinazione e MUAC, area distribuzione vit. A, area di controllo), sempre in collaborazione con le autorità locali o con altre organizzazioni internazionali.
Oltre a queste capacità professionali, gli infermieri in missione devono possedere anche risorse personali; molto importante è l'estrema flessibilità, nelle situazioni più disparate. Sul campo la realtà può modificarsi molto rapidamente, richiedendo l’uso di competenze diverse, il cambiamento repentino dell’équipe con la quale si lavora e addirittura del contesto stesso di lavoro.
Gli infermieri in missione devono possedere la capacità di vivere e lavorare in team multiculturale, la capacità di gestire lo stress, soprattutto in contesti conflittuali, caotici e politicamente instabili.
Le ONG e le grandi organizzazioni internazionali richiedono il possesso di una buona conoscenza scritta e parlata di almeno una lingua tra francese, inglese e spagnolo, di aver fatto precedenti esperienze di volontariato in Paesi “in via di sviluppo”, la disponibilità a partire in tempi brevi e per un periodo prolungato, un corso di medicina tropicale (non sempre) e,molto importante, una forte adesione ai loro principi, il rispetto delle linee guida, protocolli e policy.
E’ indubbio che questo elenco di abilità e caratteristiche possa spaventare e far desistere chiunque dal partire; anch’io quando per la prima volta mi sono avvicinata al mondo della cooperazione, ho pensato di essere inadeguata, impreparata, inadatta. Le uniche cose di cui ero certa erano: di possedere una buona conoscenza delle lingue, un buono spirito di adattamento, la flessibilità e la capacità di fare squadra. Mi sono preparata: ho lavorato in reparti di emergenza per un po’ di tempo, ho studiato, ho frequentato alcuni corsi tenuti dalla Croce Rossa Internazionale e da alcune ONG e ho cominciato a fare le prime esperienze in contesti “protetti”, in piccole missioni in cui operavano religiosi o aggregandomi ad altri colleghi.
Pian piano è maturata in me la consapevolezza di potercela fare e sono partita. In VIAGGIO VERSO L’ALTRO, la mia curiosità mi ha permesso di scoprirlo, di intrecciare rapporti autentici e arricchenti con persone diverse, di scoprirne le appartenenze, di comprenderle, condividendone o meno le motivazioni, senza mai adottare un atteggiamento giudicante. Ho condiviso piccole gioie, dolori, sofferenze, segreti, ci sono stati momenti di aggregazione, di unione, di scambio davvero importanti, sono cresciuta con loro, sono cambiata con loro. Il viaggio verso l’altro è diventato anche il viaggio verso me stessa, verso le mie appartenenze e, mi sono presa cura del “nostro sorriso”.
Bibliografia e Sitografia (letture consigliate)
Livret de Santé pour Expatriés: I feel healthy, I feel good.Avant, pendant et après la mission.
Médecins Sans Frontières, Février 2008.
Gruppo di lavoro DGCS-ONG, Linee Guida per l’aiuto umanitario.
http:/www.goodhumanitariandonorship.org/ accesso il 1 giugno 2016.
Link 2007 Cooperazione in rete, Un mestiere difficile 2008. Cooperazione internazionale.
Lavorare con le ONG, www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/ consultato il 2 giugno 2016.
CARRINO L., Perle e pirati. Critica della cooperazione allo sviluppo e nuovo multilateralismo, Trento, Erickson, 2005.
SETTINO I., GRADELLINI C., “Le competenze dell’infermiere in contesto di cooperazione internazionale”, L’Infermiere, notiziario aggiornamenti professionali,n. 3, maggio-giugno 2013, p.11-15.
GUARDONI M.L., “L’infermiere nella cooperazione internazionale”, Io Infermiere, n.2, 2003, p.9- 13.
SCHUNK J., Il progetto prima del progetto. Tattiche e strategie applicate all’aiuto allo sviluppo, Torino, L’Harmattan, 2001
www.emergency.it www.esteri.it www.msf.org www.icrc.org
www.thesphereproject.org