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Consiglio Superiore della Magistratura

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Academic year: 2022

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Consiglio Superiore della Magistratura

Settima Commissione

Commissione per l’organizzazione degli uffici giudiziari

Seminario

“Giurisdizione e protezione internazionale”

Roma, 26 settembre 2016 Sala Conferenze del C.S.M.

***

I lavori hanno inizio alle ore 9,15

PRIMA SESSIONE

“Le prospettive della giurisdizione in materia di protezione internazionale”

Francesco CANANZI, Presidente della Settima Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura – Buongiorno a tutti e grazie di essere intervenuti.

Abbiamo oggi una giornata molto ricca e intensa sul tema della giurisdizione rispetto ai procedimenti della protezione internazionale. Si tratta di un primo appuntamento che come Consiglio proponiamo su questo tema, data la circostanza che sempre più questa tipologia di procedimenti sta diventando impellente per alcuni uffici giudiziari che per ragioni di competenza hanno questo tipo di contenzioso. Il programma della

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giornata, come avrete visto nell’allegato in cartellina, ha subìto - e con il consigliere Ardituro ci scusiamo per questo - un cambiamento rispetto al programma originario, in quanto dalle ore 9,40 in plenum ci sarà il Presidente Mattarella per l’approvazione del nuovo Regolamento del Consiglio Superiore. Pertanto il lavoro della mattinata sarà così distribuito: ci sarà una introduzione da parte mia e del consigliere Ardituro anche in relazione alla presentazione del portale del Consiglio e poi ci sarà una tavola rotonda, che ha soprattutto una valenza di confronto interno, per l’individuazione delle situazioni concrete degli uffici, coordinata da Giulia Spadaro, magistrato addetto alla segreteria della Settima Commissione, e da Fulvio Troncone, magistrato dell’Ufficio Studi. Intervengono i colleghi Giovanni Dipietro e Franca Mangano, che sono rispettivamente Presidente di Sezione del Tribunale di Catania e di Roma, che si occupano di queste procedure, nonché la dottoressa Helena Bher, rappresentante dell’UNHCR e partecipe di una commissione territoriale. Questa fase dei lavori sarà soprattutto tesa a verificare e confrontarci su quello che il Consiglio può fare per gli uffici giudiziari che hanno a che fare con questo tipo di contenzioso. Auspico pertanto una partecipazione al dibattito per un verso rappresentativa delle difficoltà che ci sono negli uffici giudiziari, per altro verso anche utile a comprendere quali buone prassi sono state messe in atto, quali forme di organizzazione e quali moduli organizzativi sono stati messi a punto e che tipo di risultati hanno prodotto. Da questo punto di vista siamo in una fase iniziale e vogliamo, come Consiglio, recepire le indicazioni. Lo faremo anche con un questionario allegato nel sito del Consiglio, al quale vi pregherei di rispondere, che consentirà al Consiglio di avere una fotografia dello stato dell’arte negli uffici giudiziari in questo momento. La seconda fase del dibattito, dopo il confronto - il coffee break è abolito anche per ragioni di cerimoniale, ci sarà la possibilità di poter prendere un caffè in maniera immediata - sarà con i due sottosegretari che hanno competenza in questa materia: Domenico Manzione e Gennaro Migliore, rispettivamente Sottosegretario al Ministero degli Interni e Sottosegretario al Ministero della Giustizia. In questa fase chiederemo ai

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delle proposte alla politica e ascolteremo in concreto le prospettive che ci verranno evidenziate. Sarà un lavoro spero intenso e interessante. A me personalmente dispiace molto non poter partecipare a questa prima fase dei lavori, noi interverremo nella seconda fase con l’arrivo dei Sottosegretari non appena il plenum sarà terminato. Vi rinnovo ancora i ringraziamenti e cedo la parola ad Antonello Ardituro per questa breve presentazione del portale del Consiglio.

Presentazione del portale del C.S.M. e del progetto di banca dati di merito.

Antonello ARDITURO, Componente della Settima Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura – Buongiorno. Anch’io ridurrò al massimo il mio intervento per questo importante impegno sopravvenuto. Il Consiglio ha iniziato a occuparsi di questa materia, come tutti sapete, quando ha dovuto provvedere alle applicazioni extradistrettuali previste dall’articolo 18 ter della Legge 132 del 2015. Questo istituto così particolare previsto dal legislatore, che tra l’altro il Consiglio Superiore aveva in qualche modo richiesto anche in sede di parere al Ministro di Giustizia, ci ha proiettati in questa delicata e complessa materia. Credo sarebbe opportuno che dal dibattito potesse venire qualche vostra impressione o indicazione su come questo istituto sta funzionando, nei casi in cui è stato possibile darvi un esito positivo. Poi magari potremo tornare, anche con il Presidente della Settima Commissione, il collega Cananzi, sulle difficoltà che in concreto si sono riscontrate nel dare attuazione a questo istituto, che in ogni caso è sicuramente un istituto da vedere con favore, positivo, e che potrebbe essere l’antesignano di uno strumento di carattere più generale che possa consentire al Consiglio di intervenire nelle materie che richiedono un intervento di supporto anche per certi versi emergenziale. Il nostro approccio al tema ha portato ad alcune verifiche, ad alcune riflessioni; ci siamo soprattutto scontrati con una difficoltà di carattere statistico, cioè di comprensione degli effettivi flussi e degli effettivi carichi di lavoro dei tribunali aventi competenza della materia, nella necessità di fare un approfondimento sul tema.

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Abbiamo monitorato, sebbene in maniera non sistematica, anche le difficoltà che i tribunali hanno dovuto affrontare innanzitutto dal punto di vista organizzativo, cioè di scelte che venivano calate in un’organizzazione tabellare non pronta a questo tipo d’impegno e che ha visto quindi degli interventi di carattere provvisorio e immediato, salvo poi scelte più importanti. Questo credo sia interessante per voi e per noi dal punto di vista della riflessione. Poiché ci apprestiamo al nuovo triennio tabellare è chiaro che questo tipo di competenze e questo tipo di impegno dovranno essere in qualche modo stabilizzati; le nuove valutazioni sui flussi, sull’impegno, sulla capacità di inserire questo tipo di istituto nell’organizzazione tabellare sarà la sfida del prossimo triennio per i tribunali. Allo stesso modo sarebbe opportuno fare una riflessione anche sulla utilizzazione dei magistrati onorari in questo settore; se ci sono tribunali che lo hanno fatto e in che misura è stato necessario far fronte alla magistratura onoraria in una materia così delicata e complessa, che anche per il giudice togato presenta delle peculiarità così particolari dal punto di vista della specializzazione. Questo è un po’ il quadro di riferimento di alcuni mesi di lavoro in Commissione, che ci ha portati poi alla delibera del 14 luglio 2016. La delibera fa il punto della situazione su tutte queste difficoltà, ponendosi innanzitutto il problema di sollecitare il Ministero della Giustizia a migliorare l’assetto delle rilevazioni statistiche, quindi sia delle iscrizioni al SICID sia delle rilevazioni statistiche dei carichi di lavoro dei singoli tribunali. In qualche modo si sollecita anche la possibilità di avere rilevazioni più precise dal punto di vista dell’esito dei procedimenti e quindi delle differenti soluzioni che danno sbocco al procedimento. Vi è una riflessione quanto mai opportuna sulla ulteriore sollecitazione alla Scuola Superiore della Magistratura di farsi carico di un impegno formativo che non sia soltanto un impegno a livello centrale, già esistente, ma anche un impegno a livello di formazione decentrata. Un impegno che possa essere soprattutto multidisciplinare e che in qualche modo coinvolga, dal punto di vista soggettivo, non soltanto i giudici ma anche i magistrati onorari e gli avvocati, magari con un’interlocuzione con le

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cui particolarità richiede questo approccio multidisciplinare. Se queste erano e sono alcune delle più significative esigenze cui assolvere, ci siamo posti il problema di come fornire uno strumento di ausilio, soprattutto per i giudici che si occupano della materia. In quest’ottica, poiché il Consiglio di qui a pochi mesi pubblicherà un nuovo portale internet, con caratteristiche del tutto diverse da quello attuale, non solo dal punto di vista della grafica e della capacità di comunicazione ma soprattutto perché ha l’ambizione di porsi come un portale di servizio in alcune materie per i magistrati italiani, abbiamo previsto di dedicare una specifica area tematica alla protezione internazionale. Un’area tematica che dovrà essere innanzitutto un luogo di confronto, di acquisizione e di messa a disposizione di materiali; in particolar modo stiamo immaginando - la giornata di oggi e soprattutto la mattinata potranno essere utili ad avere spunti per come questo potrà essere uno strumento utile - un’area in cui ci sia una puntuale ricognizione delle fonti normative, seguendo il percorso di evoluzione normativo di riferimento. Abbiamo previsto un’area dedicata alla raccolta della giurisprudenza di merito, perché occorre facilitare al massimo grado la possibilità di scambio delle conoscenze, degli approfondimenti e anche delle soluzioni in concreto adottate nei diversi tribunali e anche un’area destinata alla raccolta di materiale di carattere scientifico, che possa essere di ulteriore ausilio. Più in particolare sarà utile prevedere - questo potrebbe oggetto di un’interlocuzione che potremmo avere anche con il Sottosegretario Manzione - la possibilità di mettere a disposizione dei giudici che si occupano di questa materia di una pubblicazione delle Country of Origin Information. È questo uno dei punti più delicati, perché il compito del giudice in questa materia è del tutto particolare nella misura in cui deve procurarsi da sé delle informazioni, che non sono informazioni giudiziarie ma sono di carattere internazionale. Poiché il Ministero degli Interni svolge un ruolo di raccolta, di approfondimento di queste tematiche e di questa documentazione, che deve essere utilizzata dalle Commissioni territoriali, uno dei punti nodali del contributo che potremmo dare può essere in questa direzione: raccogliere questa documentazione, renderla fruibile a chi ne ha diritto in quanto tecnicamente deputato a svolgere questo

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compito nell’ambito dei nostri tribunali e quindi aiutare a colmare un vuoto, una difficoltà operativa che ci è stata segnalata più volte. Credo che questi ambiti, che poi saranno gli ambiti di trazione del portale, sono quelli che interessano e che hanno interessato per la maggior parte il dibattito di questi mesi, che veniva proprio dai magistrati impegnati in questa materia. Le difficoltà sono note a tutti; c’è anche in qualche modo la necessità di fare fronte a flussi e numeri di significativo impatto per alcuni tribunali. La mattinata ci potrà essere utile per affrontare il tema, non solo dal punto di vista delle soluzioni tecniche e giurisprudenziali ma soprattutto dal punto di vista delle soluzioni organizzative, perché il ruolo del Consiglio è quello di cercare di comprendere innanzitutto le difficoltà organizzative, quali soluzioni possono essere messe in campo e come la nostra attività - anche di normativa secondaria o comunque di stimolo e di interlocuzione con altre autorità istituzionali - possa contribuire a rendere più agevole il lavoro del giudice. In questo senso anche vi auguro una buona mattinata di lavoro. Il dibattito sarà moderato dai colleghi Giulia Spadaro, magistrato segretario della Settima Commissione, e Fulvio Troncone del nostro Ufficio Studi che prenderanno il nostro posto appena ci allontaneremo. Grazie.

Francesco CANANZI, Presidente della Settima Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura – Saluto gli ospiti intervenuti, fra cui il Sottosegretario Manzione che parteciperà ai lavori da questo momento. Aggiungo a quanto detto da Antonello Ardituro che noi annettiamo grande importanza a questa fase del dibattito, proprio perché vorremmo che il Consiglio potesse dare una mano in questa direzione.

L’invito è anche a fare una verifica rispetto alle applicazioni extradistrettuali così come le state sperimentando negli uffici. Vi dico da subito che la grande difficoltà che abbiamo avuto è stata quella di avere a che fare con una coperta corta e quindi di consentire delle applicazioni a colleghi che provenivano da uffici più disastrati di quelli ai quali dovevano essere destinati. Lo strumento è sicuramente importante e sta producendo, secondo me, ottimi risultati in alcune realtà, ma ci scontriamo con

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modifica in questa direzione, che ci venga fatto un report sulla validità dello strumento e sui possibili cambiamenti che su questo strumento dell’applicazione possiamo chiedere e operare. Ci scusiamo ma siamo costretti ad allontanarci; vi lasciamo in ottime mani, quelle di Fulvio Troncone e Giulia Spadaro, oltre che dei nostri graditi ospiti.

Politica e giurisdizione in materia di protezione internazionale: criticità, prospettive, soluzioni normative ed organizzative, buone prassi, applicazioni ex art.

18 ter l. n. 132 del 2015.

Fulvio TRONCONE, Magistrato addetto all’Ufficio Studi. Diamo inizio ai lavori dando immediatamente la parola al dottor Dipietro, Presidente di Sezione del Tribunale di Catania, competente ratione loci per la trattazione di questo tipo di procedimenti e che ci illustrerà anche la convenzione che hanno stipulato in materia.

Giovanni DIPIETRO, Presidente di sezione del Tribunale di Catania.

Ringrazio il Presidente della Settima Commissione e tutto il Consiglio Superiore della Magistratura per questo invito, che ritengo rivolto non tanto alla persona quanto all’ufficio che rappresento. Il fatto di avere scelto un magistrato di Catania per aprire i lavori di un seminario, che sono sicuro sarà produttivo di risultati, è indicativo di un segno di attenzione che Catania meritava e che il Consiglio Superiore ha opportunamente colto. Penso di parlare a nome di tutti i colleghi nel senso di esprimere l’apprezzamento per questo segnale forte di attenzione che il Consiglio ha espresso. Perché segnale forte di attenzione? Perché di là dalla guerra dei numeri, che emerge giorno per giorno dalla lettura dei giornali, che si occupano per lo più del problema - per carità essenziale - dell’accoglienza, mi sembra indubitabile che il Tribunale di Catania sia l’avamposto più avanzato dal punto di vista giurisdizionale per la quantità continuamente esorbitante, continuamente eccedente la normale

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tollerabilità di procedimenti relativi alle impugnazioni dei provvedimenti amministrativi delle Commissioni territoriali che neghino il riconoscimento dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria. Le ragioni geopolitiche di questa situazione sono ben note. La collocazione di Catania e del suo distretto si identifica sostanzialmente, dal punto di vista degli sbarchi, con il distretto di sud-est, quindi con tutta quella vasta costa che non fu utilizzata solo dagli Alleati nel 1943 ma che viene utilizzata ancora oggi, nonostante pause legate ad accordi internazionali che per qualche tempo si può pensare che abbiano deviato questo percorso, da parte dei trafficanti di essere umani come costa di sbarco per migliaia di migranti, che aumentano d’estate in relazione alle migliori condizioni climatiche. Vi do dei numeri per darvi l’idea di quanto Catania abbia questo primato non voluto rispetto a tutti gli altri tribunali italiani. Abbiamo in questo momento dinanzi alla mia Sezione 6.772 procedimenti pendenti di tal genere, che si sono sestuplicati nel giro di due anni e mezzo rispetto al 1° gennaio 2014, quando erano soltanto 1.700. Questa situazione è legata anche alla scelta normativa di identificare il giudice competente nel tribunale del capoluogo di distretto, quest’ultimo a sua volta individuato sulla base del luogo di presentazione dell’istanza di riconoscimento dello status o sulla base del luogo di

“custodia” - centri di accoglienza, centri di trattenimento - in cui si trovi il ricorrente.

Nel distretto di Corte d’Appello di Catania ricade, come sapete, il centro di accoglienza di Mineo che probabilmente ancora oggi, nonostante le riduzioni di numero, rimane il più grande d’Europa. La convergenza di questi due fattori - gli sbarchi e la presenza nel territorio della Corte d’Appello di Catania del centro di accoglienza di Mineo - ha portato a identificare il Tribunale di Catania come il tribunale che si occupa delle controversie relative al riconoscimento dello status di questa vasta serie di migranti. La vicenda della competenza per territorio ha degli aspetti di criticabilità normativa. Ricordo quando ero semplice giudice istruttore alla Prima Sezione Civile - quindi all’inizio del secolo! - che la competenza per territorio era identificata anche dalla Cassazione a prescindere dall’identificazione del tribunale

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distrettuale ma sulla base di un radicamento più diretto e di un rapporto territoriale più immediato fra richiedente e tribunale. Questo portava, per esempio, prima della modifica normativa sopraggiunta nel secondo decennio, a identificare spesso come tribunale competente quello di Siracusa. Poi, su sollecitazione anche dell’Avvocatura dello Stato, questa competenza venne accentrata ex lege presso il capoluogo di distretto, contraddittoriamente peraltro con l’indicazione normativa che consentiva e consente alle Commissioni territoriali di costituirsi personalmente attraverso i suoi funzionari, e quindi liberando l’Avvocatura dello Stato almeno per il primo grado dal problema della rappresentanza in giudizio. Nonostante questa possibilità di costituirsi in giudizio personalmente rimane la competenza territoriale del tribunale del capoluogo di distretto, che poi applicando le tabelle porta la competenza territoriale di una sola sezione, in questo caso la Prima Sezione Civile del Tribunale di Catania, che è la casamatta, il fortino della seconda guerra mondiale superato in tromba dagli invasori, in senso metaforico, assolutamente non in grado di gestire numeri di cui il Presidente del Tribunale qui presente Bruno Di Marco, che saluto, ha dato più volte manifestazione con delle relazioni accorate rivolte al Ministero, rivolte al Consiglio Superiore, in cui illustrava la particolarità della situazione di Catania e della Prima Sezione Civile. Non ultimo il Presidente ha inviato al Consiglio Superiore una relazione sul progetto “Migrantes”, di cui parlerò più avanti, a testimonianza di un impegno che caratterizza l’intero Tribunale di Catania, dal Presidente del Tribunale all’ultimo ausiliario, nel tentativo di far fronte a una situazione peculiare non solo per i numeri che vi ho dato ma in generale per la conformazione storica del Tribunale di Catania. Il Tribunale di Catania, non dimentichiamolo, è stato credo quello che ha assorbito il maggior numero di sezioni distaccate soppresse. Non credo che vi sia in Italia un tribunale che ha assorbito - il 13 settembre del 2013 - sette sezioni distaccate, alcune delle quali di rilevanza quantitativa e qualitativa analoghe a quelle di un tribunale di un capoluogo di provincia. Basti pensare a sezioni distaccate a forte densità abitativa, a forte litigiosità come quelle di Mascalucia e di Acireale, per dare

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l’idea di quello che è arrivato in questi tre anni al Tribunale di Catania e alla Prima Sezione Civile, che ha raccolto circa il 20% dei procedimenti provenienti dalle sezioni soppresse, ha raccolto l’intera giurisdizione del giudice tutelare e ha raccolto, dopo la legge del 2012, anche il contenzioso relativo ai figli nati al di fuori del matrimonio. C’è stata quindi un’operazione normativa multipla che ha portato a moltiplicare le difficoltà in un tribunale già storicamente predisposto a subire e a dovere gestire un numero così rilevante di procedimenti come quelli che riguardano gli stranieri. Il tutto in una situazione logistica della quale pure il Presidente del Tribunale e il Presidente della Corte d’Appello hanno più volte dato notizia nella speranza, forse adesso, di dare inizio a un procedimento che ci porti ad avere tra qualche anno delle sedi più adeguate nelle quali potere svolgere l’attività giudiziaria.

Quando arrivai alla Prima Sezione Civile, due anni fa, entrai in crisi non solo e non tanto per i numeri che vi ho dato, ma perché l’effetto concentrato di queste difficoltà finiva per porre in crisi ai miei occhi il ruolo stesso della giurisdizione. Se siamo tutti d’accordo sul fatto che la giurisdizione è l’applicazione della legge nel caso concreto, quando hai di fronte seimila procedimenti che riguardano seimila esseri umani e non hai la certezza e la possibilità di deciderli in tempi ragionevoli e distinguendo caso per caso entra in crisi la visione che abbiamo della giurisdizione. Entra in crisi la capacità di trasfondere nella decisione, anche la più banale, i valori e gli interessi che, derivando dalla Costituzione, irrorano poi l’intero tessuto normativo e quindi la nostra attività giudiziaria, anche quella più minuta e quotidiana. Questo rischio della crisi del ruolo della giurisdizione è un rischio latente nel Tribunale di Catania per le motivazioni che vi ho detto, nonostante lo sforzo ammirevole che mi sento di potere testimoniare essere stato profuso da tutte le componenti dell’ufficio giudiziario: dal Presidente del Tribunale al dirigente amministrativo, al personale amministrativo che va in pensione senza essere sostituito. Abbiamo carenze del 40% con colleghi che hanno ritmi di lavoro certamente non inferiori a quelli degli altri colleghi, da soli farebbero media rispetto al livello medio della produttività dei magistrati europei.

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Allora la risposta quale è stata, sia personale che professionale e organizzativa?

Quella di chiamare a raccolta tutte le risorse disponibili per cercare di tenere almeno la linea di galleggiamento rispetto a numeri comunque ingestibili soltanto da noi e cercare di marcare un’inversione di tendenza prima ancora che operativa direi culturale. Questa inversione di tendenza è stata realizzata, e la si continua a perseguire e a coltivare, grazie a una serie di fattori non soltanto umani e personali ma anche legati alla capacità della dirigenza del tribunale, e a cascata di tutti quelli che seguono il Presidente del Tribunale, di utilizzare sinergie, collaborazioni e punti di contatto anche con forze non giudiziarie in senso stretto. Al Tribunale di Catania, pur nella difficoltà complessiva che paragonerei a quella di una corazzata che abbia una grossa falla a poppa e debba continuare a proseguire imbarcando continuamente acqua, ci sono stati almeno lo sforzo, la capacità che penso possano essere un utile modello per tutti, di coinvolgere anche le forze esterne in uno sforzo di miglioramento per quanto possibile di alcuni livelli delle prestazioni. In questo il pretesto costituzionale è stato fornito dall’intelligente utilizzazione che si è fatta di alcuni progetti del Formez, finanziati per mezzo della Regione dall’Unione Europea, che ci hanno dato la possibilità di interloquire - per circa un anno, e adesso in regime di proroga per altri due anni, con estensione a tutto il distretto di Corte d’Appello, mentre all’inizio lo è stato solo per noi – con degli analisti che hanno operato una sorta di risonanza magnetica dell’intero ufficio giudiziario e hanno prestato particolare attenzione alle problematiche segnalate da noi e quindi alle problematiche organizzative di una sezione, come la Prima Sezione Civile, così impegnata su territori vastissimi. Considerate che la Prima Sezione Civile per motivi tabellari, logistici e organizzativi è storicamente attributaria anche di procedimenti ordinari, quindi non solo famiglie in tutte le accezioni possibili, non soltanto persone ma anche contrattualistica, in un organico che è stato, almeno fino al mio arrivo, per buona parte del decennio che ha preceduto il mio arrivo carente di almeno una, due e a volte anche tre unità. Il percorso virtuoso è iniziato con il conseguimento finalmente di

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condizioni di pieno organico, grazie anche alla sensibilità del Presidente del Tribunale, alla volontà e capacità che ha avuto di ampliare anche tabellarmente l’organico della sezione, nella quale finiva per non voler venire nessuno per timore di essere esposto a ritmi insostenibili. Si è raggiunto quindi il pieno organico e l’analisi degli analisti del Formez ha condotto a una serie di prassi e di strumenti che possono essere un esempio anche per una progressione ulteriore sia dell’ufficio giudiziario che di altri uffici giudiziari. Torno indietro, in questa esposizione che faccio a braccio per cercare anche di rendere l’idea delle problematiche che ci sono e dalle quali spero che in questo incontro si tragga spunto per una loro soluzione, almeno parziale. Noi scontiamo, nell’affrontare queste tematiche, nel decidere e nel trattare queste controversie una limitatezza storica ormai conclamata e consolidata: la limitatezza dell’inveramento costituzionale del diritto di asilo. Sappiamo tutti che la proclamazione dell’articolo 10 porterebbe, se applicata come dovrebbe, all’affermazione di un diritto soggettivo perfetto all’asilo, anche a prescindere dalle condizioni restrittive di cui alla Convenzione di Ginevra. Fino agli anni ’90 la Cassazione parlava di un diritto soggettivo perfetto ex articolo 10, analogo al diritto di sciopero ex articolo 40, cioè c’è per il solo fatto che la Costituzione lo introduce.

non è una norma programmatica. Il rinvio alle leggi è solo eventuale, le leggi possono disciplinarne le modalità di riconoscimento ma non i presupposti sostanziali, che sono legati - nella formulazione dell’articolo 10 - all’impossibilità concreta del soggetto che chieda l’asilo di esercitare le libertà democratiche nel proprio Paese, libertà democratiche garantite dalla Costituzione repubblicana. Quindi, secondo anche una certa interpretazione degli anni ’70 e ’80, si poteva pensare che anche il diritto al lavoro e tutte le aspettative economiche, che poi sono quelle che giustificano il 90%

degli sbarchi, fossero muniti di copertura costituzionale. Mi rendo conto che questo schema interpretativo poteva avere facile gioco nell’epoca dei blocchi contrapposti, perché la divisione in due blocchi del mondo ideologicamente contrapposti portava ad una sorta di controllo reciproco delle migrazioni e impediva che 800 milioni di

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cinesi si rivolgessero alla frontiera di Trieste per chiedere il riconoscimento del diritto di asilo, che in astratto poteva anche spettare secondo l’articolo 10 della Costituzione.

Il commissario del popolo che accompagnava la nazionale della Corea del Nord che nel 1966 batté l’Italia per un gol del dentista Pak Doo-Ik stava lì per impedire che gli altri andassero a chiedere asilo in Inghilterra. Finché esistettero i blocchi noi avevamo la possibilità di fare letteratura sull’articolo 10 della Costituzione e ritenerlo una bellissima affermazione. Poi la Cassazione, come sapete, ha preso atto del fatto che le migrazioni diventavano un fenomeno imponente, determinato da motivi economici, e ha sancito il principio che l’articolo 10 è quello che è inverato dalle convenzioni internazionali e dai decreti legislativi attuativi delle direttive comunitarie, quindi non è il diritto di stare e godere delle libertà democratiche in Italia quando non godute altrove ma è semplicemente una posizione sostanzialmente strumentale: il diritto di stare nel territorio italiano fino all’esito del procedimento di riconoscimento dello status di rifugiato nelle condizioni previste però dalla Convenzione di Ginevra, quindi o persecuzione personalizzata - rifugiato - o stato di pericolo derivante da situazioni di guerra locali o pericolo di tortura o pena di morte, protezione sussidiaria. La Corte di Cassazione chiude il discorso della conformità a Costituzione di questa interpretazione utilizzando l’istituto introdotto, forse casualmente, dal legislatore nel 1998: l’articolo 5 comma sesto “permesso di soggiorno per ragioni di protezione umanitaria”, valvola di sfogo che consente alla Commissione territoriale, quando rigetta le domande principali, di rimettere gli atti al questore per il rilascio di un permesso di soggiorno. Di fronte a questa restrizione del diritto di asilo per effetto della sua conformazione alla Convenzione del 1951 abbiamo una percentuale altissima di rigetti e una percentuale relativamente bassa di accoglimenti. Questo può porre dei problemi ma anche degli spunti di soluzione dal punto di vista di un’eventuale riforma del procedimento giurisdizionale, di cui farò cenno alla fine.

Riprendendo il discorso delle sinergie e dell’impiego di tutte le risorse possibili per cercare almeno di continuare a fare testimonianza giurisdizionale, nell’ambito di

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numeri che comunque, ripeto, sono oggettivamente rebus sic stantibus ingestibili, vi farei cenno del complesso di manovre poste in essere dal Tribunale di Catania in subiecta materia. Vi ho detto dell’analisi fatta dai progettisti del Formez e dei risultati che essi hanno determinato. Uno degli effetti positivi della presenza degli analisti è stata, per esempio, la possibilità per me di stare a tavolino e di riflettere un pochino in termini di sfrondamento di formalità. Mi sono accorto, per esempio, che la Prima Sezione Civile aveva un eccesso, secondo la logica del “si è fatto sempre così”: una logica di comunicazioni, per esempio, agli uffici del PM in sede civile assolutamente inutili. Abbiamo operato quindi un’attività di sfrondamento che ha consentito di non comunicare all’ufficio del PM provvedimenti da lui non impugnabili e per i quali al massimo, se l’intervento obbligatorio era previsto, l’intervento era già assolto, secondo quel che dice la Cassazione anche dalla sola trasmissione della fissazione del decreto che fissi l’udienza e comunque dell’esistenza del procedimento.

L’applicazione estensiva dell’articolo 70 che tutti conosciamo. Quest’opera di sfrondamento ha colpito, per esempio, anche i provvedimenti che definiscono i procedimenti di impugnazione, perché per quelli è previsto, come sapete, l’intervento obbligatorio del PM ma non gli è conferito esplicitamente il potere di impugnazione;

il potere di impugnazione deve essere conferito esplicitamente al PM oppure deve essere relativo ad azioni che egli avrebbe potuto proporre, mentre lui non può proporre l’impugnazione di un diniego di riconoscimento. C’è stata un’opera anche sinergica con la locale Procura della Repubblica, che ha portato ad una semplificazione complessiva dei carichi di lavoro, soprattutto della cancelleria della Volontaria giurisdizione e della cancelleria della Prima Sezione Civile, con conseguente possibilità di dedicare più tempo, più risorse e più personale a queste attività; contestualmente con la Procura della Repubblica si è anche stipulato - alla fine di questo percorso virtuoso - un accordo definito “protocollo di intesa”, che posso anche mettere a disposizione, con il quale si è introdotta la telematizzazione anche negli scambi informativi relativi ad atti, provvedimenti e procedimenti con il

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Pubblico Ministero. Si è eliminato quindi in buona parte quel continuo trasmettere fascicoli cartacei attraverso gli ausiliari, che per noi è anche un problema perché gli uffici civili della Procura non sono al Palazzo di Giustizia ma in un’altra sede. Questo soprattutto in un’ottica di semplificazione, una volta che si sono ridotti all’essenziale gli adempimenti che riguardano il Pubblico Ministero. Nell’attesa che si colmassero i vuoti di organico della sezione si è dato corso a un’utilizzazione ampia dei giudici onorari di tribunale, con tutte le riserve che derivano dalla loro inadeguatezza culturale, perché è mancata una preparazione di base che li portasse a trattare questi procedimenti nella maniera processualmente e sostanzialmente più corretta.

Utilizzando gli spazi consentiti dalla circolare del CSM sull’utilizzo dei giudici onorari di tribunale, e in presenza di queste significative vacanze dell’organico, il Presidente del tribunale su mia proposta ha adottato una variazione tabellare, varata anche dal Consiglio Superiore, per cui nell’attesa che arrivassero i rinforzi ho comunque distribuito lo sforzo coinvolgendo anche i giudici onorari di tribunale.

Anche la dirigenza amministrativa - a Catania abbiamo la doppia dirigenza - ha contribuito per quanto possibile cercando di ridurre la riduzione dell’organico amministrativo del personale. Questo è stato importante soprattutto in funzione dell’operatività dell’applicazione. Noi abbiamo attualmente un applicato ed è prevista entro il 14 ottobre se non erro la possibilità di averne un altro se l’interpello sortirà effetto, come mi auguro, positivo e quindi di associare a Calogero Commandatore, che è qui con noi e che mi auguro faccia un intervento più tardi, un altro applicato. La razionalizzazione e l’utilizzo delle risorse amministrative ha consentito di utilizzare Calogero nella migliore misura possibile, considerato l’immane sforzo organizzativo che ha caratterizzato e che è seguito al suo arrivo. Anche lì, applicando alla lettera la circolare e la legge che prevedono, come è giusto che sia, un utilizzo esclusivo dell’applicato per queste controversie, si è deciso - con variazione tabellare anch’essa adottata - di assegnare a Calogero tutti i procedimenti che erano pendenti dinanzi ai togati alla data del suo insediamento, circa 2.000-2.500. Questo ha comportato un

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lavoro organizzativo enorme, uno spostamento di fascicoli materiale e digitale che ha impegnato la cancelleria per mesi; è stata la preparazione di una, spero, “gioiosa”

macchina da guerra che non ha ancora dispiegato la sua potenzialità piena perché è stato necessario prepararla. Calogero è stato impegnato anche nell’opera di movimentazione di fascicoli che avevano avuto un esito incerto prima del suo arrivo.

Abbiamo calcolato, stilando la relazione che il Consiglio ci ha chiesto sul primo semestre di operatività, che a prescindere dai procedimenti definiti comunque la sua attività di movimentazione ha comportato l’adozione di almeno 2.000 provvedimenti di impulso, cioè di fissazione o rifissazione di udienza, i quali a loro volta hanno comportato un lavoro supplementare per la cancelleria, considerato che ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. 150/2011 tutti gli adempimenti, notifiche e comunicazioni in questo rito sono a carico della cancelleria. La difficoltà logistica di cui vi ho detto è sfociata nella necessità di autorizzare Calogero a fare un’udienza pomeridiana, anche qui debbo dire con il consenso di tutti, proprio perché non abbiamo più dove mettere un ago nei locali attuali in cui lavoriamo nel Tribunale di Catania. Anche questa è una sperimentazione riuscita. Ci possono essere state preoccupazioni per la sicurezza, ma penso che queste preoccupazioni debbono essere superate rispetto all’esigenza di fare andare avanti i procedimenti in mancanza di alternative. Il lavoro di Calogero è stato, è e sarà importante. Per fortuna mi è capitato l’uomo giusto, debbo dire, nell’ambito della scarsezza di risorse, perché ha portato un contributo organizzativo, culturale e ideativo che spero possa essere utilizzato anche in prospettiva dei rimedi, delle soluzioni che prospetterò più avanti. Calogero è, tra l’altro, referente per la formazione della struttura territoriale della Scuola Superiore di Caltanissetta, ha già organizzato un bellissimo convegno di tre giorni a livello decentrato sul tema dell’immigrazione ed è una risorsa da utilizzare anche in funzione della formazione permanente, dico io, degli avvocati e dei colleghi su questi temi e dei giudici onorari di tribunale, soprattutto di quelli di nuova assunzione. Nella prospettiva, aggiungo, di rendere l’esperienza dell’applicazione un’esperienza testimoniale. La norma non

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prevede un limite temporale oltre il quale le applicazioni possano essere disposte, prevede solo un limite temporale per la singola applicazione, ma non un divieto di disporne altre fra due - tre anni. L’ideale sarebbe quindi, in situazioni di emergenza ormai consolidate e in situazioni di fisiologia della patologia come queste, in una realtà come Catania averne più di uno perché due non sono neanche sufficienti ma sono sempre meglio di uno, e congegnare il meccanismo in maniera tale che vi sia un passaggio continuo di esperienze e di consegne fra i precedenti applicati e i nuovi applicati. Gli applicati non solo si dedicano a tempo pieno a questo argomento ma hanno la possibilità di trasmettere una cultura del processo e della sostanza della materia sia ai colleghi che ai giudici onorari di tribunale, che vanno utilizzati non solo in presenza di significative vacanze dell’organico, quindi con la formazione di un ruolo, ma anche in affiancamento. Adesso una carta che andrebbe giocata è quella dell’utilizzo sapiente dei giudici onorari di tribunale di nuova assunzione che sono arrivati al Tribunale di Catania. Non so se siano arrivati anche in altre sedi, da noi ce ne sono alcuni in gestazione, più di venti, che dovrebbero iniziare il tirocinio a novembre. L’augurio sarebbe che lo iniziassero il più presto possibile. In questo formulo un invito per un sollecito avvio del tirocinio e soprattutto per una valorizzazione - lo dico con una punta di egoismo - dei più idonei e più bravi per questo settore. Qui il compito di Calogero è quello di individuare i più idonei, visto che penso sarà lui incaricato di gestire la formazione di questo settore, con la speranza di utilizzarli in affiancamento e quindi di aumentare col meccanismo dell’affiancamento in maniera esponenziale, in termini di progressione geometrica, la produttività dell’applicato e in generale della sezione. È stata utile anche la collaborazione con il Tribunale per i minorenni, che con un’interpretazione evolutiva che condivido ha ritenuto di avocare a sé la competenza per la trattazione di tutte le tematiche che riguardino i minori stranieri non accompagnati dal punto di vista della tutela. Mentre fino a qualche anno fa operava una distinzione fondata sulla prassi, oltre che su alcuni dati normativi, di cui la collega Pricoco Presidente del Tribunale per i minorenni è chiaramente più a conoscenza di me, fondati sull’età dei minori. Se

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fossero stati vicini alla maggiore età il Tribunale per i minorenni non si sarebbe occupato di essi, invece da circa un anno e mezzo ha unificato la trattazione di questi procedimenti assumendosi la gestione anche della tutela e quindi alleggerendo da questo punto di vista le funzioni, i compiti e le responsabilità del giudice tutelare relativamente ai minori stranieri non accompagnati. Per quanto riguarda il protocollo raggiunto con le Commissioni territoriali, di cui ho già mandato copia, credo faccia parte del materiale di studio: studiando la normativa sui procedimenti di impugnazione, una delle cose che notai quando arrivai due anni fa fu la valorizzazione in connessione - con la normativa sul processo civile telematico - della possibile costituzione personale, che poi è sempre automatica, è l’unica modalità con cui si costituiscono le Commissioni territoriali. Considerate che nel distretto noi abbiamo Siracusa, Catania e la sezione di Ragusa che fa capo a Siracusa. Abbiamo due Commissioni territoriali che lavorano a tempo pieno in maniera assolutamente meritoria; faccio i nomi delle presidentesse, Valenti e Armenia, come persone che hanno collaborato e lavorano costantemente. Lavorano talmente tanto che fanno audizioni cinque giorni alla settimana ed è anche difficile avere un appuntamento con loro per parlare di queste cose. Le Commissioni territoriali, secondo il PCT, in quanto soggetti legittimati dalla norma a costituirsi personalmente, quindi liberando l’Avvocatura dello Stato, sono tenute a inserirsi nel ReGIndE a pena di deposito in cancelleria delle comunicazioni che le riguardino. Questa leva, utilizzata in senso

“minaccioso”, finalmente è riuscita a fare ottenere, dopo due anni di insistenza del Presidente del Tribunale e mia personale, l’inserzione delle Commissioni territoriali di Siracusa e di Ragusa nel ReGIndE. L’entrare nella modernità, nel secolo 2.0, ha semplificato e semplificherà enormemente gli adempimenti di cancelleria che riguardano la loro presenza, perché adesso la notifica d’ufficio del decreto di fissazione udienza e del ricorso, che non va neanche scannerizzato quando la costituzione ricorrente è telematica, vengono inoltrate per via digitale alla PEC della Commissione territoriale che ha emanato il provvedimento della cui impugnazione si

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tratta e la Commissione territoriale si costituisce in maniera telematica, con un risparmio di carburante del personale che da Siracusa deve venire qua, di tempo, di carte e di semplificazione. Questo si è ottenuto in esito a quest’accordo di collaborazione che in realtà è un accordo sulle procedure e sui modi per alzare l’asticella sempre più in alto. Il primo step di questa asticella, di cui l’accordo di collaborazione costituisce l’espressione, che però è fondamentale, è stata l’inserzione delle Commissioni di Siracusa e Ragusa - competenti per quanto riguarda le impugnative di spettanza del Tribunale di Catania - nel ReGIndE, con tutte le conseguenze ovvie di fluidificazione, come direbbe Edmondo Fabbri, di semplificazione che ne derivano. L’accordo ha un contenuto anche culturale perché c’è l’intento - ferma restando la separazione che non è separatezza, ferme restando l’autonomia e l’indipendenza del giudice nel valutare le risultanze dei singoli procedimenti, sempre che si riesca a considerarli singoli, sempre che si riesca a considerarli oggetto di giurisdizione e non di catene di montaggio - di attuare uno scambio sinergico di informazioni sulla situazione socio-economica dei Paesi di presunta, di dedotta o di comprovata provenienza e la possibilità di acquisire, attraverso gli strumenti del ReGIndE, tutti i precedenti della sezione per accentuarne la prevedibilità e stimolare una difesa che non sia una difesa a tirar tardi, ma una difesa funzionale all’ottenimento di una risposta di merito in tempi ragionevoli ed essenziali. L’accordo di collaborazione si svilupperà ulteriormente grazie alla presenza anche propulsiva degli analisti, nei termini che vi dirò. Un’altra possibilità, a prescindere dall’accordo di collaborazione, è quella di sviluppare le sinergie, oltre che con le Commissioni territoriali in quanto tali e con la Commissione nazionale per il diritto di asilo, anche con le Prefetture perché un modo per semplificare e razionalizzare i procedimenti è anche quello di raccoglierli e deciderli per affinità legate ad alcuni elementi denominatori comuni. Un elemento denominatore comune essenziale, su questo ha insistito molto Mariano Sciacca, è quello dell’accertamento della presenza o della persistente o meno presenza dei soggetti richiedenti nei centri

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di accoglienza. Se la persona si è per qualunque motivo volatilizzata, è chiaro che al procedimento che lo riguarda non si può e non si dovrà dare, nell’ambito dei numeri complessivi che vi ho detto, la priorità che andrà assicurata al procedimento che riguarda chi è nel centro di accoglienza. Su questo invito tutti a una riflessione, perché per consentire alle Prefetture di valutare la persistente presenza o meno dei richiedenti asilo nei centri di accoglienza, cioè l’identità fra gli uni e gli altri, occorre consentire l’accesso ai registri informatici del tribunale e quindi occorre un’interpretazione o una direttiva di carattere generale che compete, credo, al Ministero, che consenta ai responsabili del trattamento dei dati a livello locale, cioè ai Presidenti dei Tribunali, di autorizzare l’accesso per motivi di giustizia e di funzionalità amministrativa delle Prefetture, che agiscono in questo diversamente dalle Commissioni territoriali, ai registri telematici per fare le verifiche della identità tra il richiedente asilo e il tuttora ospitato nei centri di accoglienza. Ciò al fine che, da quest’accertamento a cascata poi restituito agli uffici giudiziari, il giudice possa programmarsi il suo lavoro nel fissare le udienze e nel dare le priorità in funzione di un’accelerata definizione dei procedimenti in cui vi siano dei soggetti ancora risultanti trattenuti o custoditi o protetti in centri di accoglienza. Con una ricaduta in termini di minori costi economici nel medio periodo che non è da sottovalutare. Quali sono adesso le frontiere che con gli analisti del Formez stiamo prendendo in esame come seconda misura del “salto in alto” nell’ambito dei rapporti a mio avviso fruttuosi e utilissimi che intratteniamo da un punto di vista organizzativo e logistico con le Commissioni territoriali? Il collega Commandatore ha elaborato un modello di memoria difensiva che va condiviso, ma c’è una disponibilità in tal senso delle Commissioni territoriali, in cui la Commissione territoriale nell’esporre legittimamente le sue ragioni segue alcuni step essenziali, rispondendo a ipotetiche domande e traducendole in deduzioni relative alla situazione del Paese di provenienza, la situazione specifica del soggetto se conclamabile, alle modalità, eccetera, in modo che a questa essenzializzazione - che poi è compatibile, anzi esalta

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lo strumento telematico e la trasmissione digitale - possa corrispondere a regime anche una risposta giudiziaria, secondo modelli che già il Consiglio di Stato adotta da tempo essenziali ma non per questo non esaurienti di risposta giurisdizionale alla domanda di giustizia sottesa alla proposizione del ricorso. La nostra ambizione è anche maggiore, è quella di coinvolgere gli avvocati, soprattutto considerato che nonostante la crisi che porta un po’ a invadere campi professionali non propri, abbiamo scoperto che sono poche decine, se non meno, gli avvocati che operano sul territorio di questo contenzioso. Se si riuscisse, coinvolgendo i Consigli dell’Ordine, a creare un modello virtuoso di ricorso fondato su basi e affermazioni essenziali, analoghe a quelle per cui si sta lavorando sul fronte della costituzione della Commissione convenuta, avremmo due schemi di atti costitutivi ridotti all’osso ma non privi di contenuto idoneo alla risposta giurisdizionale e in prospettiva altrettanto consequenziale una risposta giurisdizionale altrettanto sintetica, che non è altro che la filiazione della scelta di sommarizzazione del rito operata dal legislatore del 2011. Un altro rimedio che stiamo adottando è l’attivazione del cosiddetto “Progetto Strasburgo”. La regione è in grado di finanziare alcune borse di studio in favore di laureati anche non necessariamente in giurisprudenza da utilizzare per il contenzioso giudiziario. Il Presidente del Tribunale mi ha chiesto di elaborare un progetto di utilizzo di questi tirocinanti che dovrebbero entrare in servizio forse a fine novembre.

Un’ipotesi di utilizzo dei tirocinanti - Mariano Sciacca lo può confermare - è quella di affiancarli ai giudici onorari in un lavoro di selezione dei procedimenti, in funzione di quelle esigenze acceleratorie legate alla persistente presenza o meno del soggetto nel centro richiedente o all’adozione di una misura cautelare civile che lo riguardi, all’aggiornamento delle schede sulle situazioni sociali ed economiche dei Paesi di provenienza e alla predisposizione di schede sui singoli procedimenti, in quanto possibile, in funzione anche della predisposizione di bozze di motivazione. Questo progetto, finanziato dalla Regione siciliana ma gestito dalle università, quindi con le garanzie del livello alto dei soggetti da scegliere, potrebbe essere un modo per cercare

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di attivare tutte le energie possibili. Come vedete si sta raschiando il fondo del barile ma non possiamo fare altro che questo. Un invito che formulerei al Ministero è quello, nel caso in cui vi siano finalmente le tanto attese assunzioni di nuovo personale amministrativo, che ci sia una adeguata considerazione della realtà giudiziaria siciliana e catanese e che quindi queste nuove forze amministrative vengano assegnate in via prioritaria a Catania e alla Sicilia. Calogero Commandatore sta andando avanti perché alla tenuta del suo ruolo istruttorio e decisorio provvede personalmente il direttore della cancelleria. Questo per dirvi le condizioni in cui operiamo. Su questo i capi degli uffici penso che non mancheranno di far sentire la loro presenza quando arriverà questa tanto attesa assunzione di nuove unità di personale amministrativo. Per quanto riguarda l’organico del Tribunale di Catania: ho letto il bel parere del Consiglio giudiziario sul progetto ministeriale di revisione;

condivido pienamente la richiesta del Consiglio giudiziario di non tirare la coperta da una parte per scoprire l’altra parte. L’auspicio è che non venga soppresso il posto di Caltagirone per darlo a Catania, ma che si trovino i modi per ampliare l’organico in maniera da non pregiudicare i risultati complessivi della Corte di Appello. Un ultimo spazio per due proposte. Il CSM, a mio avviso, dovrebbe operare una riflessione almeno relativa a realtà come la nostra per una variazione tabellare straordinaria che consenta la distribuzione di questi procedimenti fra tutte le sezioni civili. È una proposta che i miei colleghi fanno costantemente, non può venire dal basso perché i capi degli uffici non possono avere l’autorità normativa e politica per imporre agli altri Presidenti di sezione una simile variazione, però una delega di tal fatta è possibile. Calogero mi diceva che a Milano, per esempio, c’è un’utilizzazione di tutti i GOT, anche quelli di altre sezioni, per questo. Quindi un piccolo passo in questa direzione già è stato fatto. Perché non estenderlo? Si tratta di un sacrificio che distribuito fra cinque - sei sezioni, credetemi, sarebbe molto più leggero che gestire procedimenti come siamo costretti a gestirli noi. Una riconsiderazione della competenza territoriale. Se veramente il Governo riuscirà ad abbandonare la logica

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dei grandi centri di accoglienza e a collocare i migranti richiedenti asilo sul territorio in maniera uniforme, nei piccoli comuni, in piccoli centri di accoglienza, perché non far gestire il relativo contenzioso al tribunale di riferimento territoriale, liberando la Prima Sezione Civile o la Prima Sezione Civile di qualunque tribunale distrettuale da quest’automatismo che la inchioda ad imbarcare acqua mentre procede nella sua navigazione? Riflettiamo sulla competenza per territorio, non mi sembra un dogma insuperabile. Abbandoniamo il mito dell’uniformità delle decisioni. L’uniformità e la prevedibilità si ottengono con l’autoformazione e con la formazione, si ottengono in giornate come queste e come quelle che seguiranno piuttosto che con l’attribuzione a una sezione di un destino che la rende inadatta e inidonea ad assicurare, spesso, la giurisdizione quotidiana su tutti i versanti nei quali è impegnata. Anche per questo non credo che l’istituzione delle sezioni specializzate per la famiglia a livello di Corte di Appello servirebbe a molto se non si liberano i tribunali distrettuali da questo automatismo di competenza territoriale. Per parlare più ampiamente di riforma processuale delle impugnazioni riflettiamo su quanto di garanzie possiamo rendere disponibile e quanto rendiamo indisponibile. È proprio necessario sempre e comunque la fissazione di un’udienza? Perché non prevediamo un procedimento che preveda, proprio adesso che c’è la digitalizzazione e la Commissione ci manda “a casa” i suoi atti costitutivi, uno scambio di difese scritte, soprattutto nei casi in cui il giudice è chiamato a studiare quella questione perché c’è l’istanza di sospensione?

Perché per quella, una volta che la studia, che cioè non sia nelle ipotesi di sospensione automatica, non prevedere un provvedimento nel contraddittorio scritto che definisca il giudizio? Perché non mettere in discussione la stessa appellabilità e introdurre dei filtri ulteriori per la Cassazione? Ci possiamo permettere un doppio grado di giurisdizione per questi tipi di controversie quando raggiungono questa serialità così imponente? Direi che non ce lo possiamo permettere. Riflettiamo su queste cose; qui la parola ovviamente spetta agli uffici legislativi e al legislatore.

Finisco con una frase: “L’arte di sopravvivere è un’avventura che non finisce mai”. A Catania chi vuole la può provare tranquillamente alla Prima Sezione Civile del

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Tribunale di Catania. Grazie.

Fulvio TRONCONE, Magistrato addetto all’Ufficio Studi. Vogliamo salutare l’onorevole Migliore, Sottosegretario al Ministero della Giustizia, che è pervenuto e che darà un contributo ai lavori successivamente. Ringraziamo il Presidente Dipietro per l’inquadramento storico e geopolitico della materia, non priva di riferimenti calcistici! Sicuramente la sua relazione presenta interessanti spunti organizzativi, che saranno oggetto del successivo dibattito, soprattutto per quanto riguarda la collaborazione con altri uffici, per superare quella scarsità di risorse che oggettivamente è nei fatti e che riguarda il Tribunale di Catania ma riguarda anche altri uffici del territorio nazionale. Va approfondita particolarmente, spero nel successivo dibattito, la convenzione che il Tribunale di Catania ha stipulato e che può presentare effettivamente numerosi spunti organizzativi. Penso che possa essere di rilievo anche quello schema di memoria predisposta dal collega Commandatore.

schema che va nella prassi utilizzata da molti uffici, dal Consiglio di Stato ad altri uffici di legittimità. Per quanto riguarda la riflessione in materia tabellare si pone anche un problema di organizzazione e di stimolo. A questo punto passo la parola al Presidente Mangano, Presidente di Sezione del Tribunale di Roma, altro ufficio di frontiera che presenta criticità sovrapponibili e in parte diverse rispetto a quello di Catania.

Franca MANGANO, Presidente di Sezione del Tribunale di Roma. Grazie per questo invito, non posso che manifestare il mio compiacimento per questa attenzione che il Consiglio Superiore della Magistratura manifesta nei confronti di questo contenzioso e del rilievo che questo incontro si propone di dare al momento organizzativo della giurisdizione in materia di protezione internazionale. Purtroppo io non posso rappresentare una situazione del Tribunale di Roma più soddisfacente e positiva di quella rappresentata dal collega Presidente di Sezione del Tribunale di

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Catania perché, come ha anticipato il collega Troncone, anche Roma è un ufficio di frontiera. Se le nostre pendenze al 31 agosto sono più vicine ai 5000 che non ai 6000, perché ci muoviamo attorno a 5500 pendenze di questi procedimenti, è anche vero che le sopravvenienze in materia di protezione internazionale hanno una indicazione assolutamente allarmante. Se è vero che nel 2015 le sopravvenienze di questi procedimenti erano 2370 il primo semestre 2016 ne registra 2250, quindi ci avviamo quasi ad un dato di raddoppio di questi procedimenti. È necessario a questo punto fare una precisazione: anche la raccolta di questi dati ha comportato un dispiego di energia notevole per il livello di approssimazione con i quali io ve li riferisco, perché non esiste un codice unico di registrazione se non di recente. La delibera del CSM di luglio, che invita il Ministero a sollecitare gli uffici giudiziari ad una utilizzazione del codice 113002, se non sbaglio, è una occasione sicuramente molto importante da non perdere perché la conoscenza di questo fenomeno costituisce un prerequisito indispensabile per qualsiasi tipo di intervento. Forti di questa delibera abbiamo già dato avvio al Tribunale di Roma per una indicazione circa l'allineamento di questi dati all'Ufficio del ruolo. È vero che questo non è un lavoro semplice, che per ora noi abbiamo messo in cantiere soltanto per le sopravvenienze del 2016, perché l’esternalizzazione dei servizi comporta l'apertura di ticket per ogni attività di correzione. Tuttavia questa è sicuramente una indicazione che ci viene dal complesso di iniziative che ha assunto il Consiglio Superiore della Magistratura in questa materia di cui non possiamo che essere lieti e al quale abbiamo dato anticipata esecuzione. Allo stesso modo, e forse in maniera più grave, questo problema si avverte per le Corti di Appello, dove addirittura al momento in cui ho chiesto i dati in materia di procedimenti pendenti per la protezione internazionale la ricerca è stata compiuta esclusivamente sulla base della individuazione del convenuto, la Commissione territoriale o il Ministero degli Interni. Quindi anche in questo caso non esiste la possibilità di una immediata rilevazione di questo dato. Posso però restituirvi un dato della Corte di Appello di Roma, che anche se non perfettamente

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sovrapponibile a quello del primo grado - perché il dato è fornito sull'anno giudiziario 30 giugno e non sull'anno solare con il quale io ho riferito a voi questi numeri - ci dice che in Corte di Appello le pendenze e i sopravvenuti sono sicuramente molto più limitati. Nel 2014-2015 c'erano 161 nuove iscrizioni, che sono diventate 293 nel 2015-2016. Lancio subito un motivo di riflessione sul tipo di ausilio che in realtà può dare una riforma che elimini il secondo grado di impugnazione, così come ci viene dalla proposta del collega Dipietro. In realtà non credo che questo potrebbe essere un intervento tale da risolvere o comunque aiutare il problema di questa giurisdizione, perché ho l'impressione che il momento dell'impugnazione in secondo grado non sia poi il momento di maggior sofferenza per gli uffici giudiziari. Senza tener conto che questo correrebbe il rischio di intasare la Corte di Cassazione che ha i problemi suoi, come ben sappiamo. Passo quindi a rappresentare brevemente, anche perché inizio molto più tardi rispetto al tempo previsto e non voglio togliere tempo al dibattito, quelli che sono i momenti organizzativi più rilevanti affrontati dal Tribunale di Roma in questa materia. Devo dire subito che nel momento in cui ho cominciato a stilare una scheda di appunti per aiutare questo mio intervento avevo fatto un elenco delle criticità, poi ho pensato che, tutto sommato, considerato il forte atteggiamento costruttivo che vuole avere questo incontro, era meglio trasferire queste criticità sulle buone prassi con le quali abbiamo cercato di fronteggiarle, per restituire una proposta positiva rispetto al modo in cui il Tribunale di Roma ha affrontato questo importantissimo e gravosissimo contenzioso. Innanzitutto poche parole su come è organizzata la Prima Sezione Civile del Tribunale di Roma. Anche per il Tribunale di Roma, infatti, le controversie in materia di protezione internazionale sono affidate alla Prima Sezione Civile, che è la Sezione che ha competenza in materia di diritti della persona e della famiglia e che ovviamente, come ha ricordato egregiamente il collega di Catania, ha vissuto in questi ultimi anni anche l'incremento di lavoro dovuto al trasferimento di competenze dal Tribunale dei minori. Io però devo fare una premessa: io sono Presidente di questa Sezione da meno di un anno, ma fino al 2010,

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prima di assumere l'incarico di Presidente di Sezione presso una altra Sezione del Tribunale di Roma, sono stata giudice in questa Sezione e ho vissuto il momento della separazione della Prima Sezione del Tribunale di Roma, che era una Sezione immensa, con una competenza tabellare smisurata. Molto bella, molto interessante dal punto di vista professionale ma insostenibile perché la famiglia, gli appalti, la responsabile professionale, i brevetti, non potevano più essere oggetto di una trattazione comune. Ricordo che al momento di questa divisione tra famiglia e persona e Pubblica Amministrazione sorse il problema di assegnare le controversie in materia di protezione internazionale. Fu una opzione ideologica quella di ritenere che la tutela dei diritti dello straniero dovesse essere trattata non come un affare della Pubblica Amministrazione, anche se in questi giudizi la Pubblica Amministrazione è sempre parte, bensì come un affare di chi si occupava di diritti della persona. Io oggi non smentisco questa opzione ideologica e anzi in qualche modo vorrei tenerla ferma, ma mi rendo conto che la situazione della Sezione famiglia, se non si pensa a una rivisitazione complessiva di questa organizzazione, è purtroppo - come dice giustamente il collega Dipietro – incapace a fornire adeguata e giusta tutela a quei diritti che, sul piano ideologico, avevamo deciso di trattare in maniera congiunta con la trattazione dei diritti della persona e della famiglia. Oggi l'organizzazione della Prima Sezione Civile, per quanto riguarda la distribuzione di questi affari, è così strutturata: tutti i giudici della Sezione, dodici in organico più il Presidente, sono assegnatari di questi procedimenti secondo un ordine automatico di assegnazione e per oggetto, cioè l'assegnazione è automatica ma è per oggetto: protezione, famiglia, persona, status. Accanto a questa ripartizione si è avvertita la necessità, da due anni a questa parte, di avvalersi del supporto dei giudici onorari; sono stati applicati alla Sezione cinque giudici onorari di Tribunale che trattano queste questioni in materia esclusiva. In materia esclusiva presso di noi perché in realtà, di questi cinque giudici onorari, soltanto uno è assegnato in materia esclusiva alla Sezione famiglia mentre gli altri quattro sono in coassegnazione. Per questi le esigenze, le sopravvenienze e i

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numeri hanno imposto negli ultimi otto mesi una modifica tabellare che comporti una assegnazione in rapporto di quattro a uno nei procedimenti. Dal 18 gennaio 2016 abbiamo avuto l'applicazione del magistrato extradistrettuale, del collega che è venuto da Macerata. Questa è stata sicuramente una iniziativa che ha rappresentato un supporto notevole al lavoro della Sezione, quindi una iniziativa legislativa di cui non possiamo che condividere le finalità e anche gli effetti. Innanzitutto perché rappresenta la consapevolezza della necessità di destinare risorse specifiche a questo contenzioso e poi perché costituisce in nuce anche un primo passo verso una valutazione di attenzione per la specialità e la specializzazione che richiede questo tipo di formazione. Infine perché, effettivamente, ci sono state delle ricadute, degli effetti tangibili sul lavoro e sulla trattazione di questi procedimenti. Purtroppo non posso che testimoniare che, per una serie di contingenze, l'arrivo del magistrato extradistrettuale alla Sezione Prima del Tribunale di Roma è coinciso con un trasferimento e con una serie di coincidenze per cui oggi, su dodici giudici in organico, ne sono presenti sette. Di conseguenza il beneficio arrivato da questa presenza in via esclusiva del collega è stato purtroppo compensato in negativo dalla situazione particolare, contingente, che attraversa la Prima Sezione del Tribunale di Roma, rispetto alla quale speriamo che ci siano iniziative tali da portare una ricostituzione a pieno organico della Sezione stessa. Quello però che mi fa piacere sottolineare è che nella nostra Sezione si è creato un rapporto di compresente trattazione di queste protezioni in materia esclusiva, togati e onorari, quindi non solo onorari, e in materia concorrente con altre materie, togati. Questo secondo me giova all'approccio e alla professionalità del giudice che decide queste controversie. Nel lontano 2010, quando ero giudice della Sezione, avevamo messo a punto una proposta, per vedere se fosse compatibile con le esigenze tabellari, di creazione di un sottogruppo a rotazione all'interno della Sezione, che però urtava contro alcuni limiti dei principi tabellari. Era un sottogruppo che però consentiva di conciliare la competenza specializzata con la circolazione di questa competenza all'interno di un

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gruppo più vasto. So bene che oggi ci si confronta sulla soluzione della distribuzione totale e indifferenziata di queste controversie come soluzione organizzativa migliore e la soluzione della Sezione specializzata. L'una e l'altra secondo me presentano delle controindicazioni. Per quanto riguarda la prima certamente c'è la difficoltà di assicurare una formazione adeguata ad una platea così ampia di magistrati. So che questa è stata una soluzione adottata con decreto provvisorio dal Tribunale di Milano, nella quale ovviamente c'è stato un interpello al quale c'è stata corrispondenza da parte dei colleghi, quindi tutti i posti previsti per la distribuzione di questi affari sono stati coperti senza necessità di procedere ad una applicazione coattiva. D'altra parte la Sezione specializzata può rappresentare la costituzione di una marginalizzazione di questo problema, senza escludere anche il fatto che si tratta di quello che è il presupposto di questa Sezione, che sarebbe un presupposto anche ideologicamente difficilmente giustificabile, cioè una Sezione specializzata basata sulla qualità del destinatario del provvedimento come non appartenente alla comunità nazionale.

Anche questo può rappresentare dei problemi. L'una e l'altra però sono ugualmente due soluzioni organizzative che hanno senz'altro delle possibilità di beneficio e degli aspetti positivi. La nostra Sezione, oltre a questo tipo di competenza e di organizzazione, ha sperimentato la soluzione organizzativa della distribuzione indifferenziata, poiché il Tribunale di Roma - Sezione Prima Famiglia è anche competente in materia di convalida del trattenimento dei cittadini comunitari e dei cittadini extracomunitari richiedenti asilo. Questo dopo le modifiche legislative introdotte dal Decreto Legislativo n. 142 del 2015. So che in alcuni Tribunali questa è una competenza del giudice penale. Anche questa incertezza di distribuzione di affari che verifichiamo nei diversi tribunali può e deve essere oggetto di riflessione.

Perché citavo questa nostra competenza? Perché questo tipo di attività, che comporta un turno quadri-settimanale - noi lo abbiamo organizzato sui giorni dispari più il sabato, poiché il termine per la convalida è quello delle 48 ore - ovviamente rappresenta un aggravio notevolissimo, che non può essere sopportato soltanto dai

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giudici della Sezione. Oggi per esempio constato che purtroppo nessuno dei miei colleghi può partecipare benché molto interessato a questo incontro. Silvia Albano, che ha sempre lavorato moltissimo in questa materia, purtroppo ha subìto un incidente ma speriamo che torni presto a lavorare con noi; il magistrato extradistrettuale oggi è applicato per le convalide; un altro ancora, che aveva fatto domanda di partecipare, verrà forse nel pomeriggio perché deve sostituire le udienze presidenziali dei colleghi mancanti. Quindi un turno di questo tipo, che grava sulla Prima Sezione Civile, ha reso indispensabile la creazione di un gruppo specializzato composto da colleghi di tutto il Tribunale. Nel 2009 si è costituito, con variazione tabellare, questo gruppo specializzato, prevedendo che la partecipazione fosse a cadenza biennale, quindi venissero sostituiti in biennio e che, nel caso di interpello deserto, si procedesse alla nomina a questo incarico in via autoritativa procedendo dai più giovani in anzianità nel gruppo stesso. La gestione di questo gruppo indubbiamente non è agevole, perché bisogna far coincidere le loro udienze nelle diverse Sezioni, bisogna fare i conti con le carenze e le vacanze di altre Sezioni; sono sette i colleghi che fanno parte di questo gruppo e soltanto da un mese a questa parte siamo riusciti ad avere la piena copertura - li vedrò domani in una riunione - perché il Consiglio Giudiziario ha accolto le osservazioni dei colleghi che hanno ritenuto che questo tipo di incarico non fosse compatibile con il riconoscimento dei benefici della Legge 104. Soluzione che in realtà abbiamo ritenuto discutibile perché poi si tratta di un impegno di un giorno al mese ma che comunque ha creato delle grandi difficoltà.

Questo per dirvi che la distribuzione d’ufficio di questi affari, tra colleghi che svolgono attività giurisdizionale la più diversa, può comportare problemi di adesione e di efficace gestione di questo contenzioso. Passo oltre perché non voglio prendere troppo tempo al dibattito, sintetizzandovi le buone prassi che abbiamo cercato di elaborare rispetto a questa organizzazione. Una composizione e una assegnazione di affari così differenziata, tra colleghi che se ne occupano in via esclusiva e colleghi che se ne occupano in maniera concorrente, non può non passare attraverso una

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