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IMPIANTI CHIMICI. Giulia Bontempi A.A

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Academic year: 2022

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(1)

IMPIANTI CHIMICI

Giulia Bontempi

A.A. 2019-2020

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1

Sommario

1. Teoria di trasporto di materia ed energia ... 3

1.1. Equazioni costitutive (energia e materia) ... 3

1.2. Equazioni di bilancio ... 4

2. Approccio allo sviluppo degli impianti chimici ... 6

2.1. Operazioni unitarie ... 6

2.2. Schematizzazione ... 6

3. Controllo di processo ... 8

3.1. “Feed-back” ... 8

3.2. “Feed-forward” ... 10

4. Distillazione ... 11

4.1. Equilibri di fase ... 11

4.2. Schema di processo ... 13

4.3. Il metodo di McCabe-Thiele ... 14

5. Processi di separazione ... 15

5.1. Processi di ottimizzazione e cattura della CO2 ... 17

5.2. Stadi di equilibrio ... 18

5.3. Bilancio di materia ... 19

5.4. Bilancio di energia ... 19

6. Processi di assorbimento ... 20

6.1. Termodinamica (equilibrio) ... 21

6.2. Trasferimento di materia... 21

6.3. Schema di processo ... 24

7. Processi di combustione ... 25

7.1. Tecnologie di cattura della CO2 ... 25

7.2. Stoccaggio della CO2 ... 28

8. Reattori chimici ... 29

8.1. Reattore CSTR ... 29

8.2. Reattore BSTR ... 31

8.3. Reattore PFR ... 31

9. Steam Reforming ... 32

9.1. Idrogeno come vettore energetico ... 33

9.2. Schema di processo ... 33

(3)

2

9.3. Processi alternativi ... 37 9.4. Esempio schema di processo e recupero termico ... 38 9.5. Basic stechiometry 4 + 2 2 → 2 + 4 2 ... 40

(4)

3

1. Teoria di trasporto di materia ed energia

Il flusso totale di un processo è espresso come:

= +

Dove è il flusso associato ad un moto macroscopico mentre è un flusso associato ad un moto microscopico delle molecole. I bilanci sono essenziali per capire i fenomeni all’interno di un sistema in quanto la natura tende spontaneamente ad omogenizzare i sistemi, come i flussi di calore che derivano da differenze di temperatura e i flussi di materia quando si hanno differenze di concentrazione. Possiamo definire un flusso di calore come il gradiente di temperatura lungo l’ascissa , o in termini di portata e superficie:

=

Altre correlazioni possono essere riportate rispetto all’energia, in particolare possiamo definire la potenza come una “portata di energia”

⎧ =

=

⎧ = = [ ]

=

1.1. Equazioni costitutive (energia e materia)

 Legge di Fourier: il flusso di energia è proporzionale al gradiente di temperatura e ad una costante che dipende dal materiale (conducibilità):

= − =

Da questa legge infatti distinguiamo i conduttori e gli isolanti in base alla facilità di passaggio di calore ( alto per i conduttori e basso per gli isolanti).

 Legge di Fick: il flusso di materia è proporzionale al gradiente di concentrazione e ad una costante che dipende dal materiale (coefficiente diffusivo):

, = − , , =

Questi ragionamenti possiamo applicarli alle membrane selettive, ovvero dei dispositivi che servono per separare componenti e garantire il passaggio di un unico elemento. Ad esempio, se abbiamo un componente A e un componente B in una miscela, possiamo sfruttare la differenza tra i loro coefficienti diffusivi per garantire il passaggio selettivo di uno rispetto all’altro (se > sarà selettiva per A).

Es.: ho un cilindro cavo con raggi e e temperatura interna ed esterna e devo determinare il flusso termico e la portata termica sapendo che nel caso stazionario:

( ) = + ( − ) ln ln

⎪⎪

⎪⎪

⎧ = − ( )

= − −

ln ∙1

portata termica = ∙ 2 = −2 −

ln

(5)

4

1.1.1. Termini convettivi

Quando ho trasporto di calore attraverso un fluido (gas o liquido) ho convezione naturale, ovvero un fluido messo in movimento senza forze esterne, oppure convezione forzata, l’esatto opposto, in cui le forze esterne possono essere una pompa o la forza gravitazione. La convezione forzata può essere laminare o turbolenta a seconda della velocità del fluido. Per cui definiamo il flusso convettivo di energia:

= ℎ ∙ ∆

Inoltre, è fondamentale per studiare la fluidodinamica di un flusso, conoscere diversi gruppi adimensionali, quali sono il numero di Nusselt, di Reynolds, di Prandtl e di Grashof:

=ℎ

; = ; = ; = Δ

Con il numero di Reynolds posso sapere se un flusso sia di tipo laminare ( < 2100) o turbolento ( > 10000) e di conseguenza avrò due Nusselt diversi:

=ℎ

= 1,86 ∙ ∙

,

(laminare)

= 0,023 ∙ ,, (turbolento)

Con una convezione naturale invece, non ho velocità quindi non posso utilizzare Reynolds e quindi uso Prandtl e Grashof per ricavarmi il Nusselt. Le correlazioni del Nusselt sono di tipo empirico e possono essere diverse a seconda dei sistemi studio:

= 0,525( ∙ ) / (cilindri orizzontali)

= 2 + 0,6 ∙ // (sfere solide)

= 0,59( ∙ ) / (piastre verticali solide)

1.2. Equazioni di bilancio

 Bilancio di materia:

= → = − ± − = 0

Se = allora = dove è la portata volumetrica, e se abbiamo la stessa materia all’ingresso e all’uscita ( = ) allora = , mentre cambia la velocità in quanto dipende dal diametro:

〈 〉 = → 〈 〉 = 〈 〉 → 〈 〉

〈 〉 =

Es.: abbiamo il seguente sistema con = 10 kg/min, = √ℎ, = 15 kg/min√m e = 0,4m. Tenendo conto delle leggi di Torricelli e Bernoulli:

= + ℎ; =1

2 = + ℎ

Per ricavare ℎ (stazionario), ovvero di quanto si alza il livello nel caso in cui la portata di quello che entra è uguale a quella che esce:

= → ℎ = = 0,44 m

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5

Invece per determinare l’andamento di ℎ( ) sapendo che ℎ(0) = 0 ricorriamo al caso non stazionario; con la massa all’interno del serbatoio possiamo scrivere:

− = (ℎ) = = ℎ = ℎ → = ℎ

= − √ℎ

− √ℎ= 1

Man mano che si aggiunge liquido aumenta ℎ e quindi crescerà anche fin quando si raggiunge il valore di stazionarietà = con ℎ = 0,44 m.

Es.: abbiamo lo stesso serbatoio solo con due portate in ingresso = 15 l/h, = 25 l/h e una in uscita che è la somma delle due = + . Inoltre, conosciamo le concentrazioni dei due componenti A e B all’interno , = 3 mol/l e , = 2 mol/l, quindi per conoscere le concentrazioni in uscita il bilancio sarà:

, = ∙ ,

+ = 1,125 mol/l , = ∙ ,

+ = 1,25 mol/l

Ora se considero una velocità di reazione = 0,2 molA/(h ∙ l) e conoscendo il volume = 100 l , posso trovarmi il termine di generazione ( = ± ), che per quando riguarda i reagenti sarà negativo e per i prodotti sarà positivo:

, + ∙ , − = ∙ , ( )

, + ∙ , − = ∙ , ( )

, + ∙ , + = ∙ , ( )

⎪⎪

⎪⎪

, = ∙ ,

( )

, = ∙ ,

( )

, = ( )

 Bilancio di energia (sistemi chiusi):

± ± = ( ∙ )

Dove è la portata, ℎ l’entalpia e è il calore scambiato che è negativo se esce dal sistema mentre positivo se entra. Definiamo inoltre energie di prima specie le forme di energia nobili come lavoro meccanico, energia elettrica, potenziale, cinetica, elettromagnetica. Rientrano in questa categoria anche le forme di energia chimica che possono essere convertite con rendimenti alti in lavoro meccanico o elettrico mediante un processo elettrochimico (pile o batterie); mentre le energie di seconda specie sono le forme di energia degradata, che hanno una bassa capacità di conversione, come calore ed energia chimica non convertibile in lavoro elettrico o meccanico, ma trasformabile in calore mediante processi di combustione.

 Bilancio di energia (sistemi aperti):

ℎ ± ± = ( ∙ ℎ)

=

Es.: in un tubo di = 25,4 cm, = 10 m, entra un fluido a velocità 〈 〉 = 1 m/s ad una = 50°C e scambia calore = ( = 2500 W/m ), quale sarà la sua temperatura di uscita ?

∙ ℎ = → 〈 〉 ∙ ( − ) = ∙ → = 49°

0,44

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6

Es.: Abbiamo un serbatoio di volume = 10 m , in cui entra una portata = 3000 kg/h ad una temperatura = 25 °C, al suo interno vi è posta una resistenza che rilascia un calore . Considerando il = 4186 J/kg°C e una densità = 1000 kg/m , devo determinare tale che mi porti la temperatura di uscita = 25°C, l’andamento di ( ) e il tempo necessario affinché = 47,5 °C.

∙ ( − ) + = 0 → = 87,4 W

∙ ( − ) + = = ( ℎ)

= ℎ

= →

∙ ( − ) +

°

= 1

( ) = + −

∙ =

Dove abbiamo definito con il tempo di permanenza, che può essere descritto come il tempo di una particella d’acqua all’interno del volume del serbatoio, se aumento raggiungo più velocemente il mio valore asintotico (aumentando la portata, e quindi il volume, o diminuendo la portata).

2. Approccio allo sviluppo degli impianti chimici

2.1. Operazioni unitarie

Le operazioni di un processo chimico industriale hanno lo scopo di ottenere in modo economico, partendo da opportune materie prime, un determinato prodotto. È possibile considerare isolatamente, una per una, queste singole operazioni secondo un approccio sviluppato all’MIT (Massachusetts Institute of Technology) nel 1910, identificando cioè all’interno di un processo quelle che vengono definite operazioni unitarie. Un processo chimico industriale, infatti, è scomponibile in una serie di operazioni specifiche il cui studio può essere condotto in modo autonomo. Ogni operazione, a sua volta, può essere esaminata secondo due distinte modalità: (a) definizione di un modello matematico in grado di inglobare i bilanci di materia e di energia, per descrivere l’operazione nel suo complesso; (b) dimensionamento dell’apparato, per renderlo compatibile con le altre parti che compongono l’impianto e per operare in modo ottimale.

I processi chimici industriali possono essere classificati secondo tre tipologie generali: discontinui, semicontinui, continui, ovvero fornire portate in ingresso ed in uscita continuamente oppure no (avviene una carica e una successiva scarica e poi il processo si ripete). Un’operazione discontinua è molto meno efficiente, ma è più economica. Il cuore di ogni processo chimico industriale è rappresentato dal reattore chimico, che è il luogo nel quale avviene la reazione. Le sue caratteristiche e le condizioni in cui esso opera influenzano notevolmente la struttura generale del processo e il tipo di operazioni unitarie da compiere. Un processo chimico può essere rappresentato mediante uno schema più o meno complesso.

2.2. Schematizzazione

 Schema a blocchi (flow-sheet) Rappresenta, in modo molto semplificato, la sequenza di operazioni e di reazioni che intervengono nel processo e la movimentazione dei fluidi.

50 °C

25 °C

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 Schema di Processo (PFD, Process flow diagram)

Fa comprendere con immediatezza le informazioni di base e le caratteristiche salienti di un processo chimico industriale. Le informazioni contenute in schemi di questo tipo riguardano: le apparecchiature principali; le linee di processo (escludendo le linee secondarie, avviamento, sfiato, ecc.); la strumentazione di controllo strettamente indispensabile; il bilancio materiale (riportato a parte su schede apposite); gli indicatori dello stato fisico, della temperatura e della pressione nei punti principali.

Esistono tre tipologie:

 Schema di processo semplificato: apparecchiature, interconnessioni e “tag” che mi rappresentano le grandezze;

 Schema di processo strumentato: è come quello semplificato ma vi è la rappresentazione di come il sistema sarà controllato (es. controllore di pressione in testa ad una colonna di stripping);

sostanzialmente si aggiungono gli strumenti di logica e controllo;

 Schema di processo quantificato: schema semplificato in cui vengono etichettati i flussi e vengono espresse le caratteristiche termodinamiche.

 Schema di Marcia (P&ID)

È più complesso rispetto allo schema di processo, poiché contiene una maggiore quantità di informazioni.

In questo caso, lo scopo è quello di rappresentare in maggior dettaglio la connessione di tutte le apparecchiature installate in un impianto industriale. Le informazioni che vengono riportate nello schema di marcia sono: sigla, funzione ed elevazione delle apparecchiature; linee di processo; linee di avviamento; svuotamento; aggiunta di additivi chimici, ecc.; linee di servizio; tracciatura e isolamento delle linee; strumentazione completa di indicatori, registratori, allarmi, controlli, ecc.; valvole e dispositivi di sicurezza; valvole di regolazione e relativi bypass. Inoltre, le linee sono tutte codificate in modo da fornire: diametro nominale della linea; servizio generico della linea; numero progressivo e classe del materiale.

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8

 Simbologia

Generalmente sono disponibili raccolte di simboli definiti secondo norme unificate, delle quali le più diffuse sono quelle statunitensi. In ambito italiano, con lo scopo di fornire le linee guida, l’UNICHIM (Associazione per l’unificazione nel settore dell’industria chimica) ha redatto un manuale molto dettagliato nel quale sono riportate tavole riassuntive contenenti simboli per gli schemi di processo.

3. Controllo di processo

I controlli di processo sono effettuati per ragioni di sicurezza, particolarmente sentite, e per rispettare le dovute specifiche a seconda delle richieste e delle condizioni operative e ambientali. Il controllo di processo è automatico e riesce a riportare le condizioni a quelle ottimali (set-point). Le specifiche possono essere di processo e ambientali (normative).

3.1. “Feed-back”

3.1.1. Controlli di temperatura

Prendiamo per esempio il controllo di processo di uno scambiatore di calore a fascio tubiero (“tube and shell”), in cui non vi è contatto fisico fra il fluido che scorre all’interno dei tubi e quello che scorre nel mantello.

Distinguiamo quindi il fluido di processo, ovvero quello che ha una specifica nella temperatura di uscita da rispettare, e fluido di servizio, ovvero quello che serve per scaldare o raffreddare il fluido di processo. La superficie di scambio è quella dei tubi, e il fluido nel mantello percorre un percorso più lungo per favorire il trasferimento di calore grazio all’ausilio di diaframmi, ovvero delle pareti che agevolano il percorso più lungo e aumentano quindi il tempo di permanenza.

Lo scopo dello scambiatore è portare , ≅ , ovvero il valore misurato al valore desiderato. Per garantire ci utilizziamo un controllore di temperatura (“temperature control”): c’è un sensore che misura la temperatura e mi fornisce un

TC

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9

dato che confronta il calore misurato con quello desiderato. Se la misura risulta diversa, deve agire su una variabile che possa risolvere il problema in modo immediato, ad esempio sulla portata di servizio (a seconda se esce più caldo o più freddo aumento o diminuisco la portata del fluido di servizio). Collego quindi una valvola pneumatica con una linea pneumatica, sistemi sicuri e immediati che mi garantiscono la regolazione della portata. Quindi in questo caso abbiamo che , è la variabile controllata e è la variabile manipolata. Se aumento la portata in ingresso del fluido di processo invece diminuisce il tempo di permanenza, per cui questo tipo di variabili vengono chiamati disturbi in quanto non vengono misurati o manipolati e non possiamo lavorarci sopra. Se aumentiamo la portata in ingresso il fluido di processo avrà avuto meno tempo per scaldarsi, pertanto mi aspetterò che dopo un po’ la temperatura di uscita sarà minore del set-point, allora il TC se ne accorge, aumenta la temperatura del fluido di servizio, senza sapere il motivo per cui ha agito. È per questo motivo che questo tipo controllo è feed-back, perché prima valuta l’errore e poi lavora per riportare i valori al set-point.

( )→ < → ↑ ( )→↑

è la variabile misurata, è la variabile manipolata, è la variabile disturbi, rappresenta la differenza tra la misurata e quella di set-point che è minore di una certa tolleranza ( < ) non intervengo, altrimenti la mia valvola agisce attraverso la variabile manipolata in quanto è stato recepito un segnale pneumatico che poi fluisce nel processo che attraverso le regolazioni fa uscire . Devo però far sì che la mia variabile manipolata funzioni bene, per cui applico un bilancio:

, ,, = , ,,, = , + , ,,

,

A livello dinamico, questo processo avviene in modo automatico: il controllore si accorge dell’errore ( < ) e interviene agendo sulla temperatura e riportandola al set-point, per cui in diagramma temperatura-tempo si noterà un picco o una valle rispetto al valore medio .

3.1.2. Controllo di pressione (Gas)

È un controllo molto importante per la sicurezza. Se per esempio ho un serbatoio che si trova ad una pressione devo far in modo che questa non sia minore di quella atmosferica perché potrebbe crearsi una contrazione del sistema, viceversa, se fosse maggiore porterebbe ad un’esplosione. In primo luogo, posso pensare di agire sulla portata. Utilizzo un controllore di pressione (“pressure controller”) che agisce sulla portata in uscita perché ha un effetto più diretto e veloce nella variazione della pressione.

Posso utilizzare una valvola di sicurezza che è un’apertura in cui c’è un piattello che è collegato ad una molla in cui agisce una forza dall’alto verso il basso dovuta al fatto che la molla è compresso; dall’altra parte del

piattello agisce la forza del serbatoio, quindi si avrà un’altra forza, dal basso verso l’alto che è collegata alla

CONTROLLO VALVOLA PROCESSO

MISURATORI 5%

PC

(11)

10 pressione del serbatoio (Forza = pressione ⨯ superficie). Questa molla

viene tarata fino ad un limite di pressione, che una volta superato, fa risentire la molla della differenza di pressione: se abbiamo una pressione minore, il piattello applica una forza dal basso verso l’alto, se abbiamo una pressione maggiore, il piattelo si alza e fa “sfiatare” il serbatoio.

Un’alternativa è il disco a scoppio che è fatto con delle nervature ed è progettato in modo che se viene superata la pressione limite scoppia. È un sistema più estremo, ma più sicuro.

3.1.3. Controllo di liquidi

Se ho un recipiente qualsiasi, questo sarà riempito fino ad un livello ℎ:

= ( ℎ)

= ℎ

= −

Se > allora ℎ cresce tendendo a infinito, mentre se <

allora il serbatoio si svuota: i livelli non si autoregolano, in quanto se ℎ cresce troppo il liquido fuoriesce mentre se tende a zero la pompa si può rompere andando in cavitazione. Per questo si utilizzano dei controllori di livello (“level controller”) che agisce sulla portata in uscita. I controllori di livello non hanno un set-point preciso, ma abbiamo un range di accettabilità; per questo si possono avere altri sensori il cui scopo è dare l’allarme: LAH (e LAHH) “Level Allarm High” e LAL (e LALL)

“Level Allarm Low”. Questi sensori avvertono l’operatore che può azionare i sistemi di sicurezza o agendo su una valvola che chiude o apre il flusso.

I controllo feed-back sono detti anche controlli PID (proporzionale, integrale, derivativo) che seguono tre equazioni (appunto una proporzionale, una integrale e una derivativa) che mettono in relazione il segnale di uscita misurato con l’errore tramite il valore di set-point. Ad esempio, un controllo a livello semplice è quasi sempre solo proporzionale, uno di temperatura è solitamente proporzionale e integrale, mentre su controlli delicati utilizzo tutte e tre le equazioni che agiscono in tutte le condizioni possibili.

3.2. “Feed-forward”

Il controllo feed-back interviene dove ho un errore e agendo a posteriori, ma non sempre posso permettermi di avere un errore nel mio sistema, per cui devo avere un sistema che agisce di anticipo; ad esempio nella chimica fine mi potrebbe portare a dover buttare un prodotto, oppure nel caso in cui non posso misurare la variabile controllata, ad esempio in un generatore di vapore: devo assicurarmi che la serpentina sia completamente immersa e il livello non è definito in quanto all’interno abbiamo sia acqua che vapore; se in questa situazione inserisco un controllore di livello mi segnerà una serie di errori che in realtà non vi sono.

Tutto si basa sul modello predittivo, in quanto la variabile non viene misurata, e per questo deve essere molto rigoroso altrimenti non può essere affidabile. Va a misurare il disturbo che a sua volta che per effetto sul processo avrà un effetto sulla variabile controllata. Il dato misurato andrà a finire sul controllo, nel quale ho inserito il valore desiderato del set-point e mi permette di sapere a priori quanto varrà la mia variabile

LC LAHH

LAH

LALL LAL

LC Steam

Water

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11

controllata: non faccio una misurazione della variabile controllata, ma la faccio sui disturbi e arrivo al valore che sarà la mia variabile attraverso dei calcoli. Se il modello è fatto bene prevede il valore che avrò sulla . L’errore non è vero ma è calcolato, previsto e anticipato.

Se prendiamo uno scambiatore di calore, inserisco un controllore di portata, che mi garantisce il controllo sulla temperatura in uscita; accoppiato a questo controllo ne devo avere anche uno di temperatura che mi garantisce che la temperatura in ingresso sia sempre la stessa (“temperature indicator”). Dal calcolo della portata prevedo il valore in uscita della temperatura tramite un modello.

4. Distillazione

4.1. Equilibri di fase

La distillazione sfrutta i cambiamenti di fase per separare i componenti e per questo analizziamo in primo luogo i passaggi di stato solido – liquido – gassoso, e per farlo sfruttiamo i diagrammi di fase. L’acqua presenta una pendenza negativa in quanto il liquido è estremamente denso e lo stato solido ha

un volume maggiore di quello del liquido. Il punto B è detto punto critico e definisce il punto in cui oltre avrò esclusivamente gas (prima avevo vapore); sulle curve sta avvenendo il cambiamento di fase e quindi la coesistenza di due fasi diverse. Nel punto O abbiamo il punto triplo, ovvero la coesistenza di tre fasi

CONTROLLO VALVOLA PROCESSO

MISURATORI Modello preditivo

TI FC

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12

Nei casi di composti puri, la transizione di fase avviene a temperatura e pressione costanti, quindi continuo a fornire/togliere energia per riscaldare/raffreddare ma le variabili rimangono costanti. Superato il punto B mi trovo nella zona supercritica in cui ho caratteristiche sia dei gas che dei liquidi (densità e temperature molto elevate). Come detto, per far avvenire il passaggio di fas per un composto puro continuo a fornire calore ma per un breve periodo le variabili temperatura e pressione rimangono costanti; questa quantità di energia viene chiamata calore latente.

4.1.1. Miscele di componenti

Se ho una miscela di due componenti A e B devo conoscere le frazioni molari ( , = 1 − ) . Definisco le composizioni della fase liquida e le composizioni della fase vapore in equilibrio con la fase liquida. Partendo dal punto L aumento la temperatura ed incontro la curva di inizio ebollizione dove si forma la prima bolla; se traccio una linea orizzontale incontro la curva di inizio condensazione e di conseguenza mi trovo la concentrazione di vapore che sarà maggiormente formato dal componente di B. La temperatura di ebollizione di A è maggiore di quella di B e per questo il componente B bolle per prima (componente più volatile). Se aumento ancora la temperatura in un punto intermedio tra le due curve mi trovo in una situazione intermedia in cui ho la coesistenza di entrambe le fasi sia per il componente A che per il componente B. Se arrivo fino alla e quindi mi trovo sulla curva di inizio condensazione, avrò una situazione in cui il componente B è completamente evaporato e la parte liquida sarà prettamente dal componente A che è il componente più pesante. Per cui avrò una parte di vapore ricca di componente B e una parte liquida ricca di componente A e posso effettuare una separazione di fase. In questo caso è evidente come i passaggi di stato si abbiano a temperatura e pressione costante come nel caso di composti puri.

4.1.2. Equilibri di fase per la distillazione

La condizione di equilibrio termodinamico è espressa dall’isofugacità (liquido e vapore sono in equilibrio) delle due fasi per ciascun componente:

= ; =

Per sistemi a bassa pressione tali relazioni si possono scrivere come:

= ; =

 = coefficiente di fugacità per il componente in fase di vapore;

 = coefficiente di fugacità per il componente in fase liquida;

 = fattore di Pointing;

 = coefficiente di attività.

Il caso più semplice è quella della miscela ideale di componenti ideali, sia in fase liquida che in fase di vapore.

La condizione di isofugacità si riduce pertanto a:

= ; =

= +

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13

Per convenzione il componente 1 è il più volatile. Da ogni relazione di equilibrio possiamo definire il rapporto di equilibrio :

= =

Noto quest’ultimo valore introduciamo la volatilità relativa :

= = ∙(1 − )

(1 − )= > 1

Se è prossimo ad 1 è difficile fare distillazione (caso dell’alcol denaturato, ovvero etanolo con una piccola percentuale di metanolo ). Posso calcolarmi :

= ∙

1 + ( − 1) ∙

4.2. Schema di processo

Per avere una distillazione fortemente efficiente è necessario dover avere uno schema un po’ più complesso grazie allo sviluppo tecnologico. Al centro abbiamo la colonna di distillazione (a piatti) in cui viene inviata l’alimentazione e quindi si divide la colonna in una zona di arricchimento in basso e in una zona di esaurimento in basso (il liquido per gravità scende dal basso e il vapore invece sale verso l’alto). Il vapore va ad un condensatore, viene abbassata la temperatura fino al punto di inizio condensazione e questo tenderà a condensare completamente. Il liquido che esce dal condensatore in parte viene rimesso in testa alla colonna (riflusso), in parte è il prodotto desiderato (distillato); il distillato sarà prettamente formato dal componente più volatile. Sul fondo esce un liquido che va ad un altro scambiatore chiamato ribollitore, in cui una parte non vaporizza e viene tirato fuori in forma liquida (residuo), mentre una parte viene fatta ricircolare all’interno della colonna; il residuo sarà prettamente formato dal componente più pesante. Questo processo è creato per garantire un buon mescolamento e una migliore separazione.

Nelle fasi di ricircolo il liquido in testa tende a scendere mentre il vapore in coda tende a salire, così che il liquido si assorbirà sempre più del componente più pesante e il vapore di quello più volatile. La colonna di distillazione è una colonna a piatti (forati). Abbiamo un piatto bucherellato in cui al di sopra abbiamo il liquido che cade da sopra, finisce sul piatto, supera la parete e va a posizionarsi nel piatto che sta in basso e via così; il vapore invece passa attraverso i fori che facilitano il passaggio da piatto a piatto.

L

V

(15)

14

4.3. Il metodo di McCabe-Thiele

Una colonna di distillazione può essere ista come una serie di stadi di equilibrio, i quali possono assimilarsi ai piatti della colonna. Il metodo semplice ed efficace di McCabe-Thiele ci permette di determinare il numero di stadi teorici che consente la separazione dei componenti della corrente . Ipotesi:

1) Il calore latente di evaporazione e di condensazione è indipendente dalla composizione. Nonostante la variazione della composizione lungo la colonna, una mole di vapore che condensa (e va in fase liquida) rilascia una quantità di calore tale che la fase liquida liberi automaticamente una mole di vapore;

2) Le correnti in uscita da uno stadio solo all’equilibrio (stadio di equilibrio);

3) Si trascurano le perdite di carico, la pressione è uguale in tutti gli stadi, mentre la temperatura è diversa piatto per piatto e origina il profilo di ;

4) Gli apporti di calore sensibile delle correnti e sono trascurabili rispetto ai calori latenti che sono dell’ordine di 9000-10000 kcal/kmol.

Sotto queste ipotesi abbiamo un modello semplice per la creazione della torre di distillazione, in quanto:

= = ; = =

La condizione di equilibrio al piatto è data da:

( ) = ∙ ( )

1 + ( − 1) ∙ ( )

Bilancio di materia totale al piatto (2 ≤ ≤ − 1; + 1 ≤ ≤ − 1):

= − + −

Bilancio di materia per la componente leggera al piatto (2 ≤ ≤ − 1; + 1 ≤ ≤ − 1):

= − + − ;

= 1

− ∀ = 1, … ,

Equazioni al condensatore ( = 1), alimentazione ( = ) e ribollitore ( = ):

⎧ = − − ; = − −

= − + + ; = − + +

= − − ; = − −

L’obiettivo del metodo è capire il numero di piatti per poter andare a progettare la colonna. Al condensatore avrò che è la portata di vapore che esce dalla colonna (al piatto 2), è la portata di riflusso e la portata del distillato che hanno la stessa frazione molare (entrambi liquidi). Nel piatto di alimentazione devo contare l’alimentazione . Uguale nel ribollitore abbiamo il liquido che esce dalla colonna , il vapore che viene fatto ricircolare dal ribollitore e il residuo , entrambi con la stessa frazione molare.

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15

5. Processi di separazione

La separazione si attua attraverso due processi che sono quello di assorbimento e stripping. Abbiamo due colonne, una di assorbimento e latra di rigenerazione, viene fatto circolare un solvente (tendenzialmente amminico) che nella prima colonna ha la funzione di assorbire la sostanza da separare e nella seconda colonna si rigenera. È un processo termico, in quanto il calore è il motore e il lavoro meccanico delle due pompe è nettamente minore; si deve spendere solo energia di prima specie per separare le molecole attraverso delle membrane in cui passa la sostanza desiderata detta permeato, mentre non passa la sostanza detta ritenuto. Si ha un lavoro minimo di separazione però: entra una corrente che è una miscela di gas ( ) ed esce la e il restante del gas, scambiando calore ̇ con l’esterno alla e alla e spendiamo un lavoro ̇ . Applicando i principi:

I) ̇ ℎ + ̇ + ̇ = ̇ ℎ + ̇ ℎ ;

II) ̇ + ̇

+ ̇ = ̇ + ̇

− ̇ + ̇ (ℎ − ) + ̇ = ̇ (ℎ − ) + ̇ (ℎ − )

;

̇ ̇ , = ̇ + ̇ − ̇

Il lavoro di separazione minimo (ovvero con una trasformazione reversibile) non considera le perdite generative e utilizziamo il termine che è l’energia libera di Gibbs, che ci fornisce a livello quantitativo quanto lavoro meccanico dobbiamo spendere per far avvenire la separazione; questo vale per qualsiasi processo di separazione. Possiamo definire la resa di recupero ( ) come il rapporto della portata del prodotto sulla portata dell’alimentazione e riscriverci il lavoro perso:

̇ , = ( − ) +1

( − ) = ̇̇ =mass flow rate of product mass flow rate of feed

(17)

16

Il lavoro minimo di separazione risiede nella differenza dell’energia libera di Gibbs, che per i gas ideali è espressa in una forma logaritmica con l’argomento che è una concentrazione minore di uno: per basse concentrazioni il logaritmo tende a meno infinito. Di conseguenza quindi, se il composto iniziale è ben diluito il lavoro minimo di separazione tende a infinito.

Questo grafico ci illustra dove conviene effettuare il processo di distillazione. Nei NGCC (gas naturale a ciclo combinato) la concentrazione è molto bassa, per cui il composto è ben diluito nei fumi di combustione del ciclo combinato in quanto abbiamo un elevato eccesso d’aria; verso gli IGCC (impianti di gassificazione a ciclo combinato) possiamo garantire un lavoro minimo termodinamico contenuto. Possiamo definire un rendimento di separazione:

= 7000 kJ

kmol; = 2500 − 3000kJ

kh; , = 1 − = 2800 1 −298

473 = 1035

= ~15%

Definiamo il concetto di exergia: se l’energia meccanica è totalmente convertibile, quella termica (di II specie) è un’energia degradata e la sua

“disponibilità energetica” è data da un limite superiore definito dal rendimento di Carnot. Se un processo vede una corrente concentrata posso lavorare ad elevate efficienze termodinamiche, viceversa se queste sono molto diluite. Dal punto di vista termodinamico le efficienze di separazione sono molto elevate.

Quando le molecole sono molto diluite bisogna spendere molta energia.

(18)

17

5.1. Processi di ottimizzazione e cattura della CO

2

5.1.1. Post-combustion

Entrano aria e combustibili, escono dei fumi che vanno ad un separatore in un CC (“chemical engine”) come energia primaria, ovvero potere calorifico per portata di combustibile, e si va nella sezione di potenza (“power plant”) che lavora con il proprio rendimento. Devo spendere calore e lavoro dalla sezione di potenza di separazione per separare la e per questo prelevo parte di questi dalla power plant riducendo di un minimo il rendimento.

5.1.2. Pre-combustion

Nella pre-combustion il combustibile va in un altro reattore, prima della combustione, e si trasforma in una miscela ricca di idrogeno separando la all’inizio. Alimento il combustibile rinnovato e quando andrà a dare calore alla power plant i fumi saranno formati principalmente da acqua (1/2 + → ) in quanto la parte con il carbone è stata già separata all’inizio.

5.1.3. Oxyfuel combustion

Prevede la combustione del fuel in presenza di solo ossigeno (ho solo e che sono poi successivamente facilmente separabili in quanto alla pressione e temperatura ambiente ho una separazione di fasi; non ho bisogno di attuare processi criogenici ma ho bisogno solo di acqua refrigerata. Il problema è all’origine: devo prendere l’aria e separare l’ossigeno dall’idrogeno per cui ho bisogno di ulteriore lavoro.

(19)

18

5.2. Stadi di equilibrio

Abbiamo queste variabili:

 , ( + 1);

 , ( + 1);

 , (2);

 (1)

Per un totale di 2 + 5 variabili. A queste variabili rispondono le seguenti equazioni:

⎪⎪

⎪⎪

⎧ = + ( )

= ∙ ( )

= 1 (1)

= 1 (1)

ℎ ∙ = ∙ + ∙ ℎ ± (1)

Per un totale di 2 + 3 equazioni. Per cui i gradi di libertà (G.D.L.) sono (2 + 5) − (2 + 3) = 2. La seconda è detta equazione di equilibrio. Questo equilibrio liquido-vapore per i composti puri o ideali possono esprimersi tramite la legge di Rault

= ( )

; = ( )

= ( ); ( ) + ( ) = → ( ) + ( ) =

Abbiamo un componente che entra con per il componente e (1 − ) per il componente . Tutti i punti sopra la linea di inizio ebollizione si chiamano punti di bolla mentre tutti i punti sulla line di inizio condensazione si chiamano punti di goccia. Se riscaldiamo il nostro composto ed entriamo nel diagramma a lente leggiamo la composizione liquida e la composizione vapore. Dal punto di vista qualitativo abbiamo trovato un vapore ricco del componente più volatile, chiamato componente basso-bollente (temperatura di ebollizione più bassa), e un liquido ricco del componente più pesante, chiamato componente alto-bollente (temperatura di ebollizione più alta).

Alla fine della distillazione condenserò il prodotto in testa (vapore basso-bollente) e con un bollitore riscaldo il residuo in coda (liquido alto-bollente) e grazie ad un processo continuo rifaccio la distillazione facendo risalire il componente più volatile e riscendere quello più pesante. Nei condensatori rigetto calore verso l’esterno e il prodotto è la separazione e per farla devo spendere per forza energia ̇ . In testa quindi avrò il prodotto distillato e il reflusso, mentre in fondo avrò un residuo e una condensa.

VAP

LIQ

(20)

19

5.3. Bilancio di materia

Bisogna concentrare il componente volatile in testa e quello pesante sul fondo. Vediamo un esempio pratico.

Es. Una miscela di 20.000 kg/h di esano eptano (50% molare) deve essere distillata in una colonna che lavora a pressione atmosferica. È richiesta una purezza in esano del prodotto di testa pari al 99% molare e un recupero di esano, sempre nel prodotto di testa pari al 98%.

Il diagramma di lavoro è fissato solo su un componente che segue la legge di equilibrio = . Assumo le due variabili (i due gradi di libertà) per risolvere il sistema di equazioni:

= 0,99; = = 0,98 Bilancio di materia parziale sull’esano (il più volatile):

= +

= +

= 0,98 ∙

5.4. Bilancio di energia

Entra un liquido saturo (ℎ ) e si separerà in una parte pesante di liquido e una parte volatile che è vapore. Essendo i contributi di materia e di entalpia (essendo tutti liquidi saturi) di , e bilanciati ( = + ), posso pensare di dire che ≅ , quindi posso fare l’approssimazione:

ℎ + = ℎ + ℎ + → ℎ ≅ ℎ + ℎ

Questo ragionamento è valido solo se è liquido saturo, altrimenti se è un liquido sottoraffreddato devo spendere più calore al ribollitore (la vera spesa energetica) e quindi non posso far valere la mia approssimazione. Il calore di separazione sarà:

̇ = ̇ ∙ ( ) = ̇

Dal punto di vista del recupero termico devo attuare degli schemi di processo in modo tale da ridurre ̇ (aumenta al diminuire di ℎ ). La corrente quindi non deve essere fredda e quindi prima di entrare in colonna deve essere preriscaldata, con un controllo di temperatura (si apre la valvola ed entra vapore in caso la corrente sia troppo fredda). La spesa energetica aumenta; per minimizzare questo calore fornito al processo, prendo il residuo caldo e lo vado a raffreddare preriscaldare l’alimentazione. Ho quindi due zone: una di recupero di calore (HEX-1) e uno di

T C)

TC

HEX-1 HEX-2

,

,

,

− 1 − 2

(21)

20

adduzione di calore dall’esterno (HEX-2) con annesso controllo di temperatura. La per essere distillata deve essere portata alle condizioni di liquido saturo: ci mettiamo in un diagramma di scambio termico. Nel primo scambiatore faccio raffreddare il residuo mentre nel faccio condensare il vapore esterno e ho recuperato il calore sensibile.

5.4.1. Produzione di vapore

Un altro processo è quello di aumentare la pressione nella colonna di distillazione così che si alzano di conseguenza tutte le temperature e il condensatore diventa un altro componente che produce calore. Uno schema è appunto quello in cui vi è un corpo cilindrico e ottengo un prodotto utile (calore). Anche in questo caso rappresentiamo un diagramma di scambio termico: il vapore puro distillato arriva e condensa con una retta orizzontale ( ( ) = ) e dall’altra parte il fluido freddo è saturo che vaporizza all’interno dei tubi nel condensatore e ritorna

nel corpo cilindrico e passa di fase alla sua pressione di saturazione ( ( ) = ). Se pongo

questo sistema

abbastanza in alto posso anche sfruttare la circolazione naturale e quindi la pompa può non servire.

6. Processi di assorbimento

Abbiamo una colonna di assorbimento ed una di stripping da cui esce il solvente ricco di sostanza da separare nel processo e in cui viene rigenerato per liberarsi da questa e essere messo in ricircolo. Entrambe le colonne presentano l’ingresso di un gas alla base che attraversa una zona di riempimento (per questo sono chiamate colonne a riempimento) in cui si trova un materiale progettato in modo tale da generare una buona interfaccia liquido-gas che. Il liquido scendendo verso il baso si distribuisce uniformemente su tutta la superficie del materiale, il gas invece tende a salire verso l’alto e va andando a contatto con il liquido. Il riempimento è casuale ed è formato da alcuni elementi che nel tempo; i primi sono stati i rushing ring che nel corso del tempo si sono evoluti assumendo diverse conformazioni e geometria al fine di migliorare i coefficienti di scambio di materia portando al minimo le perdite di carico. Un gas che attraversa un mezzo poroso è sottoposto a dissipazione di energia. Inoltre, questo materiale deve essere economico e facilmente strutturabile.

( ) ( )

(22)

21

6.1. Termodinamica (equilibrio)

La correlazione tra le due frazioni molari è data da:

= ( )

=

Che per basse concentrazioni segue la legge di Henry:

= =

Quindi per basse concentrazioni, tra e esiste una proporzionalità diretta. Se aumenta la pressione la curva si abbassa (e quindi la pendenza), viceversa se aumento la temperatura. Posso dire che al variare di pressione e temperatura varia la solubilità: all’aumentare di T diminuisce e all’aumentare di p aumenta. Per garantire l’assorbimento devo avere una solubilità elevata per cui è un processo che avviene a basse temperature e ad alte pressioni. Rispettando queste condizioni avrò quindi un coefficiente angolare molto basso, altrimenti con temperature elevate e pressioni basse la mia soluzione sarà poco diluita con una pendenza molto elevata.

6.2. Trasferimento di materia

Il trasferimento di materia avviene nel nostro materiale di riempimento per cui consideriamo l’interfaccia come la superficie, ad esempio, di una struttura come quella del rushing ring. Scorre il liquido ( ) verso il basso e il gas ( ) verso l’alto, e avviene il trasferimento di materia chiamato diffusione in mezzo stagnante: il componente A (di nostro interesse) si trasferisce mentre il resto B è inerte (diventa un mezzo stagnante). Il modello è lo schema ripotato a destra: abbiamo il film gassoso a sinistra e il film liquido a destra (una porzione infinitesima nell’interfaccia liquido-gas). Seguendo il componente A all’inizio ha una concentrazione (bulk gassoso) ed a un certo punto diffonde vedendo all’interfaccia vede la concertazione del liquido all’interfaccia; simultaneamente dal lato del liquido avrò una concentrazione (bulk liquido).

,

, ,

,

, ,

Sezione 2 (Top)

Sezione 1 (Bottom)

=

=

1 −

1 −

1 −

=

( ) ( )

Gas

Interfaccia

Liquido

(23)

22

Questo modello nasce dalla legge di Fick, ovvero dal moto di molecole e dal gradiente di concentrazione.

All’equilibrio abbiamo e definite dalla legge di Henry in cui > e si genera un flusso di materia:

= ( − ) = ( − ) mol

sm

Per caratterizzare questo schema si definisce un coefficiente di scambio globale ( = concentrazione di all’equilibrio con ):

= ( − ); −

− = → 1

= 1

+

Dove è una superficie generica che per comodità si può considerare unitaria ed è il coefficiente angolare definito dalla legge di Henry. La seconda equazione ci permette di trovare e note e .

≠ 0

= 0→ = ( + ) − → 1

− = − 1

= + → = − → = ln

Per un gas ideale: = → = → = ln → = ln

6.2.1. Calcolo dell’altezza della colonna per soluzioni diluite

Prendendo il volume di controllo n testa alla colonna posso scrivere:

+ = +

→ = + −

Dove gli ultimi due termini sono noti. Lungo la colonna aumenta verso il basso mentre aumenta verso l’alto, per cui il rapporto / non è costante.

Visto che siamo in ipotesi di basse concentrazioni abbiamo quindi che sia che sono basse, per cui il liquido che si trasferisce è molto poco, per cui si può assumere , ~ . Se = = e = = abbiamo l’equazione di una retta:

= + −

Questo bilancio ci serve per rappresentare il luogo dei punti ( , ) che sono le composizioni del liquido e del gas nel bulk all’interno della colonna dalla base all’altezza, dove il punto 2 è l’interstadio di testa e il punto 1 è l’intertstadio di fondo. In fase di progetto quello che abbiamo in realtà è un fascio di rette proprio (se aumenta il rapporto / la retta si sposta verso destra). Equilibrio è la curva in rosso:

= ( )

=

(24)

23 La curva di equilibrio rappresenta un limite termodinamico,

ovvero ci dice il massimo di numero di moli che possiamo trasferire. Noi abbiamo le concentrazioni descritte dalla retta che rappresenta le coppie di lavoro e quindi rappresenta la retta di lavoro; all’interno di questo dominio possiamo definire il flusso. Se il rapporto / fa si che ci sia un’intersezione tra la retta di lavoro e la curva limite, il gradiente ( − ) si annulla in quanto le due sono uguali, e quindi il flusso =

( − ) sarà nullo e non c’è più scambio di materia, e questo è un limite cinetico e viene chiamato pinch-point, da cui troviamo un ( / )| .

= = ( − ); = ∙ ; =

Devo quantificare questo flusso rispetto ad una superficie di scambio effettiva utilizzando appunto il termine che può essere definita su quanti metricubi di superficie ho installato nel metro quadro di volume che ho (superficie specifica data dal fornitore a seconda del tipo di riempimento).

= ( − )

= − → =

− = ∙

⎩⎪

⎪⎧ =

= −

è detto termine cinetico, dipende dalla velocità e dal trasferimento di materia e mi dice quanto velocemente il gas sta trasferendo, e viene anche denominata altezza dell’unità di trasferimento lato gas (infatti è dimensionalmente una lunghezza); è un termine termodinamico, una volta che ho deciso temperatura e pressione della colonna avrò fissata anche la curva =

e viene denominato numero dell’unità di trasferimento ed è sempre descrittivo della distanza tra la retta di lavoro e la curva di equilibrio. La pendenza generata da / è un fattore benefico: più la curva di lavoro è pendente maggiore sarà il trasferimento di liquido e gas e quindi l’altezza della colonna si abbasserà essendo ∝ ∫ .

6.2.2. Calcolo del diametro della colonna

Il diametro caratterizza la sezione della colonna e quindi anche le velocità (o meglio flusso) che allo stesso tempo influenzeranno i coefficienti di scambio e le perdite di carico secondo la relazione:

∆ ∝

Senza liquido “dry packing” la regolazione assume la forma di una retta. Si mette una portata di liquido, e quindi nei canaletti del packing il film

/

(25)

24 liquido cade e il film gassoso sale e man mano che aumenta la

portata di liquido si stringe la sezione di passaggio tra i due flussi e di conseguenza aumentano le velocità aumentando le perdite di carico. Ad un certo punto aumenta l’attrito e quindi le increspature del liquido che mostra delle resistenze al moto interagendo con la fase gassosa e questa prima fase si chiama

“loading”; quando aumenta ancora la portata di liquido, questo tende a incontrarsi con il suo stesso flusso creando delle pozze che bloccano il passaggio del gas che ricircola formando delle zone turbolente (regime di “floading”). Attraverso delle sperimentazioni posso fissare ′ e quindi di conseguenza che vengono riportate in delle carte che vengono utilizzate per la progettazione

La procedura di una colonna di assorbimento prevede i seguenti passaggi:

1) Fissare la termodinamica ( , ) → =

2) Bilancio di materia creando la retta di lavoro e trovo l’ / per poi trovarmi / ottimale;

3) Mi calcolo ′ per poter a quel punto definire la sezione 4) Mi calcolo l’altezza = .

6.3. Schema di processo

La prima a sinistra è la colonna di assorbimento e quella di stripping a sinistra. La prima è favorita da basse temperatura ed alte pressioni mentre la seconda da alte temperature e basse pressioni. Entra in fondo il gas compresso (controllo di pressione) ed entrando nella colonna di assorbimento viene purificato ed esce in testa. Sul fondo il liquido (solvente) ha assorbito il gas ed esce passando prima in un recupero di calore scambiando calore e riscaldandosi prima di entrare nella colonna di stripping e raffreddare il solvente prima di entrare nella prima colonna. Nella colonna di stripping viene liberato il componente da separare (nel nostro caso la ) grazie ad un apporto di calore dall’esterno (steam) in testa alla colonna che può essere successivamente separato dall’acqua con il semplice ausilio di uno scambiatore sfruttando le differenti temperature di condensazione. Il solvente povero scende sul basso, si raffredda nello scambiatore e rientra nella colonna di assorbimento.

(26)

25

7. Processi di combustione

Una combustione è una reazione esotermica chimica tra combustibile e comburente per produrre calore che dipende dalla qualità del combustibile; il comburente deve contenere ossigeno (aria). Questa reazione genera anidride carbonica:

 Lettura volumetrica: 1 mole di + 2 moli di = 1 mole di + 2 moli di ;

 Lettura massica: 16 g di + 64 g di = 44 g di + 36 g di .

Il bilancio volumetrico non è conservativo a differenza di quello massico. Se andiamo ad analizzare il rapporto di su possiamo dire che bruciando 1 kg di produciamo 2,75 kg di e per produrre 50 MJ/kg di calore emettiamo 2,75 kg di . Per bruciare 1 kg di servono 64/16 = 4 kg di che (essendo il 23% dell’aria) corrispondono a 4/0,23 = 17,39 kg di aria. Servono gradienti termici elevati ed una miscela stechiometrica ma non è detto che l’ossigeno interagisca completamente con il metano e per questo motivo si generano incombusti. Se il metano non incontra sufficiente ossigeno interagisce con una quantità minore di e quindi si verifica una combustione incompleta:

+1

2 →

Per evitare gli incombusti si usa un eccesso d’aria:

=

,

> 1

Lettura massica: 1 g di + ∙ 17,39 g di aria → 2,75 g di + 2,25 g di + ∙ 13,39 di + [(1 + ∙ 17,39) − (2,75 + 2,25 + ∙ 13,39)] g di .

La è un gas serra che grazie ad altri gas cenere l’effetto serra che è benefico per l’uomo in quanto rende la temperatura della terra mite garantendo la vita sulla terra. L’elevata emissione di in atmosfera prodotta dall’uomo ha portato nel corso degli anni ad aumentare l’effetto serra, aumentando i raggi che vengono riflessi sulla terra e quindi di conseguenza la temperatura.

7.1. Tecnologie di cattura della CO

2

7.1.1. Post-combustione

Il processo di post-combustione è il più diffuso ed il più semplice e la cattura della è effettuata mediante separazione dal gas di scarico ad avvenuta la combustione.

Le tecnologie più diffuse sono quella di assorbimento (chimico e fisico), di adsorbimento (a letto e metodi rigenerativi), processi criogenici, membrane (separazione di gas o assorbimento).

(27)

26

 Assorbimento. Il componente gassoso viene assorbito dal solvente liquido che riesce a catturare la e risalendo la porta verso l’alto e la divide dal solvente che ritorna in colonna che lavora in un ciclo chiuso. In testa alla colonna di rigenerazione esce la che entra in un condensatore dove rimane gassosa, e può essere separata dal vapore ritornato liquido che riscende verso il basso e ricircola nel ribollitore.

Es.: Dobbiamo rimuovere il 90% della contenuta in una corrente di gas combusti di 50 kg/s (percentuale di = 7.5%). A tal fine si utilizza una miscela di ammine di portata pari a 12 kg/s. Ricavare: la portata di solvente e di gas in uscita dall’unità di assorbimento; a quantità di calore da fornire allo scambiatore necessaria a portare la temperatura del solvente sporco prima dello stripping da 50°C a 120°C - calore specifico = 3600 J/(kgK).

Bilancio parziale :

= + , , = 0,1 ∙

, , = 0,9 ∙ 50 ∙ 0,075 = 3,37 kg/s Portata solvente e gas in uscita:

, = + 3,37kg

s = 15,37kg

s ; = − 3,37kg

s = 46,63kg s Bilancio di energia:

= , ∙ ∙ (120 − 50) = 15,37kg

s ∙ 3,6 kJ

kgK∙ 70 K = 3,870 kW

 Adsorbimento. Viene utilizzato un solvente solido (spugna) in cui le molecole di gas vengono catturate ed ha la funzione di aumentare la superficie di contatto aumentando il percorso del gas e quindi il vantaggio è che non ho bisogno di un riempimento. Lo svantaggio è che è un processo discontinuo in quanto le spugne arrivano a saturazione e devono essere rigenerate: la rigenerazione è effettuata come l’assorbimento, si aumenta la temperatura e la cattura si libera ed esce.

Nella colonna a sinistra avviene il processo di adsorbimento in cui il solvente solido adsorbe appunto e deve essere successivamente “ripulito”; per separare la da questo solvente solido si utilizza un gas caldo (vapore) che riscalda il solido, allora la si libera e viene portata in testa. Nella colonna di sinistra avviene la rigenerazione del solvente attraverso un processo discontinuo e quindi la corrente di viene inviata ad un’altra colonna affiancata così che l’altra si rigenera contemporaneamente.

 Membrana. La membrana è un dispositivo che è selettivo nei confronti di un componente: ammette il passaggio unicamente della . In ingresso abbiamo il gas combusto, abbiamo in uscitala (il ritenuto) e il permeato, descritto dalla legge:

Flusso permeato = permeabilità ∙ ∆

(28)

27 La permeabilità è la tendenza che possiede un componente nel

permeare attraverso una membra e rispetto alla è molto elevata, mentre è molto bassa per il resto del gas. Ho una differenza di pressione (o concentrazione) a monte e a valle della membrana ma il passaggio è dato dalla permeabilità. Lavorando sul tempo di permanenza del passaggio del gas all’interno della membrana questo mi garantisce una buona separazione di natura prettamente fisica.

7.1.2. Pre-combustione

Avviene un processo di gassificazione dove si produce un syngas che poi va in un sistema di cattura della . Il syngas, a questo punto, sarà unicamente formato da che, una volta elaborato dal ciclo combinato, produrrà esclusivamente ed energia elettrica.

7.1.3. Oxy-combustione

Il grafico ha in ordinata il lavoro per kg di (quanta energia spendo per catturare un kg di ) mentre sulle ascisse abbiamo la frazione molare della nel gas da trattare: se la è scarsamente presente mi costerà molto in termini energetici rimuoverla. Se andiamo a leggere il bilancio massico 16 g di deve interagire con 278 g di aria per poter far avvenire la combustione in modo stechiometrico.

16 g di CH + 278 g di aria = 44 g di CO + 36 g di H O + 214 g di N I prodotti di combustioni includono e due inerti

ovvero e e la frazione molare di è data dal rapporto:

% = 44

44 + 36 + 214= 44

294= 14,9%

Nelle reazioni non stechiometriche la percentuale sarà ancora più bassa (5-10%) per cui il lavoro di rimozione sarà molto elevato. Per questo si utilizza l’oxy- combustione facendo reagire l’ossigeno puro e quindi non ho l’azoto nei gas combusti:

16 g di CH + 64 g di O = 44 g di CO + 36 g di H O → % =44

80= 55%

Si utilizza il processo ASU (Unità di Separazione dell’Aria) che con una distillazione criogenica (a temperature molto basse) separa la molecola di da sfruttando le diverse temperature di condensazione; le temperature così basse richiedono una spesa aggiuntiva.

(29)

28

7.2. Stoccaggio della CO

2

La è un inerte per cui non può essere riutilizzata sotto forma energetica per cui si attua uno stoccaggio.

Una prima idea è quella di riutilizzarla in pozzi petroliferi saturi dove si riesce più ad estrarre il combustibile fossile. Il problema è il difficile trasporto di da un sito all’altro essendo un gas: non ho un’infrastruttura come il metanodotto. Una soluzione può essere comprimerla oppure condensarla ma in termini energetici ed economici questo processo può essere sconveniente.

7.2.1. Carbon Capture and Utilization

Una seconda idea è quella della carbon capture, ovvero sfruttare il carbonio contenuto all’interno della e quindi realizzo un ciclo di utilizzazione della .

 Metanazione. Utilizzo la per produrre metano e quindi è un perfetto esempio di economia circolare. Ho un duplice problema però, devo produrre che non esiste in natura e per generarlo devo o utilizzare processi di gassificazione (quindi riprodurre ) oppure utilizzare celle elettrolisi dell’acqua (quindi una spesa energetica).

+ 4 → + 2 ∆ = −165 kJ/mol

Questa reazione è endotermica per cui avviene solo ad elevate temperatura attraverso un processo di Sabatier in cui entra il syngas dove, grazie ad un catalizzatore che velocizza la reazione, entra nel reattore a letto fisso e poi entra nella sezione di separazione per condensazione.

 CO2 idrogenazione.

+ 3 → + ∆ = −49,8 kj

mol

2 → + ∆ = −23 kj

mol

In questo caso viene prodotto metanolo che è un prodotto di ampio uso industriale (industria della plastica) e può essere utilizzato come additivo per le benzine (brucia bene)

 Fischer Tropsch.

+ → + reverse WGS ∆ = 41 kj

mol

+ (2 + 1) → +

La mi produe che attraverso la reazione di Fischer Tropsch mi produce metano.

 CO2 to Urea. Anche l’urea è un composto industriale importante: per produrre urea ho bisogno di un carbonato di ammonio e lo produco da ammoniaca e :

+ 3 → 2

2 + →

→ +

 PTX. Posso riutilizzare la attraverso questo processo detto “power to x” dove x può essere gas (G) o liquido (L) e quindi convertire la in correnti gassose o liquide riutilizzabili in altri processi.

(30)

29

 Estrazione supercritica. Il gas si trova ad una pressione supercritica (molto elevata) e quindi le sue proprietà fisiche sono un mix fra liquido e gas. La ha il vantaggio di essere supercritica a temperature moderate (sopra i 31°C): la viene mandata ad una pompa, si scalda e la uso come solvente in una colonna di assorbimento per estrarre dei composti da delle matrici vegetali. Il solvente supercritico è a bassa temperatura e per i composti biologici è un processo che avviene ad una temperatura tale per cui le molecole non vengono degradate.

8. Reattori chimici

Nell’ingegneria chimica, un reattore chimico è un contenitore progettato per farvi avvenire una reazione chimica. Esistono diverse tipologie di reattore chimico, in funzione della reazione da svolgervi e della natura chimica e delle sostanze coinvolte; una prima classificazione può essere se è continuo o discontinuo (batch).

Le tipologie principali sono:

 Reattore CSTR - Continuous Stirred Tank Reactor: reattore continuo a tank a miscelazione totale.

 Reattore BSTR - Batch Stirred Tank Reactor: reattore discontinuo a miscelazione totale.

 Reattore PFR – Plug Flow Reactor: reattore continuo tubulare.

8.1. Reattore CSTR

Si ha una portata in ingresso di reagenti e una portata in uscita di prodotti, che fluiscono in continuo nell’ambiente di reazione. Alla reazione è associato un effetto termico (reazioni esotermiche o endotermiche) che va gestito: gli esotermici forniscono calore mentre gli endotermici ne hanno bisogno aumentando o diminuendo la temperatura circostanze. Si possono usare serpentine, camicie o sistemi più efficienti. Nello studio dei reattori trascuriamo gli effetti termici. Per quanto riguarda la cinetica si ha una velocità una reazione che mi dà una percentuale di conversione dei reagenti; se questa velocità è bassa ho bisogno di un tempo di permanenza più lungo, quindi maggiori volumi e maggiori ingombri e costi. Per migliorare il processo di conversione e quindi la velocità utilizzo dei catalizzatori oppure aumento la temperatura.

Nell generica reazione → assumo = e applico il bilancio di materia:

, = ∙ + ( ) + ⟹ ∙ , = ∙ + (− ) +

(31)

30 Dove la velocità di reazione è:

(− ) = ( )

Dove ( ) è la costante cinetica di reazione e è la concentrazione che ho all’interno del reattore. In condizioni stazionarie:

= 0 → ∙ , = ∙ + (− ) = ∙ + ( ) ; , = , + (− )

Facendo l’ipotesi di perfetto mescolamento in uscita è uguale a quello all’interno, posso definire la conversione di reazione, ovvero il grado di avanzamento della reazione, come:

= ,,

,

, = , (1 − ) + (− )

, = ∙ , (1 − ) + (− ) →

(− )=

,

=

,

Con il tempo di permanenza medio. Da questa equazione possiamo ricavare la conversione di reazione, nota la velocità di reazione e le specifiche del reattore (composizione in ingresso, portata volumetrica e volume di reazione).

Es.: Ho , = 1000 mol/h, , = 1,5 mol/l, (− ) = con

= 0,1 min e = 200 l.

= + (− ) → − = ∙ = − =

= , (1 − ); , = ∙ ,

, ∙ = , (1 − ) → = , (1 − )

= =

,, → − + ∙ = 0 → =

1 + = 0,64

mi dà la percentuale di A all’ingresso che mi ha reagito e è la concentrazione che mi trovo all’uscita. Ora vediamo l’avviamento del reattore. Si porta il reattore alla temperatura di funzionamento e il numero di moli di A varia nel tempo ( , diminuisce nel tempo), e quindi ci spostiamo dal caso stazionario:

, = ∙ + (− ) + = ∙ + + ( )

, = + +

, = + + → = , −(1 + )

, −(1 + )

( )

,

=

( ) = ,

1 + 1 + ∙

,

,

1 +

( )

(32)

31

8.2. Reattore BSTR

Si fa una carica, si porta la temperatura al valore di reazione, si fa avvenire la reazione e infine di scaricano i prodotti; le operazioni sono temporizzate. Si ha un perfetto mescolamento ma è un processo discontinuo in quanto non ho una portata in ingresso e una in uscita ma ho una fase di carica e una di scarica.

Come nel caso precedente ho una generica reazione → a cui applico un bilancio di materia:

( ) = → (− ) = − → (− ) = − → = , − ( )

,

= − , ∙ ; (− ) = , ∙ → = ,

(− )

Es.: ho una generica reazione → 2 e conosco il volume = 10 l, la temperatura = 400°C, il numero di moli del componente A e di un inerte I ( , ) = 10 moli, la frazione molare , = 0,4, la velocità di reazione (− ) = e mi devo calcolare , le frazioni molare , e , e la pressioni dopo un tempo di = 10 min.

= → = = 1,84 atm = 0,0821atm ∙ l mol ∙ K ;

= , (1 − ) → ( ) = ,

1 + , → ( = 10 min) = 0,21

Dove 10 min ha reagito il 21 % di A. Ora per calcolarmi la reazione devo fare i seguenti passaggi:

( ) = , − ( )

,

= ,, ∙ ( )

= 2 , ∙ ( )

= , = ( , ) − ,

( ) = , + , + , ∙ ( ) = 10,84 moli

( ) = ( )

; = ; = ; = ,

8.3. Reattore PFR

Comportamento fortemente non omogeneo.

Per applicare i bilanci di materia devo considerare un volume infinitesimo di sezione pari alla sezione del reattore e lunghezza pari a . Facciamo il bilancio di materia, in condizioni stazionarie definendo la portata in ingresso, in uscita (accumulo nullo):

= ( ); = ( ) + → = ( + ) + (− ) → − = (− )

In termini di concentrazione e di conversione:

− ( ) = (− ) ; − = (− )

= (− ) →

⎩⎪

⎪⎧−

, (− )

= = = =

(− )= 1

,

=

,

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