Tiroide Tiroide
alimentazione alimentazione &
T
ra le patologie di grande prevalen- za e attualità, compaiono sempre più quelle a carico della tiroide, tenute “a bada” con farmaci specifici, ma un grande aiuto può venire anche dallo stile di vita, inclusa l’alimentazione, inuna sorta di terapia integrata. In questo dossier ne parlano la dottoressa Valeria D’Alessandro, medico chirurgo specialista in medicina generale ed endocrinologia e la dottoressa Melissa Finali, biologa e nutrizionista, collaboratrice di Optima Salute.
C’è uno stretto legame tra quello che mangiamo e le patologie
tiroidee, dall’assunzione di alimenti contenenti iodio, soprattutto
pesci e crostacei, alla riscoperta del brodo di ossa
Dossier
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Dottoressa, cominciamo con lo spiegare che cos’è la tiroide e quali sono le patologie ad essa collegate.
“La tiroide è una ghiandola impari situata alla base del collo davanti alla trachea. È formata da due lobi, il destro e il sinistro, collegati da un istmo centrale.
Le patologie tiroidee possono presentarsi ad ogni età e possiamo suddividerle in alterazioni della fun- zione, ovvero in ipotiroidismo ed ipertiroidismo”.
Cosa succede nei due casi?
“Cominciamo dall’ipotiroidismo, che si presenta quando la ghiandola tiroide non è in grado di produrre la quantità di ormoni sufficienti (FT3 e FT4). In questa condizione si verifica un aumento delle concentra- zioni del TSH (acronimo inglese che sta per ormone tireostimolante; ndr) e si riscontrano bassi valori de- gli ormoni tiroidei. I sintomi possono presentarsi in maniera variabile, ma i più frequenti sono aumento del peso corporeo (in netta prevalenza), stanchezza, difficoltà di concentrazione, alterazione dei cicli me- struali, marcata ritenzione idrica, alterazioni del batti- to cardiaco e alterazione del profilo lipidico. La causa più frequente di ipotiroidismo, invece, è la tiroidite, un’infiammazione del tessuto ghiandolare tiroideo”.
E l’identikit dell’ipertiroidismo?
“Comunemente si verifica quando la ghiandola tiroi- dea produce ormoni in eccesso. In tale situazione si riscontrano alte concentrazioni di FT4 e FT3 e basse concentrazioni di TSH. I sintomi più frequenti sono calo di peso non giustificato dalla dieta, insonnia, aumento della sensibilità al caldo, ipersudorazione, alterazioni dei cicli mestruali, alterazioni del batti- to cardiaco (accelerato). Le cause, in questo caso, possono essere ricondotte ad un aumento diffuso della ghiandola, con iperplasia, gozzo multinodulare e malattia di Basedow. Le alterazioni della struttu- ra della ghiandola tiroidea le possiamo suddividere in patologie nodulari, infiammatorie e tumori, alte- razioni che possono anche determinare un quadro di ipertiroidismo o di ipotiroidismo. Per semplificare l’informazione possiamo immaginare di paragonare la tiroide ad una macchina di cui la struttura si riferi- sce alla carrozzeria mentre la funzione la paragonia- mo al suo motore. Una macchina può avere la car- rozzeria perfetta, ma il motore danneggiato oppure una carrozzeria malmessa, ma un motore perfetto”.
Come avviene la diagnosi di ipo o ipertiroidismo?
“La tiroidite è sostenuta da un lungo processo in-
fiammatorio che causa alterazioni dell’anatomia della ghiandola ben visualizzabili con un esame ecografi- co. Nel corso della tiroidite la ghiandola può andare incontro sia ad un aumento che ad una diminuzione del suo volume, fino alla quasi totale scomparsa del tessuto ghiandolare. Quando parliamo invece di pa- tologia nodulare della tiroide ci riferiamo alla presen- za, nel contesto della ghiandola, di aree di tessuto ben circoscritto e delimitato. Molto spesso il riscon- tro della patologia nodulare è accidentale ed avviene durante l’esecuzione di altre indagini come ad esem- pio un ecocolordoppler della carotide. Solo i noduli più grandi possono essere diagnosticati clinicamente con la palpazione del collo durante la visita medica, ed una volta identificati devono essere sottoposti ad uno studio dettagliato per capirne la natura, valutare se producono un eccesso di ormoni e se causano un’alterazione delle strutture anatomiche circostanti in particolare dell’esofago e della trachea. In tali casi il paziente riferisce tosse e difficoltà nella deglutizio- ne e spesso sono proprio questi sintomi a portarlo all’attenzione del medico”.
Qual è l’incidenza di tali patologie nella popolazione italiana?
“Circa 18-20 persone su 100 hanno un problema alla ghiandola tiroidea e le donne risultano complessiva- mente più a rischio di svilupparla rispetto agli uomini.
Più in dettaglio, la tiroidite colpisce circa il 15% della popolazione femminile ed il 5% di quella maschile, mentre un 20% è interessato dal gozzo multinodulare e tale percentuale aumenta di quasi il doppio se si analizzano i dati provenienti da studi autoptici. Il can- cro della tiroide è abbastanza diffuso, e rappresenta il 3-4% di tutti i tumori umani ed è uno dei più frequenti nelle donne tra i 40 e i 60 anni. Un dato molto inte- ressante è quello della prevalenza di una forma par- ticolare di tiroidite che si manifesta nei sei mesi dopo il parto che può interessare fino al 9% delle donne e viene definita come tiroidite post-partum”.
Quali sono i farmaci che ad oggi abbiamo a disposizione per la cura di queste patologie?
“Per la terapia delle alterazioni della funzione ghian- dolare si usa la tiroxina, un ormone di sintesi iden- tico a quello prodotto dal corpo umano, che viene utilizzato in corso di ipotiroidismo, ovvero in quelle condizioni in cui la ghiandola tiroidea non è in grado di sintetizzare gli ormoni di cui necessita il corpo e che diagnostichiamo in presenza di alte concentra- zioni di TSH e basse di FT3 e FT4. Ad oggi esistono diverse formulazioni chimiche del farmaco: com-
Ipotiroidismo e ipertiroidismo: come riconoscerli
Colloquio con la dottoressa Valeria D’Alessandro, Endocrinologa
presse, capsule gelatinose, formulazioni liquide in base alcolica. Per ogni persona andrà individuato il corretto dosaggio in base all’età, alle patologie as- sociate ed al peso corporeo. Per correggere l’iper- tiroidismo esistono diverse opzioni terapeutiche, quella più utilizzata prevede l’impiego di farmaci da assumere in compresse che vanno a bloccare l’eccessiva produzione di ormoni tiroidei. In casi particolari, quali il morbo di Basedow, si può invece utilizzare una terapia a base di iodio radioattivo che va a danneggiare selettivamente le cellule tiroidee.
In casi eccezionali, si ricorre all’intervento chirurgi- co di asportazione della tiroide”.
Oltre ai farmaci, trova che l’alimentazione possa aiutare nella cura di queste patologie?
“Certo, per prevenire le malattie della tiroide un ruolo fondamentale è svolto dalla nutrizione, per garantire un adeguato apporto di iodio, la caren- za del quale rappresenta la causa principale delle alterazioni della ghiandola. Oltre al sale iodato, gli alimenti più ricchi sono i pesci di mare ed i cro- stacei, mentre, in minor concentrazione, lo iodio è contenuto anche nelle uova, nel latte, nella car- ne, nei vegetali e nella frutta. La raccomandazione sempre valida è di variare l’alimentazione, scegliere cibi di filiera corta e di stagione, prestare attenzione alle porzioni che devono essere adeguate allo stile di vita di ognuno ed al proprio fabbisogno calorico e nutrizionale”.
Cosa pensa della “dieta paleolitica”
o del “metodo apollo” che sembrano essere
nati proprio per trattare queste patologie?
“Sono regimi dietetici che si basano sull’indicazione di ridurre il consumo di carboidrati provenienti dai ce- reali e di aumentare quello derivante da verdura, frut- ta e fonti proteiche, in particolare animali, ma anche vegetali (legumi, frutta secca, uova, carne e pesce); il senso di tali indicazioni è di cercare di ridurre il livello generale dell’infiammazione e così gli effetti svantag- giosi per la tiroide”.
E quindi lavorare sul microbioma intestinale può aiutare la tiroide a funzionare meglio?
“Certamente. Una dieta corretta ha un’azione benefi- ca anche sulla flora batterica intestinale, che è a tutti gli effetti un organo attivo e suscettibile di modifica- zioni, con la selezione di particolari batteri che hanno un profilo vantaggioso per l’uomo”.
Quando si parla di patologie della tiroide, alcuni studi scientifici consigliano di
prestare attenzione a tre molecole: glutine, lattosio e lectine. Trova che abbia un senso?
“Sicuramente il cambiamento dell’alimentazione degli ultimi 25 anni, con un eccesso di consumo di prodotti contenenti glutine oltre alla grande di- sponibilità di latticini e derivati, ha determinato un aumento delle malattie autoimmunitarie in genere (per esempio la tiroidite di hashimoto). Da qui l’at- tenzione si è rivolta anche al ruolo delle lectine, famiglia di proteine che si trovano soprattutto nei cereali integrali e nei legumi, che possono indurre un’alterazione della parete intestinale causando il passaggio di sostanze irritanti per l’organismo”.
di iodio sono i pesci di mare ed i
crostacei
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I dubbi sull’utilizzo della soia
In quest’ottica si è parlato molto di evitare il con- sumo di soia, che proprio per il grande contenuto di lectine potrebbe essere causa potenziale di ipoti- roidismo, ma alcuni studi clinici hanno escluso che questo legume possa causare tale patologia. Va però ricordato che gli isoflavoni della soia sono in grado di legare piccole quantità di iodio che il corpo usa normalmente per gli ormoni tiroidei, quindi chi ne consuma tanta potrebbe avere bisogno di un po’
più di iodio nella sua alimentazione. Inoltre, i pro- dotti della soia possono ridurre l’assorbimento di farmaci usati per trattare l’ipotiroidismo, quindi, se si vuole continuare a consumare questo alimento con serenità, sarebbe necessario controllare sem- pre l’assunzione del farmaco con l’aiuto del medico.
Infatti, il ruolo della dieta nel trattamento dell’ipoti- roidismo è più che altro rivolto ad evitare possibili interazioni con i medicinali assunti.
Approfondiamo, a questo punto, il rapporto tra ali- mentazione e terapia delle patologie della tiroide, partendo dal dato di fatto che le donne ne soffrono maggiormente rispetto agli uomini. E siccome par- liamo di ormoni strettamente legati all’efficienza del metabolismo, ecco perché si incontrano maggio- ri difficoltà nella regolazione del peso, visto che la condizione di ipotiroidismo rallenta il metabolismo basale e favorisce il deposito di grasso.
Dal punto di vista alimentare, si consiglia, anzitutto, di fare attenzione alle lectine, proteine che aggan- ciano i carboidrati e sono in grado di causare ele- vata permeabilità intestinale a livello di membrana (che non riesce più ad opporsi in maniera adeguata all’ingresso di antigeni alimentari, tossine e patoge- ni nel circolo sanguigno), provocando quella che è
In ogni caso, secondo la Società Scientifica di Nu- trizione Vegetariana, non solo la soia non fa male, ma è anche utile all’organismo dato che è stato per millenni uno degli alimenti fondamentali di tutte le popolazioni orientali, le quali non solo non si sono estinte, ma non hanno nemmeno avuto particolare incidenza di tumori o altre malattie “del benessere”
tipiche della dieta occidentale. Ovviamente ci rife- riamo solo ai prodotti di soia come fagioli, tofu, tem- peh, bevanda vegetale, e non ai cosiddetti burger di soia o altri prodotti lavorati, troppo ricchi di altri ingredienti ed edulcoranti.
Ciò che invece sembra conferire un grande benefi- cio a queste condizioni sono i lipidi, perché danno una mano ai mitocondri (gli organelli cellulari impli- cati nella produzione dell’energia) a bruciare i grassi in eccesso. Parliamo per lo più di “grassi buoni” in- saturi provenienti da olio extravergine d’oliva, frutta chiamata “leaky gut syndrome” o sindrome dell’inte- stino gocciolante che pare essere alla base di sva- riate intolleranze alimentari, allergie e molte patolo- gie autoimmuni come la tiroidite di Hashimoto.
Consideriamo che le lectine sono presenti nelle ver- dure (in particolare pomodori, melanzane, peperoni, patate), nella frutta, nei legumi e cereali, nei semi oleosi e nella frutta secca, ma ciò non significa che i soggetti con patologie tiroidee dovrebbero smette- re di mangiare tutti questi alimenti, visto che alcuni di essi sono in grado di resistere al meccanismo di degradazione delle proteine non entrando in circo- lo; inoltre, in genere la digestione le rende innocue, pertanto si consiglia unicamente di mantenere una dieta varia, senza eccedere con i cibi più ricchi di lectine. Va da sé, quindi, che la digestione deve es- sere curata e agevolata per facilitare questi processi di degradazione. Per esempio preparando i cibi che contengono lectine in maniera adeguata, ovvero:
ammollare i legumi per il tempo necessario (24 ore per ceci e cicerchie, 12 ore per fagioli e 3 per le len- ticchie) e così anche i cereali integrali (circa 3 ore di ammollo) e la frutta secca con la pellicina (ammol- lata per una notte, poi la pellicina andrebbe tolta), cambiando l’acqua almeno un paio di volte.
È bene, inoltre, preferire legumi decorticati.
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Tiroide sana = efficienza del metabolismo
di Melissa Finali Biologa, nutrizionista
Legumi e cereali vanno resi
digeribili con
ore di ammollo
oppure crema tahina (da semi di sesamo).
Anche cibi come il burro chiarificato e il burro di cocco (vedi box) proveniente da fonti sostenibili, possono dare una mano nella regolazione del meta- bolismo in quanto tireostimolanti, ovviamente nelle giuste dosi. Ma anche grassi saturi non provenienti da animali cresciuti in allevamenti intensivi (“grass fed”) sembrano essere d’aiuto.
Burro di cocco fai-da-te
Frullare la farina di cocco per 10-15 minuti, finché le fibre inizieranno a gonfiarsi leg- germente ed a diventare più compatte. Poi versare tutto in un contenitore e schiacciar- lo bene fino ad ottenere una massa compatta. Mettere in frigo per almeno 24-48h ed il panetto di burro sarà pronto.
Il ruolo della dieta, nel trattamento dell’ipotiroidismo,
è più che altro rivolto
ad evitare possibili
interazioni con i
medicinali assunti
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Particolare attenzione a glutine e prodotti caseari
Sappiamo che lo iodio è un nutriente essenziale che stimola l’azione della tiroide, ma bisogna prestare attenzione anche al suo eccesso, che può portare alla mancata funzionalità della ghiandola e ad un blocco del metabolismo. Anche le alghe contengo- no alte percentuali di iodio, dunque si sconsiglia la loro assunzione a persone che soffrono di patolo- gie della tiroide. In particolare quando l’ipotiroidi- smo non ha un’origine “dietetica”, è assolutamente sconsigliata qualsiasi supplementazione di iodio, dato che un eccesso potrebbe addirittura far preci- pitare la situazione. Al massimo, e solo sotto stretto controllo medico, l’integrazione può avere un senso quando l’ipotiroidismo è causato da carenze alimen- tari, cosa ormai piuttosto rara per via della pratica di aggiungere iodio nel sale comune. Alcuni alimenti poi, detti “gozzigeni”, tipo cavoli e simili, appunto la soia, i semi di lino e il miglio, in particolare consu- mati crudi, aumenterebbero il fabbisogno di iodio, quindi andrebbero consumati con moderazione in caso di ipotiroidismo.
Altri integratori che sarebbero da tenere sotto con- trollo sono quelli a base di ferro e calcio, ingredienti molto comuni nei vari supplementi dietetici, i quali possono interferire con la capacità di assorbimento della levotiroxina, un ormone sintetico utilizzato nel trattamento farmacologico dell’ipotiroidismo. Per impedire tale interazione è necessario assumere questi integratori almeno quattro ore prima o dopo il farmaco.
Ad ogni modo il deficit di iodio non è l’unico aspetto ad essere collegato all’insorgenza di ipotiroidismo, ma anche la carenza di selenio, il quale gioca un ruolo importantissimo nel metabolismo degli ormo- ni tiroidei (triiodotironina e tiroxina) ed è contenuto principalmente nel pesce e nei cereali.
Ed a questo proposito, per preparare ottimamente cerali e pseudocereali, si consiglia di non lasciarli troppo al dente, preferendo riso non integrale, qui- noa, avena, grano saraceno, amaranto.
Per il resto, si consiglia di fare attenzione al glutine, che potrebbe determinare un’interferenza cronica
a livello cellulare, mettendo sotto stress la tiroide a causa dell’elevata permeabilità della mucosa inte- stinale che caratterizza l’assunzione di questo com- plesso proteico. In particolare in persone affette da una malattia autoimmune della tiroide, in cui si producono anticorpi “contro” la stessa, il sistema immunitario attacca questa ghiandola e dato che il glutine è una molecola strutturalmente simile al tes- suto della tiroide, la sua assunzione eccessiva può rappresentare un rischio.
Ad esempio, con una tiroidite di Hashimoto, più glutine si assume più auto-anticorpi si formano, con il risultato che gli ormoni tiroidei vengono prodotti di meno, sviluppando sintomi di ipotiroi- dismo. Nella malattia di Graves, invece, ci sarà un’eccessiva produzione di ormoni tiroidei che stimolano troppo il metabolismo causando iperti- roidismo (A.Fasani, 2012).
In ogni caso è sempre sconsigliato il fai da te ed eliminare il glutine in toto senza l’appoggio di uno
specialista, anche perché una dieta “gluten free”
può far salire l’indice e il carico glicemico giornalie- ro, cosa che in persone ipotiroidee, spesso insulino e leptino resistenti, può essere svantaggiosa.
Attenzione andrebbe prestata anche all’assunzione eccessiva di caseine, proteine presenti nei formaggi, nel latte e nei latticini, per via delle proprietà proin- fiammatorie e perché molti dei soggetti con sen- sibilità al glutine sviluppano anche un mimetismo molecolare con questa proteina (cross reactivity).
Quindi, in una situazione di aumentata permeabilità intestinale c’è la possibilità che i latticini digeriti in parte vadano a finire in circolo stimolando il sistema immunitario ad attaccare la tiroide. Sarebbe quindi bene evitare tutti i latticini provenienti da latti di al- levamenti intensivi, che assumono antibiotici e po- trebbero compromettere il microbioma intestinale, e ormoni della crescita dannosi per il sistema tiroideo ed endocrino in genere. Meglio sicuramente latte e derivati di capra e pecora.
Brodo di ossa, toccasana
contro l’infiammazione dell’intestino
Restando nell’ottica dell’equilibrio intestinale che ritorna, una ricetta della tradizione come quella del brodo di ossa, è un ottimo strumen- to per riparare la sindrome dell’in- testino permeabile, sfiammandolo e migliorando sensibilmente la sua salute, oltre a rendere possibile un aiuto contro eventuali allergie e in- tolleranza alimentari.
Ingredienti: 2 kg di ossa di midollo di manzo e di cartilagine, 100 ml di aceto di sidro, 4-5 litri d’acqua, 4 gambi di sedano, 4 carote, 3 ci- polle, prezzemolo, aglio, sale, pepe nero q.b.
Preparazione: mettere le ossa in una pentola, in ammollo per un’o-
ra con acqua e aceto.
Poi aggiungere carote, cipolle e sedano, portare in ebollizione per due-tre minuti, quindi ridurre la fiamma.
La miscela ottenuta va lasciata bollire a bassa temperatura per almeno 4 ore, mescolando ed ag- giungendo acqua se necessario.
Quasi a fine cottura aggiungere gli altri odori.
Ad alta temperatura per 2 minuti e poi ridurre la temperatura (abbas- sare la fiamma del fornello).
Una volta raffreddato e depurato
da ossa e verdure, il brodo deve
essere conservato in frigorifero o
anche nel congelatore.
Il decalogo alimentare per le patologie tiroidee
Volendo, infine, creare una sorta di vademecum ali- mentare delle patologie tiroidee potremmo riassume- re concetti e linee guida nei dieci punti che seguono, ricordando che non si può generalizzare troppo, dato che ogni caso presenta le sue sfaccettature ed è quindi sempre bene affidarsi a un esperto del settore.
Più in generale, non esiste una specifica “dieta per la tiroide”, anche se in materia molti esperti esprimono pareri discordanti. Resta quindi la raccomandazione di assumere il medicinale secondo quanto prescritto dal medico e ricordarsi che alcuni alimenti possono comprometterne l’adeguato assorbimento.
1)
Limitare l’assunzione di glutine e quindi di que- gli alimenti che lo contengono, in particolare cereali come grano o frumento, farro, orzo, segale e loro derivati. Meglio preferire eventualmente i grani an- tichi, più virtuosi e con contenuto di glutine meno infiammatorio.2)
Prediligere cereali senza glutine (mais locale, avena certificata senza glutine, sorgo, riso), pseu- docereali (quinoa da commercio equo, grano sara- ceno, amaranto) e loro derivati.3)
Evitare i prodotti industriali “gluten free” per non rischiare di influenzare negativamente indice e cari- co glicemico.4)
Limitare l’assunzione di latte e derivati di origine vaccina, tanto più se da allevamento intensivo. Me- glio latte e derivati di capra e pecora.5)
Attenzione ad alimenti cosiddetti “gozzigeni”come cavoli e simili, soia, semi di lino, miglio, in par- ticolare se consumati crudi.
6)
Attenzione ad alimenti ricchi in lecitine e in par- ticolare la soia, le solanacee (pomodori, peperoni, melanzane, patate) e molti semi oleosi (ad eccezio- ne di noci Pecan, del Brasile e di Macadamia).7)
Si a grassi da fonti vegetali come olio extravergi- ne di oliva, burro chiarificato, provenienti da animali“grass fed”, burro di cocco, mandorle e relativa cre- ma al 100%, noci Pecan, del Brasile e di Macadamia.
8)
No a integratori di iodio e attenzione a quelli di ferro e calcio.9)
Si a iodio e selenio, quest’ultimo minerale spes- so sottovalutato, ma estremamente importante in queste patologie, provenienti da fonti alimentari come pesce e alcuni cereali (scegliere tra quelli da preferire).10)
Ritornare a ricette della tradizione come il bro- do di ossa. n52 OPTIMASALUTE