Vademecum facilitatori
1. Perché il Sinodo diocesano?
In ascolto della Parola. Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cre- sciuto, è più grande delle altre piante dell'orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». Disse loro un'altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». (Mt 13, 31-33)
Il cambiamento d’epoca. Quello che stiamo vivendo, afferma papa Francesco, non è solo un’epoca di grandi cambiamenti ma un cambiamento d’epoca. Le questioni e le trasformazioni che stanno avvenendo hanno portata mondiale e interpellano la qualità del nostro essere uomini e il futuro dell’intera umanità. Il cambio d’epoca significa anche riconoscere e interpretare un contesto sociale e culturale in mutazione: veloce e dinamico, plurale e differenziato.
Ø Il Sinodo diocesano viene convocato nel tempo della pandemia. È il primo Sinodo del terzo millennio, come lo ha definito il vescovo Claudio, e porta con sé anche le tante domande e interrogazioni nate nel tempo della pandemia.
Ø Il Sinodo diocesano viene convocato per anticipare il cambiamento senza subirlo, immaginando il volto di Chiesa che oggi lo Spirito ci chiede di incarnare (G. Routhier: «Perché un Sinodo? Essenzialmente perché una Chiesa dimori fedele alla sua missione dentro un mondo in profonda mutazione»).
La necessità per la Chiesa di ripensarsi e di riformarsi. In ogni stagione la forma concreta della Chiesa si sviluppa a partire dall’annuncio del Vangelo - sempre nuovo e da riscoprire - e dal contesto culturale e sociale di quel preciso momento storico. Il Vangelo e l’attuale momento storico ci spingono ancora di più come Chiesa a ripensarci, evitando l’adeguamento o la semplice opposizione a questo tempo, ma come occasione di grazia e di profondo rinnovamento.
Ø Il Sinodo diocesano viene convocato dopo l’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, portatrice della freschezza di un cambiamento necessario.
Il servizio al territorio. Con “territorio” intendiamo unicamente lo spazio fisico e geografico ma soprattutto la vita delle persone e ciò che la compone: gli affetti e le relazioni, il lavoro e la festa, la salute e la fragilità, l’istruzione e la formazione, il senso civico e la cittadinanza. La Chiesa, come diceva papa Giovanni Paolo II, trova il suo centro fuori da se stessa, nel servire le persone che le sono affidate.
Ø Il Sinodo diocesano è una grande opportunità perché ogni realtà diocesana (parrocchie, vicariati, uffici diocesani, associazioni e movimenti …) si ricentri rispetto al servizio del territorio in modo umile, gioioso e disinteressato. Il Sinodo diocesano significa cercare insieme le strade possibili per servire il nostro am- biente umano.
Tante domande aperte. A livello diocesano ci sono anche tante domande aperte, che hanno attraversato gli ultimi anni. Un breve elenco: il senso e la soggettività della parrocchia; le unità pastorali e le collaborazioni pastorali; i ministeri affidati ai laici e il ministero ordinato; il calo numerico dei preti e le fraternità presbiterali;
la trasmissione della fede alle nuove generazioni e la verifica del cammino dell’Iniziazione cristiana.
Ø Il Vescovo e la Visita pastorale richiamano spesso questa concretezza dell’essere Diocesi e certamente il Sinodo potrà esprimere dei buoni orientamenti di fondo.
Ø Si tratta di operare delle scelte sui temi appena indicati, per camminare insieme come Chiesa in una rinnovata comunione.
Le parole del vescovo Claudio
Perché oggi? Sono trascorsi circa sessant’anni dalla celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II: il soffio dello Spirito Santo ha raggiunto tutta la Chiesa cattolica aprendo orizzonti pastorali ricchi di novità; tra questi l’attenzione alla Chiesa locale, là dove vive e si manifesta la Chiesa Una, Santa, Cattolica ed Apostolica, lì dove si realizza la piena vitalità dello Spirito. Qualche anno fa, nel 2013, il Santo Padre Francesco con l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium ci ha sollecitati a continuare nel cammino conciliare del rinnovamento pastorale.
(Riflessione del vescovo Claudio, nella celebrazione eucaristica con l’Indizione del Sinodo diocesano, 16 maggio 2021).
2. Che cos’ è il Sinodo diocesano?
In ascolto della Parola. Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell'a- more, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. (Ef.4, 1-6)
Il Sinodo è un’esperienza ecclesiale e spirituale. Ecclesiale perché l’essere Chiesa implica sempre la disponi- bilità a camminare insieme. Quindi condividere una visione, una prospettiva che ci attrae e individuarne tappe e modalità (processi) che attivino un cambiamento duraturo ed efficace. In questo senso “Chiesa” e
“Sinodo” sono sinonimi. Spirituale perché è un’esperienza ispirata dallo Spirito Santo e conserva, pertanto, un margine ampio di apertura e imprevedibilità, caratteristiche dello Spirito, che soffia e va dove vuole. Per questo si utilizza l’espressione “celebrare il Sinodo”, perché di fatto significa riconoscere l’azione dello Spirito che accompagna sempre la nostra Chiesa.
Sinodo significa il diritto e il potere di parola affidato a tutti. La capillarità del Sinodo, caratterizzato dall’at- teggiamento dell’ascolto permette ad ogni credente e battezzato di portare il proprio contributo di pensiero.
Ogni parola, che mette in circolo l’esistenza di ciascuno e il Vangelo, è preziosa, è un dono che rinnova e qualifica il discernimento dell’intero popolo di Dio.
Sinodo significa scegliere insieme. Il Sinodo intende attivare dei processi di cambiamento frutto di ascolto e di discernimento. Il Sinodo non guarda solo le questioni immediate, ma rivolge il suo sguardo a ciò che siamo chiamati a diventare nel medio-lungo periodo. Nelle grandi sfide e questioni che interpellano tutti, decidere e scegliere insieme è garanzia di fedeltà al Signore e di comunione. Il Sinodo, pertanto, vorrebbe attivare processi di cambiamento, che coinvolgano tutti i soggetti ecclesiali e che permettano di annunciare, oggi e qui, la gioia del Vangelo.
Le parole del vescovo Claudio.
Sinodo è anche preghiera. È la preghiera, in comunione con la preghiera sacerdotale di Gesù, di saper cammi- nare insieme, arricchiti dalle nostre usanze e ma anche andando oltre, superando le nostre resistenze e vin- cendo presunzioni e individualismi. È preghiera di invocazione: «che siano una cosa sola!». Preghiera che asso- miglia a quella dei poveri, di coloro che invocano da Dio giustizia e dignità, senza pretese perché sono poveri;
le invocano come Grazia.
Sinodo è speranza. La speranza si accende quando ci si sente chiamati a raggiungere una meta impegnativa, alta, bella; quando ci si aspetta qualcosa di più, quando si possiedono beni che si desidera condividere con le persone a cui si vuole bene. Questa speranza è dell’intera comunità dei battezzati che è composta anche da presbiteri, da diaconi, da consacrate e consacrati, dalle diverse ministerialità e carismi presenti nel popolo di Dio; e che percepisce il pericolo della dispersione, della frantumazione e che desidera orientarsi anche comuni- tariamente secondo la volontà di Dio Padre.
Il Sinodo nasce dal desiderio del Vescovo di rendere possibile la strada del futuro e della missione. Strada da percorrere tutti insieme, ognuno con il suo carisma, «avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace», al servizio di tutti coloro che il Signore ama. È tempo quindi di una sintesi eccle- siale che permetta di guardare al futuro “insieme”, con un rinnovato coraggio; anzi con un rinnovato entusia- smo. È venuto il tempo di favorire il futuro e di andargli incontro mettendoci in ascolto dello Spirito del Signore Risorto. (Riflessione del vescovo Claudio, nella celebrazione eucaristica con l’Indizione del Sinodo diocesano, 16 maggio 2021).
3. Che differenza c’è tra sinodalità ordinaria e Sinodo?
La nostra Diocesi in questi decenni si è sperimentata molto nella sinodalità ordinaria, soprattutto attraverso gli Organismi di comunione parrocchiali (Consiglio Pastorale parrocchiale e Consiglio parrocchiale per la Ge- stione economica) e diocesani.
La sinodalità indica lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa, popolo di Dio, che manifesta e rea- lizza in concreto il suo essere comunione nel camminare insieme, nel radunarsi in assemblea e nella parteci- pazione attiva di tutti i suoi membri alla missione evangelizzatrice. La sinodalità, però, non può essere pen- sata come un partecipare generico del popolo di Dio, ma come la valorizzazione nei processi decisionali delle specifiche competenze e carismi di ciascuno. Ecco perché la sinodalità trova nel Sinodo una sua espressione prioritaria. I cambiamenti e i segni dei tempi attuali, sopra descritti, domandano lo strumento prioritario del Sinodo.
Il Sinodo diocesano rappresenta il «vertice delle strutture di partecipazione della Diocesi», occupando, tra esse, «un posto di primario rilievo» (COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE,La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, n. 93). Costituisce, infatti, l’evento di grazia in cui il Popolo di Dio che vive in una Chiesa particolare è convocato e si raduna nel nome di Cristo, sotto la presidenza del Vescovo, per discernere le sfide pastorali, cercare insieme le vie da percorrere nella missione e cooperare attivamente nel prendere le opportune decisioni in ascolto dello Spirito (vedi testo La preparazione al Sinodo diocesano, pagg.26 e 27).
“Sinodo”, quindi, non è il nome cattolico di un parlamento, né un congresso con rappresentanti della Diocesi;
non è una convention e nemmeno gli stati generali della Diocesi. Il Sinodo è il nome della Chiesa quando essa si manifesta per quello che dovrebbe essere: popolo di Dio che “cammina insieme” alla sequela del Signore dopo che insieme ha tratteggiato la strada che vuole percorrere in ascolto della voce dello Spirito e alla luce di un attento discernimento dei segni dei tempi.
4. Chi è il facilitatore?
Il facilitatore è una persona di relazione e di incontro. Tra i requisiti necessari ci stanno l’affabilità e il saper accogliere e dare ospitalità alle persone, valorizzando lo stile dell‘ascolto, del dialogo e della condivisione.
Sarà importante che in parrocchia sia riconosciuto e apprezzato per queste qualità.
Il facilitatore coltiva la propria spiritualità. È un credente con le sue fatiche e fragilità, e con il desiderio di crescere nella sequela del Signore. Sa mettersi in ascolto di quanto succede nella propria vita e cerca luce e forza nella Parola di Dio, nei sacramenti e nella preghiera. Questi sono anche gli “ingredienti” essenziali della proposta degli spazi di dialogo.
Il facilitatore è animato da un buon spirito ecclesiale. Non è estraneo alla vita parrocchiale e diocesana, ne conosce le dinamiche e i limiti, legge con sapienza e lungimiranza gli orientamenti ecclesiali (vedi testo La preparazione al Sinodo diocesano, pagg.29, 30 e 31).
«C’è un carisma multiforme che diventa promettente nell’inaugurare un rinnovamento pastorale missionario, quello dei rabdomanti o degli identificatori di cercatori di senso. Nelle nostre comunità ci sono spesso persone che si guadagnano la fiducia di coloro che incontrano nel loro cammino, nell’ambito del lavoro, nel quartiere
dove abitano, tra gli amici. Con loro si parla volentieri di questioni esistenziali e con loro ci si rivolge nelle situa- zioni di apertura. Queste persone possiedono l’arte della conversazione, il senso della gratuità e della discre- zione e assicurano una costante amorevole vicinanza. Il desiderio che le muove è di far risuonare concretamente il Vangelo di Gesù nella vita degli altri» (C.THEOBALD, Urgenze pastorali)
5. Il ruolo: cosa viene chiesto ai facilitatori?
La capacità di lavorare su se stessi. Gentilezza e discrezione, misura e sapienza sono virtù importanti per accompagnare con umiltà e profondità il proprio spazio di dialogo, favorendo l’ascolto premuroso. Sarà im- portante valorizzare l’esperienza e la narrazione esistenziale di ciascuno, senza condizionare le persone.
Accogliere l’incarico come dono, lasciandosi guidare dall’azione dello Spirito Santo. La proposta che gli viene fatta di animare uno spazio di dialogo è occasione per riprendere la Parola di Dio, la preghiera, il silen- zio, la contemplazione e la stima per la vita degli altri. Sono lo stile del credente che sa vedere il Signore in ogni cosa e in ogni situazione.
Creare rete. Oltre le persone che si iscriveranno attraverso i canali parrocchiali viene chiesto al facilitatore di invitare altre persone di propria conoscenza allo spazio di dialogo. Cioè di attingere alla rete grande delle proprie conoscenze e amicizie per rendere davvero trasversale il gruppo.
La formazione proposta a livello diocesano, la preparazione accurata degli incontri degli spazi di dialogo, il ritorno alla Segreteria del Sinodo. Alla fine, a tal riguardo, vengono inseriti dei suggerimenti operativi, che dicono la sollecitudine e la cura per rendere accoglienti e fruttuosi gli spazi di dialogo. Sarà necessaria una bella preparazione anche rispetto alle tracce che saranno messe a disposizione per gli spazi di dialogo. Quanto emerge dal proprio spazio di dialogo sarà trasmesso, in modo ordinato e sintetico, alla Segreteria del Sinodo, attraverso uno schema predisposto.
6. La parrocchia e i facilitatori parrocchiali
Il ruolo del Consiglio Pastorale parrocchiale. Come scritto e detto più volte, i facilitatori vengono individuati dal Consiglio Pastorale parrocchiale, che conferma in questo modo il suo compito di “regia” dell’intera vita parrocchiale. Viene suggerito possibilmente che i facilitatori non siano membri dello stesso Consiglio Pasto- rale parrocchiale o persone troppo impegnate in parrocchia.
Un investimento relazionale. L’individuazione dei facilitatori non va visti solamente come un impegno in più, ma come un investimento relazionale per la parrocchia. i facilitatori possono coinvolgere e dare ascolto, in modo ampio e diversificato, a varie persone che di solito non accedono a incontri o gruppi parrocchiali.
Creano e alimentano reali spazi di dialogo. Il loro ruolo indica alcune peculiarità della parrocchia: il primato dell’ascolto, la valorizzazione delle esperienze di ciascuno, il desiderio di ricercare insieme e la consapevo- lezza di poter imparare da tutti.
Il mandato. Sarà importante dare loro un “mandato” in parrocchia, durante una celebrazione eucaristica domenicale, preferibilmente nel mese di ottobre 2021. Questo li rende volto ed espressione autorevole dell’intera comunità e non interpreti autoreferenziali. Il loro compito ha valore e modalità ecclesiali.
Il ritorno in Consiglio Pastorale parrocchiale. La parrocchia ascolterà, sempre attraverso il Consiglio Pasto- rale parrocchiale, il frutto di quanto emerge da questo primo ascolto negli spazi di dialogo. Ogni facilitatore, utilizzando uno schema predisposto dalla Segreteria, riprenderà quanto condiviso e maturato nel proprio spazio di dialogo, entro febbraio 2022.
Se lo ritiene opportuno il Consiglio Pastorale potrà accompagnare la sintesi dei facilitatori con una propria riflessione. Non tanto un’ulteriore sintesi quanto invece l’evidenziazione di punti particolarmente stimolanti e critici, che interrogano e provocano la parrocchia. Sempre entro il mese di febbraio 2022.
Si potranno anche condividere con l’intera parrocchia le considerazioni complessive raccolte negli spazi di dialogo. Chiaramente questa è una scelta opzionale, che però può collegare tutti gli spazi di dialogo e offrire uno sguardo complessivo del cammino parrocchiale verso il Sinodo. Il primo ascolto può così diventare una bella opportunità per tratteggiare il volto di una comunità parrocchiale.
7. Il primo ascolto: punti di rottura e germogli
Il primo ascolto: punti di rottura e germogli. Nel primo anno i facilitatori attiveranno negli spazi di dialogo il primo ascolto, diverso da quello che, nel secondo anno, verterà specificatamente sui temi del Sinodo (il se- condo ascolto).
Il primo ascolto intende mettere a fuoco i “punti di rottura” e i “germogli” sia a livello personale che comu- nitario. Sarà un interrogarci senza separazioni, in modo ampio e “concentrico”, a livello esistenziale e rela- zionale, sociale ed ecclesiale, ci aiuterà a guardare con consapevolezza la realtà con le sue “rivelazioni”, in cui convivono criticità, speranze e novità già in atto.
Si potranno registrare stanchezze e fatiche, aspetti problematici del quotidiano, dissonanze e fratture, ma anche slanci e desideri che stanno già germogliando, elementi generativi e di consonanza, che donano pace e speranza.
Una visione di Chiesa. L’obiettivo dei “punti di rottura” e “germogli” non sarà unicamente quello di registrare l’esistente ma anche di aprire a un sogno e una visione di Chiesa; quasi raccogliere i nostri desideri e intuizioni verso una rinnovata forma di Chiesa.
Auspichiamo, pertanto, che il Sinodo diocesano non assuma solamente il contorno di un impegno ulteriore, ma che venga avvertito come un’opportunità per ripartire insieme, avviando e promuovendo processi di cambiamento. Quanto emergerà da questo primo ascolto verrà messo nelle mani della Commissione prepa- ratoria, chiamata a elaborare e definire i temi specifici del Sinodo (vedi testo La preparazione al Sinodo dio- cesano, pagg.28 e 29).
8. Il metodo narrativo
La narrazione. Gli spazi di dialogo avranno una forte impronta narrativa. Gli incontri infatti inizieranno con dei brevi racconti. Il racconto permette alle persone di immedesimarsi, in modo esistenziale e concreto, par- tendo dalle proprie esperienze, emozioni e sentimenti. Nel racconto ognuno dei partecipanti agli spazi di dialogo potrà rivedersi e distinguersi; riconoscersi e diversificarsi. In questo modo non si privilegiano solo le idee e i concetti astratti; il desiderio è di raccontare e ascoltare i racconti di altri che mettono in circolo la vita.
La narrazione kerigmatica. Il facilitatore può anche aiutare i partecipanti a riconoscere la presenza del Si- gnore Gesù, operante nella vita di tutti noi. Nessuno è lontano o estraneo al Signore e ciascuno elabora la propria fede, con sfumature diverse, anche se non sempre in modo consapevole.
Il facilitatore quindi annuncia il kerigma, cioè il cuore del Vangelo: il Signore Gesù, morto e risorto, ti conosce per nome, ti vuole bene e dona la sua vita per te. Come dire: il Signore Gesù è già presente dentro di te, anche quando non lo sai! Non sempre questo annuncio avviene con le parole, spesso abita nei nostri gesti e nel nostro stile di vicinanza, premura e saggezza (vedi testo La preparazione al Sinodo diocesano, pag. 29).
Nel cristianesimo ci sono naturalmente dogmi, liturgie, precetti, teologie, ma tutto questo desidera e pretende fondarsi su una storia, la storia di Gesù. Il che è un problema perché quella storia è passata, come ogni storia.
Quando non è passata, la storia non è storia, non si racconta ma si vive. Se viene raccontata ancora può dare inizio ad altre vite e altre storie. Ciò conferisce all’esperienza cristiana un carattere inevitabilmente fragile e narrativo (L. PARIS, L’erede).
9. Suggerimenti operativi
Elenchiamo in modo informale alcune attenzioni, piccole modalità per far sentire accolte le persone che par- tecipano agli spazi di dialogo e che verranno approfondite nei momenti formativi per i facilitatori.
• L’ambiente. Preparare un luogo accogliente, informale, dal sapore familiare. Può essere in parrocchia o in casa propria. Va curato anche l’orario migliore per venire incontro alle esigenze di tutti.
• L’accoglienza delle persone. Ci sono tanti modi per dire che l’incontro è desiderato e curato. Pur nell’in- formalità e nella semplicità i dettagli comunicano lo stile dell’ospitalità e della gentilezza.
• Il benvenuto e l’inizio dell’incontro. Il facilitatore, soprattutto nel primo incontro, ha a cuore che ogni persona sia a proprio agio, possa presentarsi e conoscere gli altri partecipanti. In ogni incontro, ne motiva il senso, la modalità e gli orari. Alla fine si concorda insieme l’appuntamento successivo.
• La preparazione rispetto ad ogni incontro degli spazi di dialogo. Il facilitatore conosce bene la traccia predisposta e coordina con sicurezza e flessibilità i vari momenti dell’incontro.
• Le relazioni interne. Sarà importante dare il giusto tempo a ciascuno, evitare che qualcuno personalizzi troppo l’incontro con interventi ripetuti, favorire l’ascolto reciproco senza interruzioni, non dare spazio a dibattiti polemici. Questa capacità di conduzione domanda allo stesso tempo gentilezza e fermezza.
• Il metodo a giri. Dopo aver ascoltato il racconto di apertura si avvia un primo giro di narrazioni personali.
Successivamente, nel secondo giro, ogni partecipante potrà esprimere ciò che lo ha colpito del racconto e riflessione degli altri.
• Favorire l’autoformazione. Nelle tracce degli spazi di dialogo ci saranno anche strumenti di autoforma- zione da affidare in libertà ai partecipanti. Quasi a stimolare un desiderio di crescita spirituale, di con- fronto con la Parola e di approfondimento.
• Coltivare i legami. Questi incontri hanno un tempo determinato ma viene chiesto ai facilitatori di mante- nere i legami e di aggiornare i partecipanti sui passi successivi del Sinodo, sia a livello parrocchiale che diocesano.
10. Grazie.
In ascolto della Parola.Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò! Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa essere tu una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». Allora Abram partì, come gli aveva ordi- nato il Signore… (Gen 12, 1-4)
Inizia l’esperienza inedita del Sinodo per la nostra Chiesa di Padova e voi facilitatori siete i primi a muoverne i passi. C’è una terra da scoprire che il Signore ci indicherà e una parola di benedizione da pronunciare sulla vita di tutti noi. Grazie di aver accolto questo invito al viaggio; come Abramo scrutiamo l’orizzonte con fiducia e responsabilità.