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Presentazione 17

Capitolo 1

Dalle inchieste di “Mani Pulite” alla legge 6/11/2012, n. 190 27 1. Introduzione: continuità di percorso nel contrasto alla corruzione 27

2. Prevenzione della corruzione 34

2.1. Notazioni preliminari: necessità del richiamo ad alcune disposizioni dell’indicato testo normativo sul tema della prevenzione della corruzione 36 2.2. Riferimenti (ex art. 1 della legge 2012, n. 190) alle Convenzioni dell’ONU, in

data 31 /10/2013, e di Strasburgo, in data 27/1/1999. Funzioni dell'Autorità

nazionale anticorruzione (ANAC) 38

2.3. Misure di prevenzione amministrativa ex art. 1, legge 190/2012, co. 5, lett. n), e

co. 12, lett.re a) e b) 41

2.4. Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (art.

54 d.lgs. 30/3/2001, n. 165, come modificato dall'art. 1, co. 44, legge 190/2012) 42 2.5. Delega al Governo per l'adozione di decreti legislativi, ai sensi dell’art. 1, commi

49 e 50, legge 190/2012 43

2.6. D.lgs. 31/12/2012, n. 235, in attuazione della delega al Governo ex art. 1, co.

63, legge 190/2012 ("Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze

definitive di condanna per delitti non colposi...”) 44

2.7. Primo rapporto di valutazione in materia di corruzione nel nostro Paese,

redatto dal GRECO - organismo del Consiglio d’Europa - in data 16/10/2009 46 2.8. Considerazioni sul nuovo assetto normativo delineato ai fini del contrasto alla

corruzione ed aU’illegalità nella pubblica amministrazione 47

3. Gli obblighi internazionali 49

3.1. “Riscrittura'' dell’impianto di disciplina in materia di "anticorruzione”, quale espressione di precisi obblighi derivanti da strumenti normativi sovranazionali

ratificati dall'Italia 50

3.2. Necessità dell'introduzione, nel nostro ordinamento, delle fattispecie di

"Traffico di influenze illecite” (art. 346-bis c.p.) e di “Corruzione tra privati” (art.

2635 c.c.) 52

3.3. Sollecitazioni degli organismi internazionali al nostro Paese acché fosse

garantita, nell'ordinamento interno, una maggiore “effettività” della repressione del fenomeno corruttivo, da conseguirsi anche, e soprattutto, riducendosi gli

effetti della prescrizione 53

(2)

3.4. Alcuni cenni sulla problematica della prescrizione, tenuto conto anche della

legge 23/6/2017. n. 103 54

3.5. Analisi suH'incidenza della prescrizione nell’ambito dei procedimenti avviati dal

"pool" dei Magistrati in servizio presso la Procura della Repubblica di Milano in

merito a fatti di criminalità corruttiva a partire dal 1992 58 3.6. Raccomandazione al nostro Paese - attraverso il rapporto di valutazione di terzo

ciclo, predisposto dal “Work Group Bribery - WGB" -, perché la concussione non diventasse un possibile meccanismo di esenzione da responsabilità per il privato,

che effettui la promessa o la dazione indebita 62

3.7. Indicazione delle fonti internazionali in tema di corruzione - a partire dalla seconda metà degli anni ’90 -, che hanno fissato obblighi incriminatoli, più o

meno cogenti, agli Stati firmatari 63

3.8. Valutazioni più significative, contenute nei rapporti internazionali, sullo stato della normativa italiana vigente (prima dell'entrata in vigore della legge 190/2012), in materia di contrasto alla corruzione, con particolare riguardo al

delitto di concussione nella sua originaria tipizzazione (art. 317 c.p.) 66

Capitolo 2

La riforma del 2012 71

1. Prime riflessioni sugli interventi nel settore penale 72

1.1. Diverse e rilevanti modifiche apportate al codice penale, orientate, in sostanza, su quattro direttrici, tra le quali la scissione o scomposizione dell’originaria formulazione del delitto di concussione in due fattispecie: "Concussione” (art.

317 c.p.) e "Induzione indebita a dare o promettere utilità” (art. 319-quater c.p.) 72 1.2. Alcune riserve critiche espresse da autorevole dottrina sul merito della

normativa di cui alla legge 190/2012 (c.d. "riforma Severino") 74 1.3. Non condivisibili tali rilievi, essendo pressante - tra l’altro - l’esigenza, sul piano

interno, di una "rivisitazione” della materia dei delitti di corruzione e di una

migliore definizione del "confine conteso tra concussione e corruzione” 75 1.4. La corruzione come "un fenomeno difficile da studiare”: alcune riflessioni in

merito sulla scorta anche di un approfondito ed interessante saggio su "La

corruzione in Italia - Percezione sociale e controllo penale” 78 1.5. Ulteriori considerazioni sulla natura ed entità dei fenomeni corruttivi nel nostro Paese 80 1.6. Dimensioni e costi della corruzione in Italia attraverso qualche dato numerico 81 1.7. Classifiche di Transparency International sulla base della corruzione percepita

nei diversi Stati. Elaborazione del c.d. "indice di percezione della corruzione”

(Corruption Perception Index, CPI). Posizione dell’Italia nel panorama europeo 82 1.8. Segue: Ulteriori dati sul tema in questione. Continuità dei fenomeni corruttivi anche nel

periodo post “Mani pulite”, con grave pregiudizio pure in termini di crescita economica 86 1.9. Segue: Non è scomparsa la criminalità corruttiva dopo la stagione di "Tangentopoli”,

essendo prevalsa, però, la c.d. affa nera della stessa, nel senso che non v’è stata una

corrispondente risposta o reazione dell'ordinamento penale in termini sanzionatori 87 1.10. In quale misura la riforma del 2012 soddisfi le istanze di un efficace contrasto

alla corruzione 89

(3)

2. Le sanzioni 89

2.1. Modifiche al codice penale apportate dall’art. 1, co. 75, della legge 190/2012, che si sono incentrate sulle seguenti direttrici: a) scissione o "spacchettamento” del delitto di concussione; b) “riscrittura” dei delitti di corruzione, con particolare riferimento alla norma di cui all’art. 318 c.p.; c) creazione di due nuovi reati e, precisamente, del "Traffico di influenze illecite” (art. 346-bis c.p.) e della

“Corruzione tra privati” (art. 2635 c.c.); d) inasprimento del regime sanzionarono 89 2.2. E stato osservato che, sul terreno dell'efficienza del sistema, occorresse colmare,

prioritariamente, i “buchi” arrecati da improvvide riforme rispettivamente del 2002 (sul falso in bilancio) e del 2005 (sulla prescrizione in base alla legge n. 205,

exCirielli) 91

2.3. Riflessioni in merito ad entrambi i rilievi: sono state apportate, invero, rilevanti modifiche alla disciplina del falso in bilancio con la legge 27/5/2015, n. 69:

alcune utili puntualizzazioni al riguardo 92

2.4. Sulla necessità, poi, di un intervento sulla normativa afferente la prescrizione, onde restimire una più solida efficacia general-preventiva alle disposizioni

concernenti i reati contro la pubblica amministrazione 94

2.5. Analisi, nel dettaglio, degli aumenti dei limiti edittali delle pene, riguardanti

determinate fattispecie di reato, come disposti dalla legge n. 190 del 2012 96 2.6. Alcune notazioni in merito, alla luce anche dell’esigenza che le sanzioni

contro la corruzione ed i reati ad essa collegati siano “efficaci, proporzionate e

dissuasive” 99

3. Segue: Le sanzioni. Ulteriore inasprimento ai sensi della legge n. 69 del 2015 100 3.1. Indicazioni e considerazioni preliminari su detta legge, in quanto

strutturalmente collegata alla “riforma Severino”, della quale ha aggravato - tra l'altro - il regime sanzionatorio per determinate fattispecie di reato, nell’ambito

dei delitti contro la pubblica amministrazione 100

3.2. Quattro direttrici fondamentali secondo le quali si sviluppa il Capo I della legge n. 69 del 2015: in particolare, aggravamento del carico sanzionatorio previsto per la corruzione propria ed inserimento di misure premiali (ex art. 323-bis, co.

2, c.p.) 102

3.3. Quadro d'insieme delle innovazioni introdotte dalla stessa legge: la nuova normativa è stata incentrata soprattutto sull'apparato sanzionatorio di alcuni delitti contro la pubblica amministrazione, al fine di potenziarne, per un verso, l'efficacia general-preventiva e, per un altro, di arrestare la crisi di effettività dei

reati e delle pene detentive 103

3.4. Qualche ulteriore riflessione sul “nuovo volto” dell’apparato sanzionatorio - per contrastare i fenomeni corruttivi - dato dalla "riforma Severino”, prima, e dalla

legge n. 69 del 2015, poi 104

3.5. Ancora sull’esigenza che le sanzioni contro la corruzione ed i reati ad essa

collegati siano “efficaci, proporzionate e dissuasive" 106 3.6. Nostre considerazioni finali sul tema attinente all'inasprimento del regime

sanzionatorio, con riferimento e alla “riforma Severino” e alla normativa di cui

alla legge n. 69 del 2015 108

4. Una nuova sanzione: "riparazione pecuniaria” 112

(4)

4.1. Gli interventi operati dalla legge 69/2015 sul tessuto della normativa introdotta dalla "legge Severino” si sono assestati lungo tre traiettorie fondamentali, tra le quali "stretta pecuniaria” esercitata sulla condanna, sulla sospensione

condizionale della pena e sul patteggiamento per i delitti di corruzione 112 4.2. Sospensione condizionale della pena e patteggiamento: condizioni di ammissibilità 119 4.2.1. Sfera dei destinatari di dette condizioni quanto alla richiesta di patteggiamento:

la questione non va posta, e risolta, negli stessi termini esposti con riferimento

alla "riparazione pecuniaria” e alla sospensione condizionale della pena 122

5. L'attenuante della “collaborazione" 125

5.1. Con l’art. 1, lett. i), della legge 69/2015 è stato aggiunto - dopo l’art. 323-bis c.p.

- un apposito comma. Si tratta di una misura premiale, finalizzata ad ottenere la collaborazione processuale del corrotto o del corruttore ed, in particolare, a

favorire la rottura del patto corruttivo 125

5.2. Connotati essenziali della condotta richiesti, ai sensi del comma aggiunto all'art. 323- bis c.p., perché il corrotto o il corruttore possa usufruire della diminuzione della pena da un terzo a due terzi, con riferimento ai delitti elencati nella stessa norma 126 5.3. Problematica sul punto se la soluzione normativa adottata con l’introduzione di

una circostanza attenuante fosse da ritenersi la migliore possibile per scardinare il patto corruttivo o il muro di omertà tra il corruttore e il corrotto, o non fosse preferibile, al contrario, un'altra più radicale, attraverso la quale la condotta di uno dei due soggetti "collaborativi e pentiti” venisse inquadrata in una vera e

propria causa di non punibilità 128

5.4. Operazioni sotto copertura 131

Capitolo 3

Corruzione per l’esercizio della funzione 137

1. Nuova formulazione dell'art. 318 c.p. (ex art. 1, co. 75, lett. f), della legge 190/2012) e sostituzione anche della relativa rubrica, passandosi dalla

"Corruzione per un atto d’ufficio” all’attuale “Corruzione per l’esercizio della funzione”. Elementi differenziali - ad un primo approccio - tra la vecchia e la

nuova previsione normativa 137

2. Rimodulazione della fattispecie incriminatrice in questione: ragioni della scelta legislativa. Si tratta della novità di maggior rilievo intervenuta in una

"rivisitazione” dei reati di corruzione 142

3. Esame, nel dettaglio, con riferimento anche alla precedente ipotesi delittuosa

("Corruzione per un atto d’ufficio”) 146

4. Corruzione propria (art. 319 c.p.) e in atti giudiziari (319-ter c.p.) in rapporto di

specialità con la corruzione per l’esercizio della funzione 149 5. Se la locuzione "esercizio delle funzioni o dei poteri" debba intendersi, nella sua

genericità, come riferita soltanto ad un esercizio "legittimo” o, invece, anche

“illegittimo” 154

6. Stato della giurisprudenza di legittimità antecedente alla nuova formulazione della norma ex art. 318 c.p, incentrata - nella tipizzazione della condotta - sull'"esercizio delle funzioni o dei poteri” (da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un

pubblico servizio) e non più sul "compimento di un atto del suo ufficio” 156

(5)

7. Segue: la fattispecie di cui all’art. 318 c.p. - come introdotta dalla “legge Severino” - trova la sua origine e giustificazione, in sostanza, nell’esigenza di porre un fieno ad una certa interpretazione "estensiva” del giudice di legittimità, che è apparsa in contrasto con il principio di legalità 8. Aspetti di diritto intertemporale tra il previgente ed il nuovo art. 318 c.p.:

“continuità del tipo di illecito”, con applicabilità dell’art. 2, co. 4, c.p. Problematica sui rapporti tra la fattispecie di corruzione per l’esercizio della funzione e quella di corruzione propria (art. 319 c.p.), con riferimento, in particolare, al dato del disvalore delle condotte poste in essere, in termini di “oggettiva gravità”

9. Esclusione di profili di incostituzionalità della norma di cui all’art. 318 c.p.

- per eventuale contrasto con l’art. 3 Cost., sotto l’aspetto della manifesta irragionevolezza -, nonostante la previsione di un trattamento sanzionatorio meno grave rispetto a quello fissato per il reato di corruzione propria 10. Orientamento della giurisprudenza di legittimità nel caso di «stabile

asservimento del pubblico ufficiale a interessi personali di terzi, attraverso il sistematico ricorso ad atti contrari ai doveri di ufficio, non predefiniti né specificamente individuabili expost»: configurabilità del reato di cui all’art. 319 c.p. Indicazioni per una soluzione diversa, più equilibrata

11. Ulteriori riflessioni sul tema in questione, sulla scorta anche della posizione di voci autorevoli della dottrina

12. Non punibilità della condotta inquadrabile nell'ambito della corruzione impropria susseguente, alla luce della nuova previsione normativa ex art. 318 c.p. La locuzione "per” (l’esercizio delle funzioni o dei poteri) va “letta” in chiave

"finalistica” e non “causale”

13. Eliminazione del requisito della "retribuzione indebita” nella nuova formulazione dell’art. 318 c.p.: ciò non comporta un’estensione dell’ambito di punibilità, ritenendosi, cioè, penalmente rilevanti anche dazioni di entità modesta o, comunque, sproporzionate per difetto se rapportate al vantaggio conseguito

14. Momento consumativo del reato di cui all’art. 318 c.p. nell'ipotesi, in particolare, in cui Yutilitas promessa venga, poi, erogata

Capitolo 4

Traffico di influenze illecite

1. Ragioni giustificatrici della scelta legislativa per la configurazione di questa nuova fattispecie di reato (art. 346-bis c.p.), tra le quali anche le sollecitazioni provenienti da organismi internazionali

1.1. Un’ulteriore ragione per l’introduzione di detta ipotesi delittuosa

1.2. Segue: l'opportunità di un intervento normativo in materia è stata dettata anche dall’esigenza - avvertita da tempo - di arginare una «prassi giurisprudenziale eccessivamente spregiudicata nell’estendere l’ambito di applicazione del millantato credito ben al di là dei limiti imposti dalla lettera della legge»

1.3. Segue: non solo sul terreno del delitto comunitario e internazionale ma anche su quello del diritto comparato era emersa «una sensibilità per la tipizzazione del traffico di influenze»

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1.4. Le varianti strutturali in cui può articolarsi il modello del "Traffico di influenze” si distinguono fondamentalmente per il diverso ruolo che occupano, quanto al contenuto di disvalore, lo “scopo” dell'attività di influenza oppure i “mezzi” di persuasione che il

mediatore si propone di utilizzare per influenzare la decisione del pubblico agente 212 1.5. Indicazioni di ulteriori fattori, che possono aver "propiziato il terreno per la

tipizzazione del traffico di influenze illecite", tradottosi, poi, in una specifica

figura di reato per effetto della “legge Severino” (ex art. 1, co. 75, lett. r) 214 2. Approccio ermeneutico alla nuova fattispecie incriminatrice e rapporti, in

particolare, con quella contigua del “Millantato credito" 216 2.1. Segue: su quest'ultimo delitto (art. 346 c.p.) si rilevano diversi aspetti

problematici sia sotto il profilo esegetico che su quello sistematico 217 2.2. Segue: proposte di riforma formulate sempre in merito a detto reato, con

riferimento al 1° e al 2° comma. Scelta operata dal legislatore del 2012:

introduzione della nuova fattispecie ex art. 346-bis c.p., affiancata a quella del

millantato credito, rimasta immutata nella sua struttura originaria 219 3. Centralità ed essenzialità del requisito dello “sfruttamento di relazioni esistenti”

con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio nel delitto di cui all'art. 346-bis c.p. rispetto a quello della "Millanteria del credito” nell’altra

ipotesi criminosa di cui all’art. 346 c.p. 222

3.1. La “millanteria” intesa (stante il non univoco significato linguistico) «non solo come vanteria infondata o frutto di fantasia, ma anche come sottolineatura / esaltazione/amplificazione di una capacità/possibilità di contatti, entrature,

relazioni di cui l’agente dispone» 224

3.2. Qualche breve notazione prima di evidenziare i tratti differenziali tra le due

fattispecie incriminatrici ex artt. 346 e 346-bis c.p. 227

3.3. Pur presentando il reato di millantato credito vistose analogie con quello di

traffico di influenze illecite, se ne differenzia, però, per un insieme di elementi 229 3.4. Posizione critica di autorevole dottrina sull'impostazione seguita in merito ai

rapporti differenziali tra le due fattispecie di reato in questione 232 4. Modalità alternative della condotta tipizzata nel reato di traffico di influenze

illecite, a seconda che il denaro - o altro vantaggio patrimoniale -, dato o promesso aU’intermediario, costituisca il "prezzo” della mediazione illecita per il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio (definita "onerosa”),

ovvero la “remunerazione” nei confronti di uno di essi (intesa come “gratuita") 236 4.1. Ulteriore approfondimento di detta tematica, alla luce anche dell’orientamento

di un attento studioso, che si colloca in un’ottica diversa: e ciò con riferimento,

in particolare, al traffico di influenze c.d. “oneroso” 240

4.2. Il requisito della “illiceità” dell’attività mediativa introduce un elemento di antigiuridicità speciale: e «ciò al verosimile (e condivisibile) scopo di evitare di sanzionare le pressioni meramente lobbistiche, che sono da considerare

fondamentalmente lecite». Ulteriori considerazioni sulle attività di "lobbying” 243 5. Clausola di riserva o sussidiarietà espressa nell'incipit dell’art. 346-bis c.p.: indica,

in termini di “presupposto negativo", che questa nuova fattispecie può trovare applicazione soltanto nei casi in cui non ricorrano le più gravi ipotesi delittuose

della corruzione propria e in atti giudiziari 247

(7)

5.1. Problematica sull’ammissibilità o meno di un concorso di reati tra la fattispecie di traffico di influenze illecite e quella di "Corruzione per l’esercizio della

funzione" (art. 318 c.p.): si propende per la soluzione negativa 250 5.2. È fatto riferimento - quale oggetto della dazione o promessa - al denaro o ad

altro “vantaggio patrimoniale”, a differenza di quanto è previsto per il delitto di

“millantato credito” (art. 346 c.p.), ove viene menzionata ogni “altra utilità" (in

aggiunta al denaro). Momento consumativo del reato di traffico di influenze illecite 253 5.3. Introdotte due circostanze aggravanti, ai sensi del 3° e 4° comma dell’art. 346-

bis c.p.: considerazioni in merito 256

6. Implicazioni di diritto intertemporale tra il reato di traffico di influenze illecite e quello di millantato credito: esclusione di una continuità normativa, ai sensi

dell'art. 2, co. 4, c.p. 262

6.1. Maggiore gravità del trattamento sanzionatorio previsto per la fattispecie di cui

all’art. 346 c.p. rispetto a quello riguardante il reato di traffico di influenze illecite 270 7. Riferimenti ad alcune pronunce della Corte di Cassazione - emesse, per la gran

parte, dalla Sesta Sezione penale -, che, in relazione ai temi specifici trattati, offrono interessanti elementi di valutazione per un’adeguata conoscenza - in un efficace e

comparativo quadro d’insieme - della nuova ipotesi delittuosa ex art. 346-bis c.p. 279 7.1. Richiamo, in particolare, alla sentenza dell’11/2/2013, n. 11808, con la quale è

stato affermato - tra l’altro - che «il delitto di traffico di influenze di cui all’art.

346-bis c.p. [...] è una fattispecie che punisce un comportamento propedeutico

alla commissione di una eventuale corruzione...» 280

7.2. Excursus anche sulla, sentenza del 27/6/2013, n. 29789, sostanzialmente negli stessi termini di quella già indicata. Viene segnalata un’ulteriore pronuncia della Corte di Cassazione,

ma della Seconda Sezione penale: si tratta della sentenza in data 19/5/2016, n. 43440 282 7.3. Disamina, un po’ più ampia, sulla sentenza n. 23355 del 26/2/2016 (Sez. VI),

essendo stati portati alla cognizione del giudice di legittimità fatti, dei quali è stata data risonanza, non trascurabile, anche da quotidiani della stampa

nazionale, di grande diffusione 284

7.4. Brevi riflessioni finali sulla fattispecie di traffico di influenze illecite: ragioni

giustificatrici della necessità della sua introduzione 288

Capitolo 5

Concussione e Induzione indebita a dare o promettere utilità 293

1. Introduzione 295

1.1. Insopprimibile ed ineludibile esigenza acché fosse introdotto uno specifico ed innovativo corpo di norme per contrastare i gravi fenomeni corruttivi - con carattere endemico e sistemico -, emersa sin dalla stagione di “Tangentopoli”:

di qui la riforma attuata con la legge 6/11 /2012, n. 190, intervenendosi e sul

versante preventivo e su quello repressivo 295

1.2. Tra le varie opzioni formulate la scelta del legislatore del 2012 è stata orientata nel senso di mantenere ferma la fattispecie di concussione - sia pure circoscritta alla forma della "costrizione” - e di espungere dall’originario paradigma normativo, delineato nel previgente art. 317 c.p., la condotta “induttiva”, dando luogo alla nuova figura

incriminatrice di “induzione indebita a dare o promettere utilità”, ex art. 319-quater c.p. 298

(8)

2. Non recepiti i progetti di riforma, finalizzati alla creazione di una

macrofattispecie di corruzione, con abrogazione del delitto di concussione e "traslazione” di quest'ultimo nell’ipotesi della estorsione (art. 629 c.p.),

aggravata ex art. 61 n. 9 c.p. 301

2.1. Sollecitazioni internazionali acché il nostro ordinamento interno fosse adeguato agli obblighi o, comunque, alle raccomandazioni contenute in apposite Convenzioni - peraltro ratificate dall’Italia - e tenendosi conto anche di quanto emergeva da specifici rapporti di valutazione riguardanti il nostro Paese e provenienti da Gruppi

di lavoro costituiti all’interno dell’OCSE e del Consiglio d'Europa 303 2.2. Ulteriori riflessioni sul nuovo quadro normativo discendente dalla "riforma

Severino” (di cui alla legge n. 190 del 2012) 306

3. Analisi nel dettaglio del reato di concussione, nei termini in cui è stato riformulato:

e ciò con riguardo ai singoli elementi o requisiti costitutivi della condotta tipizzata 311 3.1. Nella cerchia dei soggetti attivi del reato figura soltanto il pubblico ufficiale e

non anche l’incaricato di un pubblico servizio, ritornandosi così alla disciplina codicistica del 1930, antecedente alla novella del 1990, n. 86. È stata espunta, altresì, 1’"induzione”, come modalità alternativa della condotta del pubblico agente 312 3.2. Richiamo all’impianto normativo di cui al codice penale Zanardelli del 1889 313 3.3. Appunti critici della dottrina incentrati - tra l’altro - sulla esclusione, nell’ambito

della nuova fattispecie concussiva, deU’incaricato di un pubblico servizio

(accanto al pubblico ufficiale), quale soggetto attivo del reato 317 3.4. L’“abuso della qualità" o "dei poteri” (da parte del pubblico ufficiale o

dell’incaricato di un pubblico servizio), come elemento centrale e qualificante anche della condotta tipizzata nella fattispecie ex art. 319-quater c.p. Del che v’è conferma pure nel percorso argomentativo seguito dalle Sezioni Unite penali

della Corte di Cassazione con la sentenza n. 1228 del 24/10/2013-14/03/2014 322 3.4.1. Brevi indicazioni e notazioni su detta pronuncia, alla cui motivazione -

particolarmente ampia ed approfondita in relazione ai singoli profili trattati, non sempre agevoli e alquanto complessi - si rimanda per averne adeguata contezza 324 3.5. Precisazioni preliminari sul requisito dell'"abuso” (soggettivo ed oggettivo),

alla luce anche di quanto emerge dalla sentenza delle Sezioni Unite penali della

Corte di Cassazione, innanzi richiamata , 327

3.5.1. Segue: L’"abuso” è elemento essenziale e qualificante della fattispecie di cui agli artt. 317 e 319-quater c.p., escludendosi che possa essere inteso come un

“presupposto” di tali reati 332

3.5.2. Segue: Excursus sulla locuzione “abuso della qualità”: nozione 337 3.5.3. Segue: “L’abuso dei poteri” o “l’abuso delle funzioni”, da intendersi, ad una

prima approssimazione, come "strumentalizzazione” di essi per una data finalità (illecita). Più in particolare, l'“abuso funzionale” si risolve in una

“prospettazione", da parte del pubblico agente, del possibile esercizio dei suoi poteri - attraverso il compimento di un atto discrezionale o la omissione di un atto

doveroso -, se non venga dato o promesso alcunché di indebito 342 3.5.4. Segue: l’“abuso dei poteri” in relazione alla categoria degli “atti dovuti” ed

all’esercizio dell’attività discrezionale del pubblico ufficiale, in cui rientri l’atto di

ufficio, del quale si prospetti o minacci il compimento 350

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3.5.5. Segue: Ancora sull’“abuso dei poteri" in riferimento all’"eccesso o sviamento di potere”, che rappresenta un tipico vizio di legittimità dell'atto amministrativo.

Brevi considerazioni finali

4. Il requisito deH’“abuso” (soggettivo od oggettivo), comune ad entrambe le fattispecie di concussione e induzione indebita a dare o promettere utilità, non può essere inteso quale criterio univocamente discretivo tra queste due ipotesi delittuose

4.1. Precisazioni preliminari in attesa che la disamina si incentri sulla accezione semantica della modalità comportamentale, che si concreta nella “costrizione"

del pubblico agente, diretta ad ottenere una prestazione indebita dall’altro soggetto (dazione o promessa di denaro od altra utilità)

4.2. Ulteriori considerazioni sul requisito della “costrizione" e, più in particolare, sul punto che questa modalità di condotta dovesse connotare, in via esclusiva, il defitto di concussione (unitamente aU’"abuso”, soggettivo od oggettivo) 4.3. Come va intesa la "costrizione”: non si profilano particolari dubbi interpretativi,

a differenza di quanto si rileva in merito alla "induzione”, che caratterizza l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 319-quater c.p.

4.4. Segue: Si tratta di una costrizione psichica relativa (vis compulsiva), nel senso che, mediante l’"abuso” (soggettivo od oggettivo), si pone la vittima di fronte all’alternativa stringente di aderire all'indebita richiesta oppure di subire le conseguenze prospettate sfavorevoli in caso di un suo rifiuto, restringendosi così fortemente, ma senza annullarla, la libertà di autodeterminazione del soggetto privato (extraneus)

4.5. Segue: Concetto giuridico di "minaccia”: prospettazione di un male o danno ingiusto da parte di un soggetto ad un altro e che è nel dominio del primo realizzare, non avendo il secondo altra alternativa che quella di effettuare l'indebita prestazione richiestagli, ove non intenda subire per sé le conseguenze sfavorevoli o pregiudizievoli rappresentategli

5. Definizione della "induzione”, quale modalità di condotta del pubblico agente tipizzata nella fattispecie ex art. 319-quater c.p.: considerazioni preliminari 5.1. Segue: E la previsione della punibilità del privato (art. 319-quater, co. 2, c.p.) che

costituisce, in sostanza, il vero indice rivelatore del significato da attribuirsi alla

“induzione”

5.2. Segue: Rilievi critici di autorevole dottrina sulla introduzione - con la “riforma Severino" - della nuova fattispecie di induzione a dare o promettere utilità, osservandosi - tra l’altro - che, punendosi detto reato meno gravemente di quello di concussione, si finisca «per indebolire la tutela del bene giuridico sotteso ai reati contro la P.A. e, cioè, ex art. 97 Cost...»

5.3. Segue: Ulteriore posizione dottrinale - che appare, invece, condivisibile - sulla tematica sin qui sviluppata nel percorso finalizzato alla definizione del concetto di “induzione”

5.4. Richiami ad alcuni “passaggi” significativi, emergenti dalla motivazione della sentenza delle Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione n. 12228 del 2013, in quanto di indubbia rilevanza ed utilità ai fini di una possibile ed adeguata nozione di

“induzione”

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5.5. Ancora sull'ulteriore percorso argomentativo svolto dal giudice di

legittimità per l'individuazione dei criteri di differenziazione tra la condotta

“costrittiva" e quella "induttiva”, come tali utilizzabili per tracciare una linea di demarcazione rispettivamente tra la fattispecie di concussione e l’altra di induzione indebita

5.6. Profili di diritto intertemporale: continuità normativa tra la previgente disposizione di cui all’art. 317 c.p. e quella attuale (con applicabilità dell'art.

2, co. 4, c.p.) e discontinuità ovvero abolitio crìminis parziale tra la “vecchia"

concussione per induzione e la nuova fattispecie ex art. 319-quater c.p. - reato plurisoggettivo proprio o normativamente plurisoggettivo (con applicabilità dell'art. 2, co. 2, c.p.)

5.7. Criteri discretivi tra la fattispecie di induzione indebita ed i reati di corruzione. Il metuspubblkaepotestatis, quale elemento sostanziale di differenziazione tra la nuova figura incriminatrice ex art. 319-quater c.p. e le ipotesi corruttive

5.8. Ancora sul profilo attinente alle difficoltà, interpretative ed applicative, derivanti dall’introduzione della nuova fattispecie di induzione indebita, con la quale si è allargato lo spazio delle figure incriminatrici previste nell’ambito dei delitti contro la pubblica amministrazione

5.9. Quadro d’insieme, sintetico e significativo, della giurisprudenza di legittimità formatasi sui delitti di concussione e induzione indebita - come tipizzati dalla

“riforma Severino” - successivamente alla data di deposito (14/3/2014) della sentenza delle Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione n. 12228 del 2013

Capitolo 6

Incandidabilità e decadenza dal mandato parlamentare

1. Introduzione. Analisi del tema sulla “Incandidabilità sopravvenuta nel corso del mandato elettivo parlamentare”, come prevista dall’art. 3 d.lgs. 31 /12/2012, n. 235 1.1. Indicazioni preliminari in merito all’elaborazione di tale Testo unico

2. Problematica sulla natura della misura della incandidabilità/decadenza dal mandato elettivo parlamentare e sul connesso profilo afferente il principio di irretroattività (applicabilità o meno della stessa a fatti di reato - previsti dall’art.

1 d.lgs. 235 /2012 — commessi anteriormente all’entrata in vigore di detto decreto)

3. Le contrastanti posizioni dottrinali si sono incentrate sul punto se la misura della incandidabilità/decadenza debba essere qualificata come “sanzione penale”

o presenti, comunque, caratteri di afflittività tali da ricondurla nel più ampio

"genus" del c.d. diritto punitivo, prescindendosi dal nomen iuris attribuito ed evitandosi così, in un'ottica sostanzialistica, quella che è stata definita dalla Corte EDU di Strasburgo una "truffa delle etichette”

3.1. Segue: Richiamo alla sentenza n. 236/2015 della Corte Costituzionale, enucleandosi e facendosi menzione soltanto dei "passaggi” motivazionali più significativi e rilevanti in vista delle riflessioni, che saranno svolte sul tema specifico, oggetto di trattazione

3.2. Segue: Disamina sulla sentenza n. 276 del 2016 della Consulta: precisazioni preliminari

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3.2.1. Segue: Analisi, in maniera più dettagliata ed approfondita, della questione di costituzionalità sollevata in riferimento agli artt. 25, co. 2, e 117, co. 1, Cost. per il tramite, quanto a quest’ultimo, dell’art. 7 C.E.D.U. (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali) 497 3.2.2. Segue: Chiamata a pronunciarsi la Corte Costituzionale sul punto se la

sospensione dalle cariche elettive locali - come disciplinata dal "decreto Severino” - fosse compatibile con il principio di irretroattività delle sanzioni di cui all’art. 7 C.E.D.U., ha rilevato che Fapplicabìlità dì tale norma convenzionale implicasse l'utilizzo di autonomi criteri elaborati dalla giurisprudenza europea

per definire la nozione di pena 501

3.2.3. Segue: Esclusa la natura penale della misura della sospensione in base ai primi due criteri delineati dalla giurisprudenza europea, la Consulta si è soffermata anche sul terzo indice, riflettente "la gravità delle conseguenze sfavorevoli per colui che ne è

colpito” 505

3.2.4. Interessanti riflessioni della dottrina sviluppatesi - a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 276 del 2016 - soprattutto sul profilo attinente alle possibili implicazioni derivanti dalla stessa in merito alla tematica riguardante la misura della incandidabilità sopravvenuta nel corso del mandato elettivo parlamentare, con conseguente dichiarazione di decadenza

dalla carica 509

3.2.5. Ulteriori notazioni di commento all’indicata sentenza della Consulta da parte di

altri autorevoli studiosi. Nostre valutazioni in merito 513

4. Alcune indicazioni preliminari prima di affrontare, in maniera ancor più dettagliata ed approfondita, la tematica, di indiscutibile complessità e problematicità, sulla natura della misura della incandidabilità - sopravvenuta o accertata nel corso del mandato elettivo parlamentare, con conseguente dichiarazione di decadenza dalla carica - nonché sulle implicazioni inerenti al

divieto della retroattività sfavorevole 522

4.1. Segue: Richiamo, in particolare, all'iter processuale, attraverso il quale si è pervenuti alla condanna definitiva dell’ex senatore Silvio Berlusconi per frode fiscale - reato che, ai sensi dell’art. 1, lett. c), d.lgs. 235/2012, ha fatto scattare l’applicazione della decadenza dalla carica parlamentare per effetto della incandidabilità sopravvenuta ed accertata nel corso del mandato elettivo (art. 3

dello stesso decreto legislativo) 523

4.2. Segue: Riferimento anche al procedimento avviato dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari e conclusosi con la proposta (a maggioranza) acché l’Assemblea del Senato deliberasse la mancata convalida dell’elezione del senatore Berlusconi per incandidabilità sopravvenuta e, per l’effetto, la sua

decadenza dal relativo mandato 526

5. Ricorso proposto, in data 7/9/2013, dall'ex senatore Berlusconi alla Corte EDU di Strasburgo, con il quale è stata prospettata - tra l’altro e soprattutto - la violazione dell’art. 7 C.E.D.U. (principio di legalità delle sanzioni penali) ed, in particolare, il contrasto delle disposizioni di cui al d.lgs. 235/2012 in tema di incandidabilità e decadenza dal mandato parlamentare - a seguito della condanna per fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore (5/1 /2013)

- con il divieto di retroattività delle sanzioni penali 529

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5.1. Segue: Disamina sulla nozione di “materia penale”, ed, in particolare, verifica sul punto se quella “costituzionale" (ex art. 25, co. 2, Cost.) coincida o meno con l'altra “convenzionale”, che trova il suo fondamento nell’art. 7 C.E.D.U.

5.2. Segue: Brevi ed ulteriori riflessioni di un attento studioso sulla problematica attinente sempre alla nozione di “materia penale”

5.3. Per la natura della misura della incandidabilità è stato valorizzato da una parte della dottrina - tra gli altri argomenti - il richiamo alla sentenza di riabilitazione contenuto nell'art. 15, co. 3, d.lgs. 235/2012, qualificandola come un "effetto penale” della pronuncia di condanna

5.3.1. Segue: Ragioni a conferma dell’ordine di idee seguito, ritenendosi che la misura della incandidabilità rientri nell’ambito degli effetti extrapenali, derivanti da una sentenza definitiva di condanna emessa per uno dei “reati ostativi” previsti dall’art. 1 d.lgs. 235/2012

6. Dibattito in dottrina sul punto se alla normativa di cui al d.lgs. 235/2012 - e, segnatamente, alle disposizioni sulla misura della incandidabilità/decadenza - debba riconoscersi, eventualmente, natura “retroattiva"

6.1. Segue: Excursus sul punto, prendendosi le mosse dalla sentenza del Consiglio di Stato (Sez. V) in data 6/2/2013, n. 695, con particolare riferimento alla disposizione di cui all’art. 16, co. 1, d.lgs. 235/2012

6.2. Segue: Qualche ulteriore riflessione in merito, rilevandosi - tra l’altro - che il d.lgs. 235/2012 non contiene disposizioni di diritto intertemporale, né sotto forma di norme transitorie né di norme intertemporali singolari, fatta eccezione perl’art. 16, co. 1

6.3. Segue: Argumentum a contrariis - che si condivide - utilizzato dal Consiglio di Stato - con l’anzidetta sentenza n. 695 del 2013 (Sez. V) - per giustificare l’applicabilità della disciplina di cui al d.lgs. 235/2012 sulla misura della incandidabilità/decadenza anche alle sentenze di condanna (da giudizio ordinario od abbreviato) anteriori all'entrata in vigore dello stesso: e ciò valorizzandosi il dato normativo di cui all’art. 16, co. 1, innanzi richiamato 6.4. Segue: Ancora sul tema sin qui trattato. In particolare, sul criterio ermeneutico

derivante dal c.d. "ragionamento per assurdo", impiegato - sulla scia di autorevole dottrina - a supporto dell’esposto orientamento sulla natura retroattiva della disciplina delineata dal d.lgs. 235/2012 e, più precisamente, delle disposizioni sulla misura della incandidabilità/decadenza

7. Considerazioni conclusive, con richiamo anche all'ampio excursus svolto sulla nozione di “materia penale”, alla luce sia del dettato costituzionale di cui all’art.

25, co. 2, che della previsione di cui all'art. 7 C.E.D.U.

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