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Stratigrafia neogenico-quaternaria del settore nord - orientale della provincia di Lecce (con rilevamento geologico alla scala 1:25.000)

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STRATIGRAFIA NEOGENICO-QUATERNARIA

DEL SETTORE NORD - ORIENTALE DELLA PROVINCIA DI LECCE (CON RILEVAMENTO GEOLOGICO ALLA SCALA 1:25.000)

Alessandro Bossio*, Luca Maria Foresi**, Stefano Margiotta***, Roberto Mazzei**, Gianfranco Salvatorini**, Francesca Donia**

*Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Pisa, Via S. Maria 53, Pisa.

e-mail: bossio@dst.unipi.it

**Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Siena, Via Laterina 8, Siena.

e-mail: mazzeir@unisi.it

***Dipartimento di Scienze dei Materiali, Università degli Studi di Lecce, Via per Arnesano, Lecce.

e-mail: stefano.margiotta@unile.it

RIASSUNTO - In questo lavoro è illustrata, nelle sue caratteristiche litologiche e nei suoi significati stratigra- fico e paleoambientale, la successione delle formazioni riconosciute nel settore Nord-orientale della Provincia di Lecce e riportate nella allegata carta geologica (scala 1:25.000). In ordine dalla più antica, tali formazioni sono:

Calcari di Melissano, Formazione di Galatone, Formazione di Lecce, Pietra leccese, Calcareniti di Andrano, For- mazione di Lèuca, Formazione di Uggiano la Chiesa, Calcareniti del Salento. Esse rappresentano l’espressione di 7 cicli sedimentari sviluppatisi dal Cretacico Superiore al Pleistocene inferiore.

Il 1° ciclo è rappresentato dai Calcari di Melissano. Questa unità, che affiora estesamente nei dintorni di Surbo (Nord di Lecce), è costituita da calcari, calcari dolomitici e micritici, di colore biancastro, grigio chiaro o noccio- la, in strati di spessore variabile da qualche centimetro a circa un metro. I macrofossili sono scarsi e rappresenta- ti da frammenti di rudiste oltre che da coralli e pettinidi. L’ambiente deposizionale della formazione è riconduci- bile alla parte meno profonda della piattaforma interna; ricostruibili sono anche episodici periodi di emersione. I Calcari di Melissano sono attribuiti all’intervallo Turoniano-Senoniano.

Il 2° ciclo è materializzato dalla Formazione di Galatone, un’unità che affiora lungo una fascia orientata NO- SE, a Sud-Ovest dell’abitato di Lecce. Dal punto di vista litologico, essa è caratterizzata da un’irregolare alternan- za di calcari compatti grigio-biancastri, calcari sottilmente stratificati di colore variabile dall’avana al bianco e marne laminitiche giallastre. Le associazioni fossilifere sono costituite da numerosi esemplari di gasteropodi (pre- valgono quelli della famiglia Potamididae; presenti anche modelli interni di Ampullinopsis crassatina) e bivalvi (dominano quelli di piccole dimensioni appartenenti alle famiglie Cardidae e Veneridae), nonché da impronte ri- feribili probabilmente ad ostracodi. L’ambiente deposizionale della formazione è essenzialmente lacustre, episo- dicamente lagunare. Per il ritrovamento di A. crassatina, la Formazione di Galatone è da riferirsi all’Oligocene Superiore.

La Formazione di Lecce, formalizzata in questo lavoro, costituisce il 3° ciclo ed è caratterizzata da calcareniti massive di colore variabile dal biancastro all’avana, con accennata stratificazione in banchi di spessore variabile.

Talvolta, agli strati calcarenitici si intercalano strati sia di calcari micritici biancastri che di marne di colore ava- na. Tra i fossili, sono stati riconosciuti modelli di bivalvi (in particolare di Cardium), numerosi resti di Scutella e gasteropodi, nonché di macroforaminiferi appartenenti al genere Operculina. Le associazioni a foraminiferi planc- tonici ed a nannofossili calcarei permettono di attribuire la parte superiore della formazione rispettivamente alla porzione basale della Zona a Paragloborotalia kugleri e a quella sommitale della Zona a Sphenolithus delphix; di conseguenza, risulta evidente la sua appartenenza al tratto iniziale del piano Aquitaniano (Miocene Inferiore). Re- lativamente alla parte inferiore dell’unità, è verosimile un riferimento al Cattiano sommitale. Dal punto di vista paleoambientale, una serie di elementi come la scarsità di strutture sedimentarie e l’ottimo stato di conservazione dei macroforaminiferi inducono ad ipotizzare un accumulo sedimentario senza vistosi fenomeni di trasporto; il co- mune rinvenimento di Scutella indica, inoltre, fondali sabbiosi di debole profondità e basso idrodinamismo.

Il 4° ciclo è documentato dalla Pietra leccese e dalle successive e ovunque soprastanti Calcareniti di Andrano.

Nella sua espressione generale la Pietra leccese è una biomicrite di colore giallo-paglierino, a prevalenti organi- smi planctonici e con bentonici indicativi della parte più profonda della zona neritica esterna. Talora alla base del- l’unità è presente una breccia, tal’altra il contatto con unità precedenti è marcato da una “spalmatura” fosfatica o da un livello fosforitico (spessore di pochi centimetri). Quest’ultimo ed il significato delle associazioni bentoni- che del tratto inferiore, non compatibili con livelli trasgressivi basali, suggeriscono un quadro di subsidenza e di ingressione marina caratterizzato da fasi alterne di fosfatizzazione (probabilmente in regime di “upwelling”) e di erosione dovuta a correnti. Tale quadro, comunque, si esaurisce nel Burdigaliano superiore (Zona a Globigerinoi- des trilobus dei foraminiferi e Zona a Sphenolithus heteromorphus dei nannofossili calcarei), poco dopo il debut- to generale della formazione. Questa probabile anche se locale “lacunosità” basale è la prima di una serie più o meno numerosa (a seconda delle località) che caratterizza la formazione nel suo intero arco di distribuzione stra- tigrafica (fino al Messiniano basale, Zone a Globorotalia conomiozea e ad Amaurolithus delicatus-A. amplificus) e che giustifica il suo spessore relativamente modesto (circa 80 m) rispetto a quello che avrebbe dovuto raggiun- gere, per tipologia sedimentaria, nel tempo della sua deposizione (circa 11 M.A.). L’azione erosiva/dispersiva del- le correnti, responsabile di questa “lacunosità” riscontrata sempre entro un intervallo più o meno intensamente

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glauconitico, si è estrinsecata con intensità variabile nello spazio e nel tempo anche in zone vicine. Il risultato più eclatante di tale variabilità è il seguente: nel settore settentrionale dell’area di Lecce la fase di glauconizzazione è seguita, pressochè immediatamente, da quella di deposizione dei carbonati messiniani che costituiscono le Calca- reniti di Andrano; nel settore meridionale, invece, tra le due fasi è interposta la ripresa della sedimentazione cal- careo-detritica della Pietra leccese, la quale prosegue senza soluzione di continuità almeno per gran parte del Tor- toniano, producendo uno spessore di circa 30 m. La Pietra leccese dei livelli tortoniani più recenti mostra diversi- tà nella granulometria, nel colore e nel contenuto fossilifero rispetto alla tipica Pietra leccese, verosimilmente in conseguenza di un progressivo innalzamento dell’area che diviene alquanto rapido con l’inizio del Messiniano. Le Calcareniti di Andrano rappresentano il prodotto sedimentario di questo trend regressivo. Con i calcari e le calca- reniti di questa unità, i cui contenuti fossiliferi sono indicativi di un contesto ambientale di acque basse con con- dizioni chimico-fisiche sempre più riconducibili verso l’alto a quelle della ben nota “crisi di salinità” mediterra- nea, si chiude il ciclo miocenico sia localmente che nell’intero Salento.

Il 5° ciclo sedimentario, di età zancleana, è rappresentato dalla Formazione di Lèuca. Questa unità, spessa qual- che decina di metri, è costituita da brecce e conglomerati e, in netto subordine, da biomicriti glauconitiche. Il pri- mo litotipo, che si presenta come una massa caotica di clasti generalmente non elaborati e di dimensioni variabi- li, contiene nella matrice associazioni a foraminiferi planctonici ed a nannofossili calcarei indicative rispettiva- mente della Zona a Sphaeroidinellopsis seminulina s.l. e di quella a Discoaster variabilis s.l.; le associazioni ben- toniche (foraminiferi ed ostracodi), invece, individuano una deposizione in ambienti di debole profondità. Il se- condo litotipo, di pertinenza delle Zone a Globorotalia margaritae e ad Amaurolithus tricorniculatus, è l’espres- sione di un approfondimento, fino alla parte più profonda della zona neritica esterna, oltre che di un’intensa atti- vità erosiva da parte di correnti.

Il 6° ciclo sedimentario è costituito dalla Formazione di Uggiano la Chiesa. L’unità è rappresentata da varie de- cine di metri di sedimenti calcareo-detritici giallo-chiari, a grana da fine a grossolana, con ricorrenti fossili. Se nel- le altre località finora studiate la formazione è sempre risultata di età piacenziano-gelasiana (fino addirittura a san- terniana nell’area tipo), negli affioramenti di Lecce essa si è invece rivelata di età zancleana (Zona a Globorota- lia puncticulata dei foraminiferi; Zona a Discoaster tamalis dei nannofossili). Nonostante questa diversità, il de- butto della formazione si è comunque verificato in un contesto di subsidenza analogo, con fasi alterne di fosfatiz- zazione e di erosione da parte di correnti; prova ne è la presenza alla base dell’unità di un conglomerato a elemen- ti fosfatizzati e di associazioni bentoniche che esprimono batimetrie non compatibili con quelle di un sedimento trasgressivo. Durante le cronozone a G. puncticulata ed a D. tamalis è documentabile un trend regressivo, da pro- fondità della zona neritica esterna a quelle della zona neritica interna.

Il 7° e ultimo ciclo è individuato dalle Calcareniti del Salento. Questa unità prevalentemente calcarenitica e di poche decine di metri di spessore, contiene fossili indicativi di ambienti deposizionali di modesta profondità e ri- feribili al Sottopiano Siciliano (Zona a Globorotalia truncatulinoides excelsa dei foraminiferi e Zona a “small”

Gephyrocapsa dei nannofossili) del Piano Calabriano (Pleistocene Inferiore).

PAROLE CHIAVE: Stratigrafia, Neogene-Quaternario, Salento Nord-orientale, Lecce.

ABSTRACT - The lithological features and the stratigraphical and paleoenvironmental significance of the for- mations outcropping in the north-eastern sector of the Lecce Province, (the respective Geologic Map in scale 1:25.000 has been attached) are shown here. Starting from the oldest one, the units are: Calcari di Melissano for- mation, Galatone Formation, Lecce Formation, Pietra leccese formation, Calcareniti di Andrano formation, Lèu- ca Formation, Uggiano la Chiesa Formation and Calcareniti del Salento formation. They represent the results of 7 sedimentary cycles developed from the Late Cretaceous to the Early Pleistocene.

The first cycle is represented by the Calcari di Melissano formation. This unit widely outcrops north of Lecce, in the surroundings of Surbo village, and it is constituted by compact limestones, dolomitic limestones and micrit- ic limestones whitish to grey in colour. The Calcari di Melissano formation generally consists of centimetric to metric layers, but locally it can be laminated. The rare macrofossils are fragments of rudists as well as corals and bivalves. Its depositional environment corresponds to shallow water marine conditions with continental episodes.

In literature the formation has been attributed to the Turonian-Senonian interval (Late Cretaceous).

The second cycle is represented by the Galatone Formation, which outcrops south-west of Lecce , along NW- SE oriented strip. The unit is characterized by white-greyish micritic limestones, white-brownish limestones and yellowish marls. The litotypes are organized in layers from a few centimetres to several decimetres thick, common- ly showing planar laminae. The abundant fossil assemblages are mainly constituted by gastropods (especially of the Potamididae family; inner moulds of Ampullinopsis crassatina also occur), ostracods and small bivalves (mainly of the Cardidae and Veneridae families). The sedimentological features and the macro-microfossil con- tent indicate a lacustrine depositional environment; episodic connections with coastal restricted environments characterized by brackish waters are also recorded. The presence of A. crassatina allow to refer the Galatone For- mation to the late Oligocene.

The Lecce Formation, formalized in this paper, represents the third cycle. The unit consists of whitish massive calcarenites (often characterized by more or less distinct decimetric stratification) with intercalations of greyish marly and micritic limestones. Rare bivalves (particularly Cardium), echinoids (Scutella), gastropods and macro- foraminifers (Operculina) occur. The planktonic foraminifer and calcareous nannofossil assemblages allow to at- tribute the upper part of the formation to the Paragloborotalia kugleri Zone and to the Sphenolithus delphix Zone respectively and, thus, to the basal part of the Aquitanian (Early Miocene). Although, the lower part of the unit

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INTRODUZIONE

Le ricerche geologiche a carattere generale dello scor- so secolo sul territorio salentino (tra gli altri, si ricorda- no: Dainelli, 1901; De Benedetti, 1930; D’Erasmo, 1959; De Giorgi, 1903, 1922; Ciaranfi et al., 1988, 1993; Ricchetti et al., 1988; Sacco, 1911), nonchè quel- le più specifiche relative alla preparazione della Carta Geologica d’Italia (scala 1:100.000) (Largaiolli et al., 1969; Rossi, 1969 a, b) e alla migliore definizione di particolari depositi (Del Prete & Santagati, 1972; D’A- lessandro et al., 1994), erano da considerarsi insuffi- cienti a fornire un quadro geologico d’insieme, moder-

no ed unitario, per l’area di Lecce (con inclusi i suoi im- mediati dintorni). Per questo motivo e alla luce degli in- coraggianti risultati ottenuti nel resto del Salento, sia sul lato ionico (area di S.Maria al Bagno-S.Caterina; Bos- sio et al., 1992 ed in ultimazione), sia soprattutto su quello adriatico (dall’altezza di Otranto-Palmariggi a Nord a S.Maria di Lèuca a Sud; Bossio et al., 2002 cum bibl.), è stato da noi impostato un programma di ricerca geo-paleontologica che prevedeva: a) il rilevamento geologico alla scala 1:25.000 (originariamente alla sca- la 1:10.000) dell’area estesa da Lecce a Surbo e all’alli- neamento Mass. Coccioli - T.reChianca verso Nord, dal capoluogo salentino all’allineamento Mass. Maria has been doubtfully referred to the late Chattian. From a paleoenvironmental point of view, the lacking of sedi- mentary structures and the good preservation of the macroforaminifers led to hypothesize a sedimentary accumu- lation showing any transport evidences; furthermore, the common occurrence of Scutella indicates sandy back- drops and low hydrodynamism in shallow water marine conditions.

The fourth cycle is formed by the Pietra leccese and Calcareniti di Andrano formations. The first unit consist of pale yellow biomicrite, very rich of planktonic foraminifers. Its base is characterized by a breccia with carbon- atic heterometric elements and scarce matrix or by a thin brown level with small phosphatic elements. The fea- tures of this basal level and the paleoenvironmental evidence deriving from the benthonic assemblages, are in dis- agreement with a transgression, they rather suggest that the sedimentation started within depositional conditions characterized both by phases of phosphatization, probably in upwelling regime, and phases of erosion/dispersion linked to the action of deep sea currents. During the late Burdigalian (Globigerinoides trilobus and Sphenolithus heteromorphus cronozones) these particular conditions ended (shortly after the early stage of the formation dep- osition). In addition, a strong activity of deep sea currents responsible for erosion and partial redistribution of sediments, has also been hypothesized for the deposition of the glauconitic layers located in the upper part of the formation. In this contest, the local basal hiatus represents the first of a series which affected the Pietra leccese formation up to the early Messinian (Globorotalia conomiozea Zone and Amaurolithus delicatus - A. amplificus Zone); the presence of sedimentary hiatuses also justifies the relatively limited thickness of the formation itself (about 80 m) in spite of its long - lasting deposition (about 11 M.A.). The extension of the hiatuses changes in the different sectors of the considered area. In the northern sector, for example, it has been observed that the glau- conitic layers immediately underlie the Messinian carbonatic deposits of the Calcareniti di Andrano formation;

on the contrary, in the southern sector, these levels are overlaid by the Tortonian calcareous - detritic sediments of the Pietra leccese formation; these sediments, up to 30 m thick, show some differences in the granules size, colour and fossil content, in comparison with the typical Burdigalian Pietra leccese; this is probably due to the progressive raising of the area, suddenly increasing since the Messinian. The Calcareniti di Andrano formation represents the regressive term closing the Miocene cycle in the whole Salento area.

The fifth sedimentary cycle is represented by the Lèuca Formation. This unit, over ten meters thick, is constitut- ed by breccias, conglomerates and, subordinately, by glauconitic biomicrites. Breccias and conglomerates are formed by carbonatic heterometric pebbles included in a mainly sandy or marly sandy matrix. The matrix yields foraminifers and nannofossils of the Sphaeroidinellopsis seminulina s.l. and Discoaster variabilis s.l. zones (basal Zanclean, Early Pliocene) and benthonic assemblages (foraminifers and ostracods) indicating a shallow water marine environments. The glauconitic biomicrites, attributed to the Globorotalia margaritae and Amaurolithus tri- corniculatus zones (Zanclean), are the sedimentary expression of an abrupt deepening (up to the deepest outer neritic zone) and of an intense erosive/dispersive action of the currents.

The sixth cycle is represented by the Uggiano la Chiesa Formation consisting of stratified and fossiliferous biodetritical limestones and yellowish calcareous sands; about 50 meters thick. The calcareous plankton content is referable to the Globorotalia puncticulata and D. tamalis zones, Zanclean in age; in other areas of the Salento this formation has been referred to the Piacenzian and Gelasian; while, in its type area it has shown a wider strati- graphic range spanning from the Piacenzian to the Santernian time interval. In spite of these diachroneity, in the Lecce area, the deposition of the formation starts in a similar context, characterized by erosive/dispersive process- es alternated to active processes of phosphatization. In fact, the local occurrence of a basal conglomerate with phosphatic pebbles, as well as the benthonic assemblages, indicating the outer neritic zone, are in contrast with the evidence of a trasgression.

The last sedimentary cycle is represented by the Calcareniti del Salento formation. It consist of a fossiliferous (among the other, Arctica islandica, Mya truncata and Panopea norvegica) biodetritical carbonatic unit up to 20 meters thick. The calcareous micro- and nannofossil content allow to refer it to the Globorotalia truncatulinoides excelsa and “small” Gephyrocapsa zones and, then to the Sicilian (Early Pleistocene). The benthonic assemblages indicate a shallow water marine depositional environment.

KEY WORDS: Stratigraphy, Neogene-Quaternary, north-eastern Salento, Lecce.

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Quarta-Strudà-Vanze verso Sud; b) la relativa nota illu- strativa della stratigrafia e dell’evoluzione ambientale.

La nota, accentrata in particolare sulle unità neogeni- co-pleistoceniche, è qui presentata unitamente alla carta

geologica (Bossio et al., 1999). A riguardo, si precisa che le analisi biostratigrafiche hanno avuto come strumento fondamentale lo schema a foraminiferi planctonici ed a nannofossili calcarei proposto da Foresi et al. (in Bossio

Fig. 1 - Schema zonale a plancton calcareo (foraminiferi e nannofossili) utilizzato per i sedimenti miocenici dell’area di Lecce. In sinistra, il suo inquadramento nelle scale magnetostratigrafica, cronostratigrafica e geocronologica.

– Calcareous plankton (foraminifera and nannofossils) zonal scheme used for the Miocene sediments of the Lecce area. On the left, its frame in the magnetostratigraphic, chronostratigraphic and geochronologic scales.

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Fig. 2 - Schema zonale a plancton calcareo (foraminiferi e nannofossili) utilizzato per i sedimenti plio-pleistocenici dell’area di Lecce. In sinistra, il suo inquadramento nelle scale magnetostratigrafica, cronostratigrafica e geocronologica.

– Calcareous plankton (foraminifera and nannofossils) zonal scheme used for the Plio-Pleistocene sediments of the Lecce area. On the left, its frame in the magnetostratigraphic, chronostratigraphic and geochronologic scales.

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et al., 2002), tra l’altro tarato alle scale standard crono- stratigrafica e magnetostratigrafica (Figg. 1 - 2), e che le considerazioni paleoambientali sono state sviluppate so- prattutto tramite i foraminiferi bentonici e gli ostracodi.

Si evidenzia, ancora, che le due unità pre-neogeniche ri- levate sono state trattate in modo più sintetico: sostan- zialmente su basi bibliografiche quella cretacica dei Cal- cari di Melissano, con particolare riferimento al lavoro di Bossio et al. (1998) in cui è stata istituita, e a quelli di Esu et al. (1994) e Margiotta (1999, 2004) in cui è stata ampiamente trattata, quella oligocenica della Formazio- ne di Galatone.

STRATIGRAFIA

Nell’area di Lecce sono state riconosciute otto unità li- tostratigrafiche: Calcari di Melissano, Formazione di Galatone, Formazione di Lecce, Pietra leccese, Calcare- niti di Andrano, Formazione di Lèuca, Formazione di Uggiano la Chiesa, Calcareniti del Salento.

Calcari di Melissano Caratteristiche

La formazione affiora estesamente a Nord di Lecce, nei dintorni di Surbo. L’intervallo stratigrafico localmente rappresentato è costituto da un’alternanza di calcari, cal- cari dolomitici e micritici. Questi si presentano in genere compatti, di colore biancastro, grigio chiaro o nocciola, in strati di spessore variabile da qualche centimetro a cir- ca un metro. A luoghi gli strati risultano fratturati e disar- ticolati; talvolta essi sono fittamente laminati. In que- st’ultimo caso, i calcari costituiscono la varietà denomi- nata dai cavatori “Calcari di Surbo”, non distinta nella cartografia geologica ma largamente utilizzata nella pavi- mentazione di esterni per la facilità con cui essi possono

essere ridotti in lastre (volgarmente “chianche” o “chian- carelle di Surbo”). Gli affioramenti sono generalmente li- mitati a qualche metro di spessore; tuttavia una potenza maggiore, sino a trenta o quaranta metri, è osservabile nelle cave (attive e no) ubicate a Nord della Cappella d’Aurio (nei pressi di Mass. Barba) ed in aree attigue a quella considerata. In corrispondenza degli affioramenti più significativi e delle pareti delle cave (Fig. 3) si osser- va una giacitura suborizzontale o in debole monoclinale immersa a SO interessata da blande pieghe con direzione assiale pressocchè costante (140°). Tra Mass. Frascusa e Mass. Santoni, a Nord-Est di Surbo, dall’esame delle gia- citure è inoltre possibile ipotizzare un sistema di faglie subverticali coniugate, anch’esse con direzione costante (140°), le quali suddividono i depositi in horst e graben, questi ultimi colmati dalla deposizione dei sedimenti più recenti (miocenici e pleistocenici).

I macrofossili sono in genere scarsi, caratterizzati da frammenti di rudiste e, in subordine, da coralli e pettini- di. Si segnala che Ciaranfi et al. (1988, 1993), inquadran- do l’evoluzione paleogeografica della regione salentina nel contesto di quella sedimentaria e tettonica dell’Avam- paese apulo, riferiscono i depositi salentini del Cretaceo superiore alla formazione del Calcare di Altamura.

Età ed ambiente

Sulla base degli elementi litologici e paleontologici, nonché su basi bibliografiche (Largaiolli et al., 1969, Rossi, 1969 a, b; Martinis, 1970, Ricchetti et al.,1988), l’ambiente deposizionale è riconducibile alla parte meno profonda della piattaforma interna; sono comunque do- cumentati anche episodici periodi di emersione.

Dalle Note Illustrative relative alla II° edizione della Carta Geologica d’Italia (Rossi, 1969 a,b), risulta che i Calcari di Melissano sono riferibili al Cretacico Superio- re (Turoniano-Senoniano).

Formazione di Galatone Caratteristiche

Affiora saltuariamente lungo una fascia orientata NO- SE, a Sud-Ovest dell’abitato di Lecce. Dal punto di vista litologico l’unità è caratterizzata da un’irregolare alter- nanza di calcari micritici compatti grigio-biancastri, cal- cari sottilmente stratificati di colore variabile dall’avana al bianco e marne laminitiche giallastre. Gli strati calca- rei sono generalmente interessati da numerose fratture subverticali che fanno loro assumere il tipico aspetto a denti di sega.

Una buona esposizione della formazione, dello spes- sore di circa 13 m, è ubicata in corrispondenza di un ta- glio della SS 101 Lecce-Gallipoli (Fig. 4). A causa del- l’assetto plicativo (anticlinale con ampio raggio di cur- vatura nel tratto meridionale, seguita da una monoclina- le con immersione a SO nel tratto settentrionale) la par- te inferiore dell’unità, costituita in prevalenza da strati

Fig. 3 - Calcari, calcari dolomitici e micritici appartenenti ai Calcari di Melissano ed esposti nella cava “Acquabona” nei pressi di Surbo (Nord di Lecce).

– Limestones, dolomitic and micritic limestones of Calcari di Melissano formation in “Acquabona” quarry near Surbo (North of Lecce).

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marnosi (spessi da una decina ad una quarantina di cen- timetri) alternati a strati calcarei (di spessore decimetri- co), affiora nel tratto Nord del taglio stradale; viceversa, gli strati sommitali della successione, interessati da nu- merose deformazioni delle facies marnose (che impedi- scono il riconoscimento delle superfici di strato) e da in- tensa fratturazione dei livelli calcarei, sono osservabili nel tratto centrale. In quello Sud, infine, si rilevano livel- li di calcari, a luoghi sottilmente stratificati, con rare in- tercalazioni marnose.

Ulteriori osservazioni sulla formazione sono state ef- fettuate durante lo scavo di fondazione di un edificio, al- l’interno dell’area occupata dall’ospedale “Vito Fazzi”.

Dal basso, le pareti dello scavo sono risultate costituite da circa un metro di argille sabbiose di colore giallo ocra e da circa 5 m di calcari e calcari marnosi laminitici, blandamente piegati e ricchi in gasteropodi e bivalvi. In corrispondenza del piano d’opera sono stati eseguiti tre sondaggi a carotaggio continuo, profondi dai 15 ai 20 m.

In particolare il sondaggio S1, profondo 18 m, ha attra- versato le argille sabbiose ancora per 5 m e, quindi, i cal- cari cretacici del substrato. Lo spessore delle argille sab- biose così identificato, concorda con quello indicato da Del Prete & Santagati (1972) per gli scavi adiacenti, re- lativi agli allora erigendi edifici ospedalieri. Da rilevare che questi Autori interpretano le argille sabbiose come depositi di “terra rossa” interposti fra i calcari cretacici e la parte basale della Pietra leccese (qui riconosciuta co- me Formazione di Galatone).

“Terra rossa” interposta tra la Formazione di Galatone e i calcari del Cretacico è stata osservata anche in corri- spondenza del Pozzo Seminario (si veda più avanti) e di altri pozzi esaminati da Margiotta (2004) nell’area di Lecce; in alcuni casi, il deposito è caratterizzato dalla presenza di frequenti pisoliti bauxitiche, con diametro variabile da pochi millimetri sino ad un centimetro.

L’apertura di un cantiere per la posa in opera di una tu- batura dell’acqua ha consentito di rilevare, nei pressi

dell’ospedale di Lecce, i rapporti stratigrafici tra la For- mazione di Galatone e la soprastante Formazione di Lec- ce (Margiotta, 1999). Per la precisione, la sezione consi- derata da questo Autore e` stata messa in luce da una trincea, di profondità variabile (massima intorno ai 4 m) e con direzione ONO-ESE, al margine della strada che collega la SS 101 Lecce-Gallipoli con la SS 16 Lecce- San Cesario. A causa della giacitura anticlinalica degli strati, il contatto tra le due unità è risultato visibile solo nei tratti estremi (occidentale ed orientale) della trincea.

Per i rapporti stratigrafici e le modalità di passaggio alla Formazione di Lecce si rimanda alla descrizione di que- st’ultima. Qui si mette in evidenza solo che: a) la Forma- zione di Galatone si è presentata per circa 2 m con strati prevalentemente calcarei, a luoghi dolomitici e minuta- mente fratturati, di spessore variabile da centimetrici a decimetrici, raramente intercalati da millimetrici livelli argillosi; b) nei 30 cm sommitali dell’esposizione essa ha mostrato una sottile stratificazione, con lamine paral- lele piane e, subordinatamente, ondulate; c) la sua super- fice superiore è di norma ondulata. Riguardo a quest’ul- tima si è dedotta l’esposizione subaerea dalla presenza di mud cracks, con poligoni di lato non superiore ad un paio di centimetri, separati da fessure larghe un paio di millimetri e profonde al massimo 1 cm, che si chiudono a cuneo verso il basso. Sulla superficie sono stati notati anche rilievi mammellonari a base subcircolare e con diametro non superiore al decimetro, dovuti probabil- mente alla risalita di fluidi per “pompaggio evaporitico”

attraverso fratture, nonchè impronte erosive dovute al trascinamento di oggetti.

La Formazione di Galatone è stata riconosciuta anche in corrispondenza di alcune perforazioni profonde, ese- guite nell’abitato di Lecce e nelle sue immediate vicinan- ze. In particolare, si fa riferimento ai pozzi S. Oronzo (ubicato a ridosso della piazza omonima), Alfarano (al- l’incrocio della strada per Maglie) e Seminario (nei pres- si della località Giardino Cupa), i quali hanno attraversa- to litotipi dell’unità alle seguenti profondità: il primo, da -159 m dal piano campagna fino a fondo pozzo (-201 m);

il secondo, da -135 m a -156 m (fondo pozzo); l’ultimo, da -75 m a -154 m (Fig. 5). Relativamente al Pozzo Semi- nario, profondo 173 m, si rileva ancora che esso ha intac- cato alla base e per un paio di metri, calcari vacuolari gri- gi (con resti di Rudiste) di pertinenza dei Calcari di Me- lissano; questi sono sovrastati, per circa 17 m, da argille rosse residuali a luoghi ricche in pisoliti bauxitiche e con alla base una breccia costituita da elementi provenienti dai sottostanti calcari cretacici. Le argille rosse sono sor- montate da un’alternanza di calcari stratificati, marne liti- che e argille grigie (Formazione di Galatone) dello spes- sore di circa 50 m. Al di sopra si hanno un livello di argil- le residuali (spesso circa 5 m) e successivamente, per una ventina di metri, litotipi (marne e calcari laminitici con frustoli vegetali) della Formazione di Galatone.

Per quanto riguarda il contenuto in fossili, le associa- zioni (più povere rispetto a quelle osservate nelle aree di Galatone e di S. Maria al Bagno) sono caratterizzate in prevalenza da numerosi gusci di gasteropodi e bivalvi,

Fig. 4 - Affioramento della Formazione di Galatone, nei pressi dell’Ospedale di Lecce (al margine della strada SS 101 a Ovest di Lecce), rappresentato da un’alternanza irregolare di strati calcarei, cal- carenitici e marnosi di diverso spessore.

– Galatone Formation outcrop, near the Lecce hospital (along the SS 101 road to West of Lecce), characterized by an irregular alternation of differently thick calcareous, calcarenitic and marly layers.

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nonché da impronte riferibili verosimilmente ad ostraco- di (già riconosciuti in questa unità ed esaurientemente studiati da Esu et al., 1994). In particolare, i bivalvi so- no rappresentati da piccoli gusci di Cardidi e Veneridi (probabilmente Astartidae) oltre che da Dreissena, men- tre i resti di gasteropodi appartengono generalmente alla famiglia Potamididae; sono stati riconosciuti anche mo- delli interni (dimensioni di circa 6-7 cm) di Ampullinop- sis crassatina (Lamarck). La determinazione di questa specie è confortata dalla presenza della stessa, con esem- plari provvisti di guscio e splendidamente conservati, in sedimenti marnosi riferibili alla Formazione di Galatone (Bossio et al., in preparazione) e affioranti in aree non distanti da quella considerata.

Lo spessore complessivo della Formazione di Galato- ne è difficilmente valutabile in ragione sia della scarsez- za delle esposizioni che dell’assetto tettonico; si ricorda,

comunque, che nel Pozzo Seminario esso raggiunge il valore di 79 m. In proposito si evidenzia ancora che la formazione affiora per uno spessore di circa 85 m nell’a- rea di Galatone (Bossio et al., 1998) e di una ventina di metri in quella di S. Maria al Bagno (Bossio et al.,1992);

essa è stata inoltre riconosciuta, in affioramento e nel sottosuolo di altre aree del Salento, con spessori molto variabili (Margiotta & Ricchetti, 2002; Margiotta, 2004;

Margiotta & Varola, 2004).

Età ed ambiente

Le analisi micropaleontologiche sono state effettuate in prevalenza su campioni provenienti da carote di poz- zi ubicati all’interno dell’abitato di Lecce (Fig. 5). Qui di seguito, si riportano i risultati più significativi relativi ai pozzi S.Oronzo e Seminario. Per quanto riguarda il pri- mo pozzo, dalla Formazione di Galatone sono stati pre- levati 7 campioni; questi hanno fornito un residuo di la- vaggio piuttosto abbondante, costituito da numerosi frammenti carbonatici biancastri, da frequenti ostracodi e gasteropodi a guscio liscio, oltre che da qualche otoli- te. Relativamente al secondo pozzo sono tati analizzati 9 campioni provenienti dall’intervallo inferiore della for- mazione e uno al di sopra del livello di argille residuali (Fig. 5). I primi hanno messo in evidenza residui carat- terizzati da frammenti carbonatici biancastri e, dal punto di vista organico, talora da ostracodi a guscio liscio, ta- laltra da ostracodi e foraminiferi bentonici; l’ultimo, un residuo con frazione terrigena molto fine, frequenti ga- steropodi a guscio liscio e sottile, nonché rari ostracodi.

In ragione delle osservazioni litologiche e sedimento- logiche oltre che del contenuto in fossili, l’ambiente de- posizionale della formazione è da ritenersi essenzial- mente lacustre, episodicamente lagunare per contatti ef- fimeri con l’ambiente marino costiero. Questa ipotesi è confortata da quanto osservato da Bossio et al. (1992) e da Esu et al. (1994) rispettivamente nell’area di S. Maria al Bagno e in quella di Galatone. Circa l’età e le dedu- zioni ambientali, decisamente significativo appare il ri- trovamento di A. crassatina; infatti, il taxon è ritenuto ti- pico di sedimenti calcarei e calcareo-marnosi dell’Oligo- cene superiore depostisi in ambienti lagunari della Ger- mania (Lof P., 1985), del Belgio, dei bacini di Parigi e di Aquitania (Moret, 1958), del bacino Mesoellenico della Grecia e di quello iraniano di Esfahan - Syrian (Harzhau- ser et al., 2002).

Formazione di Lecce Caratteristiche

Affiora a Sud-Ovest dell’abitato di Lecce in discor- danza sulla Formazione di Galatone. Questa unità non trova riscontro in alcuna delle unità litostratigrafiche si- nora formalizzate, né risultano in letteratura descrizioni della stessa se si eccettua quella riportata nella legenda della Carta Geologica allegata. La Formazione di Lecce presenta il suo affioramento migliore lungo la strada per Arnesano. L’unità è caratterizzata da calcareniti massive

Fig. 5 - Stratigrafie di alcune perforazioni eseguite all’interno dell’a- bitato di Lecce.

– Stratigraphies of some corings in Lecce.

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litificate, a luoghi marnose e di colore variabile dal bian- castro all’avana, che mostrano una stratificazione in ban- chi (spessi da 0,5 a 3 m) appena accennata (Fig. 6). Al- l’interno dei banchi sono osservabili superfici ondulate che si incrociano formando un basso angolo, riconduci- bili verosimilmente a strutture trattive. Talvolta, ai livel- li calcarenitici si intercalano altri costituiti da calcari mi- critici biancastri e da marne avana. Tra i fossili, si rin- vengono modelli di bivalvi (tra cui Cardium) e numero- si resti di echinoidei (Scutella, Fig. 7), gasteropodi e ma- croforaminiferi (Operculina, Fig. 8). La formazione pre- senta evidenti analogie litologiche e paleontologiche con la “calcarenite a Scutelle” segnalata da Barbera et al.

(1993) nella cava “I Rizzi”, presso Galatone (a Sud del- l’area in esame, lato occidentale del Salento), e riferita

alla Pietra leccese nella Carta Geologica d’Italia (1:100.000).

La base dell’unità non è esposta; come detto in prece- denza, però, una trincea aperta nei pressi dell’ospedale di Lecce per l’installazione di una condotta dell’acqua ha messo alla luce il contatto con la sottostante Formazione di Galatone. Questo si realizza attraverso l’interposizio- ne di un livello costituito da fango dolomitico, di colore giallo ocra e di spessore variabile da 40 cm a circa 2 m, a luoghi inglobante frammenti calcarei della Formazione di Galatone. Tale livello, in genere privo di strutture se- dimentarie vere e proprie, localmente presenta bande di spessore millimetrico e di colore alternativamente mar- roncino scuro, giallo ocra e rossastro. Esso mostra anco- ra concrezioni carbonatiche di origine vegetale, spesso

Fig. 6 - Calcareniti e calcari micritico-marnosi della Formazione di Lecce, in corrispondenza di un taglio della strada Lecce - Novoli (Ovest di Lecce).

– Calcarenites and micritic and marly limestones of the Lecce Formation, outcropping along the Lecce - Novoli road (West of Lecce).

Fig. 7 - Esemplare di Scutella in calcareniti della Formazione di Lecce.

– Scutella specimen in calcarenites of the Lecce Formation.

Fig. 8 - Esemplare di Operculina in calcareniti della Formazione di Lecce.

– Operculina specimen in calcarenites of the Lecce Formation.

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di forma tubolare e con diametro massimo intorno ai 2 cm, disposte generalmente in posizione orizzontale.

La presenza di questo deposito fangoso fu segnalata da Cotecchia (1975) in una relazione professionale relativa allo studio geologico e geotecnico dell’area dell’ospeda- le. Nella locale successione stratigrafica l’Autore rico- nobbe depositi oligoalini (corrispondenti alla Formazio- ne di Galatone) e individuò alla base della Pietra leccese (in realtà corrispondente alla Formazione di Lecce) un intervallo rappresentato da un “livello limoso sabbioso di colore bruno-nerastro inglobante numerosi elementi lapidei tondeggianti di calcare concrezionale. A questo livello limo-sabbioso segue un banco, potente un metro circa, di calcari bianco-marroncini brecciformi che, ver- so il basso, passa a livelli calcarei, calcarenitici ed an- che argillosi”. È evidente che il livello limoso-sabbioso di cui parla questo Autore corrisponde all’intervallo co- stituito da fango dolomitico; dai sondaggi effettuati in quell’occasione emerge che lo spessore di questo varia da 30 cm a 1,50 m.

Sul deposito fangoso giace una marna calcarea, di co- lore giallo ocra e spessa una trentina di centimetri, a sua volta seguita da calcareniti a grana medio fine e di colo- re biancastro, le quali rappresentano la facies tipica del- la Formazione di Lecce. Fra l’altro, nelle calcareniti so- no comuni i fossili (rappresentati da bivalvi, tra cui Car- dium, gasteropodi e macroforaminiferi appartenenti al genere Operculina) e le bioturbazioni (tubolari e con diametro non superiore al centimetro). Gli strati della Formazione di Lecce hanno giacitura discordante su quelli dell’unità sottostante; talvolta, essi risultano de- bolmente inclinati con immersione nella stessa direzione rispetto a quella degli strati della Formazione di Galato- ne ma con angolo non congruente.

Gli affioramenti dell’unità sono ricorrenti ma di spes- sore in genere contenuto (al massimo 10 m in corrispon- denza dell’intersezione tra la vecchia strada provinciale per Novoli e la tangenziale Ovest di Lecce, al margine orientale dell’area rilevata; Margiotta & Varola, 2004).

Nel sottosuolo, invece, sono stati individuati spessori fi- no a 60 m. Per questi si fa riferimento ai pozzi S. Oron- zo, Alfarano e Seminario, precedentemente citati: l’uni- tà è stata attraversata da -102 a -158 m nel primo, da -130 a -90 m nel secondo, da -75 a -55 m nell’ultimo.

Età ed ambiente

Dal punto di vista paleoambientale, la scarsità di strut- ture sedimentarie e l’ottimo stato di conservazione dei macroforaminiferi inducono ad ipotizzare una deposi- zione senza vistosi fenomeni di trasporto; inoltre, la pre- senza e talvolta l’abbondanza di Scutella indicano fon- dali sabbiosi di debole profondità e relativamente basso idrodinamismo (Matteucci e Parente, 1993).

Per quanto riguarda l’età della formazione, si fa riferi- mento principalmente ai risultati ottenuti dall’analisi mi- cropaleontologica (foraminiferi planctonici e nannofos-

sili calcarei) dei campioni provenienti dal Pozzo S.

Oronzo (Fig. 5). Le associazioni a plancton calcareo dei 9 campioni esaminati non sono sempre significative dal punto di vista biostratigrafico. Solo quelle del tratto su- periore della formazione (SO 12-15) sono risultate, in- fatti, più ricche e diversificate e, quindi, più idonee in tal senso. In particolare, le presenze di Paragloborotalia ku- gleri (SO 13) tra i foraminiferi planctonici e di Spheno- lithus delphix (SO 13) tra i nannofossili consentono di individuare le rispettive zone omonime di Foresi et al.

(2002). Oltre ai marker zonali si ricordano altre forme, alcune delle quali particolarmente significative: Tenui- tellinata angustiumbilicata, Globigerina praebulloides, Globorotalia angulisuturalis, Paragloborotalia siaken- sis, P. pseudokugleri, Globigerinella obesa, Globigeri- noides sp. per il primo gruppo di organismi, Coccolithus miopelagicus, Cyclicargolithus abisectus, C. floridanus, Helicosphaera euphratis, H. kamptneri (SO 14), Sphe- nolithus capricornutus (SO 12), S. compactus e S. mori- formis per il secondo gruppo. Tra i nannofossili, del tut- to significativo è anche il rinvenimento di Sphenolithus capricornutus, la cui scomparsa precede quella di S. del- phix e la comparsa di P. kugleri nella sezione di Lemme- Carrosio, proposta per il GSSP (Global Stratotype Sec- tion and Point) della base del Neogene (Steininger et al., 1997). In termini cronostratigrafici, se la porzione supe- riore della Formazione di Lecce è quindi da attribuire al- la parte iniziale dell’Aquitaniano (Miocene Inferiore), non è da escludere che quella inferiore possa appartene- re al tratto sommitale del Cattiano (Oligocene superio- re). In proposito si rileva che anche nel campione basale SO 9 è stato ritrovato S. capricornutus, un taxon che se- condo Perch-Nielsen (1985) compare nella parte supe- riore della oligocenica Zona NP 25. Questi risultati, otte- nuti dopo la pubblicazione della carta geologica, correg- gono l’esclusivo riferimento all’Aquitaniano in essa pre- sentato.

Fig. 9 - Contatto discordante tra la Pietra leccese ed i Calcari di Melissano in una cava ubicata al margine della strada Lecce - T.re Chianca (Nord-Est di Lecce).

– Discordant contact between Pietra leccese and Calcari di Melissano formations in a quarry located to the border of the Lecce - T.reChianca road (North-East of Lecce).

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Pietra leccese Caratteristiche

L’unità affiora ampiamente, con andamento NW-SE, nei settori centro-occidentale e meridionale dell’area considerata, dove attualmente è molto estesa l’urbaniz- zazione. Con lo stesso andamento ma di entità più limi- tata, sono gli affioramenti del settore sud - orientale; tra questi il più esteso è messo a nudo dall’erosione delle Calcareniti di Andrano nell’anticlinale di Acaia.

La Pietra leccese giace trasgressiva e in discordanza sia sui calcari del Cretacico, a NW dell’abitato di Lecce, sia sulla Formazione di Lecce, a W e SW dello stesso

abitato. Il contatto con quest’ultima è quasi ovunque obliterato da costruzioni, coltivazioni o detriti; solo a ESE dell’ospedale, alla base della Pietra leccese si rileva una breccia dello spessore di 30-40 cm, costituita da ele- menti dell’unità sottostante. Al contrario, il contatto con i Calcari di Melissano è pressochè sempre scoperto. In particolare, ottime esposizioni si osservano nella zona a N di Mass. Pigno, dove peraltro è ben evidente che la Pietra leccese si modella solo in parte sulle ondulazioni del calcare mesozoico o addirittura ne taglia gli strati.

Lungo il taglio stradale per T.reChianca e in cave adia- centi il contatto tra le due unità è netto (Fig. 9); infatti, con non più di 2 m di sedimenti bruni e privi di stratifi- cazione l’unità miocenica si adagia su quella cretacica biancastra e ben stratificata ma spesso brecciata alla sommità. In più punti, alla base della Pietra leccese è presente una breccia dello spessore di 20-30 cm, con ele- menti cretacici clastosostenuti (delle dimensioni da po- chi millimetri a qualche decimetro) e matrice costituita da una calcarenite bruna. La superficie di trasgressione sui Calcari di Melissano spesso è ben levigata e a luoghi interessata da fori di litofagi. Talvolta essa presenta una spalmatura fosfatica con sparsi piccoli noduli di apatite (Fig. 10); in alcuni casi questo peculiare orizzonte può raggiungere anche qualche centimetro di spessore.

Una superficie spianata e levigata alla sommità dei Calcari di Melissano e una breccia alla base della Pietra leccese, in genere localizzata in tasche della superficie calcarea, è ben visibile ai bordi della “lingua” di Pietra leccese a NW di Surbo e, più a Est, al margine occiden- tale dell’esile fascia di quest’ultima risparmiata a tratti dalla copertura quaternaria.

Nella sua tipica e più diffusa espressione, la Pietra lec- cese si presenta come una biomicrite a prevalenti forami- niferi planctonici, più o meno compatta e friabile, a gra- na fine, talora marnosa, di colore giallo-paglierino (Fig.

11). La stratificazione, mal definibile, appare in banchi che superano il metro di spessore; solo eccezionalmente (ad esempio, negli affioramenti della zona di Mass. Fa- rache attraversati dalla strada per T.re Chianca) essa è ben marcata per la presenza di livelli meno competenti e più o meno marnosi, spessi da 20 a 30 cm. I fossili (in prevalenza pettinidi ed echinoidei) sono ricorrenti anche se sparsi; talvolta risultano frequenti le bioturbazioni a prevalente andamento orizzontale.

Nei 5-6 metri inferiori la Pietra leccese è molto com- patta, tenace, di aspetto cristallino, di colore variabile dall’avana chiaro all’avana scuro o al grigio-nocciola, con tonalità spesso rosate o verdastre; essa mostra inol- tre, per i primi 20-30 cm, sparsi noduletti fosfatici e, ta- lora, balanidi, pettinidi e piccoli denti di pesci. Nella porzione superiore la formazione assume un contenuto leggermente glauconitico e, per alcuni metri, conserva un colore giallo ma con “picchiettature” verdi scure; di- viene quindi bruscamente ed estremamente ricca di gra- nuli di glauconite, assumendo di conseguenza una colo- razione verde intenso, oltrechè una manifesta friabilità (Fig. 12). Il contatto tra il sedimento intensamente glau- conitico e quello sottostante “picchiettato” ha un anda-

Fig. 10 - Particolare del contatto tra Pietra leccese e Calcari di Melissano, nei pressi della cava di Fig. 9; la base dell’unità miocenica è caratterizzata da un sottile livello fosfatico con sparsi piccoli noduli di apatite.

– Particular of the contact between Pietra leccese and Calcari di Melissano formations, near the quarry of Fig. 9; the base of the Miocene unit is characterized by a thick phosphatic level with small nodules of apatite.

Fig. 11 - Parete della cava “Macello” (Nord di Lecce) costituita da tipi- ca Pietra leccese.

– Wall of the “Macello” quarry (North of Lecce) constituted by typi- cal Pietra leccese.

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mento irregolare e ondulato; questo andamento è accen- tuato dallo sviluppo verso il basso di infiltrazioni più o meno estese, le quali appaiono come tasche o plaghe verdi nelle sezioni verticali (Fig. 12). Oltre a numerosi noduletti fosfatici di dimensioni millimetriche fino a 2-3 cm, al contatto si rinvengono frequenti fossili (in parti- colare Neopycnodonte, Amusium, Flabellipecten; pre- senti anche modelli fosfatizzati di gasteropodi, pteropo- di, bivalvi, brachiopodi e resti di vertebrati). La loro con- centrazione costituisce un caratteristico livello, spesso da 10 a 50 cm, indicato dai locali cavatori come “linea delle cozze”. L’intervallo molto ricco in glauconite è spesso circa 2 m; al suo interno i fossili si rarefanno sem- pre più verso l’alto.

Nelle aree della fascia orientale della Penisola Salenti- na, da Otranto a S. Maria di Léuca, con le biomicriti glauconitiche termina la Pietra leccese; direttamente su queste ultime, infatti, giacciono le Calcareniti di Andra- no (Bossio et al., 1989 a, b, 1991, 1994, 1997 b, 1999, in preparazione). Nell’area di Lecce questa situazione è os- servabile dalla periferia settentrionale dell’abitato verso Nord e nella fascia più orientale (ad esempio, negli affio- ramenti di Mass. Ospedale a Nord e di Acaia e Struda a Est). Nel settore meridionale, invece, al di sopra dei se- dimenti glauconitici è presente un deposito (con strati di 20 - 30 cm di spessore) solo inizialmente simile alla tipi- ca Pietra leccese. In esso la litologia diviene gradual- mente verso l’alto a grana media, passando da un colore avana chiaro (con locali concentrazioni di Neopycno- donte, Amusium, Chlamys, Flabellipecten, nonchè con rare bioturbazioni e sparsi granuli di glauconite), ad uno giallo-ocra (ricca in bivalvi, generalmente modelli, di- versi da quelli del sottostante intervallo). Ciò è partico- larmente evidente in una cava presso C. Treppida e, an- cor più, in alcune cave tra Lecce e Cavallino, come illu- strato nei particolari da Foresi et al. in un lavoro prossi-

mo alla stampa. A Sud lo spessore della Pietra leccese, al di sopra dell’intervallo intensamente glauconitico di 2 m, è di circa 30 m; esso diminuisce progressivamente verso N, tanto che nell’abitato di Lecce è ridotto a pochi metri e, successivamente, si annulla del tutto.

Sulla base delle osservazioni di superficie e del sotto- suolo, lo spessore massimo della Pietra leccese non su- pera gli 80 m (Fig. 5).

Età ed ambiente

Nel suo complesso, la locale Pietra leccese ricopre l’intervallo Burdigaliano superiore - Messiniano inferio- re. Il riferimento al Burdigaliano superiore è stato rico- nosciuto nei campioni di superficie prelevati al contatto sia con la Formazione di Lecce (fascia meridionale del- l’area rilevata) che con i Calcari di Melissano (fascia set- tentrionale). In tali campioni, infatti, sono state riscon- trate associazioni della Zona a Globigerinoides trilobus (con Globigerinoides altiaperturus, G. subquadratus, Paragloborotalia acrostoma, P. incognita, P. bella, P.

siakensis, Dentoglobigerina langhiana, D. larmeui e Cassigerinella chipolensis, tra le altre) e della Zona a Sphenolithus heteromorphus (costituite prevalentemen- te, oltre che dal taxon nominale, da Coccolithus miope- lagicus, C. pelagicus, Cyclicargolithus floridanus, Dis- coaster deflandrei, Helicosphaera ampliaperta, H.

euphratis, H. kamptneri, Reticulofenestra spp. e Spheno- lithus moriformis). L’età messiniana è stata documentata nei sedimenti debolmente glauconitici alla sommità del- la Pietra leccese, per uno spessore da poco meno a poco più di 1 m. Essa è confortata principalmente dal rinveni- mento di Globorotalia conomiozea, G. exerta, G. medi- terranea, G. miotumida e G. saheliana tra i foraminife- ri, di Amaurolithus delicatus e Discoater quinqueramus tra i nannofossili, che consente di individuare rispettiva- mente la Zona a G. conomiozea e la Zona ad A. delica- tus-A.amplificus.

Lo spessore complessivo della Pietra leccese (di circa 80 m al Pozzo S. Oronzo) è da considerarsi modesto ri- spetto a quello che essa avrebbe dovuto raggiungere, co- me sedimento detritico di piattaforma, in oltre 11 M.A.

La ragione di questa riduzione risiede in alcune lacune nella sedimentazione, spiegate con l’azione di correnti che hanno inibito a più riprese la deposizione e/o aspor- tato e disperso i sedimenti già deposti (Bossio et al., 2002 cum bibl.; Bossio et al., in preparazione). Questi hiatus sono stati individuati (e definiti nella loro esten- sione) per via biostratigrafica; tuttavia, un indice macro- scopico della loro esistenza è la presenza più o meno consistente di glauconite, un minerale tipico delle aree ad intensa attività dinamica delle acque (per la genesi di questo minerale nella Pietra leccese si rimanda a Balen- zano et al., 2002, 1994 e 1997). Tre lacune sono state ri- conosciute nel sottosuolo leccese da Foresi et al. (in pre- parazione), con caratteri generalizzabili a tutta l’area ri- levata; le loro ubicazioni e definizioni sono di seguito ri- portate, in ordine dal basso stratigrafico:

a) lacuna al passaggio tra la Pietra leccese non glauco-

Fig. 12 - Contatto irregolare e ondulato (marcato anche da concentra- zione di fossili) tra Pietra leccese intensamente glauconitica (“piroma- fo”) e Pietra leccese leggermente glauconitica, in un taglio della tan- genziale Est di Lecce; nel secondo litotipo sono evidenti le infiltrazio- ni del primo.

– Irregular and undulated contact (pointed out by accumulations of fossils) between the intensely glauconitic Pietra leccese (“piromafo”) and slightly glauconitic Pietra leccese; in the second lithotype they are evident the infiltrations of the first one.

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nitica delle zone a G. trilobus ed a S. heteromorphus e quella debolmente glauconitica appartenente alle sotto- zone a Orbulina suturalis (Zona a O. suturalis-Globoro- talia peripheroronda) e a Sphenolithus moriformis (Zo- na a Discoaster exilis-S. heteromorphus). In termini bio- stratigrafici, la lacuna include almeno l’intera zona lan- ghiana a Praeorbulina glomerosa s.l. e la corrisponden- te parte della Zona a D. exilis-S. heteromorphus. L’enti- tà di questa lacuna è alquanto variabile (in funzione del- la variabilità nello spazio e nel tempo dell’azione delle correnti) e la prova più eclatante è stata fornita dal Poz- zo Seminario, eseguito alla periferia meridionale della città. In esso i sedimenti burdigaliani hanno uno spesso- re inferiore ai 18 m, contro i 62 m raggiunti nei pozzi di località vicine; i sedimenti soprastanti leggermente glau- conitici hanno al contrario uno sviluppo maggiore, non inferiore ai 30 m, mentre ad esempio nel Pozzo S. Oron- zo sono solo di qualche metro. Nel caso specifico del Pozzo Seminario, questi ultimi sedimenti comprendono anche la Sottozona a Praeorbulina glomerosa sicana (parte inoltrata) e la Sottozona a P. glomerosa circularis (suddividenti la Zona a Praeorbulina glomerosa s.l.) dei foraminiferi oltre che gran parte della Sottozona a S. mo- riformis dei nannofossili;

b) lacuna al passaggio tra la Pietra leccese debolmen- te glauconitica del Langhiano superiore, appartenente al- le Sottozone a Orbulina universa (Zona a O. suturalis - G. peripheroronda) ed a Helicosphaera walbersdorfen- sis-S. heteromorphus (Zona a D. exilis-S. heteromor- phus), e quella intensamente glauconitica del Serraval- liano superiore, di pertinenza della Zona a Paragloboro- talia siakensis e della Zona a Discoaster bollii (parte ini- ziale). La lacuna ingloba, quindi, almeno parte della Zo- na a O. suturalis-G. peripheroronda e le intere zone a Dentoglobigerina altispira altispira, Paragloborotalia partimlabiata e a Neogloboquadrina atlantica praeat- lantica dei foraminiferi (zone a Calcidiscus premacinty- rei, C. macintyrei e Discoaster kugleri dei nannofossili).

Nel Pozzo Morello la lacuna avrebbe una estensione mi- nore, essendo presenti sedimenti del Serravalliano me- dio, ovvero della Sottozona a Paragloborotalia mayeri (Zona a P. partimlabiata) e della Zona a C. macintyrei.

c) lacuna alla sommità dell’intervallo serravalliano in- tensamente glauconitico, sul quale giacciono i sedimen- ti debolmente glauconitici della parte inoltrata del Torto- niano inferiore (Zona a Neogloboquadrina acostaensis dei foraminiferi, Zona a Discoaster calcaris dei nanno- fossili). Il terzo intervallo mancante comprende, quindi, almeno la Zona a Globigerinoides obliquus obliquus e parte della successiva Zona a N. acostaensis, nonchè gran parte della Zona a Discoaster bollii e l’intera Zona a D. bellus.

Nel settore centro-settentrionale dell’area rilevata la ripresa della sedimentazione è alquanto effimera, produ- cendo solo qualche metro di Pietra leccese delle suddet- te biozone del Tortoniano inferiore, sulle quali giacciono pochi metri di sedimenti debolmente o per niente glau- conitici della Zona a Globorotalia suterae e di quella ad Amaurolithus primus (parte sommitale del Tortoniano)

o, addirittura, delle zone a G. conomiozea e ad A. delica- tus-A. amplificus (Messiniano basale). Anche nel settore orientale (zona di Acaia) i pochi metri di Pietra leccese che affiorano sotto le Calcareniti di Andrano sono debol- mente glauconitici e appartengono alle zone a G. cono- miozea e ad A. delicatus-A. amplificus (si veda anche in Margiotta, in stampa). Questa locale quarta lacuna in queste aree sarebbe quindi comprensiva almeno dell’in- tera Zona a G. obliquus extremus e di buona parte della Zona a G. suterae (parte sommitale della Zona a Disco- aster calcaris e Zona a D. surculus). Nel settore meridio- nale, invece, la sedimentazione prosegue senza soluzio- ne di continuità dalla Zona a N. acostaensis alla Zona a G. conomiozea (intervallo Zona a D. calcaris - Zona ad A. delicatus-A. amplificus dei nannofossili), costituendo così un’eccezione per il territorio con la deposizione di una trentina di metri di spessore di una “Pietra leccese”

parzialmente diversa da quella tipica, come già espresso in altra parte.

Per quel che concerne l’ambiente di sedimentazione, da un punto di vista generale la formazione presenta as- sociazioni a foraminieri bentonici e ad ostracodi indican- ti batimetrie riconducibili alla parte profonda della zona neritica esterna. A titolo di esempio si ricordano in esse:

Anomalinoides helicinus, Bolivina spp. (arta, reticulata, hebes, ecc.), Bulimina costata, Burseolina calabra, Cas- sidulina cruysi, Cibicidoides pseudoungerianus, Gyroidi- na soldanii, Gyroidinoides altiformis, Heterolepa bellin- cionii, Melonis pompilioides, M. soldanii, Neoeponides schreibersii, Planulina ariminensis, Siphonina reticulata, Spiroplectammina carinata, Uvigerina spp. (peregrina, ouberiana, ecc.), tra i foraminiferi; Buntonia dertonensis, Henryhowella asperrima, Puricytheretta melitensis, Ar- gilloecia acuminata, Retibythere vandenboldi, Cytherella vandenboldi, C. scutulum, Trachyleberidea lanceolata, Xestoleberis prognata. tra gli ostracodi.

Non sono disponibili elementi favorevoli per docu- mentare l’evoluzione paleoambientale che ha portato a queste profondità a partire dalla base dei sedimenti tra- sgressivi. Comunque, nei pochi campioni disponibili per la base dell’unità (ad esempio, quelli del Pozzo S. Oron- zo), tra i pochissimi foraminiferi bentonici riconoscibili sono presenti Ammonia beccarii e Florilus boueanus, mentre tra gli ostracodi si ricordano Carinocythereis messapica, Carinovalva rotundata e Cytheretta sp.; tut- te queste forme sono indicative di ambienti di piattafor- ma interna. Certo è che l’approfondimento deve essere stato molto rapido tant’è che campioni prelevati poco so- pra la base della trasgressione mostrano già evidenze di un ambiente neritico esterno. Da far presente poi che, laddove sulla superficie di trasgressione vi è una spalma- tura fosfatica od uno straterello di fosfati (ad esempio a Nord di Mass. Pigno), i primi livelli della Pietra leccese non corrispondono a quelli della base della trasgressio- ne, come del resto già evidenziato da Bossio et al. (1989 f, 2002) per l’area di Lèuca. Si rileva, infine, una pro- gressiva ma rapida riduzione batimetrica nel corso della parte superiore del Tortoniano e, soprattutto, nel Messi- niano basale; in conseguenza di questo trend regressivo

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l’ambiente deposizionale tornò a trovarsi a profondità non lontane da quelle del limite zona neritica esterna/zo- na neritica interna. Nelle associazioni a foraminiferi si presentano infatti, tra le altre, Ammonia beccarii, Asteri- gerinata planorbis, Cancris auriculus, Cibicides lobatu- lus, Elphidium crispum, Florilus boueanus, Reussella spinulosa, Rosalina globularis, che vanno ad associarsi a taxa più profondi, quali Bolivina apenninica, B. dilata- ta, B. jerensis, B. tortuosa, Bulimina minima, B. subula- ta, Hopkinsina bononiensis, Lenticulina spp., Marginuli- na costata, Rectuvigerina gaudrynoides, R. siphogeneri- noides, Siphonina planoconvexa, oltre a parte di quelli

già nominati. Anche le ostracofaune, caratterizzate dalla presenza di Carinovalva aquila, Loxoconcha cristatissi- ma, Loxocorniculum quadricornis, Sagmatocythere te- nuis e Nonurocythereis semilunum esprimono chiara- mente il trend regressivo.

Calcareniti di Andrano Caratteristiche

È l’unità più estesamente rappresentata nell’area rile- vata, con ampi affioramenti ad andamento SE-NW, da Vanze a T.reChianca. Senza soluzione di continuità si ri-

Fig.13 - Affioramento di calcareniti stratificate della formazione di Andrano, al margine orientale dell’abitato di Lecce.

– Stratified calcarenites of the Andrano formation, outcropping in the eastern side of Lecce.

Fig. 14 - “Lumachella” di serpulidi nelle Calcareniti di Andrano, lungo la tangenziale Est di Lecce.

– Accumulation of serpulids in the Calcareniti di Andrano formation, along the East by-pass road of Lecce.

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congiungono a questi affioramenti quelli altrettanto am- pi sui quali è costruita la parte orientale di Lecce.

Le Calcareniti di Andrano giacciono in concordanza sulla Pietra leccese, con la quale mostrano una transizio- ne graduale ma rapida. Nel tratto inferiore la formazione risulta costituita in prevalenza da calcari più o meno marnosi e da calcareniti spesso molto friabili ed a grana da fine a media, di colore avana chiaro fino al bianco sporco o al giallo tenue, ben stratificati in livelli decime- trici e ricchi in fossili (Fig. 13). Tra questi ultimi, i ser- pulidi (Fig.14) e le alghe calcaree sono i più diffusi (tal- volta si rinvengono concentrati in plaghe); ricorrenti so- no anche i brachiopodi, i bivalvi (ostreidi, pettinidi, lito- domi, cardidi, ecc.), i gasteropodi (prevalgono quelli di piccole dimensioni) ed i briozoi. La parte restante della formazione si presenta come un deposito carbonatico piuttosto tenace, generalmente micritico ma anche gros- solanamente detritico, di colore dal bianco al grigio e al giallastro, a livelli privo di fossili o con fossili molto dif- fusi. In alcuni intervalli la stratificazione è netta, con strati di spessore variabile da pochi centimetri fino ad ol- tre 50 cm; in altri, invece, è irregolare e grossolana.

Le esposizioni dell’unità sono in genere ridotte a po- chi metri di spessore; ciò è osservabile anche lungo i ta- gli stradali che maggiormente la incidono (ad esempio, quelli della strada Lecce-S. Cataldo). Anche se le blande e ripetute ondulazioni palesate dai suoi strati contribui- scono a rendere difficoltosa la valutazione del suo spes- sore complessivo, questo sembra restare entro i 90 m; ta- le misura è stata accertata in pozzi eseguiti poco a Sud dell’area considerata (Margiotta, in stampa).

Età ed ambiente

Tranne poche eccezioni i campioni per le analisi mi- cropaleontologiche provengono dal tratto inferiore del- l’unità, dove sono più ricorrenti i livelli a maggiore com- ponente marnosa. In questi ultimi il plancton calcareo è relativamente comune, con associazioni alquanto simili nelle varie località ed indicative della Zona a Globorota- lia conomiozea per i foraminiferi planctonici, della Zona ad Amaurolithus delicatus-A. amplificus per i nannofos- sili. Tra i taxa più significativi si ricordano, oltre ai mar- ker zonali, Globorotalia mediterranea, G. miotumida, G.

saheliana, G. suterae, G. menardii (sinistrorsa), Neoglo- boquadrina acostaensis (sinistrorsa), Globigerina ne- penthes, Globigerinoides obliquus extremus, G. bollii, G. seigliei, G. cf. mitra, G. fragilis e G. thyrrenicus per i foraminiferi, Amaurolithus delicatus, A. primus, Crico- lithus jonesi, Discoaster brouweri, D. pentaradiatus, D.

surculus, D. variabilis s.l., Helicosphaera carteri, Reti- culofenestra pseudoumbilica e Umbilicosphaera sibo- gae per i nannofossili. In termini cronostratigrafici, l’u- nità è di pertinenza del Messiniano inferiore preevapori- tico.

Dopo alcuni metri dalla base della formazione il plancton calcareo diviene sempre più scarso, fino a scomparire completamente; risulta impossibile, quindi, definire direttamente l’età della parte superiore delle

Calcareniti di Andrano. In proposito si rileva, comunque, che sulla base delle conoscenze fino ad ora acquisite sul- l’intera area di affioramento dell’unità (si veda, ad esem- pio, in Bossio et al., 1989a, 1991), oltre che sulla valuta- zione non indifferente del locale spessore di quest’ulti- ma, è del tutto verosimile che anche nella zona di Lecce essa si spinga verso l’alto a comprendere strati della fa- se preevaporitica messiniana riferibili all’intervallo Zo- na a Turborotalita quinqueloba-Zona Sterile dei forami- niferi e Zona ad A. delicatus-A. amplificus - parte basale della Zona Sterile dei nannofossili.

Per quel che riguarda l’ambiente deposizionale, è da evidenziare che anche per gli organismi bentonici i pri- mi metri della formazione rappresentano l’intervallo di maggiore diversità (fra l’altro, i foraminiferi bentonici superano quantitativamente i planctonici). Nelle associa- zioni vi è una mescolanza di forme a carattere più pro- fondo (Bolivina apenninica, B. dilatata, B. reticulata, B.

tortuosa, Bolivinoides miocenicus, Bulimina echinata, Burseolina calabra, Cassidulina cruysi, Cibicidoides pseudoungerianus, Heterolepa bellincionii, Hopkinsina bononiensis, Gyroidina soldanii, Marginulina costata, Melonis soldanii, Rectuvigerina siphogenerinoides, Uvi- gerina peregrina fra i foraminiferi; Acantocythereis hi- strix, Callistocythere assueta, C. joachinoi, C. pallida, Eucytherura complexa, Semicytherura inversa fra gli ostracodi) e di forme che preferiscono minori profondità (Ammonia beccarii, Asterigerinata planorbis, Cancris auriculus, Cibicides lobatulus, Cribroelphidium deci- piens, Elphidium complanatum, E. crispum, Eponides repandus, Florilus boueanus, Gypsina vesicularis, Mis- sissippina concentrica, Neoconorbina terquemi, Protel- phidium granosum, Reussella laevigata, R. spinulosa, Spirillina vivipara, Quinqueloculina spp. e Aurila con- vexa, A. freudenthali, A. philippi, Carinocythereis gali- lea, Celtia quadridentata, Cletocythereis haidingeri, Cytheretta semiornata, Cytheridea neapolitana, Hilter- mannicythere rubra, Leptocythere sanmarinensis, Loxo- concha cristatissima, L. rhomboidea, L. tenuis, L. varie- sculpta, Neocytherideis fasciata, Nonurocythereis semi- lunum, Olimfalunia sicula, Pachycaudites ungeri, Paracytheridea triquetra, Pokornyella italica, Ruggieria tetraptera, Semicytherura raulini, Xestoleberis dispar, X. plana, X. reymenti rispettivamente per i due gruppi).

Verso l’alto, le prime tendono a scomparire rapidamente mentre alcune delle seconde acquisiscono maggiore im- portanza numerica. In campioni raccolti a vari livelli nel resto della formazione i taxa di acque basse, spesso indi- vidualmente poco rappresentati, sono i soli costituenti delle associazioni a foraminiferi. Ne emergono contesti paleoambientali con batimetrie riconducibili a quelle del limite zona neritica interna/zona neritica esterna per i li- velli basali dell’unità; i livelli successivi sono indicativi di profondità più modeste (parte media e superiore della zona neritica interna). È probabile che questo trend re- gressivo porti ad un ambiente costiero fortemente in- fluenzato dagli apporti dulcicoli continentali e testimo- nianza ne è la presenza di Cribrononion articulatum (una specie che predilige gli ambienti sottosalati), con-

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