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Clinical Auditing Manual – Reparto per acuti

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Academic year: 2021

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Regione Emilia Romagna

AZIENDA OSPEDALIERA DI BOLOGNA Policlinico S.Orsola-Malpighi

DIREZIONE SERVIZIO INFERMIERISTICO E TECNICO

Internet: http:/www.med.unibo.it/reparti_servizi/servinfer/homepage.html

Direttore: Opd P. Taddia

IL CENTRO STUDI

"EVIDENCE BASED NURSING"

PRESENTA:

Clinical Auditing Manual – Reparto per acuti

Traduzione a cura di:

AFD CRISTIANA FORNI Sezione di Chemioterapia Istituto Ortopedico Rizzoli in collaborazione con D.D.S.I. Paolo Chiari Centri studi EBN - Direzione Servizio Infermieristico e Tecnico Azienda Ospedaliera di Bologna – Policlinico S.Orsola-Malpighi Via Massarenti, 9 40138 Bologna, Italia ebn@orsola-malpighi.med.unibo.it

Gennaio 2003

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Contenuti:

Introduzione

Cosa significa “Efficacia Clinica”?

Perché l’efficacia clinica è importante?

Cos’è un audit clinico e come si inserisce all’interno dell’efficacia clinica?

Benefici dell’efficacia clinica per tutte le persone coinvolte all’interno del Sistema Sanitario

Il processo dell’audit clinico Il protocollo dell’audit clinico

- esempio di protocollo di audit Pianificare un audit clinico:

o 1° fase: Definire la “migliore pratica”

o 2° fase: Misurare e confrontare

o 3° fase: Azioni per raggiungere il cambiamento

Strategie per promuovere un audit di successo Scrivere il resoconto di un audit

- esempio di un resoconto di audit Bibliografia

Allegato 1: esempio di una scheda di audit completata Allegato 2: modello di scheda per un audit

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INTRODUZIONE

I professionisti australiani hanno raggiunto una sempre maggior consapevolezza dell’importanza di raggiungere, mantenere e fornire evidenze su un’assistenza di qualità e sul miglioramento continuo.

Il concetto di miglioramento continuo della qualità è stato enfatizzato all’interno di tutto il sistema di Accreditamento ed è così diventato evidente a tutte le persone coinvolte che le strutture sanitarie e coloro che lavorano al loro interno saranno giudicate sia in base al loro livello qualitativo sia in base all’efficacia delle cure.

Come renderà evidente questo manuale, alcuni dei maggiori punti di forza per raggiungere e mantenere una DIMOSTRATA “miglior pratica”, è il capire il significato di

“EFFICACIA CLINICA” e l’implementazione dell’audit clinico.

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COSA SIGNIFICA “EFFICACIA CLINICA”?

L’efficacia clinica è l’insieme degli interventi clinici che, quando usati in modo appropriato, raggiungono l’effetto desiderato. E’ il fare la cosa giusta, nel modo giusto,per il paziente giusto (NHS Executive, 1998).

”Efficacia clinica” è un termine generale che racchiude una vasta gamma di attività concernenti il raggiungimento di una qualità assistenziale per i pazienti basata sulla miglior evidenza. Questo include quindi tutte le attività finalizzate alla miglior pratica come per esempio le revisioni sistematiche, le linee guida e l’audit clinico (Dickinson).

Le tre componenti per conseguire l’efficacia clinica sono:

L’informazione:

Assicurarsi che i professionisti sanitari, i pazienti e i manager conoscano quali interventi siano basati sull’efficacia clinica in base alla miglior evidenza disponibile.

Il cambiamento

Usare queste conoscenze per verificare l’assistenza fornita ai pazienti e per mettere in opera una pratica efficace all’interno degli ambiti clinici.

Il monitoraggio

Valutare l’impatto del cambiamento nella pratica e assicurarsi che l’assistenza rimanga entro standard di efficacia (NHS Executive Clinical Effectivness artiche; Burnet and Wineyard, 1998)

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PERCHE’ L’EFFICACIA CLINICA E’ IMPORTANTE?

Sempre di più la presa di decisioni è guidata in base all’evidenza della clinica e del rapporto costo-efficacia al fine di assicurare che i pazienti ricevano le prestazioni migliori.

C’è stato un movimento importante intorno alla “pratica basata sull’evidenza”

in Australia (a seguito di quanto fatto dal Servizio Sanitario inglese) portando a un maggior livello di responsabilizzazione al fine di basare gli interventi assistenziali su evidenze solide piuttosto che su intuizioni o in base alle conoscenze storiche in possesso dei singoli professionisti.

I consumatori hanno inoltre contribuito a “spingere” verso l’efficacia clinica attraverso il loro essere più informati, avere maggiori aspettative e essere così maggiormente coinvolti nella presa di decisioni. (Dickinson, 1998).

Fig 1 L’Efficacia Clinica (adattato da Burnett e Wineyard, 1998).

INFORMARE

Radunare le informazioni sulla miglior evidenza Revisioni Sistematiche

Linee Guida Banche Dati

Audit clinici per informare i sanitari riguardo all’efficacia

MONITORARE CAMBIARE

Valutare il cambiamento Rivedere la pratica rispetto

attraverso l’audit clinico, alle linee guida sulla miglior indicatori di risultato pratica, l’audit clinico,

apprendimento mirato,

collaborazione multidisciplinare

EFFICACIA CLINICA

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COS’E’ L’AUDIT CLINICO E COME SI INSERISCE ALL’INTERNO DELL’EFFICACIA CLINICA?

L’audit clinico è uno strumento che indirizza tutte le componenti verso l’obbiettivo del miglioramento dell’assistenza sanitaria. È quindi un processo che gli operatori sanitari utilizzano per esaminare la loro pratica assistenziale e per confrontarne i risultati con le linee guida o con gli enunciati di “miglior pratica”.

Viene utilizzato un gruppo professionale multi disciplinare e “alla pari” al fine di verificare il proprio lavoro e confrontare la pratica corrente con ciò che viene stabilito dalle linee guida assistenziali (Kinn, 1995).

L’audit clinico può essere considerato come un meccanismo interno per gli operatori da utilizzarsi per un miglioramento qualitativo auto valutato. Il suo processo fornisce una struttura sistematica per stabilire standard assistenziali basati sulla miglior evidenza e per confrontare la pratica quotidiana con questi standard.

Attraverso la conduzione di un audit, i professionisti possono individuare così delle aree assistenziali in cui è richiesto un miglioramento e/o un cambiamento, o possono provare che l’assistenza fornita è di “qualità” (Burnett and Wineyard, 1998).

Come per l’efficacia clinica, l’obiettivo principale è il miglioramento dell’assistenza fornita ai pazienti, migliorare il loro livello di salute e trasportare efficacemente la ricerca nella pratica basata sull’evidenza.

Nonostante l’audit non sia un processo attraverso cui stabilire l’assistenza migliore, questo infatti è il ruolo della ricerca, esso fornisce però un ponte fra la ricerca e la pratica attraverso il confronto fra esse, evidenziando qualsiasi punto di debolezza e sviluppando piani d’azione per il miglioramento.

Il processo insito all’interno di un sistematico audit clinico, indirizza quello che può essere definita la sfida maggiore: portare le conoscenze acquisite attraverso la ricerca nei reparti in cui viene fornita quotidianamente l’assistenza.

In sintesi: i diversi passaggi dell’audit offrono una griglia utile per stabilire le linee guida (INFORMAZIONE), verificare la pratica, implementare il cambiamento (CAMBIAMENTO), monitorare i suoi effetti (MONITORARE) e fornire così un collegamento vitale con la pratica basata sull’evidenza (Garland and Carfield, 1999).

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BENEFICI DELL’EFFICACIA CLINICA PER TUTTE LE PERSONE COINVOLTE ALL’INTERNO DEL SISTEMA

SANITARIO

La struttura base dell’efficacia e dell’audit clinico offre benefici a tutte le persone coinvolte nelle strutture sanitarie.

Pazienti:

il principale obiettivo dell’efficacia clinica deve essere quello di raggiungere un risultato di qualità per i pazienti che includa:

Un’assistenza rigorosa con meno variazioni individuali da parte dei professionisti

Un affronto manageriale dei problemi di salute

Un miglioramento dell’informazione e dell’educazione sanitaria

Sanitari clinici:

il coinvolgimento nell’audit clinico e un sistema che promuova un’assistenza clinicamente efficace forniscono vantaggi rispetto:

Maggiore comprensione della pratica basata sull’evidenza Raggiungere e mantenere la credibilità professionale

Difendere le decisioni e le azioni su base scientifica piuttosto che in base ad intuizioni

Esperienza nel disegnare e condurre una ricerca e progetti di miglioramento della qualità

Migliorare la soddisfazione sul lavoro attraverso l’utilizzo delle abilità professionali in modo maggiormente efficace

Aumentare la comunicazione e il lavoro di gruppo

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Organizzazione sanitaria:

il supporto dell’efficacia clinica e dell’uso dell’audit offrono:

Assistenza di qualità che è l’obiettivo dell’accreditamento Dimostrabilità dell’attenersi agli standard assistenziali

L’audit permette la “buona pratica” così come evidenzia le aree da migliorare La difesa delle decisioni e della politica su basi scientifiche piuttosto che per

processi intuitivi

Una riduzione delle variazioni nell’assistenza e può permettere una miglior presa di decisioni anche in rapporto al costo-beneficio

Governo:

l’efficacia clinica ha molto da offrire a questo livello e in particolare:

La riduzione della variabilità nel fornire assistenza fra le diverse strutture sanitarie (questo non significa diminuzione dell’assistenza individualizzata ma piuttosto il far cessare una pratica non supportata dalla miglior evidenza).

Massimizzare il rapporto costo-beneficio

Accrescere il livello dell’assistenza nel panorama pubblico.

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IL PROCESSO DELL’AUDIT CLINICO

L’audit clinico incorpora tappe sistematiche attraverso cui lavorare.

Le fasi principali (come illustrato nella fig.2) includono:

Il disegno dell’audit

Il misurare la pratica clinica

L’analizzare i dati raccolti dalla pratica clinica La valutazione della pratica clinica

Azioni: feed back di buona pratica, re-audit ad intervalli stabiliti/pianificati oppure:

Azioni: sviluppare un piano d’azione per migliorare la pratica laddove richiesto e ripetizione dell’audit

NO SI

Disegno dell’audit Chi è coinvolto

Argomento Obiettivi

Definire la qualità assistenziale

Misurare la pratica clinica

Identificare tutte le aree della pratica

Analizzare l’evidenza della pratica clinica Identificare tutte le aree della pratica

Valutare La nostra è una buona

pratica?

Azioni Riportare i

risultati positivi a tutte

le persone coinvolte Azioni: quali

miglioramenti occorrono?

Struttura e implementa un piano d’azione Fig.2 flow-chart del processo di audit

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L’audit clinico è descritto come un processo ciclico di passaggi sistematici dentro ogni area del ciclo stesso.

Ci sono 3 aree chiave nella struttura ciclica in cui specifiche azioni vengono associate come illustra di seguito il diagramma.

Il processo è uguale a quello illustrato nella flow-chart precedente ma contiene maggiori dettagli sui passaggi necessari all’interno dell’audit.

Il “rivalutare” (re-audit) è un passaggio indispensabile al fine di dimostrare ciò che è stato raggiunto e per dare stabilità ai miglioramenti dell’assistenza. Tale passaggio è quindi il completamento di un ciclo di audit avente uno specifico tema e implementato dopo un periodo appropriato di tempo.

Il processo dell’audit clinico è come una spirale che si ripete continuamente, essa può cominciare ogni volta da punti diversi e sempre con l’obiettivo di raggiungere la migliore efficacia clinica.

Fig. 3 il ciclo dell’audit

9.Pianifica per generare cambiamenti

utili

8.Condividi i risultati con

il gruppo

7.Confronta i dati con lo standard

stabilito

6.Raccogli i dati dal campione

4.Dissemina lo standard 1.Scegli un

tema per l’audit

5.Determina un campione per l’audit Misurare la

pratica corrente Raggiungere

La miglior pratica

Definire la Miglior pratica 2.Conduci una revisione della letteratura revisione della

letteratura

3.Elabora uno standard

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IL PROTOCOLLO DELL’AUDIT CLINICO

Il ciclo dell’audit utilizza diversi metodi al fine di assicurare la continuità della misurazione dei processi assistenziali sanitari. Il condurre un audit sarà maggiormente efficace se si utilizzerà un protocollo per guidare sia la sua pianificazione sia il suo svolgimento. Tale protocollo fornisce infatti una rigorosa pianificazione per evidenziare in modo chiaro e dettagliato i diversi passaggi e favorire la comunicazione fra i membri del gruppo.

Esso specifica il programma che si dovrà seguire.

Il primo “step” in un processo di conduzione di un audit clinico è lo sviluppo e l’approvazione del protocollo prima di procedere con l’audit stesso.

Talvolta tale protocollo potrà necessitare di ricevere l’approvazione di una commissione o dei manager; infatti è tanto importante quanto un protocollo di ricerca, in questo modo poi sarà più semplice aggiornarlo o riproporlo in seguito.

Ulteriori vantaggi di un protocollo includono:

fornire una traccia scritta che potrà essere utilizzata al fine di ottenere supporti per l’audit,

chiarire esattamente ciò che si vuole ottenere e quali risultati ci si aspetta di raggiungere,

sottolineare la qualità dell’evidenza utilizzata per misurare la pratica corrente e come queste informazioni possono contribuire a migliorare i risultati sui pazienti e sulle strutture sanitarie,

promuovere reali collaborazioni fra i diversi servizi sanitari attraverso il miglioramento della comunicazione delle informazioni,

aiutare ad identificare il range di risorse e di supporti che potrebbero essere necessari al fine di condurre l’audit e di modificare la pratica laddove i suoi risultati indicassero che tali cambiamenti siano necessari.

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ESEMPIO DI UN PROTOCOLLO DI AUDIT Titolo dell’audit

Il titolo deve contenere il problema clinico che deve essere verificato così come lo standard di buona pratica.

Il gruppo di audit

Un audit clinico è spesso multi disciplinare; è perciò necessario identificare chi è coinvolto, chi è il responsabile del progetto e tutti gli altri dettagli rilevanti.

Anche compilare una elenco delle diverse professionalità utili da coinvolgere quali i direttori infermieristici o altri esperti, è utile al fine di evitare omissioni importanti.

Scenario

Lo scenario dovrà evidenziare chiaramente come è stato identificato il problema clinico e perché è stato scelto. Questo passaggio è legato a quanto scritto nella Fase 1: “definire la miglior pratica, scegliere un argomento” (pag. 14).

Evidenza

Il protocollo di audit deve far riferimento a ricerche rilevanti e indicare in che modo le evidenze trovate sono state tenute in considerazione al fine di identificare gli standard, gli indicatori e le misure del processo identificato.

Obiettivi

Vedi quanto scritto nella Fase 1: “definire la miglior pratica, formulare una domanda”

(pag. 14-15).

Metodo

Caratteristiche dei casi/partecipanti

Numero di casi/partecipanti che sono stati campionati (riferirsi al paragrafo:

“Raccolta dati/campionamento”, pag. 20) Periodo identificato per la raccolta dati

Metodo di raccolta dati: osservazione, intervista, revisione della documentazione, questionario…….

Etica

Benché spesso considerata come parte separata rispetto alle attività di ricerca, un audit deve sempre essere condotto secondo le linee guida etiche al fine di assicurare che nulla di nocivo venga fatto e che la privacy, l’anonimità e la

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partecipazione volontaria siano assicurate laddove un audit coinvolga pazienti o familiari.

N.B.:

La divisione in capitoli di questo esempio di protocollo può fornire la matrice/struttura base per fare un proprio protocollo. Anche gli elenchi puntati, scritti all’interno dei capitoli, possono essere utilizzati come sottocapitoli che sottolineano dettagli specifici utili da evidenziare.

E’ utile ricordare che il protocollo deve essere principalmente scritto usando il tempo futuro in quanto non è stato ancora completamente implementato, mentre il suo resoconto verrà per la maggior parte scritto al passato in quanto il processo sarà ormai completamente concluso.

PIANIFICARE UN AUDIT CLINICO

Prima di iniziare un audit clinico è importante formalizzare un progetto in cui si identifica l’obiettivo dell’audit, come condurlo, chi deve essere coinvolto e un periodo di tempo determinato durante il quale completarlo. Un verificatore/conduttore deve aver chiaro quali domande sono state poste e come le informazioni raccolte possono fornire una risposta ad esse.

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PRIMA FASE: DEFINIRE LA MIGLIOR PRATICA

1) Scegliere l’argomento:

Quando si seleziona un tema di audit occorre tener sempre presente l’obiettivo dell’efficacia clinica: raggiungere cioè i migliori risultati per i pazienti.

I professionisti sanitari, i manager e i pazienti devono essere egualmente coinvolti in questa scelta che deve riguardare aree in cui possono essere fatti miglioramenti nell’assistenza clinica. Dovranno perciò esserci possibilità reali per attuare miglioramenti o cambiamenti nell’area assistenziale identificata se si vuole che l’audit ottenga un beneficio ( in altre parole evitare audit sulla qualità dei parcheggi per le macchine o sul sistema di condizionamento dell’aria) anche se occorre ricordare che aumentare la consapevolezza di un problema è già il primo passo per un cambiamento.

I fattori da considerare, durante la definizione della priorità degli argomenti per un audit clinico, sono principalmente:

o L’argomento è stato identificato come un problema da parte dei soggetti coinvolti? Per es. i reclami da parte dei pazienti

o C’è una grande variabilità nella pratica corrente? Per es. molte variazioni nella pratica assistenziale senza evidenti ragioni

o È un’area ad alto rischio? Per es. alti indici di morbilità e/o mortalità o È un’area ampia? Per es. qualcosa che viene fatto regolarmente

o È un’area ad alto costo? Per es. sei in grado di ridurre o di giustificare i costi

o È richiesto l’uso di risorse interne o esterne? Per es. tempo, informazioni, personale (Burnett and Wineyard, 1998; Marrel and Harvey, 1999).

2) formulare una domanda

Dopo aver identificato l’argomento o l’area, è necessario chiarire e condensare il problema in una specifica domanda affinché chiunque possa con chiarezza inserirsi nel processo di audit. Più sarà specifica, meglio servirà allo scopo.

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Un esempio di come trasformare un problema in una domanda potrebbe essere il seguente:

Problema: “I nostri pazienti portatori di catetere ureterale hanno una più alta percentuale di infezioni rispetto a quelli senza.”

Domanda: “La nostra pratica corrente, nella gestione dei cateteri ureterali, è conforme alla miglior pratica nella prevenzione delle infezioni del tratto urinario?”.

Dopo quindi aver formulato una specifica domanda, il gruppo di audit deve sviluppare lo scopo, gli obiettivi e i relativi standard al fine di garantire che tutte le attività siano mirate allo scopo e stabilire anche una metodologia specifica nel raggiungimento degli obiettivi stessi.

Gli scopi devono contenere dichiarazioni d’azione quali ad esempio:

“migliorare………”

“aumentare la percentuale di…………”

“ridurre l’incidenza di…………”

Gli obiettivi sono dichiarazioni di risultato che indicano il livello di qualità per l’audit. Essi possono riferirsi all’accettabilità, all’appropriatezza, all’accessibilità, all’efficacia o all’efficienza.

Tali obiettivi devono quindi contenere dichiarazioni di risultato quali, ad esempio:

“assicurasi che la pratica relativa alla gestione dei cateteri ureterali riduca il rischio di infezioni”.

3) Definire la miglior pratica, linee guida e indicatori di audit

Dopo aver chiaramente definito l’argomento da sottoporre a audit, deve essere sviluppata una linea guida (standard assistenziale) per definire la miglior pratica e come essa può essere raggiunta. Gli standard assistenziali devono essere basati sull’evidenza della loro efficacia clinica e sulla loro rilevanza.

Gli standard sono quindi delle misure con cui comparare la pratica assistenziale. Essi descrivono sinteticamente infatti la qualità assistenziale da

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raggiungere in termini misurabili e definibili. Standard basati sulla miglior pratica forniscono un affidabile base per l’attività di audit.

Al fine di sviluppare linee guida appropriate, deve essere condotta una revisione sulla miglior evidenza disponibile al fine di determinare la maggior efficacia clinica assistenziale. I verificatori possono accedere a linee guida pre- esistenti, a revisioni sistematiche, a studi clinici singoli e a banche dati cliniche al fine di reperire evidenze sulla “miglior pratica”. Per es. JBI, fogli informativi sulla Miglior Pratica.

Fare una revisione completa della miglior evidenza disponibile al fine di individuare standard assistenziali, può risultare un compito arduo, per questo i verificatori possono anche utilizzare linee guida pre-esistenti.

Le linee guida cliniche o quelle sulla miglior pratica sono fatte in modo sistematico su assunti basati sulla miglior evidenza e questo aiuta i clinici nel decidere circa una appropriata assistenza ai pazienti.

Spesso organismi su base nazionale (per es. il Joanna Briggs Institute, il Royal College of Nursing…..) sviluppano e disseminano forti linee guida basate su revisioni sistematiche.

L’adattare linee guida esistenti per determinare appropriati standard assistenziali locali assicura che tali standard siano basati su evidenze riconosciute e questo è un ottimo punto di partenza per verificatori con poco tempo a disposizione e/o risorse per condurre essi stessi revisioni sistematiche complete (Marrell and Harvey, 1996).

Nello sviluppare o adattare standard assistenziali, i verificatori devono assicurarsi che tali standard siano:

o Rilevanti per tutte le persone coinvolte (pazienti, personale, manager e proprietari)

o Basati su chiare evidenze

o Affidabili (professionisti diversi devono essere in grado di interpretarli e applicarli allo stesso modo)

o Validi (se si aderisce allo standard, l’obiettivo assistenziale deve poter essere raggiunto)

o Flessibile e verificabile (Brunett and Wineyard, 1998)

La linea guida scelta per il tema dell’audit sarà usata in modo retrospettivo durante l’audit stesso per verificare la qualità dell’assistenza erogata.

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Per poter utilizzare tale linea guida, al fine di valutare la pratica, occorre identificare criteri quantitativi o “indicatori”.

Questi indicatori vengono definiti come:

“dichiarazioni quantitative che vengono usate per misurare la qualità dell’assistenza. Gli indicatori spesso sono espressi in percentuali, rapporti o altri metodi quantitativi per poter indicare quanti pazienti devono usufruire dell’atteso livello assistenziale.”

(Natinal Centre for Clinical Audit (1997) Key points from Audit Litterature Related to Criteria for Clinical Audit. London: NCCA.)

Gli indicatori che dovranno essere identificati dovranno quindi essere misurabili, osservabili, riferiti solo a una specifica area assistenziale e dovranno essere focalizzati sull’obiettivo del raggiungimento del miglior risultato per i pazienti.

Tutto questo assicurerà chiarezza rispetto al valutare se ciò che osservi nella pratica quotidiana incontra gli standard assistenziali identificati (Garland and Coffield, 1999;

Kinn, 1996).

Esempio:

Linee guida:

Un libretto informativo consegnato prima del ricovero è il modo più efficace affinché i pazienti ricordino le informazioni ricevute nel periodo pre-operatorio

Standard:

Il 100% dei pazienti che devono essere sottoposti a chirurgia elettiva in Day surgery riceveranno le informazioni relative al loro intervento chirurgico prima del ricovero.

4) Disseminazione

Dopo che il gruppo di audit ha sviluppato lo standard assistenziale e gli indicatori di verifica, tale standard assistenziale richiesto deve essere condiviso e conosciuto da tutti i soggetti coinvolti. I professionisti, i manager ei pazienti devono conoscere i risultati attesi dagli interventi che vengono messi in opera e anche come essi potranno contribuire in modo più efficace al raggiungimento degli obiettivi.

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Condividere standard di “miglior pratica” permette a coloro che ne verranno coinvolti di offrire consigli o feed back al gruppo di audit. Infatti per garantire una efficace implementazione di ogni cambiamento nella pratica è importante che tutti i membri dello staff si sentano “corresponsabili”. Scambiarsi informazioni e rimanere aperti ai feed back dati dai colleghi permetterà un aumento di consapevolezza rispetto ai diversi processi dell’audit, incoraggerà la comunicazione e migliorerà il tasso di adesione alle nuove linee guida.

Il disseminare lo standard assistenziale identificato può essere facile, può essere utilizzata una bacheca o si può metterlo all’ordine del giorno della riunione di staff o passarlo individualmente.

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SECONDA FASE: MISURARE E CONFRONTARE

1) Di quali informazioni avrò bisogno?

I verificatori dovranno porre particolare attenzione su ogni indicatore di verifica e decidere in quale modo dovranno raccogliere i dati per determinare se lo standard è stato raggiunto. Può essere d’aiuto l’identificazione di criteri che devono essere soddisfatti per poter raggiungere lo standard.

Criteri di struttura: sono le risorse o ciò di cui si ha bisogno per poter implementare lo standard: conoscenze, personale, tempo, strumenti e struttura organizzativa.

Criteri di processo: riferiti a ciò che è necessario fare per implementare lo standard assistenziale, le azioni da porre in essere e le decisioni da prendere. Tale processo deve includere aspetti quali la verifica, la valutazione, il coinvolgimento, la documentazione e gli interventi specifici nella pratica.

Criteri di risultato: sono i risultati attesi dall’intervento posto in essere o ciò che ci si aspetta di raggiungere attraverso l’implementazione dello standard di risultato.

(Marrell and Harvey, 1996; Marrell and Harvey, 1999; Kinn 1995).

Esempio:

Il tuo audit sull’informazione pre-operatoria ai pazienti ha lo scopo di identificare le capacità e le abilità dei pazienti di eseguire gli esercizi post-operatori descritti nel libretto informativo che hanno ricevuto.

Il criterio di struttura da considerare potrebbe riguardare la disponibilità dello staff di verificare, nei pazienti al momento del ricovero, la conoscenza, il livello di abilità e gli strumenti necessari per fare gli esercizi richiesti.

Il criterio di processo potrebbe essere l’uso di una scala di valutazione del livello di conoscenza dei pazienti comprensiva anche di verifica sulle loro abilità; prevedere inoltre interventi nella pratica per aumentare o correggere le eventuali lacune conoscitive o i deficit nelle abilità.

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Il criterio di risultato dovrebbe contenere una dichiarazione dell’effetto auspicato. I risultati devono essere misurabili: una percentuale definita di pazienti fornita di abilità e conoscenze potrebbe essere un criterio di risultato accettabile.

2) La raccolta dei dati/campionamento

In un audit clinico, l’enfasi sulla selezione del campione non si basa sull’obiettivo di generalizzare quanto trovato a tutta l’area presa in esame; piuttosto il suo obiettivo è quello di identificare la giusta dimensione del campione utile al fine di poter dimostrare la necessità di modificare la pratica o che tale pratica è basata sulla miglior evidenza disponibile.

Per fare un esempio: se i primi 10 casi sottoposti a audit sono trovati al di sotto dello standard, ciò dimostra chiaramente che esiste un problema che richiede di essere affrontato al di là di cosa posso trovare negli altri casi.

Per quanto riguarda invece lo scopo di dimostrare l’adeguatezza alla miglior pratica, è richiesto invece un campionamento maggiormente consistente e rappresentativo.

Principi guida per il campionamento

Identificata la popolazione, occorre chiedersi se si deve o si può sottoporla tutta al processo di audit; infatti limiti di tempo e di risorse potrebbero costringere a sceglierne solo un campione. La dimensione del campione deve essere abbastanza ampia al fine di dare una rappresentatività di ciò che accade nella pratica in quella specifica area. Occorre quindi essere pragmatici.

Per essere certi che siano state raccolte le informazioni utili per decidere se lo standard assistenziale è stato raggiunto o meno, è utile raccogliere dati da fonti diverse (vedi tavola 1) e usando anche metodi diversi (vedi tavola 2). L’audit deve essere disegnato in modo tale che i dati siano raccolti su il maggior numero di criteri possibile e in questo modo ci si assicurerà una solita base su cui decidere per implementare i cambiamenti previsti nella terza fase del processo di audit.

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Tavola 1

Gli strumenti di raccolta dati quali le check list o i questionari possono essere fatti per l’occasione specifica dell’audit o possono essere adattati da strumenti pre-esistenti.

Esempi di strumenti di raccolta dati sono stati messi negli allegati di questo manuale.

Quando si raccolgono e si registrano i dati, i verificatori devono tener presente i principi base della ricerca quali le considerazioni etiche e la confidenzialità dei dati

La raccolta dati è la parte più visibile del processo di audit. Mentre alcuni affermano che è preferibile avere osservatori esterni all’area, liberi quindi da preconcetti o pregiudizi che potrebbero inficiare la loro osservazione della pratica, è ugualmente accettabile utilizzare qualificati clinici interni. Il verificatore deve avere buone conoscenze del processo clinico, degli interventi e della documentazione che deve osservare. Infatti l’audit clinico, come è già stato più volte sottolineato in questo manuale, è un metodo per i professionisti per verificare la propria assistenza erogata e per questo non è scorretto che essi stessi raccolgano i dati oggettivi riferiti ad essa.

Fonti dei dati:

Cartelle cliniche documentazione sui pazienti

pazienti e/o parenti Membri dello staff Banche dati

Tavola 2

3) Analizzare le informazioni

La valutazione dei dati implica il confronto dei risultati della pratica quotidiana con gli standard assistenziali indicati dalla pratica ritenuta eccellente.

Per fare ciò, i risultati realmente trovati vengono confrontati con gli indicatori quantitativi che sono stati sviluppati durante la prima fase di audit.

Laddove gli standard assistenziali non sono stati raggiunti, un audit completo dovrà verificare il perché la miglior pratica non è stata posta in essere. Il comprendere la ragione di ciò è importante per la successiva fase dell’audit: sviluppare un piano d’azione utilizzando una metodologia multipla nella tecnica di raccolta dati, che guardi alla struttura, al processo e ai risultati, e in questo modo si favorirà la determinazione delle cause del problema.

Metodi di raccolta dati Revisioni di cartelle cliniche Check list Questionari Interviste Osservazione

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Esempio:

L’audit sulle informazioni pre-operatorie al paziente ha identificato che la maggioranza dei pazienti testati hanno ricevuto il libretto informativo sull’assistenza e gli esercizi da fare nel post-operatorio, però l’adeguatezza delle conoscenze e degli esercizi è bassa.

Intervistando i pazienti e mostrando loro una copia del libretto questi si ricordavano di averlo ricevuto ma dichiaravano però di non averlo letto tutto in quanto risultava complesso e utilizzante un linguaggio difficile.

Avendo raccolto tutte queste informazioni, viene deciso di modificare il libretto inserendo descrizioni semplificate di come fare gli esercizi e scrivendo il tutto in un linguaggio comprensibile per l’utenza.

L’utilizzo di un metodo di raccolta dati di tipo multiplo ha fornito una prospettiva più ampia e ha permesso di capire il perché i pazienti non erano in grado di fare gli esercizi post-operatori e ha fornito inoltre una soluzione per aumentare la compliance dei pazienti.

L’analisi dei dati può invece evidenziare che l’assistenza erogata è in linea con lo standard definito dalla miglior evidenza e che i risultati assistenziali sono stati conseguiti nel modo più efficace. È importante far conoscere questi risultati a tutte le persone coinvolte.

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TERZA FASE: AZIONI PER RAGGIUNGERE IL CAMBIAMENTO

1) Sviluppare un piano d’azione

Dopo aver analizzato i risultati dell’audit e dopo che il gruppo ha individuato le ragioni per le quali lo standard non è stato raggiunto, è tempo di sviluppare un piano di miglioramento. Per poterlo sviluppare efficacemente, il gruppo deve identificare:

un’appropriata successione di azioni per il miglioramento, chi è il responsabile di ogni passaggio

un periodo di tempo determinato per garantire il completamento del piano un periodo di tempo durante il quale ripetere l’audit (re-auditing) per valutare il cambiamento nella pratica.

Esempio:

Nell’audit sulle informazioni pre-operatorie al paziente, è stato individuato che tali pazienti ricevevano ma non leggevano il libretto informativo che descriveva l’assistenza post-operatoria. In questo modo lo standard assistenziale sugli esercizi post-operatori non veniva raggiunto. La raccolta dati indicava che l’assenza di un criterio di struttura impediva tale raggiungimento.

Per implementare il cambiamento occorre o includere un processo di verifica delle conoscenze e abilità del paziente nell’espletare gli esercizi post-operatori al momento dell’ammissione, o modificare la documentazione esistente e i protocolli al momento del ricovero.

Il decidere su un appropriato piano d’azione può sembrare una sfida ma spesso, dopo aver confrontato i dati dell’audit con quanto stabilito essere lo standard assistenziale, è chiaro quale debba essere il cambiamento da mettere in opera per raggiungere la miglior pratica. A questo punto il gruppo di audit deve fare un brainstorming su quali possono essere le diverse soluzioni al problema per poter arrivare ad un piano di azione che permetta di raggiungere i risultati sperati:

l’efficacia clinica.

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Nel cercare come procedere rispetto al cambiamento è utile prendere in considerazione quelle aree che possono aver bisogno di raggiungere l’efficacia clinica.

Aggiornamento

L’aggiornamento sarà utile al raggiungimento del cambiamento nella pratica laddove venga individuata una carenza di conoscenza come principale ragione della scarsa pratica. Strategie educative includono lo scambio di informazioni fra singoli professionisti, seminari e workshop, accesso alla letteratura………

Cambiare il sistema

Quando l’audit ha identificato problemi di accesso agli strumenti, ai sistemi di documentazione, all’insieme delle competenze, alla mole di lavoro…..il gruppo di audit ha bisogno di sviluppare una strategia per cambiare il sistema. Tali strategie possono riguardare il cambiamento del sistema di archiviazione, l’aumentare il numero dello staff o l’insieme delle loro competenze, aumentare l’accesso alle risorse…..

Cambiando il comportamento

Quando l’audit ha indicato nella performance dello staff, la ragione del fallimento nel conseguire la miglior pratica, il gruppo di audit deve valutare attentamente quali ne siano le ragioni. Se è chiaro che le risorse sono disponibili e che il personale ha le conoscenze e le competenze per fornire l’assistenza in accordo con la miglior pratica, allora le strategie per affrontare la scarsa performance dovranno essere individuate.

2) Riverifica (Re-auditing)

Dopo aver implementato il piano d’azione, il ciclo dell’audit prosegue alla fase della valutazione. È necessario riverificare per stabilire se le azioni intraprese hanno portato ad un miglioramento della pratica. Tale riverifica potrà quindi dimostrare miglioramenti nella pratica o indicare che ci sono ancora miglioramenti da approntare per poter raggiungere gli standard di miglior pratica.

Occorre ricordare che le persone coinvolte gradiscono conoscere anche i successi! Riferire i risultati positivi a tutte le persone coinvolte così come a tutti i partecipanti all’audit evidenzia la buona pratica e la qualità assistenziale che è fornita dalla struttura e fornisce a tutti le ragioni per essere orgogliosi di quanto è stato raggiunto. Questo sollecita anche il gruppo a iniziare a lavorare ad un nuovo tema di audit!

Questi risultati devono diventare di dominio pubblico attraverso per esempio la loro pubblicazione sul siti web dell’istituzione, sui giornali, riviste così come a conferenze e a livello locale nelle riunioni di reparto.

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STRATEGIE PER PROMUOVERE UN AUDIT DI SUCCESSO

Il successo dell’audit nel raggiungere la miglior pratica, in ultima analisi, dipende dalla strategia di implementazione all’interno della struttura e da quanto viene posto in essere per supportare il processo di audit.

Il fattore chiave è il supporto manageriale, infatti senza un approccio coordinato, senza l’integrazione con le altre attività di miglioramento della qualità e senza l’accesso alle risorse, l’audit clinico non porterà a risultati positivi (Johnson, Cromie, Davies; Alder and Millard, 2000).

Altri fattori che possono aver importanza rispetto al successo dell’audit sono:

Il lavoro di gruppo

lo stabilire un gruppo multi professionale di operatori sanitari capace di comunicare e pianificare insieme, porterà a una ricchezza di esperienza, abilità e idee all’interno dell’audit.

Addestramento

È utile avere almeno alcuni membri del gruppo che hanno già fatto esperienza del processo di audit e ne hanno acquisito le specifiche competenze nel progettarlo e pianificarlo. Organizzazioni quali il Joanna Briggs Institute potranno fornire le competenze e le conoscenze utili al fine di iniziare nella propria struttura il ciclo dell’audit clinico e modificare così la pratica.

Tempo dedicato

Fare un audit clinico richiede tempo! Senza poter dedicare del tempo nelle attività di audit, i membri dello staff diverranno sovraccarichi e i loro standard assistenziali potrebbero peggiorare.

Accesso alle informazioni

I verificatori chiederanno di poter accedere alle migliori evidenze (per es.

attraverso abbonamenti a riviste, contatti con gruppi professionali, accesso a banche dati…). Anche l’accesso alle informazioni interne quali, per esempio le cartelle cliniche, sarà essenziale per la conduzione dell’audit.

Comunicazione

Tenere tutti informati circa il processo e mantenere la consapevolezza degli obiettivi identificati, permetterà l’aumento di suggerimenti da parte dello staff,

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incoraggerà ad intraprendere i cambiamenti nella pratica e diminuirà il sentimento di

“minaccia” che percepiscono le persone non informate.

Coinvolgimento degli utenti/clienti

L’obiettivo primario dell’audit clinico è quello di conseguire i migliori risultati per i pazienti. Coinvolgere il più possibile i gruppi e le associazioni più rilevanti faciliterà la probabilità di successo dell’audit nel raggiungere il suo obiettivo primario.

I pazienti potrebbero essere coinvolti nel gruppo di audit, i loro suggerimenti devono essere presi in considerazione quando si sta decidendo l’argomento/tema da sottoporre a audit e sentire il loro parere per capire come percepiscono l’argomento scelto durante il processo.

Questi sono tutte modalità utili per assicurarsi che essi siano coinvolti (Johnson et all, 2000; Marrell and Harvey, 1999).

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SCRIVERE IL RESOCONTO DI UN AUDIT

Dopo aver completato un audit, deve essere stilato un resoconto al fine di informare circa i risultati tutte le persone coinvolte. Tale resoconto permette inoltre di lasciare una traccia delle attività di miglioramento continuo per il processo di Accreditamento.

La struttura base del resoconto dovrà ricalcare quella del protocollo stilato come guida del processo.

ESEMPIO DI UN RESOCONTO DI AUDIT Titolo dell’audit

Il titolo deve contenere il problema clinico che è stato sottoposto ad audit così come gli standard più rilevanti di buona pratica.

Il gruppo di audit

Un audit clinico è spesso multi disciplinare, è perciò necessario identificare chi è stato coinvolto, chi era il responsabile del progetto e tutti gli altri dettagli rilevanti.

Anche compilare una elenco delle professionalità che si sono coinvolte nel processo e che rivestono ruoli chiave quali i direttori infermieristici o altri esperti, è utile anche se non sono stati coinvolti direttamente.

Scenario

Lo scenario deve chiaramente mostrare come è stato identificato il problema clinico e perché è stato scelto. Questo passaggio è legato a quanto scritto nella Fase 1:

“definire la miglior pratica, scegliere un argomento” (pag. 14).

Evidenza

Il resoconto di audit deve far riferimento a ricerche rilevanti e indicare in che modo le evidenze trovate sono state incorporate negli strumenti di misurazione proposti includendo gli standard e gli indicatori dell’audit.

Obiettivi

Vedi quanto scritto nella Fase 1: “definire la miglior pratica, formulare una domanda”, (pag. 14-15).

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Metodo

Caratteristiche dei casi/partecipanti

Numero di casi/partecipanti che sono stati campionati (riferirsi al paragrafo:

“Raccolta dati/campionamento”, pag. 20) Periodo identificato per la raccolta dati

Metodo di raccolta dati: osservazione, intervista, revisione della documentazione, questionario…….

Etica

Benché spesso considerata come parte separata rispetto alle attività di ricerca, un audit deve sempre essere condotto secondo le linee guida etiche al fine di assicurare che nulla di nocivo venga fatto e che la privacy, l’anonimità e la partecipazione volontaria siano assicurate laddove un audit coinvolga pazienti o familiari.

Risultati

I risultati devono essere presentati e devono essere enunciate le conclusioni che si possono trarre da essi.

Se è stata fatta una revisione fra pari occorre evidenziarla per dar maggior forza alle conclusioni. Inoltre ci deve essere una chiara dichiarazione se gli obiettivi sono stati raggiunti o meno.

Raccomandazioni

Il resoconto deve poi proseguire sottolineando i miglioramenti che sono stati eventualmente pianificati in quelle aree della pratica clinica che non hanno raggiunto gli standard definiti dall’audit. Si può includere quale attività è stata modificata e in che modo, il razionale del piano d’azione, chi è stato coinvolto, in che modo si è proceduto a modificare la pratica e qualsiasi problema incontrato.

Periodo identificato per riverificare (re-audit)

Se si possiedono già evidenze sul miglioramento della pratica, occorre includerle nel resoconto. Se si sta decidendo di riverificare la pratica a seguito dell’implementazione di azioni pianificate, occorre mettere nel resoconto quando verrà effettuata tale riverifica e qualsiasi altro controllo pianificato richiesto dopo l’audit includendo qualsiasi raccomandazione fatta dal gruppo di audit.

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Bibliografia

Burnett, A & Winyard, G. (1998) Clinical audit at the Heart of Clinical Effectivness.

Journal of Quality in Clinical Practice 18 (1): 3-19

Dickson, E. (1998) Clinical Effectivness for Health Care Quality Improvement.

Journal of Quality in Clinical Practice 18 (1): 37-46

Garland, G & Corfield, F. (1999) Audit, in Hamer, S. & Collins, G. Achieving Evidence Based Practice. Balliere Tindall: London p. 129-149

Johnson, G., Cromie, I., Davies, H. Alder, E. & Millard, A. (2000) Reviewing Audit : Barriers and Facilitating Factors for Effective Clinical Audit. Quality in Health Care. 9(1): 23-26

Kinn, S. (1995) Clinical Audit: A Tool for Nursing Practice. Nursing Standard. 9(15):

35-36.

Morgan, C. & Harvey, G. (1996) Clinical Audit. Nursing Standard. 10(17): 38-44.

Morgan, C. & Harvey, G. (1999) The Clinical Audit Handbook Balliere Tindall:

London.

National Centre for Clinical Audit (1997) Key Points from Audit Literature Related to Criteria for Clinical Audit. London: NCCA.

NHS Executive Clinical Effectivness (1998) Clinical Effectivness. Nursing Time.

July. P 1-31.

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ALLEGATO 1:

Esempio di scheda di audit completata

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_________________________________

STRUTTURA/REPARTO

JBI

CLINICAL AUDITING PROGRAM

Tema dell’Audit:

Gestione dei dispositivi di accesso vascolare periferico (cateteri venosi periferici: CVP)

Obiettivi dell’Audit:

Misurare gli interventi assistenziali ricevuti dai pazienti in rapporto alla riduzione del rischio di infezioni nosocomiali.

Razionale:

La cura dei CVP basata sulle raccomandazioni sulla miglior pratica, può ridurre il rischio, l’incidenza delle complicazioni relative all’uso di tali CVP

Gruppo di Audit:………..

DEFINIZIONI

LINEE GUIDA INDICATORI per l’AUDIT

1 il CVP è inserito in un arto superiore

2 il CVP è riposizionato ogni 72 ore

3 i CVP inseriti in emergenza sono riposizionati entro 24 ore

4 i set infusivi sono sostituiti entro 72 ore insieme al CVP

Bibliografia:

JBI Best Practice: Vol 2 issue 1 1998

1. 100% dei CVP inseriti in condizioni routinarie verrà posizionato in un arto superiore.

2. 100% dei CVP sono tolti entro 72 ore

3. 100% di pazienti in condizioni di

emergenza hanno il CVP riposizionato entro 24 ore.

4. il 100% dei set infusivi sono sostituiti entro 72 ore

Firma data

31

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INDICATORI per l’AUDIT

1. il 100% dei CVP inseriti in condizioni routinarie verrà posizionato in un arto superiore.

Struttura Processo Risultato

S1-1 presenza di linee guida procedurali per lo staff sull’uso degli arti superiori come sede elettiva per il CVP.

P1-1 lo staff è in grado di accedere alle procedure più rilevanti sull’inserzione dei CVP.

R1-1 lo staff conosce le procedure della struttura e sa metterle in atto.

S1-2 dove possibile promuovere aggiornamenti e addestramenti sull’inserimento dei CVP negli arti superiori

P1-2 lo staff dedicato all’inserimento dei CVP è competente nell’inserimento degli stessi negli arti superiori.

R1-2 la maggioranza degli inserimenti fatti in via routinaria è negli arti superiori.

S1-3 inserimenti fatti in emergenza vengono documentati come tali.

P1-3 sono disponibili le risorse al fine di promuovere l’uso di documentazione in condizioni di emergenza.

R1-3 il CVP inserito in emergenza è chiaramente identificabile.

S1-4 P1-4 R1-4

2 Il 100% dei CVP sono tolti entro 72 ore

Struttura Processo Risultato

S2-1 le linee guida indicano chiaramente che il tempo giusto per togliere il CVP è entro 72 ore

P2-1 il sistema informativo è aggiornato e basato sulla miglior evidenza.

R2-1 lo staff conosce I tempi ottimali per la rimozione dei CVP

S2-2 la data di inserimento del CVP è rintracciabile

P2-2 la data d’inserimento del CVP è registrata nella

documentazione clinica

R2-2 la data di inserimento del CVP è segnalata in una

posizione nota e vicino al punto d’inserzione.

S2-3 P2-3 R2-3 3 il 100% dei pazienti in condizioni d’emergenza hanno il CVP riposizionato entro 24 ore.

Struttura Processo Risultato

S3-1 le circostanze e il sito d’inserzione del CVP sono documentate

P3-1 personale qualificato è contattato al fine di

riposizionare il CVP

R3-1 il CVP è riposizionato entro 24 ore

S3-2 P3-2 R3-2

S3-3 P3-3 R3-3

Firma data

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(33)

Indicatori di audit

Criteri Attività di audit Risultati e commenti Aderenza Raggiunta Attesa 1 S1-1 presenza di linee guida procedurali per lo staff sull’uso degli arti superiori come sede elettiva per i CVP S1-2 sono disponibili aggiornamenti e addestramenti Revisionare le politiche e le procedure (2 giorni, tutti i documenti) Esaminare i programmi educativi e di addestramento in riferimento all’inserimento dei CVP negli arti superiori ( 1 giorno, tutti i documenti)

Il manuale e le politiche non descrivono la selezione dei punti di inserimento negli arti superiori I corsi e gli addestramenti definiscono gli arti superiori come zone di inserimento dei CVP ma la pratica se ne discosta

0% 50%

100% (risposte sì ad entrambe le domande) 2 3

S2-1 le linee guida indicano chiaramente che il tempo giusto per rimuovere il CVP è entro 72 ore. S2-2 la data di inserimento del CVP è rintracciabile S3-1 le circostanze e il sito di inserimento del CVP sono documentate Comparare le linee guida con gli standard di Miglior Pratica (4 giorni, manuale di pratica) Revisionare la documentazione più rilevante per le segnalazioni delle date di inserimento (5 giorni, 10 casi, tutti i documenti) Revisionare la documentazione per la segnalazione delle circostanze circa l’inserimento del CVP (5 giorni, 10 casi, tutti i documenti

Le informazioni prese dalla Miglior Pratica stanno per essere inserite nel manuale per quanto riguarda i tempi di rimozione dei CVP Sì Sì SìNo NoSìNo NoNono La situazione in cui è stato inserito il CVP è chiaramente rintracciabile sia quando è avvenuto in emergenza sia in via routinaria in tutte le cartelle dei 10 pazienti

0% 40% 100%

100% 100% 100% (di risposte sì) 33

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