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Academic year: 2022

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Avv. Domenico Maglia ...

IL DANNO BIOLOGICO Criteri di valutazione - Diversità

Il Gentile, in più di una occasione, ha asserito che la valutazione economica del danno alla persona è fra i problemi più gravi che interessano la scienza del diritto.

Come operatore da oltre 30 anni del settore assicurativo, non posso che concordare pienamente; aggiungerei che monetizzare le sofferenze dell'uomo non è cosa facile per tutte le implicanze morali che tale operazione comporta.

Nel sistema tradizionale il risarcimento del danno alla persona si risolveva nel riconoscimento, da un lato del danno patrimoniale inteso come incidenza delle lesioni sulla capacità del soggetto a produrre reddito, dall'altro il danno non patrimoniale risarcibile solo entro i limiti dettati dall'art. 2059, cioè quando il fatto illecito, fuori da ogni presunzione di responsabilità, assume le connotazioni di un reato.

Tale rigida bipartizione appariva talvolta insufficiente, in particolare in quei casi di quei soggetti privi di reddito (minore, studente, casalinga, disoccupato) per i quali non si verificava alcuna perdita di guadagno, o quando la lesione era di così modesta entità che non incideva sulla specifica capacità lavorativa del leso.

Per superare tale rigidità dello schema risarcitorio, dottrina e giurisprudenza diedero vita a molteplici voci di

danno (invalidità generica lavorativa, danno alla vita di relazione, danno estetico, danno sessuale).

L'avvento del danno biologico sembrò potesse spazzare via tutte queste voci di danno che erano servite per sanare inaccettabili disuguaglianza valutative.

In tema di valutazione, il danno biologico spostava l'interesse dal patrimonio economico del danneggiato, considerato, fino a quel momento, l'unico parametro di valutazione verso il "valore uomo", con tutte le sue attività relazionali, compresa la capacità generica lavorativa.

In sostanza, da una concezione patrimonialistica si passava ad una concezione personalistica.

Prima facie, si pensò che la sentenza del giugno 86 della Corte Costituzionale potesse veramente sanare quella equità sociale spesso umiliata e ferita tutte le volte, ad esempio, che per la valutazione di una identica lesione come la perdita di un pollice sofferta da due soggetti diversi. (Si pensi ad un manovale e ad un notaio) il riferimento alla loro diversa capacità reddituale conduceva ad una inaccettabile disomogeneità.

Ma così, purtroppo, non è stato.

Quali le cause.

A ns. avviso, in tema di valutazione di danno alla salute, due sono i problemi che continuano a generare incomprensione e confusione. Uno medico legale; mi riferisco alla mancata

applicazione di un nuovo parametro per valutare gli effetti della lesione sulla validità biologica (Gerin) in modo autonomo e svincolato da qualsiasi riferimento al reddito del soggetto leso;

l'altro strettamente economico per la stima in denaro del danno alla salute, cioè la sua monetizzazione i criteri di valutazione medico legale.

Le prime tabelle per la valutazione del danno alla persona risalgono al lontano 1928 elaborate a cura del prof. A. Cazzaniga.

Base di valutazione era la capacità generica lavorativa, definita anche ultragenerica, per distinguerla da quella particolare capacità di lavoro riferita agli operai dell'industria.

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Tutte le tabelle che sono seguite, sino alle attuali mi riferisco a quelle di maggiore uso (del Luvoni/Bernardi) assumono come parametro di valutazione medico legale, anche per il danno biologico, ancora la capacità generica lavorativa, cioè quella capacità produttiva potenziale a poter espletare una qualsiasi attività di lavoro.

Ci si avvale, dunque, ancora di un parametro strettamente correlato alla capacità di guadagno del soggetto cioè ad un elemento con contenuto squisitamente patrimoniale, mentre per la valutazione del danno alla salute non si deve fare ricorso a guide o tabelle che abbiano riferimento con il guadagno.

Il danno biologico, in sede medico legale, deve essere commisurato a parametri morfo- funzionali e non lavorativi.

Occorre, perciò, individuare un altro parametro che tenga conto di tutti gli aspetti relazionali che incidono sia nella sfera personale che in quella sociale dell'uomo * .

Una commissione europea sta valutando l'opportunità di

omogeneizzare i vari sistemi di valutazione vigenti nel vecchio continente per renderli uniformi ed adeguate alla nuova autonoma figura del danno alla salute.

Durante il congresso medico giuridico, che si terrà a Montecatini nel prossimo mese di maggio, si proporranno approfonditi dibattiti su tale tema.

Il medico legale

Se prima l'attività del medico legale era necessaria, nell'attuale contesto resta fondamentale ed irrinunciabile.

L'impegno professionale del consulente medico deve essere informato ad un doveroso rigore concettuale sulle voci di danno, coniugato ad una maggiore prudenza, scevro da ogni suggestione, in attesa che nuove norme e regole possano consentire il passaggio verso orientamenti più coerenti con la nuova figura di danno.

Si pensi al cieco la cui capacità lavorativa è ridotta del 100%, mentre sotto il profilo della validità biologica si considera del 75 - 85% a seconda dei baremes presi in considerazione

Non si può tralasciare di annotare che anche i quesiti da porre al consulente medico devono essere chiari e correttamente formulati. Si dice: "che la buona impostazione della consulenza medico legale trova il suo primo presupposto nella buona formulazione del quesito sottoposto al consulente".

Fino agli anni 70 al medico legale era richiesto di esprimere un suo conciso giudizio sulla natura ed entità delle lesioni, sulla loro durata, sulla eventuale presenza di postumi che incidessero sulla capacità generica lavorativa e su quella specifica del periziando, sull'ammontare delle spese sostenute.

Oggi, anche per la presenza del danno alla salute, occorre che i quesiti siano particolarmente articolati. Il consulente dovrà riferire sul nesso causale fra evento e lesione, sulla durata della malattia, sulla anamnesi prossima e remota, dovrà chiarire se vi sono postumi, in quale misura questi possono incidere sulla validità biologica del soggetto peggiorandone il modo di essere, se possono poi avere incidenza anche sulla capacità specifica lavorativa che dovrà essere provata in concreto e tassativamente.

Non spetta a noi indicare al consulente le ricerche e gli accertamenti da compiere, ma deve avere sicuramente conoscenza dei cosiddetti "gesti professionali" della mansione lavorativa

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espletata dal periziando; per accertare se esiste una ridotta capacità di lavoro che abbia poi incidenza sul guadagno del soggetto.

I consulenti, sia di parte che d'ufficio, devono possedere gli stessi requisiti e uguale preparazione tecnica. Riteniamo, nell'attuale contesto, che sia indispensabile una specializzazione e la proposizione di un albo per l'attività di medico legale assicurativo (Tagete N° 3 1995, pag. 23).

I METODI DELLA VALUTAZIONE ECONOMICA

Fino alla sentenza del tribunale di Genova, come già detto, l'unico parametro per misurare sia la invalidità temporanea o permanente era rappresentato dal reddito dell'infortunato la cui prova si poteva raggiungere con qualsiasi mezzo.

Abbiamo già riferito sulla disuguaglianza valutativa cui poteva condurre tale metodo che si riferisce esclusivamente al guadagno, al reddito.

Le sentenze del tribunale di Genova e di Pisa rappresentano sicuramente un progresso in termini di equità sociale rispetto al passato, accogliendo il principio della validità biologica secondo cui ogni lesione all'integrità psicofisica va risarcita di per sé con criteri uguali per ogni uomo, attribuendo poi un ulteriore indennizzo per colui

che avrà dimostrato di avere sopportato una effettiva perdita di guadagno.

Fino ad oggi, però, non si è riusciti ad elaborare un criterio di valutazione uniforme che possa soddisfare i molteplici interessi convergenti nel danno biologico.

Sistema tabellare

Nell'ambito di tale sistema sono stati presi tre diversi criteri di misurazione:

a) quello basato sul reddito medio nazionale b) quello del reddito goduto dal danneggiato

c) quello del triplo della pensione sociale, art. 4 L. 39/77.

Quest'ultimo criterio è detto, anche, modello genovese, trova applicazione nella maggior parte dei tribunali che hanno preparato proprie tabelle con le quali affrontano anche la liquidazione del danno patrimoniale e morale.

Tale ricca fioritura di schemi non ha, però, consentito di applicare quel principio di uguaglianza in più di un'occasione raccomandato nelle sue pronunce dalla Suprema Corte.

Accadeva, dunque, che la stessa lesione poteva procurare ad un soggetto una effettiva caduta di guadagno, ad un altro nessuna perdita reddituale. Si pensi alla stessa frattura di un polso sofferta da un manovale e da un notaio. Si consumava, poi, una grave e stridente sperequazione quando per la valutazione delle due identiche invalidità si faceva riferimento al reddito di ognuno (e alle tabelle di capitalizzazione contenute nel D.L. 1403 del 9.10.1922).

Gli automatismi dei criteri tabellari, a ns. avviso, non servono al principio dell’uguaglianza e non consentono di conseguire liquidazioni personalizzate, invece, eccessivamente uniformi.

Sistema equitativo puro rendendole,

Tale sistema fa riferimento all'applicazione dell'art. 1226 del c.c. (valutazione equitativa del danno).

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La valutazione del danno non è ancorata ad alcun criterio base prefissato, per cui esiste il pericolo di effettive sperequazioni e disomogeneità in mancanza di articolate motivazioni.

Tale principio si discosta da quello enunciato dalla Corte Costituzionale, secondo cui il metodo equitativo deve

essere invece rispondente da un lato ad una uniformità di base, dall'altro ad elasticità e flessibilità.

Sistema del punto flessibile

Tale criterio tiene conto sia dell'aspetto statico del danno alla salute (la lesione in sé e per sé) quanto di quello dinamico cioè le conseguenze che il bene salute leso può avere su altre attività della vita quotidiana.

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Tale metodo di valutazione assume come parametro di riferimento il valore iniziale a punto, senza automatismi. Può essere, però, suscettibile di aumenti in relazione all'età dell'infortunato alla gravità delle lesioni, all'adattamento del soggetto leso all'attività quotidiana.

Il parametro socioeconomico ritenuto valido è stato trovato nelle pronunce delle Corti di merito, su un arco temporale di circa 30 anni tra fattispecie fra loro omogenee, con particolare attenzione alle micropermanenti, che nella generalità dei casi, non producono alcuna incidenza negativa sulla capacità reddituale del soggetto e, dunque, riconducibili solo ad un danno alla salute.

La Suprema Corte, con sentenza 4255 del 14.5.95 esprime considerazioni e parere favorevole a tale metodo. Riferisce, infatti, che il giudice di merito per la quantificazione del danno alla salute che abbia incidenza non patrimoniale non può assumere a criterio valutativo del danno parametri correlati al reddito. Un valido criterio di liquidazione equitativo del danno alla salute è quello che fa riferimento al parametro del valore medio del punto di invalidità, calcolato sulla media dei precedenti giudiziari".

La decisione della terza sezione della Corte presieduta dall'autorevole dott. Franco Bile indica per una valutazione del danno alla salute non più un criterio equitativo puro, ma uno che tenga conto di tutti gli aspetti del valore

umano, rispettando sia l'esigenza di uniformità che quella della flessibilità.

Come ricavare il cosiddetto punto base.

Si dovrebbe istituire un sistema informativo, un osservatorio continuo su tutte le liquidazioni intervenute nel corso di ogni anno sia giudiziale che extragiudiziale.

Tale sistema, per la verità, è stato già istituito in Francia con la legge Badinter del 1985 che prevede una pubblicazione periodica sotto il controllo dell'Autorità pubblica.

In Italia sarebbe auspicabile l'intervento del Centro Elettronico di documentazione presso la Corte di Cassazione per pronuncie che abbiano omogeneità, intervenute presso le varie Curie.

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L'Istituto di vigilanza sulle Assicurazioni Private (ISVAP) potrebbe coordinare con l'ANIA (Associazione fra le Imprese Assicurative) la raccolta delle transazioni extragiudiziali concluse dalle Compagnie nel settore RCA, integrandole con quelle raccolte dagli organi giudicanti.

Tali pubblicazioni aggiornate periodicamente dovrebbero garantire uniformità di trattamento su tutto il territorio.

Considerazioni critiche

Non può sfuggire a nessuno come il problema del danno alla persona fino ad ora sia stato affrontato con la massima

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disinvoltura, sommando, in numerosissime fattispecie esaminate, al danno biologico tutte le altre voci.

L'art. 74 del T.U. (30.6.65. N° 1124) degli infortuni sul lavoro stabilisce che le invalidità permanenti fino al 10% non comportano alcuna liquidazione, non avendo influenza sulle capacità di guadagno del lavoratore.

Statisticamente i danni con piccole permanenti senza

influenza alcuna sulla capacità di guadagno rappresentano l'95% del totale dei danni.

In questa fascia, dunque, non dovrebbe sussistere alcuna doppia liquidazione .

Nell'ultimo decennio alcuni tipi di danno hanno avuto una crescita impressionante. Ci riferiamo, in particolare, alle distorsioni cervicali e ai traumi alle ginocchia, quando, soprattutto, sono posti in relazione ad urti di così trascurabile entità, che, ragionevolmente, non può trovare giustificazione una lesione sia pure modesta.

In tali casi appaiono vere e proprie forzature le quantificazioni di micropermanenti dell'1,5% - 2%.

I consulenti devono fornire il loro contributo con valutazioni estremamente tecniche, sorrette da elementi obiettivi senza indulgere nel concedere modeste IP nella errata convinzione di favorire, così, le transazioni.

In tali ipotesi, a ns. avviso, il Giudice di merito dovrebbe liquidare il solo danno di natura biologica, allo scopo di evitare non improbabili azioni speculative, vanificando l'attività di accertamento e di controllo degli uffici

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sinistri delle Compagnie senza concedere duplicazioni valutative.

Un'altra fascia di danni percentualmente minima è rappresentata da danni alla salute di gravità intermedia che potranno avere ripercussioni sulla capacità lavorativa futura, sussistono cioè presunzioni (gravi, precise e concordanti - art. 2729 cc. presunzioni semplici) in base alle quali la lesione in futuro, per fatti degenerativi, potrà avere ripercussioni sulla capacità di lavoro (si

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pensi ad una lesione coxo femorale che in futuro potrà comportare degenerazioni artrosiche con ripercussioni sulla capacità di lavoro e sul reddito).

In tali ipotesi il Giudice di merito dovrebbe, a ns. avviso, ricorrere, ancora, al giudizio di equità aumentando il valore del punto del danno alla salute, evitando di riconoscere una IP per danno patrimoniale uguale a quella del danno biologico, duplicando in pratica il risarcimento.

Esiste, infine, una fascia di danni, per la verità di pochi casi, ove la menomazione è così grave da non consentire più al leso alcuna attività lavorativa o di ridurla drasticamente.

Per questa fascia di danni, secondo una tesi sostenuta dal prof. Castronovo ordinario di diritto civile presso la Cattolica di Milano andrebbe risarcito il danno patrimoniale di notevole entità, operando, poi, dei correttivi sul quantum del danno alla salute, evitando duplicazioni, senza fare avanzare le due voci di danno in modo indipendente.

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In base alla teoria dei cerchi concentrici la liquidazione del danno di importo minore rimane assorbita in quella relativa al danno di importo maggiore.

Ma, non è nostro intendimento estremizzare i concetti sia del danno alla salute che di quello prettamente patrimoniale.

Vogliamo richiamare la vostra attenzione su un problema che a prima vista potrebbe apparire già risolto o di facile soluzione, ma così per la verità non è.

Lo sforzo comune di tutte le parti deve essere teso ad ottenere: 10 una maggiore equità fra tutti i danneggiati; 20 un minor aggravio economico per l'autore del danno.

Conclusioni

E' di tutta evidenza che tutti i contrasti e i problemi relativi al danno alla salute non possono considerarsi definitivamente chiariti e risolti.

La valutazione del danno biologico, come già detto, presenta due problemi, come le facce di una stessa medaglia.

Uno medico legale che impone una seria ricerca per la elaborazione di nuove tabelle o guide che tengano conto di un nuovo parametro per valutare le conseguenze della lesione sulla

"validità biologica dell'individuo"; l'altro relativo alla scelta di un criterio uniforme e costante di riferimento per la sua stima in denaro.

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Occorre ovviare a tali incertezze interpretative. Si invocano norme legislative che facciano chiarezza.

L'assenza del legislatore, in questo delicato settore del danno alla persona da illecito civile, non può più essere legittimata da nessuna parte del nostro Paese.

I promotori delle varie proposte legislative si limitano però ad indicare parametri di

valutazione legati al reddito, proponendo formulari rigidi che mortificano il concetto del valore dell'individuo, mostrando povertà di idee; mentre l'attività del legislatore dovrebbe dimostrarsi più incisiva, muovendosi contestualmente su due fronti, sulla individuazione di un corretto criterio di valutazione economica e facendosi promotore di ricerche nell'ambito della medicina legale per individuare nuove tabelle e baremes commisurati alla validità biologica.

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Il legislatore deve evitare che si perpetrino duplicazioni e sperequazioni valutative.

I maggiori costi non incidono solo sul responsabile del danno, si trasferiscono su tutta la collettività.

Non sfugge a nessuno che i premi vengono determinati dalla frequenza del denunciato e dal costo medio dei sinistri.

La frequenza (il numero delle denunce rispetto alle macchine assicurate) oscilla, nell'ultimo triennio (92/94) tra il 12,4% e il 14,3%. Tale dato riguarda il mercato assicurativo.

Nel triennio indicato, il costo medio dei sinistri è cresciuto del 18% circa. Non possediamo il risultato mercato, anche se lo scostamento incide, quasi sempre, pochi punti percentuali.

I danni fisici rappresentano il 12,5% del totale denunciato.

Le liquidazioni di tale categoria di sinistri, importi inferiori a £ 20 milioni (riteniamo si trovino importi inferiori a £ 20 milioni (riteniamo si trovino in tale fascia tutte le micro lesioni), sono state nel corso dell'ultimo esercizio pari al 99,8% per numeri al 96,3% per gli importi.

Come può rilevarsi, i danni fisici rappresentano una larga fetta del denunciato totale e, nell'ambito di questi, le micro lesioni rappresentano la quasi totalità.

E' un fenomeno, dunque, che va posto nella massima attenzione, sia in sede di accertamenti medico-legali, che nella fase della qauntificazione economica, senza indulgere in concessioni e duplicazioni valutative.

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