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Parte seconda

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Academic year: 2021

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I.

Biografia dell'autore e produzione letteraria

Christian Bobin nasce in Francia a Le Creusot, nel dipartimento della Saône-et-Loire nella regione della Borgogna il 24 aprile 1951 da una famiglia di modeste condizioni. Sua madre lavora per una quindicina d'anni all'industria Schneider « qui possédait toute la ville »5. Suo padre comincia come operaio nella stessa industria e in seguito si specializza diventando insegnante di disegno tecnico. Bambino solitario, apprezza più la compagnia dei libri che quella dei coetanei. Libri che fanno parte della sua vita da sempre e che per primi portano quel sollievo e quel « secours » che egli cerca nella vita e riproduce nella sua scrittura. Bobin stesso, in un'intervista rilasciata alla trasmissione radiofonica Hors-champs, parla della presenza dei libri nella sua vita fin dalla più tenera età e della loro importanza nella duplice veste di “oggetti da leggere” e pagine da scrivere.

Le mieux que je sache de ma mère c'est une jeune femme qui dans le tournant de sa propre vie ouvre un livre et le regarde battre les ailes. Et le mieux que je sache de mon père c'est une parole adorable qu'il a eue quand j'avais à peu près vingt, vingt et un an. Je commençais à écrire des mauvaises choses et c'était invraisemblable que je puisse en vivre un jour, je ne le pensais pas, mais j'y donnais tout mon cœur. Et un jour mon père, qui pourtant connaissait l'usine, connaissait le travail au regard de lequel les livres sont peut-être inutiles […] un jour à table m'a dit : « mais reprends un peu de nourriture parce que ton travail te prend beaucoup de forces ». Ce qui désignait si étrangement, si joliment c'était écrire, lui qui n'a jamais écrit une ligne. […] L'écriture a cette double forme de livre lu et de page remplie. […] L'écriture habitait 5 Laure Adler reçoit Christian Bobin, poète et écrivain, Hors-champs du 22-04-2013, France Culture, Radio France.

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dans le logement où on étaient6.

Dopo gli studi in filosofia svolge numerosi lavori sempre nei dintorni di Le Creusot, cittadina che non ha mai lasciato, dove vive e scrive attualmente.

Christian Bobin è uno scrittore molto prolifico, dall'anno della sua prima pubblicazione, il 1977, ha all'attivo una cinquantina di testi.

Come è possibile vedere dall'elenco completo delle opere originali di seguito proposto, egli è stato pubblicato principalmente da case editrici lontane dai grandi numeri dei colossi del settore (Fata Morgana), che puntano l'attenzione sulla lingua, su scelte editoriali particolari (Le temps qu'il fait), su un prodotto libro molto curato anche dal punto di vista grafico (Brandes) e che pubblicano solitamente autori contemporanei portatori di un pensiero personale e filosofico espresso mediante una lingua ricca e particolare (Lettres vives). Dopo il successo dovuto alla pubblicazione di Le très-bas, il colosso Gallimard si è interessato a tutta la produzione letteraria di Christian Bobin e ora è possibile trovare quasi tutti i suoi titoli nella collana Folio.

Lettre pourpre, éditions Brandes 1977 Le feu des chambres, éditions Brandes 1978 Le baiser de marbre noir, éditions Brandes 1984 Souveraineté du vide, Fata Morgana 1985 L'homme du désastre, Fata Morgana 1986

Le huitième jour de la semaine. Lettres Vives 1986

Ce que disait l'homme qui n'amait pas les oiseaux, éditions Brandes 1986 Dame, Roi, Valet, éditions Brandes 1987

Lettres d'or, Fata Morgana 1987

L'enchantement simple, Lettres Vives 1989 La part manquante, Gallimard 1989

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Éloge du rien, Fata Morgana 1990 Le colporteur, Fata Morgana 1990 La vie passante, Fata Morgana 1990 La femme à venir, Gallimard 1990 L'autre visage, Lettres Vives 1991 Une petite robe de fête, Gallimard 1991

Le Très-bas, Gallimard 1992 (Prix de deux Magots 1993, Grand prix catholique de littérature 1993)

Un livre inutile, Fata Morgana 1992 Isabelle Bruges, Le temps qu'il fait 1992 Cœur de neige, Théodore Balmoral 1993 L'éloignement du monde, Lettres Vives 1993 L'inespérée, Gallimard 1994

L'épuisement, Le temps qu'il fait 1994

Quelques jours avec elles, Le temps qu'il fait 1994 L'homme qui marche, Le temps qu'il fait 1995 La folle allure, Gallimard 1995

Bon à rien, comme sa mère, Lettres Vives 1995 Clémence Grenouille, Le temps qu'il fait 1996

Donne-moi quelque chose qui ne meure pas, Gallimard 1996

Gaël Premier, Roi d'Abime et de Mornelongue, Le temps qu'il fait 1996 La plus que vive, Gallimard 1996

Le jour ou Franklin mangea le soleil, Le temps qu'il fait 1996 Une conférence d'Hélène Cassicadou, Le temps qu'il fait 1996 Autoportrait au radiateur, Gallimard 1997

Mozart et la pluie suivi de Un désordre de pétales rouges, Lettres Vives 1997 Geai, Gallimard 1998

L'équilibriste, Le temps qu'il fait 1998 La présence pure, Le temps qu'il fait 1999

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Ressusciter, Gallimard 2001

L'enchantement simple et autres textes, Gallimard 2001 La lumière du monde, Gallimard 2001

Paroles pour un adieu, Albin Michel 2001 Le Christ au coquelicots, Lettres Vives 2002 Louise Amour, Gallimard 2004

Prisonnier au berceau, Mercure de France 2005 Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives 2006 La Dame Blanche, Gallimard 2007

Les ruines du ciel, Gallimard 2009 (Prix du livre de spiritualité Panorame La Procure) Carnet du soleil, Lettres Vives 2011

Éclat du Solitaire, Fata Morgana 2011

Un assassin blanc comme la neige, Gallimard 2011 L' homme-joie, L'Iconoclaste 2012

La grande vie, Gallimard 2014

Guardando l'elenco proposto di seguito ci si accorge che solo la metà circa dei testi di Bobin è stata tradotta in italiano e principalmente da case editrici di orientamento religioso (San Paolo edizioni, Servitium, Qiqajon, Gribaudi) o “etico-sociale” (Città Aperta). Questo tipo di scelta editoriale, in un Paese come l'Italia, ha contribuito notevolmente alla definizione di Bobin quale scrittore cattolico o, in ogni caso, legato al pensiero religioso. Per ovvie ragioni storiche e culturali infatti, il solo accenno alla spiritualità in Italia viene percepito come l'espressione di un'appartenenza religiosa. Nel paragrafo successivo questo argomento sarà trattato più ampiamente.

L'uomo che cammina, Qiqajon 1998 [ a cura di G. Dotti ] titolo originale L'homme qui marche

Autoritratto. Un libro da scrivere per dire chi siete a quelli che amate, San Paolo Edizioni 1999 titolo originale Autoportrait au radiateur

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Geai, San Paolo Edizioni 2000 [ ] titolo originale Geai

Presenze, Perosini 2000 [G. Dotti ] titolo originale La présence pure

La donna che sarà, Archinto 2001 [ A. Morpurgo ] titolo originale La femme à venir Resuscitare, Gribaudi 2003 [ L. Majocchi ] titolo originale Ressusciter

Il distacco dal mondo, Servitium 2005 [ a cura di E. D'Agostini ] titolo originale L'éloignement du monde

L'equilibrista testo francese a fronte, Servitium 2005 [ a cura di E. D'Agostini ] titolo originale L'équilibriste

Consumazione. Un temporale, Città Aperta 2006 [ E. D'Agostini ] Consumazione. Un temporale, Servitium 2006 [ E. D'Agostini ]

La luce del mondo, Gribaudi 2006 titolo originale La lumière du monde L'amore è proprio una piccola cosa, Gribaudi 2007

La parte mancante, Città Aperta 2007 [ a cura di S. Patriarca ] titolo originale La part manquante

La parte mancante, Servitium 2007 [ a cura di S. Patriarca ] titolo originale La part manquante

L'ottavo giorno della settimana, Servitium 2008 [ E. D'Agostini ] titolo originale Le huitième jour de la semaine

Mille candele danzanti, Camelozampa 2008 [ S. Saorin ] titolo originale Une petite robe de fête

Elogio del nulla edizione francese a fronte, Servitium 2010 [ F. Francucci, a cura di M. Bertin ] titolo originale Éloge du rien

L'altra faccia, Servitium 2010 [ a cura di E. D'Agostini ] titolo originale L'autre visage Più viva che mai. Una storia d'amore dura per sempre, San Paolo Edizioni 2010 [ B. Pistocchi ] titolo originale La plus que vive

Francesco e l'infinitamente piccolo, San Paolo Edizioni 2011 [ G. Troisi Spagnoli ] titolo originale Le Très-bas

Autoritratto al radiatore, AnimaMundi Edizioni 2012 [ V. Pignatta] titolo originale Autoportrait au radiateur

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bibliothèque de nuages

Cristo come i papaveri, Silvia 2013 [ M. Fumagalli ] titolo originale Le Christ au coquelicots

Folli i miei passi, Socrates 2013 [ M. Cavalleri] titolo originale La folle allure Louise Amour, Camelozampa 2014 [ S. Saorin ] titolo originale Louise Amour Sovranità del vuoto, AnimaMundi Edizioni 2014 [ M. Cavalleri ] titolo originale Souveraineté du vide

Come sempre accade quando si deve cercare di descrivere una materia in divenire, parlare dell'opera di Chirstian Bobin in relazione al panorama letterario francese contemporaneo si rivela compito arduo aggravato dalle particolarità della sua scrittura la quale non presenta tratti che permettano di ricondurla ad un preciso movimento o corrente, o anche, semplicemente, che aiutino a incasellarla in un genere. Dominique Viart la “racchiude” nel minimalismo di «temi derisori, una poetica tenue, una forma breve e un'assenza radicale di distanza critica»7. Sotto tale insegna si trova, secondo il critico, chi oppone «alle deflagrazioni del mondo e alle violenze sociali un ripiegamento sui piccoli sapori del quotidiano»8. Bobin in particolare, sempre secondo Viart, celebra «la luce, i sentimenti immediati e la meraviglia di fronte al mondo»9. I temi che percorrono la sua abbondante produzione letteraria e che è possibile ritrovare anche all'interno di L'homme-joie, trattano dello stupore e dell'interesse suscitato dall'“infinitamente piccolo” e apparentemente senza valore, del vuoto che provoca la perdita di una persona cara, e della spiritualità, che è una cosa diversa dalla religiosità. Bobin si dedica anche alla biografia fittizia con Le très-bas e La dame blanche dedicati rispettivamente a San Francesco d'Assisi e Emily Dickinson. Con la sua scrittura frammentaria, quasi diaristica e le sue annotazioni brevi, egli ritrae due personaggi che rappresentano sia l'interesse per ciò che in apparenza è piccolo e minimo, ma che

7 D. Viart, Romanzo ludico e minimalismo: variazioni e paradossi, in Gianfranco Rubino (a cura di), Il

romanzo francese contemporaneo, Roma – Bari, Laterza, 2012, pp. 29 - 30.

8 Ibidem. 9 Ibidem.

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racchiude l'infinitamente grande, sia lo sguardo di chi sembra non vivere perché non partecipe della vita comune alla luce del sole, ma che in realtà è molto più vivo di tanti altri in quanto « on ne connaît jamais mieux une chose que par son manque »10. La vita di San Francesco viene tratteggiata mettendo in risalto ciò che le Scritture non dicono. Parlando della sua infanzia e avvicinandolo al lettore dolcemente, pacatamente. Bobin sembra aver trovato, nella figura del Santo, l'esempio che conduce all'amore mediante la sottrazione (tema che ricorre anche ne L'Irresistible, uno dei testi de L'homme-joie). Anche la vita spettacolarmente invisibile della poetessa americana Emily Dickinson viene raccontata con delicatezza e rispetto come è costume di Bobin. Egli la frammenta e la ripropone in sequenze che affiorano come ricordi e per le quali la linea temporale non ha più importanza. Si mette nei suoi panni e ne descrive la vita come la percepisce.

Christian Bobin ha conosciuto la notorietà proprio con Le très-bas, testo che gli è valso il Grand prix catholique de littérature nel 1993 e che lo ha fatto conoscere anche in Italia come scrittore “cattolico”, basti pensare che la prima pubblicazione italiana, del 1998, è della casa editrice Qiqajon di orientamento religioso come la maggior parte degli editori che lo pubblicano in Italia (San Paolo edizioni, Servitium, Gribaudi). Leggendo Bobin più attentamente e ascoltando le sue parole nelle numerose interviste rilasciate ad altrettante emissioni televisive e radiofoniche francesi, ci si rende conto però che imporre un'etichetta così specifica significa rischiare di veicolare un messaggio diverso rispetto a quello che in realtà è racchiuso nei suoi testi. Bobin cita molte volte Dio ne L'homme-joie e nei suoi libri in generale, ma non si tratta mai dello stesso Dio delle istituzioni religiose o di quello del catechismo. Il dio di Bobin è come tutti i suoi personaggi, intimo, piccolo, vicino, umano. In un'intervista rilasciata alla Librairie La Galerne di Le Havre, parlando del suo ultimo libro, La grande vie (Gallimard 2014), dice « ce que je cherche c'est l'humain, et le divin c'est la fleur de l'humain, c'est l'humain à l’extrême. Et aujourd'hui c'est très, très, très rare l'humain »11. Sarebbe riduttivo limitarsi a vedere il religioso nelle sue opere. Ciò di cui parla – e anche in 10 Ch. Bobin, La Dame Blanche, Paris, Gallimard, 2007, p. 17.

11 Rencontre avec Christian Bobin à la Librairie La Galerne pour la parution de La Grande vie, 15 mars 2014. <https://www.youtube.com/watch?v=e4kx0JLyBrQ&list=UUEE0tpqZuidak_pG1M5m4Iw> (4:23).

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questo caso egli tratta il particolare per rivolgersi al generale – è la spiritualità: qualcosa di più intimo della religiosità e, allo stesso tempo, condiviso da tutti e di cui egli ci dà la sua particolarissima visione, come avviene in risposta ad una domanda di Laure Adler nel corso di un'intervista rilasciata durante la trasmissione radiofonica Hors-champs su France Culture.

La spiritualité c'est le plus grand plaisir possible dans cette vie. C'est-à-dire, ce n'est pas une chose ni de contrainte ni d’austérité. Quel plaisir plus grand que de trouver son nom et le nom de ceux qu'on aime écrit à l'intérieur du labyrinthe d'une rose, par exemple, quand vous la regardez bien, attentivement. Ou quel plus grand plaisir de voir le ride au coin d'un visage aimé souligner toute une histoire passée et au bout du compte heureuse, même si déchirée. La spiritualité c'est la pointe, la crête, la fleur du sel de cette vie, rien de religieux12.

Bobin ricerca, o meglio trova, la spiritualità nel profumo dei fiori, tra le pagine di certi libri, nel blu del cielo e sopra un marciapiede screpolato. In lui non c'è traccia del dogmatismo dei teologi, la spiritualità che traspare dalle sue opere non è altro che lo stupore per tutto ciò che lo circonda in quanto « le spirituel est mêlé comme le souffle est mêlé à nos paroles, à nos gestes, à notre vie la plus quotidienne »13. In un'intervista rilasciata a un quotidiano italiano egli chiarisce il suo pensiero a proposito di questo argomento.

Occorre un’estrema precisione per parlare del Cielo. E quando parlo del Cielo faccio solo allusione al meglio della vita terrestre. Ho una prudenza crescente nell’impiegare parole spirituali, religiose, di Dio, essendo parole che possono subito pure suscitare malintesi. Temo davvero d’impiegare parole troppo pesanti e al contempo non posso privarmi di un’allusione allo Spirito, perché credo sia il fiore stesso della vita, il sangue del nostro sangue. Ma cerco di rendere la sua eterna dimensione selvatica, imprevedibile, senza uniformi, persino capace di disturbarci. Quanto ai mistici e alle mistiche, non vedo quasi separazioni fra loro e i poeti. Ciò che non fa rumore ha in sé un’energia atomica e solare14.

12 Laure Adler reçoit Christian Bobin, poète et écrivain, Hors-champs du 22 avril 2013, France Culture, Radio France

<http://www.franceculture.fr/emission-hors-champs-christian-bobin-2013-04-22> (38:04).

13 Rencontre avec Christian Bobin à Les Racines du Ciel, émission du 3 novembre 2009, par Frédéric Lenoir et Leili Anvar, France Culture, Radio France

<http://www.youtube.com/watch?v=P95AbfOkvGA> (25:15).

14 Intervista di Daniele Zappalà a Christian Bobin (30.04.2013) per Avvenire <http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/bobin-scrivere-e-resuscitare.aspx>.

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Christian Bobin colpisce a più livelli, tocca i vari strati del vissuto personale di ogni suo lettore. Un primo livello riguarda la bellezza della prosa. Facendo un paragone con la musica si può dire che esso è la melodia subito riconoscibile e che rimane più facilmente in memoria, quella del primo violino nella musica da camera o della sezione dei violini di una grande orchestra, per intenderci. Un secondo livello è il controcanto, l'attacco delle viole e dei fiati, è qualcosa che durante la lettura, come durante l'ascolto, sostiene la melodia principale, la circonda e la completa. Questo è tutto ciò che la scrittura di Bobin evoca e smuove nell'immaginario di chi legge. E in ultimo c'è il basso continuo: i violoncelli, i contrabbassi e gli ottoni dai timbri più gravi, una sezione spesso sottovalutata da chi ascolta superficialmente e non si rende conto che in assenza di tale sezione l'impalcatura stessa della melodia crolla. Il basso continuo nella scrittura di Bobin è ciò che chi lo definisce semplicemente come scrittore “cattolico” non riesce ad ascoltare, non percepisce e non apprezza. È una profondità nella quale tutto ciò di cui Bobin parla non è mai solo la cosa in sé. Se scrive del dolore per la morte di una persona cara non si tratta solo di dolore, ma di annientamento che annulla l'essere («Nous recevons la nouvelle de la disparition d'un être aimé comme l'enfoncement d'un poing de marbre dans notre poitrine. Pendant quelques mois nous avons le souffle coupé. Le choc nous a fait reculer d'un pas. Nous ne sommes plus dans le monde. Nous le regardons»15) ; se scrive dell'amore non è solo l'amore che fa la sua comparsa sulla pagina, è un'esplosione di sentimento che coinvolge tutta l'esistenza.

La scrittura di Christian Bobin apparentemente potrebbe fare parte del grande insieme denominato poème en prose, ma se si tiene presente l'analisi fatta da Suzanne Bernard ne Le poème en prose de Baudelaire à nos jours16, ci si accorge che

l'appartenenza non va oltre la facciata formale e l'opera di Bobin si discosta da ogni volontà puramente poetica. Bobin non esprime la volontà conscia di creare un tutto poetico rompendo gli schemi formali della poesia, lui stesso dice che « Un livre est comparable à un moineau qui vient battre des ailes devant la fenêtre. Écrire est le geste

15 Ch. Bobin, L'homme-joie, Paris, L'iconoclaste, 2012, p.61.

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assez simple d'ouvrir la fenêtre » (vedi allegato). Infatti, a differenza di una poesia in versi subito riconoscibile, il poema in prosa non è altrettanto immediatamente distinguibile dagli altri generi letterari e si corre il rischio di considerare tale qualsiasi pagina che sia un po' poetica. Ma visto che, in fondo, stabilire se uno scritto è un poema in prosa è una questione individuale e, per dirla con Guy Lauvaud, « le poème en prose ne se définit pas, il existe »17, come fare? Innanzi tutto, suggerisce Bernard, data l'esistenza del poema in prosa, tanto vale ricercarne i caratteri, le strutture e le tendenze. Come prima cosa bisogna dire che il poema in prosa differisce dalla poesia, oltre che, come già detto, per l'evidente mancanza di rime, anche per l'utilizzo di parole ordinare, quasi comuni, che si elevano all'interno del testo perché caricate di un significato ulteriore. Di qui la volontà di dissociare l'idea di forma dall'idea di essenza liberando la poesia da qualsiasi forma stabilita a priori e sottolineando che il potere evocativo della parola risulta indipendente dalla musicalità del verso poetico. Il poema in prosa vuole andare al di là del linguaggio, ma per farlo si serve del linguaggio stesso, vuole liberarsi dal giogo delle strutture, ma ne crea di nuove, vuole rompere ogni forma, ma ne crea altre, dimostrando che in fondo si tratta solo di cambiamenti e non di distruzioni o ricostruzioni. In ultimo non si propone altro fine al di là di sé stesso e, se utilizza elementi narrativi o descrittivi, lo fa solo con lo scopo di superarli e immetterli in un insieme poetico. Si potrebbe dire che la vicinanza dell'opera di Bobin ai caratteri del poema in prosa sta nel risultato poetico che raggiunge la sua scrittura e non in una volontà a priori di ottenerlo come unico fine dell'opera stessa.

17 Guy Lavaud in risposta a una domanda di L. de Gonzague Frick, Girandes, éditions du Carnet Critique, 1919 in S. Bernard, Le poème en prose de Baudelaire à nos jours, Paris, Nizet, 1959, p. 12.

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II.

Struttura interna e organizzazione del testo

L'homme-joie è composto da una raccolta di diciassette testi di lunghezza variabile quasi tutti preceduti dalla riproduzione di una frase (dodici in totale più una stampata in quarta di copertina) scritta a mano dall'autore stesso e che le Éditions L'Iconoclaste hanno riprodotto con molta cura e attenzione. Il testo centrale, intitolato Un carnet bleu, è anch'esso riproduzione di un manoscritto dell'autore, blu non solo nel titolo, ma anche nel colore delle pagine del volume.

Un primo livello di lettura, il più immediato, consiste nel prendere in considerazione i testi singolarmente come se fossero riflessioni a sé stanti riguardanti gli argomenti più disparati. Terminata una prima lettura di questo tipo la struttura del macrotesto si palesa al lettore che sarà naturalmente portato a ritornare sui propri passi rileggendo il tutto con uno sguardo meno particolare e rivolto all'insieme dell'opera nella sua molteplice costituzione. In quest'ottica è stata effettuata l'analisi che viene di seguito proposta. Per quanto riguarda le frasi manoscritte, invece, esse appaiono come una pausa, o meglio un respiro all'interno del volume, uno stacco necessario per passare da un testo all'altro. Mantenendo il paragone con la musica si può dire che esse sono come le pause, il silenzio (che non è mai soltanto assenza di suoni) tra una nota e l'altra all'interno di una partitura: hanno la stessa importanza delle note e senza di esse il brano non esisterebbe.

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Com'è possibile vedere dalle righe riportate qui sotto, il primo testo, L'homme-joie, funge da presentazione delle intenzioni dell'autore ed espone la materia che emergerà dall'insieme del volume.

Je n'aime que les livres dont les pages sont imbibées de ciel bleu – de ce bleu qui a fait l'épreuve de la mort. Si mes phrases sourient c'est parce qu'elles sortent du noir. J'ai passé ma vie à lutter contre la persuasive mélancolie. Mon sourire me coûte une fortune. Le bleu du ciel, c'est comme si une pièce d'or tombait de votre poche et qu'en l'écrivant je vous la rendais. Ce bleu en majesté dirait la fin définitive du désespoir et ferait monter les larmes aux yeux. Vous comprenez ?18

Con queste parole Bobin ci prepara nell'attesa di ciò che incontreremo leggendo via via tutti i testi del suo libro. Ma non ci abbandona subito dopo l'esposizione del tema, la sua voce è presente costantemente e ci accompagna nel passaggio lineare da un testo all'altro.

L'uso del pronome personale alla prima persona singolare je, molto frequente all'interno del volume, porta naturalmente a sovrapporre il narratore allo scrittore. Neanche per un momento ci si pone il dubbio che chi parla possa non essere Bobin, anche quando si “assenta” per dare voce a qualcun altro, come si vede ne L'irrésistible, il quarto testo, dove per breve tempo prende la parola Glenn Gould19 e si rivolge direttamente al suo pubblico. In questo caso, però, non è il Glenn Gould personaggio che parla, è Bobin che diventa Gould, che fa da tramite per far giungere fino a noi la voce del pianista. Bobin diventa Gould ne L'irresistible e, per lo stesso processo, diventa uno dei marinai intenti a lottare con la potenza irrefrenabile delle acque nel racconto di Joseph Conrad di cui ci parla ne La gueule du lion, ottavo testo de L'homme-joie. Il passaggio da voce narrante a personaggio narrato avviene in modo naturale e nello stesso modo naturale e fluido avviene anche la sovrapposizione del pronome on al pronome je come a dimostrare che l'argomento trattato nel testo riguarda sì l'autore e il suo universo mentale ed esistenziale, ma anche l'insieme dei suoi lettori

18 Ch. Bobin, L'homme-joie, Paris, L'iconoclaste, 2012, p. 17.

19 Glenn Herbert Gould (25 settembre 1932 – 4 ottobre 1982) è stato un pianista, clavicembalista, organista e compositore canadese di tecnica e sensibilità eccezionali. La sua interpretazione dei classici della musica e del repertorio pianistico del XX secolo lo hanno reso uno tra i più grandi pianisti di tutti i tempi. Nel 1964 si ritirò dalle scene dedicandosi unicamente alle registrazioni delle sue interpretazioni.

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che sono una molteplicità, a volte presa singolarmente, a cui Bobin si unisce seguendo la sua caratteristica di parlare del particolare per riferirsi all'universale. Anche il lettore entra nei testi di Bobin, sia perché sempre chiamato in causa dall'autore che si rivolge costantemente a chi lo legge, sia come parte attiva del testo, come avviene ne L'irrresistible. Alla fine del brano infatti il lettore diventa attore della narrazione ascoltando le audiocassette di Glenn Gould, andando a prendere i figli a scuola, apprezzando la musica del pianista nel momento in cui essa scompare. In questo brano, che è anche il più lungo di tutto il libro (come si vedrà nell'analisi proposta), non c'è confine tra voce narrante e personaggio narrato, lettore e pubblico, si scivola tra l'uno e l'altro senza bruschi stacchi.

Il secondo testo, C'est Maria, tratta dell'incontro dell'autore con due bambini gitani ad Avignone. Al di là del semplice racconto di un episodio biografico, reale o meno, ciò di cui parla il testo, e che funge da aggancio per quello successivo, è la raffigurazione dell'inafferrabilità di un sapere che « les gitans, les chats errants et les roses trémières savent […] [et] que nous ne savons plus »20. I gitani, i bambini, gli animali popolano i testi de L'homme-joie e sembrano essere gli unici in grado di cogliere l'eterno e l'inafferrabile, come avviene nel terzo testo. Soulages è l'espressione di sensazioni provate, o anche solo sfiorate, alla visione della collezione permanente delle opere di Pierre Soulages21 esposte al Musée Fabre di Montpellier. « Ce qu'on voit nous change. Ce qu'on voit nous révèle, nous baptise, nous donne notre vrai nom. Je suis un enfant dans une buanderie, devant des draps noirs mis à sécher sur une corde »22. Christian Bobin ritorna bambino davanti all'opera di Soulages e così facendo riacquista la capacità di vedere realmente, proprio come fanno i bambini, senza i filtri dell'età, della cultura, della società. Senza bisogno di spiegazioni in quanto, come egli stesso afferma e si può leggere nel testo citato, le spiegazioni non chiariscono mai.

20 Ch. Bobin, L'homme-joie, Paris, L'iconoclaste, 2012, p. 26.

21 Pierre Soulages, pittore e incisore francese nato il 24 dicembre 1919 a Rodez. Conosciuto soprattutto per la serie “Peintures”, 1500 quadri nei quali egli studia il colore nero in tutte le sue declinazioni, è attualmente uno dei più gradi pittori contemporanei e uno dei maggiori esponenti della pittura informale. 22 Ch. Bobin, L'homme-joie, Paris, L'iconoclaste, 2012, p. 32.

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Le soir une femme me dit que son enfant aime Soulages depuis qu'il a trois ans et qu'elle ne sait pas pourquoi. À peine plus âgé, Soulages peint tout de noir un paysage sous la neige. Je comprends l'enfant qui est devant moi, je comprends celui qu'a été Soulages, et je ne peux rien expliquer. Expliquer n'éclaire jamais23.

Nel quarto testo il “protagonista” è, come già detto in precedenza, Glenn Gould o meglio la sua assenza. È il testo più lungo di tutto il volume e si articola in cinque paragrafi nei quali Bobin ci propone una sorta di percorso di allontanamento dal musicista fino a giungere a un'assenza totale che è più della semplice mancanza di qualcosa, è quella che spesso viene chiamata pienezza del vuoto. Il percorso attraverso il quale Bobin ci accompagna segue quello di Glenn Gould. Nel primo paragrafo parla dell'abbandono delle scene alla fine degli anni Sessanta, « depuis sa mort il vit au Canada »24. In questo caso la morte che Bobin nomina non è la morte in sé, ma l'assenza dalle scene, la morte della vita pubblica del pianista per così dire. Nel secondo paragrafo, da cui è estratta la citazione seguente, l'autore diventa tramite attraverso il quale la voce di Glenn Gould ci spiega le motivazioni di tale scelta.

Très jeune il dit j’arrête, j'ai affaire ailleurs, j'ai affaire avec le givre, je vous demande de m'excuser, de ne pas trop m'en vouloir, j'ai rendez-vous au Canada avec la musique, avec la solitude de la musique, avec la solitude de la solitude. Je vous laisse. C'est mon intérêt de vous laisser et c'est aussi le vôtre. Vous m'aimez. Vous me dites que vous m'aimez mais vous ne savez trop ce que vous dites. Vous m'aimez trop. Vous voulez plutôt m'enfermer là où je suis, là où vous êtes, entre les murs de piano noir, de fauteuils rouges, bien au chaud avec vous. Je préfère le froid à cette chaleur25.

In seguito rimane l'ascolto delle registrazioni che nel tempo si logorano e rendono sempre più flebile la musica che arriverà alla sua essenza con la sua assenza, « cette musique sans musique »26. Glenn Gould accompagna il suo pubblico in ogni momento della giornata, in casa, in auto mentre riaccompagna a casa i figli dopo la scuola. Ed ecco che ritornano i bambini che con il loro chiacchiericcio non sovrastano la musica, anzi, l'assumono, se ne appropriano e la portano via con loro una volta scesi dall'auto.

23 Ibidem, p. 34. 24 Ibidem, p. 41. 25 Ibidem, p. 43. 26 Ibidem, p. 52.

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Puis l'enfant descend de la voiture, et Bach avec l'enfant, et Gould avec Bach. Un jour passe et d'autres jours encore. Dans la maison désormais silencieuse vous écoutez le jeune homme au sommet de son art, Bach sans Bach, Gould sans Gould, vous écoutez sans rien en perdre cette musique sans cassettes, sans aspirateur et sans piano, cette musique sans musique, ce chant sublime de la vie faible, de la vie pauvre, contrariée, absente, – irrésistible27.

La mancanza è presente anche nel quinto testo, Un prince. In queste poche pagine Bobin parla dell'assenza di una persona amata (tema che ricorre spesso in tutta la sua produzione letteraria) e dello sconvolgimento che questa perdita provoca nel cuore sensibile di chi cerca di sopravvivere al dolore. Lo fa con un paragone che esprime perfettamente le sensazioni provate nel momento in cui si apprende la notizia della perdita di un prossimo.

Nous recevons la nouvelle de la disparition d'un être aimé comme l'enfoncement d'un poing de marbre dans notre poitrine. Pendant quelque mois nous avons le souffle coupé. Le choc nous a fait reculer d'un pas. Nous ne sommes plus dans le monde. Nous le regardons28.

Dopo un primo momento in cui il dolore soffoca e crea un limbo di sofferenza nel quale si continua, proprio malgrado, a vivere, i ricordi cominciano a farsi largo nell'animo ferito. Un carnet bleu è proprio questo, un piccolo gioiello manoscritto racchiuso nella parte centrale del volume, che le Éditions L'Iconoclaste hanno accentuato visivamente stampandolo su pagine di carta blu, con il quale Bobin dà voce a tutto il suo amore per Ghislaine, morta di aneurisma cerebrale a soli 44 anni e a lui molto vicina.

In questo testo il pubblico a cui Bobin si è rivolto costantemente fino a quel momento, e a cui si rivolgerà nuovamente in seguito, si fa rispettosamente da parte e ascolta in silenzio la voce dell'autore rivolgersi direttamente a colei che non c'è più. In Un carnet bleu i sentimenti si manifestano agli occhi di chi legge per come sono, nudi e vulnerabili davanti al vuoto della perdita.

Tu comprendrais alors. Tu comprendrais que dans chacun de ces mots, sur chacune de ces 27 Ibidem, p. 52.

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pages, il n'aurait été question que de toi, que de cette merveilleuse coïncidence entre toi et l'amour que j'ai de toi. Entre toi et ces mots qui sont les miens pour te dire. Entre toi et ces mots conçus dans la nuit, engendrés par ce désordre qui suit ton entrée dans mon âme et qui la pacifie29.

Ma Un carnet bleu è anche il punto centrale di tutto il libro, il climax in cui il blu che permea tutto il volume raggiunge il suo massimo. L'homme-joie inizia con un'immagine intrisa di blu e termina con parole rivolte a quello stesso blu del cielo che cambia in continuazione, ma rimane sempre lo stesso, in fondo. Nella teoria dei colori il blu (o meglio il ciano) è uno dei tre colori primari, uno dei tre pilastri fondamentali alla costruzione di tutto lo spettro cromatico, uno dei tre colori non producibili dalla mescola degli altri. Ma il blu di Bobin non ha nulla a che fare con la teoria dei colori o con la definizione della loro percezione emotiva. Il blu di Bobin è il blu del cielo visto attraverso la finestra del suo studio o dal centro di un prato, quello stesso cielo che « est venu manger dans ma main »30 e che è presente in quasi tutti i testi de L'homme-joie. Il blu di Christian Bobin arriva da chissà dove nel primo testo, viene vissuto in prima persona nel Carnet Bleu e passa oltre, diventanto un dono, nell'ultima riga del libro.

Ne Le laurier-rose, il settimo testo, l'autore parla sempre della perdita della persona amata, ma l'elaborazione del dolore sta procedendo nel suo percorso e la via per superarlo viene dettata da Corneille31. Leggendo Suréna Bobin riesce a trovare l'espressione de « l'inépuisable douleur de vivre »32, ma trova anche un riparo al dolore che provoca la vita, vita che, come dice lui stesso alla trasmissione La grande librairire,

29 Ibidem, pp.70 - 72. 30 Ibidem, p. 14.

31 Pierre Corneille (Rouen 1606, Parigi 1684) drammaturgo tra i più importanti del Classicismo francese. La sua produzione non è unitaria in quanto si occupò di numerosi generi tra cui la commedia, la tragicommedia e la tragedia. La sua prima commedia, Mélite, è datata 1629, ma fu con Le Cid, nel 1637, che acquistò la gloria. Molta importanza nel mantenere viva l'attenzione sull'opera ebbe la querelle du

Cid che portò L'Académie française a stabilire che l'opera non rispettava né le regole di unità né le bienséances.

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« c'est un miracle qui coûte »33. Il verso di Suréna34 citato nel testo racchiude l'essenza stessa di ciò che significa vivere secondo Bobin.

« toujours aimer, toujours souffrir, toujours mourir »35. Ce cri m'épouvante et me comble. Une

paix m'arrive par ce hurlement. Il est tard. Cela fait deux fois de suite que je lis Suréna.

On peut traverser la mort à gué avec un seul poème en poche. Lire, écrire, aimer, sainte trilogie. Le poème, un cercle de silence aux pierres brûlantes. Le monde, un froid qui gagne jusqu'aux étoiles36.

La poesia e la letteratura costituiscono una via per superare il dolore, ma sono anche refrigerio spirituale, una pausa nella quale l'anima si disseta come si può ben vedere dalle prime righe dell'ottavo testo, La gueule du lion.

Mon idéal de vie c'est un livre et mon idéal de livre c'est une eau glacée comme celle qui sortait de la gueule du lion d'une fontaine sur une route du Jura, un été37.

In questo brano l'autore ci rende partecipi del suo vivere in prima persona ciò che legge. È salpato assieme all'equipaggio del capitano MacWhirr, protagonista di Tifone di Joseph Conrad, e rotola nella stiva della nave a vapore Nan-Shan assieme ai coolies cinesi diretti verso casa. Ciò che ci trasmette Bobin è l'espressione di una letteratura assaporata come un sorso di acqua gelata capace di svegliarci dal torpore quotidiano. Le sue parole a proposito dell'essenza di ogni libro sono espressione poetica di quanto ha sempre affermato riguardo l'importanza della letteratura: « un livre est voyant ou il n'est rien. Son travail est d'allumer la lumière dans les palais de nos cerveaux déserts »38.

Il risveglio e il cambio di prospettiva sul quotidiano avvengono anche in Des yeux d'or, nono testo, nel quale gli “occhi d'oro” che Bobin acquisisce per qualche 33 François Busnel rencontre Christian Bobin, Alexandre Jollien et Daniel Cohen, La grande

librairie émission du 11 octobre 2012, France 5

< http://www.youtube.com/watch?v=FGdmfxeMHls > (16:11).

34 Suréna è l'ultima tragedia di Pierre Corneille (1674). Tratta dell'amore impossibile tra Suréna (generale dei Parti) e Eurydice. Esso è ostacolato da necessità politiche in quanto Suréna viene promesso a Mandane, figlia del re dei Parti.

35 Suréna I,3.

36 Ch. Bobin, L'homme-joie, Paris, L'iconoclaste, 2012, p. 85 - 86. 37 Ibidem, p. 93.

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momento gli permettono la visione di “ben due miracoli” prima delle due del pomeriggio. Ciò di cui parla in queste righe altro non è che la possibilità, che capita raramente e che spesso non siamo in grado di cogliere, di vedere il mondo che ci circonda sotto un'altra luce, da un'altra angolazione e da una nuova prospettiva. Questi sono “gli occhi d'oro” che rendono possibile a Bobin la visione non semplicemente di un cavallo e di fiori sul tavolo, ma di ben due « émerveillements ».

Deux choses importantes sont arrivées aujourd'hui. J'ai tout de suite su qu'il n'y en aurait pas d'autres. À deux heures de l'après-midi c'était plié. Deux émerveillements c'est beaucoup pour un seul jour, non ?39

Ma, come si legge dalle ultime righe del brano qui sotto riportate, la possibilità di vedere veramente dura solo qualche minuto, poi ritornano gli occhi di carne, gli occhi normali che restituiscono uno sguardo normale sulla vita normale.

Des yeux d'or poussent sous mes paupières. Je regarde à travers eux, très vite, ça ne dure pas. Le cheval redevient cheval et la fleur fleur. Les yeux d'or se fanent ou me sont enlevés – comme on enlève les yeux de billes de la tête d'un baigneur. Reviennent les yeux de chair et la vie normale. Normale ?40

Ma quanto è normale la vita? Come può essere considerata normale l'arbitrarietà secondo la quale « au même instant, les uns entendent vibrer les abeilles de leur mort à leurs tempes, tandis que les autres savourent d'avoir une éternité devant eux pour lire des choses très douces»41.

Vita Nova, il decimo testo da cui è tratta la citazione precedente, esprime proprio questa domanda, tenendo sempre in considerazione la letteratura che, in questo caso, parla attraverso uno dei suoi padri più illustri. Christian Bobin legge Dante e s'interroga sulla normalità dell'arbitrarietà del dolore cui siamo complici nella nostra non azione. « Nous avançons dans la vie avec des mains rougies de criminel. Le déluge de notre mort les blanchira »42.

39 Ibidem, p. 103. 40 Ibidem, pp. 106 - 107. 41 Ibidem, p. 116. 42 Ibidem, p. 116.

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Le mani sono il collegamento che lega Vita Nova al testo successivo. La main de vie riporta l'attenzione sulla musica, ma come è tipico di Bobin, anche in questo caso non si tratta solamente di vedere, attraverso gli occhi dello scrittore, il Concerto per due violini in Re minore di J. S. Bach tenuto alla Salle Pleyel di Parigi il 24 ottobre del 1958 da Yehudi Menuhin43 e David Ojstrach44, è qualcosa di più profondo. Un paragone tra l'elevatezza di una composizione magistralmente eseguita e l'apparente bassezza di un'operazione quotidiana come quella del lavare i piatti. In questo testo l'autore sembra mettere sullo stesso piano i due musicisti al sommo della loro arte e la figura paterna prima impegnata nelle faccende domestiche e poi nello studio del medico nell'atto di tranquillizzarlo e, in qualche modo, ancorarlo alla vita mediante la sua presenza trasmessa attraverso la mano.

Un jour un médecin s'est trompé, m'a fait pour apaiser les douleurs d'un calcul la mauvaise piqûre : en quelques instants mon visage et ma poitrine se sont couverts d'un rouge tomate et ma tension est tombée à trois. Le médecin pour contrer la réaction d'allergie a brisé une ampoule et mon père m'a tenu la main. J'avais les yeux clos, je n'entendais plus rien. Je ne sentais plus que cette main paternelle. Je me suis fait assez petit pour qu'elle m'abrite tout entier, je me suis réfugié corps et âme en elle. Elle était devenue, cette main un peu lourde à la chair plissée, mon asile, ma certitude, toute ma croyance45.

La figura paterna serve da spunto per parlare, in Trésors vivants, del morbo di Alzheimer (di cui anche il padre di Christian Bobin soffriva e che è l'argomento principale di La présence pure pubblicato nel 1999). In Trésors vivants l'autore tratta con estrema delicatezza di una malattia terribile che riduce chi ne è affetto a uno stato di sospensione, una sorta di pausa, di attesa silenziosa. Sospensione, attesa, Les minutes suspendues, il testo seguente, è proprio una pausa di riflessione all'interno del volume. Una sorta di meditazione cui si intersecano ricordi dell'infanzia e del passato più recente.

43 Yehudi Menhuin (New York City, 22 aprile 1916 – Berlino, 12 marzo 1999) bambino prodigio, fu un famosissimo violinista statunitense. Tra le innumerevoli esibizioni eseguite nell'arco della sua vita fin dalla più tenera età, viene ricordata la prima esecuzione americana del Concerto per violino e orchestra

in re minore WoO 23 (opera postuma) di Schumann che egli eseguì nel 1937 con la Saint Louis

Symphony Orchestra diretta da Vladimir Golschmann.

44 David Fëdorovič Ojstrach, (Odessa, 30 settembre 1908 – Amsterdam, 24 ottobre 1974), è stato un violinista sovietico fra i più grandi interpreti del XX secolo. Suonò con le più importanti orchestre del mondo dirette dai più grandi direttori e si esibì accanto ad artisti del calibro di Mstislav Rostropovič, Svjatoslav Richter.

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È forse il testo più enigmatico di tutto il libro e assieme a quello che lo segue, Mieux qu'un ange, che fa anche da collegamento con il successivo, crea una sosta riflessiva prima degli ultimi testi nei quali l'attenzione viene riportata sulla morte (Le petit charbonnier) e sull'inafferrabile colto solo dai bambini e dai gitani (La restitution). Come si coglie dalle parole riportate in citazione, in Mieux qu'un ange, l'umanità divina del Cristo di Bobin, inutile sottolineare che non si tratta del Cristo delle Scritture, riporta l'attenzione sulla morte e sul dolore.

« Mon dieu, mon dieu, pourquoi m'as-tu abandonné ? » Ce cri qui s'en va exploser contre la gueule de marbre d'un Dieu muet, fait de celui qui le jette notre intime, le plus proche d'entre les proches : nous-mêmes quand la confiance s'en va de nous comme le sang par une veine coupée et que nous continuons à parler amoureusement à ce qui nous tue.

Il faut que la noir s'accentue pour que la première étoile apparaisse46.

La morte e la figura paterna ritornano anche ne Le petit charbonnier. Poche pagine nelle quali Bobin, parlando della morte di un gattino nero, parla in realtà della morte come qualcosa di inevitabile in quanto parte della vita. Un tratto tipico di Bobin, a cui ci si abitua presto, è la capacità di parlare dei sentimenti e degli avvenimenti più dolorosi della vita con la dolcezza di una carezza. Le immagini che crea riescono a rivestire di velluto gli spigoli dolorosi di una perdita (« La vie nous mène à la mort comme une chatte, en les prenant dans sa gueule, mène ses chatons à l'abri »47).

Con La restitution, Bobin ritorna, come detto in precedenza, al tema dell'inafferrabile saisi solo dai bambini e dai gitani. Nel testo una bambina indiana consegna una gonna multicolore a una mendicante gitana che, come Maria e Sorin in C'est Maria, conosce qualcosa che noi non siamo in grado di comprendere. Ma la bambina indiana ne sa ancora di più e, mentre la gitana si allontana con la gonna multicolore, le ultime parole del testo permettono di cogliere quanto il gesto del dono sia carico di significato.

[…] la splendeur de la jupe revient dans la parole de celle qui l'a donnée, dans la ruade de sa parole qui en garde l'essentiel, qui fait plus qu'en garder l'essentiel, qui éternise par ses poèmes 46 Ibidem, p. 155.

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l'aristocratique joie d'avoir restitué le plus précieux à ceux que le monde dépouille48.

L'ultimo testo chiude circolarmente un percorso fatto di riflessioni sulle piccole cose, in apparenza prive di significato importante, di tutti giorni, le cose banali della “vita banale”. Perché l'eterno, l'inafferrabile, insegna Bobin, si può trovare nel profumo di un mazzo di fiori alla finestra, non serve cercare altrove.

Regarde, me disaient les fleurs dont l'odeur retapissait la chambre. Regarde : il n'y a pas de porte, nulle part. Il n'y a que notre parfum, nos couleurs et nos rires. L'autre monde commence par ce rire. L'autre monde est ce rire. Pourquoi chercher ailleurs, autre chose ?49

In Un trousseau de clés l'autore parla dell'inutilità di avere delle risposte in mancanza di domande. Le chiavi che il filosofo, di cui egli stava leggendo i testi, trova in un prato non posso aprire nessuna porta, perché non ci sono porte. Lo dice chiaramente nelle righe qui sotto riportate. Se non ci sono porte da aprire le chiavi sono inutili come quelle dorate di una città, il loro splendore non serve a renderle più funzionali.

Le philosophe était plus qu'estimable. Il avait trouvé un trousseau de clés perdu dans l'herbe. De belles clés en or, larges comme les clés d'une ville et à peu près aussi inutiles : il n'y avait pas de portes. Il n'y en avait jamais eu. Les clés ne servaient à rien – ce qui avait fait lever en moi le grand rire silencieux qu'à présent je partageais avec le bouquet de freesias sur le bord de la fenêtre50.

La filosofia è come una chiave inutile e secondo Bobin soffoca come « ces masques de carton qu'on fait tenir par un élastique contre son visage »51 perché « aucune philosophie au monde n'arrive à la hauteur d'une seule marguerite »52. Di nuovo, perché cercare risposte a domande che non ci sono quando basterebbe guardarsi attorno per soddisfare ogni quesito? Ma solo in apparenza non ci sono porte e non ci sono domande, in realtà per Bobin c'è una grande porta aperta da sempre nel blu del

48 Ibidem, pp. 169 - 170. 49 Ibidem, pp. 178 - 179. 50 Ibidem, p. 177. 51 Ibidem, p. 178. 52 Ibidem, p. 179.

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cielo: è il meraviglioso colto nel momento inaspettato in cui si rivela.

Je regarde le bleu du ciel. Il n'y a pas de porte. Ou bien elle est ouverte depuis toujours. Dans ce bleu j'entends parfois un rire, le même que celui des fleurs : impossible de l'entendre sans aussitôt le partager.

Ce bleu, je le glisse dans ce livre, pour vous53.

L'analisi della struttura del testo proposta in questo capitolo è il frutto di un'attenta lettura del libro, ma naturalmente, si tratta di una visione personale. L'evidenza con cui si è manifestata la struttura alla base di tutta l'analisi è apparsa tale agli occhi di chi scrive. Christian Bobin, in risposta a una serie di domande inviategli e riportate in allegato al presente elaborato, dice chiaramente che non vi è alcuna premeditazione, calcolo o intenzione cosciente nella sua scrittura e nella struttura de L'homme-joie. Il suo unico scopo è quello di suscitare la lettura, mai distratta, di variazioni a un tema unico e in fondo indicibile (vedi allegato). Un po' come fece a suo tempo Bach, sempre presente nel libro, « le grand maître des variations infinies » per usare le parole di Bobin. In fondo ogni lettore percepisce dal libro letto qualcosa di diverso rispetto a ogni altro lettore e rispetto anche alle intenzioni dell'autore, così come avviene per tutte le arti. Gli studi critici e le analisi proposte, in gran parte, altro non sono che l'espressione di queste visioni personali.

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III. Problemi traduttivi

Per quanto riguarda i problemi legati alla traduzione, innanzi tutto è necessario fare una premessa. Le difficoltà riscontrate non sono di tipo lessicale, se non in un numero ristretto di casi che verranno di seguito esaminati. Si tratta, invece, da un lato della resa dell'enorme bagaglio di riferimenti culturali e di sottintesi che un lettore madrelingua francese di livello culturale medio alto è in grado di cogliere più o meno facilmente, e dall'altro della musicalità tipica della prosa di Bobin difficilmente riproducibile in traduzione. Un esempio del primo caso può essere il titolo del secondo testo, Soulages. Non si tratta semplicemente del cognome di uno dei più grandi pittori viventi, ma è anche un rimando limpido e chiaro al verbo soulager (alleviare, alleggerire). Un significato che acquista maggior valore nel testo in cui è inserito nel quale è l'arte di Soulages ad alleviare l'animo dell'osservatore. Un esempio del secondo caso è analizzabile osservando come a pagina 83 Bobin utilizzi la locuzione lumières roses che rimanda musicalmente a lauriers-roses inserito tre righe più su. Nella traduzione questo richiamo viene inevitabilmente perduto in quanto nulla avvicina luci rosa a oleandri.

Nella traduzione proposta la suddivisione in paragrafi dei singoli testi rispetta quella dell'originale.

Per la traduzione del titolo del volume è stato deciso di mantenere, come nell'originale francese, il titolo del primo dei diciassette testi. In questo caso la difficoltà consisteva nel creare o trovare un termine italiano che mantenesse le caratteristiche

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della neoformazione francese. Homme-joie infatti è un termine composto non ancora presente nei dizionari e, si suppone, creato appositamente con la funzione di titolo del libro in questione. Dopo aver analizzato ciò che il termine evoca e richiama alla mente di lettori di madrelingua francese, è stato scelto di esplicitare la neoformazione con la locuzione L'uomo della gioia. Tale scelta è stata fatta anche con lo scopo di mantenere il carattere nominativo del termine. Come si comprende bene dal penultimo paragrafo del primo testo, eliminare tale carattere avrebbe comportato un relativo intervento invasivo, da parte del traduttore, nel paragrafo stesso.

Nous avons, vous et moi, un Roi-Soleil assis sur son trône rouge dans la grande salle de notre cœur. Et parfois, quelques secondes, ce roi, cet homme-joie, descend de son trône et fait quelque pas dans la rue. C'est aussi simple que ça54.

Per quanto riguarda i nomi propri, all'interno del volume vengono citati tredici nomi di persona e otto nomi di luogo. Per la maggior parte di essi è stata mantenuta la grafia originale o, come nel caso del dipartimento francese del Jura o di Bernard-Lhermitte, nominati rispettivamente nei testi La gueule du lion e Les minutes suspendues, è stato scelto di utilizzare le rispettive traduzioni italiane, Giura e Paguro Bernardo. Solo in alcuni casi si è operato trascrivendo i nomi secondo le regole di traslitterazione in italiano. Il nome del violinista russo Давид Федорович Ойстрах, che nell'originale viene scritto Oïstrakh, secondo le regole di traslitterazione in francese, nella traduzione è stato reso con Ojstrach. Analogamente il nome della mistica araba musulmana Rābi a al- Adawiyya al-Qaysiyya, che nell'originale viene scrittoʿ ʿ semplicemente Rabia, nella traduzione risulterà Rābi a secondo la grafia sopra indicata.ʿ Allo stesso modo il nome del monaco buddista giapponese Eihei Dōgen fondatore della scuola Sōtō modifica l'accento secondo le regole sopra indicate. In ultimo, il nome della protagonista delle Mille e una notte citato nel testo La restitution viene, in base a questo criterio, trascritto secondo la grafia comune utilizzata nelle pubblicazioni italiane della raccolta di novelle.

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Tranne in due casi le citazioni presenti nel testo non sono state ritradotte in quanto è stato scelto di utilizzare traduzioni precedentemente effettuate e pubblicate. Per la citazione di Spinoza è stata scelta la traduzione di Gaetano Durante per Sansoni, Dante naturalmente è stato trascritto in originale nella traduzione dopo aver riconosciuto il testo da cui Bobin ha tratto la sua citazione, La Divine Comédie traduite en vers, tercet par tercet, avec le texte en regard, Paris (Enfer 1854, Purgatoire 1857, Paradis 1859) di Louis Ratisbonne.

Vista la mancanza di riferimenti bibliografici e la brevità della frase, non è stato possibile risalire ad una traduzione attestata della citazione di Eihei Dōgen, pertanto è stata effettuata una traduzione dal testo francese, operazione eseguita anche per il v. 268 (I, 3) della tragedia Suréna di Pierre Corneille.

Nonostante si ritenga che il volume sia indirizzato ad un pubblico avente un livello culturale medio alto, è stato considerato preferibile l'utilizzo di due note esplicative al testo per il personaggio Rābi a e per il termine ʿ sufi, presenti ne La restitution.

Anche se, come già detto in precedenza, la difficoltà maggiore nella traduzione del testo non risiede nel lessico, di seguito verranno riportati alcuni esempi in cui proprio le scelte lessicali dell'autore hanno posto dei problemi di tipo lessicale alla traduzione. Il primo caso, e anche il più banale in apparenza, riguarda il termine gitane, che compare una prima volta nel testo C'est Maria e in seguito anche in La restitution. Una delle possibili traduzioni è zingara, tenendo presente però le diverse etnie cui fanno riferimento gitane e zingara e i diversi riferimenti culturali italiani e francesi, nella traduzione proposta è stato scelto di sostituirlo con gitana, di uso meno comune rispetto al gitane francese, ma non connotato negativamente come zingara. In Italia infatti il termine zingaro, zingara si riferisce principalmente all'etnia Rom mentre in Francia gitan, più simile al gitano spagnolo, identifica popolazioni presenti principalmente nella regione della Provenza e nelle zone della Camargue. La scelta

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traduttiva è basata anche sul dato ricavato dal testo, ossia l'incontro descritto dall'autore con i due bambini gitani avvenuto ad Avignone.

Il secondo esempio riguarda il termine gisante utilizzato due volte da Bobin nel testo Le laurier-rose. Secondo il Trésor de la Langue Française Informatisé significa: (Littér.) Qui est étendu, couché, sans pouvoir se mouvoir, derivante dal verbo gésir (giacere). Nel contesto della frase in cui è inserito il termine, però, esso rimanda ad un altro significato, quello utilizzato per indicare l'arte statuaria funebre cristiana che costituisce la parte principale della decorazione di un sarcofago raffigurante un personaggio, solitamente di alto lignaggio, sdraiato supino (ad esempio il monumento funebre di Ilaria del Carretto, opera di Jacopo della Quercia e visibile nel duomo di Lucca). Nella traduzione è stato scelto di mantenere il termine francese in corsivo in quanto di uso abbastanza comune tra gli storici dell'arte e, si presume, a breve di uso abbastanza comune anche fuori dall'ambiente artistico.

Il terzo caso di problematicità traduttive legate al lessico di Bobin riguarda l'uso dei termini che indicano i colori. I colori sono presenti in tutto il volume, non solo il blu, di cui si è già parlato in precedenza, ma anche il nero, il verde, il giallo, l'oro e il bianco. La frequenza maggiore dopo il blu, fra tutti i colori citati, è quella del nero, il noir, che non si presenta semplicemente nella sua veste di colore (nelle opere di Soulages in Soulages, ad esempio), ma anche come assenza di luce (nella descrizione del tifone ne La gueule du lion) espressione della più atavica delle paure umane, quella del buio. Per questo motivo, in una prima versione della traduzione, alcune occorrenze di noir erano state tradotte con buio, altre con nero. In seguito però ha prevalso la volontà di non discostarsi troppo dal testo di partenza e allo stesso tempo anche la volontà di mantenere il “colorismo” caratteristico della prosa di Bobin.

In ultimo un problema di tipo verbale. Nel testo Un carnet bleu, Bobin utilizza, fin dalla prima frase, il conditionnel présent (Tu ouvrirais ce carnet)55 e prosegue in questo modo fino alla fine del brano. Il dubbio se si tratti o meno di un futur dans le passé non è di facile risoluzione in quanto il contesto non aiuta. La scelta che era stata 55 Ch. Bobin, L'homme-joie, Paris, L'iconoclaste, 2012, p. 67.

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fatta in un primo momento di tradurre con un futuro semplice in italiano, a seguito degli studi sull'autore e della lettura di La plus que vive (Gallimard 1996), è stata abbandonata e per questo nella traduzione proposta è stato utilizzato il condizionale presente. Inoltre questa scelta è basata anche sulla dedicatoria del brano, Carnet envoyé à « la plus que vive » en 1980. Con queste parole infatti l'autore si riferisce a Ghislaine, sua cara amica conosciuta nel settembre del 1979 e morta nell'agosto del 1995. Sebbene in un primo momento le date sembrino non supportate la scelta traduttiva, bisogna tenere presente che prima di qualsiasi altra cosa per Bobin è importante il riferimento a Ghislaine e il suo rapporto con lei. Si può azzardare l'ipotesi che egli, oltre ad amarla nei termini che gli sono propri - e quindi che vanno al di là di tutto quello che la maggioranza delle persone evoca nella propria mente al suono di questa parola, basti tener presente che Ghislaine è stata sposata due volte e mai con Bobin («avevo l'impressione che tu sposassi il mondo intero, eccetto me»56) - l'abbia considerata e la consideri tutt'ora la sua musa («Tu comprendrais alors que dans chacun de ces mots, sur chacune de ces pages, il n'y aurait été question que de toi, que de cette merveilleuse coïncidence entre toi et l'amour que j'ai de toi»)57. Si tratta, con la scelta del condizionale, di mantenere la situazione in bilico tra vera lettura e impossibilità della lettura, tra morte reale dell'amata e sua trasformazione in plus que vive.

56 Ch. Bobin, Più viva che mai, Milano, San Paolo ed., 2010, p. 25. 57 Ch. Bobin, L'homme-joie, Paris, L'iconoclaste, 2012, p. 72 – 73.

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Conclusioni

Come specificato nell'Introduzione, lo scopo di questa tesi di laurea è presentare, in primo luogo, una traduzione al volume L'homme-joie di Christian Bobin e, in secondo luogo, un'analisi del testo dal punto di vista della struttura correlata da una panoramica sull'autore e sulla sua opera. Naturalmente, come accade per ogni traduzione, essa non può dirsi definitiva, ma rimane aperta a possibili aggiunte, modifiche e variazioni derivanti da sguardi e punti di vista differenti.

La traduzione proposta è il frutto di scelte traduttive volte al mantenimento della “poetica” del testo originale, pur senza mai scostarsi eccessivamente da esso. Un doppio problema vista la singolarità della scrittura di Christian Bobin. Per questo è stata fatta particolare attenzione, nel processo traduttivo, all'utilizzo di termini che, pur non allontanandosi eccessivamente dalla lingua di partenza, mantenessero la musicalità e il carattere evocativo della prosa originaria. Naturalmente nei limiti che il processo traduttivo stesso implica per la sua propria natura.

È stato eseguito un lungo lavoro di ricerca, mediante la lettura di altri testi del medesimo autore e anche mediante la visione, l'ascolto e la lettura di interviste rilasciate dall'autore stesso a emissioni televisive e radiofoniche francesi e a quotidiani italiani, per poter penetrare al meglio il testo originale il quale, a livello linguistico-grammaticale, non ha presentato difficoltà elevate. Infatti, come specificato nella seconda parte della tesi, quelle riscontrate in corso d'opera sono di tipo culturale più che

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prettamente linguistico, seppur con qualche eccezione. Di alcune tra le più impegnative scelte traduttive è stata data spiegazione nella seconda parte della tesi.

Sempre con il fine di comprendere al meglio il testo per produrre una traduzione il più possibile aderente all'originale ma, allo stesso tempo, musicale e godibile quanto l'originale stesso, è stata inviata all'autore, con l'intermediazione della casa editrice L'Iconoclaste, una selezione di sette domande, cui Bobin ha risposto personalmente e in modo manoscritto, che sono state riprodotte nell'allegato alla presente tesi.

L'analisi del volume, presentata nella parte seconda, è volta a evidenziare una struttura costituita da un macrotesto composto da diciassette singoli brani cui si alternano frasi manoscritte. Nella struttura rilevata, i brani sono collegati fra loro linearmente e, come le perle di una collana, le parole di Bobin scivolano da un testo al successivo senza intoppi, senza brusche frenate, per condurre il lettore, con il riferimento nell'ultimo testo al blu (onnipresente nel libro), al punto di partenza, chiudendo circolarmente in questo modo il percorso intrapreso con la lettura. La struttura che è apparsa evidente nel corso del processo di traduzione non ha la pretesa di essere l'unica, in quanto il testo di Bobin si presta a numerose letture e altrettante analisi. Lui stesso, in una risposta alle domande inviategli e presenti in allegato, nega qualsiasi volontà conscia di creare una struttura retrostante il suo libro e sottolinea il fatto che ogni lettore trova qualcosa di particolare in ciò che legge: « ce n'est pas à moi, au fond, de dire ce qu'est mon livre: il est ce que chaque lecteur en invente et en ressuscite » (vedi allegato).

Nel capitolo dedicato alla biografia commentata dell'autore è stata presentata una riflessione maturata dopo l'ascolto e la lettura di interviste rilasciate a trasmissioni televisive e radiofoniche francesi e a quotidiani italiani riguardo la percezione di Christian Bobin quale scrittore fortemente connotato in ambito religioso. Tali interviste hanno reso possibile la comprensione di una parte, almeno, del pensiero retrostante la genesi delle opere e, assieme all'approfondita lettura del volume tradotto e anche di altri testi dell'autore, hanno portato all'idea di una eccessiva “marchiatura”, da parte

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dell'editoria italiana, di Bobin quale scrittore prettamente cattolico. Come già detto nel corso della seconda parte della tesi, la connotazione delle case editrici che per prime hanno tradotto Bobin ha causato un suo “incatenamento” all'etichetta di scrittore religioso. Basta però ascoltare le sue parole, « la religiosité est poubelle »58, per rendersi conto che non è così semplice definire Christian Bobin. Come dice lui stesso nelle risposte accluse nell'allegato alla tesi, « chacun de nous est innombrable – mais je crois qu'un des purs bonheurs de l'écriture est de construire une architecture intérieure. Lorsque j'écris je suis unifié, et seulement lorsque j'écris ».

58 Laure Adler reçoit Christian Bobin, poète et écrivain, Hors-champs du 22 avril 2013, France Culture, Radio France

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