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Anarchici e anarchia nel mondo contemporaneo. Atti del Convegno promosso dalla Fondazione Einaudi (Torino, 5-7 dicembre 1969)

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ANARCHICI

ANARCHIA

nel mondo contemporaneo

Atti del Convegno

promosso dalla Fondazione Luigi Einaudi

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(4)
(5)

«Studi»

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ANARCHICI

E ANARCHIA

nel mondo contemporaneo

Atti del Convegno promosso dalla Fondazione Luigi Einaudi

(Torino, 5, 6 e 7 dicembre 1969)

TORINO - 1971

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La Fondazione Luigi Einaudi ha organizzato a Torino nei giorni 5, 6 e 7 dicembre 1969 un Convegno-seminario di studi sull'anar-chismo, i cui atti completi (relazioni, comunicazioni e discussioni) vengono qui pubblicati. Ai lavori hanno partecipato, come risulta dai testi raccolti, studiosi e politici di diversa tendenza: fra essi nu-merosi sono stati i militanti impegnati direttamente nel movimento anar-chico, i quali hanno apportato un contributo positivo sia per ciò che riguarda i temi di ricerca, sia su di un piano che può venir definito « memorialistico ».

Si può oggi con piena ragione sostenere che il convegno ha proposto per i termini anarchismo e anarchia un significato nuovo, che va al di là di una rigida interpretazione letterale, e s'identifica invece con l'af-fermazione della rilevanza del fenomeno dell' antiautoritarismo, generica-mente inteso, tanto nella prospettiva storica della società industriale otto-centesca o del primo Novecento, quanto nella problematica potìtica più recente, dei giorni nostri.

I testi delle relazioni, delle comunicazioni e degli interventi sono stati riveduti personalmente dai diversi autori: la Fondazione ha curato il coordinamento generale, l'organizzazione delle discussioni, la scelta spe-cifica degli argomenti e dei titoli. Pel rimanente, ognuno ha parlato a titolo personale in un clima di reciproca tolleranza e di responsabile libertà.

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AGOSTI A L D O — corso Tassoni 1 8 , 1 0 1 4 3 Torino. ANDREASI ANNAMARIA —corso Rosselli 1, 1 0 1 2 8 Torino. ANTONIOLI MAURIZIO — via Caretta 6 , 2 0 1 3 1 Milano.

ARVON HENRI — 29/31, rue Fontaine Grelot, 92 Bourg-le-Reine (Francia). ASSANDRI LUIGI — via Ottavio Revel 5, 10121 Torino.

B L O C H ROBERT — Manessestrasse 200, 8045 Ziirich (Svizzera).

BLOCH-ULMER MARGRIT — Manessestrasse 2 0 0 , 8 0 4 5 Zurich (Svizzera). BOBBIO NORBERTO — via Sacchi 6 6 , 1 0 1 2 8 Torino.

BRAVO GIAN M A R I O — via Salbertrand 19, 10146 Torino. BRIGUGLIO LETTERIO — via San Mattia 9 , 3 5 1 0 0 Padova.

BULLIO DRANZON PIERALDO — corso De Nicola 28, 10129 Torino. CARELLA A N T O N I O — corso Brescia 1 9 , 1 0 1 5 2 Torino.

CARMAGNANI MARCELLO — corso Svizzera 7 0 , 1 0 1 4 3 Torino. CERRETO G I N O — via Ghibellina 8 7 , 5 0 1 2 2 Firenze.

CESA CLAUDIO — via Martiri di Scalvaia 1 9 , 5 3 1 0 0 Siena.

D E L B O GIUSEPPE — Istituto Giangiacomo Feltrinelli, via Romagnosi 3 , 20121 Milano.

Di BATTISTA IVANO — via Plancina 8, 00131 Roma.

ENCKELL MARIANNE — Centre International de Recherches sur l'Anar-chisme, 24 avenue Beaumont, 1012 Lausanne (Svizzera).

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10 PARTECIPANTI

GALANTE GARRONE ALESSANDRO — via S . Grattoni 7 , 1 0 1 2 1 Torino. GAROSCI ADRIANA — corso Vittorio Emanuele 3 0 8 , 0 0 1 8 6 Roma. GAROSCI A L D O — corso Vittorio Emanuele 3 0 8 , 0 0 1 8 6 Roma. GIGANDET ALAIN — 4 5 , rue U L M , Paris V (Francia).

G I O R D A N O FLAVIO — via San Francesco di Sales 7 3 , 0 0 1 6 5 Roma. GONZALEZ N A Z A R I O — Facultad de Filosofia y Letras, avenida José

An-tonio 585, Barcelona (Spagna).

GRENDI E D O A R D O — via Ruffini 9 / 6 , 1 6 1 2 8 Genova.

GUÈRIN DANIEL — 13, rue des Marronniers, Paris XVI (Francia). HIRSCH PIERRE — 1, rue de la Paix, 2 3 0 0 La Chaux-de-Fonds (Svizzera). H O B S B A W M E R I C J. — 9 7 Larkhall Rise, London S . W . 4 (Inghilterra). J A U C H D I N O — via C. Olgiati, 6 5 1 2 Giubiasco (Svizzera).

J O L L JAMES — 64 Prince of Wales Mansions, Prince of Wales Drive, London S. W . 11 (Inghilterra).

IGLESIAS FLORENTINO — 18, rue des Arts, 92 Colombes (Francia). LAMBERET R E N É E — 12, rue de Bellevue, 94 Villeneuve St. Georges

(Francia).

LARIZZA MIRELLA — via X I V Settembre 3 , 06100 Perugia.

LEHNING ARTHUR — International Institute of Social History, Herengracht 262, Amsterdam C (Olanda).

LEVAL GASTON — 33, boulevard Edgar-Quinet, Paris X I V (Francia). LEVI G I O V A N N I — corso Galileo Ferraris 6 1 , 1 0 1 2 8 Torino.

LEVI A C C A T I LUISA — corso Galileo Ferraris 6 1 , 1 0 1 2 8 Torino.

M A I T R O N JEAN — 1 1 7 bis, rue A . Silvestre, 9 2 Courbevoie (Francia). MANNIELLO DELIA — via Pietro Della Valle 4 , 0 0 1 9 3 Roma.

M A R C H I N I A L D O — via dei Giubbonari 2 3 / 1 0 , 0 0 1 3 6 Roma. M A R I N O LUIGI — via Tarvisio 9, 1 0 1 4 2 Torino.

M A R M O MARCELLA — salita Arenella 43, 80129' Napoli.

M A R T I CASIMIRO — Paseo Bonanova 105,3°, 2a, C , Barcelona 17 (Spagna). M A R U C C O D O R A — via Nicola Fabrizi 26, 10143 Torino.

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METELLI DI LALLO CARMELA — via dei Tre Garofani 4 1 , 3 5 1 0 0 Padova. MOLNAR MIKLÓS — 4 2 , rue de Vermont, 1 2 1 1 Genève (Svizzera). MONTSENY FRÉDÉRICA — « Espoir », 4, rue de Belfort, 31 Toulouse (Francia). MYSYROWICZ LADISLAS — 24, avenue Tilleuls, 1203 Genève (Svizzera). N A D A NARCISO — via dei Mille 30, 10123 Torino.

N A D A PATRONE ANNA MARIA — via dei Mille 3 0 , 1 0 1 2 3 Torino. NEJROTTI MARIELLA — corso Galileo Ferraris 7 8 , 1 0 1 2 9 Torino. NIEUWENHUIJS MARTHA — via Canelli 1 2 4 , 1 0 1 2 7 Torino. PALACIOS ANTONIO — 2 4 , rue Mouffetard, Paris V (Francia). PAPA EMILIO — via S. Agostino 12, 10122 Torino.

PASSERIN D'ENTRÈVES ALESSANDRO — str. ai Ronchi 48, 10133 Torino. PASSERIN D'ENTRÈVES ETTORE — corso Fiume 1 7 , 1 0 1 3 1 Torino. PICHETTO BOVETTI MARIA TERESA — corso Agnelli 2 2 , 1 0 1 3 7 Torino. PONTE GIOVANNA — via Di Nanni 9 0 , 1 0 1 3 9 Torino.

QUAGLINO CESARE CORRADO — via Cassini 7 4 , 1 0 1 2 9 Torino.

REBERIOUX MADELEINE — 10, rue Saint Paulin, 9 4 La Varenne (Francia). RIOSA ALCEO — via Poggio Catino 2 8 , 0 0 1 9 9 Roma.

ROMERO MAURA JOAQUIN — Nuffield College, Oxford (Inghilterra). R O T A GHIBAUDI SILVIA — via delle Rosine 4 , 1 0 1 2 3 Torino. R O T O N D Ò ANTONIO — via Cavour 13, 10123 Torino.

R u j u ANTONIO — corso Racconigi 1 7 1 , 1 0 1 4 1 Torino. Russi LUCIANO — via Sirte 6 2 , 0 0 1 9 9 Roma.

R U T T A GIUSEPPE — corso Unione Sovietica 159, 10134 Torino.

SALOMONE WILLIAM A. — 320 Chelmsford Road, Bringhton, Rochester, N . Y . ( U . S . A . ) .

SANTARELLI E N Z O — via del Seminario 106, 0 0 1 8 6 Roma. SASSI FRANCESCO — via Pastrengo 11, 1 0 1 2 8 Torino.

SCIACCA ENZO — via dei Gerani 14, 9 5 0 2 4 Acireale (Catania). SECHI SALVATORE — via Vagnone 1, 1 0 1 4 3 Torino.

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12 PARTECIPANTI

V A R O N GIOVANNI E D D Y — via Legnano 2 8 , 2 0 1 2 1 Milano. VENTURI FRANCO — piazza A. Peyron 7, 10143 Torino. VERNIZZI CRISTINA — via B. Galliari 5, 10125 Torino. VILANOVA MERCEDES — Pelajo 44, Barcelona 1 (Spagna).

VUILLEUMIER M A R C — 8 1 , rue de la Servette, 1 2 0 2 Genève (Svizzera). W O O L F J. STUART — Faculty of Letters, Reading University,

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L U I G I F I R P O

I L C O N V E G N O S U L L ' A N A R C H I S M O

Il presidente della Fondazione Luigi Einaudi prof. Giuseppe Grosso, preside della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Torino, si rammarica di non poter essere presente a questa nostra prima seduta, trattenuto dai suoi impegni didattici, e così pure il presidente del Comitato scientifico p r o f Mario Einaudi, che si trova a Ithaca (N. Y.) per i suoi impegni presso la Cornell University. A n o m e dei colleghi del Comitato scientifico m i è grato porgere il saluto più caloroso a tutti gli intervenuti per i contributi di studio, di riflessione, di discussione che ciascuno sta per portare allo sforzo comune di ricerca e di approfondimento, che ci vedrà impegnati in tre dense giornate di lavoro. U n grazie particolare p o r g o agli studiosi eminenti che si sono sobbarcati l'onere delle relazioni intro-duttive alle singole sedute, e n o n minore gratitudine m i è caro esprimere al p r o f Mario Allara, rettore di questo Ateneo e m e m b r o del Consiglio di amministrazione della Fondazione, che ci ha concesso un'ospitalità tanto calorosa e cortese.

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la biblioteca di Luigi Einaudi, ma si viene arricchendo di oltre dieci-mila volumi annui, di oltre mille periodici, di fondi imponenti, come la raccolta Spellanzon per la storia del Risorgimento e l'archivio Thaon di Revel per la storia della politica economica italiana più recente.

In queste prospettive di lavoro serio, di collaborazione aperta, di scambi e di dibattiti civili, bene s'inserisce il convegno-semi-nario che oggi apre i suoi lavori. C o n vero compiacimento vediamo qui riuniti n o n solo colleghi eminenti di questo Ateneo, storici di professione, borsisti e ricercatori della Fondazione, studenti par-ticolarmente qualificati: ma anche studiosi dei movimenti politici, delle dottrine, delle ideologie, convenuti da più parti d'Italia, dalla Francia, dalla Svizzera, dalla Germania, dall'Olanda, dalla Spagna, dall'Inghilterra e finanche d'oltre Atlantico.

Il tema di studio è di quelli che, per la complessità delle sue motivazioni speculative e politiche, sommamente si presta a indagini interdisciplinari, chiamando in causa storici, politici e filosofi, in un fitto tessuto di reciproche suggestioni stimolanti. Ci si può attendere con legittima aspettativa sia tutta una serie di proposte di revi-sione storiografica, sia l'approfondimento di talune concezioni, cui si fa frequente richiamo, ma il cui contenuto ideologico non sem-pre risulta ben definito e le cui ascendenze culturali restano ancora in parte malcerte e controverse. Sono certo che nessuno vorrà farci il torto di supporre che, nella scelta di questo pregnante argo-mento di ricerca e di dibattito, la Fondazione abbia in qualche m o d o voluto indulgere ai capricci di una moda passeggera. La lezione degli eventi, le fratture che in questi ultimi anni si sono rivelate al-l'improvviso, tanto a Occidente quanto a Oriente, sono segni di una crisi travagliosa, di un'inquietudine, di un'angoscia, sorte invero in un clima di libertà, e n o n già come in passato sotto il giogo di effimeri tiranni, ma originate dal processo stesso di una civiltà che sembra assumere un volto sempre più disumano. U n o studio appro-fondito dell'anarchismo n o n può dunque essere inteso oggi come una concessione opportunistica all'attualità contingente, bensì come un'esi-genza reale della società contemporanea, come una ricerca delle radici profonde di quell'istanza libertaria, senza la quale anche il più trion-fante progresso tecnologico altro non ci ispira se non un senso di desolante squallore.

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LA GENESI DELL'ANARCHISMO

Le considerazioni che svolgerò hanno solo l'intento di servire da introduzione a un dibattito, nel quale interverranno degli stu-diosi che dell'anarchismo si sono occupati, nei loro scritti, più specificamente e più a lungo di quanto non abbia fatto io. Se ho una qualche competenza specifica, l'ho nel campo della storia del socialismo politico, più che in quella dell'anarchismo. Non condivido tuttavia il giudizio marxista-leninista, che anche l'amico Bravo, infaticabile organizzatore di questo convegno, ha ripetuto nella sua pure interessantissima comunicazione (distribuita ai presenti) e cioè che l'anarchismo sia, in sostanza, un movimento piccolo-borghese. Certo, i primi anarchici uscivano dalle file della piccola borghesia (ma anche, come Bakunin e Kropotkin, da quelle della nobiltà). Lo stesso può dirsi però della maggioranza dei primi socialisti politici. Gli uni e gli altri hanno militato via via nel movimento operaio, nel quale, non solo in Italia e in Spagna, ma prima ancora in Francia, i seguaci delle idee di Proudhon furono per lungo tratto più nume-rosi dei marxisti. Indubbiamente, il marxismo è prevalso poi, e non a caso, nel movimento operaio francese ed italiano, così come in quello di molte altre nazioni, ma negli Stati, ormai numerosi, che sono governati da partiti comunisti, l'opposizione anarchica è stata, prevalentemente, un'opposizione operaia e contadina alla dittatura totalitaria. Si può certo considerare utopistico il disegno anarchico, e tale lo considero anch'io, ma, sulla base dell'amara esperienza delle dittature comuniste, anche il marxismo originario, credente nella graduale scomparsa dello Stato, per effetto dell'auto-governo democratico dei lavoratori, appare come una speranza largamente utopistica oggi. Le persecuzioni di cui gli anarchici

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sono oggetto da parte dei governi comunisti, n o n meno che dei governi capitalistici, prova che esiste un problema di repressione e di libertà, che trascende le radici di classe degli Stati. N o n o -stante i loro errori, illusioni o follie, gli anarchici hanno avuto la distinzione di percepire e mettere in rilievo questo grande pro-blema. Anche in materia d'internazionalismo genuino, non stru-mentalizzato da questo o quel governo, gli anarchici possono vantare d'esser rimasti più coerenti ai loro ideali, di come non abbiano fatto i partiti politici socialisti e comunisti. S'intende che siffatta coerenza è stata generalmente pagata con assai minore efficacia d'azione. I partiti comunisti e socialisti hanno fatto molto più storia del movimento anarchico. M a la critica anarchica alle loro involu-zioni non può più essere liquidata come una critica piccolo-borghese. C o m e tale la liquidò (e non solo a parole) per esempio Trotsky, fra il 1918 e il 1921. Dieci anni dopo dovette farne propria una buona parte.

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il che alcuni dei suoi compagni di congiura disapprovarono. C o m ' è stato rilevato dagli studiosi, l'anarchismo di Maréchal f u riscoperto nel 1841, dai primi oscuri comunisti libertari, Charavay e Pillot. S'intende che Maréchal non f u il solo anarchico della Grande rivolu-zione, ma f u il più rappresentativo.

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resti l'eguaglianza reale », Godwin rappresenta già (benché non faccia uso di questo termine) un anarchismo moderno.

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giustizia, ma, se mai, un dispotismo accresciuto. La sua oscillazione fra anarchismo e federalismo, nella definizione degli obbiettivi del movimento liberatore, prova solo che, mentre non rifiutava l'ado-zione d'alcuna tattica utile, era consapevole che non bisognava cercar di violentare con pregiudiziali finalistiche quella che avrebbe dovuto essere prima di tutto una rivoluzione economica.

Se questa visione economico-sociale caratterizza l'apporto teorico di Proudhon alla storia dell'anarchismo, e anzi del socialismo tut-t'intero, lo caratterizza altresì (sin dalla sua seconda memoria, che è del 1841) il suo apprezzamento dello spontaneamente nascente movimento operaio, delle sue embrionali organizzazioni, delle sue prime voci. Con Proudhon, e sia pure in un secondo m o m e n t o attraverso la formula del mutualismo, l'anarchismo diventa parte integrante del movimento della classe operaia, senza per questo per-dere quell'afflato di idealità, di preminente desiderio di libertà, razionalità, giustizia, per cui si colloca da un punto di vista uni-versale e individuale insieme, dichiarandosi al di sopra ^ di ogni limitazione di classe: il che gli vale, per tanti decenni, l'adesione di numerosi artisti e di scrittori in generale.

N o n è forse necessario ch'io dica che non sono un «patito» di Proudhon. Penso anzi che Proudhon sia stato talvolta sopravalutato in Francia, come sociologo e come ispiratore del movimento sin-dacalista di un'epoca posteriore alla sua. In Italia però, stante la sua opposizione all'unità nazionale italiana e, più tardi, l'accetta-zione del giudizio negativo che Marx e i marxisti esteri ne davano, Proudhon è stato piuttosto sottovalutato. Eppure, se quei proudho-niani italiani che ne accettavano le teorie bancarie non possono certo essere giudicati come forti economisti (col risultato che, per l'ap-punto, il pensiero economico di Proudhon è stato insufficientemente conosciuto nel nostro paese), la critica sociale federalistica di Prou-dhon ebbe la sua influenza su una frazione dell'estrema sinistra italiana, predisponendola ad evolvere verso il socialismo libertario o l'anarchismo. Precisamente in Italia mi sembra necessario mettere perciò in rilievo che Proudhon, se f u un grande demolitore di schemi correnti, senza per questo riuscire a tenersi egli stesso sempre i m m u n e da visioni utopistiche, era altresì dotato di autentiche attitudini creative.

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funzione rivoluzionaria della guerra fosse finita e che l'obbiettivo internazionale di queste classi dovesse essere la pacifica instaurazione del federalismo europeo. All'interno stesso dei singoli Stati la rivo-luzione egli l'auspicava non violenta. C o m e Godwin, anche Proudhon confida in una rivoluzione sociale pacifica, ma se il primo ne vede il veicolo nel progresso intellettuale e morale soltanto, il secondo lo scorge anche negli sviluppi dell'economia.

Nel novembre 1889, più di 24 anni dopo la morte di Proudhon, in un convegno tenutosi a Barcellona per la discussione delle idee dell'anarchismo (il Segundo certamen socialista), al quesito se la rivoluzione intellettuale dovesse precedere la rivorivoluzione materiale, A n -selmo Lorenzo rispondeva, affermando la priorità della rivoluzione degli intelletti. Per quanto composta sicuramente da anarchici, i m -pegnati da anni (così come Lorenzo stesso v'era impegnato da un ventennio) nella lotta condotta senza esclusione di mezzi, e dunque sovente con la violenza, contro la repressione statale, la maggio-ranza dei convenuti inclinava a dargli ragione. Il suo ragionamento era, a un dipresso, il seguente: «per poter curare il male bisogna conoscerlo e bisogna anche conoscere il rimedio adeguato. Bisogna - diceva Lorenzo - che i proletari siano mossi dal sentimento della giustizia». Il proudhonismo provava così la sua sopravvivenza in un ambiente di combattenti della rivoluzione intesa come lotta armata, che per essa avevano già affrontato innumerevoli sacrifici. Vi era in ciò l'intuizione che l'imposizione con la violenza, o anche solo col fanatismo, d'idee n o n liberamente maturate dai singoli, fosse controproducente ai fini del socialismo libertario. E, in p r o -posito, com'è noto, Lorenzo, se si riferiva in primo luogo ai marxisti, non si riferiva solo ad essi, ma anche a qualche anar-chico dal temperamento « autocratico ». U n altro quesito dello stesso Certamen chiedeva se in una società anarchica, in cui si fosse già a un alto grado di istruzione, le passioni umane non avrebbero tuttavia potuto esser causa di disarmonia sociale. La risposta vincente, di Ricardo Mella, imo dei più colti anarchici spagnoli del tempo, escludeva che si dovesse temere ciò, perché lo sviluppo della tecnica

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proprio per questo, nei paesi a economia collettivizzata, n o n si vede alcun sintomo d'un deperimento dello Stato. C o m u n q u e sia di ciò, il Certamen di ottant'anni fa conferma che nell'anarchismo, proprio in un paese, come la Spagna, ove esso sarebbe diventato, nei decenni successivi, un movimento di grandi masse proletarie, tortu-rate dalla miseria, afflitte in parte da mancanza d'istruzione, e dove esso stesso sarebbe sempre rimasto esposto alle peggiori perse-cuzioni, permaneva u n filone caratterizzato da quella fede nel legame razionalmente esistente fra libertà dell'individuo, progresso morale, progresso scientifico, che Godwin per u n verso, Proudhon per un altro avevano teorizzato. In questo senso Elisée Reclus poteva ben dire che l'anarchismo aveva trovato il suo naturale ambiente fra i lavoratori (artigiani od operai, a seconda dei casi) di città come Parigi, Barcellona, Firenze, aventi tradizioni di libera cultura e di orgogliosa difesa delle loro autonomie.

Certo, importanza non minore ha avuto l'altro filone dell'anar-chismo, quello della fiducia riposta, viceversa, nell'esplosione irre-frenabile di passioni violente (« cattive », diceva hegelianamente Ba-kunin, per marcarne l'irrazionalità soggettiva, che però riteneva strumentale rispetto alla razionalità obbiettiva della storia cui ser-vivano) ; nel sollevamento furibondo di plebi rimaste fuori o ai margini del progresso. Scrivendone a Herwegh, nel 1848, quando n o n era ancora anarchico, Bakunin esaltava la necessità dell'anarchia intesa nel senso di collera popolare sfrenata, la cui mancanza votava a suo avviso alla sconfitta la rivoluzione democratica tedesca.

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Bakunin il ripudio del giacobinismo significava solo ripudio della dittatura governativa non già della violenza, che reputava inse-parabile dalla rivoluzione e bisognosa persino d'una temporanea dittatura collettiva invisibile dei veri rivoluzionari, associati fra di loro da «iniziati».

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e potevano esservene in altri paesi latini e, a cominciare dalla Russia, nei paesi slavi. L ' u o m o che la filosofia tedesca aveva intel-lettualmente rivoluzionato, e che deve la sua celebrità rivoluzio-naria alla sua presenza sulle barricate di Dresda, cercherà la rivolu-zione in paesi meno amanti dell'ordine (e meno imborghesiti) della Germania.

Quel che Bakunin matura in parte in prigione, in parte nel nuovo esilio, traendola naturalmente da tutta la storia dei movimenti rivoluzionari europei (che avevano già avuto eco in Russia), è la concezione del rivoluzionario di professione, che dedica non solo tutta la sua azione, ma anche tutto il suo intelletto, tutti i suoi sentimenti, a cospirare, a fomentare insurrezioni violente e a spin-gerle finn alla totale distruzione del vecchio ordine delle cose. U n o studioso, Michael Confino, ha giustamente osservato, di recente, che questa concezione di Bakunin aveva tuttavia un contenuto etico che quella di Neciaev n o n ha più. Bakunin ammira pur sempre non solo lo spirito di sacrificio, ma anche l'amore di verità di Mazzini, sebbene ne reputi esiziali alla rivoluzione lo statalismo, l'anti-socialismo e il teologismo. I rivoluzionari di professione ch'egli

auspica saranno i Cafiero, i Malatesta, e i loro compagni spagnoli e d'altri paesi. Se saranno più numerosi in paesi agricoli, economi-camente arretrati, è che la sua constatazione che nei paesi industriali si sta già formando uno strato d'operai relativamente meglio retri-buiti, e la sua previsione che le masse contadine immiserite e anal-fabete o semi-analanal-fabete si sarebbero ribellate contro i vecchi rap-porti di proprietà e contro lo Stato, si rivelerà non inesatta. Naturalmente, sbagliava anch'egli, mettendo l'Italia, e sia pure l'Italia rurale, sullo stesso piano della Spagna o della Russia, quanto a maturazione di esplosività rivoluzionaria; né poteva indovinare l'effettivo andamento del moto rivoluzionario nella Russia mede-sima. Nessuno è davvero profeta, né in patria né fuori. Ma, se Bakunin diceva che s'era fidanzato con la rivoluzione, oggi che tutti o quasi tutti i documenti, a cominciare da quelli a lui meno favorevoli, sono accessibili, lo storico deve concludere che f u un fidanzamento serio e durevole.

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PIERRE H I R S C H

P R O T E S T A N T I S M E S O C I A L ,

A N A R C H I S M E E T G A N D H I S M E E N S U I S S E

Bien que Jurassien neuchatelois, j e ne parlerai pas ici de l'histoire de la Fédération jurassienne, ni de la pensée de James Guillaume ou d'Adhémar Schwitzguébel, ni du séjour dans nos montagnes de Bakounine ou de Kropotkine. Ce sont les anarchistes vus de l'extérieur que je voudrais évoquer, l'étrange fascination qu'ils ont exercée sur certains protestants sociaux mis mal à l'aise par les compromissions de leur église avec les pouvoirs établis.

Etant donné la brièveté de cette communication, je vais me restreindre à la Suisse romande. Permettezmoi cependant de m e n -tionner deux directions de recherche qui pourraient donner quel-ques résultats intéressants. D'abord les rapports entre James Guillaume et Paul Robin, athées déclarés, d'une part et Ferdinand Buisson d'autre part, théologien protestant libéral, professeur à l'Académie de N e u -chàtel, puis l'un des créateurs, avec d'autres protestants éminents, de l'école laique f r a n o s e . Ensuite, les rapports du socialiste chrétien suisse alémanique Leonhard Ragaz avec Fritz Brupbacher, et surtout avec Jean Matthieu (1874-1921), pasteur anarchisant, fils d'un pas-teur royaliste neuchatelois. C'est Jean Matthieu qui mit Leonhard Ragaz en relation avec Gustav Landauer1.

Lorsqu'on veut parler de la Suisse romande, il faut toujours se référer à Rousseau. U n e citation (tronquée) du Contrat social me paraìt d'ailleurs une assez bonne défmition de l'aspiration fonda-mentale de l'anarchismo : «Trouver une forme d'association (...) par laquelle chacun s'unissant à tous n'obéisse pourtant qu'à

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mème, et reste aussi libre qu'auparavant ». Cette union exceptionnelle de l'autonomie individuelle et de la vie sociale, Rousseau croyait l'avoir observée chez les Montagnons, les habitants du Jura neuchate-lois qu'il avait vus dans sa jeunesse et dont il décrit l'existence plus o u moins idéalisée dans la Lettre à d'Alembert. L'accord et la solidarité dans la liberté sont symbolisés dans ce passage par la musique polyphonique 2. Il y avait donc, dans le mode de vie de

certains habitants de la Suisse, des conditions qui permettaient l'éclosion d'un individualisme solidariste, d'une union féconde du

« libéralisme » et du « socialisme », les ancètres de l'anarchisme, selon une récente étude de Nicolas W a l t e r3.

D'autre part, il convient de ne jamais oublier que la Suisse romande, et le Jura neuchatelois en particulier, est une région très profondément influencée par la tradition religieuse, m è m e chez ceux de ses habitants qui se sont détachés de la pratique religieuse, - et ils sont nombreux. Les hommes de gauche y sont très souvent issus de milieux religieux et de familles de pasteurs. Pour étre bref, je ne citerai que deux exemples significatifs. Le premier banquet fouriériste eut lieu à La Chaux-de-Fonds en 1851. Il fit scandale parce qu'un orateur y mit sur le m è m e pied les trois grands prophètes de l'humanité: Moise, JésusChrist et Fourier. E n ce m o ment m è m e (décembre 1969) paraissent les mémoires de Jules H u m -bert-Droz, qui a joué dans le mouvement ouvrier international le róle que l'on sait. Ce premier tome des mémoires de l'expasteur H u m -bert-Droz est intitulé Moti évolution du tolstoisme au communisme.

« N i Dieu ni maitre », disaient les anarchistes. Il y a de pieux athées, répondaient les socialistes chrétiens qui se sont appelés par la suite socialistes religieux. O n a peine à imaginer l'attrait qu'exer-cèrent certains anarchistes sur les jeunes protestants qui se voulaient protestataires. Evidemment ce n'étaient pas les anarchistes de la révolte, ni ceux du terrorisme, mais les anarchistes de la solidarité, les «saints» de la liberté: Elisée Reclus, avec lequel les affinités sont trop évidentes pour que j ' y insiste, mais aussi Kropotkine et, résidant plus durablement en Suisse, Luigi Bertoni. O n ne saurait

2. Voir là-dessus PIERRE HIRSCH, Le mythe des Montagnons, « Revue

neuchà-teloise », été 1962, n. 19.

3. About Anarchism, Freedom Press, 1969, traduit en fran^ais dans « Anar-chisme et non-violence », octobre 1969, n. 18-19, sous le titre Pour

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assez insister sur l'impression profonde que firent dans ce milieu religieux un peu gauchisant les livres de Kropotkine, en particu-culier ses Mémoires et L'Entraide. R e n é Guisan, qui fut un des maìtres à penser de cette génération, lisait en 1903 Kropotkine à sa vieille et dévote mère.

O ù s'exprimaient ces jeunes gens, car ils étaient jeunes? Ils avaient fondé, au début de 1906, un petit journal « L'Essor », « social, moral, religieux». Cette modeste publication existe encore, mais le sous-titre est devenu «vers plus de vérité, de justice, de tolérance»; elle est essentiellement aujourd'hui l'organe des pacifistes et des objecteurs de conscience. Y écrivaient alors surtout des pasteurs et des enseignants. « L'Essor » était en communauté de pensée avec un autre petit journal protestant, fort lu dans les milieux socia-lisants de Suisse romande, « L'Avant-garde », «journal d'évangéli-sation, organe des chrétiens-sociaux de langue frangaise », publié à Orthez par le pasteur R o t h , qui a été en relation avec des anarchistes, Elisée Reclus et Kropotkine entre autres. Les gens de «L'Essor» se sentaient proches aussi de Péguy, du premier Péguy, dont les « Cahiers de la Quinzaine » avaient quelque sympathie pour les anar-chistes.

Voici quelques passages glanés dans la première année de « L'Essor». E n juin 1906, Adolphe Ferrière, fils de l'ami de R o m a i n R o l -land et apòtre de l'éducation nouvelle, fait l'éloge de L'Entraide de Kropotkine et s'exclame : « Et dire qu'il a fallu un anarchiste pour rappeler une fois de plus au m o n d e le róle scientifique de la charité, de l'entraide». En décembre 1906, Pierre Bovet, futur di-recteur de l'Institut Rousseau, aujourd'hui Institut des sciences de l'éducation à Genève, se demande si ceux qui approuvent le meurtre de Gessler par Guillaume Teli seraient inculpés c o m m e Luigi Bertoni l'était alors pour une opinion analogue.

Parallèlement, e n j u i n 1907, le jeune E d m o n d Privat, descendant d'une célèbre famille de pédagogues genevois, élève du Collège de Calvin, assiste à un exposé de Bertoni sur la morale du travail. « C'était merveilleux, écrit-il à une amie, un véritable sermon, meilleur que ceux que nous entendons dans nos églises». Près de quarante ans plus tard, rappelant des souvenirs dans « La Sentinelle » de La Chaux-de-Fonds (9 janvier 1945) E d m o n d Privat écrivait: « De langage pareil, je n'en ai plus jamais oui jusqu'au j o u r où j'ai v u Gandhi arracher à la foule hindoue sa peur de la m o r t et

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arres-30 VENERDÌ 5 DICEMBRE 1 9 6 9 , ORE 15,30

tation»4. En 1908, James de Meuron, pasteur et fondateur du Foyer

solidariste de Saint-Blaise (canton de Neuchàtel), décide de demander à Kropotkine une préface pour la traduction de The Ascent of Man de Henry D r u m m o n d qu'il se propose d'éditer. Kropotkine refusa poliment. Plus tard, Alice Descoeudres, pionnière de l'éducation des enfants arriérés et militante du mouvement socialiste religieux, écrira les biograpliies de héros pacifiques à l'usage de la jeunesse. O n y trouve Elisée Reclus et Kropotkine aux còtés de Pierre et Marie Curie, de Saint Frangois de Sales et de Saint Vincent de Paul.

Inutile d'accumuler les exemples. Il existe en Suisse romande une tradition de libertarisme socialisant qui est jalonnée par l'en-thousiasme suscité successivement par Tolstoi, par R o m a i n Rolland, enfin par Gandhi. Et ce n'est pas u n hasard si E d m o n d Privat qui a donné une conférence en 1912 à Moscou à la Société Tolstoi sous la présidence de Paul Birioukov, est devenu dès 1915 l'ami et le correspondant de R o m a i n Rolland. Celui-ci le recommanda à Alfred R o s m e r et à ses amis syndicalistes révolutionnaires, restés fidèles au véritable internationalisme5. Puis, en décembre 1931,

lors du séjour de Gandhi en Suisse, c'est E d m o n d Privat encore qui organisa les conférences publiques et privées de Gandhi à Lausanne et à Genève, et qui devint son ami, son biographe et son propagan-diste en Occident.

Dans un petit pays, dans une atmosphère trop feutrée et parlois étouffante c o m m e celle de la Suisse romande, il y eut, on pouvait le prévoir, deux sortes de réactions à l'anarchisme (je parie des réactions sympathiques, les autres n'ont pas manqué, bien sur). Il y eut la révolte et le départ, c'est Steinlen et, dans une certame mesure, le jeune Félix Vallotton. Il y eut le désespoir d'Henri R o o r d a qui fmit pas se suicider; et il y eut, chez les protestants les plus conscients et les plus préoccupés de questions sociales, la reconnaissance de certaines affinités électives. T o u t d'abord la m é -fiance à l'égard de l'armée, l'antimilitarisme, l'objection de conscience. Le refus de servir de Charles Naine date de 1903. E n pleine guerre mondiale, en 1915, l'instituteur John Baudraz refuse le service mili-t a n e pour des momili-tifs religieux. C'esmili-t Baudraz qui, en 1917, écrivaimili-t

4. C'était donc le 3 janvier 1932. Pour le texte compiei des souvenirs d'Edmond Privat sur Bertoni, voir « Revue neuchàteloise », numéro spécial consacré à Edmond Privat, été-automne 1968, n. 43-44, pp. 37-38.

5. Lettre d'Alfred Rosmer à Pierre Monatte, 17 mai 1915, dans Les

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à Jules Humbert-Droz pour reprendre contre lui son affìrmation d'avant-guerre: «Dans tout chrétien, il y a un candidat à l'anarchie; non à l'anarchie violente et criminelle, mais à la résistance aux gouvernements... ». Ensuite l'internationalisme et le souci d'auto-nomie des peuples; c'est ce qui fera la renommée de R o m a i n Rolland chez ceux qui n'étaient pas aveuglés par le chauvinisme. Le fédéra-lisme, le refus de la délégation des pouvoirs, le gout de la démocratie directe, le pluralisme, le respect des minorités m è m e infimes (voir par exemple la difficulté pour Edouard Claparède d'admettre un quorum, une limitation quelconque à la représentation proportionnelle intégrale).

D'autre part, les protestants sociaux, tout c o m m e certains anar-chistes et en opposition à certains marxistes, n'apergoivent pas de nécessité inéluctable dans le développement de l'histoire. Ils croient moins à la «politique scientifique » qu'à la formation de l'individu par l'éducation. C'est ce qui explique le n o m b r e considérable d'édu-cateurs partisans de l'école nouvelle parmi ceux qui considèrent avec sympathie les anarchistes. Le principe Discat a puero magister, devise de l'Institut Rousseau, ou Aide-moi à faire tout seul, l'ac-cent mis sur la spontanéité créatrice et l'apprentissage de la liberté responsable, tout cela témoigne d'une communauté d'esprit avec l'idéal anarchiste. Il suffit de parcourir les programmes et les déclara-tions de principe des écoles anarchistes et de les comparer à ceux des écoles nouvelles d'inspiration plus ou moins religieuse, pout ètre frappé de la similitude ou en tous cas des très nombreuses conver-gences. N'oublions pas que James Guillaume a écrit un Pestaìozzi et que la tension entre l'utopie ou l'uchronie et un certain naturalisme

(qui va parfois jusqu'au naturisme) caractérise beaucoup de croyants et d'anarchistes.

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isolés, deux groupes seulement: en France les syndicalistes revolution-naires anarchisants de la Revolution prolétarienne; c'est Daniel Guérin qui fit, avec une certame sympathie, le compte-rendu de la confé-rence de Gandhi à Paris, et Pierre Monatte et ses amis posèrent à Gandhi, par l'intermédiaire de R o m a i n Rolland, quelques questions importantes. En Suisse, c'est le groupe des socialistes religieux, E d m o n d Privat, Pierre Ceresole, Pierre Bovet et le pacifiste anarchiste hollandais Barthélemy de Ligt qui s'entretinrent avec Gandhi dans une chapelle lausannoise, appartenant à l'église protestante libre.

Il est évident que, tout c o m m e les rapports ici esquissés entre protestantisme et anarchisme à une certame époque, il y aurait lieu d'étudier les rapports entre catholiques et anarchistes (en parti-culier, pour les Frangais, la pensée d'Emmanuel Mounier et du groupe de la revue «Esprit»), les rapports entre juifs et anarchistes, l'anar-chisme indien (Gandhi, disciple de Thoreau et de Tolstoi), et tant d'autres que je ne puis citer ici.

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U N A F O N T E I N E D I T A

P E R L A S T O R I A D E L M O V I M E N T O A N A R C H I C O I N R U S S I A

(e del m o v i m e n t o r i v o l u z i o n a r i o russo i n genere)

N e l l a biblioteca d i D o m P l e c h a n o v a 1 (La casa d i P l e c h a n o v ) di

L e n i n g r a d o si c o n s e r v a u n a v o l u m i n o s a o p e r a , M.V.D., Departament

Policii, Obzor revoljucionnogo dvizenjia v Rossii ( M i n i s t e r o d e g l i affari

i n t e r n i , D i p a r t i m e n t o d i polizia, R a s s e g n a del m o v i m e n t o r i v o l u z i o -n a r i o i -n Russia), S P b . 1909 ( N . d ' i -n v e -n t a r i o : 1 0 9 8 ; c o l l o c a z i o -n e : A 2462).

I n q u e s t ' o p e r a s o n o raccolti u n a serie di fascicoli dattiloscritti n u m e r a t i p r o g r e s s i v a m e n t e , ai quali è stata successivamente a p p o s t a d o p o la r i l e g a t u r a u n a n u m e r a z i o n e p r o g r e s s i v a generale. L ' i n d i c e g e n e r a l e del c o n t e n u t o (pp. 6), q u e l l o delle p e r s o n e (pp. 8) e q u e l l o

1. Dom Plechanova [La casa di Plechanov] fa parte della Gosudarstvennaja

Publicnaja Biblioteka imeni « M. E. Saltykova-Scedrina » [Biblioteca pubblica statale « M. E. Saltykov-Scedrin »] di Leningrado, ma è sistemata in una casetta a due piani in 4-aja Krasnoarmejskaja d. 133. Quando G. V. Plechanov morì nel sanatorio di Terioki (Finlandia) il 31 maggio 1918, la sua biblioteca e il suo archivio erano rimasti all'estero, parte a Ginevra e parte a San Remo. La moglie Rozalija Markovna Plechanova e le figlie Lidija ed Evegenija trasferirono biblioteca ed archivio a Parigi. Nel 1922 il Politbjuro del Co-mitato Centrale del Partito Comunista Panrusso (dei bolscevichi) incaricò Lev Grigorovic Dejc (1855-1941) di trattare con gli eredi del fondatore del marxi-smo russo il trasferimento dell'archivio e della biblioteca in Unione Sovietica. Il Dejc, che era stato uno dei fondatori del Gruppo dell'Emancipazione del Lavoro e che era quindi legato alla famiglia Plechanov da antichi rapporti di amicizia, riuscì a vincere le perplessità e le esitazioni ben comprensibili degli eredi, quando potè garantir loro che biblioteca e archivio non sareb-bero stati dispersi, ma sarebsareb-bero entrati a far parte come fondo autonomo della biblioteca « M. E. Saltykov-Scedrin ». Nel 1928 fu compiuto il trasfe-rimento della biblioteca e dell'archivio da Parigi a Leningrado e nel 1929 fu inaugurata la Casa di Plechanov (Dom Plechanova). Cfr. l'accurata prefazione di IRINA N. KURBATOVA al « Katalog Biblioteki G. V. Plechanova », L., vyp. I-IV, 1965.

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3-34 VENERDÌ 5 DICEMBRE 1969, ORE 1 5 , 3 0

a soggetto (pp. io) sono stati premessi al testo, conservando cia-scuno la propria numerazione autonoma. Il testo vero e proprio consta di 539 pagine: con gli indici l'intero volume risulta di 563 pa-gine (6 + 8 + 10 + 539).

Nel volume sono raccolti i rapporti dei funzionari dell' Ochra-na sulle origini, lo sviluppo e la diffusione dei diversi partiti e movimenti rivoluzionari operanti nell'Impero russo sino al 1908. Abbiamo, quindi, u n quadro della situazione delle forze rivoluzionarie russe quale risultava alle autorità di polizia nel periodo i m m e -diatamente successivo alla rivoluzione del 1905-1907, conclusa con il temporaneo sopravvento delle forze dell'ordine e della reazione. Si tratta di rapporti riservati, n o n destinati alla pubblicazione, riprodotti in u n n u m e r o limitatissimo di esemplari, ed appunto per questi motivi il quadro che essi ci presentano appare assai vicino alla realtà, se si eccettua naturalmente la inevitabile deformazione professionale inerente ad ogni rapporto poliziesco.

O g n i rapporto è preceduto da una breve esposizione di carattere generale sulle origini ideologiche del partito o del movimento in questione, a cui segue ima concisa narrazione del loro successivo sviluppo. Particolarmente interessanti sono le informazioni sulle frazioni di uno stesso partito, come ad esempio quelle su bolscevichi e menscevichi, perché in questo caso le informazioni sono di necessità imparziali. Segue infine, talvolta fuori testo, uno schema organiz-zativo del partito. O g n i rapporto riporta anche la data di stesura con la firma dell'estensore, controfirmata da quella del Dirigente del Reparto speciale del dipartimento di polizia [Zavedujuscij O s o b y m Otdelom Departamenta Policii] colonnello Klimovic 2.

Abbiamo quindi una rassegna poliziesca del movimento rivolu-zionario russo non dissimile dalla celebre Chronique du Mouvement Socialiste en Russie (1878-1887), redigée sous la direction de l'Adjoint du Ministre de l'Interieur, le lieutenant-général Schébéko, Spb.

2. Numerosi rapporti del colonnello E. K. Klimovic sono riportati nella pubblicazione in più volumi, Revoljucija 1905-1907 gg., Dokumenty i materialy,

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1890 3 ; con questa differenza fondamentale che l'opera del generale

Sebeko f u stampata in cento esemplari, mentre quella del Klimovic ha avuto una diffusione ancora più limitata: probabilmente n o n più di una decina di esemplari.

Osserviamo innanzi tutto l'indice: sarà così possibile rendersi conto a prima vista dei criteri generali seguiti nella redazione dei sin-goli rapporti e dell'economia generale dell'opera.

M.V.D. — Departament policii. Obzor revoljucionnogo dvizenija v Rossii. SPb. 1909 4.

Soderzanie (str. 1-6); Alfavitnyj ukazatel': a. lic (str. 1-8), b. predmet-nyj (str. 1-10).

I. Partija Socialistov-Revoljucionerov : 1. Kratkij ocerk ee voznikno-venija i razvitija (str. 1); 2. Osrtovanija programmy (str. 7); 3. Organizacija (str. 13); 4. Vzaimootnosenija P.S.R. s drugimi politiceskimi i sozial'nymi partijami (str. 19); 5. Konferencija i Sovet Partii v 1908 g. v Londone (str. 23); 6. Zakljucenie (str. 25); 7. Schema organizacii partii P.S.R. (str. 27); 8. Obzor sostojanija O.K. P.S.R. k koncu 1908 g. (str. 28); 9. Izvescenie o V-om S"ezde Soveta P.S.R. (str. 38); 10. Rezoljucii V-ogo Soveta P.S.R.: I. O voprose organizacii (str. 46); II. Po organi-zacionnomu voprosu (str. 48); III. O rabote v krest'janstve (str. 52); IV. O rabote sredi proletariata (str. 58); V. O voennoj rabote (str. 66); VI. O terrore (str. 73) ; VII. O postanovke mezdunarodnogo dela (str. 73) ;

3. L'Istituto G. G. Feltrinelli di Milano ha in preparazione la riproduzione

(reprint) di quest'opera rara. 4. Traduzione.

Ministero degli Affari Interni, Dipartimento di Polizia, Rassegna del mo-vimento rivoluzionario in Russia, SPb. 1909.

Indice generale (pp. 1-6). Indice alfabetico: (a) delle persone (pp. 1-8); (b) delle cose (pp. 1-10).

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Sull'imposta-36 VENERDÌ 5 DICEMBRE 1 9 6 9 , ORE 1 5 , 3 0

Vili. O fìnansach (str. 75) ; IX. O tret'em s"ezde partii (str. 76) ; X. Ob otstavke central'nogo komiteta (str. 77); XI. O sudebno-sledstvennoj kommissii (str. 78).

II. Rossijskaja Social-Demokraticeskaja Rabocaja Partija: 1. Zaroz-denie i razvitie social-demokraticeskogo dvizenija v srede russkoj intel-ligencii (srt. 79); 2. Rabocee dvizenie (str. 82); 3. I s"ezd partii (1898) (str. 85); 4. II s'ezd partii (1903) (bol'seviki i men'seviki) (str. 91); 5. Ili s"ezd partii i I-aja konferencija (1905) (str. 96); 6. IV s"ezd (1906) ob'edinitel'nyj (str. 99); 7. V s'ezd (1907) (str. 105); 8. Vserossijskaja konferencija R.S.D.R.P. (1907) (str. 110); 9. Programma partii (str. I l i ) ; 10. Organizacionnyj ustav (str. 120); 11. Obscerusskaja konferencija (1908) (str. 128); 12. Rezoljucii obscerusskoj konferencii (str. 130): I. Rezoljucija po otcetam (str. 130); II. O sovremennom momente i zadacach partii (str. 131); III. O dumskoj social-demokraticeskoj frakcii (str. 132); IV. Ob ob"edinenii nacional'nych organizacij na mestach (str. 135); V. O rabote Central'nogo komiteta (str. 136); VI. O konflikte s cast'ju zagranicnych grupp sodejstvija (str. 137); VII. Po organizacionnomu voprosu (str. 137); Vili. O sozyve partijnogo s'ezda (str. 138); 13. Schema R.S.D.R.P. Bunda, Social-Demokratii Korolevstva Pol'skogo i Litvy i Latyskogo kraja (str. 140).

zione della causa internazionale (p. 73); Vili. Sulle finanze (p. 75); IX. Sul terzo congresso del partito (p. 76); X. Sulle dimissioni del comitato cen-trale (p. 77); XI. Sulla commissione giudiziaria d'inchiesta (p. 78).

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III. Partii, primikajuscie k R.S.D.R.P.: 1. Social-Demokratija Koro-levstva Pol'skogo i Litvy (str. 141); 2. Voenno-revoljucionnaja organi-zacija Varsavskogo voennogo okruga (str. 144); 3. Vseobscij evrejskij rabocij sojuz «Bund» (str. 146); 4. Litovskaja S.D. Partija (str. 150); 5. Ukrainskij sojuz «Spilka» (str. 152); 6. Social-Demokratija Latyskogo kraja (str. 166).

IV. Anarchizm: Otdel. I) 1. Ponjatie ob anarchizme: istoriceskij ocerk vozniknovenija i dvizenija anarchizma (str. 181); 2. Anarchistskie teorii (str. 189); 3. Idejnoe tecenie anarchistskoj mysli (str. 201): a) anarchisty-kommunisty, b) anarchisty-individualisty, v) anarchisty-sindikalisty, g) as-sociacionnyj anarchizm, d) machaevcy. Otdel. II) 4. Dvizenie anarchizma v Rossii (str. 213). Otdel. Ili) 5. Zagranicnye anarchistskie gruppy. Na-pravlenie i dejatel'nost' ich (str. 263); 6. Popytki k sozvaniju s"ezda russkich anarchistov i vozniksij pod vlijaniem etogo vopros ob organi-zacii Sojuza russkich anarchistov-kommunistov (str. 288); 7. Sojuz russkich anarchistov-kommunistov (str. 293); 8. Amsterdamskij internacional'nyj kongress anarchistov (str. 294).

V. Politiceskoe polozenie Finljandii (str. 301): 1. Sovremnnoe sostoja-nie politiceskoj zizni Finljandii i osnovnye politiceskie partii (str. 307).

VI. Pol'skie revoljucionnye i nacional'nye organizacii: 1. Istoriceskij ocerk (str. 325); 2. Pol'skaja Socialisticeskaja Partija [P.P.S.] (str. 328);

III. Partiti aderenti al P.O.S.D.R.: 1. La Social-democrazia del Regno di Polonia e della Lituania (p. 141); 2. L'organizzazione militar-rivoluzio-naria del distretto militare di Varsavia (p. 144); 3. L'Unione ebraica pan-russa «Bund» (p. 146); 4. Il Partito social-democratico lituano (p. 150); 5. L'Unione ucraina «Spilka» (p. 152); 6. La Social-democrazia di Lettonia (p. 166).

IV. Anarchismo: Sez. I. 1. La concezione dell'anarchismo: saggio storico sull'origine e sul movimento dell'anarchismo (p. 181); 2. Le teorie anarchiche (p. 189); 3. La corrente del pensiero anarchico (p. 201): a) anarchici-comu-nisti, b) anarchici-individualisti, c) anarchici-sindacalisti, d) anarchismo asso-ciativo, e) i seguaci di Machaev. Sez. II. 4. Il movimento anarchico in Russia (p. 213); 5. I gruppi anarchici all'estero. Tendenza e attività (p. 263); 6. Ten-tativi di convocazione del congresso degli anarchici russi e l'Unione degli anarchici-comunisti russi sorta per influenza di questa questione (p. 288); 7. L'Unione degli anarchici-comunisti russi (p. 293); 8. Il congresso inter-nazionale degli anarchici ad Amsterdam (p. 294).

V. La posizione politica della Finlandia: Lo stato attuale della situazione politica in Finlandia e i principali partiti politici (p. 301).

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Socia-3 8 VENERDÌ 5 DICEMBRE 1969, ORE 15,Socia-30

3. Pol'skaja socialisticeskaja partija [levica] (str. 343); 4. Rcvoljucionnaja frakcija Pol'skoj socialisticeskoj partii (str. 348); 5. Rabocaja Pol'skaja Socialisticeskaja Partija (str. 355); 6. Pol'skaja Socialisticeskaja Partija « Proletariat » (str. 356); 7. Narodno-demokraticeskaja Partija (str. 3 6 1 ) ; 8. Narodovoj Rabocij Sojuz (str. 365); 9. Frakcija Nezavisimogo Narodo-vogo Rabocego Sojuza (str. 369); 10. Pol'skij Nacional'nyj sojuz (str. 3 7 1 ) ; 1 1 . Sojuz vozrozdenija Pol'skogo naroda (str. 372); 12. Sovet Komiteta Rabocich (str. 373); 1 3 . Pol'skij progressivnyj sojuz (str. 373); 14. Ljudovcy (str. 376); 15. Partija Real'noj Politiki (str. 376); 16. Partija Pol'skoj Gosudarstvennosti (str. 378); 17. Sojuz Narodnoj Oborony (str. 378); 18. Sojuza Belogo Orla (str. 379); 19. Sojuz progressivnoj molodezi (str. 379); 20. Sojuz pol'skoj molodezi [zagranicnyj] (str. 3 8 1 ) ; 2 1 . Sindi-kal'noe dvizenie [Professional'nye sojuzy] (str. 382); 22. Prosvetitel'nye

Obscestva (str. 385); 23. Pol'skaja skol'naja matica (str. 395); 24. Katoli-ceskij sojuz (str. 397); 25. Skol'nyj vopros (str. 401).

VII. Sionizm i evrejskoe rabocee dvizenie (str. 4 1 3 ) : 1. Kratkij ocerk vozniknovenija i razvitija Sionizma (str. 413); 2. Evrejskoe territoria-listko-emigracionnoe obscestvo (E.T.O.) (str. 444) ; 3. Evoljucija Sionizma pod vlijaniem « naucnogo socializma » (str. 445); 4. Evrejskaja social-de-mokraticeskaja rabocaja partija « Pojalej-Cion » (str. 448); 5. Partija socialistov-sionistov (oni ze socialisty-territorialisty) (str. 467); 6. So-lista polacco [sinistra] (p. 343); 4. La frazione rivoluzionaria del Partito Socialista Polacco (p. 348) ; 5. Il Partito operaio socialista polacco (p. 355) ; 6. Il Partito socialista polacco «Proletariat» (p. 356); 7. Il Partito nazional-democratico (p. 361); 8. L'Unione operaia popolare (p. 365); 9. La frazione indipendente dell'Unione operaia popolare (p. 369); 10. L'Unione nazionale polacca (p. 371); 11. L'Unione di rinascita del popolo polacco (p. 372); 12. Il Consiglio del comitato degli operai (p. 373); 13. L'Unione progressiva polacca (p. 373); 14. Gli uomini del popolo [Ljudovcy] (p. 376); 15. Il Partito della politica realistica (p. 376); 16. Il Partito della statalità polacca (p. 378);

17. L'Unione di difesa nazionale (p. 378); 18. L'Unione dell'Aquila bianca (p. 379); 19. L'Unione della gioventù progressiva (p. 379); 20. L'Unione della gioventù polacca [all'estero] (p. 381); 21. Il movimento sindacale (p. 382); 22. Le società di cultura (p. 385); 23. La madre-scuola polacca [matica] (p. 395); 24. L'Unione cattolica (p. 397); 25. La questione scolastica (p. 401).

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cialisticeskaja evrejskaja rabocaja partija (S.E.R.P.) (str. 475); 7. «Evrejskaja narodnaja gruppa » i « Evrejskaja narodnaja partija » (str. 481 ) ; 8. Sojuz sionistskoj ucascejsja molodezi v Rossii (str. 483); 9. «Gamchio» (str. 487);

10. Ob"edinitel'nyj s"ezd evrejskich nacional'no-socialisticeskich partii (str. 489).

VIIL Kavkazskie revoljucionnye partii: 1. Armjanskaja revoljucion-naja partija « Dasnakcutjun » (str. 494); 2. Armjanskaja S.D. Partija «Gncak» (str. 521); 3. Vsemusul'manskij sojuz «DFAJ» i Partija « Mudafie » (str. 527); 4. Mudzachidy (str. 532); 5. Musul'manskie partii « Gummet », « Ittifag », « Eseme » (str. 537).

È innanzi tutto interessante osservare che il rapporto più lungo è quello dedicato all'anarchismo: 119 pagine contro le 100 (61 + 39) dedicate ai partiti socialdemocratici, le 80 dedicate al sionismo ed al movimento ebraico, le 78 dedicate al Partito dei socialisti-rivo-luzionari.

M a questa maggiore estensione n o n deve trarre in inganno. Indubbiamente il rapporto espone con sufficiente completezza le diverse concezioni anarchiche : dopo aver menzionato anche il filosofo Zenone si sofferma su W . Godwin, P. Proudhon, M . Stirner, M . Ba-kunin, B. Tucker, L. Tolstoj, P. Kropotkin, riassumendo il loro pensiero; successivamente narra con chiarezza le principali vicende del movimento anarchico russo. Si tratta quindi di ima rassegna completa. Ma naturalmente nessuno cercherà la storia del m o v i -mento anarchico in quest'opera, la cui utilità consiste - come in tutte le fonti di questo genere - soprattutto nel fatto che essa ri-vela quale conoscenza ne avessero gli organi di polizia. D i fatto nulla di essenziale essa aggiunge, né p u ò aggiungere, alla precisa storia del movimento anarchico russo, che Paul Avrich ha pubbli-cato di recente (The Russian Anarchists, Princeton, 1967). Può tutt'al più confermare alcune affermazioni dello Avrich con dati di parte

socialista ebraico (S.E.R.P.) (p. 475); 7. Il «Gruppo popolare ebraico» e il «Partito popolare ebraico» (p. 481); 8. L'Unione della gioventù studentesca sionista di Russia (p. 483); 9. «Gamchio» (p. 487); 10. Il Congresso di unificazione dei partiti nazional-socialisti ebraici (p. 489).

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40 VENERDÌ 5 DICEMBRE 1 9 6 9 , ORE 1 5 , 3 0 avversa, p u ò c o n s e n t i r e q u a l c h e p r e c i s a z i o n e d i i m p o r t a n z a s e c o n -daria. L ' o p e r a r e d a t t a dal c o l o n n e l l o K l i m o v i c n o n è c o n f r o n t a b i l e c o n quella dello A v r i c h , f o n d a t a su d i u n a a m p l i s s i m a d o c u m e n -t a z i o n e , c o n d o -t -t a c o n in-telligenza e c o n r i g o r e . Se u n c o n f r o n -t o p u ò essere f a t t o , q u e s t o v a f a t t o t u t t ' a l p i ù c o n le o p e r e o m o g e n e e del g e n e r a l e S p i r i d o v i c , i d e n t i c h e p e r p r o v e n i e n z a e p e r i s p i r a z i o n e5.

T u t t a v i a è interessante osservare che, p e r q u a n t o al m o v i m e n t o a n a r c h i c o sia d e d i c a t o il r a p p o r t o p i ù l u n g o , n o n s e m b r a c h e le a u t o r i t à d i polizia se n e p r e o c c u p a s s e r o e c c e s s i v a m e n t e . Q u a l c h e a p p r e n s i o n e è m a n i f e s t a solo p e r la c o r r e n t e anarco-sindacalista, l ' u n i c a a d a v e r e u n a d i f f u s i o n e f r a le masse.

I n f a t t i il r a p p o r t o s u l l ' a n a r c h i s m o n o n è p r e c e d u t o d a l l ' a m m o -n i m e -n t o c h e sovrasta il r a p p o r t o sul P a r t i t o d e i socialisti-rivoluzio-n a r i : « T r a i p a r t i t i politici esistesocialisti-rivoluzio-nti i socialisti-rivoluzio-n R u s s i a , c h e m i r a socialisti-rivoluzio-n o al r o v e s c i a m e n t o d e l l ' o r d i n a m e n t o statale e sociale, u n o d e i p i ù attivi è il P a r t i t o dei socialisti-rivoluzionari. I n c o n s i d e r a z i o n e dei fini c h e esso p e r s e g u e e dei m e z z i c o n cui esso si sforza d i r a g g i u n g e r e

5. Aleksandr Ivanovic Spiridovic, generale della gendarmeria, rifugiato in Francia dopo la Rivoluzione d'ottobre, è autore di una storia del Partito dei socialisti-rivoluzionari e di una del Partito operaio social-democratico russo, fondate ambedue sulle documentazioni che gli furono accessibili durante il suo servizio nell'Ochrana. Di queste opere esistono diverse edizioni. La prima:

Revoljucionnoe dvizenie v Rossii [Il movimento rivoluzionario in Russia]. Vypusk I-j: Rossijskaja Social-Demokraticeskaja Rabocaja Partija [Il partito ope-raio social-democratico russo], SPB. 1914 [pp. 250]; Vypusk II: Partija

Socia-listov-Revoljucionerov i ee predéestvenniki [Il partito dei socialisti-rivoluzionari ed i suoi precursori]; P. 1916 [pp. 579], Del I tomo di quest'opera esiste una nuova edizione notevolmente ampliata e con titolo diverso: Istorija bol'sevizma

v Rossii ot vozniknovenija do zachvata vlasti, 1883-1903-1917, 5 prilozeniem

dokumentov i portretov [La storia del bolscevismo in Russia, dalla nascita alla conquista del potere, 1883-1903-1917, con un'appendice di documenti e di ritratti], Pariz [Parigi], 1922 [pp. 477], Del II tomo v'è una seconda edizione, più ampia, con lo stesso titolo, Partija Socialistov-Revoljucionerov i ee predsestvenniki, 1886-1916, P., 1918 (pp. 623). Di questa seconda edizione esiste una tradu-zione francese ulteriormente ampliata e con un significativo mutamento del titolo: Histoire du terrorisme russe, 1886-1917, Paris, Payot, 1930 (pp. 668). Nell'edizione francese è stata soppressa l'utilissima appendice di documenti riportati nella precedente edizione russa del 1918.

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i fini suddetti, ed altresì in considerazione dell'energia dei suoi membri e dei loro attivi interventi, il Partito dei socialisti-rivolu-zionari esige da parte degli organi di polizia la necessità dell'osservazione più attenta e più seria, dell'indagine più accurata e c o m -pleta dell'attività da esso compiuta e di una lotta organizzata e decisa contro di esso» {op. cit., p. 1).

U n avvertimento non molto diverso precede il rapporto sul Partito operaio social-democratico russo: «Il P . O . S . D . R . è un as-sociazione politica che mira al rovesciamento dell ordinamento sta-tale (e sociale) esistente nell'Impero ed alla sostituzione del medesimo con una Repubblica democratica. Occupando u n posto importante fra le organizzazioni rivoluzionarie, il P . O . S . D . R . supera tutte le altre associazioni (soobscetsvo) rivoluzionarie per il numero dei suoi seguaci e, in considerazione di tale circostanza ed altresì in considerazione dei mezzi usati da esso per la realizzazione dei suoi fini, esige da parte degli organi di indagine la necessità di una lotta molto seria e costante per troncare la possibilità di uno svi-luppo ulteriore delle sue attività» (op. cit., p. 79).

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PIER C A R L O M A S I N I

U N A R A C C O L T A D I P U B B L I C A Z I O N I R A R E E N O N C O M U N I

P E R LA S T O R I A D E L L ' A N A R C H I S M O

A Bergamo, in questi primi giorni di dicembre, ha avviato la propria attività una biblioteca che il promotore ha voluto dedicare al n o m e e alla memoria di M a x Nettlau, lo studioso dei movimenti libertari a cui tutti noi siamo debitori per la vastità e il rigore della sua opera di ricercatore, di editore e di storico. Chi scorra la biografia che R u d o l f Rocker dedicò all'amico {Max Nettlau, el Hero-doto de la anarquia, Mexico, Ediciones «Estela», 1950) e soprat-tutto la annessa bibliografia può rendersi conto del lavoro che lo studioso viennese sviluppò in mezzo secolo di instancabili ricognizioni, a cominciare da quella Bihliographie de l'anarchie, pubblicata nel 1896, che resta ancora oggi uno strumento ineguagliabile per la conoscenza delle origini dell'anarchismo. Nettlau meritava questo ricordo e lo meritava particolarmente in Italia, ai cui movimenti dette parti-colare attenzione e rilievo (basti pensare al lavoro su Bakunin e l'Internazionale in Italia dal 1864 al 1872, uscito con la prefazione di Errico Malatesta, subito dopo il Mazzini e Bakunin di Rosselli, tradotto da Flores e da Frigerio e stampato a cura del « Risveglio » di Ginevra, alla biografia di Malatesta pubblicata in più lingue;

agli appunti su Merlino, Cafiero, Galleani.

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amministra-zione, cui, troppo spesso da noi si rinviano funzioni che sono della comunità e che all'interno della comunità, direttamente e spon-taneamente, possono fiorire e prosperare.

Abbiamo indicato come tema della biblioteca i « movimenti di emancipazione»: definizione che ci è sembrata più larga di quella di «movimenti libertari» e meno consunta di quella dei «diritti del-l'uomo », anche se questo è pure il senso della qualificazione e spe-cializzazione della biblioteca: raccogliere, conservare, ordinare, illu-strare la documentazione attinente ai diritti di libertà, di dignità, di indipendenza dei lavoratori, delle donne, degli studenti, degli artisti, dei discriminati per lingua, razza, religione, sesso, età, istru-zione, condizione sociale, fisica o psichica, fin dei soldati, dei carcerati, dei preti. Quindi u n ventaglio di movimenti e di interessi: libertà personale e di gruppo, libero pensiero e libero amore, amicizia e riconciliazione dei popoli, utopia e riforma, tolleranza di religione e di antireligione, revisione e dissenso, rivendicazione antiautoritaria e rivoluzione libertaria, vecchie bandiere come pacifismo, antimilita-rismo, internazionalismo e nuove fiamme di contestazione, di eresia, di rifiuto, la antica e moderna suggestione di esperienze comunitarie autodirette, solidarietà e umanesimo, il discorso libertario riportato al centro della famiglia, della scuola, del partito, del sindacato, della chiesa. Tutto questo interessa alla biblioteca.

M a poiché di biblioteca si tratta e n o n di una centrale di p r o -paganda, ecco che il nostro compito diventa u n servizio tecnico, sia pure politicamente impegnato: u n servizio tecnico che vuol essere ampio ed efficiente. Tanto per cominciare, allegato alla pre-sente comunicazione troverete un catalogo, il primo della biblioteca1,

che elenca e, dove occorra, illustra brevemente, il materiale pos-seduto, relativamente a due argomenti: La Prima Internazionale e la Comune di Parigi e il movimento del Libero Pensiero. Esaminando il catalogo potrete farvi un'idea del lavoro che ci apprestiamo a svolgere. Il materiale finora accumulato ci consente di pubblicare molti altri cataloghi: sul sindacalismo rivoluzionario, sull'emancipa-zione femminile, sui movimenti per la pace, oppure biografici

(Proudhon, Bakunin, Kropotkin, Merlino, Fabbri, Berneri, lo stesso Nettlau; ed ancora Turati, Treves, Modigliani, Matteotti su tut-t'altro versante politico), oppure ancora su correnti letterarie, dalla scapigliatura al verismo.

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La biblioteca n o n vuol essere un deposito di libri ma qualcosa di vivo, di comunicante. Per questo ciascun catalogo costituisce una piccola e, confidiamo, utile guida bibliografica per studiosi e per studenti.

Altre direzioni in cui la biblioteca intende operare è la rico-struzione dell'attività editoriale di certi gruppi: pensiamo ad un catalogo delle pubblicazioni edite da Luigi Bertoni a Ginevra intorno a «Il Risveglio - Le Reveil», dalla Libreria Sociologica di Paterson, da Camillo di Sciullo a Chieti intorno a « Il Pensiero », da Giuseppe Monanni a Milano con la Libreria Sociale, da «L'Adunata dei refrattari » a N e w - Y o r k , dall'editore Stock di Parigi, dalla rivista « T e m p s Nouveaux»; e per uscire dal campo anarchico un catalogo delle pubblicazioni edite da « Critica sociale », dall'editrice « Avanti ! », o per risalire più indietro da Flaminio Fantuzzi e da Enrico Bignami. Forse sovrapponendo questo criterio al criterio tematico e il cri-terio tematico a quello biografico, certi titoli saranno ripetuti (e di ciò verrà data avvertenza). M a non sarà questo u n inconve-niente.

U n settore a cui poco si è pensato è quello della ricostruzione microfilmica delle collezioni dei più rari periodici anarchici, socia-listi, repubblicani. Ricollegando i numeri sparsi nelle biblioteche e negli archivi d'Europa sarà possibile impiantare un lavoro del genere, rivolto a colmare lacune, soprattutto per i numeri seque-strati (pensiamo ad esempio ad una collezione completa de «La Plebe», sia pure in microfilm, o di altri periodici del periodo della Prima Internazionale). U n altro lavoro, assai più impegnativo, è quello degli indici. La biblioteca ad esempio che possiede le col-lezioni complete del « Politecnico » e di « Critica sociale » penserebbe di mobilitare dei giovani collaboratori volontari per un indice di questi due periodici: cronologico, per autori, per materia, con attribuzione degli anonimi e identificazione degli pseudonimi. U n lavoro che n o n è stato purtroppo fatto neppure in occasione della recente pubblicazione di antologie da periodici di pur fondamentale importanza per la storia della cultura in Italia.

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appunto pensato ad un Museo degli Esuli, per i quali nessun «diritto di copia» ha operato a salvaguardia e conservazione di un grande patrimonio ideale.

Confidiamo per il nostro lavoro nei contributi dei soci bene-meriti e ordinari (che v o r r e m m o numerosi e assidui); confidiamo anche nella collaborazione di istituzioni consorelle maggiori, come il Centre Internazional de Recherches sur l'Anarchisme (C.I.R.A.) di Losanna, la Fondazione Einaudi di Torino, benemerita promotrice di questo seminario, il Centro Ligure di Storia Sociale di Genova, la Biblioteca Giangiacomo Feltrinelli di Milano, l'Umanitaria di Milano, la Domus Mazziniana di Pisa, l'Archivio Berneri di Pi-stoia, l'Opera Modigliani di R o m a ; contiamo anche sui contatti per scambio di materiale e di informazioni, con amici di cui è noto l'amore e la cura con cui hanno costituito e incrementato le loro biblioteche private come Enrico Bassi di Bologna, Giulio Polotti di Milano, Gino Cerrito di Firenze, Terenzio Grandi di Torino, Luigi Dal Pane in R o m a g n a ed altri ancora.

U n collegamento particolare ricercheremo con la scuola. E già in preparazione una riunione a livello locale con insegnanti e c o m -pilatori di testi scolastici per elementari e medie sul tema: L'Italia nella prima guerra mondiale: miti e realtà. Lo scopo è dichiarato: quello di sottrarre finalmente l'evento alla retorica nazionalistica e di inquadrarlo criticamente in una visione internazionalistica e pacifista; che è poi quella alla quale per ispirazione costituzionale, per orientamento di programmi, per impegni internazionali formal-mente sottoscritti dovrebbero attenersi l'insegnamento della storia e l'educazione civica.

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GIAN M A R I O BRAVO

Chiamato direttamente in causa dall'amico Leo Valiani, desidero intervenire immediatamente, all'inizio dei lavori. Premetto che la mia breve comunicazione, distribuita in duplicato, è destinata a seguire la relazione di Jean Maitron, relativa al Pensiero anarchico tradizionale e la rivolta dei giovani. In essa mi son riferito a un anarchismo specifico e ben determinato: non a quello tradizionale, all'anarchismo, direi fra virgolette, « organizzato » o delle « organizzazioni », ma a un certo tipo di spirito libertario.

Penso innanzi tutto che sia opportuno rilevare che si sono presen-tati storicamente tre tipi di anarchismo, relativi a tre diversi stadi storici. Non si ha soltanto un anarchismo spontaneo, di cui si possono trovare le tracce relative nel periodo pre-capitalistico; direi che, oltre a questo, esiste un anarchismo proprio del periodo di affermazione del capitalismo, della rivoluzione industriale, di quel fenomeno che oggi si potrebbe chiamare paleo-capitalismo. Ci si può riferire qui al-l'anarchismo bakuniniano, che ha come punto di riferimento il sotto-proletariato delle città e delle campagne, o di quell'anarchismo degli intellettuali, che già Antonio Labriola, alla fine del secolo scorso, iden-tificava come proprio di esponenti della piccola borghesia italiana, soprattutto meridionale.

Oggi viviamo in epoca di neo-capitalismo: nella mia comunicazione ho precisato che volevo unicamente riferirmi ai paesi neo-capitalistici, cioè agli Stati dell'Europa ad alto sviluppo industriale, e in particolare a quelli occidentali: certamente ci sono problemi non risolti nell'Oriente cosiddetto « socialista », nelle democrazie popolari ; ma la rivolta studen-tesca è scoppiata soprattutto in Occidente, mentre all'Est ha avuto carat-teri e obbiettivi decisamente diversi.

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noda a un ceto particolare: è cioè espressione di ambienti ben definiti, che possono identificarsi con la piccola borghesia. Penso quindi che si possa affermare che oggi l'anarchismo deriva direttamente dal mondo borghese, ed è proprio un'espressione dell'istanza di rivolta dell'indivi-dualismo'piccolo-borghese. Si può dire che si ha un ritorno all'anarchismo stirneriano, individualistico, dove viene accentuato l'egoismo dell'uomo singolo, cioè a quell'anarchismo completamente negativo, che respinge la società, e non mira e non vuole null'altro se non il rifiuto della società: un'anarchismo, in sostanza, irrazionalistico.

È irrazionalistico perché si pone un unico scopo, che può esser giudicato positivo: il fine della rivolta, della ribellione. Ma rivolta e ribellione non sono rivoluzione. Nella mia comunicazione scritta, intendo dire non tanto che oggi non esistano anarchici, o che non sia presente una volontà libertaria: anzi, questo spirito c'è, è positivo, ed è necessario che ci sia. Sostengo anche, però, che quella che viene definita « rivoluzione », è una rivolta, o, se proprio la si vuole chiamare rivoluzione, la si deve dire «apparente»: è una rivoluzione illusoria.

In conclusione il giudizio che do dell'anarchismo non è negativo, anzi, in esso proprio oggi si presentano elementi decisamente positivi. L'aspetto maggiormente positivo è quello rilevato da tutti, e ribadito a conclusione della sua relazione da Valiani: l'aspirazione alla libertà, comune non soltanto agli anarchici, ma che gli anarchici sono riusciti a trasferire nel mondo nel quale hanno agito. Andrei ancor più in là, affermando che la continua critica libertaria degli anarchici ha influito anche positivamente, almeno dal punto di vista ideologico se non da quello politico-organizzativo, sugli stessi partiti che si richiamano al marxismo, cioè sui partiti politici della classe operaia.

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connesse colla realtà entro la quale il cattolicesimo-sociale stesso agisce, si potrà operare il trapasso dalla rivoluzione illusoria-apparente alla rivo-luzione effettiva.

SILVIA R O T A GHIBAUDI

Desidero soltanto sottolineare un aspetto dell'interpretazione dell'anar-chismo : secondo l'intervento dell'amico Bravo, e, precedentemente, secondo quanto è stato osservato dal prof. Valiani, l'elemento fondamen-tale di «valutazione negativa» nei confronti dell'anarchismo del passato, e anche contemporaneo, sarebbe dato dal fatto che si tratta di un movimento che si oppone esclusivamente al potere esistente; da ciò sembra dedursi implicitamente che, negando il potere esistente, esso non intenda sostituirlo. Ora, direi che dall'analisi dei movimenti anar-chici del passato, e forse anche dallo studio di quelli presenti (e qui sarei più cauta, perché non ho condotto ancora analisi e studi specifici), si rileva che loro intenzione non è soltanto d'abbattere il potere esistente, ma soprattutto di dislocarlo, cioè trasportare il potere da certi organi tradizionali per innestarlo in altri organi che non sono ancor stati istituzionalizzati sul piano storico, ma che proprio l'anarchismo intende istituzionalizzare. Quindi, di conseguenza, non si tratta soltanto di una lotta negativa contro il potere esistente, ma del tentativo d'instaurare una nuova forma di potere, tanto nuova che viene identificata col nulla. Ma, direi, questa identificazione nei confronti del movimento anarchico avviene soprattutto in funzione polemica: si ha così modo di abbattere l'elemento positivo dell'anarchismo rifiutandogli ogni prospettiva posi-tiva, che invece nell'anarchismo è parallela a quella negativa di rifiuto del potere esistente; infatti esso nello stesso tempo tende a proporre forme organizzative, sia pure con sistemi diversi da quelli tradizionali, e un potere diverso, che evidentemente è un potere di piccole colletti-vità, di piccoli gruppi che si autogestiscono.

FREDERICA M O N T S E N Y

Je rends hommage à la bonne volonté du Professeur Valiani et à l'effort méritoire qu'il a fait pour exposer les grandes lignes de la pensée anarchiste. Mais je dois dire qu'à mon avis il n'est pas allé au-delà de ce qu'on pourrait qualifier d'anarchisme du xixe siècle, réduisant singulière-ment les perspectives de l'anarchisme dans son ensemble. En parlant des anarchistes espagnols, par exemple, il ne cite que des hommes du xixe

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