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Annali della Fondazione Luigi Einaudi Volume 3 Anno 1969

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« ANNALI DELLA FONDAZIONE LUIGI EINAUDI »

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(5)

A N N A L I

della

FONDAZIONE LUIGI EINAUDI

TORINO

(6)

Direzione: Comitato Scientifico della Fondazione Luigi Einaudi Manoscritti e pubblicazioni: Fondazione Luigi Einaudi, Via Arsenale 33 - iomi Torino.

(7)

I .

(8)
(9)

I. LE PERSONE

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

GROSSO prof. Giuseppe, presidente rappresentante del Comune di Torino.

A L L A R A prof. Mario

rettore dell'Università degli studi di Torino.

C A L L E R I DI SALA dott. Edoardo

presidente della Cassa di Risparmio di Torino.

CASANOVA prof. Antonio Glauco

rappresentante dello Stato italiano (fino all'ottobre 1969).

D ' A R O M A dott. Antonio

segretario generale della Banca dei regolamenti internazionali, Basilea (Svizzera).

D E DOMINICI S avv. Salvatore

segretario del Consiglio di amministrazione della FIAT S.p.A.

EINAUDI prof. Mario

presidente del Comitato scientifico della Fondazione Luigi Einaudi.

EINAUDI ing. Roberto

rappresentante della famiglia Einaudi.

JONA prof. Luciano

presidente dell'Istituto bancario San Paolo di Torino.

LOMBARDINI prof. Siro

(10)

8 CRONACHE DELLA FONDAZIONE O B E R T O avv. Gianni

presidente della Provincia di Torino.

CICOTERO dott. Amilcare, segretario

segretario generale della Provincia di Torino.

C O M I T A T O SCIENTIFICO EINAUDI prof. Mario, presidente

Walter S Carpenter Professor of International and Comparative Folitics; Director of the Center for International Studies, Cornell University,

Ithaca (USA).

BOBBIO prof. Norberto

ordinario di Filosofia del diritto, Università di Torino.

C I P O L L A prof. Carlo M. .

ordinario di Storia economica, Università di Pavia (fino al gennaio 1969).

CONTINI prof. Bruno

incaricato di Statistica, Università di Torino (dal luglio 1969).

FIRPO prof. Luigi . .

ordinario di Storia delle dottrine politiche, Università di Tonno.

FORTE prof. Francesco

ordinario di Scienza delle finanze, Università di Tonno.

GRAZIANI prof. Augusto

ordinario di Economia politica, Università di Napoli (dal novembre 1968).

LOMBARDINI prof. Siro v .

ordinario di Politica economica e finanziaria, Università di lonno.

MOMIGLIANO dott. Franco

dirigente industriale, responsabile della direzione studi economici e pro-grammazione della Ing. C. Olivetti & C. S.p.A. (dal gennaio 1969).

P A S S E R I N D'ENTRÈVES ET C O U R M A Y E U R prof. Alessandro

ordinario di Filosofia politica, Università di Torino.

SRAFFA prof. Piero .

ordinario di Economia politica, Università di Cagliari, e Fellow di Trinity College, Cambridge (Inghilterra) (fino al dicembre 1968).

STEVE prof. Sergio

ordinario di Scienza delle finanze, Università di Roma.

V E N T U R I prof. Franco

(11)

LE PERSONE 9

COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI C A F A S S O dott. Giuseppe

ragioniere capo della Provincia di Torino.

Lo SANO rag. Eugenia

capo ufficio ragioneria dell'Università degli studi di Torino.

O C C E L L A rag. Ennio

ragioniere capo del Comune di Torino.

B I B L I O T E C A SPINAZZOLA FRANCESCHI dott. Dora, direttrice. V I T T O R I Cesare, bibliotecario.

B E R T O Daria, segretaria.

CORALLINI Anna, assistente bibliotecaria.

G U G L I E L M I N E T T I Laura, assistente bibliotecaria.

As S E L L E T O N A R E L L I Annamaria, impiegata. A R C H I V I O DORIGO Stefania, archivista.

SEGRETERIA GIORDANO ARMAND-HUGON Estella, segretaria. MOROSINI Giovanna, economa.

TRUCANO Albina, impiegata.

R I C E R C A T O R I 1

BONELLI dott. Franco

(v. « Annali », II, 1968, p. 10).

Osservazioni e dati sul finanziamento dell'industria italiana all'inizio del secolo XX,

« Annali della Fondazione Luigi Einaudi », II, 1968, pp. 258-286.

Arturo Bocciardo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della

Enci-clopedia Italiana, voi. XI, 1969, pp. 89-93.

Luigi Bodio, ivi, pp. 103-107.

Massimo Bondi, ivi, pp. 730-734 (in collaborazione con Mario Barsali).

(12)

1 0 CRONACHE DELLA FONDAZIONE

BRAVO prof. Gian Mario (v. « Annali », II, 1968, p. 10).

Das Revolutionsbild der Sozialisten vor Marx, in Studien uber die Revolution,

Ber-lin, Akademie Verlag, 1968, pp. 245-269.

Il concetto di rivoluzione nel socialismo premarxista, « Il pensiero politico », II,

1969, n. 2, pp. 224-254.

Correnti politiche e divisioni nazionali nella Prima Internazionale, « Studi storici »,

X, 1968, n. 3, pp. 616-624.

Profilo intellettuale e politico di Carlo Barione Petitti di Roreto (1790-1850),

« Annali della Fondazione Luigi Einaudi », II, 1968, pp. 121-183.

Edizione di: CARLO ILARIONE PETITTI DI RORETO, Opere scelte, Torino, Fondazione

Luigi Einaudi, 1969, 2 voli.

CASTRONOVO prof. Valerio

(v. « Annali », II, 1968, p. 10).

Economia e società in Piemonte dall'Unità al 1914, Milano, Banca Commerciale

Italiana, 1969.

Cozzi prof. Terenzio

(v. « Annali », II, 1968, p. 10).

Sviluppo e stabilità dell'economia, Torino, Fondazione Luigi Einaudi, 1969. Un modello per l'analisi della distribuzione ottima degli investimenti, « Annali

del-la Fondazione Luigi Einaudi », II, 1968, pp. 75-100.

L U Z Z A T I dott. Enrico

(v. Lamarmora, 70 - Torino) (v. « Annali », II, 1968, p. 11).

M A R U C C O dott. Dora

(v. « Annali », II, 1968, p. 12).

SECHI dott. Salvatore

(v. « Annali », II, 1968, p. 12).

Edizione di: C . PISACANE-G. LA MASA, La guerra del 1848-49 in Italia, Napoli,

F. Rossi, 1969.

Dopoguerra e fascismo in Sardegna, Torino, Fondazione Luigi Einaudi, 1969.

SIRUGO prof. Francesco

(v. « Annali », II, 1968, p. 11).

Edizione di: FRANCESCO FERRARA, Opere complete, voi. V I I I , Artìcoli su giornali

(13)

LE PERSONE 11

STORACI dott. Marina

(v. « Annali », II, 1968, p. 12).

Edizione di: L'archivio Paolo Thaon di Revel, « Annali della Fondazione Luigi Einaudi », II, 1968, pp. 333-626.

TRANFAGLIA prof. Nicola (v. « Annali », II, 1968, p. 13).

Dalla neutralità italiana alle origini del fascismo, «Studi storici», 1969, n. 2,

pp. 1-52.

Edizione di: G. FERRARI, Storia delle rivoluzioni d'Italia, Napoli, F . Rossi, 1969,

3 voli.

B O R S I S T I A G O S T I dott. Aldo

(v. « Annali », II, 1968, p. 11).

Le matrici revisioniste della pianificazione democratica: il pianismo, « Classe », I,

1969, pp. 241-260.

Appunti per una biografia politica di Rodolfo Morandi (1930-1933), « Il

Movi-mento di Liberazione in Italia», 1969, luglio-settembre, pp. 53-87; ottobre-dicem-bre, pp. 3-34.

Recensione di: ROSA LUXEMBURG, Scritti politici, in « Il Pensiero Politico », I ,

1968, pp. 307-309.

Recensione di: ERMANNO BARTELLINI, La rivoluzione in atto e altri scritti, in « Il

Pensiero Politico », I, 1968, pp. 472-474.

Recensione di: NICOLA TRANFAGLIA, Carlo Rosselli dall'interventismo a « Giustizia

e Libertà », in « Il Pensiero Politico », II, 1969, pp. 144-145.

ANDREASI dott. Annamaria (v. « A n n a l i » , II, 1968, p. 11).

La Federazione Edilizia e il movimento sindacale italiano (1900-1915), «Annali

della Fondazione Luigi Einaudi », II, 1968, pp. 213-255.

B U L L I O DRANZON dott. Pieraldo

(corso De Nicola, 28 - Torino). Nato a Torino nel 1941; laureato in Filosofia (Università di Torino) nel 1967. Tesi di laurea in Storia moderna: « L'evolu-zione patrimoniale degli Scarampi di Camino dalla seconda metà del secolo xvi alla prima metà del secolo XVIII », relatore il prof. F. Venturi.

Ricerche sulla risaia in Piemonte.

CAPPELLI P i e r f r a n c o

(14)

12 CRONACHE DELLA FONDAZIONE

sul tema: « Un metodo applicato al modello dell'economia italiana del prof. P. Sylos Labini », con il prof. G. Parenti.

Ricerche sui metodi di stima simultanea.

C A R A M E L L I dott. Vincenzino

(via De Rubeis, 21 - Pinerolo, Torino). Nato a Fossano (Cuneo) nel 1942; laureato in Giurisprudenza (Università di Torino) nel 1965. Tesi di laurea in Scienza delle finanze: « Ostacoli tariffari e non tariffari alle esportazioni di ma-nufatti dei paesi in via di sviluppo », relatore il prof. F. Forte. Master's Degree in Economics (West Virginia University) nel 1968.

Ricerche sulla politica industriale e commerciale nelle aree in via di sviluppo.

Sulla interazione tra deficit di divise e deficit di risparmio nel quadro della politica di industrializzazione delle economie in via di sviluppo, « Annali della Fondazione

Luigi Einaudi », II, 1968, pp. 101-119.

Collaborazione alla raccolta ed elaborazione del materiale statistico per il saggio:

G . ZANDANO, Sviluppo economico e struttura delle t a r i f f e ecc., Roma, Istituto per

l'economia europea, 1967. NEJROTTI dott. Mariella (v. « Annali », II, 1968, p. 12).

Correnti anarchiche e socialiste a Torino (1870-1888), «Annali della Fondazione

Luigi Einaudi », II, 1968, pp. 185-212.

SECHI dott. Manlio

(via S. Maria, 6 - Calangianus, Sassari). Nato a Calangianus (Sassari) nel 1941; laureato in Scienze politiche (Università di Sassari) nel 1964. Tesi di laurea in Politica economica: « Il deterioramento delle ragioni di scambio nei paesi sottosviluppati », relatore il prof. C. Ruini. Ricercatore nelle Università di Roma e Reading (Inghilterra).

Ricerca sugli aspetti internazionali dello sviluppo economico. SELMER dott. Peter

(Jakob Schiffstr. 15 - 6 Frankfurt am Main 50, Germania). Nato a Franco-forte sul Meno (Germania) nel 1941; laureato in Sociologia (Università di Francoforte sul Meno, Germania) nel 1967. Tesi di laurea in Sociologia: « Il cambiamento della funzione dell'organizzazione e della democrazia interna nel-la socialdemocrazia tedesca », renel-latore il prof. T. W. Adorno.

Ricerche sull'atteggiamento degli operai di fabbrica verso i problemi dell'istru-zione secondaria superiore e universitaria.

V E R C E L L I dott. Alessandro

(15)

econo-LE PERSONE 13

mica: « Dinamica e struttura nella modellistica economica », relatore il prof. S. Lombardini.

Ricerca per la critica dei modelli dinamici della Theory of growth ed elabora-zione di modelli cibernetici di tipo dialettico.

BENEFICIARI DI CONTRIBUTI DI STUDIO BECCALLI SALVATI d o t t . B i a n c a

(corso di Porta Romana, 74 - Milano). Nata a Pavia nel 1938; laureata in Fi-losofia (Università di Pavia) nel 1962. Tesi di laurea in FiFi-losofia teoretica: « Durkheim e il concetto di anomia », relatore il prof. R. Cantoni.

Ricerche sulla storia delle organizzazioni sindacali e la partecipazione sinda-cale degli operai metalmeccanici nella provincia di Milano, con particolare ri-guardo alla CGIL.

Due recenti indirizzi nello studio della modernizzazione: Barrington Moore e Rein-hart Bendix, « Quaderni di sociologia », 1968, n. 4, pp. 419-433.

FERRI dott. Sergio

(v. « Annali », II, 1968, p. 11).

Residente per un soggiorno di studio e corso di perfezionamento presso l'Uni-versity of Southern California.

LUNADEI GIROLAMI d o t t . S i m o n a

(v. « Annali », II, 1968, p. 13).

Ricerche sullo sviluppo industriale e sulle lotte operaie a Torino dal 1929 al 1939.

MOROSINI dott. Giuseppe

(via C. Colombo, 3 - Torino). Nato a Siena nel 1935; laureato in Filosofia (Università di Torino) nel 1960. Tesi di laurea in Sociologia: « Le classi so-ciali nella sociologia contemporanea », relatore il prof. N. Bobbio.

(16)

14 CRONACHE DELLA FONDAZIONE

II. L'ATTIVITÀ CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

Il Consiglio di amministrazione si è riunito tre volte e ha discusso i se-guenti argomenti principali:

6 novembre 1968

Approva all'unanimità il verbale della seduta del 17 luglio 1968; su pro-posta del prof. Mario Einaudi approva la riconferma, p e r u n s e c o n d o m e n n i o dei membri del Comitato scientifico Norberto Bobbio e Siro Lombardini, il cui mandato scade il 31 dicembre 1968, e del prof. Bruno Contmi come rnstUng

professor; ratifica la nomina del prof. Augusto Graziarli^ dell'Università: di

Napoli, in sostituzione del membro dimissionario prof. Caffé; autorizza il pre-sidente del Comitato scientifico a chiamare presso la Fondazione il prò . Pea-cock in qualità di visiting professor per 6 mesi (1° gennaio - 30 g i u ^

esposizione dei programmi di lavoro della Fondazione p e r i anno 968-1969

(rapporti col COSPOS, assistenza e aiuti a studiosi polacchi e cechi); approva l'acquisto della Biblioteca Spellanzon; comunicazioni del prof. Einaudi su l

as-sunzione di nuovo personale (l'archivista Stefania Dorigo, 1 economa Giovanna Morosini); riassunto delle decisioni circa gli investimenti; informazioni sul

di-segno di legge per un contributo dello Stato alla Fondazione.

16 gennaio 1969

Comunicazioni del dott. Cicotero sul rinnovo dei consiglieri degli enti finan-ziatori in seno al Consiglio d'amministrazione; approvazione della nomina del dott. Franco Momigliano quale membro del Comitato scientifico in sostituzione del prof. Sraffa, scaduto per limiti d'età; esposizione da parte del ProEEmaud delle linee generali del bilancio consuntivo dell'esercizio 1968; modifiche d dicitura nel bilancio; approvazione del bilancio p r e v e n t i v o ! 9 6 9 ; proposte per

(17)

L'ATTIVITÀ 15 9 luglio 1969

Notizie dell'avvenuta conferma dei consiglieri per il triennio 1969-1971 e rielezione del prof. Grosso alla carica di presidente; approvazione del bilancio consuntivo 1968 e di quello preventivo 1969; relazione del prof. Einaudi sulla nuova sede, il Palazzo d'Azeglio, che ospiterà la Fondazione, e sulle decisioni prese dal Comitato scientifico circa l'attività scientifica e la nomina di nuovi membri, di ricercatori e borsisti.

COMITATO SCIENTIFICO

Nel periodo di preparazione e di organizzazione dell'attività dell'anno 1968-1969, il Comitato scientifico si è riunito sei volte. Principali argomenti discussi e decisioni:

7 ottobre 1968

Comunicazione del prof. Einaudi sull'incontro avuto il 3 ottobre coi ricer-catori e borsisti e sull'approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, del disegno di legge che prevede un contributo dello Stato a favore della Fonda-zione. Vengono esaminati i programmi dei corsi di Econometria e di Modelli di sviluppo, a cura, rispettivamente, dei professori Contini e Cozzi; viene invi-tato il prof. Ruggiero Romano a tenere un seminario sull'America Latina, coordinato dal ricercatore Salvatore Sechi; si approva il seminario, proposto dal prof. Lombardini, sull'Equilibrio generale, al quale parteciperanno i pro-fessori C. Napoleoni, P. Garegnani, L. Pasinetti e A. Graziani; viene appro-vata la proposta del prof. Einaudi di mettere a disposizione del COSPOS due borse di studio; il prof. Augusto Graziani, dell'Università di Napoli, è chia-mato a sostituire il membro dimissionario, prof. Caffè; il prof. Firpo fa il punto sulla preparazione del secondo volume degli « Annali ».

5 novembre 1968

(18)

1 6 CRONACHE DELLA FONDAZIONE

carte di Luigi Einaudi esistenti a Roma; il prof. Venturi assume l'impegno di curare, per la serie dei classici della Fondazione, un volume delle opere italiane di Antonio Genovesi.

14 gennaio 1969

Si discute la sostituzione del prof. Sraffa, scaduto per limiti d'età, e la scelta cade sul nome del dott. Franco Momigliano; vengono esaminati i semi-nari del prof. Romano sull'America Latina, del prof. Lombardini sul![Equili-brio generale, e il convegno sull'anarchismo; si comunica che il prof. Peacock ha accettato di trascorrere il primo semestre del 1970 a Torino, presso la Fon-dazione; si fa una rassegna degli altri professori, la cui venuta e possibile (Mo-digliani, Laski, Gerschenkron); il prof. Firpo illustra il contenuto del voi II degli « Annali »; si approva la proposta del prof. Contini di un « lettore ester-no » che esamini il materiale presentato per la pubblicazione; viene discusso lo schema, presentato dal prof. Firpo, per il catalogo a soggetto della biblioteca. 25 gennaio 1969

Il prof Einaudi dà notizia dei programmi previsti per il 1969-1970; viene preso in esame il problema dei rinnovi delle borse, delle promozioni e delle nuove nomine; si concorda nel ritenere possibile una permanenza in Fondazio-ne degli elementi meritevoli e utili per un periodo superiore al massimo di sette anni attualmente previsto; si appronta il nuovo testo del bando di concorso.

16 giugno 1969

Il prof. Einaudi espone il risultato degli incontri avuti con ricercatori e borsisti sui seminari interni ed esterni, e sugli indirizzi di ricerca della Fonda-zione- il Comitato scientifico accoglie la proposta di riunioni regolari con bor-sisti e ricercatori per discutere problemi di interesse comune, riunioni che coin-cideranno con i giorni (o la vigilia) della seduta del Comitato; viene informato il Comitato sulla situazione finanziaria e sulla nuova sede; vengono accolte con interesse le proposte di rapporti di collaborazione e di scambi accademici col St. Anthony's College di Oxford, secondo quanto espresso dal prof. Adrian Lyttelton nella sua visita alla Fondazione.

7 luglio 1969

(19)

L'ATTIVITÀ 17

SEMINARIO S U L SOTTOSVILUPPO

Nello prospettiva dell'ampliamento degli interessi della Fondazione al pro-blema dell'arretratezza e del sottosviluppo, hanno avuto luogo due seminari: uno sulle Strutture politiche ed economiche dell' America Latina, diretto dal prof. Ruggiero Romano, dell'École Pratique des Hautes Études di Parigi, e l'altro, più ristretto, diretto dal prof. Witold Kula dell'Università di Varsavia. I seminari, tenuti presso la sede della Fondazione, si sono svolti intorno ai seguenti temi:

10 e 11 aprile 1969

RUGGIERO ROMANO, Definizione storica di alcuni concetti ricorrenti nella teoria economica sul problema del sottosviluppo: rivoluzione industriale e rivo-luzione agraria, meccanismo dello sviluppo ecc. Due lezioni.

21 e 22 aprile 1969

W I T O L D K U L A , Sottosviluppo economico nella prospettiva storica. Due lezioni. 23 aprile 1969

Tavola rotonda dei professori W. Kula e R. Romano sul tema: Economia

na-turale e economia monetaria nelle origini dell'Europa moderna (secoli XVI e XVII).

7-9 maggio 1969

RUGGIERO ROMANO, Il Cile. Il Brasile: un'economia « ciclica ». L'Argentina.

Tre lezioni.

21-23 maggio 1969

RUGGIERO ROMANO, Il Guatemala: il ruolo politico dell'esercito, della chiesa e del banco centrale. Il Messico: dal Porfiriato alla rivoluzione e alle attuali strozzature dello sviluppo. Le contraddizioni degli anni '30: la struttura industriale dell'America centro-meridionale. Tre lezioni.

4 e 6 giugno 1969

RUGGIERO ROMANO, La funzione di strozzatura economica costituita dall'of-ferta illimitata di terra. La sociologia latino-americana e il ruolo della « città ». Due lezioni.

SEMINARIO S U L L A TEORIA D E L L ' I M P R E S A

Nel quadro del seminario sui nuovi orientamenti della Teoria dell'impresa, si sono svolte nel periodo marzo-aprile 1969 alcune riunioni a cui hanno par-tecipato, in qualità di relatori, i professori Paolo Sylos-Labini, Siro Lombardini e il dott. Franco Momigliano.

(20)

18 CRONACHE DELLA FONDAZIONE CORSO DI ECONOMETRIA

Il corso di econometria, svolto tra il mese di ottobre 1968 e il mese di giugno 1969, è da considerare un logico proseguimento del corso di Mate-matica e Statistica per Economisti tenuto l'anno precedente dal prof. Bruno Contini. , ,

Lo scopo del corso era quello di fornire gli strumenti metodologici neces-sari per affrontare problemi di misurazione e di stima di parametri nei modelli economici di cui la ricerca empirica in economia si serve o r m a i abitualmente.

Si è quindi cercato di porre in evidenza le possibilità di applicazione delle diverse tecniche nel contesto dei modelli più noti (la funzione di consumo, più versioni delle funzioni della produzione, alcuni modelli del ciclo ecc.), pur non trascurandone la giustificazione teorica. . ,

Gli argomenti svolti sono quelli elencati nella descrizione del corso sotto indicata.

A Richiami di teoria statistica: 1. Teoria statistica della stima; 2. Cenni su

alcune distribuzioni campionarie; 3. Cenni sulla stima di intervalli fidu-ciari; 4. Cenni sulla teoria della prova delle ipotesi.

B Modelli lineari a due variabili: 1. Metodo dei minimi quadrati; 2

Coeffi-ciente di correlazione; 3. Analisi della varianza; 4. Cenni su modelli non lineari.

C ModeUi economici e inferenza statistica: 1. Un modello di domanda e of-ferta; un modello keynesiano elementare; 2. Causalità e modelli ricorrenti; 3. Inferenza statistica; 4. La funzione di consumo.

D. Il modello lineare in forma generale.

E Problemi speciali nel modello lineare: 1. Errori nelle variabili; 2.

Auto-correlazione e modelli con « distributed lags » ; 3. Multicollineanta; 4. Va-riabili « dummy » e analisi della covarianza;

F Stima su sistemi di equazioni simultanee: 1. Variabili endogene ed

eso-gene; sistema in forma ridotta; 2. Il problema della identificazione; 3. Me-todo di stima - Studi di simulazione.

G. Analisi critica di alcuni modelli macroeconomici: 1. Olanda; 2. U.S.A.;

3. Italia.

CORSO SUI MODELLI ECONOMICI DISAGGREGATI

(21)

L'ATTIVITÀ 19

Il programma può essere schematizzato nei seguenti punti: 1. Modello sta-tico di Leontief (chiuso e aperto); 2. Teorema di non sostituzione; 3. Modello dinamico di Leontief. Difficoltà di tale modello e soluzioni proposte: la solu-zione di Dorfmann, Samuelson e Solow, altri tipi di soluzioni; 4. Modello di Von Neumann; 5. Estensioni del modello di Von Neumann; 6. Modello di svi-luppo a crescita non proporzionale; 7. Cenni sui modelli di svisvi-luppo ottimale.

BIBLIOTECA

Nel corso del terzo anno accademico, si sono ulteriormente integrati i fondi della biblioteca di Luigi Einaudi. Si sono avuti in particolare trecentoquaranta nuovi abbonamenti, cambi e omaggi di riviste italiane in corso di pubblica-zione (che si aggiungono alle centosessanta in dotapubblica-zione in passato), e cento-cinquantasei nuovi abbonamenti, cambi e omaggi di riviste straniere in corso di pubblicazione (che si aggiungono alle duecentosessanta esistenti).

Fra il 1° settembre 1968 e il 31 agosto 1969 sono state acquisite dalla biblioteca circa tredicimila opere italiane e straniere, nuove e di antiquariato (fra essi si hanno i circa diecimila libri e opuscoli della biblioteca Spellanzon) che si aggiungono ai cinquemila volumi esistenti, acquistati o pervenuti in omaggio nei due precedenti anni di attività.

Verso la fine del terzo anno di attività ha avuto inizio il lavoro di scheda-tura per il catalogo a soggetto delle nuove accessioni. È cominciato il trasfe-rimento a Torino dei fondi della raccolta di Luigi Einaudi: in particolare si è completato il trasporto di tutte le riviste esistenti a Dogliani. Il trasferimento completo della biblioteca è previsto per l'estate-autunno 1970.

SEDE

(22)

20 CRONACHE DELLA FONDAZIONE

BORSE DI STUDIO

Il testo del bando per Borre di studio e posti di ^ g f j g J ^ k

Fondazione per Vanno 1969-1970 è stato diffuso il 1° marzo 1969 ed era così

formulato:

1 _ La Fondazione Luigi Einaudi è sorta a T o r i n o p e r favorire gli gaffi eco^

rieimrino nella sfera dei suoi interessi e di con.inn.re . promuovere core, e semm.n nel campo delle scienze sociali.

2 - La Fondazione offre borse di studio e posti di ricercatore

Le borse di studio hanno la durata iniziale di un anno e sono rinnovabili per

UI1 SS s d T r i c e r c a t o r e per un terzo e quarto anno possono venire offerti a quei

giungimento dei fini della Fondazione. „

8 I ricercatori seniores, nominati per tre anni, con compiti di udrò e d oUa

borazione determinati caso per caso d'accordo col Comitato scientifico, sono fra i ricercatori della Fondazione od altri studiosi.

3. - L'ammontare annuo delle borse per le tre categorie è, rispettwamente di L. 1.200.000 (più alloggio gratuito al Collegio universttario i T o r i n o ) U ^20aOO^ L. 2.800.000. I titolari delle borse sono assicurati a carico della Fondazione contro

gli infortuni e le malattie. . ,. 4 _ La Fondazione conferirà un certo numero di borse di primo anno d

posti di ricercatore a giovani studiosi scelti fra i candidati che ne avrannoufeto domanda entro il 31 maggio 1969. I candidati verranno informati delle decisioni del Comitato scientifico entro il 15 luglio 1969.

5. _ I prescelti dovranno risiedere a Torino e partecipare, a pieno tempo, ai lavori della Fondazione. . .. .

6 - La domanda, dattiloscritta in carta semplice, dovrà essere mdinzzat a Fondazione (via Arsenale 33, 10121 - Torino); essa dovrà

dichiarazione di accettazione del punto 5. La domanda sara inoltre corredata da.

a) un curriculum vìtae atto a chiarire gli studi fatti, i voti ottenuti e in

ge-^ ' ge-^ T u n f r X S n l ì l illustri in modo ampio e preciso gli interessi di studio, il nrogramma di lavoro e le aspirazioni del candidato;

P C) almeno un nominativo di studioso qualificato in grado di attestare le

atti-tudini scientifiche dei candidato; < umenti rit e

-d) copia di eventuali lavori a stampa o dattiloscritti e altri documenti

nuti utili. , 7 - La Fondazione si riserva di convocare a Torino, a sue spese, per un col

(23)
(24)

.11

i a

i )

a 2

(25)

W I T O L D K U L A

II sottosviluppo economico in una prospettiva storica

È un fenomeno molto noto che nel momento in cui la società deve far fronte a un problema nuovo — o piuttosto a un problema che essa percepisce come nuovo —, quando i diversi atteggiamenti intellettuali ed emotivi relativi a questo problema cominciano a delinearsi in questa società, quando vengono alla luce dei programmi che tendono alla solu-zione di questo problema, gli storici prendono anch'essi la parola. Accade allora che essi adducano, in modo un po' ingenuo dal punto di vista della metodologia, argomentazioni del tipo « nulla di nuovo sotto il sole », « già i Greci... ». Tuttavia questi interventi degli storici sono socialmente utili. Essi restituiscono al problema le sue « dimensioni cronologiche », permettendo di vederlo nelle giuste proporzioni e di distinguere, all'in-terno del problema stesso, ciò che è realmente « nuovo ».

Il problema dei paesi « a debole sviluppo economico » — ima sfida lanciata a tutto il mondo « sviluppato » — deve essere considerato anche sotto il profilo cronologico.

Si è già cercato più volte di farlo. L'esempio più noto di un paese che ha sconfitto il suo sottosviluppo economico nel quadro del sistema capitalistico è ovviamente quello del Giappone, mentre l'esempio di un paese che lo ha fatto grazie alla rivoluzione sociale è — non è quasi ne-cessario dirlo — l'Unione Sovietica.

Nelle nostre considerazioni ci atterremo ad un criterio cronologico più ampio, e cominceremo perciò con il seguente interrogativo: quando è comparso per la prima volta nel mondo il sottosviluppo economico?

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dei legami di causa ed effetto tra lo sviluppo economico rapido di certe regioni e lo sviluppo più lento di altre.

Lo sviluppo più rapido di certe regioni è di solito il risultato di una divisione sociale del lavoro più spinta. Questa divisione può avere varie cause — un periodo piuttosto lungo senza guerre né calamità naturali, una più efficace autorità statale su di un più vasto territorio, un incre-mento maggiore della popolazione ecc. Si tratta dunque, in generale, di cause interne. Se ci sono regioni che in certe epoche cominciano ad espan-dersi economicamente per cause esterne, questo accade soprattutto in seguito all'accumulazione del capitale commerciale legato al commercio di lungo corso. Per trarre profìtto da una congiuntura determinata e tem-poranea, si tenta, cioè, di localizzare i centri di interesse proprio in quella regione e non in un'altra. In questi casi è difficile parlare, in senso stretto, di sviluppo economico di queste regioni. Un esempio classico di tale fenomeno è costituito dalle città della Champagne in cui venivano allestite le fiere. L'accumulazione del capitale commerciale non investe la vita economica della regione. Al primo cambiamento di congiuntura, questo capitale sparisce, si trasferisce in altre regioni, viene rapidamente investito nella terra. (È ormai classica l'analisi di questo fenomeno fatta da Pirenne). Ben presto appare chiaro che la vita economica di quella regione non ha beneficiato di nessun vantaggio, rispetto a quella di altre regioni. Nella storia dell'accumulazione del capitale commerciale nell'Eu-ropa medioevale, sia sull'asse Nord-Sud sia su quello Est-Ovest, i periodi di prosperità, che sono sempre passeggeri e non lasciano mai tracce dura-ture, raramente sono il risultato di un rapporto di causa ed effetto fra lo sviluppo rapido di certe regioni e lo sviluppo meno rapido di altre. Sa-rebbe, quindi, difficile sostenere che tutto ciò abbia a che fare con il pro-blema del sottosviluppo economico.

La situazione muta, a nostro avviso, verso la fine del xv e nel corso del xvi secolo. Durante questo periodo l'espansione del capitale commer-ciale nei porti della penisola iberica è ancora di breve durata, così come lo fu, precedentemente, l'espansione di Venezia e di Genova, o, tornando ancora indietro nel tempo, quello delle città della Champagne. Contem-poraneamente, i mutamenti che si verificano in Inghilterra e nei Paesi Bassi segnano l'inizio di trasformazioni irreversibili. Queste « trasforma-zioni irreversibili » cominciano già da questo momento ad essere com-pensate dalla mancanza di mutamenti in altri paesi, spesso lontani.

Questo problema è legato al progresso tecnico del periodo del Rina-scimento e all'inizio della politica mercantilistica.

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giusto valore. È vero che, paragonato a ciò che accadde in Inghilterra fra il 1730 e il 1830 circa, è un fenomeno insignificante. Ma non lo è affatto se lo si confronta con il ristagno delle forze produttive nel periodo medievale. I risultati raggiunti durante il Rinascimento nella tecnica del-la produzione del ferro, del vetro, deldel-la carta e deldel-la polvere non sono di scarsa portata. Nel campo della tessitura, malgrado l'assenza di notevoli innovazioni negli strumenti lavorativi, si nota un grande progresso nel-l'organizzazione sociale (lavoro a domicilio e, in questo ambito, divisione del lavoro). I passi avanti compiuti nella costruzione delle navi e nella navigazione sono imponenti. Bisogna aggiungere a tutto questo — seb-bene non sia progresso — la diffusione di metodi intensivi nell'econo-mia agricola (compresa la coltivazione dei giardini e l'allevamento).

Tuttavia, se il tipo di progresso che aveva luogo nei campi suddetti di produzione industriale permetteva di risparmiare lavoro, quello del-l'economia agricola e dell'allevamento, ne esigeva di più. Nel settore in-dustriale il progresso aumentava il rendimento del lavoro, in quello agri-colo e nell'allevamento esso creava la possibilità di un impiego di mano d'opera aggiuntiva nelle campagne, poiché aumentava non il rendimento del lavoro, ma quello della terra.

Il progresso tecnico nella costruzione delle navi e nell'arte della na-vigazione rendeva possibili la ricerca di basi di approvvigionamento sem-pre più lontane che procuravano quantitativi di merci semsem-pre più con-sistenti.

Su questo sfondo di innovazioni tecniche si delinea la prima tappa della politica mercantilistica. Il mercantilismo, benché basato su una teo-ria falsa, si risolse in una buona politica. Che la teoteo-ria fosse falsa è evi-dente. Non è vero, e non è mai stato vero, che la ricchezza delle nazioni dipenda dai quantitativi di metalli preziosi posseduti. Fondandosi su que-sta teoria erronea, il mercantilismo, nella lotta per impadronirsi dei tanto ambiti metalli preziosi, postulava che non si importasse nient'altro che materie prime e che si esportassero soprattutto manufatti nella quantità maggiore possibile. Esso postulava inoltre la necessità di un potenzia-mento della marina mercantile.

Fino a che punto la politica mercantilistica fu una generalizzazione della prassi spontanea dei mercanti e degli armatori, e in che misura fu essa a creare e ad incoraggiare questa prassi? È un problema di secon-daria importanza che, almeno in questa sede, non ci riguarda.

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26 WITOLD KULA

a fondare, al di fuori del proprio territorio, delle basi di approvvigiona-mento di merci nella produzione delle quali non si era verificato nessun aumento di rendimento del lavoro. Le lotte accanite fra l'Inghilterra e i Paesi Bassi non sono importanti, da questo punto di vista. In certi set-tori della produzione industriale, e precisamente in quelli in cui a que-st'epoca si verificava un aumento del rendimento del lavoro, per via del perfezionamento tecnico degli utensili (come nel caso del ferro) o in se-guito al progresso nell'organizzazione del lavoro (come nel caso dell'in-dustria tessile), questa specializzazione, per quanto non grande in senso assoluto, ebbe tuttavia un'importanza enorme in questo periodo in cui 10 sviluppo del capitalismo era agli inizi.

Un'importanza notevole ebbe il regresso dell'agricoltura, soprattutto in relazione alla produzione dei cereali, sull'allevamento degli ovini. In-fatti in questo periodo, per quanto riguarda la coltura dei cereali, il ren-dimento del lavoro non aumentava, mentre, al contrario, il renren-dimento nell'allevamento degli ovini era molto alto, grazie al sempre crescente valore della lana e alla scarsa quantità di mano d'opera necessaria per produrla.

Se un progresso si verificò nel settore dell'agricoltura — e abbiamo detto che si verificò — esso è da mettere in rapporto in primo luogo con le culture intensive, soprattutto con l'orticoltura. Tale progresso si rea-lizzò grazie ad una irrigazione più razionale e ad un legame più stretto tra l'allevamento dei bovini e l'agricoltura, che determinarono un grande aumento quantitativo e qualitativo (consistente in una più ampia gamma di prodotti) della produzione per unità di superficie. Tale aumento di produzione però comportò un forte incremento dell'impiego di forza-lavoro per unità di superficie, e costituì un vantaggio economico solo nelle regioni intensamente popolate.

I settori di produzione in cui il rendimento del lavoro non aumen-tava furono relegati molto lontano dalla regione di cui ci stiamo occu-pando: i cereali e il legno verso l'Europa orientale e nord-orientale, lo zucchero e più tardi il tabacco, il caffè e da ultimo il cotone, oltre oceano. 11 progresso nella costruzione delle navi e nella tecnica della navigazione rendevano possibile e vantaggioso l'avere delle basi di approvvigiona-mento tanto lontane.

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semi-IL SOTTOSVsemi-ILUPPO ECONOMICO IN UNA PROSPETTIVA STORICA 2 7

nato ». Nel periodo di cui stiamo parlando, in Inghilterra e nei Paesi Bassi, questo indice comincia ad aumentare sensibilmente e a superare progressivamente il livello esistente negli altri paesi dell'Europa. Ma non si tratta di un indice del rendimento della terra, né del rendimento del lavoro. Potremmo chiamarlo « indice di rendimento delle sementi », che aumenta parallelamente con la crescita del rendimento per unità di superficie e con quella del lavoro impiegato in questa unità. È difficile dire se il primo indice aumenta più in fretta dell'altro (il che significhe-rebbe un aumento del rendimento del lavoro), oppure se avviene il con-trario.

Tuttavia una cosa è sicura: in queste basi di approvvigionamento si-tuate oltre oceano, il rendimento del lavoro non solo non era più alto, ma anzi al contrario, era più basso che nelle regioni verso le quali queste basi esportavano i loro prodotti.

Il processo di cui parliamo si verifica in seguito all'azione spontanea delle leggi dell'economia di mercato. Conformemente alle illusioni dei classici dell'economia liberale, la specializzazione di un paese in una deter-minata branca che produce per l'esportazione deve manifestarsi nel mo-mento in cui il rendimo-mento del lavoro in questa branca di produzione è abbastanza elevato. Tuttavia, nel processo di cui parliamo — d'altra par-te ben noto ai classici — le cose vanno in maniera completamenpar-te diver-sa. Per esempio a proposito della produzione di zucchero è impossibile dimostrare questa tesi in termini quantitativi, in quanto né i Paesi Bassi né l'Inghilterra coltivavano la canna da zucchero. Tuttavia si può notare:

1) che il rendimento del lavoro nelle piantagioni di zucchero, misurato in termini di valore prodotto, era basso, almeno nel primo periodo di vita delle piantagioni; 2) che esso non aumentava; 3) che gli stadi di produ-zione che dànno possibilità di incremento al rendimento del lavoro, come ad esempio la raffinazione, erano effettuati in Europa.

Nel caso della produzione del grano, il problema è più facile da stu-diare. Se i risultati delle ricerche sono qualche volta incerti per l'inizio del periodo che ci interessa, nel corso della storia essi diventano chiari e incontestabili: l'Europa orientale fornisce all'Europa occidentale pro-dotti agricoli e forestali, grano in primo luogo, non perché il rendimento del lavoro in questo settore di produzione sia più alto, ma proprio per-ché è più basso.

Noi siamo propensi a considerare questa situazione, dal punto di vi-sta economico, come « situazione coloniale ».

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dal-28 WITOLD KULA

l'altra — hanno la meglio e trovano uno smercio vantaggioso sui mer-cati inglesi e dei Paesi Bassi, ciò si deve esclusivamente al fatto che c'è una mano d'opera meno cara, una mano d'opera a buon mercato, per-ché non è libera, a causa là della schiavitù e qui della servitù della gleba.

In questo contesto diventa perfettamente comprensibile come una piantagione di canna da zucchero del Brasile, così come un possedimento della Polonia ai tempi della servitù della gleba, sia un'impresa

costante-mente deficitaria come è mostrato da calcoli, fatti ex post da uno storico

moderno, che includono nelle « spese », il valore della mano d'opera im-piegata, alla quale è stato imputato un prezzo uguale a quello della mano d'opera salariata.

Le basi di rifornimento di materie prime, situate perifericamente, po-tevano svolgere il loro ruolo solo a condizione che fossero conservate le forme di sfruttamento precapitalistico. Il ruolo di base di materie prime che questi territori hanno svolto rendeva più durature queste forme di sfruttamento. I prodotti ottenuti a buon mercato — dal punto di vi-sta dell'« imprenditore », del signorotto o del proprietario terriero — potevano essere venduti, sui mercati dell'Europa occidentale, a prezzi più elevati; ciò aumentava la potenza economica e, per conseguenza quella politica, delle classi dominanti di questi paesi, e contemporanea-mente rafforzava il loro sistema politico, che proteggeva gli interessi del sistema economico esistente.

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IL SOTTOSVILUPPO ECONOMICO IN UNA PROSPETTIVA STORICA 2 9

— cioè aumentare la superficie coltivabile e applicarvi una tecnica im-mutata. Lo sviluppo estensivo della produzione del grano o delle pianta-gioni rafforzava il sistema sociale ed economico esistente in quel paese.

Le materie prime prodotte a buon mercato, grazie alla forza-lavoro subordinata, e vendute a prezzi esorbitanti nei mercati dell'Europa occi-dentale, fornivano alla classe dominante dei paesi fornitori di materie prime valuta straniera sufficiente a permettere loro di acquistare, sempre in Europa occidentale, prodotti industriali a prezzi vantaggiosi, poiché in Europa occidentale la produzione di questi articoli manifestava un considerevole aumento di rendimento, che li rendeva relativamente poco costosi.

Per i paesi dell'Europa occidentale ciò significava un ampliamento degli sbocchi, la possibilità di avviarsi progressivamente verso la pro-duzione di massa, quindi di applicare una tecnica sempre più perfezio-nata e, di conseguenza, un ulteriore accrescimento del rendimento del lavoro. Nei paesi fornitori di materie prime, la produzione di articoli in-dustriali non poteva, quindi, di fronte ad una così vigorosa concorrenza, prendere l'avvio.

Si tratta della situazione classica dei paesi sottosviluppati, come noi l'abbiamo già definita: il ristagno economico di certi paesi è una fun-zione dello sviluppo di altri paesi. Esistono dei paesi sottosviluppati per-ché ce ne sono altri che si sviluppano: gli uni rimangono sottosviluppati per rendere possibile lo sviluppo degli altri.

Lo stesso meccanismo opera anche, benché su scala ridotta, all'in-terno dei paesi sviluppati, riguardo a certi gruppi sociali — i contadini — e a certe regioni — le regioni agricole. Una piccola fattoria contadina a conduzione famigliare rappresenta anch'essa un modo di vivere come

glebae ad scripti e una limitazione della libertà dei proprietari. È una

istituzione che garantisce il prezzo relativamente basso delle materie prime che vi sono prodotte a favore di altri settori della vita economica che si sviluppano meglio — cioè che hanno un più elevato rendimento del lavoro. E non dimentichiamo che i contadini, in quanto classe sociale, sono scomparsi grazie ad un processo spontaneo solo in Inghilterra.

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prò-30 WITOLD KULA

vocheranno un aumento del rendimento del lavoro e la fine dello stato di sottosviluppo.

Non si può certo dire che questa tendenza, prevista dai classici, non si sia manifestata, soprattutto nell'ultimo quarto del xix secolo in cui si è verificata una notevole esportazione di capitali. Tuttavia non si può nemmeno negare che, nel complesso, sia stata la tendenza opposta ad avere la meglio. È incontestabile che il divario fra il livello economico dell'Inghilterra e quello dell'India è attualmente maggiore che all'inizio della penetrazione inglese in questo paese.

Qual è dunque l'errore che hanno commesso i classici?

Essi immaginavano che la produzione fondata su di una tecnica rela-tivamente arretrata, e quindi su un rendimento del lavoro comparativa-mente più basso, dovesse comportare dei guadagni proporzionalcomparativa-mente in-feriori. Essi non prevedevano per nulla una situazione in cui il lavoro sia in effetti poco produttivo ma contemporaneamente ancor peggio re-munerato, così mal remunerato che, malgrado la sua scarsa produttività, riesce ad assicurare guadagni almeno eguali a quelli che si ottengono nei paesi in cui il rendimento del lavoro, fondato su una tecnica più avan-zata, è sensibilmente più elevato. I classici dell'economia liberale non prevedevano una situazione del genere nonostante che, di fatto, l'aves-sero davanti agli occhi. Il rendimento del lavoro nell'agricoltura dei Paesi Bassi — nonostante il progresso agricolo esigesse in questa nazione molto lavoro — era più elevato che nell'Europa orientale; ma il grano era im-portato dall'Europa orientale nei Paesi Bassi, e non, come vorrebbero i classici, dai Paesi Bassi nell'Europa orientale.

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IL SOTTOSVILUPPO ECONOMICO IN UNA PROSPETTIVA STORICA 3 1

eseguito con attrezzature antiquate e il lavoro eseguito con attrezzature sempre più moderne, potesse essere accompagnato da un dislivello al-trettanto progressivo fra il costo dei due tipi di lavoro. Come nel caso del rendimento del lavoro, anche nel caso del suo costo il dislivello cre-scente era dovuto alla rapida ascesa dei salari nei paesi sviluppati, mentre nei paesi sottosviluppati i salari non aumentavano o aumentavano molto lentamente. Quindi lo stato economico dei paesi sottosviluppati potè ri-manere per molti anni in fase di stagnazione o migliorare solo molto len-tamente perché, in primo luogo, nei paesi sviluppati i salari crescevano molto rapidamente e, in secondo luogo, perché nei paesi sottosviluppati i salari non aumentavano o aumentavano molto lentamente.

Nei paesi sviluppati i salari crescevano rapidamente perché era ap-parso sulla scena un fattore nuovo di stampo tutt'altro che liberale, e che non proveniva per nulla dall'automatismo del mercato. Questo fat-tore era la lotta della classe operaia. Ma se il capitalismo potè, benché a malincuore, fare delle concessioni alla classe operaia militante, ciò av-venne perché il rendimento sul lavoro della classe operaia era in aumento. A sua volta la riduzione del margine di profitto conseguente alle con-cessioni fatte ai lavoratori spingeva il capitalista a fare degli sforzi per perfezionare le tecniche di produzione e per aumentare, in questo modo, il rendimento del lavoro dei suoi operai. Ciò creò delle prospettive nuo-ve — molto reali — alla lotta della classe operaia. Essa dinuo-venne in que-sto modo un fattore di accelerazione dell'espansione economica dei paesi più avanzati.

D'altra parte la crescita relativamente rapida dei salari nei paesi ad alto sviluppo faceva sì che il lavoro dotato di attrezzature antiquate nei paesi sottosviluppati fosse pur sempre praticato, perché era comunque vantaggioso. Infatti, malgrado il suo rendimento estremamente basso, esso, a paragone di quello dei paesi sviluppati, aveva un costo sempre inferiore.

Per mantenerlo a questo livello, i salari dovevano rimanere immutati o salire molto lentamente. Il meccanismo a funzionamento multiplo e via via perfezionato che assicurava questo stato di cose, è ben noto.

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32 WITOLD KULA

dispositivo, capace di eliminare le eccedenze di mano d'opera e di limi-tare la libertà di movimento e di scelta del luogo di lavoro.

Il cotone coltivato dai negri, prima schiavi, poi liberi soltanto for-malmente, veniva prodotto con un rendimento del lavoro molto limitato. Questo lavoro era pagato in modo eccessivamente basso, e non poteva essere diversamente, dato il livello di rendimento del lavoro. D'altra parte, questo lavoro era assai mal pagato perché l'imprenditore — il piantatore — non dovesse preoccuparsi di ottenere un aumento del ren-dimento. Ma il basso prezzo del cotone — effetto della forza-lavoro a basso costo — aumentava il margine di profitto dell'imprenditore di Manchester, aprendo contemporaneamente alla classe operaia inglese un nuovo e più efficace terreno di lotta. Tutto sommato esso contribuiva, dunque, all'aumento dei salari in Inghilterra.

Analogamente, il grano dell'Europa orientale, venduto a basso prez-zo perché prodotto da una forza-lavoro assoggettata, cioè da contadini servi e in seguito da contadini che, possedendo proprietà molto piccole, avevano una scarsa mobilità interna, contribuiva, prodotto com'era a basso prezzo, ad aumentare il livello di vita della classe operaia dei paesi dominanti: mantenendo molto basso il prezzo dell'elemento essenziale di approvvigionamento, rendeva possibile l'orientamento delle spese verso gruppi di beni superiori.

Il corso della storia non ha confermato le previsioni dei classici del-l'economia politica liberale; gli eventi hanno preso un altro corso. I clas-sici credevano che il lavoro a basso rendimento fosse sempre eliminato automaticamente per il semplice fatto che i suoi prodotti sarebbero stati più cari di quelli del lavoro a rendimento superiore, e che il lavoro a scarso rendimento sarebbe risultato svantaggioso all'imprenditore, che lo avrebbe trovato meno remunerativo del lavoro a rendimento più alto. Essi non prevedevano che l'esistenza durevole, in vaste regioni del mon-do, di un sistema in cui il lavoro impiegato fosse poco produttivo e scar-samente remunerato, avrebbe consentito all'imprenditore di immettere prodotti a basso prezzo sul mercato mondiale.

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IL SOTTOSVILUPPO ECONOMICO IN UNA PROSPETTIVA STORICA 3 3

dislivello fra le attrezzature del lavoro e il suo rendimento, fra i paesi sottosviluppati e i paesi dominanti.

È chiaro che non intendiamo qui parlare delle metropoli e delle co-lonie, ma sempre dei paesi ad alto sviluppo e dei paesi sottosviluppati. Questa classificazione apparve in relazione al sistema coloniale, ma, una volta apparsa, si estese coinvolgendo il mondo intero. Gli svedesi non avevano colonie, ma si vestivano di stoffe di cotone a basso prezzo, per-ché il cotone veniva prodotto prima da schiavi e poi da semi-schiavi; essi bevevano caffè a buon mercato, perché esso era coltivato da una forza-lavoro assoggettata; usavano zucchero a buon mercato proveniente dalle piantagioni e spesso il pane che mangiavano era prodotto dai moujiki russi. Per esprimersi con maggior precisione si può dire che anche se questi beni di consumo non provenivano dai paesi sottosviluppati erano sempre a buon mercato per i consumatori, in quanto i loro prezzi mon-diali erano spinti verso il basso dalle grandi quantità di merci prodotte dalla forza-lavoro assoggettata o, comunque, dotata di attrezzature anti-quate. D'altra parte, benché il Brasile non fosse più da molto tempo una colonia, i suoi prodotti di monocoltura continuarono ad essere anche in seguito a buon mercato, grazie al meccanismo di cui abbiamo ora parlato. Molto spesso la linea divisoria di questa partizione passava attraverso i settori di una particolare economia nazionale. Almeno fino alla crisi agraria degli anni '80 del xix secolo, il grano polacco doveva essere a buon mercato, a scapito dell'economia nazionale, la quale tuttavia si av-vantaggiava dei bassi prezzi di altre merci dovuti alle stesse cause. Lodz non si sarebbe sviluppata tanto nel secondo quarto del xix secolo se il co-tone non avesse avuto un basso prezzo sul mercato mondiale. E il coco-tone era necessariamente a buon mercato, indipendentemente dal luogo di pro-venienza delle balle acquistate dai fabbricanti di Lodz, in quanto il suo prezzo mondiale era stato abbassato dalle grandi quantità di cotone pro-dotte dagli schiavi negri nel Sud degli Stati Uniti. E senza lo sviluppo in-dustriale della regione di Lodz — ci limitiamo a quest'unico esempio — lo sviluppo dell'economia nazionale polacca e della classe operaia sarebbe stato molto più debole. Altrettanto sarebbe avvenuto per i risultati della lotta di questa classe per i suoi diritti e il suo livello di vita.

Lo sviluppo economico dei paesi dominanti, fondato non esclusiva-mente, ma certo in gran parte, sullo sfruttamento dei paesi sottosvilup-pati, anche se non ha mitigato i conflitti sociali all'interno di questi paesi, ha fatto uscire a poco a poco la classe operaia dalla situazione in cui essa « non aveva nulla da perdere ». Nei paesi sottosviluppati si può invece constatare il contrario. L'influenza dei paesi a sviluppo avanzato così come la pressione del mercato mondiale, stabilizzano la struttura sociale

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34 WITOLD KULA

esistente. Il sistema sociale dei paesi progrediti apriva alla classe operaia, come abbiamo già detto, grandi possibilità oggettive di successo nella lotta. Nei paesi arretrati, al contrario, il sistema esistente limitava la pos-sibilità di progressi graduali. L'influenza dei potenti paesi sviluppati, e soprattutto, ma non esclusivamente, delle metropoli coloniali, prolun-gava l'esistenza dei maharajahs, dei proprietari dei latifondi, degli sceic-chi, ai quali si aggiungeva una parte della borghesia, e tutti coloro che prendevano parte allo sfruttamento della loro patria da parte dei paesi ad alto sviluppo. Si trattava spesso di una parte poco importante dal punto di vista dei benefici ottenuti da questi paesi ma, contemporaneamente, molto grande se paragonata al livello di vita che vi dominava. La divi-sione del mondo in due parti, paesi ad alto sviluppo e paesi sottosvilup-pati, apriva grandi possibilità di miglioramento del livello di vita delle masse nei paesi sviluppati, deludendo da questo punto di vista tutte le speranze degli altri paesi. Essa smorzava, se non li riduceva, 1 conflitti sociali negli uni, li inaspriva negli altri. A causa di questa divisione, nei paesi a forte sviluppo economico la classe operaia aveva sempre più da perdere, nei paesi sottosviluppati essa aveva da perdere « solo le ma-nette ». Essa dava grandi possibilità al riformismo nei paesi sviluppati e non ne dava affatto negli altri paesi. Rinforzava, in una certa misura, l'unità nazionale nei paesi sviluppati, mentre negli altri spingeva fuori della nazione i « feudali » e una gran parte della borghesia.

Se nel 1917 era la Russia « l'anello più debole della catena dell'im-perialismo », nel 1948 lo era la Cina, e nel 1959 Cuba.

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IL SOTTOSVILUPPO ECONOMICO IN UNA PROSPETTIVA STORICA 3 5

avrebbe avuto un ritmo più serrato, senza le resistenze di tipo istitu-zionale. Nei paesi verso i quali si dirige, questa forza-lavoro occupa i gradi più bassi della gerarchia sociale portando così sulle proprie spalle la spinta verso l'alto della classe operaia di questi paesi. I terms of trade sempre più sfavorevoli ai paesi sottosviluppati assicurano ai paesi ad alto sviluppo le materie prime a prezzi vantaggiosi, malgrado la decolo-nizzazione, relativamente non più elevati che ai tempi della colonizza-zione; e, ripetiamo ancora una volta, questi terms of trade sarebbero peg-giori se non vi si opponessero i fattori istituzionali. I prezzi del mercato mondiale riducono i guadagni della mano d'opera che lavora nelle pian-tagioni in modo così efficace come lo faceva un tempo la frusta del sor-vegliante degli schiavi. La differenza consiste essenzialmente nel fatto che è più difficile insorgere contro i prezzi mondiali che contro la schia-vitù. I terms of trade che vanno di male in peggio, — uno dei fenomeni più importanti dell'economia mondiale dei nostri giorni — fanno sì che il mercato mondiale fissi dei prezzi alti a merci la cui produzione è poco costosa (rendimento elevato del lavoro), e dei prezzi bassi a merci la cui produzione ha un costo alto (basso rendimento del lavoro). In linguag-gio corrente chiamiamo questo fenomeno « scambio non-equivalente ». Ed è giusto. Ma bisogna notare, di passaggio, che fino ai nostri giorni la tecnica delle ricerche economiche non dispone di metodi che permettano di valutare quando lo scambio è equivalente, né di misurare in quale grado non lo sia. Ecco perché molti elementi del nostro discorso sono stati trattati in modo così astratto.

Come abbiamo già detto, questo sistema, causa il suo stesso funzio-namento, crea delle condizioni che rendono indispensabile la continuazio-ne del suo funzionamento. Il gran numero di investimenti già fatti in una regione più avanzata fa sì che sia vantaggioso investire in essa altri capi-tali, e sia sempre più vantaggioso a mano a mano che questi aumentano. Si può spesso verificare l'esistenza del medesimo fenomeno anche a li-vello di un solo paese. L'esempio più clamoroso di questo stato di cose è l'Italia, in cui persino una parte degli investimenti governativi devono essere fatti nella parte settentrionale del paese, chiamata « il triangolo industriale » Milano-Torino-Genova, perché l'investimento di questi ca-pitali al Sud creerebbe un carico economico che il paese non sarebbe in grado di sopportare.

Non ci si può sottrarre a questi automatismi, contrari alle previsioni ottimistiche degli economisti classici, che a prezzo di grandi sacrifici.

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36 WITOLD KULA

meno, evidentemente, e in modo indiretto. Non si tratta neppure soltan-to del fatsoltan-to che la classe dominante dei paesi sviluppati possa corrompere una parte della classe operaia creando un'aristocrazia operaia. Si tratta * questo: grazie allo sfruttamento dei paesi sottosviluppati - non esclu-sivamente per questa ragione, ma certamente in gran parte _ 1 econom a nazionale dei paesi dominanti si sviluppa più velocemente, e ateettanto fanno le loro industrie, la loro classe operaia, il rendimento del kvoro ffi questa classe, il suo livello culturale, professionale e politico. Tutto c o apre delle oggettive possibilità di successo alla lotta della classe operaia per i suoi diritti e il suo tenore di vita.

È altrettanto falso che soltanto i paesi che possiedono delle colonie si avvantaggino del meccanismo economico di cui abbiamo parlato.

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PIERALDO B U L L I O

Problemi e geografia della risicoltura in Piemonte nei secoli XVII e XVIII

Questo studio vuole essere un'anticipazione di un lavoro sulla

risi-cultura in Piemonte nei secoli XVII e x v m . In questa sede mi limiterò

quindi a presentare le linee generali dell'espansione della risaia, fornendo la necessaria cartografia, poiché l'accertare, nel modo più preciso, la sua quantità, le aree dove essa era diffusa e il loro variare è operazione pre-liminare indispensabile per poter poi affrontare le altre questioni poste dalla produzione risicola. Per il resto mi limiterò, invece, ad una prima presentazione dei problemi connessi al diffondersi di questa cultura.

Le grandi linee dello sviluppo risicolo si possono intendere solo da un raffronto globale delle cartine e delle tabelle, che permetta di andare oltre le lacune che, per forza di cose, sono contenute nei singoli dati. I prospetti allegati sono il risultato dello spoglio di fonti differenti e molto numerose: sono dunque opportune, al fine di una loro esatta lettura, al-cune spiegazioni sulla natura ed i limiti del materiale.

Le cartine A e B sono state costruite, la prima sulla base delle con-segne per la tassa del 2% 1, la seconda su quelle per la decima dei risi2. Entrambe riguardano i raccolti e non implicano le derrate tenute in casa

1. La tassa del 2% sulle granaglie prodotte fu istituita nel 1572 per il vetto-vagliamento delle truppe ed aveva carattere saltuario. Essa fu richiesta nei seguenti anni: 1572, 1583, 1592, 1597, 1598, 1600, 1602, 1604, 1605, 1606, 1607, 1614, 1615, 1619, 1620, 1621, 1623, 1624, 1625. Ho scelto le consegne del periodo 1597-1607 perché sono le più complete che ci sono state conservate, Archivio di Stato, Torino (A.S.T.), Sezioni riunite, Sez. 3a, articolo 340, 172/1.

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3 8 PIERALDO BULLIO

in seguito ad acquisti o ad altre transazioni. Va notato che, se riguardo la presenza del riso nei vari comuni, esse permettono un grado di preci-sione molto elevato, per quanto riguarda l'entità della produzione sono solo largamente indicative, in quanto le fonti da cui sono tratte

sotto-stimano i valori in modo non precisabile ma sicuramente notevole 3.

La diminuzione che si riscontra fra la cartina A e quella B, è dovuta, forse, in parte ad un reale abbassamento della produzione nel secondo de-cennio del Seicento, per via della prima guerra di successione del Monfer-rato, ma soprattutto ad un aumento delle frodi nelle consegne, legato all'inasprimento della tassa ed all'ostilità dello Stato verso la cultura del riso in seguito all'editto del 1608 4. Il grado di precisione di questa secon-da rappresentazione è notevolmente inferiore a quello della prima, anche perché una percentuale ragguardevole della produzione del Vercellese, viene di regola consegnata nel capoluogo, alterando cosi l'entità dei rac-colti rilevati nel circondario.

I valori in base a cui sono stati tracciati i cerchi sono la media aritme-tica dei valori annuali riscontrati rispettivamente nel periodo 1597-1607 (cartina A) e 1610-1620 (cartina B). Non ho usato i valori annuali, allo scopo di tracciare un andamento della produzione tra il 1598 e il 1620, perché anno per anno mancano troppi comuni per un uso di questo tipo: solo integrando anno con anno si riesce a raggiungere una visione d'in-sieme sufficientemente precisa.

La cartina C dà la situazione stabilitasi all'epoca della misura gene-rale per la perequazione ed esemplifica molto bene il grosso processo di redistribuzione geografica subito dalla coltura nel corso della seconda metà del secolo XVII 5.

Le cartine Di e Di rappresentano la situazione nel 1669, anno in cut la risaia vercellese fu oggetto di una visita accurata e di una misura che,

se pur non completissima, merita comunque un certo credito 6. Il

con-fronto con la situazione nella provincia, all'inizio del secolo, indica una flessione non indifferente, che non era ancora stata reintegrata dal pe-riodo di espansione seguito alla fine dell'occupazione spagnola e che ri-sponde alla logica dell'abbandono delle terre meno adatte, dovuto, come

3 Sulla diminuzione, poco credibile, della produzione risicola che si riscontra nelle fonti dei primi decenni del Seicento rispetto agli ultimi anni del secolo xvi, vedi anche P. GRIBAUDI, Sulla produzione agraria del Piemonte nella prima metà

del secolo XVII, « Annali della Reale Accademia di Agricoltura di Tonno », 1938,

pp. 73-128.

4. Vedi avanti.

5 A S.T., Sez. riunite, Finanze, Cap. 21, nn. 308, 313, 315.

(41)

PROBLEMI E GEOGRAFIA DELLA RISICOLTURA 39

dirò in seguito, alla crisi economica. Tuttavia l'entità di questa dimen-sione è un'illudimen-sione ottica, dovuta alla diversa natura delle misure offerte

dalle fonti (quantità nella la estensione e nella 2a), per cui le cartine

sono confrontabili solo sul piano geografico.

Le cartine £1-2 - £1-2 - G1-2 consentono di seguire l'andamento nella provincia di Vercelli, durante il secolo XVIII 7. Sulla misura generale del

1710, che è alla base delle prime due, c'è poco da aggiungere a ciò che

già hanno scritto il Pugliese e il Quazza 8. Basti qui ricordare il grande

grado di precisione, relativamente ai tempi, precisione che rende i dati della perequazione i più attendibili tra quelli che ho usato in questo studio.

Ho inserito a scopo puramente indicativo le risultanze della statistica generale, che, come vedremo, sono ben lungi dal rappresentare

l'incre-mento avutosi dal 1710 al 1752 9.

Un discorso più approfondito merita la consegna del 1792, su cui sono basate le cartine G. I documenti originali di questa operazione non ci sono stati conservati se non in modo frammentario e solo per il

Ver-cellese 10. Nel 1817, con ordine del Governo centrale, si incaricavano però

gli intendenti delle varie province di compilare un prospetto nominativo di tutti i consegnanti sulla base dei documenti giacenti presso gli archivi. Questo rifacimento diede risultati di diverso valore, ai fini di una loro utilizzazione. Se per la provincia di Vercelli si può senz'altro dire che il lavoro di ricostruzione abbia dato buoni risultati, per la provincia di No-vara e Vigevano esso è di livello notevolmente inferiore, poiché mancano

un gran numero di comuni n. Va precisato che la debolezza dei dati

delle consegne non sta tanto nel fatto che l'unica copia di cui disponiamo sia un rifacimento successivo, quanto nel fatto di essere appunto una con-segna; va da sé che essa non riporta tutte le risaie esistenti nel 1792, benché la tendenza, come ci informa esplicitamente l'intendente di Biel-la, fosse di consegnare estensioni di risaia maggiori di quelle reali, fatto facilmente comprensibile se si tiene conto che, per dichiarazione esplicita

7. A.S.T., Sez. riunite, Finanze, Cap. 21, n. 315.

8. S . PUGLIESE, Due secoli di vita agricola, produzione e valore dei terreni,

contratti agrari, salari e prezzi nel Vercellese nei secoli XVIII e XIX, Torino, 1908,

p. 4 2 ; G . QUAZZA, Le riforme in Piemonte nella prima metà del Settecento,

Mo-dena, V , 1 9 5 7 , n. 1, pp. 1 4 2 - 1 4 7 .

9. A.S.T., Sez. riunite, Sottoprefettura di Vercelli, nn. 173, 175-176, e Biblio-teca Reale di Torino, cod. 854.

10. A.S.T., Sottoprefettura di Vercelli, nn. 199-200, 202, 409.

11. A.S.T., Sez. la, Materie economiche, risare, M. 3 non inventariato. Questi

dati sono già stati pubblicati in L . BULFERETTI, R . LURAGHI, Agricoltura, industria

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4 0 PIERALDO BULLIO

dell'editto che la ordinava, questa consegna sarebbe stata usata come atte-stato di legalità per fissare il limite massimo consentito per il futuro. Questo non impedì che una certa percentuale di risaia non fosse con-segnata o non se ne sia più trovata la consegna nel 1817.

Non potendo disporre per il Vercellese di un altro complesso di dati così completi in data di poco successiva, poiché il catasto francese è in-completo, e visto anche il buon lavoro operato da quell'intendente nella ricostruzione, ho dato credito a questo documento, ritenendo che esso sia comunque indicativo dell'ordine di grandezza raggiunto dalla risaia ver-cellese alla fine del secolo. È infatti molto probabile che i terreni conse-gnati a riso, ma non ancora messi a coltura in quell'anno, fossero quelli per i quali i proprietari prevedevano, a breve scadenza, la trasformazione. Nei casi poi più considerevoli di mancanza di consegna, come ad esempio per Lucedio, l'intendente di questa provincia si preoccupò di ovviare alla carenza con altre fonti.

Le cartine H1-2, 11-2 e K1-2 sono costruite con i dati contenuti in un prospetto comparativo, compilato dalla burocrazia piemontese nel '700, fra le risaie esistenti rispettivamente intorno al 1550 e nel 1723 tratti dalle catastazioni che furono eseguite in quegli anni nello stato di Mi-lano 12.

Le cartine K1-2 sono tratte dallo stesso prospetto comparativo, solo

che i dati del XVIII secolo sono quelli della misura della Lomellina, nel

1760, da parte dei Piemontesi. Queste ultime cartine sono incomplete in quanto nelle fonti sono riportati solo i comuni che avevano il catasto anche nel Cinquecento. Il documento riporta, in calce, i nomi dei co-muni risicoli non riprodotti, senza però specificare l'estensione raggiun-ta dalla risaia sul loro territorio nel Settecento. Se l'attendibilità delle cifre del '23 e del '60 è almeno pari a quella che offrono quelle della misura generale in Piemonte all'inizio del secolo, non altrettanto si può dire nei riguardi di quelle del 1550 Sul piano, comunque, della localiz-zazione geografica e dell'ordine dei valori esse si possono ritenere suffi-cientemente indicative.

La difficoltà più seria, al fine di avere uno sguardo di insieme, nelle province di nuovo acquisto per il '700, è data dalla discrepanza deter-minatasi, in ordine agli anni delle rilevazioni, dalla diversa data di annes-sione della zona, da parte dei Savoia. Ciò ha creato infatti una frattura,

12 A ST., Sez. la, Materie economiche, Risare, M. 1 di 2a addizione.

13 Vedi S PUGLIESE, Condizioni economiche e finanziane della Lombardia

nella prima metà del secolo XVIII, « Miscellanea di storia italiana », s. I l i , t. XXI,

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PROBLEMI E GEOGRAFIA DELLA RISICOLTURA 41 non solo fra la zona nord e sud della pianura fra il Sesia e il Ticino, ma all'interno della stessa zona sud misurata in parte nel 1723 dagli Austriaci ed in parte nel 1760 dai Piemontesi. Questo inconveniente è aggravato dal notevole lasso di anni intercorso fra le due rilevazioni, per cui è gioco-forza valutare separatamente le due zone. La data, poi, di questa rileva-zione ci impedisce di avere, per la Lomellina, la possibilità di valutare a pieno gli effetti dell'incremento del secolo X V I I I , mancando ogni elemento di giudizio per i suoi inizi, oltre a creare un vuoto eccessivo fra i dati del Cinquecento e quelli successivi. La mancanza, poi, dell'estensione della risaia per molti comuni nel '60 impedisce un raffronto preciso anche col periodo successivo. Identico discorso vale per l'Oltrepò e il Siccomario. Per cui, per quanto riguarda la zona sud delle province di nuovo acquisto, dobbiamo accontentarci di una visione alquanto sommaria.

L'ultima cartina (M) riproduce la situazione nel 1809. La fonte è una misura generale delle risaie del dipartimento dell'Agogna, compilata con molta cura all'epoca del regno d'Italia, in occasione della promulgazione, appunto nel 1809, dell'editto sulle distanze dai centri abitati, la quale, data l'efficienza raggiunta a quell'epoca dalle macchine statali, dovrebbe dare garanzie discrete di precisione e veridicità 14.

In linea generale, come si vede, nei casi in cui ho usato le estensio-ni, ho costruito, per ogni periodo, due tipi di cartina. Nella numero 1 il cerchio rappresenta il rapporto fra risaia e territorio totale di ogni comu-ne. Nella numero 2 il cerchio esterno indica il territorio, quello interno la risaia. È così possibile confrontare direttamente tra di loro i vari comuni, sia sul piano dell'importanza relativa assunta in ognuno di essi dalla col-tura, sia avere i valori assoluti della coltura stessa, inseriti all'interno della estensione territoriale. I territori sono stati ipotizzati stabili per tutto il corso dell'antico regime e sono quelli che risultano dalla misu-razione più attendibile delle varie zone: per il Vercellese, la Lomellina e i comuni del Saluzzese vale la rilevazione per la perequazione, per le altre zone il catasto teresiano 15. Date le importanti e non verificabili trasfor-mazioni delle circoscrizioni comunali in periodo francese, la cartina M

ri-14. Di questo documento ho ritrovato due copie, una all'Archivio di Stato di Milano, Agricoltura, PG, PM, Risaie, Dipartimenti, A-E, n. 95, Agogna, e l'altra al-l'Archivio Comunale di Novara, Dipartimento dell'Agogna, Agricoltura, Risaie, n. 5. Sull'editto del 1 8 0 9 vedi M. BERENGO, L'agricoltura veneta dalla caduta della Re-pubblica all'Unità, Milano, 1 9 6 2 , pp. 2 7 7 - 2 7 8 .

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