• Non ci sono risultati.

Funzioni reali di pi` u variabili

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Funzioni reali di pi` u variabili"

Copied!
25
0
0

Testo completo

(1)

Funzioni reali di pi` u variabili

Indice

1 Insiemi in Rn 1

1.1 Simmetrie degli insiemi . . . 5

2 Funzioni da Rn a R 6

2.1 Simmetrie di una funzione . . . 9 2.2 Insiemi di livello e curve di livello . . . 10 2.3 Restrizione di una funzione ad una curva. . . 11

3 Limite 13

4 Continuit`a 17

5 Funzioni definite attraverso integrali 18

6 Soluzioni degli esercizi 21

In questa parte del corso studieremo alcuni concetti analitici sulle funzioni di pi`u variabili reali.1 Come le funzioni di una variabile reale sono definite in genere in particolari sottoinsiemi di R, cos`ı le funzioni di due variabili sono definite in sottoinsiemi di R2, quelle di tre variabili in sottoinsiemi di R3, e cos`ı via. Nella terza parte del corso abbiamo gi`a parlato estesamente di R2, R3, . . . , ma l’approccio qui `e un po’ diverso, diciamo che `e pi`u analitico e meno algebrico (per farmi capire: `e pi`u simile a quello della parte II piuttosto che a quello della parte III).

Inizio richiamando alcuni concetti generali gi`a visti (nella parte I) sulla rappresentazione di R2nel piano cartesiano e su alcuni sottoinsiemi di R2, R3, e in generale di Rn.

1 Insiemi in R

n

L’obiettivo di questa sezione `e quello, come detto, di famigliarizzare lo studente con alcuni sottoinsiemi di R2 (e in generale di Rn). Richiamiamo per`o anzitutto alcuni concetti e simbologie, gi`a incontrati in R, che ci saranno utili nel seguito.

Attraverso la corrispondenza biunivoca tra i punti di un asse cartesiano e i numeri reali, abbiamo visto come associare ad ogni punto la sua ascissa e, viceversa, ad ogni numero reale il punto che pu`o essere considerato la sua immagine geometrica. Nella parte II di questo corso abbiamo spesso utilizzato alcuni importanti sottoinsiemi di R, gli intervalli. Dati a, b∈ R, con a ≤ b, sappiamo che `e un intervallo di R ad esempio l’insieme

[a, b] ={x ∈ R : a ≤ x ≤ b}.

Altri esempi di intervalli sono, come noto,

(a, b) = {x ∈ R : a < x < b}, [a, b) = {x ∈ R : a ≤ x < b}, (a, b] = {x ∈ R : a < x ≤ b}.

I numeri a e b sono gli estremi dell’intervallo. Se gli estremi sono entrambi compresi nell’intervallo di cui si vuol parlare si dice che l’intervallo `e chiuso; se invece sono entrambi esclusi si parla di intervallo aperto.

1Sono gli stessi concetti visti per le funzioni di una variabile (limiti, continuit`a, derivabilit`a, integrabilit`a) adattati alla presenza di pi`u variabili. Vedremo che per alcuni di questi non `e necessario aggiungere molto, essendo l’estensione del tutto immediata, per altri invece le cose non sono altrettanto dirette.

(2)

Abbiamo incontrato molto spesso anche intervalli illimitati, precisamente gli insiemi del tipo [a, +∞) = {x ∈ R : x ≥ a},

(a, +∞) = {x ∈ R : x > a}, (−∞, b] = {x ∈ R : x ≤ b},

(−∞, b) = {x ∈ R : x < b}, dove a, b ∈ R.

Dato un punto x0∈ R, abbiamo poi definito intorni di x0 di raggio δ gli intervalli del tipo (x0− δ, x0+ δ),

dove δ pu`o essere un qualunque numero reale positivo, che viene detto il raggio dell’intorno.

Abbiamo anche definito, dati due punti x e y in R, la distanza di x e y come il numero reale non negativo d(x, y) =|x − y|,

dopodich´e abbiamo potuto scrivere

(x0− δ, x0+ δ) =

z∈ R : d(z, x0) < δ

=

z∈ R : |z − x0| < δ ,

dove si esprime in una identit`a insiemistica il fatto che l’intorno di x0di raggio δ `e costituito dai punti che distano da x0 meno di δ.

|

x0− δ

b

x0

|

x0+ δ δ

z }| {

In R abbiamo detto che cosa intendiamo con punto interno, punto esterno, punto isolato, punto di accumulazione e punto di frontiera di un insieme. Infine abbiamo detto quando un insieme si dice aperto e quando si dice chiuso.2

Ora facciamo lo stesso in R2. 3 Se ora nel piano consideriamo due assi cartesiani ortogonali con l’origine nel loro punto comune, possiamo stabilire, cos`ı come fatto tra i punti di una retta ed R, una corrispondenza biunivoca tra i punti del piano e l’insieme R2 delle coppie di numeri reali.

Chiamiamo intervallo di R2 un sottoinsieme di R2 che `e prodotto cartesiano di due intervalli di R. Ad esempio `e un intervallo di R2 l’insieme

A = [a, b]× [c, d] =

(x, y)∈ R2 : a≤ x ≤ b, c ≤ y ≤ d

, con a, b, c, d∈ R.4 Esso ha come immagine geometrica un rettangolo con i lati paralleli agli assi.

a b

c d

x y

A

L’intervallo `e aperto se `e prodotto cartesiano di due intervalli aperti ed `e chiuso se `e prodotto cartesiano di due intervalli chiusi. Le altre possibilit`a danno origine ad intervalli che non sono n´e aperti n´e chiusi.

2Non sto ripetendo cose gi`a dette poco fa: prima dicevo degli intervalli aperti o chiusi, qui dico degli insiemi in generale. Gli intervalli sono soltanto un caso molto particolare di insiemi.

3R2`e sempre l’insieme delle coppie ordinate di numeri reali, come nella parte III. `E cio`e il prodotto cartesiano R × R. Ricordo che, se Ae B sono due insiemi, si definisce prodotto cartesiano di A e B l’insieme A × B delle coppie ordinate (a, b) di elementi rispettivamente di A e di B. Sapete gi`a che non dovete fare confusione con la notazione (a, b), che purtroppo serve ad indicare sia una coppia di reali sia un intervallo di R.

4Ecco, in questa scrittura potrebbe sorgere il dubbio se (x, y) voglia indicare un intervallo di estremi x e y (cio`e un sottoinsieme di R) oppure la coppia di numeri reali x e y (cio`e un elemento di R2). La scrittura (x, y), isolata dal contesto, `e come detto ambigua. Ma nel contesto in cui viene usata non lo `e pi`u. Qui trovo scritto esplicitamente (x, y) ∈ R2, e quindi non ci possono essere dubbi: sto indicando una coppia di reali.

(3)

Possiamo anche qui parlare di intervalli illimitati: sono quelli che sono prodotto car- tesiano di due intervalli, di cui almeno uno illimitato. `E un intervallo illimitato ad esempio l’insieme

[0, 1]× (0, +∞) =

(x, y)∈ R2 : 0≤ x ≤ 1; y > 0 .

1 x

y

Altri esempi notevoli di sottoinsiemi di R2sono poi anche gli intorni (circolari) di un punto.

Per definirli, esattamente come avviene in R, definiamo prima la distanza in R2. Diciamo distanza (euclidea) di x = (x1, x2) e y = (y1, y2) il numero

d(x, y) =p

(x1− y1)2+ (x2− y2)2. 5

Fissato allora un punto x0 = (x01, x02), si dice intorno circolare di x0 di raggio δ > 0 l’insieme dei punti del piano che hanno da x0distanza (euclidea) minore di δ. Essi, come `e ovvio, riempiono un cerchio di centro x0 e raggio δ (cerchio in realt`a privato della circonferenza). `E da notare che gli intorni circolari di x0 sono infiniti, tutti contengono il punto x0 e, considerato uno di essi di raggio

¯δ, ne esistono infiniti altri di raggio minore, tutti contenuti in esso. `E chiaro che tutte queste propriet`a valevano anche per gli intorni dei punti in R.

x0 δ

x01 x02

x1

x2

Richiamiamo brevemente in R2le nozioni topologiche, gi`a note in R, di punti interni, esterni, isolati, di frontiera e di accumulazione di un insieme.

Definizione Dato un insieme A⊂ R2, un punto x0 si dice

• interno di A se esiste almeno un intorno circolare di x0tutto contenuto in A;

• esterno di A se esiste almeno un intorno circolare di x0tutto costituito da punti non appartenenti ad A;

• di frontiera di A se x0 non `e n´e interno n´e esterno ad A. Significa allora che in qualunque intorno circolare di x0 cadono almeno un punto di A e almeno un punto non appartenente ad A;

• isolato se x0∈ A ed esiste almeno un intorno circolare di x0 che non contiene alcun punto di A eccetto x0;

• di accumulazione di A se in qualunque intorno circolare di x0cadono infiniti punti di A.

E importante inoltre l’ulteriore` Definizione Un insieme A⊂ R2si dice

• aperto se ogni punto di A `e interno ad A;

• chiuso se il suo insieme complementare6`e aperto.

Osservazioni ed esempi.

⊲ Si pu`o osservare che un punto isolato `e certamente di frontiera, un punto interno `e certamente di accumulazione, punti esterni e punti isolati non possono essere di accumulazione. Inoltre si noti che i punti isolati di un insieme appartengono certamente all’insieme, quelli esterni certamente non appartengono e infine quelli di frontiera, o di accumulazione, possono appartenere oppure no all’insieme.

⊲ R2`e aperto e chiuso nello stesso tempo, da cui ∅ `e anch’esso aperto e chiuso. Lo stesso accadeva in R.

⊲ Abbiamo gi`a visto che un intervallo in R2 `e aperto se e solo se `e prodotto cartesiano di due intervalli (di R) entrambi aperti ed `e chiuso se e solo se `e prodotto cartesiano di due intervalli entrambi chiusi.

5Per indicare le coppie di numeri reali, cio`e gli elementi di R2, possiamo usare due notazioni alternative: o (x, y), come abbiamo fatto fino ad ora, oppure (x1, x2). `E bene che lo studente si abitui ad utilizzare l’una o l’altra indifferentemente, anche perch´e nei corsi successivi potr`a vederle utlizzate entrambe. La prima `e forse pi`u semplice, ma la seconda ha il vantaggio di poter essere estesa ad un qualunque numero di variabili. Tornando al significato della definizione di distanza, non dovrebbe essere difficile capire che sotto questa definizione si nasconde uno dei pi`u famosi teoremi della geometria, il teorema di Pitagora, e dovreste avere tutti una qualche conoscenza in merito.

6Ricordo che, dato in generale un insieme X ed A ⊂ X, l’insieme degli elementi di X che non appartengono ad A si dice complementare di A (rispetto ad X). Nel nostro caso abbiamo A ⊂ R2 e sottointendo che il complementare sia rispetto a tutto R2.

(4)

⊲ In generale i punti esterni sono quelli che risultano interni al complementare dell’insieme in questione.

⊲ I punti di frontiera di un intervallo sono i punti che stanno sui lati del rettangolo, a prescindere dal fatto che questi facciano parte oppure no del rettangolo stesso.

⊲ I punti di accumulazione di un intervallo sono tutti i punti che sono interni oppure di frontiera per l’intervallo.

Il loro insieme coincide quindi con l’intervallo chiuso.

Vediamo ora alcuni esempi sugli intervalli.

Consideriamo in R2l’insieme I = [0, 1)× (−1, 1]. Si tratta sostanzialmente di un rettangolo, in cui alcune parti del bordo sono comprese ed altre escluse. `E un insieme che non `e n´e aperto n´e chiuso. L’insieme dei suoi punti interni `e l’insieme (0, 1)×(−1, 1), cio`e il rettangolo aperto. L’insieme dei suoi punti di frontiera `e costituito dai lati del rettangolo.7L’insieme dei punti di accumulazione di I `e l’intervallo [0, 1]× [−1, 1], cio`e il rettangolo chiuso.

1

−1 1

bc bc

x y

Altro esempio. Consideriamo l’insieme

A = (−1, 1) × {0}.

L’insieme A `e il prodotto cartesiano dell’intervallo (−1, 1) (sulle ascisse) e del punto 0 sulle ordinate, cio`e `e l’insieme delle coppie che hanno come prima componente un numero scelto tra −1 e 1 e come seconda sempre 0. Ovviamente si tratta di un segmento orizzontale sull’asse x.

bc bc

−1 1

x y

L’insieme A non ha punti interni. Questa `e una situazione in qualche modo interessante, dato che l’intervallo (−1, 1) ha punti interni in R. Poi possiamo affermare che tutti i punti di A sono di frontiera e sono di frontiera anche gli estremi del segmento, cio`e i punti (−1, 0) e (1, 0), che pure non fanno parte del segmento. I punti di accumulazione di A sono dati dal segmento con i suoi estermi, cio`e dall’insieme [−1, 1] × {0}.

Gli studenti si costruiscano altri esempi in proposito.

Tutto quanto detto per R2 pu`o essere esteso in modo del tutto naturale ad Rn, l’insieme delle n-uple ordinate di numeri reali. Da notare che, in tal caso, solo per n = 3 si pu`o dare ancora un’immagine geometrica, che sar`a ambientata in quello che si pu`o chiamare lo spazio a tre dimensioni nel senso elementare e intuitivo del termine, attrezzato con una terna di assi cartesiani ortogonali.

Si possono chiamare intervalli in Rn i prodotti cartesiani di n intervalli di R. Ad esempio `e un intervallo di R3 l’insieme

A = [0, 1]× (−1, 0) × [−1, 1]

la cui immagine geometrica `e un parallelepipedo con le facce parallele ai piani coordinati. Si osservi che non tutte le facce appartengono al parallelepipedo.

x1

x2

x3

1

−1 1

−1

Si dir`a intorno circolare di un punto x0∈ Rndi raggio δ l’insieme dei punti di Rn che hanno distanza euclidea da x0minore di δ, definendo distanza euclidea di x e y, dove x = (x1, . . . , xn) e y = (y1, . . . , yn), il numero

d(x, y) = vu ut

Xn i=1

(xi− yi)2. 8

L’intorno circolare di un punto x0∈ R3di raggio δ `e rappresentato dalla sfera di centro x0e raggio δ.

Si estendono ai sottoinsiemi di Rn, in modo del tutto analogo a quanto fatto in R2, tutte le nozioni topologiche.

Come gi`a in R e in R2, anche in Rn si dice aperto ogni insieme i cui punti siano tutti punti interni. Abbiamo gi`a visto che, ad esempio, in R2 un rettangolo privato dei lati `e un insieme aperto, e cos`ı pure un cerchio privato della circonferenza. In R3sono aperti ad esempio un parallelepipedo privato delle facce oppure una sfera privata della superficie sferica.

Si dir`a poi chiuso un insieme che sia complementare (rispetto a Rn) di un insieme aperto.

7Si pu`o darne una scrittura formale, ma non preoccupatevi pi`u di tanto di questo. Si pu`o scrivere che l’insieme dei punti di frontiera di I`e l’insieme

{0} × [−1, 1] ∪ {1} × [−1, 1] ∪ [0, 1] × {−1} ∪ [0, 1] × {1}.

8Ricordo che, se x = (x1, . . . , xn) ∈ Rn, si definisce norma euclidea di x il numero reale non negativo kxk = Pn i=1x2i1/2

. Dati allora x, y∈ Rn, si pu`o allora ridefinire d(x, y) = kx − yk.

(5)

1.1 Simmetrie degli insiemi

Pu`o essere utile in molti casi sfruttare un qualche tipo di simmetria degli insiemi di R2 (il discorso vale anche in R3e in Rn ma noi vedremo solo esempi in R2). Anzitutto vediamo quali tipi di simmetrie considerare. Qui indico con x e y (anzich´e con x1 e x2) le coordinate cartesiane.

Definizioni Sia A⊂ R2. Diciamo che A `e simmetrico rispetto alle x se vale la seguente propriet`a:

se (x, y)∈ A allora (−x, y) ∈ A.

Diciamo invece che A `e simmetrico rispetto alle y se vale la propriet`a:

se (x, y)∈ A allora (x, −y) ∈ A.

Quindi in pratica un insieme `e simmetrico rispetto alle x se `e simmetrico rispetto all’asse delle ordinate e, viceversa,

`e simmetrico rispetto alle y se `e simmetrico rispetto all’asse delle ascisse.

Nelle figure qui sotto sono rappresentati un insieme simmetrico rispetto alle x (a sinistra) ed un insieme simmetrico rispetto alle y.

A

x

y A

x y

Esempi L’insieme A =

(x, y)∈ R2: y ≤ 1 − x2

`e simmetrico rispetto alle x. Se disegniamo l’insieme A la cosa

`e evidente, ma lo stesso si pu`o dimostrare anche con la definizione: se (x, y)∈ A significa che y ≤ 1 − x2. Ma allora anche (−x, y) ∈ A dato che y ≤ 1 − (−x)2, essendo questa equivalente alla precedente. Non c’`e invece simmetria rispetto alle y.9

L’insieme A =

(x, y)∈ R2: (x− 1)2+ y2≤ 1

`e simmetrico rispetto alle y. Anche qui la rappressentazione grafica di A porta subito ad accorgersi della simmetria. Con la definizione: se (x, y)∈ A significa che (x− 1)2+ y2≤ 1. Allora anche (x,−y) ∈ A dato che (x − 1)2+ (−y)2≤ 1 equivale alla precedente. Non c’`e simmetria rispetto alle x.

Osservazione Ci sono insiemi che risultano simmetrici sia rispetto alle x sia rispetto alle y. Ad esempio il cerchio unitario A =

(x, y)∈ R2: x2+ y2≤ 1 lo `e.10

Conviene considerare anche un altro tipo di simmetria.

Definizione Sia A⊂ R2. Diciamo che A `e simmetrico rispetto all’origine se vale la seguente propriet`a

se (x, y)∈ A allora (−x, −y) ∈ A.

La figura a fianco presenta un esempio di insieme in cui vale questa propriet`a.

A x y

Esempio L’insieme A = 

(x, y) ∈ R2 : x = y

`e simmetrico rispetto all’origine. Si tratta ovviamente della retta bisettrice del primo e terzo quadrante. Con la definizione: se (x, y)∈ A allora x = y, ma quindi −x = −y, e pertanto (−x, −y) ∈ A. Si osservi che A non `e simmetrico n´e rispetto alle x n´e rispetto alle y. Si osservi che anche l’insieme raffigurato qui sopra, pur essendo simmetrico rispetto all’origine, non `e simmetrico n´e rispetto alle x n´e rispetto alle y.

Osservazione Come osservato un attimo fa un insieme pu`o non essere simmetrico n´e rispetto alle x n´e rispetto alle y ma esserlo rispetto all’origine. Invece vale senz’altro che un insieme simmetrico rispetto alle x e rispetto alle y `e simmetrico rispetto all’origine.

Lo si intuisce da considerazioni grafiche o lo si dimostra facilmente con le definizioni: se A `e simmetrico sia rispetto alle x sia rispetto alle y, dal fatto che (x, y)∈ A possiamo dedurre che (−x, y) ∈ A (per la simmetria rispetto alle x) e da quest’ultima dedurre che (−x, −y) ∈ A (per la simmetria rispetto alle y). Quindi `e provata la simmetria rispetto all’origine.

9Dovrebbe essere (x, −y) ∈ A, cio`e −y ≤ 1 − x2, cosa che non possiamo dedurre dalla y ≤ 1 − x2.

10Non `e rilevante che sia quello unitario, cio`e di raggio 1: qualunque cerchio con centro nell’origine `e simmetrico sia rispetto alle x sia rispetto alle y. Esercizio: qual `e la condizione necessaria e sufficiente affinch´e un cerchio sia simmetrico rispetto alle sole x?

(6)

2 Funzioni da R

n

a R

Nella seconda parte del corso abbiamo studiato le funzioni reali di variabile reale, cio`e le funzioni da R a R.

Qui consideriamo le funzioni da Rn a R, dette anche funzioni reali di n variabili.11 Pi`u in generale ci occuperemo di funzioni definite in un sottoinsieme A di Rn, a valori reali. Scriveremo

f : A⊂ Rn→ R.

Come sempre, se vogliamo riferirci alla funzione nel suo complesso, scriviamo semplicemente f ; se invece, posto x = (x1, . . . , xn), vogliamo indicare il numero reale che `e immagine di x attraverso la funzione f , scriveremo f (x) oppure f (x1, . . . , xn).

Si dice come sempre dominio (o campo di esistenza o insieme di definizione) della funzione f l’insieme dei punti per cui esiste il corrispondente secondo la legge f , cio`e l’insieme degli x per cui esiste f (x).

L’insieme di definizione pu`o essere fornito esplicitamente, unitamente alla legge che definisce la funzione. Oppure, nel caso sia fornita soltanto la legge, pu`o essere chiesto di determinare l’insieme di definizione: in tal caso questo `e il pi`u grande sottoinsieme di Rnin cui `e definita l’espressione che fornisce la legge di corrispondenza.

Se f : A⊂ Rn→ R, il simbolo f(A) indica come sempre l’immagine della funzione f, cio`e l’insieme dei valori che la funzione assume in corrispondenza degli elementi di A. Chiaramente f (A)⊂ R.

Come per le funzioni di una variabile, chiamiamo grafico di una funzione f : A⊂ Rn → R l’insieme Gf =n

x, f (x)

: x∈ Ao

=n

x1, . . . , xn, f (x1, . . . , xn)

: (x1, . . . , xn)∈ Ao .

Si tratta di un sottoinsieme dello spazio Rn+1. Quindi le funzioni di una variabile hanno grafico in R2(e nella II parte di questo corso abbiamo imparato a trovare il grafico di tali funzioni), le funzioni di due variabili hanno grafico in R3. Non `e possibile disegnare il grafico di funzioni di pi`u di due variabili, dato che `e un sottoinsieme almeno di R4.

Il grafico di una f : A ⊂ R2 → R `e generalmente una superficie in R3. Ad esempio, il grafico della funzione f : R2→ R definita da f(x1, x2) = x1+ x2`e un piano nello spazio R3.

Esempi

Sono esempi di funzioni definite in opportuni sottoinsiemi di R2le seguenti funzioni:

⊲ f1(x1, x2) = x13+ x22+ x1x2+ 1

⊲ f2(x1, x2) =p x21+ x22

⊲ f3(x1, x2) = x1+ x2

x21+ x22

⊲ f4(x1, x2) = ln(x1+ x22− 1) 3x2

⊲ f5(x1, x2) = max(x1, x2).12

In questi casi non `e esplicitamente indicato l’insieme di definizione e, come detto, si sottointende quindi che esso sia il pi`u ampio sottoinsieme di R2 in cui ha senso l’espressione analitica che definisce la funzione.

Negli esempi proposti il campo di esistenza di f1, f2, f5`e tutto R2.

Per la f3occorre che il denominatore non si annulli, quindi deve essere x21+ x226= 0. Il campo di esistenza `e quindi R2\ {(0, 0)}, cio`e il complementare dell’insieme {(0, 0)}

(tutto il piano ad eccezione dell’origine).

Per la f4 l’unica condizione `e che l’argomento del logaritmo sia positivo, dato che il denominatore `e sempre diverso da zero. Quindi deve essere x1+ x22− 1 > 0, cio`e x1 > 1− x22. Ricordando la geometria analitica della parte I del corso si ha che il campo di esistenza, cio`e l’insieme

{(x1, x2)∈ R2 : x1> 1− x22},

`e la parte di piano evidenziata in grigio qui a fianco. `E un insieme aperto.

1

−1 x1= 1− x22

x1

x2

Vediamo altri esempi di funzioni da Rn a R.

11Nella III parte abbiamo studiato, tra le altre cose, particolari funzioni da Rna Rm, quelle che abbiamo chiamato trasformazioni lineari.

12Si tratta della funzione che associa al punto (x1, x2) il massimo tra x1e x2.

(7)

• Funzioni lineari. Sia v ∈ Rn e sia v = (v1, v2, . . . , vn). La funzione f : Rn→ R definita da f (x) =hv, xi13 = v1x1+ v2x2+ . . . + vnxn

`e lineare, come abbiamo gi`a visto nelle lezioni della parte III. Abbiamo anche visto che ogni funzione lineare da Rn a R `e di questa forma, cio`e si pu`o scrivere come prodotto interno di un vettore fissato v per il vettore x.

Se n = 2 si ha

f (x1, x2) = v1x1+ v2x2 (quindi ad esempio f (x1, x2) = 3x1+12x2).

Il grafico di questa funzione, qualunque siano i coefficienti, `e un piano per l’origine in R3. 14 Osserviamo che l’insieme

n(x1, x2)∈ R2: f (x1, x2) = 0o ,

cio`e l’insieme delle soluzioni dell’equazione v1x1+ v2x2 = 0, `e in R2 la retta ortogonale (perpendicolare) al vettore v = (v1, v2).

v1

v2

v

v1x1+ v2x2= 0

x1

x2

Con n = 3 le funzioni lineari sono quelle del tipo

f (x1, x2, x3) = v1x1+ v2x2+ v3x3

e l’insieme delle soluzioni dell’equazione v1x1+ v2x2+ v3x3 = 0 `e questa volta il piano (in R3) ortogonale (perpendicolare) al vettore v = (v1, v2, v3).

• Forme quadratiche. Sia A una matrice n × n. La funzione f : Rn → R definita da f (x) =hAx, xi15

si chiama forma quadratica associata ad A. Ad esempio, se n = 2 e A =

a11 a12

a21 a22



, si ha f (x1, x2) = a11x21+ a12x1x2+ a21x2x1+ a22x22. Nel caso particolare in cui A sia una matrice diagonale di elementi λ1, λ2, con λ16= 0, λ26= 0, si ha

f (x1, x2) = λ1x21+ λ2x22.

Il grafico di f dipende in modo cruciale dal segno di λ1 e λ2. Lasciando allo studente il compito di convincersi di quanto segue, mi limito ad elencare i tre casi possibili, accompagnandoli con un grafico.

Se λ1 > 0 e λ2 > 0, come ad esempio in f (x1, x2) = 3x21+ 2x22, il grafico di f `e un paraboloide. I valori della funzione sono evidentemente sempre non negativi e quindi il paraboloide sta nel semispazio delle x3≥ 0 (figura sotto a sinistra). Si pu`o anche scrivere che f (R2) = [0, +∞).

Se λ1 < 0 e λ2< 0 il grafico di f `e ancora un paraboloide. I valori della funzione sono evidentemente sempre non positivi e quindi il paraboloide sta nel semispazio delle x3≤ 0 (figura al centro). Si pu`o anche scrivere che f (R2) = (−∞, 0].

Se λ1> 0 e λ2< 0 il grafico di f `e un iperboloide (a una falda). La funzione pu`o assumere sia valori positivi sia valori negativi (figura a destra). In questo caso f (R2) = R.

x

x x

1

2 3

x

x x

1

2 3

x x x

1 3 2

13Ricordo che la scrittura hx, yi, dove x e y sono due vettori di Rn, indica il prodotto interno dei due: hx, yi =Pn

i=1xiyi.

14Le funzioni lineari in una variabile sono le funzioni del tipo f (x) = vx, con v ∈ R. Sono quindi quelle che hanno per grafico una retta per l’origine.

15Si tratta del prodotto interno di Ax, che `e un vettore di Rndato dal prodotto di A per x, per il vettore x.

(8)

Alle forme quadratiche e in particolare allo studio del segno di queste `e dedicata la prossima dispensa.

Osservazione Il caso in cui uno dei due coefficienti λ1, λ2`e nullo `e meno significativo. Vale comunque la pena osservare che (mettiamo sia λ1 > 0 e λ2 = 0) in tal caso si ha f (x1, x2) = λ1x21 e il valore di f dipende dalla sola x1. Si tratta di un paraboloide degenere e si intuisce facilmente che il grafico si ottiene facendo muovere la parabola x3= λ1x21 lungo l’asse x2.

Qui sotto riporto i grafici di alcune forme quadratiche, ottenuti con un software scientifico. Il grafico a destra `e quello di una forma quadratica del tipo f (x1, x2) = λ1x21 con λ1> 0.

1 0,5 -0,5 -1 xy

0 0 0 0,5 1 1,5

0,5 2

-0,5

1 -1

-1-0,5 -1

-1 -0,5 y -0,5x 00

0 0,5

0,5 1

1 0,5 1

-1-0,5 y -1 -0,5 x

00 0

0,1

0,5 0,2 0,3

0,5 1

0,4 0,5

1

• Polinomi. Un monomio in Rn`e una funzione della forma

(x1, . . . , xn)7→ xr11· · · xrnn,

dove r1, . . . , rnsono interi non negativi. Si chiama grado del monomio il numero intero non negativo r1+. . .+rn. Un polinomio `e una combinazione lineare di monomi. Il grado di un polinomio `e il massimo dei gradi dei monomi di cui `e combinazione lineare.

Ad esempio, `e un monomio in tre variabili la funzione f (x1, x2, x3) = x1x22x33; si tratta di un monomio di sesto grado. Un esempio di polinomio `e la funzione g(x1, x2, x3) = 2x1x22x33− 3x4x32x23; `e un polinomio di nono grado.

Il pi`u generale polinomio di secondo grado in R2`e

P (x1, x2) = ax21+ bx22+ cx1x2+ dx1+ ex2+ f,

con a, b, c, d, e, f ∈ R e almeno uno dei coefficienti a, b, c diverso da zero (altrimenti `e ancora un polinomio ma non `e pi`u di secondo grado).

Il pi`u generale polinomio di secondo grado in R3`e

P (x1, x2, x3) = ax12+ bx22+ cx23+ dx1x2+ ex1x3+ f x2x3+ gx1+ hx2+ ix3+ j,

con a, b, . . . , j∈ R e almeno uno dei coefficienti a, b, . . . , f diverso da zero. In generale non si tratta ovviamente di una forma quadratica (lo `e se e solo se g = h = i = j = 0). Volendo lo si pu`o vedere come la somma di una forma quadratica, di una funzione lineare e di una costante.

• Funzioni radiali.

Una funzione f : Rn→ R si dice radiale se esiste una funzione f0: [0, +∞) → R tale che f (x) = f0(kxk), per ogni x ∈ Rn.16

La funzione f0 si dice il profilo di f . Pi`u in generale la funzione profilo pu`o essere definita in un intervallo del tipo [0, r) e la funzione radiale f in un intorno dell’origine di raggio r.

Ad esempio, la funzione f (x1, x2) = x21+ x22`e radiale, in quanto x21+ x22=k(x1, x2)k2. Il profilo `e la funzione f0: [0, +∞) → R con f0(t) = t2.

Osservazione Il grafico di una funzione radiale definita in R2si ottiene “facendo ruotare il suo profilo” attorno all’asse x3. Ecco alcuni esempi di funzioni radiali, con i relativi grafici.

16La definizione pu`o risultare di difficile comprensione. Si noti che f `e funzione di n variabili, mentre f0e funzione di una variabile, cio`e di un numero reale. Infatti l’argomento di f0 `e la norma del vettore x, che `e appunto un numero reale. In sostanza la definizione dice che il valore che la funzione associa ad x dipende soltanto dalla norma di x o, in altre parole, che a punti alla stessa distanza dall’origine la funzione associa lo stesso valore.

(9)

⊲ f (x1, x2) = x21+ x22, definita in tutto R2; come detto ha profilo f0: [0, +∞) → R con f0(t) = t2.

⊲ g(x1, x2) =p

x21+ x22, definita in tutto R2; ha profilo f0: [0, +∞) → R con f0(t) = t.

⊲ h(x1, x2) =p

1− x21− x22, definita nel cerchio unitario B(0, 1) =n

x∈ R2:kxk ≤ 1o

; ha profilo f0: [0, 1]→ R con f0(t) =√

1− t2.

2

1 1

( ,0,x x )

x

x

G

f x

1

2 3

1 1

( ,0, )x x

G

g

x

x x

1

2 3

( ,0, 1- )x Ö x2

G

h

1 1

x

x x

1

2 3

Il grafico di f `e il paraboloide gi`a incontrato prima; il grafico di g `e una superficie conica con vertice nell’origine;

Il grafico di h `e una calotta sferica con centro nell’origine.

Esercizio 2.1 Si descriva il campo di esistenza delle seguenti funzioni, specificando se si tratta di insiemi aperti, chiusi o n´e aperti n´e chiusi:

(a) f (x, y) = ln(x− y + 1) (b) f (x, y) = 1 + x + y 1− 2x + 3y (c) f (x, y) =p

x + y2+ 1 (d) f (x, y) =p

1− x2− y2 (e) f (x, y) = ln(1− 2x2− y2) (f) f (x, y) = √xy

(g) f (x, y) = ln(1− xy) (h) f (x, y) =p

1− y2

Esercizio 2.2 Si determini il campo di esistenza delle seguenti funzioni e lo si rappresenti graficamente.

(a) f (x, y) =p

x(y + 1) (b) f (x, y) =√

x + 1−√1− x − y (c) f (x, y) = log 1 − x

1− y



(d) f (x, y) = ln y + ln(x + y)

(e) f (x, y) =

sx2+ y2− 4

y− 1 (f) f (x, y) = log

 x

x− y2+ 1



(g) f (x, y) =

r xy + 1

x + y + 1 (h) f (x, y) = log (x − 1)2+ y2− 4 4− x2− (y − 1)2



Esercizio 2.3 Si scriva l’espressione analitica del profilo delle seguenti funzioni radiali:

(a) f (x, y) = e−x2−y2 (b) f (x, y) =p

x2+ y2+ 1 (c) f (x, y) = 1

1 + x2+ y2 (d) f (x, y) = ln(2− x2− y2) (e) f (x, y) =p

x2+ y2− x2− y2 (f) f (x, y) = 1 + x4+ 2x2y2+ y4

2.1 Simmetrie di una funzione

Talvolta pu`o essere utile sfruttare alcune caratteristiche di simmetria di una funzione di pi`u variabili. Qui consideriamo solo le funzioni di due variabili e torno ad indicare gli elementi di R2 con la notazione (x, y).

(10)

Definizioni Sia A⊂ R2un insieme simmetrico rispetto alle x.

(i) Diciamo che una funzione f definita in A `e pari rispetto alle x se vale la seguente propriet`a:

se (x, y)∈ A allora f(−x, y) = f(x, y).

(ii) Diciamo che una funzione f definita in A `e dispari rispetto alle x se vale la seguente propriet`a:

se (x, y)∈ A allora f(−x, y) = −f(x, y).

Sia A⊂ R2 un insieme simmetrico rispetto alle y.

(iii) Diciamo che una funzione f definita in A `e pari rispetto alle y se vale la propriet`a:

se (x, y)∈ A allora f(x, −y) = f(x, y).

(iv) Diciamo che una funzione f definita in A `e dispari rispetto alle y se vale la propriet`a:

se (x, y)∈ A allora f(x, −y) = −f(x, y).

Sia A⊂ R2 un insieme simmetrico rispetto all’origine.

(v) Diciamo che una funzione f definita in A `e pari rispetto all’origine se vale la seguente propriet`a:

se (x, y)∈ A allora f(−x, −y) = f(x, y).

(vi) Infine diciamo che una funzione f definita in A `e dispari rispetto all’origine se vale la seguente propriet`a:

se (x, y)∈ A allora f(−x, −y) = −f(x, y).

Osservazione Lo studente avr`a notato le evidenti analogie con le simmetrie delle funzioni di una variabile (funzioni pari o dispari).

Esempi

⊲ La funzione f (x, y) = x2+ y3`e pari rispetto alle x. Si noti anche che non `e dispari rispetto alle y.

⊲ La funzione f (x, y) = x2y3`e pari rispetto alle x e dispari rispetto alle y.

⊲ La funzione f (x, y) = x2y2 `e pari, sia rispetto alle x sia rispetto alle y. Si tratta di una funzione pari rispetto all’origine.

⊲ La funzione f (x, y) = x2y3`e dispari rispetto all’origine, pari rispetto alle x e dispari rispetto alle y.

⊲ La funzione f (x, y) = xy3`e pari rispetto all’origine, dispari rispetto alle x e dispari rispetto alle y.

2.2 Insiemi di livello e curve di livello

Farsi un’idea del grafico di una funzione di pi`u variabili `e piuttosto difficile. Come gi`a detto, anzi, non `e nemmeno possibile rappresentare il grafico se il numero di variabili `e maggiore di 2. Nel caso di due variabili il grafico `e una superficie in R3 e non ci sono tecniche generali come quelle che abbiamo studiato nella Parte II.

Una valida alternativa al grafico `e data dagli insiemi di livello, che nel caso di due variabili sono le curve di livello.

In generale si ha

Definizione Data una funzione f : A⊂ Rn→ R, si definisce insieme di livello k di f l’insieme dei punti di A in cui la funzione ha valore k, cio`e formalmente

Lk=

x∈ A : f(x) = k . Si tratta quindi di un sottoinsieme del dominio della funzione.

Nel caso n = 2 tali insiemi sono solitamente curve nel piano e prendono quindi il nome di curve di livello k.

Ovviamente l’insieme (la curva) cambia al variare del valore k. Studiare le curve di livello significa appunto capire come variano le curve al variare del livello.

(11)

Esempio Consideriamo la funzione f (x, y) = x2+ y2. Naturalmente, se pensiamo ad un livello negativo, ad esempio

−1, dobbiamo dire che la curva di livello −1 non c’`e poich´e la funzione non pu`o avere valore negativo. Pertanto la curva di livello−1 `e l’insieme vuoto. La curva di livello 0 invece non `e vuota, ma si riduce al solo punto origine (0, 0).17 Se ora fissiamo un livello positivo, ad esempio 1, la curva corrispondente questa volta c’`e ed `e proprio una curva in senso letterale: si tratta dell’insieme delle soluzioni dell’equazione x2+ y2= 1 e quindi, come noto, della circonferenza di centro l’origine e raggio 1. Al variare del livello k (positivo) abbiamo circonferenze di centro sempre l’origine e raggio√

k. Quindi al crescere di k le curve di livello sono circonferenze di raggio crescente.

Esempio Consideriamo la funzione f (x, y) = xy. La curva di livello 0 `e l’insieme delle soluzioni dell’equazione xy = 0 e cio`e i due assi cartesiani.18 La curva di livello k positivo `e l’insieme delle soluzioni dell’equazione xy = k e cio`e i punti di un’iperbole centrata nell’origine e rami nel primo e terzo quadrante. Anche con k negativo si hanno i punti di un’iperbole centrata nell’origine, ma con rami nel secondo e quarto quadrante.

Osservazione Le curve di livello possono essere una valida alternativa al grafico della funzione in quanto, anche se ci mostrano solo il dominio, ci dicono per`o in quali punti la funzione ha valore costante, al variare di questo valore.

E la tecnica usata nelle mappe geografiche per indicare la morfologia del terreno (il livello indica la quota sul livello` del mare) oppure nelle mappe meteo (il livello indica la pressione al suolo o in quota). Nelle mappe geografiche la presenza di curve di livello molto ravvicinate indica una variazione molto rapida della quota, e quindi una zona di pendenza molto forte, mentre curve di livello molto lontane indicano regioni sostanzialmente piatte.

Vediamo qualche altro esempio.

Esempi

• Le curve di livello k della funzione f(x, y) = x + y2+ 1 si ottengono a partire dall’equazione x + y2+ 1 = k, cio`e x =−y2+ k− 1. Si tratta di parabole con asse dato dall’asse x e concave verso sinistra. Al crescere del valore k la parabola si “sposta verso destra”.

• Le curve di livello k della funzione f(x, y) = ln(x + y) si ottengono a partire dall’equazione ln(x + y) = k, cio`e x + y = ek, cio`e y = ek − x. Si tratta ovviamente di rette di pendenza −1 e ordinata all’origine ek, quindi certamente positiva.19 Al crescere di k la retta si “sposta verso l’alto”.

• Le curve di livello k della funzione f(x, y) =p

1− x2− y2si ottengono a partire dall’equazionep

1− x2− y2= k, cio`e 1−x2−y2= k2, cio`e ancora x2+ y2= 1−k2. Se k `e negativo non c’`e curva di livello, dato che l’equazione iniziale p

1− x2− y2 = k non ha certamente soluzioni. Se k = 0 abbiamo la circonferenze di centro l’origine e raggio 1. Se k > 0 abbiamo circonferenze di centro l’origine e raggio√

1− k2: la quantit`a sotto radice deve per`o essere positiva, e quindi deve anche essere k < 1. Infine per k = 1 la curva si riduce alla sola origine. Si riconoscer`a la morfologia della calotta sferica rappresentata un paio di pagine fa.

Esercizio 2.4 Si descrivano le curve di livello 1 delle seguenti funzioni.

(a) f (x, y) = ln(x− y + 1) (b) f (x, y) = 1 + x + y 1− 2x + 3y (c) f (x, y) =p

x + y2+ 1 (d) f (x, y) =p

1− x2− y2 (e) f (x, y) = ln(1− 2x2− y2) (f) f (x, y) = √xy

(g) f (x, y) = ln(1− xy) (h) f (x, y) =p

1− y2

2.3 Restrizione di una funzione ad una curva

Esaminiamo ora un concetto che, pur essendo presente anche nella trattazione delle funzioni di una variabile, trova per`o il suo significato pi`u pieno con le funzioni di pi`u variabili. Tale concetto ci sar`a utile in seguito, soprattutto quando parleremo di limiti, continuit`a e derivabilit`a. Si tratta del concetto di restrizione di una funzione.

Prima per`o serve il concetto di curva in Rn. Per non appesantire l’esposizione, considero solo curve in R2. Chiamiamo curva in R2una funzione continua γ definita in un intervallo I di R a valori in R2. Pertanto abbiamo

γ : I→ R2, con γ(t) = γ1(t), γ2(t) ,

17Quindi si noti che la curva pu`o non esserci oppure pu`o essere qualcosa che solitamente non chiaeremmo “curva”.

18La curva di livello 0 `e quindi l’insieme dei punti che stanno in almeno uno dei due assi.

19Questo fa s`ı che la retta stia nell’insieme di esistenza della funzione, che non `e tutto R2.

(12)

dove γ1, γ2 sono funzioni continue definite nell’intervallo I.20 L’immagine della curva γ, cio`e il sottoinsieme di R2

n γ1(t), γ2(t)

: t∈ Io ,

si chiama sostegno della curva γ. Purtroppo talvolta si identifica la curva con il suo sostegno. Nel linguaggio comune infatti dicendo curva nel piano intendiamo l’insieme dei punti che formano la figura geometrica. Nella nostra definizione sarebbe meglio chiamare quest’ultima il sostegno (o l’immagine) della curva e chiamare curva soltanto la funzione che ha per immagine la figura geometrica.

Esempi

• La funzione γ(t) = (0, t), con t ∈ R `e una curva in R2. La sua immagine (sostegno) `e l’asse delle ordinate.

• La funzione γ(t) = (1 + t, 1 − t), con t ∈ [−1, 1] `e una curva in R2. La sua immagine `e un segmento nel piano.21

• La funzione γ(t) = (t, t2), con t∈ [0, 1] `e una curva in R2. La sua immagine `e un arco di parabola.22

Data una funzione f : A ⊂ R2 → R e data una curva γ : I → R2, con immagine contenuta in A, chiamiamo restrizione dif alla curva γ la funzione f◦ γ, cio`e la funzione (composta) che a t associa f(γ(t)).23

Esempi

• Data la funzione f(x1, x2) = x1− x2, la sua restrizione alla curva γ(t) = (t, 0), con t∈ R, `e una restrizione di f all’asse x1.24 Si tratta della funzione g(t) = f (t, 0) = t.

La restrizione della stessa funzione alla curva γ(t) = (t, t), con t∈ R, `e una restrizione di f alla retta di equazione x1= x2. Si tratta della funzione g(t) = f (t, t) = 0, con t∈ R.

• La restrizione della funzione f(x1, x2) = xx21x2

1+x22 alla curva γ(t) = (t, t), con t ∈ (0, +∞) `e la funzione g(t) = f (t, t) = 12, con t∈ (0, +∞).

Una restrizione della stessa funzione alla parte di parabola di equazione x2= x21 che sta nel primo quadrante si pu`o ottenere con la funzione g(t) = f (t, t2) = 1+tt2, con t∈ (0, +∞).

Anche se ho presentato i concetti di curva e di restrizione nel caso bidimensionale, tutto si potrebbe estendere in modo immediato al caso n-dimensionale.

A titolo di esempio, una restrizione della funzione

f : R3→ R, con f(x1, x2, x3) = e−x21−x22−x23

alla retta passante per il punto (1, 1, 0) e parallela all’asse x3 si ottiene25 considerando la restrizione di f alla curva γ : R→ R3, con

γ(t) = (1, 1, t);

si tratta pertanto della funzione

g(t) = f (γ(t)) = f (1, 1, t) = e−2−t2.

Esercizio 2.5 Si determini una curva che parametrizza la retta di equazione x + y + 1 = 0.

20In pratica quindi una curva `e una funzione che alla variabile reale t associa due componenti, γ1(t) e γ2(t), e queste sono funzioni continue di t.

21Si pu`o vedere cos`ı: nello stesso modo in cui facevamo nella parte III, possiamo scrivere (1 + t, 1 − t) = (1, 1) + t(1, −1), quindi al variare di t in tutto R si otterrebbe la retta che contiene il vettore (1, −1) traslata del vettore (1, 1). Con t ∈ [−1, 1] si ottiene solo una parte di questa retta e cio`e un segmento. Possiamo anche precisare che gli estremi del segmento, che si ottengono con i valori estremi di t (−1 e 1), sono i punti (0, 2) e (2, 0).

22Qui si pu`o ragionare cos`ı: se poniamo x = t e y = t2, allora tra x e y sussiste la relazione y = x2, che come sappiamo individua nel piano una parabola. Con t ∈ [0, 1] si ottiene una parte della parabola, quella compresa tra i punti (0, 0) e (1, 1).

23Il nome restrizione deriva da fatto che in pratica non considero la f su tutto il suo dominio, ma soltanto sui punti della curva γ. Si noti per`o che la restrizione, essendo la funzione composta, non `e definita sul sostegno della curva, cio`e in R2, ma sull’intervallo I in cui `e definita la curva. I valori della restrizione sono per`o i valori di f sul sostegno della curva.

24Non `e unica la restrizione di f all’asse x1: ad esempio la funzione g(t) = f (t3,0) = t3 `e un’altra restrizione di f all’asse x1.

25I punti di questa retta si ottengono traslando l’asse x3 del vettore (1, 1, 0): dato che l’asse x3`e individuato dal vettore (0, 0, 1), allora i punti della retta si possono esprimere con t(0, 0, 1) + (1, 1, 0), cio`e con (1, 1, t).

(13)

Esercizio 2.6 Si determini una curva che parametrizza la parabola di equazione x + y2+ 1 = 0.

Esercizio 2.7 Si determini una curva che parametrizza il ramo destro dell’iperbole di equazione x2−y2−1 = 0.

Esercizio 2.8 Si scriva la restrizione della funzione f (x, y) = x+exy2alla curva γ(t) = (t, ln t), con t∈ (0, +∞).

Esercizio 2.9 Si scriva la restrizione della funzione f (x, y) = x/y alla curva γ(t) = (t, 1/t), con t∈ (0, +∞).

Esercizio 2.10 Si scriva la restrizione della funzione f (x, y) = x + ln(x + y) alla curva γ(t) = (1/t, t), con t∈ (0, +∞).

3 Limite

Il concetto di limite di una funzione, gi`a visto in una variabile, si pu`o definire anche in pi`u variabili.

Sia f : A⊂ Rn → R e sia x0 ∈ Rn un punto di accumulazione per A. Ricordo che, se indichiamo con B(x0, r) l’intorno circolare di x0 di raggio r, x0`e punto di accumulazione per A se qualunque sia r l’intorno B(x0, r) contiene infiniti punti di A. Indichiamo ora per comodit`a con B(x0, r) l’intorno circolare del punto x0 di raggio r, privato per`o del punto x0 stesso, quello che possiamo formalmente indicare con B(x0, r)\ {x0} (taluni lo chiamano “intorno bucato”).

Definizioni

• Si dice che f tende al numero reale ℓ per x tendente ad x0, e si scrive lim

x→x0f (x) = ℓ, se per ogni intorno (ℓ− ε, ℓ + ε) di ℓ esiste un r > 0 tale che

se x∈ B(x0, r)∩ A allora f(x) ∈ (ℓ − ε, ℓ + ε).

Si pu`o dire equivalentemente che f tende ad ℓ per x che tende ad x0se per ogni ε > 0 esiste r > 0 tale che sekx − x0k < r, x ∈ A e x 6= x0, allora |f(x) − ℓ| < ε.

Come per i limiti in una variabile, anche qui una verifica di limite nei casi concreti pu`o essere effettuata verificando che tra le soluzioni della disequazione|f(x) − ℓ| < ε c’`e un intorno bucato di x0.

• Si dice che f tende a +∞ per x tendente a x0, e si scrive lim

x→x0f (x) = +∞, se per ogni (a, +∞) esiste un r > 0 tale che

se x∈ B(x0, r)∩ A allora f(x) ∈ (a, +∞), ossia per ogni a > 0 esiste un r > 0 tale che

sekx − x0k < r, x ∈ A e x 6= x0, allora f (x) > a.

• Si dice che f tende a −∞ per x tendente ad x0, e si scrive lim

x→x0f (x) =−∞, se per ogni (−∞, b) esiste un r > 0 tale che

se x∈ B(x0, r)∩ A allora f(x) ∈ (−∞, b), ossia per ogni b < 0 esiste un r > 0 tale che

sekx − x0k < r, x ∈ A e x 6= x0, allora f (x) < b.

La definizione che segue `e in qualche modo una novit`a. Si veda poi l’osservazione successiva.

(14)

• Si dice infine che f tende a ℓ per x tendente a ∞, e si scrive lim

x→∞f (x) = ℓ, se per ogni intorno (ℓ− ε, ℓ + ε) di ℓ esiste un r > 0 tale che

se x∈ Rn\ B(x0, r)

∩ A allora f(x) ∈ (ℓ − ε, ℓ + ε), ossia per ogni ε > 0 esiste r > 0 tale che

sekxk > r, x ∈ A, allora |f(x) − ℓ| < ε.

Osservazione Chiarisco la novit`a rappresentata dall’ultima definizione, quella per x→ ∞. In R2 non c’`e un +∞ e un−∞. Detto in parole povere questo succede perch´e non ci sono solo due modi di tendere all’infinito, come accade in R, ma ce ne sono infiniti. Si pensi ad esempio che si pu`o tendere all’infinito lungo una qualunque direzione nel piano.

Si `e soliti in R2parlare soltanto di un∞, senza segno. Si tende ad ∞ se ci si allontana infinitamente dall’origine, in un qualunque modo possibile. Quindi la definizione di limite in questo caso chiede che il valore di f sia arbitrariamente vicino ad ℓ per valori di x sufficientemente lontani dall’origine. Ecco il motivo dell’insieme Rn\ B(x0, r), che compare nell’ultima inclusione: tale insieme, al crescere di r tende ad “allontanarsi” sempre pi`u dall’origine. Possiamo senz’altro dire che tali insiemi, cio`e i complementari degli intorni dell’origine, sono gli intorni di∞ in R2.

Osservazione Come gi`a osservato a suo tempo parlando di limiti di funzioni di una variabile, una verifica di un limite limx→x0f (x) = ℓ attraverso la definizione si pu`o effettuare, nel caso di limite finito, verificando che l’insieme delle soluzioni della disequazione|f(x) − ℓ| < ε, per ogni ε > 0, contenga un intorno circolare del punto x0 o, in altre parole, che l’insieme di queste soluzioni contenga il punto x0 come punto interno.

Analogamente, la verifica di un limite limx→x0f (x) = +∞ si pu`o effettuare verificando che l’insieme delle soluzioni della disequazione f (x) > M , per ogni M > 0, contenga il punto x0 come punto interno. Se il limite `e −∞ la disequazione da considerare sar`a ovviamente f (x) <−M, sempre con M > 0.

Infine, la verifica di un limite all’infinito limx→∞f (x) = ℓ si pu`o effettuare verificando che l’insieme delle soluzioni della disequazione|f(x) − ℓ| < ε, per ogni ε > 0, contenga il complementare di un intorno circolare dell’origine, cio`e come detto un intorno di∞.

Lo studente, ricordando quanto visto sui limiti delle funzioni di una variabile, provi a scrivere da solo il significato rigoroso di scritture come limx→∞f (x) =±∞.

Esempi

• Consideriamo la funzione f(x1, x2) = x1+ x2, definita in tutto R2. Vogliamo provare che

(x1,xlim2)→(1,1)f (x1, x2) = 2.

Preso un qualunque intorno circolare di 2, che indichiamo con (2− ε, 2 + ε), possiamo trovare le (x1, x2) la cui immagine `e contenuta in tale intorno risolvendo la disequazione

2− ε < x1+ x2< 2 + ε cio`e 2− ε − x1< x2< 2 + ε− x1 cio`e  x2> 2− ε − x1 x2< 2 + ε− x1, che porta all’insieme raffigurato qui sotto. Si tratta della regione compresa tra le due rette parallele (in grigio pi`u chiaro). Tale insieme contiene certamente un intorno circolare di (1, 1) (in grigio pi`u scuro), come rappresentato.

Pertanto `e provato che il limite in questione `e 2.

2+ε

2 |

2−ε

1 1

|2 x1

x2

(15)

• Consideriamo ora la funzione f(x1, x2) =x21

1+x22, definita in R2\ {(0, 0)}. Vogliamo provare che

(x1,xlim2)→(0,0)f (x1, x2) = +∞.

Possiamo come detto prendere un M > 0 e considerare la disequazione 1

x21+ x22 > M.

Questa equivale a

x21+ x22< 1 M,

che risulta soddisfatta da tutti i punti del piano la cui distanza dall’origine `e minore diq

1

M, cio`e appunto un intorno circolare dell’origine. Pertanto `e provato che il limite in questione `e +∞.

• Consideriamo la funzione f(x1, x2) = x1+x1 2, definita in R2 ad eccezione dei punti che stanno sulla retta di equazione x1+ x2= 0.

Vogliamo ora provare che ad esempio la scrittura

(x1,xlim2)→(0,0)f (x1, x2) = +∞

`e falsa. Se prendiamo M = 1 e consideriamo la disequazione 1

x1+ x2

> 1, cio`e 1

x1+ x2− 1 > 0 cio`e 1− x1− x2 x1+ x2

> 0,

si trova facilmente che le soluzioni sono costituite dai punti compresi tra le due rette di equazione x1+ x2= 0 e x1+ x2= 1. Tale insieme non contiene per`o un intorno circolare dell’origine.

Lo studente verifichi che sono ugualmente false possibili scritture con limite finito o con limite−∞, e che quindi il limite cercato non esiste.

• Vogliamo provare infine che

(x1,xlim2)→∞

1

x21+ x22 = 0.

Preso un arbitrario ε > 0, consideriamo la disequazione 1

x21+ x22 < ε, che equivale alla x21+ x22> 1 ε.

Si tratta, per ogni valore di ε, del complementare di un cerchio di centro l’origine e raggio 1/√ε, quindi in altre parole di un intorno di∞ in R2. Pertanto `e provato che il limite dato `e zero.

Osservazione Detto in modo molto impreciso ma che rende bene l’idea, il limite di una funzione di pi`u variabili `e

“pi`u difficile che esista” rispetto al limite di una funzione di una sola variabile.

A titolo di esempio, si consideri la funzione f (x1, x2) = x1x2

x21+ x22, con (x1, x2)6= (0, 0). (1) Si pu`o verificare facilmente che

(x1,xlim2)→(0,0)f (x1, x2) (2)

non esiste, sulla base di un risultato (che enuncio soltanto) che appare tuttavia molto plausibile. Lo dico prima a parole, poi formalizzo. Se il limite di una funzione esiste, per (x1, x2) che tende ad un certo punto (x01, x02), allora se tendiamo a questo punto lungo alcune particolari curve, allora dobbiamo trovare sempre lo stesso risultato, cio`e lo stesso limite, indipendentemente da quale curva consideriamo.

Se cio`e

(x1,x2lim)→(x01,x02)f (x1, x2) esiste, finito o infinito, chiamiamolo λ

Riferimenti

Documenti correlati

[r]

Un metodo alternativo per stabilire il carattere di una forma quadratica (definita o semidefinita) si basa sull’analisi del segno dei minori principali della matrice associata

Nella parte relativa alle serie di funzioni, abbiamo visto che possi- amo sviluppare in serie di Taylor una funzione, se la funzione ammette derivate di tutti gli ordini in un punto

[r]

Dopo averli rappresentati nel piano cartesiano, stabilire se i seguenti insiemi risultano aperti, chiusi e compatti.. `e aperto, dunque coincide con il suo interno C = C , non

Come per le funzioni ad una sola variabile si definisce DOMINIO DI UNA FUNZIONE A due VARIABILI l'insieme dei valori che possono essere attribuiti alle variabili indipendenti

Se invece il gradiente secondo `e definito, ad esempio positivo, (e anche qui si riveda la definizione del termine) in tutte le direzioni i valori della funzione aumentano e pertanto

[r]