Ciao a tutti, ecco i miei riassunti, ovviamente non posso garantire la correttezza (anzi garantisco la non totale correttezza) quindi se per caso trovate un errore se me le segnalate mi fate un favore.
Buono studio Andrea
Chapter 1
Introduzione
Consideriamo Rn := R × R × · · · × R = (x1, x2, · · · , xn) xi∈ R f : D ⊆ Rn→ Rm
funzioni reali di n-variabili con m = 1
f : D ⊆ Rn → R
(x1, x2, · · · , xn) 7→ f (x1, x2, · · · , xn) = y
funzioni vettoriali con m > 1 f `e funzione vettoriale: f ≡ (f1, f2, · · · , fn)
| {z }
componenti
1 ≤ j ≤ m; fj= fj(x1, · · · , xn) ∈ R caso particolare n = 2, m = 1 definisce i grafici in tre dimenzioni
f : D ⊆ R2→ R
Grafico(f ) = {(x, y, z) ∈ R3, z = f (x, y), (x, y) ∈ D(f )}
1 Curve di livello
c = f (x, y), c = cost sono le curve sul piano x,y che risolvono l’equazione.
Chapter 2
Limiti
1 Definizione
Sia (X, d) uno spazio metrico {xn}∞n=1⊆ (X, d) diciamo che xn→ x per n → ∞ con n=m=1 definizione del limite sfruttando la metrica
x→xlim0f (x) = l ⇔ |f (x) − l|
| {z }
d(f (x),l)
→ 0, per |x − x0|
| {z }
d(x,x0)
→ 0
in generale f : (X, dx) 7→ (Y, dy) lim
x→x0
f (x) = y ⇔ dy(f (x), y) → 0 se dx(x, x0) → 0 definizione metrica di limite.
2 Propriet` a
Proposizione Sia f : Rn→ Rm
Allora limx→x0f (x) = y ⇔ ∀{xn} ⊂ Rn tale che xn→ x0si ha f (xn) → y, n → ∞
Osservazione tutte le propriet`a dei limiti in n = m = 1 si trasportano al caso di pi`u variabili, in particolare il teorema di Weierstrass ovvero:
Tesi Weierstrass f continuo su un chiuso e limitato ammette massimo e minimo (assoluti).
Definizione limitato E ⊆ Rn `e limitato se ∃BRpalla di raggio R ovvero BR= {x ∈ Rn| |x|n= dn(x, 0) < R} tale che BR> E Definizione aperto A ⊂ Rn `e aperto se ∀x0∈ A∃B(x0) ovvero
B(x0) = {x ∈ Rn|d(x, x0) < } tale che B(x0) 6⊆ A Definizione chiuso C ⊂ Rn `e chiuso se CC`e aperto
Chapter 3
Funzioni continue
1 Th. Weisestrass
f ∈ C0(x) x chiuso e limitato
⇒ f ammette massimi e minimi assoluti in X
2 Th. Zeri
f continua in E ≤ Rn ( e connesso) siano x, y ∈ E tale che f (x) > 0, f (y) < 0
⇒ ∃x ∈ E|f (z) = 0
3 Th.
Le applicazioni continue preservano gli insiemi aperti
f → y continua ⇒A ⊆ y aperto ⇒ f−1(A) `e aperto in X
4 Propriet` a
Oss. Il teorema 3 pu`o essere preso come definizione di continuit`a
Definizione connesso E `e un insieme connesso se non pu`o essere espresso come unione disgiunta E = E1∪ E2 E1∩ E2= ∅ E1, E2aperti non vuoti
Corollario Th 3
1. Sia f continua in Rn a valori in R Allora:
{x ∈ Rn|f (x) > 0} `e aperto f−1(0, +∞) aperto in R 2. f continua ⇒ f−1(C) con C chiuso `e chiuso
{x ∈ Rn|f (x) ≥ 0} `e chiuso f−1[0, +∞) chiuso in R
Definizione frontiera E ⊆ Rn, x0 ∈ Rn `e di frontiera per E se comunque preso un intorno contenente x0, I(x0) si ha che I(x0) contiene punti di E (interni) e punti di EC (esterni)
Proposizione - chiusura di E Se E ⊆ Rn `e chiuso ⇔ E ≡ ¯E := E ∪ ∂E Corollario Sia xn|n∈N⊂ E chiuso ⇒ se xn→ ¯x ∈ E per n → ∞
Chapter 4
Derivate parziali
N=1
f : R → R f0(x0) := lim
n→0
f (x0− h) − f (x0) h
| {z }
∃ finito
⇒ `e derivabile in x0⇒ f `e continua in x0
f (x) = f (x0) + f0(x0)(x − x0)
| {z }
approssimazione lineare
+o(|x − x0|), x → x0
N=2 In R2ci sono ∞-direzioni lungo cui considerare rapporti incrementali. Tuttavia le direzioni parallele agli assi sono ”privilegiate” e definiamo
Definizione
f : D(f ) ⊆ R2→ R, (x0, y0) ∈ D(f ) Definiamo derivate parziali risepetto a
x: ∂f
∂x(x0, y0) := lim
h→0
f (x0+ h, y0) − f (x0, y0) h
y:
∂f
∂y(x0, y0) := lim
k→0
f (x0, y0+ k) − f (x0, y0) h
Se esistono i limiti precedenti e sono finiti
⇒ f ammette derivate parziali in x0, y0
Dire che f ammette derivata parziale rispetto ad x in (x0, y0) ⇔ g(x) sia derivabile in x0
Osservazione Se ∃∂f∂x,∂f∂y non fornisce n`e un approssimazione lineare n`e garantisce che la fun- zione sia continua
Osservazione Il piano per (x0, y0) generato da ∂f∂x(x0, y0),∂f∂y(x0, y0) ha equazione:
z = f (x0, y0) +∂f
∂x(x0, y0)(x − x0) +∂f
∂y(x0, y0)(y0− y)
Imponiamo che tale piano approssimi linearmente f (x, y) in (x0, y0) (incremento di z = f (x, y) = incremento lungo il piano + errore lineare)
(∗) f (x0+h, y0+k)−f (x0, y0) = ∂f
∂x(x0, y0) (x0− x)
| {z }
h
+∂f
∂x(x0, y0) (y0− y)
| {z }
k
+ op
(x − x0)2+ (y − y0)2
| {z }
errore lineare
1 Definizione differenziale
f si dice differenziabile in (x0, y0) se vale (∗) Osservazioni
1. f differenziabile ⇒ approssimabile linearmente (per costruzione) 2. f differenziabile ⇒ f `e continua in (x0, y0)
Per funzioni f : D(f ) ⊂ RN → R cambia solo la notazione
f `e differenziabile in ¯x ∈ D(f ), ¯x = (x1, x2, ..., xN) se esiste a ∈ RN tale che f (¯x + h) − f (¯x) = a h
|{z}
incremento lineare
+ o(|h|)
| {z } errore lineare
, h → 0, h = (h1, ..., hN)
Se f `differenziabile allora:
a = ∇f (¯x) := ∂f
∂x1
(¯x), ∂f
∂x2
(¯x), ..., ∂f
∂xN
(¯x)
| {z }
vettore gradiente Si chiama differenziale di f in (¯x):
df (¯x) : h 7→ ∇f (¯x)h
∇f (¯x)h: indica l’incremento di f sul piano tangente
Analogamente al caso N=2 si definisce per una funzione f : RN → R differenziabile in ¯x ∈ D(f ), l’iperpiano tangente in ¯x:
z = f (¯x) +
N
X
i=1
∂f
∂x1(¯x)(xi− ¯xi)
| {z }
∇f (¯x)h
2 Teorema differenziabilit` a
Sia f : D(f ) ⊂ RN → R tale che esistono ∂x∂fi(¯x), i = 1, ..., N dove ¯x ∈ D(f ) e sono continue in ¯x
⇒ f `e differenziabile in ¯x
Osservazione Se le derivate parziali sono continue in un aperto A ⊆ D(f ) scriviamo f ∈ C1(A) (⇒ f differenziabile in A)
Osservazione Il teorema `e un criterio solo sufficiente per la differenziabilit`a
3 Derivate direzionali
Definizione Sia v = (v1, v2, ..., vN) ∈ RN versore, |v|N = 1 allora v `e detta direzione Dvf (¯x) := lim
h→0
f (¯x + h v) − f (¯x)
|h|N
, h = (h1, h2, ..., hN) Nel caso N=2:
D(v1,v2)f (x0, y0) = lim
(h1,h2)→(0,0)
f (x0+ h1v1, y0+ h2v2) − f (x0, y0) ph21+ h22
Se f `e differenziabile in ¯x allora:
(∗∗) Dvf (¯x) = ∇f (¯x) · v viene chiamata formula del gradiente
Dimostrazione Per ipotesi f (x + h) − f (x) = ∇f (¯x)h + o(|h|), |h| → 0 Consideriamo h = tv =, t ∈ R
f (¯x + tv) − f (¯x) = ∇f (¯x)tv + o(|tv|), |tv| → 0 Allora per t → 0
f (¯x + tv) − f (¯x)
t = ∇f (¯x)v +o|t|
t
Conseguenza di (∗∗)
|Dvf| = |∇f · v| ≤ |∇f | · |v| = |∇f |
|∇f |: massima variazione di f.
La direzione di massima variazione `e data da
∇f
|∇f |
Osservazione La (∗∗) `e valida solo se f `e differenziabile e se |v| = 1
4 Regole di calcolo
Osservazione Le regole di calcolo delle derivate parziali valgono come nel caso ordinario 1. ∇(αf + βg) = α∇f + β∇g
2. ∇(f · g) = (∇f ) · g + f · (∇g) 3. ∇(fg) =(∇f )·g−f ·(∇g)
g2
Proposizione (derivazione funzioni composte) i) Consideriamo:
f : D(f ) ⊆ RN → R g : I(g) ⊆ R → R
h(¯x) = g(f (¯x)) : D(f ) → R
Se f `e differenziabile in ¯x e g `e derivabile in f (¯x) allora h `e differenziabile in ¯x e vale
∇h(¯x) = g0(f (¯x))∇f (¯x) ii) Secondo caso, consideriamo: r : I ⊆ R → RN
f : Rn→ R
Sia r derivabile in t0e f differenziabile nel punto r(t0) allora g(t) = f (r(t)) `e dervabile in t0e vale:
g0(t0) = ∇f (r(t0)) · r0(t0)
Chapter 5
Ottimizzazione
Definizione f : D(f ) ⊆ RN → R
xm`e punto di minimo per f se f (x) ≤ f (xm), ∀x ∈ Br(xm)
xM `e punto di massimo per f se f (x) ≥ f (xM), ∀x ∈ Br(xM) (Brpalla di raggio r) ovvero il segno di
f (x + r) − f (x)
≥ minimo
≤ massimo cambia segno → sella Definizione Sia f : D(f ) ⊆ RN → R tale che ∃∇f(x0), x0∈ D(f ) Allora x0 `e punto critico (o punto stazionario per f se
∇f (x0) = 0
1 Teorema (Fermat)
Sia f tale che ∃∇f (x0) se x0`e punto di massimo, minimo, sella per
∇f (x0) = 0
Dimostrazione Consideriamo g(t) = f (x0+ tv), v ∈ RN direzione fissata
Per il teorema di derivazione della funzione composta g `e derivabile in t = 0. Inoltre la natura del punto t = 0 per g `e la stessa di x0per f .Per il teorema di Femat (N = 1)
g0(0) = 0 ⇔ g0(t) = ∇f (x0+ tv) · vt=0= 0 ∀v ∈ RN
⇒ ∇f (x0) = 0
2 Insieme delle derivate di ordine k
Sia f ∈ Ck in x0∈ D(f ) se esistono tutte le derivate parziali di ordine k in x0 e sono continue.
Chiamiamo multindice α, (α1, α2, ..., αN) ∈ RN, αi∈ N la cui lungheza |α| := α1+ α2+ ... + αN
Sia |α| = k
Dαf := ∂|α|f
∂xαNN...∂xα22∂xα11
D|α|f = insieme di tutte le derivate di ordine k = |α|
3 Teorema di Schwarz
Sia f : D ⊆ RN → R e supponiamo che ∂x∂i2∂xfj, ∂x∂2f
j∂xi esistono e sono continue. Allora
∂2f
∂xi∂xj = ∂2f
∂xj∂xi
corollario Sia f ∈ C2(A), A
aperto
⊆ RN ⇒ le derivate seconde miste coincidono osservazione Il Teorema di Schwarz `e solo un criterio sufficiente
4 Differenziale secondo
Definizione Sia f ∈ C2(A), A
aperto
⊆ RN e x0∈ A. Chiamiamo differenziale secondo di f in x0: d2f (x0) : RN → R
h = (h1, h2, .., hN) 7→
N
X
i=1 N
X
j=1
∂2f
∂xi∂xj
(x0)hihj
5 Teorema (Taylor)
Sia f ∈ C2(A) Allora ∀x0∈ A vale la formula:
f (x0+ h) − f (x0) =
N
X
i=1
∂f
∂xi
(x0)hi+1 2
N
X
i,j=1
∂2f
∂xj∂xi
(x0)hihj+ o(|h|2), |h| → 0
6 Matrice Heissiana
La matrice Heissiana `e definita come segue Hessf (x, y) =
fxx fxy
fyx fyy
• det(Hess(x0, y0)) > 0 e tr(Hess(x0, y0)) > 0 → punto di minimo
• det(Hess(x0, y0)) > 0 e tr(Hess(x0, y0)) < 0 → punto di massimo
• det(Hess(x0, y0)) < 0 → punto sella
7 Riassumendo, criteri
Criteri per stabilire la natura di punti critici Sia (x0∈ Rn|∇f (x0) = 0)
7.1 Punti critici liberi
1. via definizione i.e. studiando il segno di (f (x − f (x0))
unico strumento in dimensione n ≥ 3 se l’Hessiana `e semidefinita 2. Metodo di monotinia in n = 2 z = f (x, y) i.r. {∂f∂x ≥ 0 e ∂f∂y ≥ 0}
3. Criterio dell’Hessiana:
in n ≥ 3
H `e definita positiva ⇔ detHk> 0, ∀k ≥ 1 H `e definita negativa ⇔ (−1)kdetHk > 0, ∀k ≥ 1 H `e semidefinita positiva ⇔ detHk≥ 0
H `e semidefinita positiva ⇔ (−1)kdetHk≥ 0 H `e indefinita in tutti gli altri casi
7.2 Punti critici vincolati
1. Metodo delle restrizioni, in ”n = 2” quando il vincolo `e facilmente esplicitabile 2. Lagrange: sempre
Chapter 6
Integrali doppi
Consideriamo
[a, b] × [c, d] = R ⊂ R2 Ikj quadrato infinitesimale nell’area R
Hkj= max(x,y)∈Ikjf (x, y) hkj= min(x,y)∈Ikjf (x, y)
V (n, m) =
n
X
k=0 m
X
j=0
|Ikj|Hkj v(n, m) =
n
X
k=0 m
X
j=0
|Ikj|hkj
Se f ∈ C0([a, b] × [c, d]
| {z }
R
) allora:
∃ lim
m,n→∞V (m, n) = lim
m,n→∞V (m, n) =:
Z Z
R
f (x, y)dxdy
1 Principio del Cavalieri
Se f ∈ C0(R) e sia f (¯x, y) = A(y) allora:
Z Z
R
f (x, y)dxdy = Z b
a
"
Z d c
A(y)dy
# dx
integrali iterati
2 Integrali iterati
2.1 Teorema
f ∈ C0([a, b] × [c, d]
| {z }
D
)
Z Z
D
f (x, y)dxdy = Z d
c
Z b a
f (x, y)dxdy = Z d
c
"
Z b a
f (x, y)dx
# dy =
Z b a
Z c d
f (x, y)dy
dx
2.2 Osservazione
Sia Ω ⊂ R2 dominio (connesso) limitato e pertanto ∃R rettangolo tale che Ω ⊂ R
2.3 Definizione
sia
Z Z
Ω
f (x, y) :=
Z Z
R
f (x, y)dxdye
Con
f (x, y) =e
f (x, y), (x, y) ∈ Ω 0, (x, y) ∈ R \ Ω
2.4 Teorema
Sia f : [a, b] × [c, d] → R limitata e continua a meno di ”insiemi di misure nulla”. Allora:
f `e integrabile e valgono le formule di iterazione per il calcolo di R R
Rf (x, y)dxdy
3 Insiemi di misura nulla
3.1 Definizione
Diciamo che un insieme Ω ⊂ R `e misurabile se f (x, y) ≡ 1 `e integrabile su Ω e in tal caso
|Ω| :=
Z Z
Ω
1dxdy
Proposizione (caratterizzazione degli insiemi di misura nulla)
Ω ⊂ R2 limitato `e misurabile ed ha misura nulla se e solo se incluso Rn, dove R ⊇ Ω, si ha che Ω ∩ An→ 0, n → +∞
3.2 Esempi
• grafici di funzioni continue
• insiemi finiti di punti
• Sm
n=1En, |En| ∀n = 1, ..., m
• ∂Ω ha misura nulla (se Ω-regolare)
4 x-semplice, y-semplice
4.1 Definizione
Ω ⊂ R2`e detto x-semplice su ∃h1, h2[c, d] → R continue tale che:
Ω =(x, y) ∈ R2|y ∈ [c, d] e h1(y) ≤ x ≤ h2(y) Analogamente Ω `e detto y-semplice se
Ω =(x, y) ∈ R2|x ∈ [a, b] e g1(x) ≤ y ≤ g2(x)
4.2 Definizione omega-regolare
Ω `e detto regolare se `e unione di un numero finito di domini semplici (x-semplice o y-semplice) Osservazione Nel corso ci occuperemo solo diR R
Ωf dxdy, Ω-regolare
5 Propriet` a dell’integrale doppio
1. lineare
Z Z
Ω
(αf + βy)dxdy = α Z Z
Ω
f dxdy + β Z Z
Ω
gdxdy 2. oss.
Z Z
dxdy = |Ω| insieme di Ω
3.
f ≥ 0 ⇒ Z Z
Ω
f (x, y)dxdy ≥ 0
4.
Z Z
Ω
f (x, y)dxdy
≥ Z Z
Ω
|f (x, y)|dxdy ≥ sup(x,y)∈Ω|f (x, y)| · |Ω|
5. Ω0⊂ Ω e f (x, y) ≥ 0
Z Z
Ω0
f (x, y)dxdy ≤ Z Z
Ω
f (x, y)dxdy 6. se Ω1∩ Ω2= ∅
Z Z
Ω1∪Ω2
f (x, y)dxdy = Z Z
Ω1
f (x, y)dxdy = Z Z
Ω2
f (x, y)dxdy
7. |Ω| = 0 allora
Z Z
Ω
f dxdy = 0
|Ω| > 0 e f ≥ 0 allora:
Z Z
Ω
f (x, y)dxdy = 0 ⇔ f ≡ 0
infΩf |Ω| ≤ Z Z
Ω
f (x, y)dxdy ≤ supΩf |Ω|
8. Se f (x, y) = h1(x)h2(y) = 0 allora Z b
a
Z d c
f (x, y)dxdy = Z d
c
h1(x)dx Z b
a
h2(y)dy
Chapter 7
Integrali tripli
Analogamente al caso 2-dimenzionale si definisce (con f continua) Z Z Z
Ω
f (x, y, z)dxdydz, Ω ⊂ R3 dominio limitato Dato R ⊇ Ω definiamo
f∗(x, y, z) =
f (x, y, z) (x, y, z) ∈ Ω 0 (x, y, z) ∈ R − Ω
1 Metodi di calcolo
1.1 Integrazione per fili
Sia Ω ⊂ R3 un dominio limitato
Ω =(x, y, z) ∈ R3|g1(x, y) ≤ z ≤ g2(x, y), (x, y) ∈ D dove g1, g2: D → R continue, allora:
Z Z Z
Ω
f (x, y, z)dxdydz = Z Z
D
"
Z g2(x,y) g1(x,y)
f (x, y, z)dz
# dxdy
1.2 Integrazione per strati
Sia Ω ⊂ R3 un dominio limitato
Ω =(x, y, z) ∈ R3|h1≤ z ≤ h2, (x, y) ∈ Ω(z) dove
Ω(z) = {(x, y, z) ∈ Ω|z = z0} allora
Z Z Z
Ω
f (x, y, z)dxdydz = Z h2
h1
"
Z Z
Ω(z)
f (x, y, z)dxdy
# dz
Chapter 8
Integrali curvilinei
Problema Data una curva γ ⊂ R3”definire” e calcolare la lunghezza di γ.
Sia ~r : [a, b] → Rn una parametrizzazione di un arco di curva γ.
Sia P = {a = t0, t1, ..., tn = b} una partizione di [a, b]
l(P) :=
n
X
k=1
|r(tj) − r(tj−1)|
lunghezza della poligonale sottesa da γ
osservazione l(P) approssima per difetto la ”lunghezza” di γ
definizione γ si dice rettificabile se supP l(P) < ∞ e l(γ) definisce la lunghezza di γ
1 Teorema (Calcolo della lunghezza)
Sia ~r : [a, b] → Rn parametrizzazione di γ regolare (r ∈ C1[a, b], r0(t) 6= 0 ∀[a, b]).
Allora γ `e rettificabile e vale:
l(γ) = Z b
a
|r0(t)|dt
2 Parametro arco
Il parametro arco s `e privilegiato in quanto ha il significato intrinseco di lunghezza dell’arco di curva tra 0 e s ed `e definito da:
s(t) :=
Z t t0
|r0(τ )|dτ
2.1 Versore tangente
definito da:
T := r~ 0(s) e
|r0(s)| = 1
3 Cambiamento di parametrizzazione
Sia ~r(t) : [a, b] → R curva e pensiamo di cambiare parametrizzazione mediante t = f (u); f : [c, d] → [a, b] (f ∈ C1[c, d] e invertibile (”monotona”)) allora:
~
r(t) = ~r(f (u))
´e una nuova parametrizzazione della stessa curva, (percorsa nello stesso verso se f0> 0, o nel verso opposto se f0< 0).
Se f ´e crescente diciamo che le due parametrizzazioni sono equivalenti (se f0 < 0 ⇒ la curva cambia orientamento)
Chapter 9
Campi vettoriali
Sia F : Ω ⊆ Rn→ Rn
F = (F1, .., Fn) 1 ≤ i ≤ n : Fi: Ω → R funzioni (campi) scalari
Per n = 3: F pu`o rappresentare un campo di velocit`a, campo di forze,...
1 Definizione
Dato F : Ω ⊆ R3→ R3, F ∈ C1(Ω), definiamo ”linea di flusso” una curva regolare che sia tangente al campo ~F in ogni punto.
Ovvero se
~
r(t) = (x)t,y(t), z(t))
`e parametrizzazione di una linea di flusso Linee di
flusso
~r0(t)|| ~F ⇔ r0(t) = λ(t) ~F (r(t)) sono le soluzioni di
x0(t) = λ(t)F1(x(t), y(t), z(t)) y0(t) = λ(t)F2(x(t), y(t), z(t)) z0(t) = λ(t)F3(x(t), y(t), z(t))
sistema di eq. differenziali di 1 ordine
Osservazione Se F : R2→ R `e ”campo” scalare, F ∈ C1(R2) allora
−−→∇F = ∂F
∂x,∂F
∂y
: R2→ R2
`e campo vettoriale e le linee di flusso sono parallele a−−→
∇F ⊥ curve di livello di ~F
2 Operatori differenziali
2.1 Gradiente
∇ :=~ ∂
∂xi + ∂
∂yj + ∂
∂zk ∇ : C1(R3) → C0(R3)
2.2 Laplaciano
∆ := ∂2
∂x2 + ∂2
∂y2+ ∂2
∂z2 ∆ : C1(R3) → C0(R3)
2.3 Divergenza
div ~F := ∂F1∂x + ∂F2
∂y +∂F3
∂z div ~F : C1(R3) → C0(R3)
2.4 Rotore
rot ~F :=
i j k
∂
∂x
∂
∂y
∂
∂z
F1 F2 F3
rot ~F : C1(R3) → C0(R3)
3 Lavoro
Sia ~F un campo di forze allora:
dLγ( ~F ) = Z
γ
F · d~~ r = Z b
a
F (~~ r(t))~r0(t)dt
`e il lavoro compiuto da F lungo γ
4 Campi conservativi
4.1 Definizione
F :~ Ω ⊆ R3→ R3, F ∈ C1(Ω)
si dice conservativo in Ω se ∃U : Ω → R (funzione scalare), U ∈ C2(Ω) tale che:
F =~ −−→
∇U U `e detto potenziale
4.2 Teorema 1
Sia F un campo conservativo: Ω ⊆ R3 e γ una curva regolare parametrizzata da ~r(t), t ∈ [a, b].
Allora
Lγ( ~F ) = Z
γ
F · d ~~ R = Z b
a
F (~~ r(t))~r0(t)dt = U (b) − U (a)
Osservazione Il potenziale associato a un campo conservativo ~F non `e unico, U +cost `e ovunque un potenziale
4.3 Teorema 2
Le seguenti sono equivalenti 1. il campo ~F `e conservativo 2. R
γF · d~~ r = 0, ∀γ regolare CHIUSA (~r(a) = ~r(b)) 3. R
γ1F · d~~ r =R
γ2F · d~~ r, ∀γ1, γ2che congiungono A,B osservazioni
• Ω ⊆ R3 `e connesso
• La 2. `e utilizzata per mostrare che un campo non `e conservativo.
4.4 Proposizione
Sia ~F conservativo. Allora rot ~F = 0, si dice ~F `e irrotazionale
4.5 Semplicemente connesso
Ω `e semplicemente connesso se ”non contiene buchi”. Es R2 `e semplicemente connesso, R2\{0}
4.6 Teorema 3
Sia ~F irrotazionale in Ω semplicemente connesso. Allora ~F `e conservativo
5 Osservazioni finali
• Se ~F `e irrotazionale ma su Ω NON semplicemente connesso allora NON possiamo dedurre che F `e conservativo. (Bisogna esibire un potenziale o usare il teorema 2)
• H
γF d~~ r =R
γF d~~ r con γ chiuse, i.e (~r(b) = ~r(a))
Chapter 10
Equazioni differenziali
Sia F : Rn+2→ R e consideriamo
F (t, y(t), y0(t), .., y(n)(t)) = 0 t ∈ I ⊆ R
equazione differenziale di ordine ”n” dove l’incognita `e la funzione y(t) (incluso il suo dominio)
1 Equazioni differenziali del I ordine
F (t, y(t), y0(t)) = 0 t ∈ I ⊆ R l’equazione si dice in ”forma normale” se
y0(t) = f (t, y) f ∈ C0(Ω), Ω ⊆ R2 per soluzione intendiamo y(t), t ∈ I ⊂ R che soddisfi l’equazione.
Cauchy Chiamiamo codizione di Cauchy l’ulteriore informazione y(t0) = y0
(condizione iniziale)
1.1 Teorema di esistenza e unicit` a locale
Sia f ∈ C1(Ω), (t0, y0) ∈ Ω allora esiste ed `e unica la soluzione del problema di Cauchy in I(t0)
y0(t) = f (t, y) y(t0) = y0
2 Equazioni differenziali lineari del I ordine
Forma normale:
y0(t) = a(t)y(t) + b(t)
2.1 Teorema di struttura delle soluzioni
Le soluzioni dell’queazione sono tutte e solo le funzioni del tipo y(t) = yh(t) + yp(t)
dove yh(t) `e l’integrale dell’omogenea (b ≡ 0) e yp(t) `e una soluzione particolare
2.2 Soluzione omogenea
Data l’equazione
y0(t) = a(t)y(t) + b(t) Sia A(t) una primitiva di a(t) quindi
yh(t) = Ce−A(t)
2.3 Soluzione particolare: formula di variazione delle costanti
Data l’equazione
y0(t) = a(t)y(t) + b(t)
Si pu`o trovare la soluzione particolare utilizzando la formula di variazione delle costanti yp(t) = eA(t)
Z
b(t)e−A(t)dt
3 Equazioni differenziali lineari del II ordine
Ly:= a2(t)y00(t) + a1(t)y0(t) + a0(t)y(t) = f (t) dove ai(t), i = 0, 1, 2 e f (t) sono funzioni continue in I ⊆ R
Osservazione
L : C2(I) → C0(I) y 7→ Ly
`e applicazione lineare
L(αy1+ βy2) = αL(y1) + βL(y2) Problema di cauchy
y00(t) + a(t)y0(t) + b(t)y(t) = g(t) y(t0) = y0
y0(t1) = y1
3.1 Teorema di esistenza e unicit` a locale
Esiste ed `unica la soluzione
y ∈ C2(I), {t0} ∈ I del problema di Cauchy. In particolare
”linearit`a” ⇔ ∃ in grande
Osservazione Non esiste in generale una formula risolutiva per eq. di II grado lineari a coefficenti non costanti. Esiste tuttavia un metodo per le eq. di II ordine lineari a coef. costanti
3.2 Teorema: formula risolutiva per eq. di II lineari a coef. costanti.
Caso omogeneo
y00+ ay0+ by = 0; a, b ∈ R Polinomio caratteristico
λ2+ aλ + b = 0 Distinguiamo i 3 casi
Due soluzioni reali la soluzione `e data da
y(t) = C1eλ1t+ C2eλ2t con λ1,2 soluzioni del polinomio caratteristico
Una soluzione coincidente la soluzione `e data da
y(t) = C1eλt+ C2teλt con λ1,2 soluzioni del polinomio caratteristico
Due soluzioni complesse la soluzione `e data da
y(t) = eαt(C1cos(βt) + C2sin(βt))
con α parte reale della soluzione del polinomio caratteristico, β parte immaginaria
3.3 Teorema: formula risolutiva per eq. di II lineari a coef. costanti.
Ricerca soluzione particolare
Metodo di somiglianza Se la forzante `e della forma
Pmeαtcos(βt) (oppure sin(βt))
Se α + iβ non `e soluzione del polinomio caratteristico. Allora la soluzione particolare `e data da:
yp(t) = Qm(t)eαtsin(βt) + Rm(t)eαtcos(βt)
Se α + iβ `e soluzione del polinomio caratteristico. Allora la soluzione particolare `e data da:
yp(t) =Qm(t)eαtsin(βt) + Rm(t)eαtcos(βt) tρ
4 Sistemi di eq. differenziali lineari
4.1 Trasformazione in sistema di eq. differenziale lineare di grado n
Data l’equazione nella forma
y(n)= a1(t)y(n−1)+ ... + any + b(t) Siano
z1(t) := y(t), z2(t) := z10(t) = y0(t) z3(t) := z20(t) = y00(t) ... zn:= zn−10 = y(n−1) Si ottiene il sistema
z01= z2
z02= z3
...
z0n−1= zn zn0 = y(n)
Sostituendo nella y(n)gli z1, .., zn In forma matricale si ha:
z0(t) = A(t)z(t) + b(t)
z01 ...
zn−10 zn0
=
0 1 ... 0
... ... ... ...
0 0 ... 1
an(t) an−1(t) ... a1(t)
0 ...
0 b(t)
4.2 Soluzione omogenea
La soluzione omogena di un sistema lineare di eq. differenziali `e dato da:
y(t) = C1~v1eλ1t+ C2~v2eλ2t+ ... + Cn~vneλnt
4.3 Calcolo della matrice esponenziale
Definiamo S:
S :=
~
v1 ~v2 ... ~vn con ~v1, ..., ~vn autovettori della matrice A(t)
Siano λ1, .., λn autovalori della matrice A(t) quindi la matrice esponenziale viene definita:
eA(x)= S
eλ1x ... 0 ... ... ...
0 ... eλnx
S−1
4.4 Soluzione particolare
La soluzione particolare `e data da:
zp(t) = Z t
0
eA(t−s)b(s)ds
5 Equazione differenziale di eulero
Le queazioni differenziali di eulero sono le equazioni della forma:
xny(n)+ a1xn−1y(n−1)+ ... + an−1y0+ any = f (x) Per trovare la soluzione omogena di questa equazione si applica la sostituzione:
x =
et x > 0
−et x < 0 da scegliere in base alle condizioni iniziali.
Nell equazione si applicano le seguenti sostituzioni (per x > 0) z(t) = y(et)
z0(t) = y0(et)et
z00(t) = y00(et)e2t+ y0(et)et= y00(et)e2t+ z0(t) ...
si ottiene cos`ı un’equazione che `e possibile trattare con gli strumenti classici
6 Osservazioni qualitative sulle equazioni differenziali
6.1 Controllare l’unicit` a locale
si ha unicit`a locale se
• f (x, y) `e derivabile su I
• ∂f (x,y)∂y esiste ed `e continua
6.2 Esistenza in grande
E verificata se esiste una k che per una striscia sul dominio x ∈ [a, b] maggiora la funzione f (x, y)`
6.3 studio delle simmetrie
Studiare se la funzione presenta simmetrie.
Osservazione y `e simmetrica rispetto a y = 0 (asse x) con y(x) = −z(x) se
y0 = f (x, y) y(x0) = y0
e
z0 = f (x, z) z(x0) = −y0
6.4 Soluzioni particolari
osservare se ci sono soluzioni immediate (costanti) dell’equazione
6.5 Monotonie
studiare la derivata prima per capire l’andamento della funzione
6.6 Concavit` a
studio della derivata seconda
6.7 Limiti all’infinito
accertarsi che l’equazione non esploda