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GIDM 22, 207-210, 2002

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Riassunto

Una paziente di 52 anni, affetta da una forma di dia- bete caratterizzata da gravissima insulino-resistenza, è risultata portatrice di autoanticorpi anti-recettore insulinico (sindrome da insulino-resistenza di tipo B).

Inizialmente, il controllo della glicemia ha richiesto la somministrazione di quantità massive di insulina per via endovenosa continua; la plasmaferesi e l’infusione di immunoglobuline G ad alto dosaggio si sono rive- late completamente inefficaci, mentre una prolunga- ta terapia immunosoppressiva con ciclosporina e micofenolato, associata alla rimozione delle immuno- globuline circolanti mediante immunoassorbimento su colonne con proteina A, ha determinato un signi- ficativo miglioramento clinico, consentendo un sod- disfacente controllo glicometabolico con terapia in- sulinica sottocutanea.

Storia clinica

Una donna di origine peruviana, di 52 anni, residen- te in Italia da otto, aveva sviluppato nel novembre 2001 poliuria e polidipsia; era stata in quell’occasione diagnosticata una forma di diabete mellito di tipo 2, trattato inizialmente con ipoglicemizzanti orali (sulfa- niluree, associate successivamente a metformina e pioglitazone) e poi con insulina; veniva inviata alla nostra osservazione nel giugno 2002 per persistente scompenso glicometabolico, non corretto nonostan- te il progressivo incremento della terapia insulinica.

La paziente aveva goduto di buona salute fino al 2000, quando, al ritorno da un viaggio nel paese natale, aveva notato la comparsa di lesioni cutanee iperpigmentate. Nel luglio del 2001, la paziente era stata sottoposta ad angioplastica iliaca bilaterale per arteriopatia obliterante; in tale occasione, le sue gli- cemie erano risultate normali e il decorso post-opera-

torio era stato regolare. In anamnesi familiare si segnalavano 4 casi di neoplasia nei fratelli; l’anamne- si fisiologica era completatamente normale; la paziente, sposata con 2 figli sani, lavorava come col- laboratrice familiare; riferiva fumo di sigarette (5/die) fino al 2001.

Esame obiettivo

All’ingresso nel nostro ospedale le condizioni della paziente apparivano scadute; si osservava altezza 1,60, peso 38 kg, BMI 14,8, pressione arteriosa 120/90, polso ritmico con frequenza di 90/min.

L’esame obiettivo generale era sostanzialmente nor- male; si rilevava solamente la presenza di cinque aree rilevate, fortemente ipercheratosiche e iperpigmen- tate, lievemente pruriginose e desquamanti, di forma ovalare, con diametro maggiore compreso tra 2 e 10 cm, localizzate sulla superficie estensoria di entrambe le gambe e al torace; si osservavano inol- tre alcuni piccoli linfonodi ascellari e inguinali, di poco superiori al centimetro, e un nodulo mamma- rio destro di circa 2 cm.

Esami di laboratorio e strumentali

Gli esami ematochimici confermavano la presenza di grave e persistente scompenso glicometabolico (HbA1c13,2%), senza segni di chetoacidosi; il profilo glicemico rilevava valori quasi costantemente supe- riori a 300 mg/dL, con modesta tendenza a un miglior controllo a digiuno malgrado una terapia con 160 Unità di insulina/die (circa 4 U/kg/die ripartite in 4 somministrazioni); a digiuno, si osservava una insu- linemia di 222 mU/L, con glicemia di 262 mg/dL.

Inoltre, si evidenziavano un lieve incremento degli enzimi epatici (AST 71 U/L, ALT 86 U/L), presenza di

Caso clinico

D IABETE GRAVEMENTE INSULINO - RESISTENTE

DA AUTOANTICORPI ANTI - RECETTORE INSULINICO

P.F. RIBOTTO, G. ADDA*, C. ANTOZZI**, E. BOSI Unità di Medicina Generale, Diabetologia ed Endocrinologia, Istituto Scientifico Ospedale San Raffaele, Milano; *Unità di Medicina, Ospedale San Giuseppe, Milano; **Unità di Neuroimmunologia, Istituto Neurologico Carlo Besta, Milano

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anticorpi anti-nucleo (ANA) a titolo medio-alto (1:640) e di anticorpi anti-insulina (146 Unità arbitra- rie) insieme con segni, sintomi e alterazioni alla elet- tromiografia indicativi di lieve polineuropatia sensiti- vo-motoria agli arti inferiori. Assenti gli autoanticorpi anti-isola pancreatica (ICA), anti-GAD, anti-IA-2, anti- ENA, anti-DNA, altri autoanticorpi organo- e non- organo-specifici e immunocomplessi circolanti; ne- gativi i marker neoplastici (Ca 19.9, Ca 15.3, Ca 125, CEA, alfafetoproteina) e virali (HIV, HBV, HCV); nor- mali C3, C4, funzione renale e profilo lipidico.

Tra gli esami strumentali, elettrocardiogramma ed esame del fondo dell’occhio risultavano normali. Al fine di escludere con maggiore certezza una possibile neoplasia occulta, è stata eseguita TC total body con mezzo di contrasto senza evidenze di patologie espansive. La lesione clinicamente evidente a livello della mammella destra era di natura cistica, con caratteri radiologici di assoluta benignità. L’esame istologico di un linfonodo ascellare risultava negativo per la ricerca di cellule neoplastiche, mentre quello eseguito su una lesione cutanea risultava indicativo di cheratosi seborroica di tipo acantosico. Un clamp euglicemico iperinsulinemico eseguito con infusione insulinica fino a 10 mU/kg/min dimostrava una com- pleta resistenza all’azione dell’ormone.

Diagnosi differenziale

L’età di insorgenza, la natura acquisita e le modalità di insorgenza del diabete insieme con la severità del quadro di insulino-resistenza, associato a grave magrezza, senza caratteristiche di lipodistrofia né di iperandrogenismo, erano suggestivi di una sindrome da insulino-resistenza di tipo B, caratterizzata dalla presenza di autoanticorpi anti-recettore insulinico (1). Veniva pertanto avviata la misurazione degli anti- corpi anti-recettore insulinico mediante misurazione dell’inibizione del legame con insulina marcata utiliz- zando come substrato le cellule HIR3T3, linea di fibro- blasti di ratto transfettati per il recettore insulinico umano (2). La misurazione risultava indicativa per la presenza nel siero della paziente di anticorpi anti- recettore insulinico a titolo medio-alto (fino a 67% di inibizione in vitro del legame tra insulina e recettore).

Terapia

Poiché la terapia di una simile condizione non è codi- ficata, il trattamento intrapreso si è basato sui pochi casi riportati in letteratura (3). In primo luogo, in con-

siderazione della gravità del quadro clinico con glice- mie postprandiali costantemente superiori a 450 mg/dL, è stata impostata, in aggiunta al trattamento con metformina e pioglitazone che veniva mantenu- to, una somministrazione endovenosa continua di insulina a dosi massive e progressivamente crescenti.

È stato così ottenuto un rapido miglioramento, con quasi normalizzazione dei valori glicemici dopo circa 72 ore di infusione di insulina alla velocità di circa 600 Unità/ora. Nell’arco di pochi giorni, tale dosaggio ha dovuto essere ridotto, per la comparsa di episodi ipo- glicemici sintomatici: valori glicemici vicini a quelli normali sono stati ottenuti mantenendo uguale velo- cità di infusione insulinica per sole 14 ore al giorno (dalle 8 alle 22, con somministrazione di circa 8400 U/die, pari a 210 U/kg/die). Con tale trattamento, sono stati rilevati valori massimi di insulinemia intor- no a 30.000 mU/L; circa 9 ore dopo la sospensione dell’infusione, alle 7 del mattino, si osservavano valo- ri intorno a 1500 mU/mL.

Data la accertata origine autoimmune della insulino- resistenza e la impossibilità a mantenere un tratta- mento insulinico a infusione ev di dosi così elevate, sono stati presi in considerazione e avviati diversi trat- tamenti di immunoterapia. Inizialmente sono stati effettuati quattro cicli di plasmaferesi (4), senza tutta- via ottenere alcun risultato clinico. Mutuando schemi terapeutici utilizzati in altre malattie autoimmuni (5), è stata sperimentata l’infusione endovenosa di immu- noglobuline G a dosi elevate (2 g/kg in 5 giorni), ma anche in questo caso senza alcun beneficio. È stato quindi impostato un trattamento immunosoppressi- vo cronico basato sulla associazione tra ciclosporina (200 mg/die, 5 mg/kg), micofenolato (1 g/die) e prednisone a basse dosi (20 mg/die) (6). Lo steroide è stato tuttavia immediatamente sospeso per la ulte- riore elevazione della glicemia a livelli superiori a 600 mg/dL ritenuti pericolosi per la sopravvivenza della paziente, mentre sono stati mantenuti ciclosprina e micofenolato. Tuttavia, questo trattamento, pur se ben tollerato da parte della paziente, a distanza di circa un mese dal suo inizio non aveva prodotto alcun apprezzabile risultato.

Per tentare di rimuovere più efficacemente gli auto- anticorpi anti-recettore insulinico, si è pensato di associare alla terapia cronica immunosoppressiva un innovativo trattamento di immunoassorbimento del siero su colonne con proteina A; tale trattamento, sperimentato in altre patologie anticorpo-mediate (7) e realizzato in due sedute iniziali di trattamento simili alle plasmaferesi convenzionali, ha prodotto una riduzione delle immunoglobuline totali circolan- ti da 800 a 100 mg/dL e ha segnato l’inizio di un rapi-

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Caso clinico

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do miglioramento clinico, con riduzione del fabbiso- gno insulinico di circa 15 volte, fino a 550 U/die (13 U/kg/die) e passaggio alla somministrazione per via sottocutanea. Il mantenimento di metformina (2550 mg/die) e pioglitazone (30 mg/die) si è rivelato utile al raggiungimento di valori glicemici, che alla dimis- sione dall’ospedale nel settembre 2002 apparivano notevolmente migliorati, seppure non del tutto otti- mali, con valori a digiuno inferiori a 120 mg/dL e postprandiali compresi tra 200 e 250 mg/dL. I valori di HbA1cerano nel frattempo scesi a 8,8%.

Discussione

L’insulino-resistenza, definita come condizione in cui una quantità sovranormale di insulina è richiesta per ottenere una risposta quantitativamente normale, è caratteristica di molte comuni patologie come obesi- tà, diabete di tipo 2, ipertensione arteriosa, policistosi ovarica, malattie cardiovascolari, ma è presente in forma estrema soltanto in alcune rare condizioni, tra cui il leprecaunismo e la sindrome di Rabson- Mendenhall, le lipodistrofie e le sindromi dette di tipo A e B. Queste ultime sono caratterizzate dall’associa- zione di diabete gravemente insulino-resistente, achantosis nigricans e, nelle femmine, grave iperan- drogenismo di origine ovarica: nella forma di tipo A, l’insulino-resistenza è geneticamente determinata e legata a mutazioni del gene del recettore insulinico, l’esordio avviene in età giovanile ed è solitamente tra- smessa come carattere autosomico dominante o recessivo, con penetranza variabile; la forma di tipo B è invece acquisita ed è contraddistinta dalla presenza di anticorpi anti-recettore insulinico, sovente associati ad altre manifestazioni di autoimmunità; non è infre- quente in questi casi l’alternarsi di iper- e ipoglicemia, come conseguenza della capacità in vivo di questi anti- corpi di bloccare o al contrario attivare il recettore insulinico; non si osserva in generale chetoacidosi (3).

Il caso descritto rientra, per molte caratteristiche cli- niche, nelle sindromi da insulino-resistenza di tipo B, pur differenziandosene per alcuni aspetti. In esso non si osservano altre evidenze di autoimmunità, ad ecce- zione della presenza di ANA e di anticorpi anti-insuli- na; questi ultimi, indotti dalla terapia, non rivestono un ruolo significativo nella genesi dell’insulino-resi- stenza, poiché la loro efficace rimozione attraverso la plasmaferesi (da 146 a 20 UA) non ha determinato alcun miglioramento clinico. Non sono inoltre pre- senti segni di iperandrogenismo e la distribuzione delle aree di achantosis nigricans non è tipica, rispar- miando pieghe del collo, ascelle e regioni ano-geni-

Caso clinico

Donna di 54 anni con diabete di recente insorgenza insulino-resistente, acanthosis nigricans, anticorpi antinucleo

Anamnesi

Progressivo dimagrimento, acanthosis nigricans, diagnosi di diabete insulino- resistente

Esame obiettivo

Condizioni scadute Magrezza, BMI: 14,8

Acanthosis nigricans a gambe e torace Assenti segni di iperandrogenismo

Glicemia a digiuno: 260 mg/dL Glicemie medie giornaliere: > 300 mg/dL HbA1c: 13,2%

Insulinemia basale: 222 mU/L ICA, anti-GAD, anti-IA-2: assenti Assenza di chetonuria

Clamp euglicemico iperinsulinemico: com- pleta resistenza all’azione dell’insulina Anticorpi anti-nucleo: positivi 1:640 Negativa la ricerca di neoplasie occulte

Diagnosi differenziale Esami di laboratorio e strumentali

Sindromi da insulino-resistenza grave acquisite

Terapia

Insulina ad alte dosi

Plasmaferesi e immunoglobuline ev inef- ficaci

Immunosoppressione cronica associata a immunoassorbimento su colonna di pro- teina A, efficace

Diagnosi eziologica

Sindrome da insulino-resistenza di tipo B con documentata presenza di anticorpi anti-recettore insulinico

Flow-chart diagnostico-terapeutica

tali e senza il tipico aspetto vellutato. La loro compar- sa circa 2 anni prima dell’esordio clinico del diabete induce a ritenere che l’insulino-resistenza sia di lunga data, probabilmente ben compensata dall’aumento della secrezione insulinica endogena; quest’ipotesi sembra suffragata dalla precoce comparsa di arterio- patia obliterante, in una paziente peraltro priva di significativi fattori di rischio all’infuori del modesto fumo di sigaretta.

Il trattamento dei pazienti affetti da questa rara sin- drome è ancora insoddisfacente (3) e, data la sua rari- tà, basato su sporadiche osservazioni; la valutazione dell’efficacia appare difficile, poiché la malattia può

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andare incontro a remissione spontanea. La sommi- nistrazione di insulina ha portato a risultati contra- stanti, probabilmente connessi alla grande variabilità dei dosaggi usati: è possibile che almeno una parte degli insuccessi descritti sia imputabile alla sommini- strazione di quantità non sufficientemente elevate di ormone. La plasmaferesi è utile, associata a brevi cicli di terapia immunosoppressiva; la somministrazione a lungo termine di ciclosporina e azatioprina, seguita da completa remissione clinica, è stata descritta nel 1998 (6), in una paziente affetta anche da lupus eritemato- so sistemico. Rimane da definire lo schema più oppor- tuno di trattamento immunosoppressivo; l’effetto iperglicemizzante degli steroidi ne rende a volte impossibile l’impiego. Agenti in grado di migliorare la sensibilità periferica all’insulina possono teoricamente avere un ruolo nel trattamento della sindrome di tipo B: clinicamente, la metformina si è rivelata in alcuni casi efficace, mentre l’utilizzo dei tiazolidinedioni non è al momento suffragata da alcun dato sperimentale.

Nel caso che descriviamo, è stato utilizzato per la prima volta e con successo l’immunoassorbimento su colonne con proteina A, una nuova tecnica di tratta- mento del plasma che consente la rimozione selettiva dal circolo delle sole immunoglobuline. Questo pro- cedimento, già impiegato in patologie mediate dalla presenza di autoanticorpi, appare proponibile in casi resistenti alla plasmaferesi, essendo ripetibile nel tempo; i costi assai elevati rappresentano peraltro una notevole limitazione al suo impiego.

Bibliografia

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Long-term selective IgG immuno-adsorption improves Rasmussen's encephalitis. Neurology 51, 302-305, 1998

Corrispondenza a: Prof. Emanuele Bosi, Direttore U.O.

Medicina Generale a indirizzo diabetologico ed endocrino- metabolico, Università Vita-Salute San Raffaele, Istituto Scientifico Ospedale San Raffaele, Via Olgettina 60, 20132 Milano

Pervenuto in Redazione il 10/12/2002 - Accettato per la pub- blicazione l’11/12/2002

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