• Non ci sono risultati.

II.- LE BEATITUDINI Mt 5,3-10

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "II.- LE BEATITUDINI Mt 5,3-10"

Copied!
5
0
0

Testo completo

(1)

II.- LE BEATITUDINI Mt 5,3-10

Sono otto. Si può dire anche che siano nove: infatti il v. 11 comincia con makarioi, ma qui è in seconda persona plurale, mentre in 5,3-10 è in terza plurale. Allora 5,3-10 è compatto. Invece v.

11 è una applicazione concreta alle persone presenti (este - umaß). Tale nona beatitudine riassume l'ottava, dei perseguitati, v.11 è l'applicazione di v. 10: otan, quando capiti v. 10 allora v.

11, e infatti ripete il verbo diwkw: v. 10 dediwgmenoi, v. 11 diwxwsin.

Prima di tutto vediamo la STUTTURA COMUNE

di tutte le beatitudini: 1) sempre uguali: makarioi, forse mancante del verbo essere (sottinteso); 2) per quale GRUPPO DI PERSONE è valida tale affermazione: oi ptwcoi... E' già importante: le beatitudini non sono espresse in modo universale. C'è una qualificazione che specifica, non tutti sono beati, sono beati i poveri in spirito, gli afflitti etc.; 3) oti, sempre, che indica la RAGIONE DELLA BEATITUDINE. Questo elemento parla sempre di una AZIONE DI DIO.

Ciò va giustificato: infatti non ricorre 'Dio'. Semmai nella prima beatitudine e nell'ottava ricorre 'Regno dei Cieli'; e al v. 8 'vedranno Dio'. Ma la cosa importante è che per 4x abbiamo un PASSIVO. Sono passivi teologici. E' il problema dell'impronunciabilità di hwhy, e anche di Myhla.

Allora si usava spesso il passivo, che non richiede necessariamente la menzione dell'agente. E' Dio però.

Vediamo ora il TEMPO DEI VERBI. In 1) è sottinteso einai, quale tempo non sappiamo, come in 2); in 3) abbiamo v. 3 e v. 10 estin = presente, mentre in tutte le altre beatitudini un futuro. E' un futuro escatologico. Un indizio di ciò è nel v. 12, nella nona beatitudine, o misqoß umwn poluß en toiß ouranoiß, è nel cielo la ricompensa grande. Ma l'estin dei vv. 3 e 10?

Vedremo poi.

Vediamo ora la CONNESSIONE LOGICA DEI TRE ELEMENTI. 1) makarioi = RISULTATO; 2) L'atteggiamento, la situazione umana = CONDIZIONE; 3) oti = la CAUSA. Ad es. v. 4: makapioi = beati, felici chi? oi penqounteß = gli INFELICI, cioè gli AFFLITTI. Non sono beati perché sono afflitti. ma oti autoi paraklhqhsontai = perché DIO LI CONSOLERÀ (pass. teol.). Non è consolato chiunque, ma chi è afflitto, e costui, raggiunto dalla consolazione divina, è felice. Si vede chiaramente la catena logica. La causa della felicità è ciò che Dio farà.

Questo è l'unico brano della Scrittura con tale concentrazione di beatitudini, macarismi. Con ciò incomincia il DdM: otto macarismi. Ci sono altri macarismi: 11,22; 13,16; 16,17 "beato te figlio di Giona..."; 24,46-47 "beato il servo che sarà trovato ad agire così..."". Cioè sempre beatitudini isolate. Ed in oltre non sono solo tripartite, ma alcune sono bipartite (beato colui che non si scandalizza di me).Tale odo di esprimersi è già nell'AT, quasi unicamente nei Salmi e nei Sapienziali. Solo un esempio significativo: il Sal 1, l'inizio del Salterio: è ripartito come? 1) beato l'uomo; 2) (A) ciò che non fa (tre cose), (B) ciò che fa (due cose), cioè CONDIZIONE in forma di parallelismo; 3) Sarà come albero... Riusciranno tutte le sue opere. Insomma: c'è una struttura archetipa sotto.

Veniamo alle SPIEGAZIONI PARTICOLARI. 1) ogni beatitudine comincia con il plurale di makarioß, che nel greco profano si usava quasi esclusivamente per gli dei dell'Olimpo; tale aggettivo si riferisce alla loro situazione totalmente diversa da quella degli uomini. Non c'è morte, né lavoro, ma c'è un'indisturbata felicità. tale stato divino è quello di oi makarioi (o: oi makarhß), che vale per gli dei, ma talvolta anche per eroi che sono stati elevati allo stato di dei.

(2)

Nel NT l'aggettivo viene usato 2x per Dio: 1 Tim 1,11 e 6,15, cioè nella stessa lettera. Ma nel resto del NT si usa per gli uomini. Così nella LXX, nei Salmi e Sapienziali, è per uomini.

SENSO = FELICE COMPLETAMENTE, senza alcun problema, senza dolore: felicità completa.

C'è una certa spiegazione-esemplificazione proprio in 5,11: cairete kai aglliasqh, gioite ed esultate: sono due verbi da cara e agalliasiß: cara = commozione interna della gioia, del gioire;

agalliasiß = espressione esterna di tale gioia interiore; è l'incontenibile della cara, canto, giubilo, danza. E' così grnde che si deve mostrare. La stessa combinazione in 1Pt 4,13 e Ap 19,7. 1 Pt 4,13 è riferita alla rivelazione della gloria di Cristo: questa è la reazione adeguata. In Ap 19 è la reazione adeguata alle nozze dell'Agnello. Quindi REAZIONE EMOZIONALE, la grande e completa gioia.

Qui se ne parla 8x. Tale numero ha un significato simbolico: '7' esprime TOTALITA' TERRESTRE; '8' = TOTALITA' CELESTE. Già la singola beatitudine parla di felicità in tale totalità, ma le otto beatitudini non esprimono, ognuna per suo conto, la stessa felicità, ma un modo non aumentabile di più, di esprimere la felicità: c'è una felicità onnicomprensiva. Gesù, in un certo senso, comincia il suo annuncio con il dire che gli uomini sono destinati alla gioia totale. Il Salterio comincia con una beatitudine, il DdM con otto!!! Ciò è all'inizio, perciò quello che Gesù comunica è eu-aggeloß = annuncio di gioia. Niente più di ciò ha CARATTERE EVANGELICO: Otto beatitudini! Così comincia tutto ciò che dice Cristo. Tutto l'insegnamento è intonato alla gioia. In un altro modo l'attività di Gesù comincia nel Vg di Giovanni, ma con lo stesso tono: prima di parlare dell'attività di Gesù,1,35-51 sono diversi racconti di chiamata, poi segue Cana, cambiare l'acqua in vino, Gv 2,1-11, questo è l'inizio dei segni, arch twn shmeiwn, e sappiamo l'importanza dei shmeia per Giovanni, che pervadono tutto il Vgl. Allora: qual'è il carattere di questi shmeia? IL CAMBIAMENTO DI ACQUA IN VINO. Il vino è il segno della gioia (Sal 104,25), Giudici... Le nozze sono segno di gioia, come il vino. Il vino è di una abbondanza di vino, senza alcuna parsimonia. Chi è GESÙ? COLUI CHE PORTA UNA GIOIA SMISURATA. Sicché c'è una linea comune fra Mt 5 e Gv 2. Mt 11,5 ha riferimento esplicito: la domanda di Giovanni Battista e la risposta di Gesù finisce con kai ptwcoi euaggelizontai, come la prima beatitudine, che è riferimento a Is 61,1.

2) nel secondo elemento si descrive l'atteggiamento umano che è condizione, se la condizione manca, non c'è beatitudine. In tal senso le beatitudini corrispondono a Mt 4,17 metanoeite: hggiken gar h basileia twn ouranwn; cioè: CONDIZIONE = CONVERTIRSI.

Se l'uomo non entra in tale condizione, non arriva a lui il RdC. Allora CONDIZIONE = GIUSTO ATTEGGIAMENTO = CONVERSIONE.

PRIMA BEATITUDINE 3 Makavrioi

oiJ ptwcoi tw/ pneuvmati,

oti aujtwn ejstin hJ basileiva twn oujranwn.

3 Beati

i poveri in spirito,

perché di essi è il Regno dei Cieli.

Mt 5,3. makarioi lo abbiamo già visto, specialmente in relazione a 5,12. Chi è beato qui: oi ptwcoi tw/ pneumati. ptwco" in greco profano è ben distinto da penh" e da plousio". ptwco" è IL POVERO IN MANIERA ASSOLUTA, è così povero che per vivere dipende dagli altri, non è in grado di sostenere la sua vita basandosi sulle proprie forze: è una persona NON- AUTOSUFFICENTE. Dipende dagli altri per poter vivere, ma non bene, solo per sopravvivere. Il penh", invece, vive del suo lavoro, non dipende dagli altri. il contrario è il plousio", il ricco = colui che può vivere con i redditi della proprietà, non è costretto a lavorare (e questo è la differenza fondamentale con penh") e può vivere bene, nel lusso. In Mt dei poveri si parla qui e in 11,5, risposta a Giovanni Battista) e 19,21 al giovane ricco viene consigliato di dare i suoi beni ai poveri.

(3)

Mt 26,9.11, l'unzione di Betania: 'meglio vendere l'olio e dare i soldi ai poveri'. Allora sempre poveri in senso economico, cui dare elemosine. Ma in Mt 5,3 questo aggettivo è modificato da tw/

pneumati ed è diverso in ciò da Lc 6,20-24 dove le beatitudini sono diverse, sono quattro cui corrispondono quattro maledizioni, i 'guai', e in contrario perfetto di ptwcoi, Lc 6,20, è plousioi di 6,24; inoltre in Lc tali beatitudini sono espresse alla seconda persona plurale, mentre in Mt sono alla terza plurale (eccetto la nona che di fatto si discosta dalle prime otto). Altra differenza in Mt 5,3 contro Lc 6,20 è ptwcoi contro ptwcoi tw/ pneumati:

A) pneuma; B) kardia; C) yuch; D) swma; E) sarx. Non è facile capire certe differenze: pneuma è simile a kardia e yuch, ma diverso da swma e contrario di sarx.

A) pneuma significa 'vento', 'respiro'; in Mt, 19x, è usato specialmente per lo SPIRITO DI DIO che è la forza mediante la quale Dio ha creato il mondo, mediante la quale Dio diventa attivo. Si usa anche per gli spiriti opposti a Dio, gli spiriti impuri. L'opposizione puro/impuro è campo determinato da Dio contro campo esterno a ciò. Raramente pneuma è usato per lo spirito umano: in Mt sono 3x su diciannove cioè: 5,3, il nostro, poi 26,41 ove abbiamo la contrapposizione: pneuma pronto / sarx debole. La contrapposizione si trova anche in Mt 27,50 alla morte di Gesù descritta come afekento pneuma. Anche qui il swma, la sarx resta lì, mentre il pneuma se ne va = MORTE. Ma va ricordato l'uso importante come Spirito di Dio e spiriti impuri. Realtà intima di Dio. Si noti 5,8 makarioi oi kaqaroi th/ kardia/, cioè l'altro uso di dativo che modifica un aggettivo, così per kaqaroi. Allora, in 5,3 non si parla di POVERI, ma di POVERI tw/

pneumati. Fra pneuma, kardia e yuch non c'è grossa differenza, ma ci sono sfumature. kardia

= cuore, un organo del corpo, mentre pneuma = non un organo, ma una forza presente, ma il kardia è considerato la sede di tutta la vita spirituale dell'uomo, intelletto, volontà etc. tutto ciò ha sede nel cuore. Atteggiamenti buoni o cattivi vengono dal cuore. yuch = la forza vitale o semplice vita dell'uomo Caratteristico che con pochissime eccezioni viene sempre usato nel NT in modo assoluto non viene qualificata buona o cattiva: è la vita, il principio di vita. Può esserci un cuore misericordioso, non una vita qualificabile così. Ma pneuma, kardia e yuch possono essere usati in modo simile, ma nell'uso globale si vedono tali differenze. Si parla di più dello Spirito di Dio e meno dello spirito dell'uomo, nella sua parte più paragonabile a Dio, mentre si parla poco del cuore di Dio e molto più dell'uomo, e lo stesso per la yuch. Allora lo SPIRITO è la parte dell'uomo più simile a Dio.

tw pneumati, tale dativo può essere interpretato come Spirito di Dio o come spirito dell'uomo? (1) Per Dio vorrebbe dire: beati coloro che sotto l'influsso dello Spirito di Dio hanno scelto la povertà. Ma tale dativo può essere interpretato sia come (a) instrumentalis, che come (b) relationis. La traduzione appena data sceglie (a) = lo Spirito è la forza che è diventata attiva determinando l'uomo a vivere da povero. Se è per (2) l'uomo, si può interpretare (a): beati coloro che sotto l'influsso dello spirito umano (loro proprio) hanno scelto la povertà. C'è una terza possibilità: lo spirito umano mosso dallo Spirito di Dio ha scelto la povertà. Sempre seguendo (a).

Se lo prendiamo come (b), allora lo Spirito non è la forza che attivamente stimola, ma povero in relazione allo spirito, riguardo allo spirito. Se andiamo a Mt 5,8 i puri th/ kardia/, qui è facile vedere che è dat relationis, (b), puri riguardo al cuore, non può essere altro. Allora i poveri riguardo allo spirito = gente a cui manca lo spirito = gli stupidi? Ma questa è un'interpretazione polemica. E' meglio: COLORO CHE SONO CONSAPEVOLI NEL LORO SPIRITO DELLA LORO POVERTA'. E ciò che li elimina dalla loro povertà è la forza più viva che hanno, lo SPIRITO. Con tale forza sono consapevoli, non sono ignoranti, riguardo alla loro POVERTA': persone non sufficienti che sanno di esserlo, che non sono autarchiche, DIPENDONO per vivere dai DONI CHE RICEVONO.

Per vedere ciò ci si può riferire ad alcuni testi: Nell'AT della povertà si parla specialmente nei salmi. 4x viene 'io sono povero ed infelice' ptwcoß e penhß, nella LXX, che sarebbero in greco

(4)

profano due situazioni differenti che vengono coordinate. Sal 39,18; 69,6; 85,1; 108,22. Qui non si parla della povertà nello spirito, ma si ESPRIME la povertà nello spirito. Quando il salmista parla così, esprime tale consapevolezza della propria povertà, io sono povero ed infelice, e lo dico. Non abbiamo Mt 5,3 tout court, in quanto è l'unica volta in tutta la Bibbia, ma abbiamo l'ATTEGGIAMENTO. Tali passi sono molto importanti anche perché la povertà, la non autosufficienza, è espressa NEI CONFRONTI DI DIO, davanti a Dio.

Altro testo: Ap 3,17, l'ultima delle sette lettere, quella più dura, manca ogni lode, viene criticata la mancanza della povertà nello spirito: SI CHIEDE LA POVERTA' NELLO SPIRITO.

Dice: 'SONO RICCO, MI SONO ARRICCHITO, NON HO BISOGNO DI NULLA. NON SAI DI ESSERE UN INFELICE, MISERABILE, POVERO, CIECO E NUDO' = mancanza di consapevolezza del proprio stato misero. Allora è meglio comprare dal FdU oro purificato dal fuoco, vesti bianche, collirio per ungere gli occhi. Linguaggio metaforico per 'CURARE LA POVERTA'. Dipendono dal FdU e lo devono vivere. Allora: mancanza di povertà nello spirito = mancanza di consapevolezza della propria miseria (fallito questo rapporto con Cristo). Uomini che con la loro forza più alta, lo spirito, sono consapevoli della loro povertà:

per tale categoria di uomini è detto:

oJti autwn ejstin hJ basileia twn oujranwn. il RdC è termine fondamentale dei sinottici:

basileia Mt 55x, di cui 32x è twn ouranwn e 4x tou qeou, poi 3x tou patro" e 7x in modo assoluto, 9x non in riferimento a Dio. In Mc ricorre 20x, assai molto meno numeroso, di cui 14x tou qeou. Gli altri usi di Mt non ricorrono in Mc. Matteo ha l'uso più differenziato di tale termine. in Mc 6x per altri usi profano. L'espressione di Mt 5,3 è TIPICAMENTE MATTEANA, NON SI TROVA IN ALTRI VANGELI, se non come lezione variante, e non probabile, in Gv 3,5. Del resto solo in Mt! l'espressione RdC o di Dio si trova solo 2x in Gv ed è assolutamente marginale. Qual'è il senso? basileia = regno, potere del re, territorio dominato dal re. Re, Dominare è il campo di espressione. Allora 1) Potere, 2) Territorio, in ordine di peso logico. Allora soprattutto è POTERE REGALE. Qui è riferimento a Dio.

Nell'AT hJ basileia tou qeou non ricorre MAI nella LXX, né twn oujranwn, ma si parla in una maniera meno astratta, più concreta. Allora ricorre: 'il Signore regna in eterno e per sempre'.

Cioè assai concretamente. E' re, punto. Così Es 15,18. basileia twn oujranwn è ESPRESSIONE TIPICA DEL GIUDAISMO DEL TEMPO. E' tipico di questa epoca UN MODO DI PARLARE ASTRATTO, o meglio SOSTANTIVATO. Anziché dire 'Dio regna' si dice 'il regno di Dio'.

Anziché dire 'Dio abita nel Tempio', si dice 'l'abitazione di Dio' che è la famosa Shekinah. Ma il corrispondente resta l'attività di Dio di regnare.

Inoltre in Mt 32x abbiamo basileia twn oujranwn, mentre negli altri c'è sempre tou qeou. C'è sotto anche l'usanza di non usare il nome hwhy ma anche Myhla,. Allora una delle parole sostitutive è il CIELO Myhla. Così si evita di dire 'Dio'. Ma ci si riferisce a Dio stesso. Allora twn oujranwn = tou qeou. E non si riferisce ad un territorio, ma al POTERE REGALE DI DIO. Per alcuni Mt non è guidato soltanto da ciò, ma per rendere assolutamente chiaro che non si tratta di un regno terrestre, qualcosa di questa era, ma di un regno che si realizza nell'ambito totalmente determinato da Dio. Può essere. Non è roba terrestre ma sopraterrestre. Ciò si può fondare anche sull'espressione tipica di Mt, 13x, del patroß ejn oujranoiß, il Padre nei cieli. E' rarissimo altrove:

1x in Mc e 1x dubbia in Lc. C'è un'altra espressione tipica, 7x, e solo in Mt, oJ pathr oJ ejpouranioß. E' il Padre celeste. E' il Padre manifestato nel cielo. RdC = POTERE REGALE DI DIO. Re e regno implicitamente esprimono una relazione. 'Potere' può essere visto astrattamente.

Ma se c'è un re, se c'è una relazione, allora c'è un popolo. La sovranità è una relazione. Così quando si parla di DIO-RE, non è astratto: si parla di lui in relazione al popolo. Il carattere di tale relazione è esemplificato come 'Dio, pastore del suo popolo'. L'ideale del re profano è il pastore, che ha

(5)

premura del suo gregge. Allora tale potere di Dio-re è in favore del suo popolo, per aumentare la vita del suo popolo. Non è un potere astratto e qualsiasi: è un potere relazionato e con il carattere di favore verso il popolo.

Va solo menzionato oltre a ciò il fatto che nella struttura del DdM, il RdC è distribuito così:

all'inizio e alla fine delle beatitudini, un'inclusione chiarissima. 3b e 10b sono identici. Ciò favorisce tale interpretazione: nei versetti intermedi che sempre parlano di un'attività di Dio ('saranno consolati', 'Dio li chiamerà suoi figli', etc.) e in tale contesto tali attività sono concretizzazioni di cosa significhi il potere di Dio. Come cioè Dio farà il RdC. Ricompare poi poi in 5,19.20 nell'introduzione particolare. Poi in 6,10, nel centro perfetto del DdM ('Venga il tuo regno'). Poi in 6,23 'cercare prima il regno di Dio e 7,21 nella conclusione generale, 'non colui che dice: Signore, Signore, ma chi fa la volonntà del Padre... E' una tematica quindi che attraversa tutto il DdM. Cose simili si possono dire degli altri discorsi di Mt, che sono sempre specificazione di cosa sia il RdC.

Vediamo ora la relazione espressa qui. oJti autwn estin hJ basileia twn oujranwn. E' un genitivo logicamente riferito ai ptwcoi. Si noti che negli altri versetti è sempre nominativo: autoi.

Qui è GENITIVO DI APPARTENENZA. E' proprietà. Allora il RdC E' LA LORO PROPRIETA'!

Sono proprietari del RdC. E' una delle affermazioni più paradossali del Vgl. Sono proprietari della basileia twn ouranwn; se uno riflette bene vuol dire: sono i signori del potere regale di Dio!! E' paradossale: si sta parlando di POVERI!! E sono proprietari della realtà più grande possibile, cioè il potere regale di Dio. Meno forte, ma più frequente è l'espressione 'entrare nel RdC', ma lì il collegamento è meno stretto (si trova ad es. in: 7,21; 18,30 etc.). In modo simile si parla una sola altra volta, in Mt 19,14, 'lasciate che i bambini vengano a me, perché a chi è come loro appartiene il RdC. oJti toioutwn (tutti quelli che hanno la stessa qualità di) dei bambini. E' la stessa affermazione come in 5,3b e 10b. Sono proprietari del RdC. Qui sono bambini relazionati al RdC è già in 18,3:

chi è più grande en th/ basileia/ twn oujranwn. Gesù chiama un bambino: ean mh strafete (convertite) e diventate come bambini, non entrerete nel RdC. CONVERTIRSI E DIVENTARE COME BAMBINI per entrare nel RdC. Coloro che sono come bambini, sono coloro che riconoscono realmente DIO COME PADRE. Chi non fa questo non può entrare nel RdC.

Vediamo un ultimo aspetto di 5,3. Nei vv. 3 e 10 si parla al PRESENTE; nelle altre al futuro. Invece qui si dice estin. Per alcuni è un uso del presente che è analogo al futuro. Per altri non è così: ci sono tanti futuri, e perché non mettere un futuro anche lì? Lo poteva benissimo fare.

Se mette un presente vuole intendere un presente! ejstin: la prima ed ultima beatitudine usano la stessa costruzione. E si trova in entrambe un PRESENTE, mentre le altre usano sempre un FUTURO. Per alcuni si tratta di un presente con forza espressiva di un futuro. Ma non è possibile:

perché fra tanti futuri usare un presente per ben due volte, e all'inizio e alla fine? Si può vedere Mt 25,34 ultimo grande discorso (23-26) e l'ultima parte è sul giudizio finale, 25,31-46. Va notato che l'insegnamento di Gesù inizia con le beatitudini, e vi viene indicato cosa si può aspettare da Dio, e si dicono anche le condizioni, i giusti atteggiamenti umani, per tale dono; alla fine c'è il giudizio finale che indica i criteri secondo i quali un uomo viene giudicato: opere di misericordia; qui si dice, 25,34, il re a quelli di destra, si parla del regno, riguardo al quale vengono distinte due fasi, regno preparato dal Padre sin dalla fondazione del mondo apo katabolh" kosmou. E' sin dall'inizio che il regno è preparato per loro. Adesso è il momento di entrarne in possesso. Sono due fasi. Con il presente della prima e dell'ultima beatitudine si insiste sulla fase presente: ora già il RdC è preparato per loro, già adesso essi sono in possesso del regno, già è destinato a loro SIN DALLA FONDAZIONE DEL MONDO. Un collegamento attuale, presente. Un godimento pieno ci sarà un futuro, con la fine della storia. Così 19,14, i bambini, c'è lo stesso ejstin con lo stesso senso. Mentre nelle altre beatitudini si spinge sull'aspetto futuro.

Isaia è molto ricco nella descrizione di tale attività di Dio.

Riferimenti

Documenti correlati

Domanda 16 Nel gioco dei dadi, lanciando contemporaneamente due dadi, qual è la probabilità che si abbiano due facce con somma

Siccome la derivata complessa di tan(z) in 0 vale 1 la funzione tan(z) `e invertibile, con inversa olomorfa, in un intorno di 0... La derivata olomorfa

3° Punto di vista Cambiamento del valore Nome

[r]

[r]

Se in un certo periodo storico il vero numero medio di guasti fosse diventato pari a 6, che probabilità avremmo di accorgerci che la media è cambiata.. Scrivere la probabilità

Completa la tabella e traccia il grafico a fianco per scoprire la legge esponenziale che descrive la fissione nucleare.. Ogni neutrone può incontrare un altro nucleo di Uranio e

NELLA TERZA FINESTRA TROVERAI UN MAGNIFICO UNICORNO BIANCO?. 1° 2° 3°