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Addio a Girolamo Arnaldi grande storico del Medioevo

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«la Repubblica» 1 febbraio 2016

Addio a Girolamo Arnaldi grande storico del Medioevo

Studiava la politica attraverso i suoi protagonisti: sovrani, dogi, pontefici. Spaziando tra le origini del papato e i comuni all’epoca di Dante.

Simonetta Fiori

Rimpiangeva l'insegnamento Girolamo Arnaldi, uno dei grandi maestri della medievistica scomparso sabato sera. Aveva nostalgia dei suoi studenti perché «con loro potevo anche cam- biare il mio punto di vista su questioni importanti. E questo per i ragazzi era molto stimolante, ne sollecitava lo spirito critico che è l'essenza della ricerca». Se n'è andato a 87 anni, proprio nel giorno del suo compleanno, un accademico d'altri tempi, esponente di quella scuola di studi storici formatasi negli anni Cinquanta a Napoli, intorno all'Istituto Croce diretto da Federico Chabod. Un'atmosfera intellettuale - più che una vera scuola - che coniugava rigore storiogra- fico e coscienza civile, competenza nella propria disciplina e attenzione all'Italia contempora- nea.

Non è un caso che la politica sia stata al centro della sua lente di medievista. La politica non in senso astratto ma studiata attraverso le singole personalità che l'hanno incarnata e raccon- tata, sovrani e papi, cronisti e dogi. Insofferente ai confini di una specializzazione miope, Ar- naldi - "Gilmo" per gli amici - ha spaziato tra interessi e periodi diversi, tra Alto e Basso Me- dioevo, tra il papato romano nel X secolo e i comuni all'epoca di Dante, studiando con acribia una mole infinita di documenti. «Ai modelli di carattere generale preferiva l'uso delle fonti, di cui era un agguerrito interprete», ricorda il suo allievo Giuliano Milani. E l'ultimo lavoro è stata l'introduzione all'Antapodosis di Liutprando da Cremona, storia di imperatori e di principi smi- dollati di mezza Europa.

Figlio d'una famiglia colta, il padre celebre latinista della Normale, Arnaldi poteva vantare un eccellente cursus honorum accademico - cattedra a Bologna poi alla Sapienza di Roma, rela- zioni internazionali di prim'ordine (ospite in Francia di Georges Duby), la ventennale presiden- za dell'Istituto per il Medioevo. Ma dell'insigne professore non aveva certo il sussiego, la gran- de erudizione resa lieve da una curiosità inesauribile. Il primo ad accorgersene fu Benedetto Croce che aveva preso l'abitudine di intrattenersi con quel giovane studioso del papato, rivol- gendogli molte domande sulle figure femminili di potere. Ma mai in presenza di altre giovani studiose, raccontava Arnaldi divertito.

Autore di ricerche importanti - Studi sui cronisti della Marca Trevigiana, Le origini dello Stato della Chiesa, Natale 875. Politica, ecclesiologia, cultura del papato - e condirettore per la Trec- cani di opere collettive (L'Enciclopedia dei papi), Arnaldi non disdegnava la divulgazione, sem- pre coniugata con rigore storiografico. In L'Europa e i suoi invasori si è posto il problema della nostra fragile identità nazionale, scegliendo come esergo una frase di Luzi: «L'Italia è una illu- sione, anzi un miraggio, un oggetto del desiderio ». L'Italia, fino alla fine, al centro delle sue preoccupazioni.

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