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1. IL BERNOULLI GRIPPER 1.1 Il Bernoulli gripper: principio di funzionamento

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1.

IL BERNOULLI GRIPPER

1.1 Il Bernoulli gripper: principio di funzionamento

Il Bernoulli gripper è un organo di presa di forza, appartiene cioè a quella categoria di sistemi di manipolazione in cui la connessione con l’oggetto da afferrare viene ottenuta tramite attrito, pressione differenziale, forze magnetiche o elettrostatiche. Inoltre, per il fatto che, durante l’esercizio, non entra in contatto con il pezzo, viene spesso denominato organo di presa senza contatto (in inglese, “non-contact gripper” o “non-contact end effector”).

Esso è costituito essenzialmente da un ugello ad efflusso radiale, il quale opera sul principio di generare un flusso di fluido ad alta velocità tra la testa dell’ugello stesso e la superficie della parte da movimentare, creando perciò una depressione che solleva il prodotto. La figura 1.1 mostra schematicamente un sistema del genere: esso consiste semplicemente in due dischi paralleli, l’inferiore dei quali è costituito dalla superficie del pezzo da manipolare, separati da un sottilissimo meato e perpendicolari ad un tubo centrale.

Figura 1.1. Rappresentazione schematica del principio di funzionamento di un organo di presa senza contatto basato sull’effetto Bernoulli.

L’aria compressa approvvigionata al gripper, giunta in corrispondenza del piattello, è costretta a fluire in direzione radiale, in conformità alla forma circolare assialsimmetrica del gripper. Data la ridotta altezza del meato, le sezioni iniziali attraversate dal fluido sono molto inferiori rispetto a quelle del condotto a monte, che può essere conformato secondo diverse tipologie. Questa brusca riduzione della sezione di passaggio comporta un incremento della velocità d’efflusso. In linea col principio di Bernoulli, tale incremento di velocità causa una riduzione nella pressione del flusso d’aria in corrispondenza della superficie del pezzo da afferrare. La pressione differenziale risultante tra le superfici superiore ed inferiore dell’oggetto genera una forza attrattiva Flift (evidenziata in rosso) tra il gripper e il pezzo stesso.

Riducendo la distanza tra la superficie superiore dell’oggetto da afferrare e il gripper, uno stesso volume d’aria, per fluire fuori dall’ugello, deve incrementare ulteriormente la propria velocità. Ciò comporta un incremento della forza Flift.

Procedendo nel suo percorso, il fluido si trova ad attraversare, istante per istante, sezioni crescenti e ciò produce un decremento della sua velocità. In questo modo la pressione sale gradualmente fino a a livelli atmosferici e le azioni attrattive decrescono.

In generale, per creare una forza attrattiva del genere, l’interstizio tra gripper e pezzo deve essere molto piccolo rispetto alla sezione di passaggio del condotto a monte. Incrementando la massa del flusso, il numero di Reynolds può superare un valore critico in corrispondenza dell’ingresso del gap, così da ottenere un flusso turbolento per una certa distanza a valle.

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2 Successivamente, quando la velocità, che decresce all’aumentare del raggio, è caduta fino a far tornare il numero di Reynolds ad un valore subcritico, si osserva una transizione inversa del flusso da turbolento a laminare.

Se la massa del flusso è incrementata ulteriormente, il flusso nel condotto diventa pienamente turbolento e i termini legati all’inerzia prevalgono su quelli viscosi nella determinazione della distribuzione della pressione.

Generalmente poi, la velocità d’efflusso, almeno lungo il condotto radiale, rende molto probabile il raggiungimento e superamento delle condizioni di sonicità.

1.2 Possibili configurazioni del Bernoulli gripper

Abbiamo visto come il funzionamento di un Bernoulli gripper sia basato sulla generazione di un efflusso radiale di fluido ad alta velocità all’interno di un sottile meato assialsimmetrico.

Le configurazioni geometriche che consentono di ottenere un effetto del genere sono riconducibili essenzialmente a due tipologie di gripper: senza deflettore, o standard, e con deflettore.

1.2.1 Gripper standard

Nel modello geometrico standard di gripper, l’aria effluisce radialmente dopo aver cambiato direzione in seguito all’urto sulla superficie dell’oggetto da afferrare. Tale impatto, come è visibile dal modello schematico di figura1.2, genera una forza repulsiva Fjet

sull’oggetto per cui, sebbene la forza risultante su di esso tenda ad attrarlo verso il gripper, il centro dell’oggetto stesso è di fatto spinto via. La forza netta di sollevamento FS risulta essere

allora

FS = Flift – Fjet

Raggiunta una data distanza di soglia dall’oggetto, la FS eguaglia la risultante delle forze

agenti nel verso opposto ed il gripper inizia a sollevare l’oggetto. Per materiali relativamente rigidi questo non costituisce un problema ma il discorso cambia quando si devono manipolare materiali non rigidi o delicati. La superficie del materiale può infatti non essere sufficientemente resistente da sopportare tale impatto e il pezzo può così presentare strappi o altri danneggiamenti superficiali, come illustrato in figura (a). Inoltre, in materiali permeabili, il getto d’aria tende a passare attraverso il materiale piuttosto che fluire radialmente: mancando l’efflusso radiale si perde, in tal modo, la capacità di sostentamento del pezzo. Quest’ultimo caso è mostrato schematicamente in figura (b).

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3 1.2.2 Gripper con deflettore

Per ovviare a questo tipo di problemi è stato rilevato che, se l’efflusso radiale viene generato subito prima che il getto d’aria colpisca il materiale, possono essere ridotte o addirittura eliminate le interazioni repulsive tra flusso ed oggetto da movimentare, ottenendo altresì forze di attrazione simili a quelle date dalla configurazione standard. Questo risultato è illustrato semplificatamente in figura 1.3, dove l’immagine (a) rappresenta le azioni che insorgono durante l’efflusso in un gripper standard, mentre l’immagine (b) riporta le azioni sviluppate in caso di deviazione del flusso prima che esso urti sulla superficie dell’oggetto da sollevare.

Figura 1.3. Confronto schematico tra il principio di funzionamento di un Bernoulli gripper di tipo standard, costituito da un ugello senza deflettore, ed uno con deflettore. Si osserva l’eliminazione della componente repulsiva della forza, Fjet, nel passaggio dalla configurazione standard a quella con deflettore.

Per generare un flusso radiale così anticipato si ricorre all’utilizzo di un deflettore, posizionato all’uscita dell’orifizio dell’ugello. Il deflettore costituisce in genere l’estremità libera di un cilindro, inserito concentricamente nel condotto verticale e collegato superiormente al corpo del gripper. Per tale collegamento, può essere adottata una soluzione reversibile tramite filettatura, che consente lo smontaggio del deflettore e la regolazione dello spessore del condotto d’ingresso dell’aria.

L’aria compressa percorre il canale d’ingresso e, in prossimità dell’orifizio, viene deviata dalla superficie esterna del deflettore. A valle di quest’ultimo, poi, il flusso d’aria giunge sulla superficie del pezzo da sollevare con una determinata angolazione. Ciò riduce significativamente la forza d’impatto sulla superficie del materiale. L’efflusso radiale genera infine una forza di attrazione sufficiente a sollevare il pezzo. Si noti come l’introduzione del deflettore, pur riducendo la Fjet, escluda contestualmente la possibilità di sfruttare depressione

massima nella zona centrale del gripper, determinando un decremento anche della Flift .

La forza di sollevamento netta Fs risulterà di volta in volta maggiore o minore di quella

ottenibile nel caso di configurazione standard a seconda della particolare conformazione geometrica del gripper; in particolare, chiamando rdef il raggio massimo del deflettore e r3 il

raggio del disco del piattello, si avrà Fs = f(rdef /r3).

La forma più semplice secondo cui può essere realizzato il deflettore è cilindrica, con diametro opportunamente maggiore di quello del condotto verticale. Secondo questa geometria, esemplificata in figura 1.4, il deflettore devia il flusso in maniera brusca. Dalla figura si nota che il piattello prevede inferiormente una cava conformata per accogliere il deflettore e direzionare il getto d’aria compressa. Questa soluzione da un lato elimina il rischio che la superficie inferiore del deflettore entri in contatto con l’oggetto da manipolare danneggiandolo, dall’altro evita che, a causa di fortuiti quanto poco controllabili contatti tra il pezzo movimentato ed il gripper nella sua zona centrale, si interrompa l’efflusso. Tale

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4 condizione, critica in quanto causerebbe l’immediata caduta dell’oggetto, è scongiurata per il fatto che, quando il materiale sottostante andasse a contatto col piattello, occludendo così il meato, il flusso d’aria soprastante svilupperebbe un’azione repulsiva, ristabilendo così il regime di funzionalità. In ragione di questi motivi, la particolare conformazione del piattello descritta non viene utilizzata solo quando il sistema di presa preveda la presenza di un deflettore ma, più in generale, anche quando il gripper sia di tipo standard.

Figura 1.4. Modello di funzionamento di un Bernoulli gripper dotato di deflettore cilindrico (fonte: [I.3]).

I gripper con deflettore di forma tronco-conica, invece, sono del tipo illustrato in figura 1.5. Adesso il flusso risulta deviato secondo un preciso angolo, funzione dell’angolo della generatrice del cono deflettore e della conformazione della sede nel piattello del gripper, per cui l’azione d’impatto contro la superficie dell’oggetto da manipolare non è eliminata totalmente ma ridotta in funzione dell’angolo stesso. La deviazione del flusso d’aria operata da un deflettore del genere è mostrata in figura 1.6.

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Figura 1.6. Modello del flusso d’aria all’interno di un Bernoulli gripper con deflettore tronco-conico. L’inclinazione con cui il getto d’aria giunge nel meato tra piattello del gripper

e oggetto da sollevare fa sì che sia sempre presente il fenomeno di distacco della vena fluida (detto anche vena contracta). Tale fenomeno si riduce però all’aumentare dell’angolo di

inclinazione α del deflettore.

Infine, la soluzione limite è quella del deflettore a fungo mostrato in figura 1.7, secondo cui la generatrice presenta andamento secondo un arco di parabola, al fine di eliminare completamente le componenti assiali della velocità del flusso prima che esso imbocchi il condotto radiale. Con questa geometria si ottiene, almeno in linea teorica, l’eliminazione totale della forza Fjet.

Figura 1.7. Soluzione di Bernoulli gripper con deflettore a fungo (fonte: [6]).

1.3 Campi d’applicazione

End effectors senza contatto, basati sul principo di Bernoulli, vanno a collocarsi nella categoria dei sistemi di afferraggio per materiali molto deformabili o delicati, per i quali la ridotta rigidezza e lo stato fisico della superficie di presa rivestono un ruolo determinante nella loro manipolazione. Gli oggetti realizzati con tali materiali risultano molto flessibili, sottoforma di fogli o lamine, in molti casi disposti alla rinfusa, inoltre la maggior parte di essi viene prodotta da materiali naturali a cui è associata un forte variabilità delle proprietà meccaniche e delle dimensioni.

Le difficoltà di automatizzare tale processo dipendono non solo dal materiale di cui è richiesta la movimentazione ma anche dal particolare processo all’interno del quale il gripper deve lavorare.

In generale, possiamo però definire le problematiche principali che il gripper deve superare: Deformabilità: capacità del corpo di modificare la sua forma sotto l’azione di carichi

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6 (modulo di elasticità) e della propria configurazione geometrica. Risulta quindi essere funzione della rigidezza del pezzo, la quale è variabile in funzione dello spessore. Morfologia: forma geometrica in cui si trova modellato il corpo, con particolare

riferimento alle dimensioni prevalenti (mono, bi o tri-dimensionale) e ai bordi.

La maggioranza (circa i due terzi) dei materiali flessibili che necessitano manipolazione si trova sottoforma bidimensionale, di fogli o lamine. Inoltre la maggior parte di essi viene prodotta a partire da materiali naturali, cui è associata una grande irregolarità nelle dimensioni.

Eterogeneità : proprietà, inversa rispetto all’omogeneità, che caratterizza materiali aventi proprietà fisiche variabili, in generale, da punto a punto al loro interno.

Un’altra caratteristica dei materiali di derivazione naturale è la forte variabilità delle proprietà meccaniche all’interno dello stesso oggetto.

Anisotropia: proprietà, opposta all’isotropia, secondo cui le caratteristiche costitutive di un materiale dipendono dalla direzione secondo cui esse sono considerate.

Delicatezza: proprietà che definisce materiali facilmente danneggiabili o deperibili. I materiali flessibili presentano spesso superfici estremamente delicate, che possono essere soggette a particolari requisiti estetici.

Tali problematiche sono riscontrabili in molti settori industriali, quali il tessile, dove i materiali sono porosi, dalla geometria irregolare, bagnabili, facilmente sporcabili e danneggiabili; il conciario, in cui le pelli da movimentare variano drasticamente le loro caratteristiche costitutive in corso di lavorazione; l’alimentare, in cui i prodotti presentano disomogeneità, superfici delicate e scivolose spesso ricoperte da strati gelatinosi o liquidi, umidità variabile in funzione dell’esposizione all’aria e, in generale, elevata deperibilità; il settore dell’elettronica, dove parti, sottoforma di pellicole sottilissime ed estremamente delicate, devono essere manipolate evitando qualsiasi contaminazione.

1.3.1 Tabella bisogni-metriche

Da quanto sopra, risulta evidente che la molteplicità delle caratteristiche che influenzano il comportamento di materiali del genere renda arduo definire un insieme di parametri base rispetto cui progettare un sistema di manipolazione. Tuttavia, possiamo condurre un’analisi qualitativa sul Bernoulli gripper, determinando una matrice bisogni-metriche, come quella riportata in tabella 1.1, al fine di verificare sinteticamente l’idoneità alla manipolazione attraverso il soddisfacimento di una serie di specifiche che tengono conto dei possibili campi d’impiego.

Tali specifiche (in riga, denominate “bisogni”) comprendono alcune necessità legate al problema della movimentazione in genere, come l’afferraggio della parte, la sicurezza di presa, lo spostamento e il preciso riferimento relativo tra gripper e pezzo. Altre, invece, sono dovute al particolare materiale manipolato, quali la manipolazione di materiali delicati e irregolari, la pulizia e l’assenza di contaminazione della superficie in presa.

Ulteriori esigenze sono poi determinate dal particolare processo produttivo all’interno del quale il gripper va ad agire, come il drying effect utile, per esempio, nel caso di manipolazione di generi alimentari in asciugatura o la capacità di movimentare attraverso mezzi liquidi, necessaria nel caso di celle fotovoltaiche in bagno chimico di texturing.

Infine si hanno l’interfacciabilità al polso del robot, la riduzione di peso e ingombro, le elevate manutenibilità ed economicità del sistema, che sono bisogni riguardanti direttamente la scelta del robot o del manipolatore.

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7 Affinché il Bernoulli gripper sia impiegabile per la manipolazione, tali bisogni devono essere soddisfatti da almeno una delle sue caratteristiche (in colonna, definite “metriche”). Esse sono dovute sia al principio stesso di funzionamento come, per esempio, l’utilizzo di aria compressa, la minimizzazione del contatto col pezzo o l’assenza di parti in movimento, sia alle possibili configurazioni adottabili, come l’utilizzo del deflettore o di dispositivi di fermo laterale. METRICHE S fru tt a m e n to P ri n c ip io d i Be rn o u ll i F u n z io n a m en to a d a ri a c o m p re ss a S u p e rfi c ie d i p re sa si n g o la Ri d o tt e a re e d i c o n ta tt o g ri p p e r-p e zz o A ss e n z a p a rt i in m o v im e n to In d ip e n d e n z a d a l m a te ri a le c o st it u v o In d ip e n d e n z a d a l m a te ri a le m o v im e n ta to F lu ss o i n d ip e n d en te d a ll a fo rm a d e l c o rp o d e l g ri p p e r Co n fi g u ra z io n e s ta n d a rd / c o n d e fl e tt o re S is te m i d i fe rm o l a te ra le BI S O G N I Afferraggio pezzo ● Sicurezza di presa ● ● Spostamento pezzo ●

Riferimento preciso

gripper-pezzo ●

Manipolazione oggetti delicati ● ● ● ● ●

Manipolazione oggetti

irregolari ● ● ●

Manipolazione diversi

materiali ● ● ●

Evitare contaminazione oggetto ● ● Pulizia superficie di presa ● ● Drying effect ● ●

Movimentazione attraverso

mezzi liquidi ●

Interfacciabilità polso robot ● ●

Ridotti pesi ● ● ● ●

Ridotti ingombri ●

Elevata manutenibilità ● ●

Economicità ● ● ●

Tabella 1.1. Visualizzazione sintetica delle modalità tramite cui il Bernoulli gripper riesce a soddisfare, almeno sufficientemente, le esigenze richieste durante le fasi di afferraggio e

movimentazione.

Come si può osservare, le caratteristiche legate alle modalità di funzionamento del gripper, quali lo sfruttamento del Principio di Bernoulli, l’utilizzo di aria compressa e la minimizzazione del contatto con l’oggetto in presa, unite alla sostanziale indipendenza dal materiale di quest’ultimo, concorrono tutte al soddisfacimento dei bisogni inerenti il materiale manipolato.

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8 Anche l’inserimento del Bernoulli gripper in particolari processi produttivi è possibile grazie al suo stesso principio di funzionamento.

Le necessità che nascono dall’utilizzo all’interno di una cella robotizzata sono invece soddisfatte prevalentemente dalle caratteristiche costruttive: la possibilità di conformare il corpo del gripper secondo esigenze specifiche, l’utilizzo di materiali diversi e l’assenza di parti in movimento sono parametri essenziali in questo ambito. In particolare, poi, il funzionamento ad aria compressa agevola il controllo da parte del robot tramite i collegamenti presenti generalmente al polso.

Lo spostamento dell’oggetto in presa, nonché il suo preciso riferimento rispetto alla posizione del gripper, risultano invece essere i bisogni che un sistema del genere riesce a soddisfare con più difficoltà, in quanto richiederebbero un contatto relativo stabile, in contrapposizione con la caratteristica principale di funzionamento del sistema. Per ovviare a ciò si rende necessaria la progettazione di appositi stopper o dispositivi di fermo laterale, che cercano di conciliare le necessità sopra viste con la minimizzazione dell’area di contatto.

1.4 Tecniche alternative al Bernoulli gripper

Abbiamo visto che il Bernoulli gripper si presenta come soluzione per la movimentazione di prodotti bidimensionali, molto deformabili, delicati o porosi. Gli organi di presa per queste categorie di prodotti richiedono di solito una progettazione specifica, basata di volta in volta sul particolare tipo di materiale e sul principio fisico per il suo afferraggio, sulla cinematica e sul posizionamento richiesto. Per questo motivo, indicazioni sulle possibili alternative al Bernoulli gripper possono essere fornite solo basandosi sulle versioni presenti sul mercato ed in letteratura.

Di seguito verranno catalogati i dispositivi alternativi in base al principio fisico applicato per fissare l’oggetto alle superfici del gripper. In base a ciò otterremo tre categorie di classificazione:

Organi di presa di forza: la connessione tra oggetto e gripper viene ottenuta tramite attrito, pressione differenziale, forze magnetiche o elettrostatiche;

Organi di presa di forma: la connessione è data dall’afferraggio superficiale tramite sistemi che adattano la loro forma a quella dell’oggetto;

Organi di presa per adesione superficiale: tali sistemi sfruttano l’attrazione molecolare mediante l’utilizzo di mezzi attivi.

1.4.1 Organi di presa di forza

1.4.1.1 Organi di presa a pressione differenziale

Il sistema alternativo al Bernoulli gripper, con in quale condivide il principio di affidare la presa alla generazione di una depressione sulla superficie di contatto con la parte da sollevare, è costituito dal gripper a ventosa.

Il principio di funzionamento è il seguente: in una ventosa di materiale elastomerico all’estremità del gripper, posta a contatto con l’oggetto da afferrare, viene generata una pressione inferiore a quella atmosferica, in modo che la depressione sia sufficiente a garantire l’aderenza della ventosa stessa all’oggetto con una forza tale da consentirne il sollevamento. Tale depressione può essere ottenuta tramite una pompa a vuoto oppure sfruttando l’effetto

Venturi, come schematizzato in figura 1.8: un condotto mette in comunicazione la sezione

critica di un ugello convergente-divergente opportunamente dimensionato, con la camera della ventosa. L’aria compressa, che viene fatta fluire all’interno dell’ugello, subisce un

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9 incremento di velocità in corrispondenza della sezione critica generando quindi una depressione. Tale depressione richiama aria dalla coppa della ventosa tramite il condotto di collegamento, creando così l’effetto presa sulla superficie del pezzo. Per ottenere poi il rilascio della superficie afferrata è sufficiente commutare un elettrovalvola per inviare un getto di aria compressa all’interno della coppa della ventosa.

L’utilizzo di pompe a vuoto ha il vantaggio di poter ottenere elevate depressioni con bassi costi operazionali e ridotta rumorosità. Di contro richiede però maggiori costi iniziali e accessori. L’impiego di ugelli di Venturi privilegia invece una notevole semplicità di impianto (assenza di organi in movimento) e rapidità di risposta, unita a bassi costi iniziali. D’altro canto presenta notevole rumorosità e maggiori costi in fase di esercizio per il continuo approvvigionamento di aria compressa.

Figura 1.8. Schema di funzionamento di un gripper a ventosa in cui la depressione è generata da un tubo di Venturi.

In questo caso per l’afferraggio è richiesta l’accessibilità di una sola superficie del pezzo e la presa avviene con notevole rapidità. La mancanza di qualsiasi riferimento durante l’afferraggio comporta però scarsa precisione. Tale sistema richiede particolari caratteristiche costitutive della superficie di presa, quali l’assenza di fori e la buona finitura. Per quanto riguarda invece la porosità del materiale, essa è tollerata entro certi limiti, tanto da consentire il sollevamento di materiali porosi e fibrosi quali carta e cartone, come mostrato in figura 1.9. Ulteriore svantaggio è costituito dalla possibilità che le ventose imprimano sulla superficie afferrata un’impronta che può danneggiare il prodotto, nel caso della manipolazione di oggetti delicati e che richiedono particolari requisiti estetici, come pellami e tessuti.

Le immagini di figura 1.10 mostrano l’impiego di sistemi di presa a ventosa anche nella movimentazione di lamine metalliche e di componentistica elettronica.

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Figura 1.9. Applicazione commerciale di un gripper basato a ventose per la manipolazione di cartone (fonte [I.11]).

Figura 1.10. Da sinistra a destra: diversi impieghi industriali dei sistemi di presa a ventosa per la manipolazione di lamine metalliche e particolari elettronici (fonte [I.11]).

1.4.1.2 Organi di presa a forze magnetiche

Tali dispositivi sfruttano, per la presa, le proprietà di ferromagnetismo caratteristiche di alcuni materiali. In riferimento a figura, all’estremità libera del gripper viene collocato un magnete o un elettromagnete che esercita un’azione attrattiva sulla superficie del pezzo su cui va ad appoggiarsi. La forza di bloccaggio è notevole e offre sicurezza di presa.

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11 Sistemi a magnete permanente:

Nel caso più semplice, l’effetto di presa è ottenuto tramite un magnete permanente, incorporato all’interno di un sistema di commutazione meccanica che consente di deviare il flusso, come schematicamente illustrato in figura 1.12.

Figura 1.12. Modello di gripper a magnete permanente con rotazione del magnete per controllo delle fasi di presa e rilascio.

In questo modo le linee di flusso magnetico sono semplicemente deviate dalla superficie di afferraggio ma vengono mantenute attraverso il magnete.

Un’altra soluzione per il rilascio può essere data dall’utilizzo di leveraggi che spingono via il pezzo.

I magneti permanenti mantengono il proprio campo magnetico perlopiù invariato nel tempo, un suo deterioramento può avvenire nel caso essi si trovino soggetti ad elevate temperature o a campi magnetici esterni. I magneti ceramici sono utilizzabili fino a temperature prossime a 100°C, magneti realizzati con terre rare come Sm-Co o Nd-B mantengono un’elevata forza del campo fino ai 200°C mentre quelli realizzati in Al-Ni-Co possono sostenere temperature fino ai 450°C.

Sistemi ad elettromagnete:

Il campo magnetico che crea la forza di presa è generato elettricamente da una o più bobine avvolte su nuclei ad alta permeabilità magnetica. La figura 1.13 mostra schematicamente il modello di tale sistema.

Figura 1.13. Modello di funzionamento di un gripper elettromagnetico.

La maggioranza degli elettromagneti sono fabbricati per essere alimentati con tensioni di 12V (nel caso dell’industria automobilistica) e di 24V (nel caso di usi industriali) e vengono dotati di batterie ausiliarie per garantire la presa in caso di interruzione dell’alimentazione elettrica.

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12 Sistemi magnetici ibridi:

Tali sistemi vengono utilizzati per lunghi tempi di ritenzione di materiali ferromagnetici. In riferimento alla figura 1.14, durante la fase attiva, un avvolgimento eccitatore neutralizza il campo magnetico permanente, consentendo così il rilascio del pezzo.

Figura 1.14. Schema costruttivo di un gripper magnetico ibrido.

Per impedire poi la magnetizzazione residua del materiale manipolato, viene generato un campo magnetico opposto che riduce tale effetto al di sotto del 3%. La forza di presa, essendo data dal campo magnetico permanente, rimane adesso immutata in caso di interruzione dell’alimentazione elettrica.

Va da sé che possono essere così afferrati solo materiali metallici ferromagnetici. Il principale problema che ciò comporta è la magnetizzazione del materiale afferrato: la maggioranza dei materiali ferromagnetici subisce infatti, a contatto con il magnete, una leggera magnetizzazione che perdura per un certo tempo dopo il rilascio. Un sottile rivestimento polimerico sulla superficie magnetica del gripper è sufficiente a ridurre significativamente il problema.

I vantaggi dei sistemi di presa magnetici sono la notevole forza di presa, con pressioni esercitate dell’ordine di 100÷200 kN/mm2

, la rapidità e facilità di presa e di rilascio di tali sistemi, unite alla leggerezza ed alla possibilità di afferrare anche oggetti forati. Si riscontrano però anche alcuni svantaggi, che rendono tale sistema poco versatile: oltre alla già sopradescritta possibilità di manipolare solo metalli ferromagnetici, la superficie magnetica del gripper deve essere necessariamente conformata in modo che si adatti alla superficie di presa del pezzo. Inoltre, come nel caso della presa per pressione differenziale, si ha scarsa precisione.

Tali sistemi vengono utilizzati prevalentemente per la manipolazione di fogli metallici, barre e tubi d’acciaio.

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1.4.1.3 Organi di presa a forze elettromagnetiche

Questi dispositivi sono basati sull’attrazione dovuta a forze elettrostatiche che insorgono tra l’oggetto da manipolare ed il gripper, quando a quest’ultimo viene applicato un potenziale di almeno 4000V. Il tessuto successivamente si stacca dal gripper in corrispondenza di una superficie di rilascio cui è applicato un potenziale maggiore di quello del gripper. Sistemi di questo tipo trovano applicazione quasi esclusivamente nel settore tessile, dove sia l’operazione di presa singola da cataste che quello di trasferimento su stazioni di lavoro possono essere effettuate con tre vantaggi significativi: il tessuto non subisce danneggiamenti, risulta ben bloccato durante il trasporto e viene rilasciato senza grinze. Tale dispositivo risulta però piuttosto complicato e la presenza di d.d.p. di valore così elevato pone il problema secondario della possibile insorgenza di archi elettrici indesiderati, che possono causare danneggiamenti agli altri apparati elettronici presenti all’interno delle celle robotizzate. 1.4.2 Organi di presa di forma

Organi di presa a penetrazione superficiale

Tali sistemi vengono impiegati nella manipolazione di prodotti realizzati con materiali che presentino struttura fibrosa. Esempi possono essere dati da tessuti realizzati con fibre tessili oppure da parti fabbricate in fibra di carbonio o di vetro. L’afferraggio è ottenuto tramite diretta penetrazione del gripper all’interno del materiale su una singola superficie e ciò consente di bloccare il pezzo senza richiedere una forza di serraggio applicata al gripper. Usualmente sono costituiti da aghi acuminati e dalla ottima finitura superficiale, collocati su un substrato o una piattaforma rigida. Sebbene siano stati sviluppati molti modelli, si possono distinguere per semplicità:

Sistemi ad aghi (needle gripper):

In questo sistema, una o più coppie di aghi trapassano il materiale da movimentare. La conformazione, l’inclinazione e la profondità di penetrazione degli aghi dipende dal tipo di materiale manipolato.

Figura 1.16. Applicazione del gripper ad aghi per la presa singolarizzata di parti.

In riferimento alla figura 1.16, durante il ciclo di afferraggio il gripper si avvicina alla parte, vi entra in contatto consentendo agli aghi di penetrare all’interno del materiale, distende il materiale che si trova tra gli aghi ed infine solleva la parte. Per la realizzazione della presa, si possono distinguere due metodi principali.

La figura 1.17 mostra il primo, in cui gli aghi sono fatti estendere in direzione radiale dal movimento di un unico attuatore pneumatico. Nel momento in cui viene tolta l’aria compressa, gli aghi rientrano poi nelle sedi grazie all’azione di molle di ritorno e l’oggetto viene così rilasciato.

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Figura 1.17. Schema di funzionamento di un gripper ad aghi a singolo attuatore pneumatico.

Un altro metodo è invece illustrato in figura 1.18, in cui l’estensione di ogni ago è comandata in maniera indipendente da un singolo attuatore pneumatico:l’ago fuoriesce o rientra a seconda che l’aria compressa venga iniettata, rispettivamente, nella camera superiore o inferiore del cilindro pneumatico.

Figura 1.18. Schema di funzionamento di un gripper ad aghi ad azionamento pneumatico multiplo.

Dalla necessità di realizzare una presa discreta di oggetti, nel caso dell’afferraggio di singole parti da una catasta, derivano sistemi che consentono una regolazione della profondità di penetrazione degli aghi. Questi gripper utilizzano solitamente dai 10 ai 40 aghi orientati in diverse direzioni. Il diametro di ciascun ago va da 0.5 a 2 mm e la loro punta è arrotondata per evitare in più possibile il danneggiamento del materiale. La profondità di penetrazione è regolabile, solitamente, tra 0 e 5 mm.

Figura 1.19. Due esempi commerciali di gripper ad aghi (da sinistra a destra: Sommer ST40 e Naiss NDJ).

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15 Sebbene tali tipologie di grippers siano state sviluppate, come detto inizialmente, per l’impiego nella manipolazione di tessuti, essi si dimostrano inadatti quando devono afferrare materiali che presentano maglia particolarmente fine, quali tessuti di nylon, in cui il filo risulta essere così sottile che qualsiasi tipo di ago provoca smagliature inaccettabili.

Gripper a cardatura (hackles gripper):

Questo metodo deriva dal sistema più anticamente sviluppato, in cui un tappeto di finissimi aghi è collocato su una superficie rigida che può essere cilindrica o piana. Alla geometria cilindrica corrispondono i gripper a rulli, in cui sulla superficie esterna di un cilindro vengono disposte centinaia di piccoli aghi, un esempio di cui è mostrato in figura 1.20.

Figura 1.20. Esempi di gripper a pettine per cardare a rulli in varie dimensioni.

Portando tale superficie in contatto con il materiale da afferrare e mettendo successivamente in rotazione il cilindro intorno al suo asse, si ottiene la presa dell’oggetto.

Nel caso in cui la geometria sia piana, invece, viene fatto uso di due tappeti dotati di piccoli aghi inclinati dello stesso angolo rispetto alla normale alla superficie ma con verso contrapposto nei due tappeti, come mostrato in figura 1.21.

Figura 1.21. Modello costruttivo di gripper piano a pettine per cardare.

I due tappeti vengono leggermente premuti sul tessuto ed allontanati reciprocamente fino ad ottenere l’interazione tra gli aghi ed il tessuto. Nasce così una seppur modesta forza di presa.

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16 1.4.3 Organi di presa per adesione superficiale

Organi di presa a forze molecolari

In tali sistemi di presa, anch’essi adoperati prevalentemente nell’industria tessile, viene utilizzato un materiale che sia in grado di generare un effetto adesivo tra pezzo e gripper. In base al mezzo utilizzato si distinguono:

Sistemi adesivi (adhesive gripper):

L’utilizzo di adesivi nell’industria è legato allo scopo di ottenere unioni sia permanenti che temporanee. Tecniche che prevedono la deposizione di adesivi chimici per la manipolazione di materiali hanno una lunga storia: il primo brevetto industriale per uso cartaceo risale infatti al 1941, per uso tessile al 1961 e da allora c’è stata una continua evoluzione delle tecniche.

I sistemi adesivi utilizzati nella manipolazione automatizzata devono fornire una sufficiente forza di presa e, nel caso in cui non siano riutilizzabili in più cicli, permettere una rapida sostituzione quando le capacità di presa sono deteriorate.

Un esempio di tali sistemi è illustrato in figura 1.22: una volta posizionato sull’oggetto da afferrare, una piccola porzione del nastro viene premuta contro la superficie del pezzo da una scarpa metallica controllata da un sistema pneumatico od elettromagnetico. Nella fase di rilascio, la scarpa è retratta e il movimento del nastro causa allo stesso tempo il suo distacco dal pezzo e la sua sostituzione con una porzione nuova per l’operazione successiva. Tale sistema presenta lo svantaggio di essere notevolmente costoso ed avere molte parti in movimento. Inoltre la presa locale risulta inadeguata, in particolare, nella separazione di singole parti provenienti da cataste e nella presa di larghi pannelli di tessuto.

Figura 1.22. Modello di gripper adesivo a nastro.

Le continue scoperte nella chimica dei polimeri hanno consentito l’evoluzione di sostanze che presentano caratteristiche di adesività permanenti (permatack): tali sostanze devono garantire, da una parte, che la forza di presa sostenga centinaia di operazioni e, dall’altra, che sia agevole il rilascio dell’oggetto. Inoltre è fondamentale che l’adesivo sia non tossico ed economico. Esempi di sostanze utilizzate per questi scopi sono gomme sintetiche quali il poli-iso-butadiene e lo stirene-butadiene, che presentano adesività permanente. Anche il poliuretano elasticizzato presenta adesività permanente, unita però ad una notevole elasticità che comporta problemi di rilascio anticipato del pezzo. Miscele di poli-isocianati presentano tempi di ritenzione maggiori.

Questo metodo ha lo svantaggio di dover ricercare un adesivo universale che può essere applicabile per la presa della maggior parte dei tessuti. Inoltre il collante viene depositato, anche se in minima parte, sulla superficie dei tessuti, intaccando così in

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17 particolari casi la qualità del prodotto e ponendo problemi funzionali alle manipolazioni successive.

Sistemi a mezzo adesivo (Cryogenic gripper):

L’effetto adesivo è ottenuto tramite il congelamento di un sottile strato di mezzo criogenico che viene spruzzato tra il gripper e la stoffa. Solitamente viene utilizzata acqua e in tal caso si parla anche di gripper idroadesivo. Per ottenere il rilascio è poi sufficiente riscaldare la superficie di presa fino a portare a fusione il mezzo.

L’acqua viene portata, in fase di presa, ad una temperatura di circa -10°C e tale operazione richiede tempi dell’ordine del secondo utilizzando come refrigeranti CO2 o azoto liquido. La fusione del ghiaccio in fase di rilascio può essere invece ottenuta con elementi riscaldanti oppure con getti d’acqua calda. Per la manipolazione di piccoli oggetti può essere utilizzato un modulo di Peltier, che pur consentendo cicli più lenti ha il vantaggio di poter realizzare sia la fase di raffreddamento che di riscaldamento. Il modulo di Peltier prende nome dall’effetto Peltier : esso è un effetto termoelettrico secondo cui alla superficie di due semiconduttori collegati, attraversati da una corrente elettrica, viene assorbita una quantità di calore. Un elemento ad effetto Peltier è formato da due materiali semiconduttori drogati di tipo n e di tipo p, collegati tra loro da una lamella di rame. I singoli elementi sono poi combinati tra loro a formare una cella connettendoli elettricamente in serie e termicamente in parallelo. La cella è ricoperta poi di materiale ceramico, che offre buona conducibilità termica e allo stesso tempo l’isolamento dei semiconduttori.

In figura 1.23 sono riportati due esempi di gripper a moduli di Peltier.

Figura 1.23. Schema di due tipologie di grippers che sfruttano l’effetto Peltier per la presa su una superficie (a) e puntiforme (b).

Il ciclo inizia con lo spruzzo di una sottile e ben distribuita pellicola d’acqua che va a bagnare i filamenti esterni delle fibre tessili. Quando il gripper si abbassa sul tessuto, i filamenti bagnati e la superficie fredda del gripper (mantenuta ad una temperatura di circa –10°C) entrano in contatto e, dopo un breve tempo (pickup time), si assiste alla formazione di una regione ghiacciata compresa tra il tessuto asciutto e il materiale ceramico, con il risultato di un effetto adesivo. Mentre l’acqua congela, il gripper è compresso sul tessuto spingendo a sua volta lo strato d’acqua più in profondità e

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18 incrementando quindi il numero di filamenti racchiusi nel ghiaccio. Il valore della forza di presa risulta molto alto, dell’ordine di alcuni N/cm2

, ed è influenzato dalla bagnabilità del materiale.

Questo sistema non è però utilizzabile per la presa su ampie superfici, a causa dei tempi troppo lunghi che sarebbero richiesti. Si realizzano così sistemi a grippers multipli, come illustrato in figura 1.24.

Figura 1.24. Schema di un sistema di presa criogenico a gripper multipli per l’afferraggio di larghi pannelli.

Un sistema del genere non arreca danni alla superficie dell’oggetto ed è molto affidabile nella presa, di contro si possono manipolare correttamente solo materiali ben bagnabili, con superfici non troppo lisce. Inoltre si ha una contaminazione dell’oggetto afferrato con acqua, cosa che non è sempre tollerabile. Esempi specifici di applicazione sono: componenti dell’auto rivestiti con tessili, stoccaggio del nylon, strutture tessili per compositi e l’ampio settore della produzione dei componenti per l’abbigliamento.

Figura 1.25. Esempio commerciale di gripper criogenico (Naiss CRYOP-50).

1.5 Confronto fra le tecniche di manipolazione alternative

Le difficoltà citate (vedi par. 1.3) nel definire un insieme di parametri base per la progettazione di un sistema di manipolazione, rendono conseguentemente arduo anche il tentativo di effettuare un confronto tra le tecniche alternative sopra illustrate.

Un’analisi comparativa degli organi di presa può essere condotta in termini qualitativi, basandola su due criteri: del materiale e del gripper. Il primo criterio è dato dalla definizione di una classe di materiali eterogenea per spessore, densità, permeabilità e stato superficiale. Il

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19 secondo criterio definisce invece efficacia ed efficienza di presa, rispondenza alle esigenze di preservazione dello stato del materiale, flessibilità ed infine economicità dell’end-effector. In tal modo possono essere effettuati diversi tipi di confronto: uno mirato a relazionare il Bernoulli gripper rispetto alle altre metodologie nel complesso, l’altro raffrontando i sistemi tra di loro sulla base della rispondenza ai due criteri precedenti.

1.5.1 Elencazione vantaggi e svantaggi dell’utilizzo del Bernoulli gripper

Riguardo la prima tipologia di confronto, abbiamo visto come la peculiarità del gripper basato sul principio di Bernoulli sia la minimizzazione o, addirittura, la totale eliminazione di contatto con la parte da manipolare. Questa caratteristica, che non condivide con altri metodi di afferraggio, lo rende un sistema molto vantaggioso quando ci sia necessità di afferrare materiali non rigidi, i quali presentano spesso le caratteristiche di deformabilità, bidimensionalità (quindi offrono una sola superficie accessibile alla presa), eterogeneità, anisotropia e delicatezza. In particolare, il funzionamento del Bernoulli gripper è indipendente dalle proprietà costitutive del materiale e dalla sua porosità, può lavorare sia a basse che elevate temperature o immerso nei fluidi. Il fatto, poi, la presa risulti ridotta ad una piccola porzione della superficie dell’oggetto rende agile il sistema.

Dalla descrizione fatta nei paragrafi precedenti, risulta però evidente un ulteriore importante vantaggio del Bernoulli gripper: la semplicità.

Il Bernoulli gripper è un sistema semplice costruttivamente, in quanto non richiede particolari tecnologie né materiali e non è dotato di parti in movimento. Quest’ultimo aspetto, unito alla quasi totale assenza di contatto con gli oggetti durante la manipolazione, lo rende poco sensibile all’usura e quindi semplice anche a livello manutentivo.

Infine, è semplice per il funzionamento, in quanto richiede esclusivamente aria compressa, presente a basso costo praticamente in qualsiasi stabilimento industriale. I livelli di purezza dell’aria, eventualmente necessari per la manipolazione di materiali sensibili a contaminazione, sono facilmente ottenibili tramite l’utilizzo di opportuni filtri nell’impianto di asservimento dell’aria.

Nel caso di manipolazione di materiali destinati ad una successiva fase di asciugatura, l’utilizzo di aria come mezzo risulta molto vantaggiosa poiché, oltre ad essiccare, provvede a mantenere pulite le superfici in presa.

La possibilità di utilizzare materiali plastici in fase costruttiva consente di conferire al gripper elevata leggerezza, a tutto guadagno del pay-load del robot.

Tuttavia, l’assenza di contatto stabile con l’oggetto in presa genera nel gripper una serie di problematiche.

Innanzitutto, le forze di sollevamento sviluppate per il principio di Bernoulli, sebbene funzione della geometria e delle dimensioni del gripper, sono molto ridotte, se paragonate a quelle dei sistemi che sfruttano la presa diretta.

Durante l’afferraggio, mancando un riferimento diretto tra gripper e pezzo, si ha scarsa precisione di manipolazione: lungo la direzione verticale perché il punto di equilibrio varia con il peso dell’oggetto, ma ancor più in orizzontale poiché, durante la levitazione, l’attrito tra i due corpi è troppo piccolo per bloccare l’oggetto in posizione ed è così possibile che esso scivoli orizzontalmente. Nel caso di manipolazione di oggetti sufficientemente rigidi, il problema viene risolto realizzando sul disco dell’ugello pareti di contenimento, come illustrato schematicamente in figura 1.26. Tali pareti entrano in contatto diretto con il corpo sollevato, bloccandolo orizzontalmente per azione di attrito. Vengono realizzate, laddove richiesta particolare delicatezza, in materiale elastomerico (gomma) e poi separate sufficientemente tra loro per evitare ostruzioni all’efflusso d’aria.

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Figura 1.26. Rappresentazione schematica di ugello con disco dotato di pareti esterne di contenimento in gomma (evidenziate in rosso).

Un’ulteriore problematica insorge nella manipolazione di materiali non rigidi: è necessario tener conto anche del fatto che essi si flettono molto facilmente e può così essere possibile che una porzione dell’oggetto entri in contatto con la faccia del gripper. Quando questo accade si perde, in tale zona, l’azione di sollevamento e inoltre si rischia di compromettere la presa stessa se l’oggetto afferrato presenta una superficie appiccicosa od umida. Per eliminare tale problema, laddove si presenta, vengono realizzate sul disco del gripper nervature, disposte a raggiera per renderne minima l’influenza sull’efflusso d’aria. La superficie del pezzo afferrato entra in contatto esclusivamente con le nervature, scongiurando così sia effetti di adesione che la mancata generazione di forza di sollevamento.

1.5.2 Tabella comparativa fra Bernoulli gripper e le altre tecniche di manipolazione Una valutazione qualitativa dei sistemi descritti sulla base dei criteri del materiale e del gripper è effettuata tramite la matrice di scelta di tabella 1.2. All’interno della classe di materiali (nelle colonne) rispetto a cui è stato effettuato il confronto si distinguono i tessuti, caratterizzati da porosità, irregolarità di forma e superficiale e elevata bagnabilità; il nylon, che è un particolare tessuto dalla maglia molto fine e quindi facilmente danneggiabile; la gommapiuma, che è estremamente porosa e deformabile; la pelle, materiale organico molto deformabile, irregolare e facilmente danneggiabile superficialmente; la carta e il cartone, più o meno deformabili ma porosi e bagnabili; i wafer di silicio, delicati in quanto sottilissimi e facilmente danneggiabili; infine la frutta e gli ortaggi, anch’essi materiali organici dalle proprietà eterogenee e dall’elevata percentuale umida, nonché da manipolare secondo ristrette condizioni d’igiene.

Dai giudizi espressi sulla manipolazione di ogni specifico materiale da parte dei singoli sistemi di presa, rispetto ai cinque parametri di scelta (nelle righe, per ciascun dispositivo), emerge, come prima considerazione, il fatto che il Bernoulli gripper sia l’unico sistema adattabile, almeno in linea teorica, alla manipolazione di ogni materiale esaminato. Questo in ragione del principio di funzionamento, che lo rende entro certi limiti indipendente dallo specifico materiale in presa. Considerazione opposta può essere fatta dei sistemi di presa a forze magnetiche, sfruttabili evidentemente solo nell’afferraggio di materiali ferromagnetici. Nel loro campo d’impiego, tali dispositivi presentano le migliori caratteristiche riguardo efficienza ed efficacia di presa ma, in ragione della loro complessità costruttiva, risultano piuttosto costosi.

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21 ■■■ Buono ■■ Discreto ■ Sufficiente □ Insufficiente/Non adatto MATERIALE Te ss u to N y lo n G o m m a p iu m a P e ll e La m in a to P e ll ic o la / f o g li o d i p la st ic a C a rt a /C a rt o n e V e tr o La m ie ra /f o g li o m e ta ll ic o S c h e d a e le tt ro n ic a / w a fe r si li c io O rt a g g io / f ru tt a a ff e tt a ti S IS T E M I D I PR E S A Pr e sa d i fo r z a Bernoulli gripper Valutazione complessiva ■■ ■■ ■■ ■■ ■■■ ■■ ■■■ ■■ ■■ ■■ ■■■ Efficacia di presa ■■ ■■ ■ ■■ ■■■ ■■ ■■■ ■ ■ ■ ■■■ Efficienza di presa ■■ ■■ ■ ■■ ■■■ ■■ ■■■ ■ ■ ■ ■■■ Pulizia/delicatezza ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ Ridotti ingombri ■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ Economicità ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ Presa a ventose Valutazione complessiva □ □ □ ■■ ■■ ■■■ ■■ ■■■ ■■■ ■■ □ Efficacia di presa □ □ □ ■■■ ■■■ ■■■ ■■ ■■■ ■■■ ■■■ □ Efficienza di presa □ □ □ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ □ Pulizia/delicatezza □ □ □ ■ ■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■ □ Ridotti ingombri □ □ □ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ □ Economicità □ □ □ ■■ ■■ ■■ ■■ ■■ ■■ ■■ □ Presa a forze magnetiche Valutazione complessiva □ □ □ □ □ □ □ □ ■■■ □ □ Efficacia di presa □ □ □ □ □ □ □ □ ■■■ □ □ Efficienza di presa □ □ □ □ □ □ □ □ ■■■ □ □ Pulizia/delicatezza □ □ □ □ □ □ □ □ ■■■ □ □ Ridotti ingombri □ □ □ □ □ □ □ □ ■■■ □ □ Economicità □ □ □ □ □ □ □ □ ■ □ □ Presa a forze elettromagnetiche Valutazione complessiva ■■■ ■■ □ □ □ ■■ □ □ □ □ □ Efficacia di presa ■■■ ■■■ □ □ □ ■■■ □ □ □ □ □ Efficienza di presa ■■■ ■■■ □ □ □ ■■■ □ □ □ □ □ Pulizia/delicatezza ■■■ ■■■ □ □ □ ■■■ □ □ □ □ □ Ridotti ingombri ■■■ ■ □ □ □ ■ □ □ □ □ □ Economicità ■ ■ □ □ □ ■ □ □ □ □ □ Pr e sa d i fo r m a Presa ad aghi Valutazione complessiva ■■ □ ■■ ■■ □ □ □ □ □ □ □ Efficacia di presa ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ □ □ □ □ □ □ □ Efficienza di presa ■■■ ■■■ ■■■ ■■■ □ □ □ □ □ □ □ Pulizia/delicatezza ■■■ □ ■■■ ■■■ □ □ □ □ □ □ □ Ridotti ingombri ■ ■ ■ ■ □ □ □ □ □ □ □ Economicità ■ ■ ■ ■ □ □ □ □ □ □ □ Pr e sa p e r a d e si o n e su p e r fi c ia le Presa adesiva Valutazione complessiva ■■ ■■ □ ■■ □ ■■ ■■ □ □ □ □ Efficacia di presa ■ ■ □ ■ □ ■ ■ □ □ □ □ Efficienza di presa ■■■ ■■■ □ ■■■ □ ■■■ ■■■ □ □ □ □ Pulizia/delicatezza ■ ■ □ ■ □ ■ ■ □ □ □ □ Ridotti ingombri ■■ ■■ □ ■■ □ ■■ ■■ □ □ □ □ Economicità ■■ ■■ □ ■■ □ ■■ ■■ □ □ □ □ Presa criogenica Valutazione complessiva ■■ ■■ □ ■■ □ □ □ □ □ □ □ Efficacia di presa ■■■ ■■■ □ ■■■ □ □ □ □ □ □ □ Efficienza di presa ■■■ ■■■ □ ■■■ □ □ □ □ □ □ □ Pulizia/delicatezza ■■ ■■■ □ ■■ □ □ □ □ □ □ □ Ridotti ingombri ■■ ■■ □ ■■ □ □ □ □ □ □ □ Economicità ■ ■ □ ■ □ □ □ □ □ □ □

Tabella 1.2. Confronto sintetico tra i sistemi di presa alternativi (nelle righe) per la manipolazione automatizzata di parti costituite da materiali delicati, bidimensionali e/o molto

deformabili (nelle colonne).

La valutazione complessiva fornisce un giudizio generale sulla capacità o meno, da parte del sistema di presa, di manipolare il particolare materiale. Le valutazioni di dettaglio successive

forniscono, poi, un giudizio riguardo a cinque fattori considerati riassuntivi delle specifiche che il gripper deve soddisfare durante la presa.

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22 Buona versatilità hanno anche i sistemi di presa a ventosa, il cui limite principale è essenzialmente dato dall’impossibilità di creare una depressione quando a contatto con materiali dall’elevata porosità. Rispetto al Bernoulli gripper offrono un più preciso riferimento con l’oggetto in presa ma possono comportare danneggiamento superficiale in materiali delicati.

Tra i metodi per la manipolazione dei tessuti, il migliore risulta senza dubbio il sistema ad aghi: nonostante i notevoli ingombri e la complicatezza, presenta infatti ottima efficienza nell’afferrare e rilasciare gli oggetti senza danneggiarli. Proprio a causa del danneggiamento superficiale dovuto alla penetrazione degli aghi, tale sistema però non può essere utilizzato nella pratica per manipolare materiali che teoricamente potrebbero essere afferrati, come la pelle, le pellicole di plastica, la carta e i tessuti in fibra di nylon. Per questi ultimi il sistema più adatto è quello criogenico, che risulta altresì poco economico per la complessità costruttiva.

Infine, i sistemi di presa adesiva possono essere impiegati su vari materiali, dai tessuti, alla pelle, dai fogli di plastica a quelli carta, ma si accompagnano ad una serie di problemi che ne limitano l’utilizzo: in particolare, presentano difficoltà nel rilascio del pezzo, unita ad un seppur piccolo residuo di collante che, depositato sulla sua superficie di presa, può comprometterne l’integrità.

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