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Biomeccanica del ginocchio: il modello attivo

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Academic year: 2021

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Biomeccanica del ginocchio: il modello attivo

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Capitolo 4

Biomeccanica del ginocchio:

il modello attivo

4.1 IL MODELLO ATTIVO

Il modello attivo amplia quello tradizionale analizzando alcune componenti, la forza muscolare e la forza peso, che intervengono attivamente per garantire la stabilità del ginocchio. Questa considerazione si è sviluppata inseguito alla descrizione del test di compressione tibiale, ideata da Henderson e Milton nel 1978 (Slocum B., Devine T).

Il test della compressione tibiale rivela che la flessione del garretto determina lo scivolamento in avanti della porzione prossimale della tibia rispetto al femore.

Questo fenomeno si verifica anche durante la fase di appoggio in quanto si genera una forza tra il piede e il terreno che determina una compressione tibiale (Slocum B., Devine T).

La spinta tibiale craniale è una forza attiva che origina dal carico ponderale e da una compressione muscolare del piatto tibiale contro i condili femorali. Tale spinta è inoltre favorita sia dall’azione dei muscoli estensori del ginocchio, che attraverso il tendine tibio rotuleo esercitano una trazione della tibia in avanti, sia dall’entità dell’inclinazione del piatto tibiale.(Vezzoni A.)

Infatti il carico ponderale scaricandosi sul piano inclinato del piatto tibiale si scompone in una forza che agisce sulla tibia ed è diretta a terra (componente di

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compressione), ed un'altra che spinge la tibia in avanti (componente di scivolamento) e che è tanto maggiore quanto più è inclinato il piatto tibiale (Vezzoni A.). (Fig. 4)

Fig.4 : Scomposizione delle linee di forza di Carico ponderale trasmesse dal femore alla tibia (Slocum, 1991).

In condizioni normali la spinta tibiale craniale è neutralizzata dal LCA e dal corno caudale del menisco mediale che rappresenta la componente passiva, e dalle forze dirette caudalmente prodotte dai muscoli posteriori della coscia, prevalentemente il bicipite femorale e dal gruppo muscolare del pes anserinus, che rappresenta la componente attiva (Vezzoni A.).

Quando il ginocchio è in equilibrio quindi può essere considerato come un modello statico che include sia le forze attive, i muscoli, le restrizioni passive, costituiti dai legamenti, dalla conformazione dell’osso e dalla capsula. Quando il ginocchio è in movimento la forza dei muscoli, in estensione e in flessione, è

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responsabile della stabilità dello stesso, bilanciando il peso (momento della forza) a livello del centro di rotazione.

Quindi affinché il ginocchio mantenga un angolo di flessione costante durante la fase di appoggio dell’andatura, la risultante tra i momenti della forza di estensione e di flessione deve essere zero (Vezzoni A).

Quando le forze muscolari sono insufficienti a prevenire la traslazione anteriore della tibia, la spinta tibiale craniale viene contrastata unicamente dal LCA, che quindi è sottoposto a continui stress.

Questo spiega il motivo per cui in alcuni soggetti, particolarmente pesanti rispetto alla propria struttura scheletrica, o che presentano scarse masse muscolari o eccessive inclinazioni del piatto tibiale, si può verificare la rottura del LCA in assenza di un trauma diretto (Slocum B., Devine T).

L’entità della compressione tibiale è variabile, in quanto la quantità di forze generate sia dai muscoli che dall’incremento ponderale, dipendono dall’attività del cane, quindi in questi casi la spinta tibiale craniale può essere limitata solo modificando l’inclinazione del piatto tibiale (Slocum B., Devine T).

Questa nuova concezione della biomeccanica del ginocchio ha portato all’ideazione di una tecnica chirurgica particolare che si differenzia dalle altre in quanto ha come fine l’eliminazione della spinta tibiale craniale modificando l’inclinazione del piatto tibiale (Slocum B., Devine T).

Per una migliore comprensione su cui si basa l’osteotomia livellante del piatto tibiale è possibile ricorrere alla seguente analogia descritta da Slocum.

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Consideriamo un carro parcheggiato su una collina, nella fig A il peso del carrello (C, compressione assiale) tende a trascinarlo verso il basso a causa della gravità e crea una forza (D) a causa dell’inclinazione. Se una corda (F, legamento crociato craniale) viene tesa tra il carro ed un idrante ed un cuneo (E , menisco) viene inserito dietro alla ruota (condilo), si evita lo scivolamento del carro lungo la collina (traslazione tibiale in direzione craniale). Se la corda si rompe, il carro scivola e schiaccia il cuneo.

Nella fig B la forza (D) può essere eliminata posizionando il carro su una superficie piana, non richiedendo l’impiego di una corda (F) e di un cuneo (E). La forza di compressione articolare si riduce al solo peso del veicolo (C). Sebbene il peso del carro (C) sia ancora presente, gli effetti “deleteri” vengono neutralizzati.

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