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Corso di Studio in Scienze Motorie
“L’ALLENAMENTO NELLA FASE SENSIBILE: FORMAZIONE EDUCATIVA E METODOLOGICA DELL’ALLENAMENTO DEL BAMBINO VISTO COME IL PICCOLO PRINCIPE DI ANTOINE
DE SAINT-EXUPERY”
Relatore: Prof. Ferretto FERRETTI Prof. Stefano GHISLENI
Candidato:
Massimiliano PERRELLI Matr. n. 208024
Anno Accademico 2019-2020
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INTRODUZIONE
“Tutti i grandi sono stati piccoli, ma pochi di essi se ne ricordano” cit. Antoine DE SAINT-EXUPERY
Ho scelto come linea guida della mia tesi una delle opere più conosciute, il Piccolo Principe di Antoine DE SAINT-EXUPERY, un racconto poetico nato come libro per bambini pieno di metafore che in realtà affronta temi importanti e complessi come il senso della vita. Questo rende l’opera un manuale per tutti; tutti siamo stati bambini, ma con il passare degli anni ce ne siamo dimenticati.
Questa citazione è fondamentale per tutti gli allenatori/istruttori che vogliono formare umanamente e calcisticamente un bambino, soprattutto tra i 6 e i 12 anni, la c.d. fase sensibile.
È essenziale formare un bambino sotto ogni aspetto, educativo o calcistico che sia; il bambino deve sentirsi valorizzato e deve valorizzare sé stesso come singolo e simultaneamente capire di dover valorizzare anche i suoi compagni in modo da creare un “gruppo”.
Per questo è essenziale il supporto/apporto dell’istruttore, il quale è giusto che abbia proprie ambizioni (soprattutto in un mondo competitivo come il calcio), ma non a discapito della crescita dei bambini. I bambini non devono essere il mezzo per far sì che l’istruttore raggiunga il suo obiettivo (vincere una partita, il campionato o altro), anzi, è quest’ultimo che deve fare da volpe/guida del suo giovane compagno.
Nella formazione calcistica del bambino bisogna curare la parte metodologica dell’allenamento tenendo conto dell’aspetto educativo - sociale che il calcio può allenare nel bambino.
Nel corso delle mie esperienze da istruttore dell’attività di base ho conosciuto molti
“colleghi” che non hanno mai allenato bambini in quanto sono passati direttamente al settore giovanile, denigrando l’attività di base in quanto priva di competizione e di titoli in palio. Alcuni di questi allenatori, spesso, lamentano carenze nei loro giocatori, soprattutto in merito ad alcuni fondamentali tecnici nei quali i ragazzi risultano carenti. Io penso che probabilmente queste carenze siano dovute ad un percorso formativo non adeguato durante l’allenamento della fase sensibile. Per tale motivo penso sia essenziale lavorare al meglio durante questa fase del bambino, così da far in modo di evitare o limare eventuali lacune tecniche creando automatismi nei
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gesti fondamentali, cercando di accrescere la passione che il bambino nutre in questo sport, indipendentemente dal risultato o dalla categoria raggiunta o che raggiungerà in futuro.
Per questo ho scelto il Piccolo Principe, perché sembrerebbe una storia per bambini di facile comprensione, ma in realtà è un “manuale di educazione all’etica”, un’opera filosofica, da comprendere oltre le parole. È importante guadagnare un posto importante nella vita di ogni singolo bambino che incontriamo in modo tale da creare in lui una figura “amica” che lo accompagnerà nel cammino della sua formazione calcistica, ma soprattutto, umana.
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Ringraziamenti
Desidero ricordare tutti coloro che hanno contribuito alla stesura della tesi con suggerimenti, critiche ed osservazioni: a i miei colleghi di corso Roberto, Matteo e Gabriele, con i quali è stato possibile confrontarsi sulle tematica riguardanti la mia tesi, ricevendo sempre suggerimenti ed osservazioni utili alla stesura della stessa; ai colleghi di “campo” Lorenzo, Piero e Valerio, con i quali, già prima del mio percorso universitario, ho avuto il piacere di affrontare tematiche inerenti “il calcio e la sua importanza nella vita di un istruttore, ma soprattutto del bambino”; a loro va la mia gratitudine.
Ringrazio il Prof. Ferretto FERRETTI, Relatore della tesi: innanzitutto per l’insegnamento impartito tramite le lezioni del corso di Teoria e Metodologia dell’allenamento nel calcio, grazie alle quali ho potuto ampliare la programmazione dell’allenamento, sviluppando una visione più “professionale” all’esperienza finora acquisita sui campi; utile anche il suo supporto e la massima disponibilità, celerità e professionalità dello stesso, il quale mi ha permesso di affrontare un argomento ricco di contenuti sotto diversi punti di vista.
Un ringraziamento particolare va ai colleghi ed agli amici, nonché a tutti gli studenti/allenatori incontrati durante il percorso di laurea, i quali mi hanno incoraggiato o che hanno speso parte del proprio tempo per discutere delle tematiche oggetto di tesi.
Ringrazio tutti i bambini incontrati durante questi anni in quanto l’argomento trattato è stato da me analizzato proprio per il forte legame creato nel tempo con tutti loro, oltre a ringraziare le loro famiglie per aver “diviso” con me i loro figli e avermeli affidati per la loro crescita psico – fisica - motoria ma soprattutto ludica.
Un immenso ringraziamento è rivolto al Correlatore della tesi, Prof. Stefano GHISLENI: professore, allenatore, responsabile tecnico, per me durante il percorso di studi fondamentale grazie alla sua “Casa del Bambino” a dare un nome e forma all’aspetto più importante quando si lavora su di un bambino: l’AMORE. A lui è rivolto un ringraziamento speciale, Grazie Maestro.
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Vorrei ringraziare le persone a me più care: i miei amici, la mia famiglia, mio padre Vito, mia madre Giuseppina, le mie sorelle, Rita e Dominga e mia nipote Diletta, a me sempre “vicini” nonostante la distanza geografica.
Infine ringrazio i miei figli Maurizio ed Alessandro, grazie ai quali ogni giorno coltivo il mio ruolo di formatore/educatore/padre, commettendo molti sbagli, propedeutici al mio sviluppo professionale ma soprattutto personale.
Come ultimo ringraziamento, vorrei dedicare la mia tesi a mia moglie Serena, senza la quale non avrei potuto coltivare questa passione, senza la quale non avrei potuto accrescere le mie conoscenze tra corsi, studi, partite ed allenamenti. Lei che rappresenta il mio allenatore in seconda, consigliere, avversario e ultrà. Senza di lei tutto questo non sarebbe possibile. Grazie per essere il mio “Gol al 90° minuto”
GRAZIE
7 INDICE
METODOLOGIA DELL’ALLENAMENTO ... 9
1 - LA MOTRICITA’ NELLE FASI SENSIBILI ... 9
1.1 - Le capacità motorie ... 9
1.2 - Le abilità motorie ... 11
1.3 - Coordinazione motoria ... 11
1.4 - Movimento e postura ... 12
2 - LA DIDATTICA NELL’EDUCAZIONE MOTORIA ... 14
2.1 - Obiettivi e contenuti educativi ... 14
2.2 - Le capacità senso-percettive ... 15
2.3 - Lateralizzazione ... 17
2.4 – Percezione spaziale, temporale e l’educazione al ritmo ... 18
2.5 - Schemi motori e posturali di base ... 21
3 - STUDIO DEL “PICCOLO” ATLETA ... 23
3.1 - Le capacità coordinative e le caratteristiche fisiologiche nelle fasi sensibili ... 28
3.2 - La capacità aerobica ... 30
3.3 - Il metabolismo anaerobico ... 31
3.4 - Considerazioni fisiologiche e misure antropometriche nelle fasi sensibili ... 31
3.5 - Il profilo psico-motorio ... 32
3.6 - Le fasi sensibili di Martin ... 33
4 - LA METODOLOGIA DELL’ALLENAMENTO NELLE FASI SENSIBILI ... 34
4.1 - Il metodo a fasi ... 35
4.2 - Esempi di allenamento ... 36
4.3 – Il “FIFA11+ Kids” e la propriocezione. ... 42
4.4 – Gli Small Sided Games ... 44
4.5 - I test di valutazione ... 45
4.6 - la programmazione per fasce d’età ... 49
4.7 - Gli strumenti dell’allenatore ... 51
5 - CONCLUSIONI TEORIA E METODOLOGIA DELL’ALLENAMENTO ... 55
SISTEMI EDUCATIVI PER L’INSEGNAMENTO DEL CALCIO ... 56
1 - IL PICCOLO PRINCIPE NEL CALCIO ... 56
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2 - IL MAESTRO ... 59
3 - LO SVILUPPO COGNITIVO ... 61
4 - TEORIA DELL’APPRENDIMENTO SOCIALE... 63
5 - LA PEDAGOGIA DELL’ERRORE ... 65
6 - L’APPROCCIO CENTRATO SULLA PERSONA DI CARL R. ROGERS ... 66
7 - IL METODO NON DIRETTIVO NELLA RELAZIONE EDUCATIVA ... 70
8 – MODELLI TECNICI-EDUCATIVI ... 74
8.1 - Modello “La Casa del Bambino” ... 74
8.2 – Modello “S.F.E.R.A.” ... 79
9 – LA “MISTER CUP” ... 85
10 – LA LEADERSHIP... 88
11 – I FEEDBACK ... 91
12 – INTERVISTA AI “PICCOLI PRINCIPI” ... 94
13 - CONCLUSIONI SISTEMI EDUCATIVI ... 98
BIBLIOGRAFIA... 100
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METODOLOGIA DELL’ALLENAMENTO 1 - LA MOTRICITA’ NELLE FASI SENSIBILI
1.1 - Le capacità motorie
Le capacità motorie possono essere considerate come le “specifiche” funzionali degli organi e apparati effettori del movimento (Sistema nervoso centrale, apparato locomotore), definendo le caratteristiche operative. Esse vengono ereditate da ciascun individuo in modo diverso e in ciascuno raggiungono un diverso grado di espressività in ordine alle stimolazioni alle quali vengono sottoposte nel corso della crescita. Le capacità motorie possono essere ricondotte a due grandi gruppi, le capacità coordinative e condizionali, ai quali vanno aggiunte la flessibilità e le capacità affettivo - cognitive.
Le capacità coordinative dipendono dai processi neurofisiologici di regolazione dei movimenti, che consentono di apprendere, controllare, adattare e modificare l’azione sulla base delle informazioni che pervengono all’elaboratore centrale degli input sensoriali; esse sono quindi strettamente legate allo sviluppo e alle funzioni del sistema nervoso centrale.
Le capacità coordinative si sviluppano attraverso la pratica degli schemi di base e l’apprendimento delle prime abilità motorie, cioè attraverso le comuni attività della vita di relazione, il gioco, l’educazione scolastica.
La capacità condizionale o capacità organico - muscolari (velocità, forza e resistenza) sono fondate sui processi di produzione dell’energia e, quindi, sull’efficienza dei muscoli e dell’apparato cardio-respiratorio.
Una posizione particolare tra le capacità motorie è occupata dalla flessibilità, che esprime la possibilità di compiere movimenti di grande ampiezza, cioè con ampia escursione articolare. Essa è influenzata da fattori costituzionali, muscolari e coordinativi.
In stretta relazione con le capacità motorie vanno annoverate anche le capacità affettivo - cognitive, che consentono all’individuo la comprensione, il controllo e la modificazione delle situazioni esistenziali per un attivo adattamento dell’ambiente; in queste rientra anche il fondamentale del “desiderio di apprendere”.
Nelle fasi sensibili la partecipazione al movimento delle diverse capacità motorie è concomitante e solidale; solo in una fase più avanzata della crescita sarà possibile
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stabilire nell’espressione di un’abilità motoria quanto prevalgono gli aspetti coordinativi o quelli condizionali. Per questo non vanno trascurate nella programmazione (per fasce d’età) della didattica dell’educazione motoria.
Secondo Gallahue, è importante definire le quattro fasi principali dello sviluppo motorio del bambino:
1a fase: dei movimenti e dei riflessi (da prima della nascita all’ottavo mese);
2a fase: dei movimenti rudimentali (dalla fine del primo anno e per tutto il secondo anno di vita);
3a fase: dei movimenti fondamentali (dal secondo fino al sesto) - Tappa iniziale: tra il 2° e il 3° anno;
- Tappa elementare: fino al 5° anno;
- Tappa di maturità: fino al 6° anno.
4a fase: dei movimenti sportivi (dal settimo anno): in questa fase si dovrebbe effettuare un lavoro più specifico in base allo sport praticato mentre nelle precedenti fasi è opportuno adottare una metodologia multisport.
Per tanto è fondamentale seguire una programmazione ben definita secondo il livello cognitivo/tecnico di ogni bambino e seguendo la progressione didattica.
Nei bambini di 5/6 anni è importante utilizzare proposte ludiche e proponendo un gran numero di attività motorie che permettano al bambino di conoscere il proprio corpo, lo spazio e il tempo, tornando un po’ a quello che una volta era il “calcio di strada”: i bambini a quest’età dovrebbero camminare, saltare, correre, sedersi, afferrare, arrampicarsi, rotolarsi, raccogliere, tirare, calciare; in merito alla sfera emotiva dovrebbero divertirsi, accrescere la fiducia in se stessi, conoscere gli altri, socializzare, comunicare con gesti e parole; in merito allo spazio devono sapersi orientare nell’ambiente rispetto le nozioni spaziali (fuori, dentro, avanti, indietro, sopra, sotto, ecc) e temporali (rapido, lento, veloce , prima, dopo, ecc).
È importante la sensibilizzazione con l’attrezzo (la palla) dandogli continui stimoli e conoscenze, valutando la velocità, il rimbalzo, il contatto con il piede, con le mani, con il corpo. Sarebbe utile utilizzare diversi tipi di pallone per genere e forma (palle da calcio, da tennis, da golf), stimolando sempre più il bambino.
11 1.2 - Le abilità motorie
Le abilità motorie sono le forme più evolute, ma anche “usuali”, del movimento venendo coinvolte in maniera assai diversificata in tutte le attività dell’uomo. Esse sono le azioni che il bambino impara a compiere per adattare il proprio comportamento a specifici problemi esperienziali, rappresentando in un certo senso un personale “profilo motorio”, legato alle caratteristiche neurofisiologiche e cognitive della singola esperienza.
Queste abilità vengono quindi acquisite attraverso l’apprendimento e vengono consolidate una volta che diventeranno un automatismo.
Quindi le abilità motorie possono essere definite come la capacità di conseguire obiettivi di prestazione efficacemente, rapidamente e economicamente.
Le abilità motorie devono tener conto dell’interazione con l’ambiente; infatti si distinguono in abilità aperte (influenzate dalla variabilità contestuale, dovendosi adattare ad un ambiente mutevole e difficilmente prevedibile, come nei giochi di squadra) e abilità chiuse (nelle quali l’ambiente è stabile e con uno standard motorio ideale). Nelle abilità aperte si sviluppa il concetto di problem solving, in quanto ci si deve occupare di “cosa faccio” e “come lo faccio” (possiamo quindi definirle anche abilità cognitive); nelle abilità chiuse si perde il concetto di problem solving a discapito della qualità del movimento in sé e il controllo motorio (possiamo definirle abilità motorie).
1.3 - Coordinazione motoria
Lo sviluppo e l’organizzazione delle operazioni che presiedono al movimento hanno un’espressione fenomenica, definita usualmente come coordinazione motoria. Essa potrebbe essere definita come la corretta esecuzione di un determinato programma motorio.
A determinare la coordinazione intervengono in modo unitario le funzioni relative alla capacità di rappresentare i movimenti da eseguire e di ordinarli nella loro successione, alla parametrizzazione del movimento e al mantenimento delle posture, al riconoscimento della posizione delle parti del corpo, legato a discriminazione spaziale, lateralizzazione, percezione temporale. Il grado di coordinazione motoria
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posseduto è pertanto definito dal livello di integrazione dei diversi fattori determinanti, che si esprime nella capacità di controllo dei movimenti.
L’evoluzione della coordinazione motoria è legata ai ritmi individuali di maturazione organica e psichica e alle opportunità di apprendimento. Questo rende difficile nell’età evolutiva giudicare l’esattezza della rappresentazione mentale di un movimento e la correttezza della sua esecuzione in termini assoluti; il grado di coordinazione di ciascun bambino è però definibile a un dato medio - statistico di correttezza esecutiva dei movimenti desunto per ogni età da ampi campioni omogenei di popolazione infantile. Nel bambino di 5 anni lo schema motorio del saltare non va oltre uno scavalcamento, dal momento che non si sono sviluppati ancora a sufficienza l’equilibrio in movimento e in fase di volo e la lateralizzazione necessaria a controllare lo stacco. Una buona esecuzione dello stacco si osserva invece abitualmente in bambini di 6 anni.
Secondo questa tesi il riscontro di una “incoordinazione” in un bambino dovrebbe far nascere il sospetto che siano mancati uno o più anelli della catena di esperienze motorie necessari a perfezionare la rappresentazione mentale integrata della struttura di quello schema di azione. È compito degli istruttori colmare quelle lacune, purché il livello di sviluppo psico-fisico e la capacità di apprendimento del bambino consentano l’integrazione nel programma motorio degli anelli mancanti attraverso esercitazioni analitiche.
1.4 - Movimento e postura
La coordinazione dei movimenti volontari richiede un’organizzata attività dei meccanismi posturali. La postura costituisce una precondizione per l’effettuazione di qualsiasi movimento, il quale comporta un’alterazione dello stato di equilibrio dell’organismo, rendendo necessario l’adeguamento del tono muscolare della restante parte del corpo. Per questo risulta essere importante il controllo posturale.
La postura ed il movimento fanno parte di un sistema complesso, capace di rispondere alle esigenze ambientali, scegliendo la strategia di intervento più adeguata.
Per movimento si intende la capacità di modificare attivamente e in modo reversibile la propria posizione nello spazio. Nell’ambito della motricità bisogna fare una
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distinzione tra motricità finalizzata, che comprende movimenti del corpo diretti verso l’esterno, e motricità di sostegno, utile per mantenere un adeguato atteggiamento del corpo (postura).
Se analizziamo nello specifico la motricità finalizzata, scopriremo che essa può comprendere tre tipi diversi di movimento:
Movimento volontario, “percepisco uno stimolo, seleziono, programmo, eseguo e controllo la risposta motoria”;
Movimento riflesso, è la risposta automatica e involontaria in risposta a determinati stimoli;
Movimento ritmico semiautomatico, che comprende i precedenti movimenti:
infatti mentre l’inizio e la fine del comportamento motorio sono sotto il controllo della volontà, la sequenza dei movimenti, dopo l’avviamento, tende a proseguire in maniera automatica (es. camminare).
Il movimento è l’espressione meccanica di un sistema complesso, che modifica la posizione del corpo e/o delle sue parti in condizioni di equilibrio dinamico, integrando in modo solidale apparati e funzioni di natura strutturale, neurosensoriale e psico - emotivo.
L’ottimale distribuzione dei carichi e il mantenimento dell’equilibrio in condizioni sia statiche che dinamiche si realizza tramite movimenti volontari o automatici, che, in base all’intervento neurosensoriale, riducono i gradi di libertà dei sottosistemi che formano l’apparato locomotore. Qualsiasi modificazione di un sottosistema determina una modificazione di altri sottosistemi in modo da garantire stabilità all’intero sistema al variare delle condizioni dell’ambiente.
Da ciò emerge una definizione di postura, cioè l’aggiustamento dell’assetto spaziale tridimensionale dei segmenti corporei per realizzare condizioni di equilibrio statico e/o dinamico.
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2 - LA DIDATTICA NELL’EDUCAZIONE MOTORIA 2.1 - Obiettivi e contenuti educativi
I traguardi di sviluppo che l’educatore deve perseguire dovrebbero diventare obiettivi educativi e didattici dell’attività sportiva conferendo al bambino la progettazione e attuazione di strategie motorie personali sempre più duttili ed efficaci di anticipazione delle strategie motorie altrui.
I primi traguardi formativi nella fase sensibile dovrebbero mirare allo sviluppo delle capacità senso-percettive, degli schemi posturali e motori, della coordinazione globale e segmentaria (oculo-manuale, oculo-podalica, arti superiori e inferiori, ecc.), dell’organizzazione spazio-temporale (vicino/lontano, sopra/sotto, prima/dopo, lento/veloce, ecc.) e l’apprendimento di abilità motorie.
Il compito dell’attività sportiva, che dovrebbe viaggiare di pari passo con l’attività di educazione fisica proposta nelle scuole, dovrebbe portare ad una “alfabetizzazione sportivo/culturale” tenendo conto del corpo (nel senso lato del termine, con espressione della personalità del bambino e le varie condizioni relazionali, comunicative, espressive ed operative) e del movimento (inteso sotto il profilo di linguaggio motorio, schemi motori e posturali).
Le attività motorie devono contribuire a favorire lo sviluppo omogeneo di tutte le dimensioni della personalità: da quelle morfologico - funzionale a quelle intellettivo - psicologiche, affettivo - morali e sociali.
È compito degli educatori/istruttori quello di realizzare le condizioni migliori per arricchire il repertorio degli schemi motori e posturali e ampliare il più possibile la base motoria di ciascun bambino, nel rispetto delle caratteristiche dello sviluppo individuale.
Obiettivo didattico fondamentale dell’educazione motoria è favorire e sviluppare le capacità coordinative generali e specifiche oltre alla:
Percezione, conoscenza e coscienza del corpo: l’immagine del corpo nei suoi diversi aspetti, la sua “scoperta” e l’uso delle sue varie parti;
Coordinazione oculo - manuale e segmentaria: implica la possibilità di risposte simmetriche nell’interazione del bambino con l’ambiente e la capacità di controllare la motricità degli arti superiori con oggetti in movimento o fissi;
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Organizzazione spazio-temporale: può essere sviluppata nel ragazzo grazie a situazioni ludiche organizzate per la progressiva costruzione ed organizzazione dello spazio fisico-geometrico e relazionale e favorire l’intuizione della successione temporale delle azioni. Lo sviluppo di tale capacità favorisce nel bambino, tramite l’uso delle strutture motorie statiche e dinamiche in forma individuale o collettiva, l’acquisizione di concetti relativi allo spazio, all’orientamento, al tempo e alle strutture ritmiche;
Coordinazione dinamica generale: si favorisce tramite situazioni di gioco ed attività inizialmente semplici con una crescita progressiva di difficoltà (con l’aumentare dell’età del bambino) per poi arrivare in modo naturale nei gesti tecnici dell’attività sportiva, permettendo al bambino di raggiungere una motricità sempre più ricca e duttile. Per questo è importante, soprattutto nei più piccoli (4/5 anni) non specializzarli in ottica dello sport praticato, ma converrebbe puntare al multisport in modo da ampliare le conoscenze motorie ed il loro “bagaglio” motorio.
Altri obiettivi da perseguire sono la capacità di equilibrio, combinazione motoria, orientamento, differenziazione dinamica, anticipazione motoria, fantasia. È importante, per influire positivamente, nella formazione del bambino praticare il tutto in forma ludica, variata, polivalente e partecipata. Ludica in quanto il bambino deve “godere” dell’attività sportiva e non essere insoddisfatto per la sconfitta o felice per il trionfo; variata, in quanto permette di vivere diverse situazioni abituando il bambino ad una molteplicità di situazioni e annesse risposte; polivalente in quanto deve sviluppare più aspetti psico-motori del bambino evitando la specializzazione precoce e/o i rischi di uno sviluppo unilaterale; partecipata in quanto le proposte non devono rappresentare una monotona sequenza di esercizi ma devono sprigionare vari stimoli nel bambino per cercare di coinvolgerlo totalmente, cercando sempre di stimolare il bambino incoraggiandolo e gratificandolo e non di punirlo in caso di insuccesso.
2.2 - Le capacità senso-percettive
Le capacità senso-percettive sono collegate all’attività degli analizzatori sensoriali e consentono di ricordare, analizzare ed identificare le informazioni visive (funzione
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senso-motoria, semantica e di equilibrio), uditive (istruzioni verbali e strutture ritmiche), tattili (movimenti fini, gradualità degli impulsi di forza) e cinestetiche (schema corporeo ed equilibrio).
Il comportamento integrato del bambino dipende dai segnali che trasportano informazioni all’interno del sistema nervoso. Questi segnali vengono captati e codificati dagli organi di senso. Le informazioni sensoriali saranno interpretate solo se attivano un circuito neuronale che l’encefalo sia in grado di distinguere da ogni altro all’interno di un’organizzazione mentale che dipenderà dalla maturazione sensoriale e dall’esperienza del bambino.
Per questo il bambino deve essere guidato dal processo educativo a trasformare il dato sensoriale in un’informazione dotata di significato e dell’annessa “risposta”.
Sul piano motorio le operazioni di esplorazione, localizzazione e riconoscimento, che sviluppano la percezione della conoscenza del proprio corpo e dei rapporti spaziali e temporali, sono prerequisito della coordinazione motoria e dell’acquisizione delle abilità motorie. Gli organi di senso hanno caratteristiche di ricettività piuttosto limitate e variabili per ogni individuo, in quanto ognuno di noi avrà un senso più sviluppato rispetto ad altri. Detto questo per la maggior parte dei casi l’informazione viene trasmessa tramite la vista.
Nell’ambito motorio l’informazione visiva è importante sotto due aspetti: il primo mira ad adeguare l’azione motoria all’ambiente tramite la valutazione delle distanze (funzione sensomotoria), il secondo è utile per leggere la situazione in vista di successive scelte operative (funzione semantica).
Tutti gli atti motori sono fonti di una molteplicità di informazioni cinestesiche. Il contributo dei vari sensi all’esecuzione del movimento varia in rapporto al livello di apprendimento e al tipo di attività. Solitamente si avrà un passaggio graduale dall’informazione visiva a quella cinestesica, e nel caso dell’ambito visivo, da una prevalente funzione sensomotoria ad una psicosemantica. Più saranno i canali percettivi attraverso i quali il bambino riceve informazioni e più sarà efficacie l’azione motoria posta in essere da quest’ultimo, in quanto acquisirà il senso del movimento.
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Per questo l’educatore/istruttore deve far in modo che i giochi, le esercitazioni, le proposte ecc. stimolino il più possibile il bambino così da far in modo che quest’ultimo utilizzi diversi canali senso-percettivi.
Molteplici sono le esercitazioni che si possono proporre per stimolare le diverse percezioni:
Percezione visiva: utilizzando diverse forme od oggetti, colori, schemi motori che comprendano il “lanciare, afferrare, calciare ecc”;
Percezione tattile: contatto con l’attrezzo da utilizzare (palla) con le diverse parti del corpo e le varie superfici (mani, piede, coscia, ginocchio), contatto con il terreno (rotolare, scivolare, capriole ecc.);
Percezione uditiva: alternare i rumori, dare indicazioni specifiche ecc.
È importante ampliare lo schema corporeo del bambino, il quale è costituito dal vissuto di quest’ultimo e rappresenta il primo mezzo di relazione che gli permette di rapportarsi con gli altri, sviluppando pian piano la sua intelligenza. Sotto il punto di vista applicativo - didattico occorre sottolineare come le acquisizioni relative allo schema corporeo non possono essere disgiunte da quelle pertinenti alla lateralizzazione, all’equilibrio, all’orientamento spaziale, che procedono in maniera parallela.
Ogni esercizio che implichi rapporti non abituali del corpo con lo spazio in situazioni sia statiche che dinamiche, compatibilmente con la capacità di controllo motorio dei bambini, tende a perfezionare la conoscenza che essi hanno del proprio io fisico, inteso come somma di percezione sensoriale, di categorizzazione cognitiva e di vissuto affettivo.
2.3 - Lateralizzazione
La lateralizzazione rappresenta la caratteristica umana legata allo sviluppo della corteccia celebrale, che presuppone la localizzazione di funzioni diverse tra i due emisferi cerebrali, per le quali uno è “dominante” sull’altro: l’emisfero dominante controlla l’iniziativa motoria e delle funzioni simboliche (linguaggio, lettura e scrittura), mentre quello sub-dominante controlla la percezione spaziale.
Solitamente per i destrimani l’emisfero dominante è il sinistro e viceversa; in alcuni casi di ambidestrismo i due emisferi possono essere utilizzati pariteticamente nello
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svolgimento delle attività quotidiane. Si tratta però di una situazione transitoria, che precede il definitivo stabilirsi della dominanza laterale, o di un mancinismo contrariato. Inoltre, esistono casi di dominanza crociata, tipo arto superiore destro- arto superiore sinistro, che potrebbero rimanere invariati oppure evolversi in una dominanza completa di lato.
Dal punto di vista motorio, la lateralizzazione porta ad una complementarietà di funzioni, per cui all’arto dominante spettano azioni di slancio e di attacco, a quello complementare azione di difesa e appoggio: ad esempio se la mano dominante manipola, lancia e attacca, l’altra porge, sorregge, equilibra e difende, o ancora mentre l’arto inferiore dominante imprime la spinta nella partenza di una corsa, supera per primo gli ostacoli, calcia una palla, l’altro arto inferiore stacca nei salti fa perno nelle rotazioni, dà appoggio nei lanci. Anche gli organi di senso sono soggetti alla lateralizzazione, inoltre lo sviluppo della dominanza laterale è un processo che inizia poco dopo la nascita e si conclude con la pubertà.
È importante per l’educatore sapere sin dall’inizio la dominanza dell’arto superiore e di quello inferiore: per far ciò basta chiedere al bambino di lanciare una palla, di palleggiare, di calciare ecc. Una volta stabilita la dominanza laterale si deve favorire con esercizi adeguati una presa di coscienza della lateralizzazione, facendo una discriminazione tra destra e sinistra, tramite la percezione delle differenze tra i due lati del corpo. Lo spostamento nello spazio di quanto acquisito in relazione al corpo rappresenta il momento finale di acquisizione della lateralità.
Per rinforzare la lateralizzazione bisogna assecondare il naturale sviluppo del bambino, dandogli la possibilità di praticare giochi di libera espressione, c.d. “giochi da strada”, soprattutto nei più piccoli: esercizi di coordinazione dinamica, oculo - manuale e oculo - podalica, esercizi con l’attrezzo (utilizzo della palla, scaletta/speed ladder, salto della corda), balzi mono/podalici, superamento di ostacoli (sopra, sotto, ecc), gioco della campana, galoppo, capriola e altri, dando libertà di scelta dell’uso degli arti.
2.4 – Percezione spaziale, temporale e l’educazione al ritmo
Lo spazio e il tempo non sono qualità del movimento, ma elementi del mondo fisico che differenziano le azioni in base alle loro variabilità.
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Il principale obiettivo dell’educazione motoria infantile è quello di iniziare il bambino ad uno spazio egocentrico, dove il corpo è l’elemento di riferimento.
L’esperienza necessaria a riconoscere la presenza delle cose nello spazio e l’esistenza dello spazio nel rapporto che esse assumono con il corpo si realizza attraverso il movimento.
È importante definire e permettere al bambino di identificare la sua posizione nello spazio:
Dentro - fuori: il bambino statico in una posizione si sposta andando ad occupare un altro spazio, es. stare in un cerchio ed uscire da esso, prendere una palla ferma in un cerchio e spostarla in un altro cerchio;
Vicino - lontano: la percezione delle distanze passa dal concetto di toccare o meno un oggetto: es. posizionare vari bambini in modo sparso in uno spazio e chiedere loro di confrontare la distanza tra la loro posizione e quella di un compagno o il rapporto di distanza fra alcuni compagni;
Sopra - sotto: questa dimensione viene percepita inizialmente in rapporto alla propria posizione nello spazio e, successivamente trasferisce il concetto al di fuori di sé, riconoscendo la posizione reciproca degli oggetti. Gli esercizi devono favorire questa evoluzione analitica: es. chiedere al bambino di mettersi sopra o sotto qualcosa, superando un ostacolo saltandolo o passandoci dentro;
Davanti - dietro: la percezione di questa dimensione spaziale è dapprima legata alla vista di ciò che si ha davanti. Lo spostamento del corpo modifica i rapporti tra sé e gli oggetti, che assumono una posizione relativa a quella del bambino: es. creare uno spazio con diversi materiali (coni, cinesini, palloni) e far girare i bambini chiedendo di verbalizzare cosa c’è dietro di loro, numerando un materiale piuttosto che un altro oppure chiedendo il colore di un determinato materiale piuttosto che un altro.
Destra - sinistra: sviluppo della lateralizzazione e degli esercizi che la favoriscono.
Queste attività didattiche rivolte alla percezione della dimensione spaziale devono essere utili per sviluppare l’orientamento del bambino nello spazio. Molto utile organizzare dei percorsi motori con diversi ostacoli, affinando, in modo graduale,
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singolarmente ogni tipo di orientamento (davanti-dietro, sinistra-destra, ecc) per poi passare, in modo graduale, a percorsi più complessi comprendendo i diversi movimenti.
Per quanto concerne la percezione temporale, bisogna tener presente che il tempo è la misura dell’intervallo tra eventi che si verificano in successione, mentre il ritmo è l’aspetto qualitativo del trascorrere del tempo.
Il movimento è un “fenomeno” che si svolge nello spazio e nel tempo. Il ritmo, invece, è una caratteristica fondamentale del movimento umano, al quale da armonia e coordinazione, favorendo l’automatizzazione del movimento.
Per questo è importante avere una buona percezione temporale, utile ai fini didattici. Nei bambini più piccoli è difficile definire la questione di tempo, si possono educare al ritmo
tramite temi musicali ed esercizi percettivo - motori che andranno a stimolare la coscienza degli elementi temporali, sviluppando un ritmo personale. Parleremo in questo caso di orientamento spazio-temporale, che si svilupperà intorno a 8-9 anni, quando tutti i fattori esterni saranno interiorizzati dal bambino in una analisi mentale, su cui si baserà l’anticipazione.
Per la percezione temporale si dovrebbero proporre esercitazioni basiche integrate con sensazioni uditive/motorie: battere le mani, far rimbalzare la palla, ecc.
potremmo così lavorare, inizialmente, su concetti come veloce, lento, piano, forte, lungo, corto, per poi passare, una volta che questi concetti saranno assimilati, all’associazione contrastante di questi concetti (veloce/lento, piano/forte, ecc).
Il movimento ritmico, invece, garantisce, come abbiamo già detto, la qualità l’armonia del movimento. In molte culture il canto, la musica, accompagnano i movimenti del gioco, diventando parte integrante e favorendo la memorizzazione delle sequenze e delle regole: ne è esempio il calcio brasiliano, dove in questa cultura la musica ha un ruolo predominante. Questa abilità “armonica” riconosciuta nei calciatori brasiliani, analizzando i movimenti, fornisce loro un’elevata abilità nel
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possesso palla, nel gestire lo spazio, nel coordinarsi in modo ottimale assieme ai compagni, e favorendo una sincronia fra loro.
D’altronde anche nel campo del lavoro manuale si è dimostrato che la presenza di musica alleggerisce l’intensità dell’impegno fisico. Infatti, se il movimento è eseguito in modo ritmico, richiederà un dispendio energetico inferiore.
2.5 - Schemi motori e posturali di base
Tutti i bambini hanno un loro repertorio di movimenti fin dalla nascita, ereditari.
Questo è un patrimonio di “base”, in quanto ad esso si aggiungeranno movimenti che verranno appresi nel corso della vita, anche per uno spirito di adattamento dell’ambiente che lo circonda.
L’educazione motoria per il bambino si configura come un insieme di esperienze programmate per favorire lo sviluppo della più ampia base motoria possibile.
Gli schemi di base, come abbiamo già visto, riguardano le posture e l’esecuzione di movimento di tutto il corpo o di parti di esso.
Maggiore sarà la stimolazione educativa, maggiore sarà la possibilità che gli schemi di base vengano utilizzati per affrontare e risolvere i compiti della vita quotidiana, consentendo l’acquisizione di abilità e competenze motorie che rappresentano il modo di adattarsi all’ambiente.
La base motoria del bambino deve essere ampliata non solo sulla quantità, ma, soprattutto ampliando la qualità.
Bisogna specificare che le unità di base del movimento maturano in maniera progressiva. I ritmi dell’evoluzione cambiano da soggetto a soggetto in base alla diversa velocità dello sviluppo e al diverso livello di apprendimento. Il livello di sviluppo del patrimonio motorio di base definisce l’età motoria del bambino, sulla quale dovranno essere misurate le strategie educative e i percorsi didattici.
Importante il concetto di schemi motori dinamici, i quali sono caratterizzati dallo spostamento nello spazio dell’intero corpo; rappresentano il risultato di movimenti parziali coordinati nel tempo e nello spazio, valutabili sotto l’aspetto di durata, direzione, ampiezza, velocità, intensità, ecc. Gli schemi motori dinamici più importanti nel bambino sono:
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Camminare: traslazione del corpo nello spazio tramite movimenti alternati degli arti inferiori, che poggiano sul terreno con la pianta del piede; piedi che in modo alternato sono a contatto con il terreno. Il modo di camminare del bambino aiuta a comprenderne la personalità.
Correre: è l’evoluzione dinamica del camminare, contraddistinta da una fase di “volo” tra i due successivi appoggi dei piedi, fase in cui il corpo è sospeso dal suolo. Correre risulta essere meno naturale del camminare, infatti potrebbero riscontrarsi carenze per ragioni sia strutturali sia funzionali, come un ritardo nella strutturazione della dominanza e del processo di lateralizzazione.
Saltare: è una fase successiva al correre. Per sviluppare questo movimento bisogna aver sviluppato una capacità di coordinazione motoria, oltre agli equilibri statico-dinamici e dinamici, cosa che avviene tardivamente. Si inizia con saltelli sul posto dove il bambino, inizialmente, ha problemi dovuti principalmente alla fase di “atterraggio” data la scarsa stabilità, per poi passare al salto in corsa per chiudere con il salto di un ostacolo, cosa che risulta complessa in quanto è accompagnato da varie fasi di valutazione di avvicinamento all’ostacolo e ad il suo superamento, rappresentando un impegno mentale. La stimolazione di questo schema dinamico diventa un mezzo per accrescere l’esperienza motoria del bambino in funzione della lateralità, dell’equilibrio in volo, di alcune forme di coordinazione, del senso ritmico.
Lanciare e afferrare: legati al processo di lateralizzazione, alla coordinazione gambe – busto - arti superiori, alla coordinazione oculo - manuale.
Nell’afferrare il movimento delle mani deve assecondare le informazioni che provengono dall’analizzatore visivo, che con la crescita questo schema diventa volontario. Nel lanciare, alla coordinazione motoria, deve associarsi ad uno sviluppo di forza muscolare.
Strisciare e rotolare: strisciare è uno degli schemi che prima si sviluppa nel bambino, anche prima del camminare. Il rotolare è una situazione non abituale, che favorisce la reattività in situazioni improvvise, la conoscenza di sé in movimento e in condizioni di equilibrio dinamico vario all’interno del
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movimento stesso e, cosa fondamentale soprattutto per gli sport da contatto, è importante per via del contatto con il suolo con le diverse parti del corpo, cosa che molto spesso limita i bambini rallentando la loro corsa per paura di cadere a seguito di un contatto.
Molto importante, nell’evoluzione dello schema motorio di base del rotolare è la capriola, esercizio che con il passare degli anni è stato via via dimenticato. È una delle prime acrobazie, delle prime skills, che il bambino apprende, o che dovrebbe apprendere. Come già detto è utile soprattutto negli sport da contatto, per abituare il bambino al contatto con il suolo, per “farci amicizia”. La didattica deve essere proposta in maniera progressiva, inizialmente da posizione passiva su di un tappeto di gomma, per poi arrivare a farla su di un campo da gioco per poi tornare in piedi, senza un aiuto esterno.
Dopo aver parlato degli schemi motori dinamici, è bene parlare degli schemi posturali statico-dinamici, che riguardano i singoli segmenti corporei da semplici (flettere, addurre, abdurre, ecc) a quelli più complessi, come la circonduzione:
movimenti del capo e del busto, del bacino, degli arti superiori ed inferiori.
Molto utile per queste esercitazioni l’apprendimento per imitazione, simulando un qualcosa che nella mente del bambino risulti concreto (la campana, lo spaccalegna, l’aereo che vola, ecc).
3 - STUDIO DEL “PICCOLO” ATLETA
Prima di iniziare qualsiasi tipo di attività fisico-motoria bisogna precisare che “il bambino non è un piccolo uomo”, e considerarlo come tale sarebbe un grave errore, come quello di proporre esercitazioni spesso utilizzate in prime squadre/settore giovanile pensando che questo anticipi i tempi di crescita tecnica. Il bambino ha intensità e quantità di carichi di lavoro differenti dall’uomo, così come il linguaggio e la comunicazione da utilizzare sono completamenti diversi a seconda dell’età.
Ogni bambino ha un proprio talento, un proprio modo di porsi, di parlare, di ascoltare; ogni bambino ha sogni diversi, esigenze diverse. Ogni bambino ha una sua chiave di lettura. Potremmo trovarci di fronte un bambino tecnicamente portato per il calcio con una coordinazione sviluppata ed un bambino tecnicamente più indietro: è impensabile proporre a i due bambini lo stesso tipo di esercitazione senza arrecare
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danno nella crescita del singolo; così come avremo bambini introversi e bambini estroversi: è impensabile avere una gestione affettiva e caratteriale simile per entrambi i bambini.
Quindi le caratteristiche psico – anatomo - fisiologiche del bambino sono importanti per capire come programmare l’allenamento.
Come già anticipato, e come affermato dal Prof. Sergio Dugnani, docente di Scienze del Movimento dell’Università di Milano, due ragazzi su tre non riescono ad eseguire una capriola; questo è dovuto alla condizione di sovrappeso in cui, al giorno d’oggi, si trovano i bambini e alla scomparsa di attività sportiva e del gioco da strada, che provoca un ritardo di sviluppo motorio, cognitivo e sociale nel bambino. Non praticando attività sportiva il livello di mineralizzazione delle ossa si abbassa, la muscolatura non sarà abbastanza tonica comportando danni a livello posturale.
Bisogna tenere presente che nel corso dello sviluppo, nel bambino, le principali ossa dell’apparato locomotore e di sostegno sono formati da cartilagine, e quindi in fase di ossificazione; le ossa sono particolarmente sensibili ai carichi meccanici; ogni bambino ha un suo carico di allenamento, determinabile in base all’età biologica: che è diversa da quella cronologica in quanto, come già detto, ogni bambino ha un proprio tempo di crescita che può essere graduale o improvviso. L’età biologica può essere stabilita tramite bone age (età ossea tramite esami clinici) o più semplicemente con il calcolo, approssimativo, dell’indice di BMI (Body Mass Index) o indice di massa corporea: calcolabile tramite la formula:
Risultato da utilizzare per individuare l’età biologica dalla seguente tabella:
Inoltre, ciascuna classe di maturazione (A1, A2, ecc) prevede diversi obiettivi in relazione allo sviluppo delle capacità motorie:
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(tabelle estrapolate da: L’allenamento fisico nel calcio – Cap. L’allenamento del calciatore in età evolutiva di Piero Congedo)
È importante che il bambino rientri nel suo range perla sua giusta crescita. È importante avere obiettivi programmati per fasi di età, in modo da svolgere un allenamento coerente per la categoria che si allena. Per questo bisogna conoscere le fasi sensibili. Le fasi sensibili sono momenti di crescita dove il bambino è più
“sensibile”, più propenso, a ricevere stimoli relativi ad un determinato aspetto come le capacità coordinative (fondamentali in una fase iniziale), la forza/potenziamento muscolare (successivo allo sviluppo), capacità cognitive (fondamentali in ogni momento), come si può evincere dalla tabella che segue:
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Soffermandoci sulla categoria facente parte al campo studio (primi calci/pulcini), tra i 6 e i 10/11 anni (prima età scolare), in questo periodo avremo rapidi progressi della capacità di apprendimento motorio essendo il bambino molto vivace, con una limitata capacità di attenzione oltre ad un incremento delle capacità condizionali, che devono sempre essere allenate: il bambino, corre, salta, rotola, ecc e tutto questo comporta lo sviluppo di capacità condizionali come la forza, la resistenza e la velocità. È importante per un istruttore conoscere i “limiti” condizionali di un bambino utilizzando come misuratore l’intensità che il bambino esprime in allenamento e valutarne il suo decremento.
A questa età avremo una ridotta capacità anaerobica, quindi sarebbe poco utile proporre esercizi di forza statici, prediligendo esercizi di forza rapida o di resistenza alla forza rapida o prendere in considerazione un allenamento “propedeutico” alla forza con rapporto tra durata e recupero dovrebbe essere di 1:2.
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Secondo il Prof. Piero Congedo la Classe A1 (6 – 11 anni) dovrebbe avere come obiettivi:
Apprendimento e consolidamento schemi motori di base: strisciare, rotolare, afferrare, arrampicarsi, correre, lanciare, saltare;
Apprendimento capacità coordinative: combinazione, differenziazione, equilibrio, orientamento, ritmo reazione, trasformazione.
I metodi di allenamento, invece, dovrebbero comprendere:
Giochi di scavalcamento, rotolamento, arrampicate, esercizi di combinazione mani-piedi;
Salti ritmici con la corda, gare di raccolta e lancio frontale/dorsale, da in piedi, da seduti con la palla medica di 1/3 Kg);
Giochi di opposizione.
Importante la sensibilizzazione con l’attrezzo (la palla): importante lavorare sul dominio palla. Il bambino a quest’età è egocentrico, vuole un rapporto a tu per tu con la palla ed è giusto che questo avvenga, soprattutto se parliamo di bambini che per la prima volta si stanno “affacciando” a questo sport. Il bambino deve essere libero di sperimentare questo rapporto e di accrescerlo; deve scoprire le diverse superfici del piede che possono entrare a contatto con l’attrezzo (pianta, collo piede, interno piede, tacco, ecc), cosa può fare con questo contatto (spostare la palla, passarla, calciarla, schiacciarla, alzarla, ecc); questi sono tutti gesti che con il passare del tempo devono diventare automatismi per il bambino, accrescendo questo “rapporto fraterno” che andrà a crearsi con la palla. È importante quindi che il bambino debba possedere o acquisire questi prerequisiti e schemi motori (camminare, correre, saltare ecc) soprattutto nella categoria Primi Calci, che poi si evolveranno in capacità coordinative speciali (come l’equilibrio, orientamento spazio-temporale e differenziazione) nella categoria Pulcini.
Bisogna tener presente che la preparazione fisica del bambino non deve essere copiata dagli adulti. Molto spesso istruttori di scuola calcio, soprattutto nel caso in cui abbiano una squadra dal valore tecnico elevato, tendono a proporre esercitazioni solitamente proposte ad annate di categorie superiori, anticipando i tempi ed eliminando il fattore gioco/divertimento e dando importanza ad una fase prettamente
“atletica” con bambini che non hanno raggiunto la piena conoscenza del loro corpo e
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il completo consolidamento degli schemi motori e delle capacità coordinative, anticipando i tempi e perdendo alcuni momenti di crescita della fase sensibile.
L’allenamento deve comportare si un accrescimento del bagaglio calcistico, ma dovrebbe mirare principalmente all’educazione motoria per la crescita armonica e la
“padronanza” del proprio corpo. Tutto questo dovrebbe essere proposto in forma ludica.
3.1 - Le capacità coordinative e le caratteristiche fisiologiche nelle fasi sensibili La coordinazione nel bambino deve essere sviluppata ed allenata costantemente, e il periodo ideale è l’età scolare corrispondente alle categorie Primi Calci/Pulcini.
L’apprendimento sarà più rapido se proposto in forma ludica e con diversi stimoli, accrescendo così il bagaglio motorio del bambino.
Bisogna suddividere le capacità coordinative in Generali e Specifiche; rientrano nelle capacità coordinative generali:
Apprendimento motorio: capacità di apprendere nuovi gesti e movimenti, malleabile durante l’età scolare;
Capacità di controllo motorio: capacità di controllare il movimento in funzione del movimento o dell’esercitazione, si sviluppa tra i 6 e i 7 anni e migliora nel momento in cui il bambino recepisce i feedback del proprio movimento;
Capacità di adattamento e trasformazione del movimento: capacità di adattare o trasformare il movimento prestabilito con inattesi e improvvisi interruzioni e/o cambiamenti di schemi motori altrettanto efficaci (capacità che si sviluppa in parallelo alle precedenti fasi).
Tra le capacità coordinative speciali avremo:
Capacità di accoppiamento e combinazione dei movimenti: capacità che permette di collegare tra loro le abilità motorie già precedentemente acquisite;
Capacità di coordinazione oculo - muscolare: capacità del cervello di riuscire a compiere un movimento regolato da fattori esterni;
Capacità di differenziazione spazio-temporale: è la capacità dell’individuo di spostarsi nello spazio in rapporto con oggetti o persone circostanti;
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Capacità di equilibrio: è la capacità di mantenere il corpo in una data posizione. L’equilibrio è presente in ogni tipo di movimento, dinamico o statico che esso sia;
Capacità di orientamento: capacità di muovere il corpo nello spazio e nel tempo;
Capacità di ritmo: capacità che permette di organizzare i movimenti in maniera più armonica e fluida possibile, dato da un corretto dosaggio di tempi ed intensità;
Capacità di reazione: capacità di rispondere agli stimoli con l’azione motoria più rapida ed adeguata alle circostanze. Potremmo avere stimoli semplici (se già conosciuti) o complessi (se imprevedibili);
Capacità di trasformazione: capacità di cambiare un’azione prefissata.
Bisogna, inoltre, tener presente che il bambino, sotto il profilo fisiologico, è diverso dall’adulto: avendo dimensioni inferiori ed con organi interni di dimensioni più ridotte, tra tutti il cuore, che per compensare una più ridotta gittata sistolica, mantiene un battito più veloce (tra i 6-10 anni 95 batt./min circa) ed una frequenza cardiaca massima più alta (215 batt./min. circa); quest’ultima resta costante durante la fase pre - puberale, con ciò, sembrerebbe, che non sia vincolante nel miglioramento dell’attività aerobica. Bisogna fa presente che, nonostante la frequenza cardiaca massima sia alta, questa frequenza non compensa il basso volume sistolico.
Inoltre, i bambini ricevono un più elevato volume di sangue arterioso ai muscoli rispetto agli adulti dovuto ad una elevata concentrazione di O2 (ossigeno) tra sangue arterioso e venoso (DAV- Differenza Artero-Venosa).
In merito ai valori di ventilazione massima bisogna tenere in considerazione che un bambino di 5-6 anni presenta valori come 40-45 l/min rispetto ai 150-150 l/min dell’adulto, oltre ad essere caratterizzata da una minor profondità di respiro nel bambino, il quale necessita di un numero più elevato di atti respiratori. Infatti, durante l’allenamento si potrebbe notare nel bambino uno stato di tachipnea, dovuto semplicemente ad alta intensità dell’esercizio.
30 3.2 - La capacità aerobica
Per quanto sopra, si può affermare che la capacità aerobica aumenta con l’età.
Secondo diversi studi (Bar-Or nel 1983 e Krahenbuhl, Skinner e Kort nel 1985) il miglioramento della capacità aerobica è simile fra donna e uomo, con lievi variazioni durante il periodo pre - puberale, dove il VO2max (massimo consumo di ossigeno) può avere incrementi di circa 190 ml/min fra gli 8 e i 12 anni, comportando un miglioramento di circa il 50%.
Durante la pubertà le femmine (tra i 12 e i 14 anni) raggiungono il loro picco massimo di miglioramento della capacità aerobica, diversamente dai maschi, i quali migliorano fino all’età di 17-18 anni (Cerretelli). All’età di 8 anni, in realtà, le bambine hanno un valore medio di VO2max di 50 ml/kg/min che scendi a 40 ml/kg/min verso i 15 anni.
Questa differenza è dovuta soprattutto sono dovute alle variazioni corporee dovute all’aumento della massa grassa nelle bambine, come conseguenza della maturazione.
Secondo alcune ricerche, tuttavia, collegando i valori di VO2max con il volume muscolare degli arti inferiori, le differenze sono quasi nulle. Questo è confermato da lavori in merito al comportamento del VO2max/Kg, rapporto utilizzato come indice di potenza del lavoro.
Secondo queste ricerche, se i bambini eseguono un allenamento aerobico 3/5 volte a settimana con un’attività continua di almeno 30 minuti per 12 settimane, è probabile che si avrà un miglioramento della VO2max dal 5% al 25%.
I bambini in età pre - puberale, sottoposti ad allenamenti costanti, riescono a migliorare il proprio VO2max, ma non sarà paragonabile al miglioramento dell’adulto che effettua un programma di allenamento sulla resistenza aerobica.
Con ciò si può concludere che l’allenamento aerobico è allenabile durante la fase puberale, soprattutto nei maschi. Bisogna tener presente che, nel bambino, i miglioramenti della VO2max non debbano accrescere per via dell’allenamento, ma devono essere dovuti ad un’efficienza meccanico-coordinativa. Infatti, durante la fase pre - puberale si assiste ad un continuo e veloce aggiustamento della coordinazione motoria dovuta all’aumento delle dimensioni corporee.
31 3.3 - Il metabolismo anaerobico
Come già visto precedentemente, calciare, saltare, correre, afferrare, arrampicarsi ecc. sono fondamentali per il miglioramento degli schemi motori di base nel bambino, utili per un allenamento di tipo anaerobico. Potremmo dire che questo genere di attività possono essere definite come un comportamento psicologico oppure una predilezione per l’attività anaerobica. Infatti, gli sforzi di breve durata sono limitati, diversamente da quanto potrebbe sembrare a primo impatto.
La comprensione metabolica muscolare del bambino non è stata molto approfondita finche non se ne sono occupati nei primi anni ’70 vari professori (Eriksson, Saltin, Gollnick), i quali iniziarono ad utilizzare tecniche di biopsia muscolare nei bambini.
Inoltre, alcuni autori, suggerirono l’esistenza di un potenziale rapporto tra metabolismo anaerobico muscolare e la maturazione fisica che, tuttavia, ad oggi non è sempre dimostrabile.
La capacità di glicolisi anaerobica, nel bambino, è limitata fino all’età post-puberale, in quanto c’è un funzionamento limitato degli enzimi glicolitici. Infatti, secondo Eriksson, i ragazzi tra gli 11 e i 13 anni hanno la metà degli enzimi PFK (Phosfo Frutto Kinasi) rispetto agli adulti, limitando il metabolismo anaerobica del bambino, il quale potrà contare principalmente su quello aerobico. Inoltre i bambini presentano una bassa attività della LDH (lattato deidrogenasi), enzima utile al metabolismo dell’acido lattico.
3.4 - Considerazioni fisiologiche e misure antropometriche nelle fasi sensibili Bisogna tenere in considerazione che il metabolismo anaerobico e quello aerobico, nel bambino, non sono da considerarsi due entità separate, ma risultano essere in contatto tra loro sia nell’età adulta che negli anni subito precedenti la pubertà.
Ovviamente bisogna tener presente che l’attività aerobica è quella maggiormente idonea all’attività fisica del bambino nella fase pre - puberale, proponendo esercitazioni ludiche e divertenti che stimolino l’apprendimento e tenendo presente le caratteristiche anatomo fisiologiche dei bambini:
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È importante, già da bambino, monitorare il peso ed “educandolo” ad una corretta alimentazione, non per questioni di estetica, ma di salute.
L’eccessivo peso comporterebbe uno sviluppo non regolare, l’insorgere di malattie (come l’obesità e diabete). È importante che genitori ed istruttori collaborino monitorando l’educazione alimentare del bambino fin da subito.
È importante, durante la stagione sportiva, effettuare diversi “bilanci di salute”
calcolando il BMI del bambino (almeno 3 volte durante la stagione sportiva).
Bisogna tener presente che tra i 3/5 anni avremo un ingrossamento somatico, tra i 5/7 anni un allungamento strutturale e tra gli 8/11 anni avremo un aumento ponderale, sottolineando questo periodo ottimale per lo sviluppo della motricità.
3.5 - Il profilo psico-motorio
Bisogna tener presente che, se pur il calcio è uno sport di squadra, il bambino nei primi anni non “accetta” la presenza del compagno dato il suo stato di egocentrismo, non accetta il fatto di dover “passare” il suo giocattolo al compagno e quindi privandosi di esso. Per questo non si dovrebbe lavorare su concetti di tattica quando si “lavora” con bambini più piccoli, in quanto la presenza del compagno è vista come un potenziale “nemico”.
Standard per la crescita staturo - ponderale
Età Peso in Kg Altezza in cm
5 Da 19,67 a 21,44 Da 111,4 a 116
6 Da 22,02 a 23,88 Da 117,4 a 121,9
7 Da 24,53 a 26,65 Da 123,4 a 127,6
8 Da 27,42 a 29,84 Da 129 a 133,1
9 Da 30,71 a 33,18 134,6 a 138,6
10 Da 34,02 a 36,59 Da 139,9 a 143,6
11 Da 37,52 a 40,57 Da 144,8 a 149
12 Da 41,73 a 45,77 Da 150,5 a 155,5
A. Luciano, G. Zoppi, F. Bressani
della cattedra di Pediatria Università di Verona
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Nella categoria Piccoli Amici (6/7 anni) il bambino è esuberante, dinamico con una bassa soglia di attenzione. Per questo dovrebbero essere proposte esercitazioni quanto più ludiche “catturando” la loro attenzione prevedendo poche regole ma chiare. Per quanto concerne il tipo di attività, utile sarebbe la pratica del multi sport così da poter lavorare su più schemi motori di base e accrescere la capacità coordinativa del bambino e avvicinandolo alla conoscenza con l’attrezzo (la palla) e alla sensibilizzazione del contatto con essa con le diverse parti del corpo. Nel corso del tempo il bambino inizierà a capire la presenza del compagno di squadra e la sua utilità nel gioco.
Nella categoria Pulcini, invece, il bambino tenderà a socializzare, seguendo con più attenzione l’istruttore in quanto viene individuato come la persona che potrà accrescere le sue abilità tecnico/calcistiche riconoscendo in lui la leadership e volendolo emulare e cercando approvazione da tale figura. Il momento gioco avrà come tema la sfida e l’obiettivo di vincere contro l’avversario sia come singolo e sia come squadra andando ad avere la consapevolezza che ha bisogno dell’aiuto del compagno di squadra per vincere la sfida. Tutto questo deve essere manifestato da parte dell’istruttore nel modo più “sano” possibile, senza avere preferenze su di un gruppo o su determinati bambini, facendo in modo che tutti i bambini possano vincere una sfida per sentirsi realizzati. Si potranno presentare esercitazioni analitiche e di tecnica individuale iniziando con il dominio palla e quindi perfezionando la sensibilizzazione con l’attrezzo. Molto importante lavorare sulla bilateralità. Man mano che si va avanti con le varie fasi della categoria Pulcini, il bambino dovrà iniziare ad avere consapevolezza del concetto di spazio e orientamento delineando i concetti di attacco e difesa e sviluppando principi di tattica individuale e di tecnica di base, passando poi per lo sviluppo dell’equilibrio e della rapidità.
3.6 - Le fasi sensibili di Martin
Come già detto, è importante tener presente le fasi sensibili, senza anticipare o tardare i tempi di crescita del bambino secondo il miglior margine di allenabilità e miglioramento nelle diverse età. Il bambino deve sentirsi gratificato e deve essere consapevole dell’accrescimento delle sue abilità calcistiche e non.
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Dopo vari studi, Martin sviluppò una tabella dove gli aspetti in considerazione sono le capacità coordinative, le capacità condizionali e quelle affettivo - cognitive.
Secondo Martin le capacità coordinative devono essere sviluppate tra i 5/6 anni, è questo è utile per creare una base nel bambino per poi sviluppare tutte le altre capacità.
In questa fase il bambino è come una spugna ed apprende al massimo delle sue capacità. Per questo è essenziale capire l’importanza di questi momenti.
In altre parole: la conoscenza delle fasi sensibili permette di avere il miglior risultato con la minima spesa oltre ad essere un continuo stimolo per il bambino in quanto si sentirà gratificato nel notare il suo miglioramento e non subirà stress funzionali o emotivi derivati da lavoro non idoneo o per via della frustrazione di non esserci riuscito.
Inoltre bisogna sempre prendere in considerazione l’età biologica del bambino, partendo dal presupposto che ogni bambino ha una diversa chiave di lettura e tenendo sempre a mente che il calcio è per tutti i bambini, e non solo per quelli più bravi.
4 - LA METODOLOGIA DELL’ALLENAMENTO NELLE FASI SENSIBILI Metodologia e didattica sono alla base del processo di insegnamento. Non si può definire un metodo perfetto di insegnamento rispetto ad un altro. Ogni istruttore ha un suo metodo o si basa ad un metodo già esistente al quale apporta delle modifiche secondo le sue esperienze o secondo l’ambito in cui si trova. Secondo il mio parere è importante quale metodo utilizzare, l’importante è crederci. Bisogna tener presente che alla base di tutte le metodologie troviamo il metodo induttivo (dove l’istruttore stimola il bambino senza fornire indicazioni precise lasciando a quest’ultimo il compito di trovare una soluzione) ed il metodo deduttivo (dove l’istruttore da indicazioni al bambino per filo e per segno mettendo all’opera quanto vorrà che i bambini facciano e trasmettendo le sue conoscenze).
Questi due metodi, per quanto sono contrapposti, rappresentano due facce della stessa moneta ed insieme sono molto utili: di solito si utilizza il metodo deduttivo nelle esercitazioni analitiche, mostrando al bambino il gesto tecnico e svolgere, mentre il metodo induttivo viene utilizzato nelle esercitazioni situazionali.
35 4.1 - Il metodo a fasi
Il metodo a fasi è senza dubbio la metodologia più diffusa nelle scuole calcio italiane. Esso comporta la suddivisione dell’allenamento in più fasi, rendendolo un metodo ad hoc per il bambino, in quanto viene data priorità alla parte ludica con un determinato obiettivo tecnico perseguito per tutta la durata dell’allenamento. È proprio da qui che parte la programmazione dell’allenamento: si individua un obiettivo tecnico generale (es. finta e dribbling o, meglio, guida della palla finalizzata al superamento dell’avversario) e successivamente l’obiettivo operativo (finta e dribbling frontale).
Solitamente viene diviso in 5 fasi dove avremo: la parte di gioco iniziale (dove deve avere contenuto prettamente ludico), la parte di esercitazioni (dove andremo ad allenare) un gesto tecnico, parte situazionale (dove verrà applicato l’obiettivo tecnico alla situazione di gioco), gioco a tema (partite vincolate da un giochino con finalità inerenti l’obiettivo tecnico) e, in fine, partita.
La durata di ogni fase è decisa dall’istruttore, scelta che non deve essere rigida.
L’istruttore dovrebbe auto-valutare l’efficacia dell’esercitazione ed essere pronto ad intervenire al momento in caso in cui i risultati non siano sufficienti. Per questo l’istruttore deve avere un ottimo senso di problem solving. È importante passare gradualmente da proposte facili per poi passare a quelle più complesse, prediligendo l’aspetto ludico e inserendo il bambino al centro del processo.
L’organizzazione dello spazio di allenamento è rappresentata da più quadrati, all’interno dei quali si cerca di passare da una fase all’altra, utilizzando la stessa struttura ed andando a creare un’”area” dove l’istruttore entra in contatto con i bambini che occupano un determinato quadrato e questo favorisce lo sviluppo di una profonda relazione con ognuno di loro.
Si cerca sempre di proporre i “giochi di strada” in quanto permettono di proporre attività libere utili alle richieste di adattamento fisico, affettivo, tecnico, educativo, tecnico emotivo e cognitivo.
Bisogna precisare che: nel momento in cui la parte situazionale risulti difficile da capire per i bambini, si organizza un situazionale agevolato dove, dopo aver superato i primi ostacoli ed aver capito l’esercizio, si potrebbe tornare sull’esercitazione situazionale.