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Redazione dei rapporti informativi ai fini della formulazione dei pareri per la valutazione di professionalità dei magistrati.

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Academic year: 2022

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Redazione dei rapporti informativi ai fini della formulazione dei pareri per la valutazione di professionalità dei magistrati.

(Risposta a quesiti del 17 aprile 2013)

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 17 aprile 2013, ha adottato la seguente delibera:

“Con nota pervenuta il 9 agosto 2012 il Presidente della Corte di appello di … ha inviato un verbale del Consiglio giudiziario con il quale, nella seduta del 17 luglio 2012, “al fine di prevenire disparità di trattamento derivanti dall’adozione di criteri non uniformi per la redazione dei rapporti informativi da trasmettere ai Consigli giudiziari”, l’organo di autogoverno decentrato ha deliberato, a maggioranza, di sottoporre al Consiglio quattro quesiti, il cui oggetto è legato alla richiesta formulata dal Procuratore della Repubblica di … relativa alla predisposizione di uno schema di acquisizione di informazioni rilevanti ai fini della valutazione di professionalità dei magistrati del suo ufficio.

Deve darsi atto di quanto avvenuto precedentemente a tale richiesta, al fine di meglio comprenderne i contenuti:

- con nota del 22 giugno 2012 il Procuratore della Repubblica di … segnalava ai Procuratori Aggiunti e al Coordinatore SDAS che nella redazione dei rapporti per le valutazioni di professionalità diretti al Consiglio giudiziario emergeva la difficoltà di fornire una puntuale ed effettiva valutazione per quanto attiene alla conduzione delle udienze; con la medesima nota si dava atto di uno scambio di opinioni con il Presidente del Tribunale e con il Presidente dell’ufficio GIP a seguito del quale ha predisposto un modulo standard, allegato alla nota.

Tale modulo standard, trasmesso poi al Consiglio superiore insieme alla richiesta di quesito, è indirizzato al Presidente del Tribunale ed al Presidente dell’Ufficio GIP e contiene la seguente richiesta: “Dovendo redigere il rapporto per la __^ valutazione di professionalità del Sostituto in oggetto sarei grato alle SS.LL. se volessero fornirmi informazioni: sulle modalità di partecipazione del collega alle udienze GIP, GUP e alle udienze dibattimentali, con riferimento in particolare al livello di preparazione sul fascicolo, al contributo fornito sulle questioni giuridiche affrontate in udienza, alla qualità delle argomentazioni delle richieste; sulla capacità di rapportarsi con i giudici e con le parti; su eventuali significative anomalie riscontrate.”

Ancora nella medesima nota del 22 giugno 2012 il Procuratore rappresentava le modalità attuative di tale richiesta di informazioni sui sostituti del proprio ufficio in occasione del loro procedimento di valutazione di professionalità: egli avrebbe inoltrato al Presidente del Tribunale ed a quello dell’ufficio GIP il predetto modulo standard con i contenuti sopra richiamati e, una volta ricevuta la risposta, avrebbe inviato il tutto al Procuratore aggiunto che potrebbe tenerne conto per la redazione delle sue valutazioni.

Di tale istituenda procedura il Procuratore della Repubblica ha informato il Procuratore generale, trasmettendogli copia della nota del 22 giugno 2012. Il Procuratore generale ha trasmesso al Presidente della Corte d’appello, in data 27 giugno 2012, i documenti provenienti dal Procuratore della Repubblica e le proprie osservazioni in merito, indirizzate al Procuratore della Repubblica: il tenore di tali osservazioni è sostanzialmente critico, sottolineandosi da parte del PG che “il rimettere alle indicazioni del Presidente del Tribunale, previa evidentemente la necessaria interlocuzione con i Presidenti di Sezione, la valutazione del complessivo comportamento del Pubblico ministero di udienza anche sotto il profilo dell’idoneità e della funzionalità appare invero del tutto inopportuno ed idoneo a turbare i rapporti tra la magistratura requirente e la magistratura giudicante assegnando alla prima una impropria posizione anche sotto il profilo ordinamentale”.

All’esito della discussione sulle richieste formulate dal Procuratore di …, il Consiglio giudiziario ha deciso di trasmettere al CSM, unitamente a tutti i verbali di seduta e alla documentazione in atti,

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quattro quesiti che, inquadrando la questione sottoposta nell’ambito della normativa primaria e secondaria vigente, circoscrivono l’ambito della valutazione nei termini seguenti:

a) il primo quesito chiede di conoscere: «Se nella redazione del rapporto di valutazione della professionalità del magistrato che abbia svolto funzioni requirenti, il parametro normativo della capacità, con particolare riferimento all’indicatore rappresentato dalle “modalità di gestione dell’udienza in termini di corretta partecipazione, nel rispetto dei diritti delle parti”, possa essere accertato, oltre che sulla base del rapporto del dirigente dell’ufficio di Procura, nonché dei verbali delle udienze o di eventuali segnalazioni del Consiglio dell’ordine degli avvocati, anche sulla base di informazioni fornite al predetto dirigente, a richiesta del medesimo, dal Presidente del Tribunale e dal Presidente della Sezione del G.I.P. relative alle anzidette modalità e con riguardo, in particolare, al livello di preparazione sul fascicolo, al contributo fornito sulle questioni giuridiche affrontate in udienza, alla qualità dell’argomentazione delle richieste, alla capacità di rapportarsi con il giudice e ad eventuali significative anomalie riscontrato».

Al riguardo si osserva che, secondo quanto prevede il comma 3 dell’art. 11 D.Lgs. n. 160 del 2006, il CSM con propria normativa secondaria è stato delegato dal legislatore a disciplinare “gli elementi in base ai quali devono essere espresse le valutazioni dei Consigli giudiziari, i parametri per consentire l’omogeneità delle valutazioni, la documentazione che i capi degli uffici devono trasmettere ai Consigli giudiziari…”. A ciò il Consiglio superiore ha provveduto con circolare del 8 ottobre 2007 n. 20691, poi modificata dal punto di vista solo procedimentale dalla delibera del 26 luglio 2012, delineando un sistema che - per esplicita ammissione in relazione introduttiva – si prefigge lo scopo di riempire di “contenuti maggiormente tassativi e dettagliati rispetto ai preesistenti” ciascuna valutazione relativa ai parametri normativamente previsti della capacità, laboriosità, diligenza e impegno, per definirli con maggior precisione, migliorando il livello di conoscenza delle caratteristiche professionali del magistrato. Con tali finalità si sono individuati

“indicatori oggettivi per l’acquisizione degli elementi” relativi ai quattro parametri di professionalità espressamente previsti dal comma 2 dell’art. 11 del D.Lgs. n. 160/2006, conformemente al dettato del comma 3 lett. d della medesima normativa primaria. In tal modo – si legge nella citata relazione introduttiva alla circolare vigente in tema di valutazioni di professionalità – “è stata positivizzata l’esigenza di fissare, in ordine a ciascun parametro di valutazione, profili di riferimento precisi e, in quanto tali, idonei a consentire un giudizio analitico, completo ed ancorato a criteri predeterminati”, dal quale poter desumere concretamente gli elementi di fatto positivi o negativi sui quali sono fondati i giudizi. Per facilitare questa attività da parte di tutti gli “attori” del procedimento valutativo e al dichiarato scopo di “garantire omogeneità di valutazioni” si sono specificamente previsti modelli allegati alla circolare ai quali dovranno uniformarsi i Consigli giudiziari e il Consiglio direttivo della Cassazione nel formulare i pareri di loro competenza.

Infine, e per sintesi, deve segnalarsi che il legislatore del 2006 (con le modifiche apportate con L. n.

111 del 2007) non ha previsto espressamente alcuna valutazione dei requisiti di equilibrio, imparzialità e indipendenza, sicché il CSM ha delineato gli stessi come indispensabili pre- condizioni per ogni giudizio sulla professionalità del magistrato, ricavandoli dallo stesso dettato costituzionale ed inserendoli in un apposito capo (III). La verifica di tali profili è risultata imposta anche dalla previsione contenuta nell’art. 11 co. 4 lett. f) del D.Lgs. citato, nella parte in cui è stabilito che le segnalazioni provenienti dal Consiglio dell’ordine degli avvocati assumono significatività “sempre che si riferiscano a fatti specifici incidenti sulla professionalità, con particolare riguardo alle situazioni eventuali concrete e oggettive di esercizio non indipendente della funzione e ai comportamenti che denotino evidente mancanza di equilibrio o di preparazione giuridica”.

Secondo quanto prevede il comma 5 dell’art. 11 del D.Lgs. n. 160 del 2006, spetterà poi al Consiglio giudiziario assumere eventuali informazioni ulteriori sui fatti specifici segnalati dai dirigenti degli uffici o dai Consigli dell’ordine degli avvocati, dandone tempestiva comunicazione all’interessato.

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Quanto alle fonti di conoscenza non vi è dubbio che la legge non contiene una disciplina organica, né in relazione ad esse né in relazione alla documentazione relativa. Alla luce dell’assenza di un principio di tipicità delle fonti e dei documenti utilizzabili, la normativa secondaria del CSM (Capo VII della citata circolare n. 20691) ha da un lato stabilito di consentire l’utilizzazione di ogni “atto o documento che fornisca dati obiettivi e rilevanti relativi all’attività professionale e ai comportamenti incidenti sulla professionalità del magistrato”, dall’altro ha fornito una dettagliata indicazione delle fonti di conoscenza e documentazione acquisibile nel procedimento, per garantire certezza di riferimenti a rapporti e pareri e, come detto, omogeneità di trattamento valutativo evitando disparità di trattamento (cfr. Relazione illustrativa della citata circolare). Si è pertanto precisato dove può rinvenirsi la documentazione rilevante (presso il CSM nel fascicolo personale, presso la Prima commissione e la Sezione disciplinare, presso il Ministero della giustizia con riferimento alle relazioni ispettive) e che, con riferimento agli indicatori specifici di ogni parametro, gli elementi di valutazione sono rappresentati dall’indicazione del dirigente dell’ufficio (Capo VII punti 2.1, 2.2, 2.3, 2.4). Si chiude la disciplina con il divieto di utilizzazione di fonti anonime e di voci correnti (Capo VII punto 3).

Il sistema delineato, dunque, appare caratterizzato da una marcata tipizzazione di dettaglio delle fonti di conoscenza (pur in assenza di “tipicità” normativa) e da una strutturata procedimentalizzazione, per ottimizzare i giudizi concreti e renderli più omogenei.

Svolte tali premesse, e con specifico riferimento al primo quesito proposto dal Consiglio giudiziario di …, deve ritenersi che il sistema attualmente dato per l’acquisizione di informazioni e dati utilizzabili per il giudizio di professionalità non consente, per come strutturato, l’ingresso di quelle che sarebbero vere e proprie valutazioni di riscontro affidate ai titolari degli uffici direttivi degli uffici complementari a quello di riferimento (per il requirente, l’ufficio giudicante penale e viceversa). Anzitutto, infatti, una simile apertura confligge con il sistema di responsabilità affidato al coinvolgimento del dirigente dell’ufficio di appartenenza, il quale, pur rimanendo titolare formalmente del potere di redigere il rapporto, affiderebbe la fonte di una parte di valutazioni proprie ad altro soggetto non direttamente a ciò deputato né dalla normativa primaria né tantomeno da quella secondaria che, anzi, come detto, per la compilazione dei rapporti, espressamente si riferisce ai dirigenti degli uffici ai quali appartengono i magistrati in valutazione. Né a diversa conclusione può ritenersi conduca la previsione di cui al comma 4, lettera f), dell’art.11 D.Lgs. n.

160 del 2006, che prevede che i capi degli uffici, nel redigere rapporti e segnalazioni, devono tenere conto delle “situazioni specifiche rappresentate da terzi”, nonché delle “segnalazioni pervenute dal consiglio dell’ordine degli avvocati, sempre che si riferiscano a fatti specifici incidenti sulla professionalità”.

Difatti, quando si tratti di valutare un magistrato della procura, non pare possibile ritenere sussumibile nelle «situazioni specifiche rappresentate da terzi», rappresentazioni informative, provenienti dal Presidente del Tribunale in occasione della formulazione del rapporto su sollecitazione del dirigente tenuto a redigerlo, che di fatto si risolvono in surrettizie valutazioni di ordine generale relative ad indicatori di professionalità come quelle richieste dal modulo predisposto dal Procuratore della Repubblica di …; allo stesso modo deve concludersi negativamente per le situazioni rappresentate dal Procuratore della Repubblica, quando si tratti di valutare un magistrato del Tribunale. Ciò perché, come evincibile dalla stessa struttura del modulo – questionario predisposto dal Procuratore di … e pervenuto al Consiglio giudiziario per la valutazione sulla praticabilità dell’opzione, sebbene si parli di «segnalazioni» e di richiesta di concrete informazioni, non può non riconoscersi a tali informazioni, come detto, la valenza di vere e proprie valutazioni surrettizie, non previste dalla disciplina secondaria. In detto modulo si fanno espressamente riferimenti al “livello di preparazione sul fascicolo”, al “contributo fornito sulle questioni giuridiche affrontate in udienza e alla qualità dell’argomentazione delle richieste”: è indubbio che questo tipo di richieste hanno ad oggetto valutazioni e non informazioni.

Peraltro, il risultato che si avrebbe dalla predisposizione di una risposta al modulo standard del Procuratore di … sarebbe un documento dalle inevitabili valenze di “pre-rapporto”, stilato, senza

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alcuna previsione normativa di ordine primario o secondario, da titolare di ufficio diverso rispetto a quello di appartenenza del magistrato in valutazione e riferito ad una serie di parametri di giudizio veri e propri (sebbene legati a riferimenti fattuali specifici). In relazione a tale atto, appare difficilmente configurabile una soglia di delimitazione tra le informazioni su fatti in esso contenute (ammissibili ai sensi del capo VII della circolare consiliare che permette “l’utilizzazione di ogni altro atto o documento che fornisca dati obiettivi e rilevanti relativi all’attività professionale e ai comportamenti incidenti sulla professionalità del magistrato”) e gli apprezzamenti sulla idoneità del magistrato da valutare, veri e propri “giudizi” di ordine generale sicuramente non ammessi per la tipizzazione di dettaglio operata dalla circolare in relazione alle fonti chiamate a costituire elementi di giudizio della valutazione consiliare.

Appare quindi più corretto interpretare l’apertura delineata in normativa secondaria all’utilizzazione di ogni altro atto o documento che fornisca dati obiettivi rilevanti per il procedimento valutativo nel senso che:

la disposizione di cui al Capo VII, comma 1 ultima parte consente di acquisire come fonte informativa tutto ciò (atti o documenti) che non consista in attività sviluppata, nel corso ed in occasione del procedimento di valutazione, da soggetti ai quali non spetta il compito normativo di redigere rapporto e su sollecitazione operata dai dirigenti tenuti invece istituzionalmente a tale compito, pur potendo essere coeva al procedimento – ma non ad esso collegata nella genesi - e sicuramente anche proveniente da uffici non di appartenenza del magistrato (dal Tribunale per i pubblici ministeri, e viceversa, ovvero da terzi così come dal Consiglio dell’Ordine).

A tanto pare obbligare l’interpretazione coerente e sistematica anche del disposto del comma 4 lett.

f) del D.Lgs. n. 160 del 2006.

In tal modo si ottiene comunque l’effetto di veicolare fatti rilevanti ai fini del giudizio di professionalità non interferendo con il sistema dato dalla normativa primaria e secondaria.

Infine, non è di poco conto soffermarsi sul fatto che il legislatore, laddove ha voluto prevedere l’intervento nel procedimento valutativo di organi coinvolti nella dialettica processuale e terzi rispetto all’ufficio di appartenenza del magistrato, espressamente vi ha fatto riferimento, come per il Consiglio dell’Ordine nel caso di segnalazioni di fatti specifici, limitando i confini di detto intervento e sostanzialmente vietando la possibilità di opzioni valutative; sarebbe, pertanto, non coerente con la disciplina normativa vigente ritenere che nella previsione di situazioni significative

“specifiche”, rappresentate da “terzi” e rilevanti dal punto di vista della valutazione dei parametri di professionalità, possa leggersi il potere di intervenire in modo sistematico nel procedimento da parte di soggetti appartenenti agli uffici coinvolti nella dialettica processuale, come i dirigenti degli uffici di riferimento reciproco, mediante la compilazione di un questionario organico e generale, dai contenuti, come detto, inevitabilmente anche solo in parte valutativi.

E’evidente, infine, come tale scelta di non poco rilievo rispetto all’attuale sistema normativo delle valutazioni di professionalità non potrebbe essere demandata ad un’interpretazione estensiva della disciplina primaria vigente e neppure potrebbe ritenersi spettante, implicitamente, alla normativa secondaria, essendo invece ancorata ad una fondamentale opzione di fondo di politica giudiziaria ed attuabile solo mediante l’intervento, esplicito e ragionato, del legislatore.

A tal riguardo non è da sottovalutare la circostanza che introdurre un non previsto sistema di valutazioni “incrociate”, tra ufficio del pubblico ministero e ufficio del giudice, e viceversa, potrebbe rischiare di innescare nella dinamica processuale un elemento di disturbo e di interferenza con sviluppi non facilmente prevedibili.

Si richiama, peraltro, il contenuto della delibera del Consiglio superiore del 23 marzo 2011 (risposta ad una nota del Segretario dell’Unione Triveneta dei consigli dell’ordine degli avvocati). In particolare nella delibera in oggetto si specificava che l’espressione “eventuali” contenuta nel testo della circolare (“eventuali segnalazioni di situazioni specifiche rappresentate da terzi ovvero dal Consiglio dell’ordine degli avvocati”- par. XIV comma 3) sottintende che “ le segnalazioni” de quibus non sono “fisiologiche” nei procedimenti di valutazione di professionalità, nel senso che esse sono “possibili” (appunto “eventuali”) ma non “indispensabili”. D’altronde, come si legge

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nella predetta delibera, anche la natura semantica del termine “segnalazioni”, utilizzato dall’art. 11 c. 4 L. 111/2007 e dal capo XIV c. 3 della circolare sopra richiamata, lascia intendere che non si è in presenza, come detto, di un atto fisiologico ed indispensabile nella procedura, bensì di un atto solo “eventuale” e “non necessario”.

A questo primo quesito si può dunque rispondere nei seguenti termini:

«Il capo dell’ufficio tenuto a redigere il rapporto per la valutazione di professionalità può tener conto unicamente di rappresentazioni di situazioni e fatti specifici provenienti dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati e da altri uffici, diversi da quello di appartenenza del magistrato in valutazione, a lui comunicati con atti e documenti, non sollecitati formalmente dal medesimo dirigente in occasione del procedimento valutativo né formati su sua richiesta di ordine generale, e sempre che siano rilevanti in quanto incidenti sulla professionalità del magistrato in valutazione, con particolare riguardo alle situazioni concrete ed oggettive di esercizio non indipendente della funzione ed ai comportamenti che denotino evidente mancanza di equilibrio o di preparazione giuridica. E’escluso, pertanto, qualsiasi potere di ordine valutativo in capo a soggetti diversi dal predetto dirigente dell’ufficio tenuto a redigere il rapporto».

Con il secondo quesito si chiede : «Se, in caso di risposta affermativa al punto 1, debba ritenersi operante un criterio di reciprocità e quindi se nella redazione del rapporto di valutazione della professionalità del magistrato che abbia svolto funzioni giudicanti possano essere accertati specifici parametri normativi delle valutazioni di professionalità, con riguardo ad indicatori specifici, oltre che sulla base delle informazioni fornite dal dirigente dell’Ufficio Giudicante nonché dei verbali delle udienze o di eventuali segnalazioni del Consiglio dell’ordine degli avvocati, anche sulla base di informazioni fornite al predetto dirigente, a richiesta del medesimo, dal dirigente del corrispondente Ufficio di Procura e dal Consiglio dell’ordine degli avvocati ovvero, tenuto conto delle peculiarità delle funzioni giurisdizionali civili, dal solo Consiglio dell’Ordine degli avvocati».

Coerentemente con la risposta data al primo quesito, anche con riferimento al secondo quesito la risposta è negativa. Infatti, la possibilità di acquisire informazioni da altri uffici e dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati non sussiste con riferimento specifico e temporale alla valutazione di professionalità e al suo procedimento normativamente disciplinato, se non nei limiti già detti di atti e documenti formatisi non su richiesta del dirigente che deve redigere il rapporto e non in occasione di esso, ciò sia per i magistrati addetti a uffici requirenti sia per i magistrati addetti a uffici giudicanti. Tali conclusioni paiono a maggior ragione condivisibili se si pensa alla disparità e disomogeneità che si creerebbe quanto alle fonti di conoscenza e, dunque, agli esiti valutativi degli elementi da esse tratti, tra giudici penali, sottoposti nel corso del procedimento di valutazione della professionalità al vaglio anche del corrispondente ufficio requirente di riferimento, e giudici civili, che invece tendenzialmente non dovrebbero confrontarsi con tale interlocuzione (tranne nei casi di funzioni che prevedano la trattazione di materia civile con intervento del pubblico ministero) sebbene la si prevedesse come “istituzionalizzata” per le omologhe funzioni nel settore penale.

Con il terzo quesito si chiede: «In caso di risposta affermativa al punto 2, quali debbano essere i parametri normativi e gli indicatori ai quali dovrebbe riferirsi la richiesta di informazioni del dirigente dell’Ufficio giudicante».

Date le risposte negative al primo e al secondo quesito, nei termini meglio sopra formulati, la risposta al terzo quesito non può che ritenersi assorbita da tale opzione interpretativa.

Deve ricordarsi, in ogni caso, che, come già detto in risposta al primo quesito, l’oggetto della documentazione e degli atti provenienti dal Consiglio dell’Ordine o eventualmente da terzi (e quindi anche dagli uffici), non sollecitati nel procedimento valutativo dal dirigente che deve redigere il rapporto, deve essere comunque limitato, ai sensi dell’art. 11, comma 4, lettera f), D.Lgs.

n. 160 del 2006, alle sole informazioni su fatti specifici e rilevanti, in quanto incidenti sulla professionalità, con particolare riguardo alle situazioni concrete ed oggettive di esercizio non

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indipendente della funzione ed ai comportamenti che denotino evidente mancanza di equilibrio o di preparazione giuridica, con esclusione di qualsiasi diretto apprezzamento sulla idoneità del magistrato da valutare.

Con il quarto quesito si chiede: «In caso di risposta affermativa ad uno o più dei punti precedenti, quali debbano essere i limiti, l’oggetto e l’esatto perimetro di legittimità e rilevanza entro i quali è consentito provvedere sulla richiesta e procedere alla conseguente raccolta di informazioni su determinati parametri della professionalità dei magistrati, in conformità alla normativa primaria e secondaria attualmente vigente».

Date le risposte negative al primo e al secondo quesito nei termini meglio sopra formulati, la risposta al quarto quesito non può che ritenersi assorbita da tale opzione interpretativa, rammentandosi, altresì, quanto previsto dall’art. 11 comma 4 lett. f), D.Lgs. n. 160 del 2006 e già ulteriormente specificato in risposta al terzo quesito con riferimento ai limiti e all’ambito di legittimità delle informazioni desumibili da atti e documenti su fatti specifici e rilevanti provenienti da terzi e dal Consiglio dell’Ordine ai fini della compilazione del rapporto e successivamente per le valutazioni di spettanza del Consiglio giudiziario e dell’organo di autogoverno.

Alla luce di quanto sopra esposto il Consiglio

delibera

di rispondere nei termini di seguito riportati:

Primo quesito: Il capo dell’ufficio tenuto a redigere il rapporto per la valutazione di professionalità può tener conto unicamente di rappresentazioni di situazioni e fatti specifici provenienti dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati e da altri uffici, diversi da quello di appartenenza del magistrato in valutazione, a lui comunicati con atti e documenti, non sollecitati formalmente dal medesimo dirigente in occasione del procedimento valutativo né formati su sua richiesta di ordine generale, e sempre che siano rilevanti in quanto incidenti sulla professionalità del magistrato in valutazione, con particolare riguardo alle situazioni concrete ed oggettive di esercizio non indipendente della funzione ed ai comportamenti che denotino evidente mancanza di equilibrio o di preparazione giuridica. E’escluso, pertanto, qualsiasi potere di ordine valutativo in capo a soggetti diversi dal predetto dirigente dell’ufficio tenuto a redigere il rapporto.

Secondo quesito: Coerentemente con la risposta data al primo quesito, anche con riferimento al secondo quesito la risposta è negativa. Infatti, la possibilità di acquisire informazioni da altri uffici e dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati non sussiste con riferimento specifico e temporale alla valutazione di professionalità e al suo procedimento normativamente disciplinato, se non nei limiti già detti di atti e documenti formatisi non su richiesta del dirigente che deve redigere il rapporto e non in occasione di esso, ciò sia per i magistrati addetti a uffici requirenti sia per i magistrati addetti a uffici giudicanti.

Terzo quesito: Date le risposte negative al primo e secondo quesito, nei termini sopra formulati, la risposta al terzo quesito non può che ritenersi assorbita da tale opzione interpretativa.

Deve ricordarsi, in ogni caso, che, come già detto in risposta al primo quesito, l’oggetto della documentazione e degli atti provenienti dal Consiglio dell’Ordine o eventualmente da terzi (e quindi anche dagli uffici), non sollecitati nel procedimento valutativo dal dirigente che deve redigere il rapporto, deve essere comunque limitato, ai sensi dell’art. 11, comma 4, lettera f), D.Lgs.

n. 160 del 2006, alle sole informazioni su fatti specifici e rilevanti, in quanto incidenti sulla professionalità, con particolare riguardo alle situazioni concrete ed oggettive di esercizio non indipendente della funzione ed ai comportamenti che denotino evidente mancanza di equilibrio o di preparazione giuridica, con esclusione di qualsiasi diretto apprezzamento sulla idoneità del magistrato da valutare.

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Quarto quesito: Date le risposte negative al primo (e secondo) quesito nei termini sopra formulati, la risposta al quarto quesito non può che ritenersi assorbita da tale opzione interpretativa, rammentandosi, altresì, quanto previsto dall’art. 11 comma 4 lett. f), D.Lgs. n. 160 del 2006 e già ulteriormente specificato in risposta al terzo quesito con riferimento ai limiti e all’ambito di legittimità delle informazioni desumibili da atti e documenti su fatti specifici e rilevanti provenienti da terzi e dal Consiglio dell’Ordine ai fini della compilazione del rapporto e successivamente per le valutazioni di spettanza del Consiglio giudiziario e dell’organo di autogoverno.

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