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Mantenimento: come ottenere il pagamento diretto dal datore di lavoro dell’ex

Autore: Maria Elena Casarano | 22/10/2014

Chi ha diritto all’assegno di mantenimento può ottenerne l’importo direttamente dal datore di lavoro del soggetto obbligato: una guida sui singoli casi in cui ciò è possibile.

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Abbiamo già illustrato in un precedente articolo i diversi strumenti a disposizione del coniuge qualora quello obbligato a versare l’assegno di mantenimento si sottragga ai propri obblighi (per un approfondimento leggi: “Se l’ex non versa il mantenimento: che fare?”). Tra questi c’è l’ordine di pagamento diretto, che consente di ricevere il mantenimento con un effetto molto simile a quello risultante da un pignoramento (presso terzi), pur avendone caratteristiche differenti.

Si tratta di uno strumento considerato fra i più idonei a garantire il soddisfacimento di un credito periodico come quello derivante dall’obbligo di mantenimento, in quanto permette di “scavalcare” l’inerzia dell’obbligato. Esso è previsto non solo nella ipotesi di separazione e divorzio, ma anche in una serie di casi in cui il familiare viene meno all’obbligo di prestare il sostegno economico alla famiglia.

Vediamo nello specifico in quali ipotesi è possibile ottenere tale provvedimento dal giudice.

1. Concorso nel mantenimento

I genitori sono tenuti ad adempiere ai loro obblighi (di mantenimento, educazione, istruzione e assistenza morale e materiale [1]) nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e in base alla loro capacità di lavoro professionale o casalingo.

Tale principio vale per i figli nati sia dentro che fuori dal matrimonio e, soprattutto, sia nell’ambito di un’unione di coppia che nella fase patologica del rapporto (separazione o divorzio).

Se i genitori, però, non dispongono di mezzi sufficienti, grava sugli altri ascendenti in ordine di prossimità (perciò in primo luogo i nonni) il dovere di fornire ai genitori il contributo necessario all’adempimento dei doveri nei confronti della prole. (Per un approfondimento leggi: “Se l’ex coniuge non versa il mantenimento sono tenuti a farlo i nonni?”).

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Se, tuttavia, il soggetto obbligato (genitore o ascendente che sia) si sottrae a tale dovere, chiunque vi abbia interesse (perciò non solo l’altro genitore, ma anche altro soggetto che abbia il minore in affidamento, il figlio maggiorenne, gli istituti di assistenza ed i parenti) può chiedere al giudice di ordinare che una quota dei redditi dell’obbligato, in misura proporzionale agli stessi, venga versata direttamente dal terzo debitore all’altro genitore o a colui il quale sostiene le spese necessarie alla cura della prole [2].

A riguardo, così come avviene per la separazione (vd. dopo sub. punto 3), anche se la legge parla di “una quota”, il magistrato può disporre anche il pagamento diretto dell’intera somma, qualora essa non ecceda ma, anzi, realizzi pienamente il mantenimento.

Tuttavia, in mancanza di un provvedimento che abbia stabilito la misura del mantenimento, il giudice dovrà prima procedere ad un accertamento, seppur sommario, dell’ammontare dell’assegno dovuto [3].

Il provvedimento del Tribunale costituisce un titolo esecutivo con la conseguenza che, nel caso in cui il terzo si sottragga a tale ordine, il creditore potrà promuovere nei suoi confronti una procedura esecutiva.

2. Ordini di protezione contro gli abusi familiari

Vi sono, poi, delle situazioni in cui il comportamento violento di un coniuge o di un semplice convivente può compromettere l’integrità fisica o morale del partner o violare la sua libertà personale. In tal caso, quest’ultimo potrà rivolgersi al tribunale affinché adotti i cosiddetti ordini di protezione contro gli abusi, per far cessare la condotta violenta e ottenere l’allontanamento dalla casa familiare del congiunto.

Se poi, come conseguenza degli ordini di protezione, i familiari conviventi rimangano privi di mezzi adeguati, il magistrato può disporre il pagamento

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periodico di un assegno in loro favore, fissando modalità e termini del versamento e prescrivendo, se del caso, che la somma sia corrisposta direttamente all’avente diritto dal datore di lavoro dell’obbligato, detraendola dalla retribuzione allo stesso spettante [4].

Una tutela, perciò, offerta indistintamente sia alla famiglia legittima che a quella di fatto, poiché si basa sulla sola circostanza delle violenze in famiglia e prescinde dal fatto che l’obbligato si sia già reso inadempiente: per il giudice, infatti, è sufficiente il semplice pericolo che ciò avvenga.

3. Separazione

Se, poi, per effetto della separazione, il tribunale ha stabilito a vantaggio di uno dei coniugi il diritto ad un assegno di mantenimento [5], in caso di inadempienza dell’obbligato, il giudice può disporre – su richiesta dell’avente diritto – il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi (ad esempio, al datore di lavoro), tenuti a corrispondergli anche periodicamente somme di danaro, che una parte di esse venga versata direttamenteagli aventi diritto [6].

A riguardo, la Cassazione [7] ha ribadito che – anche se la norma fa riferimento solo ad “una parte” delle somme – in realtà non vi sono limiti quantitativi alla misura [8]. In altre parole, il magistrato può legittimamente disporre il pagamento diretto dell’intera somma dovuta dal terzo quando questa copra per intero la misura economica determinata in sede di separazione.

Con riferimento, poi, ai “terzi” assoggettabili alla procedura, la legge si riferisce a tutti i soggetti tenuti a versare periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato, e perciò non solo al datore di lavoro privato, ma anche agli enti pubblici (pur eroganti prestazioni pensionistiche), ai conduttori degli immobili nella titolarità dell’obbligato ed ogni altro soggetto che debba versare periodicamente somme al coniuge inadempiente (ad esempio chi debba pagare una somma rateale quale adempimento di un debito).

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Affinché, dunque, possa essere emanato l’ordine del giudice, è sufficiente che sussistano due condizioni:

1. che il coniuge obbligato vanti nei confronti di terzi un credito che abbia ad oggetto il versamento, anche periodico, di somme di denaro (ivi compresi proventi di attività lavorativa, assegni pensionistici) [9];

2. sia accertato l’inadempimento o il non puntuale adempimento dell’obbligo, pure se con pochi giorni di ritardo rispetto alla scadenza imposta, se esso faccia dubitare in modo fondato della tempestività dei pagamenti futuri [10].

Dunque, non occorre che l’inadempimento sia stato grave, ma bastano anche semplici ritardi.

Tale previsione si estende anche all’ipotesi in cui l’inadempimento riguardi il contributo per il mantenimento dei figli e nell’ipotesi di separazione consensuale [11].

In parole semplici, il Tribunale rivolge un ordine di pagamento a chi deve delle somme all’obbligato (ad esempio il datore di lavoro), il quale dovrà versare direttamente all’ex coniuge beneficiario del mantenimento l’importo dell’assegno dovuto, prelevandolo dallo stipendio. Il terzo sarà anche tenuto a corrispondere l’annuale aggiornamento Istat, senza che sia necessario un ulteriore ordine del giudice.

4. Mantenimento di figli naturali

L’ordine di pagamento diretto dell’assegno di mantenimento nei confronti dei terzi può essere disposto anche nell’ambito di un procedimento relativo all’affidamento e mantenimento di un figlio naturale.

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La Corte costituzionale [12], infatti – già da molto tempo prima della recente parificazione dei figli nati sia fuori che dentro il matrimonio [13] – ha ritenuto applicabili, da parte del giudice competente, come logica conseguenza dei doveri derivanti dal riconoscimento di un figlio [14], misure coercitive come il sequestro e l’ordine di pagamento diretto.

Tali misure, infatti, per quanto collocate nell’ambito del procedimento di separazione dei coniugi, rappresentano una forma di attuazione del principio di responsabilità genitoriale, che mira al tempestivo soddisfacimento delle esigenze di mantenimento della prole, a prescindere dalla qualificazione del suo status.

5. Divorzio

Anche nell’ambito del divorzio, la legge prevede il diritto di ottenere somme di denaro che terzi sono tenuti a corrispondere all’obbligato [15]. Ma in tal caso non può essere emesso un ordine al terzo direttamente dal giudice, ma l’ex coniuge creditore deve prioritariamente seguire una via stragiudiziale sia per ottenere il proprio mantenimento che quello dovuto alla prole.

In parole semplici, è il creditore, per il tramite del proprio avvocato, a doversi fare parte attiva.

Nello specifico, all’ex coniuge va prima formulata una richiesta di pagamento tramite raccomandata A.R.

Decorsi inutilmente trenta giorni senza che questi vi abbia provveduto, deve essere notificato al terzo datore di lavoro (o debitore di altre somme) il provvedimento con il quale il giudice ha statuito l’obbligo di versamento periodico, insieme all’invito a versare direttamente il dovuto al beneficiario del mantenimento (vd. modello sez. IN PRATICA).

Tale richiesta potrà essere formulata non solo in base ad una sentenza di divorzio,

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ma anche di un provvedimento di revisione delle condizioni dello stesso o di pronunce emesse dal giudice della fase istruttoria della causa.

Nel caso in cui anche il terzo si sottragga alla richiesta, l’avente diritto può promuovere una procedura esecutiva direttamente nei suoi confronti.

In questo caso, a differenza delle ipotesi precedenti, la legge prevede un limite al prelievo delle somme, nella misura massima della metà dell’importo dovuto al coniuge obbligato, comprensivo di assegni ed emolumenti accessori. Tale limite, tuttavia, non riguarda le somme periodiche non derivanti da attività lavorativa (ad esempio i canoni di locazione).

Qualora, al momento della notifica al terzo, risulti già un pignoramento sul credito del coniuge obbligato, il giudice dell’esecuzione dovrà provvedere a ripartire le somme fra i vari creditori (il coniuge avente diritto al mantenimento, creditore procedente ed eventuali altri creditori intervenuti nella procedura esecutiva).

Note

[1] Art. 315 bis cod. civ. [2] Art. 316 bis, c. 2, cod. civ. [3] Cass., sent. n. 2153/79.

[4] Art. 342 ter, c. 2, cod. civ. [5] Art. 156, c. 5, cod. civ. [6] Art.156, c. 6, cod.

civ. [7] Cass. sent. n. 23668/06. [8]Cass. sent. n. 12204/1998; Cass. sent. n.

1398/2004. [9]Cass. sent. n. 159/79; Cass. sent. n. 13630/92. [10] Cass. sent. n.

1095/90. [11] Con la sent. n. 144/83, la Corte Cost. ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 156, c. 6, cod. civ., nella parte in cui non prevede che l’ordine al terzo di pagare agli aventi diritto in caso di inadempienza del genitore

relativa al mantenimento dei figli sia applicabile anche alla separazione consensuale. [12]C. Cost. sent. n.99/97. [13] L. n. 219 del 10.12.2012, D. Lgs. n.

154 del 28.12.2013. [14] L’art. 261 cod. civ. prevede che “Il riconoscimento comporta da parte del genitore l'assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi”. [15]Art. 8, l. n. 898/70. Autore immagine:

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