Eventuale applicabilità dell'istituto del collocamento fuori ruolo ai magistrati che svolgono attività internazionale.
(Delibera del 10 dicembre 2014)
Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 10 dicembre 2014, ha adottato la seguente delibera:
“osserva come la cooperazione dello Stato italiano a progetti di formazione giudiziaria di carattere internazionale sia ormai funzione imprescindibile dell'attività giurisdizionale; la presenza di magistrati italiani in organismi di giustizia internazionale è un elemento significativo che arricchisce l'esperienza della giurisdizione italiana. Peraltro lo Stato è destinatario di specifici obblighi di cooperazione per la creazione di un comune spazio europeo, non solo in campo economico, ma anche nello specifico settore della promozione, diffusione e tutela dei diritti fondamentali di indipendenza, libertà e legalità. E' evidente che laddove tale compito richieda interventi che riguardino specificamente l'architettura di poteri giurisdizionali, interlocutore essenziale sia il Consiglio superiore della magistratura, quale ente rappresentativo del potere giudiziario. In tale solco si collocano importanti delibere del CSM, con le quali l'Organo di autogoverno ha specificato l'importanza di tali compiti ed in tal senso si è mosso nel corso di questi ultimi anni, adottando “nei propri programmi e nelle proprie attività le soluzioni più coerenti….
all'interno delle competenze che la Costituzione gli affida in termini di rappresentanza e di amministrazione della giurisdizione” (delibera del 26 luglio 2006).
Orbene, in tale ottica ritiene il Consiglio che non possa trovare spazio per i magistrati che operano per il Consiglio in attività internazionali l'istituto del collocamento “fuori ruolo”, espressamente limitato solo “all'attribuzione di compiti e funzioni extra giudiziarie ed extra giurisdizionali” (Cfr. circolare P. 2766 del 6 febbraio 2008), sul solco e in attuazione di quanto previsto dagli artt. 196 e 210 Ord. giud.. In tal senso lo stesso Consiglio ha ribadito come lo svolgimento di tali attività, seppur non assimilabile all'attività giudiziaria, non possa “neppure essere, tout court, equiparato allo svolgimento di attività extragiudiziaria” (delibera 27 gennaio 2007).
Tale soluzione si impone sulla base della considerazione che l'attività dei magistrati, sebbene si svolga al di fuori dei confini nazionali, presso istituzioni di Paesi terzi, non possa che essere riferita, quale centro di imputazione di interessi, al CSM, unico ente presso cui è mantenuto un incardinamento funzionale e strutturale. In conclusione, lo svolgimento di attività internazionale da parte di un magistrato per conto del CSM non postula il collocamento fuori ruolo del medesimo;
peraltro, per agevolare lo svolgimento di tali incarichi, è consentito l'utilizzo dello strumento dell'esonero, in misura totale o parziale, dal lavoro giudiziario ordinario, soluzione questa che, attraverso il metodo tabellare, consente la predisposizione di accorgimenti organizzativi secondo criteri oggettivi e predeterminati, al fine di evitare pregiudizi nella trattazione degli affari presso l'ufficio giudiziario interessato.”