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 Fattori ambientali;

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Esistono numerose differenze individuali nella risposta alla terapia con farmaci oppioidi, le cui ragioni possono essere ricercate nella eterogeneità delle patologie trattate, nella non sempre corretta somministrazione del farmaco e nelle differenze farmacogenetiche.

La farmacogenetica del dolore si occupa dello studio dei geni coinvolti nella modulazione dello stimolo nocicettivo e nella variabilità individuale alla risposta ai farmaci analgesici, tra i quali, gli oppioidi. I polimorfismi genetici possono spiegare sia la diversità che esiste nelle risposte “normali” a stimoli nocicettivi, sia la predisposizione ad una sensibilità

“esagerata” al dolore di alcuni pazienti. Le variazioni genetiche possono portare a differenze nell’assorbimento, nella distribuzione, nel metabolismo e nella escrezione dei farmaci, che, in definitiva, influiscono sulla efficacia del farmaco e/o sulla sua tossicità.

Non tutti i pazienti rispondono in maniera analoga al trattamento con analgesici e, a tal proposito, la farmacogenetica offre, attualmente, una spiegazione ai più comuni fenomeni clinici osservati. Per spiegare questo fenomeno sono stati chiamati in causa:

 Fattori ambientali;

 Fattori psicologici;

 Fattori genetici:

 Variabilità genetica interindividuale nei geni coinvolti nel sistema oppioide;

 Fattori di farmacocinetica (enzimi coinvolti nel metabolismo e nel trasporto dei farmaci oppioidi);

 Fattori di farmacodinamica (meccanismi recettoriali).

La risposta individuale agli oppioidi è condizionata da:

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 Polimorfismi degli enzimi metabolici;

 Polimorfismi delle proteine di trasporto.

Polimorfismi del recettore oppioide mu.

Il recettore oppioide mu è il primo sito target dei farmaci oppioidi ed è codificato dal gene OPRM1 di cui esistono ben oltre 100 varianti (con una frequenza di polimorfismo pari all’1% della popolazione) con più di 20 diversi scambi aminoacidici. Il più comune polimorfismo del singolo nucleotide (SNP) è stato studiato a partire dal 1998 ed è rappresentato da A118G, in cui si ha la sostituzione di asparagina con aspartato in posizione 40, per lo scambio di una adenosina (A) con una guanina (G) nell’esone 1 in posizione 118.

Gli omozigoti senza mutazione sono indicati con la sigla 118AA, gli eterozigoti per la mutazione con 118AG, gli omozigoti mutati con 118GG.

Questo particolare SNP sembra essere associato ad una alterazione del legame con B- endorfine al recettore mu, ottenedo un aumento della vulnerabilità all’abuso di sostanze ed una ridotta potenza oppioide, osservata, quest’ultima, per l’analgesia, per la costrizione pupillare e per la depressione respiratoria. Per quanto riguarda l’analgesia, si ipotizza l’esistenza di una relazione lineare tra il numero di alleli alterati e la riduzione della potenza; questo fenomeno è alla base della maggior richiesta di morfina da parte dei pazienti con omozigosi 118GG; la stessa correlazione si osserva per quanto concerne gli effetti respiratori.

Dal punto di vista clinico, tutto ciò comporta alcune osservazioni: nei pazienti omozigoti,

siano essi 118AA che 118GG, sia dolore che sistema respiratorio mostrano la stessa

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sensibilità agli oppioidi, mentre nei soggetti eterozigoti 118AG è necessaria una più elevata dose di oppioidi per raggiungere lo stesso pain relief, mentre la sensibilità alla depressione respiratoria non risulta ridotta. Questi ultimi mostrano, quindi, un rischio molto più elevato di depressione respiratoria quando trattati con oppioidi.

Numerosi studi presenti in letteratura mostrano come il genotipo omozigote 118GG necessiti di maggiori dosaggi e presenti quindi una maggior richiesta di morfina (talora pari a 2,2 volte) rispetto ai soggetti eterozigoti. In uno studio eseguito su 145 soggetti con nucleotide SNP C343T del gene ABCB1/MDR1 e SNP A80G del gene OPRM1, gli autori hanno dimostrato che la variabilità dell’analgesia con morfina si associava con entrambi i nucleotidi SNP, e come l’analgesia aumentasse nei pazienti che presentavano nei geni due nucleotidi SNP. In questo studio i pazienti sono stati classificati, a seconda della risposta clinica alla morfina e dei SNP presenti nei geni OPRM1, COMT (catecol-O- metiltrasferasi) e MCR1 come:

 Non responders: individui con OPRM1 118G SNP che richiedono il doppio del dosaggio di morfina previsto;

 Strong responders: individui con COMT 472G SNP che richiedono un dosaggio di morfina pari a 0,67 del dosaggio previsto;

 Responders: individui con entrambi i SNP che richiedono un dosaggio di morfina pari a 1,33 del dosaggio previsto.

Lo stesso SNP per A118G spiega anche l’incidenza degli effetti collaterali secondari alla

somministrazione di morfina; sia i soggetti 118GG che i soggetti 118AG mostrano una

minore insorgenza di nausea e vomito ed un minor grado di sedazione se confrontati

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È difficile progettare un oppioide di sintesi che induca una potente analgesia senza, nel contempo, reprimere la respirazione: a tal proposito, in letteratura si trovano la M6G (morfina-6-glucuronide), nominata per la prima volta nel 1950, e la buprenorfina, introdotta nella pratica clinica dal 1970; quest’ultima, usata per alleviare il dolore cronico e per il trattamento della dipendenza da oppiacei, è un agonista parziale dei recettori mu e mostra un comportamento farmacologico diverso dagli agonisti completi come morfina e fentanest. La buprenorfina mostra un effetto tetto per la depressione respiratoria oltre la dose nella quale non è ancora stato raggiunto un effetto tetto per l’analgesia; questo depone per un effetto respiratorio limitato ed un aumento del margine di sicurezza. La depressione respiratoria indotta dagli oppiacei può essere risolta dalla somministrazione di Naloxone, che però interrompe anche l’analgesia raggiunta;

recentemente è stato individuato il BIMU8, agonista dei recettori 5HT4a della serptonina, la cui selettività protegge l’attività respiratoria senza intaccare l’analgesia in alcun modo.

Polimorfismi degli enzimi metabolici.

I polimorfismi degli enzimi metabolici, in gran parte del sistema enzimatico CYP450, che

media il metabolismo di circa il 40-50% di tutti i farmaci, ed in misura minore del sistema

UDP-Glucoronosil trasferasi (UGTs), determinano una notevole variabilità della risposta

clinica a diversi farmaci oppioidi. Sebbene il CYP3A4 sia maggiormente coinvolto nel

metabolismo di molti oppioidi, il ruolo dell’enzima altamente polimorfico CYP2D6 è di

interesse per il metabolismo di alcuni oppioidi quali codeina, diidrocodeina, ossicodone,

idrocodone e tramadolo, per la formazione di metaboliti idrossilici più potenti quali

morfina, diidromorfina, ossimorfone ed idromorfone, che mostrano una affinità 30 volte

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maggiore per il recettore mu. Sono state identificate 100 varianti alleliche del gene CYP2D6, di cui la 3 e la 8 sono non funzionali, la 9, la 10 e la 41 hanno una attività ridotta, mentre la 1, la 2 e la 35, se duplicate, possono dare origine ad un enorme aumento dell’espressione funzionale enzimatica.

Sulla base del grado di attività dell’isoenziam CYP2D6 è possibile suddividere la popolazione in quattro fenotipi:

 PM (metabolizzatori lenti): rappresentano il 7-10% della popolazione, sono omozigoti o eterozigoti composti per mutazioni del gene 2D6; sono sprovvisti dell’enzima a livello epatico ed hanno una ridotta capacità metabolica per numerosi composti. Presentano una mutazione in entrambi gli alleli del gene (2 alleli non funzionanti del gene 2D6); tendono ad accumulare e/o ad eliminare più lentamente i farmaci metabolizzati dal CYP2D6 ed avranno, quindi, una maggior concentrazione di farmaco a livello ematico con un maggior effetto dello stesso;

sono esposti ad effetti indesiderati se trattati con dosi standard del farmaco;

 UM (ultrametabolizzatori/metabolizzatorirapidi): rappresentano il 7% della popolazione. Si tratta di soggetti che hanno una aumentata espressione del gene CYP2D6 per la presenza di3 o più alleli funzionali; possono richiedere, per una azione terapeutica ottimale, un dosaggio farmacologico superiore alla norma;

 IM (metabolizzatori intemedi): rappresentanop il 35% della popolazione;si tratta

di soggetti portatori in eterozigosi di una mutazione a carico del gene 2D6

(possiedono un allele mutato ed un allele funzionante) con aumentato rischio di

reazioni avverse ai farmaci; possono richiedere un dosaggio farmacologico

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 EM (metabolizzatori estesi): rappresentano il 48% della popolazione; possiedono 2 alleli attivi del gene 2D6 ed hanno un normale metabolismo farmacologico.

Alla luce di quanto esposto, risulta chiara la necessità di aggiustare la dose di oppioide nei soggetti PM e IM che, ai dosaggi standard, possono andare incontro a sovradosaggio e ad una più elevata incidenza di effetti collaterali.

Oltre a CYP2D6, anche CYP2B6 è un gene altamente polimorfico con ben 50 varianti alleliche ben definite. Le varianti 8, 11, 12, 14, 15 e 16 sono associate ad una più bassa espressione fenotipica e ad una ridotta attività enzimatica. A differenza di CYP2D6, gli effetti funzionali in vivo delle varianti alleliche non sono ancora chiarite né ben identificate e richiedono ulteriori chiarimenti, specialmente tra le diverse popolazioni etniche.

Codeina, diidrocodeina, ossicodone e idrocodone sono cinvolti nel metabolismo prevalente di CYP2D6; il tramadolo subisce il metabolismo anche di CYP2B6 e di CYP2C19 ma in misura minore a CYP2D6; il metadone viene trasformato in metaboliti più attivi prevalentemente da CYP3A4, in seconda battuta da CYP2B6 ed in minima percentuale da CYP2D6.

uGT2B7 media prevalentemente la formazione di glucuronidi da buprenorfina, codeina, diidrocodeina, diidromorfina, idromorfone, morfina 3 e 6 glucuronide, naloxone facilitando la loro eliminazione. L’influenza delle varianti alleliche necessita di ulteriori chiarimenti.

Polimorfismi delle proteine di trasporto.

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Esistono due differenti sistemi di trasporto cellulare per gli oppioidi che permettono e regolano ingresso e fuoriuscita delle molecole attraverso le membrane biologiche. I due gruppi principali sono rappresentati dalla superfamiglia dei trasportatori di efflusso e dalla superfmiglia dei trasportatori di influsso con il carrier di soluto.

 Trasportatori di efflusso sbc-sbcb1 (p-glicoproteina): la superfamiglia dei trasportatori di efflusso ABC consiste di circa 50 tipi di trasportatori suddivisi in 7 subfamiglie. Quello meglio caratterizzato è l’ABCB1, detto anche P-glicoproteina (P-gp) che ha una distribuzione tissutale molto vasta ed è ampiamente espresso nella membrana apicale delle cellule epiteliali, negli endoteli capillari della BEE e della barriera del fluido cerebrospinale. Ha la funzione di ridurre l’accumulo di alcuni farmaci a livello intracellulare o d’organo attraverso un sistema di efflusso attivo, in modo da ridurre la concentrazione del farmaco a livello del sito target.

La P-gp mostra un’ampia variabilità interindividuale sostenuta da polimorfismi del

gene ABCB1; si conoscono più di 100 SNP ciascuno dei quali può determinare

cambiamenti dell’espressione e della funzionalità del trasportatore. Il più studiato

è il SNP situato nell’esone 26 e denominato C3435T, presente nel 50-60% della

popolazione caucasica, nel 40-50% della popolazione asiatica e nel 10-30% degli

africani. La diversa espressione della P-gp, influenzata da una pletora di modulatori

di varia origine, compresi i differenti oppioidi, capaci di inibirla o indurne

l’espressione, influenza a sua volta assorbimento e distribuzione del farmaco

determinando un più elevato assorbimento e concentrazioni plasmatiche più

elevate dello stesso. Tra le proteine associate alla resistenza multifarmaco della

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maggiormente coinvolte nel trasporto dei farmaci oppioidi. Mentre la variante 1 è ubiquitaria, la 2 e la 3 sono distribuite a livello di cervello, fegato, intestino, rene e placenta.

 Trasportatori di uptake SLC-SLCO (polipeptidi di trasporto di anioni organici):

nell’uomo esistono 9 isoforme appartenenti a questa famiglia e SLCO-1A2 e

SLCO1B3 sono quelle maggiormente implicate nel trasporto degli oppioidi. La 1A2

è espressa nel fegato, nel polmone, nel rene e nei testicoli, ed è localizzata

prevalentemente a livelo delle membrane basolaterali delle cellule endoteliali dei

capillari cerbrali, giocando un ruolo critico nel passaggio dei substrati oppioidi nel

SNC. La 1B3 è espressa quasi esclusiavamente nelle membrane basolaterali degli

epatociti, dove estrae i substrati dal sangue venoso portale.

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FARMACI MORFINO-SIMILI

Col termine oppioide si fa riferimento a qualsiasi sostanza, sia endogena che di sintesi, che produce effetti morfino-simili, i quali vengono bloccati da antagonisti specifici come il naloxone.

L’oppio, l’estratto del succo ottenuto dai semi del papavero da oppio, il Papaver somniferum, che è stato usato a scopo sociale e medicinale per migliaia di anni, per la sua capacità di indurre euforia, analgesia e ipnosi, oltre che a prevenire la diarrea. Fu introdotto in Gran Bretagna alla fine del XVII secolo, come

“tintura di laudano”; verso la metà del XIX secolo, con l’invenzione delle siringhe e degli aghi ipodermici, la dipendenza da oppioidi cominciò ad assumere un significato più riprovevole.

L’oppio contiene molti alcaloidi correlati alla morfina.

La struttura della morfina fu identificata nel 1902 e da allora sono stati studiati molti composti semisintetici e analgesici completamente sintetici. Oltre ai composti morfino simili, l’oppio contiene anche papaverina, un rilassante della muscolatura liscia.

 Analoghi della morfina: composti strettamente correlati alla morfina dal punto di vista strutturale, spesso sintetizzati a partire dalla morfina stessa. Possono presentare attività di:

o Agonisti (morfina, diamorfina,codeina);

o Agonisti parziali (nalorfina, levallorfano);

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 Derivati sintetici con struttura non correlata alla morfina:

o Serie delle fenilpiperidine: la petidina è il primo farmaco morfino-simile di origine completamente sintetica; la sua struttura chimica è diversa da quella della morfina, sebbene le sue azioni siano molto simili. Il fentanil e il sufentanil sono derivati più potenti e ad azione più breve che possono essere somministrati per via endovenosa, transdermica o intratecale.

o Serie del metadone: il metadone non ha una relazione strutturale con la morfina ed una durata d’azione superiore. Il destropropossifene, molto simile al metadone, è utilizzato per il trattamento del dolore lieve o moderato, ma per la sua cardiotossicità è oggi poco utilizzato.

o Serie dei benzomorfani: pentazocina e ciclazocina. Si differenziano dalla morfina per il diverso bersaglio recettoriale e, di conseguenza, per i diversi effetti collaterali.

o Derivati semisintetici della tebaina: etorfina, buprenorfina.

Agonisti e antagonisti.

Gli oppioidi differiscono per la loro specificità recettoriale e per la loro efficacia nei confronti dei diversi tipi di recettore; alcuni agiscono come agonisti, altri come antagonisti ed altri ancora come agonisti parziali, dando origine ad un quadro farmacologico molto complesso.

o Agonisti puri: questo gruppo comprende la maggior parte dei farmaci morfino-

simili tipici; tutti presentano una elevata affinità per i recettori mu e affinità

generalmente bassa per i siti delta e k. Codeina, metadone e destropropossifenone

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sono definiti agonisti deboli, poiché i loro effetti massimali, sia analgesici sia indesiderati, sono molto inferiori rispetto a quelli della morfina e non causano dipendenza.

o Agonisti parziali e agonisti-antagonisti misti: nalorfina e pentazocina sono caratterizzate da un certo grado di attività sia agonista che antagonista su recettori differenti. La maggior parte dei farmaci appartenenti a questa categoria tende a causare disforia piuttosto che euforia, probabilmente per un effetto mediato dai recettori k.

o Antagonisti: producono effetti trascurabili se somministrati da soli, ma bloccano gli effetti di altri oppioidi. Appartengono a questa categoria il naloxone e il naltrexone.

Meccanismo d’azione.

Gli oppioidi sono probabilmente i composti più studiati di qualsiasi altro gruppo di farmaci, con lo scopo di chiarire i loro potenti effetti a livello molecolare, biochimico e fisiologico e di utilizzare la comprensione di questi fenomeni per sviluppare farmaci oppioidi provvisti di proprietà analgesiche migliori rispetto alla morfina.

I recettori oppioidi appartengono alla famiglia dei recettori accoppiati alle proteine

G e tutti e tre i sottotipi recettoriali agiscono inibendo l’adenilato ciclasi, riducendo in

tal modo il contenuto intracellulare di cAMP e, secondariamente, influenzando le vie di

fosforilazione proteica e quindi la funzione cellulare. Gli oppioidi sono anche in grado di

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al canale. Con questo meccanismo, essi promuovono l’apertura dei canali del potassio e inibiscono quella dei canali del calcio voltaggio-dipendenti, che sono i principali effetti osservati a livello della membrana. Tali effetti di membrana riducono sia l’eccitabilità neuronale (aumentando la conduttanza al potassio e, di conseguenza, iperpolarizzando la membrana stessa) sia la liberazione di trasmettitori (dovuta alla inibizione dell’ingresso di calcio). L’effetto complessivo a livello cellulare è di tipo inibitorio. Ciononostante, gli oppioidi aumentano l’attività in alcune vie neuronali, sopprimendo l’eccitabilità degli interneuroni inibitori.

I recettori oppioidi sono distribuiti diffusamente nel cervello.

Gli oppioidi sono efficaci come analgesici quando vengono somministrati per via intratecale a piccole dosi, suggerendo che una azione sul midollo spinale potrebbe essere responsabile dei loro effetti analgesici. L’iniezione della morfina nella regione del grigio periacqueduttale causa una marcata analgesia, che può essere prevenuta dall’interruzione chirurgica delle vie discendenti al nucleo magnocellulare del rafe o bloccando farmacologicamente la sintesi della 5-HT. Quest’ultimo intervento interrompe l’attività nella via della 5-HT che discende dal nucleo magnocellulare del rafe alle corna dornasi. La morfina somministrata per via sistemica risulta meno efficace nel sopprimere i riflessi nocicettivi spinali; inoltre, l’attività elettrica dei neuroni associati con le vie inibitorie discendenti viene aumentata dalla morfina, confermando che è presente una significativa componente sopraspinale nell’effetto complessivo.

A livello spinale, la morfina impedisce la trasmissione degli impulsi nocicettivi attraverso le corna dorsali e sopprime i riflessi spinali nocicettivi anche in pazienti con lesioni spinali.

Può inibire il rilascio di sostanza P dai neuroni afferenti spinali delle corna dorsali. Altre

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evidenze indicano che gli oppioidi inibiscono la scarica delle terminazioni afferenti nocicettive periferiche, soprattutto nell’infiammazione, in cui si è osservato un aumento dell’espressione dei recettori oppioidi sui neuroni sensoriali.

Effetti farmacologici.

Gli effetti più importanti della morfina si osservano a livello del SNC e del tratto gastrointestinale, sebbene effetti positivi, di minore rilevanza, siano stati osservati in altri sistemi.

 Effetti sul SNC:

o Analgesia: la morfina è efficace nei confronti della maggior parte dei dolori acuti e cronici, ma è molto meno efficace nelle sindromi dolorose di tipo neuropatico rispetto alla sua efficacia sul dolore associato al danno tissutale, all’infiammazione o alla crescita tumorale. Oltre all’azione nocicettiva, la morfina riduce la componente emotiva del dolore; questo effetto riflette la sua azione sui siti sopraspinali, a livello del sistema limbico che sembra essere coinvolto negli effetti euforizzanti. Nalorfina e pentazocina hanno azione nocicettiva simile alla morfina, ma un minor effetto sulla risposta psicologica al dolore.

o Euforia: la morfina induce senso di felicità e benessere, riducendo agitazione

e ansia associate a malattie o lesioni dolorose. Se morfina e diamorfina

sono somministrate per via endovenosa, l soggetto prova una improvvisa

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pazienti angosciati l’effetto è notevole, mentre nei pazienti cronici, abituati al dolore, produce analgesia senza euforia. Alcuni pazienti manifestano invece senso di agitazione piuttosto che euforia. Si ipotizza che l’euforia sia mediata dai recettori mu e che sia controbilanciata dalla disforia, associata alla attivazione dei recettori k. Il grado di euforia varia notevolmente in base ai diversi farmaci oppioidi. Codeina e pentazocina non provocano euforia, mentre la nalorfina, somministrata a dosi sufficienti a causare analgesia produce disforia.

o Depressione respiratoria con aumento della PC02 arteriosa: analgesia e

depressione respiratoria sono entrambe mediate dai recettori mu e il

bilanciamento tra di loro è una caratteristica della maggior parte degli

oppioidi. L’effetto depressorio è associato alla diminuzione della sensibilità

del centro respiratorio alla PC02; i neuroni presenti nel centro respiratorio

bulabare non sembrano essere direttamente depressi, ma gli oppioidi

applicati alla superficie ventrale del midollo allungato, nella regione dove

la chemiosensibilità alla C02 è massimale, hanno un potente effetto

deprimente sulla respirazione. La depressione respiratoria da parte degli

oppioidi non è accompagnata da depressione dei centri bulbari che

controllano le funzioni cardiovascolari (in contrasto, ad esempio, con

l’azione dei barbiturici). La depressione respiratoria rappresenta l’effetto

indesiderato più pericoloso anche per il fatto che si manifesta a dosaggi

terapeutici; è la principale causa di morte per intossicazione da oppioidi.

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o Depressione del riflesso della tosse: il meccanismo recettoriale non è chiaro;

in genere, aumentando la sostituzione dei gruppi idrossilici fenolici della morfina cresce anche l’attività antitussiva rispetto a quella analgesica. La codeina sopprime la tosse a dosi subanalgesiche e viene spesso somministrata come farmaco per la tosse. La folcodina è ancora più efficace in tal senso, ma, così come la codeina, provoca costipazione come effetto indesiderato.

o Nausea e vomito: si manifestano nel 40% dei pazienti e non sembrano apparentemente separabili dall’effetto analgesico. Il sito d’azione si trova nella zona trigger dei chemorecettori, una regione del midollo allungato dove stimoli chimici di vario tipo possono provocare il vomito. Nausea e vomito sono solitamente transitori e scompaiono se le somministrazioni sono ripetute.

o Costrizione pupillare: la miosi è mediata dai recettori mu e k presenti nel nucleo oculomotore. Le pupille a punta di spillo sono un segno diagnostico per individuare una intossicazione acuta da oppioidi, poiché la maggior parte dei composti in grado di causare coma e depressione respiratoria invece produce dialtazione pupillare.

 Effetti sul tratto gastrointestinale: la morfina aumenta il tono e riduce la motilità

di moltre parti del sistema gastrointestinale, causando costipazione, talora grave

e pericolosa. L’aumento dei tempi di svuotamento gastrico può ritardare

l’assorbimento degli altri farmaci. La pressione nel tratto biliare aumenta a causa

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controindicati nei soggetti che soffrono di coliche biliari dovute alla presenza di calcoli, nei quali il dolore può aumentare anziche diminuire. L’aumento della pressione biliare può causare un aumento transitorio della concentrazione plasmatica di amilasi e lipasi. L’azione della morfina sulla muscolatura liscia viscerale probabilmente è mediata soprattutto dai plessi nervosi intramurali, perché l’aumento del tono viene ridotto o abolito dall’atropina. Tale effetto è in parte mediato da un’azione centrale della morfina (l’iniezione intraventricolare della morfina inibisce i movimenti propulsivi gastrointestinali). L’effetto locale della morfina e di altri oppioidi sui neuroni dei plessi mienterici è di tipo inibitorio ed è associato all’iperpolarizzazione neuronale dovuta all’aumento della conduttanza al potassio. I recettori coinvolti sono i mu, i k e i delta.

 Altre azioni degli oppioidi: la morfina rilascia istamina dai mastociti mediante una

azione non correlata all’attivazione dei recettori oppioidi. Questa azione può

causare effetti locali (orticaria e prurito) o effetti sistemici (broncocostrizione e

ipotensione). L’effetto broncocostrittore della morfiana può avere conseguenze

gravi per i pazienti asmatici. Dosi elevate di oppioidi causano spesso ipotensione

e bradicardia per azione sul midollo allungato. Il rilascio di istamina, attivato dalla

morfina, può contribuire all’affetto ipotensivo. Gli effetti sulla muscolatura liscia

non appartenente al tratto gastrointestinale e bronchiale sono lievi, anche se talora

si possono osservare spasmi degli ureteri, della vescica e dell’utero. Gli oppioidi

producono anche effetti complessi di tipo immunosoppressore che rappresentano

un collegamento importante tra il sistema nervoso e la funzione immunitaria. Il

significato farmacologico di questo effetto non è stato ancora chiarito, ma

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nell’uomo vi sono evidenze che suggeriscono come il sistema immunitario venga depresso dall’abuso prolungato di oppioidi, portando ad una maggior suscettibilità alle infezioni.

Tolleranza e dipendenza.

La tolleranza agli oppioidi, definita come aumento della dose necessaria per produrre un dato effetto farmacologico, si sviluppa in alcuni giorni ed è facilemnte dimostrabile.

La dipendenza fisica si riferisce ad uno stato nel quale l’astinenza dal farmaco causa effetti fisiologici avversi come la sindrome da astinenza. Questi fenomeni raggiungono una certa severità se gli oppioidi vengono somministrati per più di qualche giorno. Non devono essere confusi con l’assuefazione, in cui la dipendenza fisica è molto più pronunciata e la dipendenza psicologica è la forza trainante; questa eventualità si verifica raramente nei pazienti che assumono oppioidi per controllare il dolore.

 Tolleranza: può osservarsi entro12-24 ore dalla somministrazione di morfina e si

estende alla maggior parte degli effetti farmacologici della morfina, comprese

analgesia, emesi, euforia e depressione respiratoria, ma influisce molto meno sugli

effetti di costipazione e contrazione pupillare. È un fenomeno generale per i

ligandi dei recettori oppioidi, indipendentemente dal tipo di recettore su cui

agiscono. Si verifica tolleranza crociata tra farmaci che agiscono sullo stesso

recettore, ma non tra oppioidi che agiscono su recettori differenti. Nelle situazioni

cliniche, la dose di oppioidi necessaria per ridurre efficacemente il dolore potrebbe

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aumentare in seguito allo sviluppo di tolleranza, pur non costituendo un problema grave.

 Dipendenza fisica: è caratterizzata da una ben definita sindrome da astinenza. I sintomi sono meno intensi se la somministrazione del farmaco viene ridotta gradualmente. Nell’uomo la sindrome di astinenza, caratterizzata da craving, irrequietezza, irritabilità, ipersensibilità al dolore, disforia, ansia, insonnia, mialgia, midriasi, sudorazione profusa, piloerezione, tachicardia, ipertensione, nausea, vomito, crampi addominali, rinorrea e diarrea, si osserva quando la somministrazione di oppioidi viene sospesa dopo che questi sono stati somministrati per giorni o settimane. L’intensità varia notevolmente e la dipendenza raramente progredisce fino a diventare assuefazione, in cui la dipendenza fisica diviene la caratteristica predominante

Aspetti farmacocinetici.

L’assorbimento degli oppioidi assunti per via orale è molto variabile. La morfina stessa vienne assorbita lentamente e in maniera irregolare e, nel trattamento di un grave dolore acuto, viene somministrata più spesso per via endovenosa o intramuscolare, mentre per il trattamento del dolore cronico si preferisce la somministrazione orale; sono disponibili anche formulazioni a rilascio graduale che consentono di aumentarne la durata d’azione.

La maggior parte dei farmaci morfino-simili è soggetta ad un considerevole metabolismo

di primo passaggio e risulta molto meno potente quando viene assunta per via orale

piuttosto che per via endovenosa o intramuscolare.

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L’emivita plasmatica della maggior parte dei farmaci morfino-simili è di 3-6 ore. Il metabolismo epatico è il principale processo di inattivazione e solitamente prevede una reazione di coniugazione con l’acido glucuronico in corrispondenza dei gruppi idrossilici in posizione 3 o 6. La morfina-6-glucuronide possiede, sorprendentemente, una attività analgesica superiore a quella della morfina stessa e contribuisce in modo importante all’effetto farmacologico. La morfina-3-glucuronide, invece, antagonizza gli effetti analgesici della morfina. i glucuronidi della morfina sono escreti nell’urina; il dosaggio della morfina deve, pertanto, essere ridotto in caso di insufficienza renale. I glucuronidi raggiungono anche l’intestino tramite l’escrezione biliare, dove vengono idrolizzati; la maggior parte della morfina può essere riassorbita attraverso il circolo enteroepatico.

A causa delle ridotte capacità di coniugazione del neonato, i farmaci oppioidi hanno una durata d’azione molto più lunga; dato che persino un basso grado di depressione respiratoria può essere pericoloso, i cogeneri della morfina non dovrebbero essere somministrati nel periodo neonatale, né essere utilizzati come analgesici durante il parto.

Gli analoghi che non hanno gruppi idrossilici in posizione 3 liberi (come diamorfina e codeina) vengono metabolizzati a morfina, giustificando almeno in parte la loro attività farmacologica. Quando viene somministrata per via intratecale, la morfina produce analgesia in maniera molto efficace, con effetti sedativi e di depressione respiratoria molto ridotti anche se non del tutto eliminati.

FANS (FARMACI ANTI-INFIAMMATORI NON STEROIDEI)

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La maggior parte dei FANS presenta tre principali tipi di effetti:

 Effetto anti-infiammatorio

 Effetto analgesico

 Effetto antipiretico

e condividono, in modo variabile, gli stessi tipi di effetti collaterali, basati, principalmente, sul loro meccanismo d’azione; tra questi vanno assolutamente ricordati:

 L’irritazione della mucosa gastrica

 Un effetto sul flusso sanguigno renale, in un rene compromesso

 Una inibizione della funzionalità piastrinica, con conseguente allungamento del tempo di coagulazione

 Un incremento dell’incidenza di eventi trombotici (infarti) per l’inibizione della sintesi della PGI2.

Nonostante le differenze tra i vari FANS, tutti gli effetti collaterali sono la conseguenza della inibizione della ciclossigenasi dell’acido arachidonico con successiva inibizione della produzione di prostaglandine (PG) e trombossani (Tx). Sono noti tre tipi di ciclossigenasi (COX):

 COX-1

 COX-2

 COX-3

COX-1 e COX-2 hanno un buon grado di omologia di sequenza (>60%) e catalizzano la stessa reazione, pur mostrando differenze fondamentali:

 COX-1 è un enzima costitutivo espresso nella maggior parte dei tessuti, comprese

le piastrine ed è coinvolta nel segnale tra cellula e cellula e nell’omeostasi tissutale;

(21)

è responsabile della produzione di prostaglandine implicate nella protezione gastrica, nell’aggregazione piastrinica, nell’autoregolazione del flusso sanguigno renale e nell’attivazione del prurito;

 COX-2 è indotta nelle cellule infiammatorie dopo la loro attivazione da parte di IL-1 e TNF-alfa; è, quindi, responsabile della produzione di prostanoidi mediatori dell’infiammazione. Si trova costituzionalmente presente nel SNC. Aumenta il rischio di malattie cardiovascolari.

La maggior parte dei FANS inibisce entrambe le COX, sebbene in grado variabile. L’azione anti-infiammatoria e, probabilmente, anche quella analgesica sono legate all’inibizione di COX-2, mentre gli effetti indesiderati sono in parte dovuti alla inibizione di COX-1.

 Effetto antipiretico: la regolazione della temperatura corporea avviene a livello

ipotalamico grazie al bilanciamento tra calore prodotto e calore dissipato. La

febbre insorge quando il “termostato” ipotalamico viene disturbato con aumento

del punto predeterminato della temperatura del corpo. I FANS riportano al livello

normale il “termostato” ed una volta che il punto prefissato di temperatura

corporea è stato riportato ai valori normali, i meccanismi di regolazione iniziano

ad attivarsi per ridurre la temperatura. Il meccanismo di azione antipiretica dei

FANS sembra derivare dalla inibizione della produzione di prostaglandine

nell’ipotalamo. Durante la reazione infiammatoria, le endotossine batteriche

inducono la liberazione, da parte dei macrofagi, di IL-1, la quale stimola la

produzione ipotalamica di PGE responsabile dell’aumento della temperatura. La

COX-2 dei vasi sanguigni è stimolata da IL-1.

(22)

 Effetto analgesico: i FANS sono efficaci soprattutto nei confronti del dolore lieve- moderato, in particolare se associato ad infiammazione o danno tissutale.

Agiscono riducendo la sintesi di prostaglandine che sensibilizzano i nocicettori all’azione dei mediatori dell’infiammazione (bradichinina) e sono efficaci nell’alleviare il dolore da artrite e borsite, il dolore muscolare e vascolare, il mal di denti, il dolore da metastasi ossee e, non per ultimo per intensità e imporrtanza, il dolore post partum, tutte condizioni associate all’aumento locale della sintesi delle prostaglandine. In associazione con gli oppioidi, i FANS attenuano il dolore postchirurgico e possono contribuire alla riduzione del loro dosaggio fino ad 1/3 della dose originaria.

 Effetti anti-infiammatori: riducono principalmente quelle componenti dell’infiammazione e della risposta immunitaria in cui le prostaglandine prodotte dall’azione di COX-2 svolgono un ruolo significativo:

o Vasodilatazione

o Edema (vasodilatazione per aumentata permeabilità delle venule postcapillari, agendo di conceerto con l’istamina)

o Dolore

I FANS inibiscono dolore, gonfiore e aumentato flusso sanguigno associati all’infiammazione senza avere alcun effetto sulla progressione della malattia cronica alla base di questi fenomeni.

Meccanismo di inibizione della COX.

(23)

Risale al 1971 l’evidenza secondo cui gli effetti dei FANS si esttrinsecassero grazie all’inibizione dell’ossidazione dell’acido arachidonico da parte delle COX. Le COX sono enzimi bifunzionali dotati di una duplice attività catalitica:

 La prima, definita di-ossigenazione, porta all’incorporazione di due molecole di O2 in posizione C11 e C15 dell’acido arachidonico, con produzione di un endoperossido intermedio, altamente instabile, la PGG2 (con gruppo idroperossido in posizione C15);

 La seconda, definita perossidasi, converte PGG2 in PGH2 (con gruppo idrossile in posizione C15) che viene trasformata in vari prostanoidi ad opera di isomerasi, reduttasi o sintasi.

Sia COX-1 che COX-2 possiedono un gruppo eme ed esistono in forma di omodimerilocalizzati nelle membrane intracellulari; possiedono un lungo canale idrofobico in cui l’acido arachidonico o altri substrati si legano a siti specifici in modo da rendere possibile la reazione di ossigenazione. I FANS, nella maggior parte dei casi, inibiscono solo la reazione iniziale di ossigenazione tramite un meccanismo inibitorio di tipo “competitivo-reversibile” con velocità variabile. In genere inibiscono velocemente la COX-1 mentre l’inibizione di COX-2 è più lenta e spesso irreversibile.

Per bloccare l’enzima, i FANS entrano nel canale idrofobico con formazione di un legame

a H con un residuo di arginina in posizione 120, impedendo l’accesso degli acidi grassi

substrato al sito catalitico. La selettività descritta per COX-2 è spiegata dalla formazione

di una tasca non presente nella COX-1 in conseguenza di una sostituzione

aminoacidica (isoleucinavalina in posizione 523) nella struttura d’ingresso del canale

(24)

L’ASA rappresenta un farmaco anomalo: entra nel sito catalitico e acetila una serina in posizione 530, inattivando in modo irreversibile COX-1.

Effetti indesiderati.

 Disturbi gastrointestinali (per inibizione della COX-1 gastrica, responsabile della sintesi di prostaglandine che per loro conto inibiscono la secrezione gastrica acida, con azione protettiva sulla mucosa). Il danno si verifica sia che il farmaco sia somministrato per via orale che sistemica.

o Dispepsia;

o Diarrea;

o Nausea e vomito;

o Sanguinamento gastrico ed ulcerazione della mucosa.

La somministrazione di analoghi delle prostaglandine, quali il misoprostolo, sembra ridurre il danno gastrico operato da questi farmaci. Basandosi su numerose esperienze sperimentali, era stato previsto che l’uso di FANS selettivi per COX -2 avrebbe procurato meno danni a livello della mucosa gastrica pur mantenendo un ottimale effetto analgesico e anti-infiammatoriio. In realtà è emerso che i FANS COX-2 selettivi aumentano in modo significativo il rischio di complicanze cardiovascolari dopo 18 mesi di trattamento.

 Reazioni cutanee eritematose orticarioidi, con aumentata fotosensibilità, fino alla S.me di Steven-Johnson.

 Effetti renali: sono di scarsa rilevanza nel paziente con funzionje renale conservata,

mentre, nel paziente con funzione renale compromessa possono esitare

(25)

nell’insufficienza renale, reversibile con la cessazione della somministrazione del farmaco. Alla base c’è il blocco della biosintesi di alcuni prostanoidi (PGE2 e PGI2) coinvolti nel mantenimento del flusso ematico renale. L’uso cronico di FANS può causare la nefropatia da analgesici, con nefrite cronica e necrosi delle papille renali.

 Altri effetti a carico del SNC, del midollo osseo e del fegato.

Anestetici locali

L’analgesia e l’anestesia per il parto hanno raggiunto in questi ultimi anni standard molto

elevati, grazie anche al sempre più frequente uso di soluzioni di anestetici locali molto

diluite che, associate ad altri farmaci, quali gli oppioidi, permettono di raggiungere ottimi

livelli di analgesia e anestesia con blocco motorio minimo. Solo in anni recenti è stata

attuata una valutazione sistematica della farmacodinamica delle curve dose-risposta per

gli anestetici locali somministrati per via epidurale o subaracnoidea. Nonostante il

modello clinico della minima concentrazione alveolare (MAC) o della minima velocità di

infusione (MIR) abbia permesso di studiare la farmacodinamica delle curve dose-risposta,

rispettivamente, degli agenti inalatori ed endovenosi, questo metodo è stato solo

recentemente applicato alle tecniche di anestesia locoregionale (ALR). La maggioranza

degli studi clinici sugli anestetici locali, sia per quanto riguarda la ricerca sulla dose clinica

(26)

è stata effettuata usando rapporti fissi tra questi e usando dosi comunemente impiegate

nella pratica clinica. Molto spesso gli studi clinici in cui si paragonavano gli anestetici

locali (AL) in termini di efficacia vengono eseguiti con scarsa conoscenza della potenza

relativa degli anestetici locali stessi, sia da soli, sia associati ad altri farmaci, o delle curve

dose-risposta analizzate, portando a risultati inconcludenti e mascherando differernze

importanti. La maggior parte di questi studi ha usato dosi e concentrazioni ben superiori

a ED95 o EC95 (dose e concentrazione minima efficace nel 95% dei soggetti),

corrispondente alla parte più alta della curca dose-risposta o concentrazione-risposta,

dove piccole differenze possono non essere notate o effetti simili possono essere mal

interpretati. La mancanza di dati farmacodinamici relativi alle relazioni delle curve dose-

risposta degli AL ha condotto alcuni sperimentatori ad impiegare il modello della minima

concentrazione analgesica efficace (MLAC); questo permette di determinare la

concentrazione minima efficace di un AL, ovvero la concentrazione alla quale la metà dei

soggetti esaminati presenta un determinato effetto. I primi studi che si sono basati su

questo modello lo hanno applicato all’ambito dell’analgesia epidurale per il primo stadio

del travaglio di parto ed hanno definito l’MLAC come l’EC50 (concentrazione efficace nel

50% dei soggetti). Il metodo si basa sul concetto di allocazione sequenziale, un metodo

statistico “up and down” che ha avuto una delle sue prime applicazioni in anestesia

generale, sia per quanto riguarda gli agenti anestetici endovenosi (MRI) che gli anestetici

inalatori (MAC). Questa metodica è stata usata per identificare la concentrazione minima

di AL e, quindi, i rapporti di potenza tra due AL.

(27)

Gli AL sono una classe di farmaciche, applicati a livello del sito d’azione in concentrazione adeguata, bloccano insorgenza e conduzione del potenziale elettrico delle cellule nervose e di altre membrane eccitabili bloccando i canali del sodio voltaggio-sensibili. Si tratta di derivati sintetici di esteri ed amidi di acidi carbossilici.

La cocaina fu isolata nel 1860 e proposta come anestetico locale per procedure chirurgiche, mentre al 1905 risale la scoperta della procaina, un sostituto sintetico.

Le molecole ad attività anestetica locale sono costituite da una parte aromatica collegata, mediante un legame estereo o amidico ad una catena laterale basica. Si tratta di basi deboli con pKa variabile tra 8 e 9; ad un pH fisiologico sono ionizzate, seppure non completamente. Questa caratteristica conferisce loro la capacità di penetrare la guaina dei nervi e le membrane assonali. La presenza del legame estereo o amidico è importante data la sensibilità di queste molecole alle reazioni di idrolisi metabolica: i composti che contengono un legame estereo sono inattivati nel plasma e nei tessuti da esterasi non specifiche, mentre quelli con legame amidico sono più stabili ed hanno una emivita plasnatica più lunga.

Importanti caratteristiche cliniche degli AL, quali onset time, potenza e durata d’azione, sono strettamente correlate con le proprietà chimico-fisiche

di ciascuna molecola, quali liposolubilità, legame farmaco-

proteico e grado di ionizzazione a pH fisiologico. In vitro la

potenza di un AL, intesa come la concentrazione minima di

farmaco capace di ridurre del 50% il potenziale di una fibra

nervosa a pH 7,2-7,4, è direttamente proporzionale alla sua

(28)

liposolubilità e potenza non è così precisa come nel nervo isolato, e l’aumento della potenza della molecola di anestetico con la liposolubilità si osserva solo fino ad un certo punto. La potenza di un AL è determinata, in vivo anche dal diametro della fibra nervosa, dal contemporaneo uso di vasocostrittori e dal pH del sito di iniezione. La liposolubilità influenza anche la durata d’azione dell’AL, creando depositi a lento rilascio nel grasso perineurale e nelle cellule mieliniche. La caratteristica chimico-fisica che maggiormente condiziona la durata d’azione in vivo è l’entità del legame farmaco-proteico; gli AL si leganoin misura variabile a proteine plasmatiche, in particolare albumina e alfa1- glicoproteina acida, e a proteine tissutali. La quota attiva è rappresentata dal farmaco libero, mentre quella legata alle proteine è inattiva. Gli AL con elevato legame farmaco - proteico hanno una maggior durata d’azione. L’entità del legame condiziona la tossicità ed il metabolismo del farmaco ed è influenzata dal pH ematico: l’acidosi riduce la percentuale di farmaco legata aumentandne, pertanto, la quota attiva e predisponendo a reazioni tossiche. La durata d’azione, in vivo, dipende inoltre dalla dose, dall’uso di vasocostrittori e dalle proprietà vasodilatatrici intrinseche del farmaco stesso.

L’onset, ovvero il tempo necessario all’instaurarsi del blocco, è inversamente

proporzionale alla quota di anestetico presente come base libera, non ionizzata; è infatti

quest’ultima che attraversa le membrane cellulari e raggiunge il sito d’azione, mentre la

forma ionizzata interagisce direttamente con i canali del sodio esplicando l’azione

farmacologica. Gli Al sono commercializzati sotto forma di sali solubili a pH leggermente

acido per garantirne la stabilità; dopo l’iniezione, il sale si dissocia e si viene a stabilire

un equilibrio tra la forma ionizzata e quella neutra dipendente dal pH dell’ambiente

circostante e dalla costante di dissociazione della molecola espressa dal suo pKa (valore

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di pH al quale la forma dissociata e indissociata sono in equilibrio tra loro, presenti al 50%). La relazione tra pH e pKa è espressa dall’equazione di Handerson-Hasselbach:

pKa = pH + log forma ionizzata/forma non ionizzata

Il pKa determina l’onset time del farmaco; visto che il pKa della parte basica dell’Al è compreso tra 7,6 e 8,9, a pH fisiologico prevale la forma ionizzata. In caso di acidosi, l’abbassamento del pH ematico sposta l’equilibrio verso la forma ionizzata riducendo la disponibilità di farmaco indissociata che attraversa le membrane; questo spiega la minor efficacia dell’AL in caso di infiammazione localizzata e/o generalizzata. In vitro, l’onset time è influenzato anche dalla dose di anestetico, in quanto concentrazioni più elevate rendono disponibili un numero maggiore di molecole di farmaco in prossimità del nervo da bloccare. Altro fattore importante per la potenza di un Al è la sua chiralità dipendente dalla presenza nella sua struttura di un atomo di carbonio asimmetrico. Nella pratica clinica, tutti gli anestetici locali amino amidici (prilocaina, mepivacaina e bupivacaina), ad eccezione della lidocaina, possiedono nella loro struttura un atomo di carbonio asimmetrico e sono commercializzate come miscele racemiche dei due stereoisomeri “S”

ed “R”. ropivacaina e levobupivacaina sintetizzate come forme levogire hanno mostrato

una ridotta tossicità cardiaca e neuronale. Come criterio generale si può affermare che

le forme levogire sono meno tossiche ed hanno una maggior durata d’azione.

(30)

Nel corso degli anni sono state proposte diverse teorie per spiegare il meccanismo d’azione degli AL; quella attualmente più accreditata è la teoria recettoriale secondo cui si ha l’interazione diretta tra la forma ionizzata di AL e la struttura proteica del canale del sodio. È noto che l’applicazione di dosi crescenti di AL in prossimità di una fibra nervosa produce un progressivo rallentamento della conduzione dell’impulso, con rallentamento della fase di ascesa del potenziale d’azione e aumento della sua ampiezza fino alla sua completa estinzione.

Secondo la teoria recettoriale questi effetti sono il risultato del legame della molecola di anestetico locale a recettori di membrana con impedimento dell’apertura dei canali del sodio. Il potenziale di riposo del nervo non sembra essere significativamente influenzato dagli AL. Il canale del sodio esiste in tre

stati funzionali: riposo, attivato, inattivato. L’affinità dei farmaci varia in base allo stato funzionale del canale: i dati ad oggi disponibili indicano come l’affinità dell’AL per il recettore attivato o inattivato sia maggiore rispetto allo

stato di riposo; ripetute depolarizzazioni aumentano la percentuale dei canali legati al

farmaco.in presenza di una sufficiente concentrazione di AL l’effetto è molto più

pronunciato in fibre in fase di rapida attività rispetto a fibre a “riposo”. Inoltre, il ripristino

dello stato funzionale di riposo è molto più lento per il complesso canale-recettore

rispetto alla inattivazione fisiologica; pertanto, il il periodo refrattario del potenziale

d’azione risulta allungato ed il nervo è in grado di trasmettere un numero inferiore di

(31)

impulsi. Studi sperimentali di mutazioni di singoli aminoacidi costituenti la struttura proteica del canale del sodio hanno consentito l’identificazione del sito di legame per gli anestetici locali, che si trova sulla porzione interna del canale. La presenza di un sito idrofobico, localizzato nella parte laterale della membrana all’interno del canale, quale via di passaggio per la molecola di

anestetico in forma neutra spiegherebbe la maggior potenza dei farmaci più liposolubili.

Il legame degli AL con i canali di calcio e potassio spiegherebbe, invece,

l’insorgenza di effetti collaterali di tipo cardiovascolare: ad elevate concentrazioni, tutti gl iAL sono in grado di provocare aritmie. Bisogna inoltre ricordare come l’aumento della concentrazione di calcio extracellulare favorisca lo stato di riposo dei canali del sodio attraverso un aumento del potenziale di superficie, antagonizzando parzialmente il blocco indotto dall’AL. L’iperpotassiemia, al contrario, favorendo lo stato di inattivazione dei canali a più alta affinità, attraverso una depolarizzazione di membrana, potenzia il blocco. Risultano inoltre rilevanti ai fini del blocco indotto dagli AL a livello spinale alcuni meccanismi complementari; gli AL hanno infatti anche un effetto diretto a livello spinale:

l’iniezione epidurale o subaracnoidea di AL inibisce a livello presinaptico la liberazione

di neurotrasmettitori coinvolti nella trasmissione degli stimoli dolorosi quali sostanza P,

acetilcolina, acido gamma-aminobutirrico, mentre a livello postsinaptico essi inibiscono

il legame sostanza P-recettore con meccanismo non competitivo.

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La sensibilità al blocco anestetico delle fibre nervose dipende dalle caratteristiche neurofisiologiche e anatomiche delle singole fibre. Nella pratica clinica, è comune riscontrare la capacità degli AL di bloccare la conduzione dolorifica, conservando invece la funzione tattile e motoria. Le peculiarità del blocco anestetico dipendono dal diametro e dal grado di mielinizzazione della fibra, nonché dalla frequenza di scarica e dalla collocazione anatomica all’interno del tronco nervoso. Le fibre di piccolo calibro a conduzione lenta (C,B Adelta) sono le prime ad essere interessate dal blocco anestetico.

Le grosse fibre a conduzione rapida (Aalfa e Abeta) sono coinvolte solo più tardivamente.

Mentre nelle fibre mielinizzate la propagazione dell’impulso avviene con modalità

saltatoria, attraverso i nodi di Ranvier, nelle fibre amieliniche la propagazione dell’impulso

avviene in maniera continua. Per bloccare la conduzione nervosa in una fibra mielinizzata

è necessario che almeno tre nodi di Ranvier siano completamente bloccati dall’AL, e

poiché quanto maggiore è il diametro della fibra, tanto maggiore è la distanza tra due

nodi successivi, questo rende almeno parzialmente conto della maggiore resistenza al

blocco delle grosse fibre. A parità di diametro, inoltre, le fibre mielinizzate sono

maggiormente sensibili al blocco rispetto alle non mielinizzate. Le fibre B mieliniche

pregangliari vengono interessate dal blocco più precocemente e più intensamente delle

fibre C amieliniche. Per questo motivo, in corso di anestesia epidurale o subaracnoidea,

il blocco simpatico compare precocemente rispetto a quello sensitivo e motorio. Inoltre,

il blocco anestetico risulta più intenso in presenza di alte frequenze di scarica e per

periodi di depolarizzazione più lunghi. Le fibre sensitive scaricano a frequenze più elevate

rispetto alle fibre motorie e presentano potenziali d’azione di durata maggiore.

(33)

Anestesia Subaracnoidea

Pur essendo una delle più datate tra le tecniche di anestesia regionale, l’anestesia subaracnoidea si presenta a tutt’oggi come la più affidabile e la più frequentemente usata. L’iniezione di anestetico locale nello spazio subaracnoideo porta ad un blocco temporaneo della conduzione di stimoli nelle radici dei nervi spinali e a paralisi delle fibre autonome, sensitive e motorie.

L’anestesia spinale ha le seguenti caratteristiche:

 Facilità di esecuzione

 Onset rapido

 Piano di anestesia soddisfacente

 Assenza di tossicità sistemica

L’applicabilità dell’ALR-Spinale dipende dai seguenti fattori:

o Area chirurgica

o Tipo e durata prevista dell’intervento o Grado di miorilassamento richiesto o Presenza di malattie concomitanti o Entità delle perdite ematiche previste

E’ particolarmente vantaggiosa per tutti i tipi di chirurgia riguardante aree corporee

sottombelicali: procedure chirurgiche agli arti inferiori, all’anca e in regione inguinale,

chirurgia vascolare, chirurgia di prostata e vescica, interventi ginecologici e osdtetrici,

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pazienti a stomaco pieno, in presenza di criteri predittivi di intubazione difficile, in presenza di anamnesi positiva per ipertermia maligna o nel sospetto di essa, nelle pneumopatie e nei pazienti anziani.

Tra i vantaggi possiamo ricordare che:

 Assicura un buon miorilassamento

 Ha azione coadiuvante sella profilassi tromboembolica grazie al blocco simpatico

 È adatta alla chirurgia ambulatoriale

 Presenta un rapporto efficacia-costo elevato con monitoraggio facile e sicuro.

Tra gli svantaggi è necessario ricordare che:

 Non è adatta per interventi sull’addome superiore (in questo caso sarebbe necessaria una anestesia alta almeno a livello di T4-T6)

 Il mancato blocco del nervo vago e del nervo frenico porta ad effetti collaterali quali nausea, singhiozzo, bradicardia riflessa da trazione viscerale

 Può causare instabilità emodinamica da blocco simpatico (ipotensione)

 Induce un blocco non modulabile e di durata non modificabile

Esiston o poche controindicazioni all’ALR-S che si dividono in specifiche e relative.

Tra le controindicazioni specifiche:

 Rifiuto del paziente o pazienti non adatti per motivi psicologici o psichiatrici

 Disturbi della coagulazione o terapia anticoagulante in atto

 Piastrine < 70000/mm

3

 Terapia con antiaggreganti quali ticlopidina e clopidogrel non sospesa da almeno 8-10 giorni

 Infezioni locali nel sito di iniezione

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 Stato settico in assenza di terapia antibiotica in atto

 Ipovolemia grave e shock

 Patologie acute cerebrali o della colonna vertebrale

 Aumentata PIC

Tra le controindicazioni specifiche correlate all’iniezione:

 Liquor misto a sangue che non si schiarisce dopo aspirazioni ripetute

 Assenza di libero deflusso di liquor dal cono dell’ago spinale.

Le controindicazioni relative richiedono sempre una valutazione rischio-beneficio e sono:

 La presenza di gravi deformità spinali, artrite, osteoporosi, prolasso del disco intervertebrale, dopo artrodesi vertebrale, o chirurgia discale, metastasi vertebrali

 Stenosi del canale spinale

 Terapia con aspirina (evitare in questi casi tentativi di puntira ripetuti e indaginosi) L’anamnesi positiva per cefalea e lombalgia non rappresentano ad oggi una controindicazione all’esecuzione dell’anestesia spinale, a condizione che vengano usati aghi di piccolo calibro (>25 G) e che venga effettuata una sola puntura della dura.

Prima di effettuare la procedura è necessario informare il paziente, raccoglierne il consenso e preparare il materiale necessario; devono essere sempre disponibili il materiale di emergenza, (kit per l’intubazione ed i farmaci d’emergenza) ed il respiratore;

il paziente deve essere monitorizzato (ECG, PA, pulsiossimwtria) e presentare un accesso venoso.

Gli aghi da spinale appartengono a due categorie:

 Aghi da spinale con punta conica a punta di matita 25 0 27 G. Quando la dura

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successivamente si richiudono riducendo al minimo il rischio di cefalea post puntura durale.

 Aghi da spinale con punta Quincke 25 o 27 G. La punta tagliente determina una lacerazione delle fibre della dura madre responsabile spesso di ccefalea post- puntura durale. (per questo motivo, questi aghi sono poco utilizzati).

Per i successo della procedura risulta di fondamentale importanza la posizione del paziente; in ogni caso è importante localizzare la linea mediana.

 Decubito laterale: si chiede al paziente di flettere le gambe sull’addome e il capo sul petto in modo da fare una “gobba” affinchè la colonna vertebrale si incurvi in modo da permettere una espansione ottimale degli spazi intervertebrali. E’

importante che la colonna vertebrale sia parallela al piano del letto operatorio e che la linea tra le due creste iliache e la linea interscapolare siano perpendicolari ad esso. Si tratta di una posizione più confortevole per il paziente, in particolare per quelli particolarmente a rischio di ipotensione; è particolarmente indicata nella gravida in cui il decubito laterale sinistro evita la compressione dell’utero sulla vena cava inferiore; consente di effettuare una anestesia unilaterale nel caso in cui vengano usate soluzioni iperbariche; è meno dolorosa per i pazienti con frattura d’anca o degli arti inferiori.

 Posizione seduta: il paziente è seduto sul letto operatorio e sostenuto da un

assistente che gli sta davanti e lo aiuta a mantenere la posizione. In questa

posizione è più semplice localizzare la linea mediana quando la palpazione dei

processi spinosi è difficile (nel paziente obeso o con deformità della colonna

vertebrale); l’anestesia può essere limitata alla regione perianale o perianale,

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quando richiesto; il deflusso del liquor è più rapido. Questa posizione espone ad un maggior rischio di ipotensione.

 Decubito prono “jack-knife”: è riservato alle tecniche ipobariche per interventi sul retto, sul perineo, sul sacro e sulla parte inferiore della colonna.

La tecnica prevede tre diversi approcci:

 Approccio mediano: l’iniezione viene effettuata sulla linea mediana inferiormente al segmento L2 (cono midollare), di solito tra i processi spinosi di L2/L3 o L3/L4.

Al paziente viene chiesto di piegare le gambe verso l’addome e di appoggiare il mento sul petto. Si disegna una linea che unisce le due creste iliache, la linea di Tuffier che incrocia il processo spinoso di L4 o lo spazio intervertebrale L4/L5. Si palpa lo spazio intervertebrale, si localizza la linea mediana e si sceglie il punto di iniezione. Si disinfetta la cute in modo ampio e accurato, si asciuga e si posiziona un telino sterile attorno al sito di iniezione. Cute e legamenti interspinosi e sopraspinosi sono anestetizzati con anestetico locale (di solito lidocaina 2%).

Senza muovere la cute tenuta in tensione tra indice e medio della mano sinistra,

si prende l’introduttore con pollice ed indice della mano destra e lo si inserisce

nel punto scelto con direzione parallela al letto operatorio e di circa 10° in senso

craniale, finchè si fissa nel legamento interspinoso. E’ importante mantenere una

popsizione perfettamente mediana. A questo punto si fissa l’introduttore con

pollice e indice della mano sinistra. L’ago da spinale, tenuto tra pollice e indice

della mano destra, viene inserito nell’introduttore: passa attraverso il legamento

spinoso, il legamento giallo, lo spazio epidurale fino allo spazio subaracnoideo

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che si identifica col “click durale”. A questo punto possono verificarsi diverse situazioni:

o Libero flusso di liquor: a questo punto si può iniettare la quantità desiderata di anestetico locale con velocità pari a circa 1ml/5sec.

o Sangue nel liquor: la fuoriuscita di liquor leggermente ematico che schiarisce rapidamente, spontaneamente o dopo aspirazione, accade di solito dopo perforazione di una vena epidurale durante la progressione dell’ago verso lo spazio subaracnoideo; in questi casi l’anestetico può essere iniettato. La fuoriuscita di sangue puro indica la presenza dell’ago in una vena; in questi casi deve essere effettuato un altro tentativo in uno spazio intervertebrale diverso.

o Nessun flusso di liquor: si può provare a ruotare l’ago nelle quattro posizioni applicando una aspirazione prudente; dopo riposizionamento del mandrino si può far avanzare l’ago leggermente in avanti. Se, nonostante queste manovre, non si verifica alcun flusso, l’ago deve essere rimosso e la procedura ripetuta con una diversa direzione dell’ago. L’anestetico locale non deve mai essere iniettato senza la precedente fuoriuscita del liquor.

o Parestesie durante la puntura: si verificano quando l’ago da spinale tocca

una radice nervosa o il periostio lungo il suo percorso; la direzione dell’ago

deve essere cambiata. Se le parestesie si presentano quando l’ago ha

raggiunto lo spazio subaracnoideo, bisogna retrarlo leggermente. Quando

le parestesie si presentano durante l’iniezione, l’ago deve essere

riposizionato prima di procedere all’iniezione del farmaco.

(39)

L’esperienza dimostra che un fallimento solitamente si verifica quando l’ago di iniezione non è sulla linea mediana o è angolato troppo cranialmente.

 Approccio paramediano: con questa tecnica vengono evitati i legamenti sopraspinoso e interspinoso, cosicchè il legamento giallo è il target principale nel percorso verso lo spazio subaracnoideo. Non è richiesta la flessione della colonna.

Il sito di iniezione è localizzato a 1-1,5 cm lateralmente e caudalmente al margine caudale del processo spinoso. La puntura è effettuata in direzione craniomediale, con un angolo di circa 10-15° rispetto alla linea mediana. La dura viene raggiunta a circa 4-6 cm di profondità. La maggior parte degli errori avviene quando l’ago è angolato troppo cranialmente. Questa tecnica può essere utilizzata in caso di alterazioni degenerative della colonna , pazienti anziani con marcata calcificazione dei legamenti sopraspinosi e interspinosi, obesità, fratture o altre condizioni patologiche in cui il dolore rende impossibile la flessione della colonna.

 Approccio di Taylor: consiste in un’iniezione paramediana, attraverso lo spazio intervertebrale L5/S1, lo spazio interlaminare più largo in regione spinale. Il paziente deve assumere un decubito laterale o la posizione seduta. Il sito di iniezione è localizzato a circa 1 cm medialmente e 1 cm caudalmente alla creta iliaca posterosuperiore. L’ago di iniezione è portato avanti in direzione craniomediale con un angolo di circa 55°. Se si tocca il periostio, l’ago deve essere ritirato e la direzione deve essere corretta. Le rare indicazioni per questa via d’accesso includono le procedure nella regione perineale e perianale.

L’opportuno posizionamento del paziente concorre a determinare il livello di anestesia

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L’iniezione di un anestetico locale nello spazio subaracnoideo blocca la funzione sensitiva e motoria. I target principali dell’anestesia spinale sono le radici posteriori, i gangli e le radici anteriori dei nervi spinali, le fibre nervose autonome ed i tronchi nervosi misti. Il primo segno di effetto sulle radici nervose spinali è una sensazione soggettiva di calore ai piedi. L’ulteriore approfondimento del blocco interessa il tatto, la pressione profonda, la funzione motoria ed il senso di vibrazione e posizione.

In base al tipo di anestetico utilizzato si possono avere 2 diversi tipi di anestesia:

 Anestesia iperbarica: se eseguita in decubito laterale, il paziente viene messo in posizione supina quando è richiesta una anestesia bilaterale, mentre rimane sul lato da operare per almeno 15-20 minuti se si desidera una anestesia unilaterale.

Se eseguita in posizione seduta, il paziente viene messo subito in posizione supina o in decubito laterale per permettere la distribuzione desiderata dell’anestetico, mentre rimane seduto per 15-20 minuti se si desidera ottenere una distribuzione sacrale (blocco a sella per interventi a livello perineale).

L’anestesia spinale unilaterale è usata per bloccare le radici anteriori e posteriori

del lato da operare, mentre il lato controlaterale ed in particolare le sue fibre

simpatiche rimane non bloccato, riducendo l’incidenza di ipotensione. E’ indicata

negli interventi chirurgici ed ortopedici degli arti inferiori; ha il vantaggio di

ridurre l’estensione del blocco simpatico, in quanto i piccoli volumi e l’iniezione

più lenta dell’anestetico locale comportano il coinvolgimento di meno segmenti

spinali, garantisce una maggiore stabilità emodinamica ed un recupero più rapido

dall’anestesia. E’ necessario sottolineare che solo raramente si ottiene una

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anestesia strettamente unilaterale e la procedura richiede un tempo preoperatorio leggermente più lungo.

 Anestesia spinale isobarica: è adatta la posizione orizzontale; altre posizioni non hanno un effetto significativo sulla distribuzione dell’anestetico.

Complicanze dell’anestesia spinale.

Si dividono in :

 Complicanze durante l’iniezione:

o sincope vasovagale

 Complicanze immediatamente dopo l’iniezione e durante la fase di fissaggio:

o Ipotensione

o Anestesia spinale alta o totale o Blocco subdurale

o Disturbi respiratori o Disturbi gastroenterici o ipotermia

 Complicanze nella fase postoperatoria precoce:

o ritenzione urinaria

 Complicanze tardive

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o Lombalgia

o Sintomi neurologici transitori o Complicanze neurologiche

 Sindrome della cauda equin

 Sindrome dell’arteria spinale anteriore

 Complicanze durante l’iniezione: sincope vasovagale. E’ una complicanza innocua che si verifica più spesso nelle persone giovani e ansiose durante l’iniezione in posizione seduta. I sintomi soggettivi sono sudorazione, obnubilamento e nausea;

obiettivamente si riscontrano bradicardia importante e ipotensione. La terapia consiste nel mettere il paziente in posizione supina e, qualora si renda necessario, somministrare piccole dosi di atropina. Per ridurre al minimo l’incidenza di questa complicanza è consigliabile preferire la tecnica con iniezione in decubito laterale e somministrare una sedazione leggera in modo da ridurre la quota ansiosa del paziente.

 Complicanze immediatamente dopo l’iniezione e durante la fase di fissaggio:

o Ipotensione: è la complicanza più frequente ed è una conseguenza del

blocco delle fibre delle radici simpatiche. E’ accompagnata spesso da

bradicardia (blocco pregangliare dei nervi simaptici cardiaci, T1-4) e da

nausea. Come meccanismo, riconosce la vasodilatazione con blocco del

sangue postarteriolare, riduzione del volume ematico circolante e del

ritorno venoso al cuore. L’ipotensione è tanto più marcata quanto più alta

è l’estensione dell’anestesia spinale e del blocco simpatico. Lo scopo del

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