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La Direttiva riporta il principio della parità di trattamento di tutti gli azionisti in materia di esercizio dei diritti di voto in assemblea (art. 4) proseguendo, poi, con il diritto di iscrivere punti all’ordine del giorno dell’assemblea e di presentare proposte di delibera (art.6) e, ancora, con il diritto di porre domande (art.9). Altre disposizioni procedurali sono invece relative ai requisiti per partecipare all’assemblea (art.7), alla partecipazione alla stessa con mezzi elettronici (art.8), al voto per delega (art.10), alle formalità per la nomina e la notifica del rappresentante (art.11), al voto per corrispondenza (art.12), al risultato della votazione (art.14).
Per quanto concerne la Shareholder’s right II, invece, essa si focalizza sull’inadeguatezza del sistema di monitoraggio delle società partecipate e sull’eccessiva concentrazione sui rendimenti a breve termine, “il che può portare a una governance e ad una performance aziendale non ottimali” (considerando n.2).
La SHRD 2 può essere considerata come un framework di doveri dei vari attori coinvolti, relativi agli aspetti remunerativi, ad un più strenuo impegno nella vita societaria da parte degli investitori e, per finire, doveri di trasparenza. Molto significativo è l’espresso riferimento anche alla normativa internazionale delle Nazioni Unite (al considerando n.14), in particolare per quanto riguarda il coinvolgimento degli azionisti nella corporate governance e l’introduzione dei fattori non finanziari nelle strategie aziendali, come richiamato dai UN Principles for Responsible Investment.
In quest’ottica di maggiore integrazione degli azionisti nella vita sociale, anche nel testo della presente direttiva sono enunciati una serie di diritti che gli Stati membri si impegnano a far osservare, laddove si prevede che gli Stati Membri si adoperino affinchè gli intermediari facilitino l’esercizio dei diritti da parte degli azionisti (art. 3c).
Un elemento di novità rispetto alla prima direttiva è anche la maggiore presa in considerazione del parametro della trasparenza, infatti, nel Capitolo Ib, intitolato
“Trasparenza di investitori istituzionali, asset manager e proxy advisor”, sono inserite disposizioni come l’art. 3i, che prevede che i gestori di attività comunichino all’investitore con cui hanno concluso gli accordi una rendicontazione relativa ai rischi a lungo termine connessi agli investimenti e ad altri fattori, come la composizione del portafoglio, nonché una relazione “chiara e comprensibile” sulla remunerazione degli amministratori che la società è tenuta a stilare (art. 9b).
Nel nostro ordinamento, la SHRD 2 è stata recepita con d.lgsl. 49/2019, pubblicato in “Gazzetta Ufficiale” il 10 giugno del 2019 e avente ad oggetto le operazioni con parti correlate, la relazione sulla remunerazione e il diritto di porre domande ante assemblea. Il
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decreto, in realtà, non introduce vere e proprie novità, bensì ha l’intento di specificare il contenuto del “Regolamento recante disposizioni in materia di operazioni con parti correlate”, adottato dalla Consob con delibera n. 17221 del 12 marzo 2010. In particolare, esso ha apportato modifiche relative alla remunerazione dei componenti degli organi di amministrazione, dei direttori generali e dei dirigenti con responsabilità strategiche di società quotate, attraverso un maggiore coinvolgimento degli azionisti nelle politiche retributive e facendosi promotore della sostenibilità della società a lungo termine. Ha, inoltre, introdotto una specifica disposizione in materia di sanzioni, il comma 1.1 all’art. 192 bis del TUF rubricato“Sanzioni amministrative in tema di informazioni sul governo societario e di politica di remunerazione e compensi corrisposti”87 , ai sensi del quale è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 150.000 per tutte quelle società che violano l’art. 123-ter del TUF, relativo alla trasparenza della relazione sulla politica in materia di remunerazione e sui compensi corrisposti e per tutti quei soggetti che agiscono in violazione delle suddette disposizioni88.
Nel nostro Paese solo recentemente, a dire il vero, ha avuto inizio un processo di autoregolamentazione delle imprese per un buon governo societario e, nella maggior parte dei casi, si è verificato con l’adozione di codici di autoregolamentazione. Ne è un esempio il Codice di Autodisciplina della “Borsa Italiana S.p.A”89, che sarà trattato più ampiamente nel III capitolo, contenente al suo interno principi di comportamento per le società finalizzati a garantire un buon rapporto tra queste e il mercato. Esso, come si vedrà, attribuisce un ruolo di maggior rilevanza al Consiglio di Amministrazione e ai Comitati interni al Consiglio; in relazione al primo, ad esempio, viene potenziato il suo ruolo di controllo amministrativo ed organizzativo delle politiche con rilevanza strategica, nonché di controllo sull’indipendenza dei suoi membri; riguardo ai secondi, invece, il Codice prevede più forti garanzie in materia di trasparenza del processo di selezione e nomina degli amministratori.
87 Testo Unico della Finanza, art.192bis c.1.1
88 V. sopra.
89 Anche nota come “Borsa di Milano”, è una società che si occupa di gestire il mercato finanziario italiano.
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Infine, in merito alla trasparenza nei rapporti con gli azionisti, il Codice prevede la creazione di una sezione sul sito internet dell’emittente che ha ad oggetto le informazioni relative all’esercizio dei diritti sociali90.
Il modello della “Borsa Italiana S.p.A” è utile per far comprendere come le riforme di governance, sempre più frequenti nelle società quotate di tutto il mondo, si rendano necessarie per raggiungere un grado più elevato di compatibilità con pratiche sostenibili.
Del resto, si tratta di iniziative che si plasmano sulla base di strumenti giuridici di più ampio respiro. Ancora una volta, infatti, vengono in rilievo i nuovi Principi di Corporate Governance dell’Ocse, pubblicati nel 2015 nella versione aggiornata dopo consultazioni avvenute nell’ambito del G20.
Essi sono improntati sulla creazione di un’efficace corporate governance, sul rafforzamento dei diritti e delle condizioni di parità tra i soci, eliminando ogni ostacolo al corretto svolgimento del diritto di voto, su un’attività di disclosure più trasparente anche attraverso la responsabilizzazione del consiglio di amministrazione e sulla tutela degli investitori, garantendo loro l’accesso al credito e l’integrità dell’attività economica, contrastando, quindi, le pratiche che comportano la manipolazione del mercato.
Sempre del 2015 sono i 12 Principi dell’Ocse sulla Governance dell’Acqua, che, al principio 9, esortano le istituzioni e la governance delle risorse idriche ad ispirarsi a principi di trasparenza ed integrità per accrescere la responsabilità del processo decisionale91, proprio sulla base del fatto che, spesso, le crisi idriche sono crisi di governance, dovute a gap interni della responsabilità degli enti pubblici.
90 ”Codice di Autodisciplina”, Comitato per la Corporate Governance.
91 Principi dell’OCSE sulla Governance dell’Acqua, principio 9, 2015.
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2.4 Analisi comparativa: la corporate governance negli USA e nel UK
Una volta delineati i profili generali della corporate governance ed evidenziata l’importanza delle riforme in questo campo per un approccio più sostenibile, può essere utile volgere lo sguardo anche ai sistemi di common law, nel tentativo di analizzare a grandi linee il funzionamento del governo d’impresa negli USA e nel Regno Unito.
In riferimento agli USA, innanzitutto, è opportuno ricordare il binomio diritto federale-diritto statale, per cui il primo ha fondamento nella Costituzione e attribuisce al Congresso il potere di formulare leggi in determinati campi (quello del commercio tra stati e internazionale, ad esempio), mentre il secondo, che ha fondamento nel X emendamento della Costituzione, consente ai cinquanta Stati di regolamentare tutto quanto non è disciplinato dalle leggi federali. A loro volta, lo Stato federale ed i singoli stati hanno delegato i propri poteri ad altri soggetti, quali agenzie pubbliche e autorità distrettuali competenti in settori specifici. In particolare, mentre la materia delle security law è di rango federale, il diritto societario è regolato dalla legge statale, dal case law delle corti, dagli statuti e dai codici di condotta delle società.
La membership delle società americane è composta da un’assemblea generale degli azionisti e da un consiglio di amministrazione, per i cui componenti senza compiti esecutivi è richiesto, come parametro imprescindibile, l’indipendenza, specialmente a seguito dello scandalo Enron, che nel 2001 coinvolse la Enron corporation, una compagnia energetica americana, per bancarotta fraudolenta92.
Proprio per evitare il rischio di abuso di potere, infatti, gli atti costitutivi prevedono il requisito dell’indipendenza intesa come assenza di affari con la società, o il non avere membri della famiglia come dipendenti per tutti gli amministratori del comitato per le nomine, di quello per la remunerazione e di quello per il controllo.
Altro aspetto che si ricava dagli atti costitutivi è rappresentato dai diritti degli azionisti, che per le società quotate e che si finanziano sul mercato dei capitali hanno ricevuto una notevole regolamentazione a livello federale soprattutto grazie alla US Securities and Exchange Commission93, che ha tra le sue missioni quella di proteggere gli investitori, rafforzando i doveri informativi delle public corporation (quotate o ad azionariato diffuso), che sono tenute a presentare relazioni trimestrali e annuali in cui sono esposti gli obiettivi raggiunti o da raggiungere nella gestione corporativa, tenendo conto del principio di parità degli investitori.
92 Cfr. The Handbook of Texas Online.
93 Esso è l’ente federale americano preposto al controllo della borsa valori, fondata da Roosevelt nel 1934.
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Negli USA, infatti, vige il cosiddetto “modello anglo-americano” di corporate governance, con una normativa palesemente pro-management (specialmente nello Stato del Delaware, dove ogni giorno, centinaia di controversie tra azionisti e soci minoritari sono sottoposte alla Court of Chancery), ma che, nello stesso tempo, tutela gli interessi degli azionisti e fonda l’organizzazione societaria su un consiglio di amministrazione presieduto da amministratori non esecutivi (eletti dagli azionisti) che sono generalmente più numerosi di quelli esecutivi e ricoprono ruoli molto rilevanti anche nei comitati di revisione e di remunerazione.
Nella prassi, in realtà, gli azionisti hanno spesso visto i loro diritti affievoliti; la corporate law dello Stato del Delaware, ad esempio, prevede che gli azionisti possano nominare il consiglio avvalendosi di un voto a maggioranza ed eleggere nuovi amministratori (sempre a maggioranza), ma le nomine dei candidati sono sottoposte al controllo degli amministratori94proprio perché si tratta di un sistema spiccatamente manager-oriented.
Anche riguardo al diritto di voto, non tutti gli Stati federali prevedono il cosiddetto say to pay, ossia il diritto degli azionisti di votare sulla remunerazione dei dirigenti, principio nato in realtà nel Regno Unito con il Companies Act del 2006, in cui si fa riferimento ad un voto non vincolante per tutti gli azionisti nelle delibere remunerative.
Per quanto riguarda, invece, i rapporti con i dipendenti, le società godono di discrezionalità nel gestire i diritti di voto dei dipendenti e le rappresentanze nel consiglio di amministrazione, sempre più ambite dai sindacati a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, periodo in cui gli azionisti monopolizzavano fortemente le questioni legate ai diritti di voto all’interno delle corporations americane.
Ovviamente, laddove sussistono diritti, risiedono dei doveri ed anche in questo campo assistiamo a delle evoluzioni. Se, prima, gli atti costitutivi delle società non vietavano espressamente agli amministratori di curare i propri interessi personali, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, invece, a questi è imposto anche dal case law un dovere di lealtà e di diligenza nel gestire i diritti e le relazioni con azionisti, stakeholders e lavoratori, obbligo che deve essere rispettato dall’intera corporation (e che, in realtà, affonda le sue radici nel diritto inglese, in particolare nel case law del 1742 Charitable Corporation v. Sutton95).
Come si approcciano le imprese moderne americane al rispetto dei parametri di buona governance?
94 Delaware General Corporation Law, Codice Delaware online. Esso è lo statuto che regola il diritto societario dello Stato del Delaware ed è considerato il più importante degli USA.
95 The Charitable Corporation c. Sutton, Court of Chancery, 13 agosto 1742.
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a Black Rock, la più grande società d’investimento con sede a New York, è in prima linea nell’inserimento del fattore “G” nelle proprie strategies, attenendosi a linee guida, pratiche e principi per promuovere i valori del buon governo d’impresa.
Nell’introduzione del suo Code of Business Conduct and Ethics, si fa riferimento ai parametri dell’eticità e della professionalità nella conduzione delle attività commerciali di cui devono farsi portatori dipendenti e direttori per contrastare “comportamenti impropri”96 e per creare valore a lungo termine nel soddisfacimento degli interessi dei clienti, dei dipendenti e di tutti i soggetti con cui l’azienda opera97.
“Black Rock”, quindi, è un chiaro esempio di sperimentazione del concetto di benessere finanziario, che prima di tutto deve partire dall’interno.
Pur trattandosi di un ordinamento distinto, con delle proprie specificità, giova soffermarsi sull’altro sistema di common law, quello inglese, al fine di avere una visione più ampia delle peculiarità del governo aziendale e di evidenziare i punti di contatto e le differenze con quello statunitense.
In primis, nel Regno Unito non opera la bipartizione tra materie regolate dalla legge federale e da quella statale, infatti la corporate governance si avvale di leggi, codici di condotta e linee guida di mercato, nonché dei principi contenuti nel Codice di Corporate Governance del Regno Unito del 201898, che fornisce spunti interessanti per l’implementazione di best practices aziendali in materia di condotta del consiglio di amministrazione e dei comitati, che deve essere ispirata a capacità, esperienza, indipendenza e conoscenza della società (sezione B: efficacia) e in materia di responsabilità (sezione C: responsabilità), prevedendo che il consiglio mantenga una gestione del rischio equilibrata e che formuli disposizioni chiare per l’applicazione dei principi di rendicontazione aziendale99.
In particolare, il Codice, che prevede il meccanismo del comply or explain (
“rispetta o spiega”), propone un sistema “unitario”, caratterizzato dalla forte presenza del consiglio di amministrazione, responsabile del successo dell’azienda, con un presidente e un amministratore delegato disgiunti, un equilibrio tra amministratori esecutivi e non esecutivi (a differenza del modello americano in cui quelli non esecutivi sono più numerosi degli altri), comitati di revisione e remunerazione indipendenti che devono agire sulla base del principio di trasparenza e diritti consolidati per gli azionisti, la cui partecipazione attiva alla società è incoraggiata, prevedendo per essi anche meccanismi di
96 Code of business conduct and ethics, Black Rock, 30/04/2020.
97 Corporate Governance Guidelines, Black Rock, 30/09/2020.
98 Esso è parte del diritto societario del Regno Unito, contiene principi di good governance rivolti alle società quotate nella Borsa di Londra.
99 Codice di Corporate Governance del Regno Unito.
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opposizione alla non conformità al Codice della governance della società di appartenenza.
A differenza di quanto si è potuto constatare con il sistema societario americano, non molto a favore degli azionisti, ai quali solo poche legislazioni riconoscono ampi diritti, quello inglese, dunque, è un sistema fortemente a favore di questa categoria, tanto che la maggior parte degli statuti delle società britanniche prevede il diritto degli azionisti di rimuovere gli amministratori per qualsiasi ragione, mentre in America ciò è possibile solo “per giusta causa”100 e hanno il potere di modificare lo statuto della società con le opportune maggioranze.
Anche lo Stewardship Code del 2010101ha giocato un ruolo importante in tale direzione, essendo uno scrigno di principi e norme di condotta cui dovrebbero attenersi gli investitori istituzionali, che devono tenere conto, nel bilanciamento di interessi, anche di quelli degli azionisti.
Riguardo ai diritti dei dipendenti, invece, il sistema britannico è stato uno dei primi ad attuare leggi di “codeterminazione”, ovvero la pratica in base alla quale i lavoratori hanno il diritto di votare i rappresentanti nel consiglio di amministrazione dell’azienda (tra le prime leggi che lo prevedevano ricordiamo l’Oxford University Act del 1854 e il Port London Act del Regno Unito del 1908), nonché per le questioni relative all’occupazione nei comitati aziendali, anche se il Companies Act del 2006 non prevede espressamente l’obbligo per i dipendenti di votare nell’assemblea generale, per cui la composizione della governance è sostanzialmente rimessa agli azionisti e ai gestori patrimoniali.
All’interno del Companies Act, sono poi specificati i doveri degli amministratori, tenuti al rispetto dei principi di common law e di equity, compresi quelli non codificati relativi al risarcimento per violazione dei loro doveri.
In materia, uno dei case studies storici più noti nel diritto societario britannico è quello di Re Barings plc (n.5)102 risalente al 2000. Nick Leeson agì in veste di supervisore della Barings Bank, abusando sostanzialmente della sua posizione, compiendo delle
100 CA 2006 s. 168, in precedenza Companies Act 1985, s. 303.
101 Anch’esso fa parte del diritto societario inglese ed è stato redatto dal Financial Reporting Council nel 2010. Si applica alle imprese “che gestiscono beni per conto di azionisti istituzionali quali fondi pensione, compagnie di assicurazione, fondi di investimento e altri veicoli di investimento collettivo” e contiene sette principi di condotta rivolti agli investitori istituzionali: divulgare pubblicamente la propria politica su come adempiere alle proprie responsabilità di amministrazione, disporre di una solida politica sulla gestione dei conflitti di interesse in relazione alla gestione e tale politica dovrebbe essere divulgata pubblicamente, monitorare le proprie società partecipate, stabilire linee guida chiare su quando e come intensificheranno le loro attività come metodo per proteggere e aumentare il valore per gli azionisti, essere disposto ad agire collettivamente con altri investitori ove appropriato, avere una chiara politica in materia di voto e divulgazione dell’attività di voto, riferire periodicamente sulle loro attività amministrative e di voto.
102 Re Baring plc (no.5) Court of Chancery, 2000.
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operazioni che non avrebbe potuto svolgere, perché privo del potere di farlo, per conto della Barings Bank, attraverso falsificazioni dei conti bancari.
Tuttavia, nel 1995, con la crisi dei mercati finanziari, la sua condotta fu scoperta e determinò la bancarotta per la Barings, mentre il Companies Act, nella sezione 172, prevede che gli amministratori hanno il compito di "promuovere il successo della società", stabilendo i fattori di cui essi devono tenere conto nella conduzione dell’impresa al successo, ovvero le conseguenze di qualsiasi decisione a lungo termine, gli interessi dei dipendenti, l’impatto socio-ambientale dell’attività aziendale, la necessità di agire equamente nei rapporti con i membri della società e l’impegno costante nel mantenere elevati i livelli di reputazione dell’impresa.
Un modello di società inglese che risulta essere molto attenta ai parametri della governance, è rappresentato dal Reckitt Benckister Group, con sede nel Regno Unito, azienda leader nel settore dei prodotti per la pulizia. Sul suo portale online, infatti,
si fa riferimento all’esigenza di adottare standard aziendali di governance elevati, senza i quali non si può infondere fiducia negli stakeholder; tale società, infatti, è a favore della sensibilizzazione per la sostenibilità della governance e i suoi principi chiave, ragion per cui il suo Consiglio di amministrazione delega ad un sottocomitato, il
“Comitato per responsabilità sociale, sostenibilità ed etica”, la supervisione periodica della sostenibilità anche a livello gestionale ed esecutivo dell’impresa103.
L’analisi comparativa fino ad ora svolta consente anche di carpire differenze ed analogie rispetto ai sistemi di corporate governance di civil law, in quanto sia questi ultimi, sia quelli di common law, sono caratterizzati da specifiche strutture e strategie, a partire dal fatto che i primi si basano su una legislazione scritta e sulla codificazione, mentre nei secondi, il più delle volte, è la casistica giurisprudenziale a dettare le norme in un certo ambito secondo il principio dello stare decisis, con la conseguenza che la normativa codificata è in minoranza, a favore, invece, di un ampio case law, sebbene dal 1985 (con il Companies Act del Regno Unito), abbia avuto inizio un’operazione di codificazione dei suoi principi.
103 “Crediamo che gli elevati standard aziendali di governance, combinati con un rigoroso approccio aperto al reporting, siano fondamentali per gestire la nostra attività con integrità e per mantenerla fiducia nei nostri stakeholder”, dal portale online di Reckitt Benkister.
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