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Dopo δειν si vede una traccia bassa sul rigo, costituita da uno spesso tratto che dalla metà del rigo scende obliquo verso sinistra e poi risale; per gli editori princip

Prospetto delle sigle in uso per la tradizione indiretta

16. Dopo δειν si vede una traccia bassa sul rigo, costituita da uno spesso tratto che dalla metà del rigo scende obliquo verso sinistra e poi risale; per gli editori princip

si trattava di un punto basso; tuttavia, nulla esclude che si tratti di una lettera poi cancella o sovrascritta.

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7. De Corona §§ 27-28, 35-40

PSI XIV 1395 sec. III / IV d.C. Prov.: Oxyrhynchus (Bahnasa).

Cons.: Firenze, Istituto Papirologico “G. Vitelli”, PSI inv. 2509. Ed.: GRASSI 1957, pp. 74-76.

Tav.: http://www.psi-online.it/documents/psi;14;1395.

Comm.: MP3 278; LDAB 712; PACK2 1965, nr. 278; TURNER 1977, p. 104, nr. 43;

MARESCH – PACKMAN 1990, p. 17; KRAMER – COWEY 2004, p. 6; SALEMENOU 2010, p. 682; ANDORLINI 2013, p. 82; CANEVARO 2013, p. 14.

Dimensioni: cm 7,8 x 9,5.

Il papiro è indicato con la sigla Π1395nell’edizione “Oxford Classical Texts”, a cura di

M.R. DILTS, Oxford 2002.

Il reperto proviene dagli scavi condotti da E. Breccia a Bahnasa308. Si tratta di un

frammento di codice papiraceo che misura cm 7,8 x 9,5. Sul recto, che coincide con la faccia perfibrale, il supporto è mutilo a sinistra, in alto e in basso; il margine esterno ha

invece un’ampiezza di cm 1,8. In modo speculare, sul verso, ovvero sulla faccia

transfibrale, il supporto è mutilo a destra, in alto e in basso; il margine esterno ha invece un’ampiezza di cm 2,5. Non si vedono κολλήϲειϲ. Nulla si può dire sulla successione delle facce nell’allestimento del codice e sulla fascicolazione.

È verosimile che il testo fosse organizzato su una sola colonna per pagina. Se si considera che il rigo 5 del recto misura cm 5,8 e contiene all’incirca la metà delle lettere che originariamente lo componevano, si può desumere che la larghezza originaria della colonna di scrittura fosse pari a circa cm 12. Dalla somma della larghezza ricostruita della colonna e del margine destro, si desume che la pagina avrà avuto una larghezza certamente superiore a cm 13,8. A questa cifra andrebbe sommata l’ampiezza del margine

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interno309. Il numero di lettere per rigo oscilla tra un minimo di 36 (verso 10) e un

massimo di 46 (recto 10); la media è di circa 41 caratteri. Fra l’ultimo rigo superstite del recto e il primo conservato del verso, è caduta una porzione considerevole di testo (fine § 28 – fine § 35), in corrispondenza della quale la tradizione medievale attesta anche un documento (§ 29). Se, come sembra probabile, il papiro non conteneva questo documento,

allora il testo caduto in lacuna dovrebbe distribuirsi su circa 49 linee di scrittura310, con

una media di 40 caratteri ciascuna. Se, invece, il documento fosse stato presente, allora il testo mancante si sarebbe distribuito su 67 linee.

Nell’editio princeps si arriva dunque alla risoluzione che ogni pagina doveva

contenere circa 65 righi di testo311. Questa conclusione sembra arbitraria, poiché, essendo

caduti in lacuna i margini superiore e inferiore, non è di fatto possibile sapere con certezza il numero di righe per pagina e l’altezza della colonna di scrittura.

Lo scriba mostra una certa attenzione e cura per la giustificazione dello specchio di scrittura. Questo risultato non è ottenuto mediante l’uso di segni riempitivi o mediante il prolungamento di tratti costitutivi delle lettere in fine rigo, ma soltanto con una calibrata disposizione dei caratteri.

La maiuscola libraria con cui è vergato il papiro è eseguita con un ductus agile.

L’asse delle lettere è inclinato a destra. Si può rilevare un certo contrasto nello spessore dei tratti, non sempre rigorosamente rispettato. Infatti, le aste orizzontali e quelle oblique ascendenti o discendenti da sinistra a destra possono avere uno spessore più esile (e.g. κ, ρ, χ). Si può osservare un contrasto modulare non esasperato. Si distinguono, infatti, lettere più strette, inquadrabili in un rettangolo con il lato corto sul rigo di base (e.g. ε, θ, ρ, ϲ) e lettere più larghe, inscrivibili in un rettangolo con il lato lungo sul rigo di base (e.g. ν, η, κ). Tra le lettere segnaliamo in particolare le seguenti: α può presentarsi con un occhiello ridotto quasi a un filetto e una lunga trasversale (e.g. recto 5), o con un occhiello rigonfio e una trasversale ridotta (e.g. recto 8). ε ha il tratto mediano prolungato e il trattino inferiore ridotto, a creare un angolo acuto con il tratto verticale (e.g. recto 7); altre volte ha il trattino superiore chiuso su quello mediano (e.g. verso 6). η può mostrare un

309 TURNER 1977, p. 104, non fornisce dati sulle dimensioni della pagina, dello specchio di scrittura, o del

numero di colonne.

310 L’editore principe parlava invece di 45 linee di scrittura, fornendo probabilmente una cifra media. 311 TURNER 1977, p. 104, riporta dubitativamente il dato di 65 righi per pagina. Notiamo che nel repertorio

di specimina analizzati in tale contributo il nostro testimone attesterebbe una cifra di righi singolarmente alta.

171 tratto di attacco a sinistra (e.g. recto 10). Il trattino mediano di θ a volte interseca e oltrepassa il cerchietto (e.g. verso 4), a volte no (e.g. recto 14). I trattini obliqui di κ sono molto sviluppati e quello inferiore può avere un andamento quasi orizzontale (e.g. recto 6). µ ha i tratti mediani tracciati in un’unica curva, che scende fino a metà del rigo (e.g. recto 15). ν può avere un tratto mediano curvilineo e il secondo tratto verticale posto più in alto del primo (e.g. recto 7). ο, di modulo ridotto, è sopraelevato rispetto al rigo di base (e.g. recto 4). ϲ a volte ha un tracciato angoloso (e.g. recto 10), altre volte crea un’unica ampia curva tra la verticale e il trattino superiore (e.g. recto 8), che può arrivare quasi a congiungersi con il trattino di base (e.g. recto 7). υ può avere il secondo trattino obliquo fuso e rettificato con il tratto verticale (e.g. verso 3). φ ha un occhiello angoloso e schiacciato (e.g. recto 11). χ ha il trattino basso sinistro che sconfina nell’interlinea inferiore (e.g. recto 10). ω è realizzato con un’unica curva concava verso l’alto (e.g. recto 9); altre volte le estremità della curva si avvicinano singolarmente e la lettera assume un andamento triangolare (e.g. recto 4). Piuttosto frequenti sono pseudo-legature come τω (e.g. recto 4), ει (e.g. recto 7), αι (e.g. recto 8), υτ (e.g. verso 3). Non si individuano, invece, casi di legature. Già l’editore principe suggeriva il confronto probante con

P.Berol. inv. 1056312. Rispetto al testimone berlinese, tuttavia, il nostro specimen è

tracciato con un ductus più lento, ma forse anche con una minore attenzione alla resa

estetica (sono assenti i vistosi prolungamenti nell’interlinea inferiore) e una certa

disattenzione nel tratteggio delle lettere. Un altro confronto possibile è con PSI X 1170313

e con PSI X 1165314. Nel primo caso siamo davanti a un rotolo papiraceo che riporta il

testo di Erodoto. Il reperto è vergato in una scrittura dal ductus sciolto, che ha per base grafica lo Stile Severo, nella sua variante inclinata a destra. Le realizzazioni di α, di ε (con tratto mediano prolungato), di κ (con il trattino obliquo superiore che può essere congiunto alla base della verticale) e di υ (con il trattino obliquo destro quasi verticalizzato), sono comuni al nostro papiro e a PSI X 1170. Vitelli, l’editore principe, lo datava al II sec. d.C. L’altro testimone citato a confronto, PSI X 1165, proviene invece da un codice papiraceo contenente gli Atti degli Apostoli. La scrittura con cui è vergato

312 MP3 526.4; LDAB 1239; per le riproduzioni di questo testimone cfr. SCHUBART 1911, tav. 19b,

CRISCI-DEGNI 2011, p. 74.

313 MP3 470.0; LDAB 1130; per le riproduzioni di questo testimone cfr. CAVALLO – CRISCI – MESSERI

– PINTAUDI 1998, nr. 56, p. 137, tav. XLV.

314 LDAB 2854; per le riproduzioni di questo testimone cfr. cfr. CAVALLO – CRISCI – MESSERI –

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è considerata un precoce esempio della sistemazione del canone della Maiuscola Ogivale Inclinata. Rimangono tuttavia alcune incertezze nel tratteggio e alcune reminiscenze dello Stile Severo, come la forma di α e la posizione di ο; il testimone è riferito al III-IV sec. d.C.

Singolare è la somiglianza tra il nostro testimone, PSI Congr.XVII 13315 rotolo

che contiene i §§ 251-245 del De falsa legatione e P.Oxy. LXVII 4569316, reperto diviso

in vari spezzoni di rotolo, che riporta i §§ 1-7, 9-13, 208-22, 309-10, 314-15 del De falsa legatione. Alcune lettere, come κ, µ, ν, υ, sono tracciate in maniera quasi identica, tanto da chiedersi se i reperti non siano stati vergati dalla stessa mano. Si riporta qui di seguito un breve prospetto delle lettere-guida alla base di questo confronto.

315 MP3 296.3; LDAB 687; per le riproduzioni di questo testimone cfr. PSI online. 316 MP3 0291; LDAB 717; per le riproduzioni di questo testimone cfr. P.Oxy. online.

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I tre reperti appartengono certamente a tre prodotti librari diversi, dal momento che il primo è parte di un codice e gli altri due provengono da rotoli con parametri bibliologici decisamente differenti. Qualora l’identità di mano fosse reale, sarebbe interessante notare che uno scriba, in una scrittura con basse pretese di formalità, vergava

più specimina, tutti contenenti il testo demostenico, utilizzando però supporti di varia

natura. Alternativamente, si potrebbe credere che le mani siano diverse, sebbene molto simili tra loro; la tipizzazione informale in uso sarebbe assimilabile a quella con cui è

vergato il noto P.Oxy. VI 852317, che riporta l’Ipsipile euripidea, riferibile al III sec. d.C.

In definitiva, a seguito del riesame paleografico e dei nuovi confronti addotti, sembra plausibile riferire il reperto al III o al IV sec. d.C.

Nel testo non ricorrono accenti o spiriti; in un caso troviamo la dieresi su ι iniziale (recto 4). Lo ι ascritto è assente nel verbo ᾤµην (recto 12). L’elisione in alcuni casi è segnalata (e.g. recto 14), in altri no (e.g. recto 3). Non c’è traccia di punteggiatura. Lo scriba adopera, invece, la paragraphos in quattro casi (verso 3-4, 4-5, 9-10, 12-13), non sempre in corrispondenza della fine di paragrafo nelle moderne edizioni critiche. Non è possibile stabilire se la paragraphos fosse accompagnata dal punto alto, inserito nel rigo.

La diplè obelismene compare due volte (verso 15-16, 18-19), laddove la tradizione

medievale inserisce due documenti. Con ogni probabilità il papiro riporta anche due note interlineari (recto 4, 18) di non facile lettura e in parte cancellate; difficile stabilire se siano un’aggiunta fatta dalla prima mano, o da una mano successiva.

175 È interessante notare che PSI XIV 1395 è il più antico dei quattro esemplari noti di codice papiraceo contenenti il De Corona; gli altri sono P.Kellis inv. P00.23 (14), P. Paramone 2 = P. Heid. inv. G 239 (18) e P.Ryl. I 58 (28).

Il papiro contiene due lezioni singolari, la prima certamente erronea, la seconda equivalente o deteriore: attesta τα χωρια, dove S ha ταῦτα τὰ χωρία e AFY hanno τὰ χωρία ταῦθ’(recto 5); προϲα]γiειν ωµην | [δειν τουϲ πρεϲβειϲ (recto 12-13), laddove i codd. riportano προϲάγειν τοὺϲ πρέϲβειϲ ᾤµην δεῖν.

In due casi riporta lezioni erronee di nessun valore: επιχειροιηι (recto 10) per επιχειροιη; πολιiει (verso 11) per πολει.

In un caso condivide un errore ortografico con il cod. S (recto 8 καταϲταιηι). In dodici casi è in accordo in lezione genuina con una parte dei codici medievali: µικρα (recto 17), in accordo con i codd. AFYQ, contro S; πεπρακεναι (recto 19), contro A che riporta πεπρακέναι <Φιλίππῳ>; υπουϲα̣ν (verso 4), contro A che riporta ὑπάρχουϲαν; ταυτα (verso 5), contro Y che attesta τοῦτ’; Φω]|κεαϲ (verso 5-6), contro i codd. AFY che attestano <ταλαιπώρουϲ> Φωκέαϲ; α̣γi[αγονταϲ (verso 7), contro i codd. AFY che riportano ἄγονταϲ; Θηβαιουϲ (verso 10), contro i codd. FY che hanno <τοὺϲ> Θηβαιουϲ; γε[νεϲθαι (verso 11), laddove il cod. A attesta γεγενῆϲθαι; ταυθ απανθ υµιν] | ε̣ϲ̣τ̣α̣ι φ[ανερα (verso 14-15) in accordo con S, laddove A attesta ἅπαντα ταῦτα ἔϲται ὑµῖν e FY riportano ὑµῖν ἅπαντα ταῦτ’ ἔϲται; εποιειϲθε (verso 16), dove il cod. A ha ἐποιήϲαϲθε; δη (verso 17), laddove il cod. A attesta δ’ αὐτὴν; επεµψε (verso 18), laddove i codd. AFYQ hanno δεῦρ’ ἔπεµψε.

Inoltre, PSI XIV 1395 omette i due testi documentari, uno ψήφιϲµα e una ἐπιϲτολή, riportati dai codici medievali e presenti nelle moderne edizioni ai §§ 37-38 e 39. È logico credere che anche lo ψήφιϲµα al § 29 fosse omesso. Questo decreto, oltre che dai codici medievali, è tràdito anche da P. Köln VIII 334 (8) e PSI XVI 1602 (9). Per uno studio analitico dei testi documentari presenti ai § 29, § 37, § 38 e per il problema dell’autenticità si rimanda a CANEVARO 2013, pp. 239-248.

I §§ 27-28 sono attestati anche da P.Oxy. III 462 (6).

176 — — — — — — — — — — — — — — — — — — — § 27 ] ̣ ̣[ ψηφιϲµ]α̣ τουτο γi[ραφω πλειν επι τουϲ τοπουϲ εν οιϲ αν ηι Φι]λ̣ιi[π]π̣[ο]ϲ̣ κ̣[αι τουϲ ορκουϲ ]⟦ ̣ ̣ ̣⟧ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣[ την ταχιϲτην απολαµβανε]ιν ϊν εχοντων των [Θραικων των υµετερων ϲυµµαχω]ν̣ τ̣α χωρια α νυν ουτοϲ διε[ϲυ 5 ρε το Σερριον και το Μυρτηνον] και την Εργιϲ̣κην ουτ̣ωk γιγνοιντο οι ορκοι και µη πρ]ο̣λ̣αβων εκεινοϲ τουϲ επι καιρουϲ των τοπων κυριοϲ τ]η̣ϲ̣ Θραικηϲ καταϲταιηιi˙ µηδε πολλων µεν χρηµατων πο]λ̣λων δε ϲτρατιωτων ευπορηϲαϲ εκ τουτων ραιδιωϲ τοιϲ λο]ιiποιϲ επιχειροιηι 10 § 28 πραγµαϲιν ειτα τουτο µεν ουχι λ]ε̣γiε̣ιi το ψηφιϲµα ουδ α ναγιγνωϲκει ει δε βουλευων εγω προϲα]γiειν ωµην δειν τουϲ πρεϲβειϲ τουτο µου διαβαλλει αλ]λ̣α τι εχρην µε ποιειν µη προϲαγειν γραψαι τουϲ επι] τουθ’ ηκον ταϲ ιν υµιν διαλεχθωϲιν η θεαν µη κα]τ̣ανειµαι 15 τον αρχιτεκτονα αυτοιϲ κελευϲαι αλλ εν τοιν] δυοιν οβολοιν εθεωρουν αν ει µη τουτ εγραφη] τ̣α̣ µικρα ] ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ιiϲ̣ ϲυµφεροντα τηϲ πολεωϲ εδει µε φυλαττειν τα] δ ολα ωϲπερ ουτοι πεπρακεναι ου δηπου λεγε τοινυ]ν µοι ] ̣ ̣[ 20 — — — — — — — — — — — — — — — — Verso (↓) — — — — — — — — — — — — — — — — — — — § 35 δε Φιλι]π̣π̣ωkιi κ[αι Φωκευϲι και υµιν οµοιωϲ απαϲι τηϲ αναλ]γiη̣ϲ̣ιαϲ κα[ι τηϲ βαρυτητοϲ απαλλαγηναι τηϲ των Θη § 36 βαι]ων ταυτα δ α[ϲµενωϲ τινεϲ ηκουον αυτου δια την τοθ — υπουϲα̣ν απεχθε̣[ιαν προϲ τουϲ Θηβαιουϲ τι ουν ϲυν — εβη µετα ταυτα [ευθυϲ ουκ ειϲ µακραν τουϲ µεν Φω 5

177 κεαϲ απολεϲθαι [και καταϲκαφηναι ταϲ πολειϲ αυτων υµαϲ δε ηϲυχια̣ν̣ α̣γi[αγονταϲ και τουτωι πειϲθενταϲ µικρον υϲτερο̣[ν ϲκευαγωγειν εκ των αγρων τουτον δε χρυϲιον λαβ[ειν και ετι προϲ τουτοιϲ την µεν — απεχθειαν τ̣[ην προϲ Θηβαιουϲ και Θετταλουϲ 10 τ̣η̣ιi πολιiει γε[νεϲθαι την δε χαριν την υπερ των πεπρα § 37 γµενω[ν Φιλιππωι οτι δ ουτω ταυτ εχει λεγε µοι το τε — του Καλ[λιϲθενουϲ ψεφιϲµα και την επιϲτολην του Φιλι[ππου εξ ων αµφοτερων ταυθ απανθ υµιν ε̣ϲ̣τ̣α̣ι φ[ανερα λεγε 15 >— αρ ε[πι ταυταιϲ ταιϲ ελπιϲι την ειρηνην εποιειϲθε η § 39 ταυτ̣[ επηγγελλεθ υµιν ουτοϲ ο µιϲθωτοϲ λεγε δη την ε π[ι]ϲτ̣[ολην ην επεµψε Φιλιπποϲ µετα ταυτα >— § 40 ακ[ουεθ Recto

1. ] ̣ ̣[ : traccia puntiforme alta sul rigo, seguita da due tracce sul bordo della lacuna, una alta, l’altra sul rigo di base.

2. ψηφιϲµ]α̣ : della lettera rimangono tracce puntiformi dell’occhiello e, dopo la lacuna, il tratto finale, poco sopraelevato rispetto al rigo di base. γi[ραφω : della lettera sopravvive soltanto una traccia puntiforme a metà del rigo, a ridosso della lacuna.

3. Φι]λ̣ιi[π]π̣[ο]ϲ̣: in questo punto del supporto l’inchiostro è sbiadito. A sinistra, sul rigo di base ci sono due tracce puntiformi affiancate, forse identificabili con il punto di intersezione tra i due tratti obliqui di λ; segue un’altra traccia puntiforme, bassa sul rigo, forse parte di ι; se il primo π si è perso, del secondo sopravvive l’asta orizzontale alta sul rigo. Di ο non c’è più traccia; di ϲ si vede la porzione superiore. κ̣[αι : della lettera si vede l’estremità della verticale e la parte superiore del trattino obliquo superiore.

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4. ]⟦ ̣ ̣ ̣⟧ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣[ : aggiunta interlineare forse non apportata dalla prima mano. Tre lettere sono state cancellate; con estrema prudenza potrebbero essere identificate con la sequenza προ. Si può distinguere, di seguito, la sequenza ε̣ο̣ρ̣α̣. Altre tracce si vedono su un lacunoso frustulo di papiro che non è più nella sua posizione originaria; si distingue una verticale, da collegare forse a un puntino alto sul rigo, identificabile con κ e, infine, tre puntini di inchiostro allineati verticalmente, forse parte di ε. Alternativamente si può credere che qui ci fosse scritto ὡραίωϲ, sigla indicante un punto di particolare interesse. Il passo è infatti notevole per la lunga sequenza di parole terminanti in –ων, figura retorica chiamata ὁµοιόπτωτοϲ.

5. ϲυµµαχω]ν̣ : traccia puntiforme collocata sul bordo della lacuna a metà del rigo;