• Non ci sono risultati.

ταραχηι : l’errore ortografico deve essere corretto in ταραχη L’aggiunta di uno ι superfluo, errore piuttosto comune, può essere stata causata dalla lunga sequenza d

Prospetto delle sigle in uso per la tradizione indiretta

23. ταραχηι : l’errore ortografico deve essere corretto in ταραχη L’aggiunta di uno ι superfluo, errore piuttosto comune, può essere stata causata dalla lunga sequenza d

dativi che precedono, l’ultimo dei quali è Ἕλληϲι. ταυ[τα δε ο]|[ρων : è possibile anche l’integrazione ταυ[τα δ ο]|[ρων.

26. πανταϲ : laddove il cod. A, Syr. 1.58.13 Rabe e Anon.Schol. in Id. 7.1028.6

Walz hanno πάντα.

Margine inferiore.

(a.) Ε]λληϲι ̣ ̣ ̣ ̣: per la discussione relativa a questa sequenza testuale cfr. nota 22-23.

(b.) ̣ ̣ : sotto Ε]λληϲι, lungo la linea di frattura, è forse possibile distinguere alcune tracce di inchiostro puntiformi.

160

6. De Corona §§ 25-28

P.Oxy. III 462 sec. III d.C. Prov.: Oxyrhynchus (Bahnasa).

Cons.: Cambridge (MA), Harvard University, Houghton Library, inv. MS Gr SM 3746. Edd.: GRENFELL – HUNT 1903, pp. 118-119; HAUSMANN 1978, nr. XV, pp. 75-77. Tav.: http://iiif.lib.harvard.edu/manifests/view/drs:7456395$1i.

Comm.: MP3 277; LDAB 714; PACK2 1965, nr. 277; FUHR 1903, p. 1481; BLASS 1906,

p. 283; JOHNSON 2004, pp. 141, 167, 192, 205, 222, 232, 256. Dimensioni: cm 8,6 x 17,7.

Il papiro è indicato con la sigla Pap.4 nell’edizione “Les Belles Lettres”, a cura di G.

MATHIEU, Paris 1947 e con la sigla Π462nell’edizione “Oxford Classical Texts”, a cura

di M.R. DILTS, Oxford 2002.

Il frammento papiraceo proviene da un rotolo e misura cm 8,6 x 17,7. Il testo demostenico è vergato sul recto, lungo le fibre, mentre il verso è rimasto non scritto. Non si individuano κολλήϲειϲ.

Il reperto è attraversato da una lunga frattura verticale, che lo divide quasi a metà. Sopravvivono due colonne di testo, la prima mutila a sinistra, la seconda mutila a destra, entrambe lacunose nella parte superiore. Si può osservare che la prima colonna è sormontata da un frustulo di papiro, alto circa cm 2,5. Essendo vacuo, a una prima analisi potrebbe sembrare parte del margine superiore per la posizione in cui si trova. Tuttavia, a un riesame del supporto si capisce che non è così, perché di questo frustulo sopravvive solo lo strato di fibre del verso; si è perso invece lo strato di fibre del recto, quello su cui era vergato il testo demostenico. Il margine inferiore è conservato per un’ampiezza di

circa cm 4,5. L’intercolumnio ha una misura media di cm 1,5301.

La prima colonna riporta 21 linee di testo, la seconda 17. In base alla ricostruzione fatta dagli editori principi, il numero di lettere per rigo è compreso tra un massimo di 20

161 (col.II.9) e un minimo di 13 (col.I.15). La media è di circa 17 caratteri. La larghezza originaria delle colonne sarebbe stata pari, quindi, a circa cm 6. Tra l’ultima riga della col. I (§ 26 µονον αλ-) e l’inizio della col. II (§ 27 θ [οι ορκοι), è caduta una porzione considerevole di testo (la fine del § 26 e l’inizio del § 27). Poiché il margine inferiore è conservato e la fine della col. I è integra, si può calcolare che il testo mancante doveva essere distribuito su circa 29 linee di scrittura cadute in lacuna, originariamente collocate sulla col. II, al di sopra del primo rigo superstite. Questo implica che, sommando il numero di linee cadute in lacuna (29) con il numero di linee superstiti (17) sulla col. II, si può stabilire che in origine ogni colonna doveva essere composta da circa 46 righi, per un’altezza di circa cm 27. Infine, è possibile calcolare che il testo demostenico, dall’incipit fino al primo rigo superstite della col. I, doveva occupare circa 11 colonne e mezzo. Pertanto, la nostra col. I sarebbe la dodicesima, la col. II la tredicesima. Per quanto riguarda le dimensioni del rotolo, Johnson stima che la lunghezza fosse pari a circa m 11,7, per un totale di 153 colonne; l’altezza del rotolo ammonterebbe invece a circa cm

31,25302. A seguito del nostro riesame, queste stime sono riconfermate, con lievissime

variazioni: l’altezza sarebbe stata pari a cm 31,5 e la lunghezza a m 11,13, per un totale di 148 colonne.

Il copista ha cercato di dare un aspetto giustificato alla colonna mediante un profuso impiego di segni riempitivi nella forma di diplè (col. I righi 4, 12, 13, 14, 16, 17) di dimensioni variabili, con il prolungamento di tratti costitutivi di lettere marginali (e.g. col.I.19), o con segni abbreviativi (col.I.10). Inoltre, dall’osservazione del margine sinistro della seconda colonna, si può notare che la mise en page risentiva della Legge di Maas.

La maiuscola libraria con cui è vergato il papiro corre lungo le fibre e l’asse delle lettere mostra una leggera inclinazione a destra. I tratti sono generalmente fini e il contrasto nel tratteggio è minimo; solo i tratti discendenti in obliquo a sinistra sono sensibilmente più sottili (e.g. col.II.6 χ, col.II.7 λ). La scrittura mostra, invece, un ricercato contrasto modulare, tra lettere larghe e inscrivibili in un rettangolo con il lato lungo sul rigo di base (e.g. µ, λ, δ, ν) e lettere strette iscrivibili in un quadrato o in un rettangolo con il lato corto sul rigo di base (e.g. ε, υ, ϲ, θ). Il ductus è accurato e sciolto

162

al tempo stesso303. Fra le lettere, si segnalano in particolare le seguenti: α è di forma

triangolare e l’asta discendente a destra può prolungarsi sul rigo di base (e.g. col.I.21); β ha occhielli ridotti realizzati con un’unica linea ondulata che interseca la verticale (col.II.17); ε è tracciato in due tempi con i tratti superiore e inferiore molto ridotti e non fusi con la verticale in un’unica curva (e.g. col.I.11); singolare è η, che può presentare un tratto d’attacco a sinistra (e.g. col.I.20); λ ha la diagonale discendente a sinistra che sconfina nell’interlinea inferiore (e.g. col.II.14); µ ha i tratti mediani fusi in un’unica ampia curva (e.g. col.II.6); ν ha spesso la seconda verticale più in alto rispetto alla prima (e.g. col.I.9); ξ è molto largo ed è tracciato con quattro tratti spezzati (e.g. col.I.14); ο ha un modulo inferiore rispetto alle altre lettere ed è sollevato sul rigo di base (e.g. col.I.9); ρ ha la verticale che sconfina nell’interlinea inferiore (e.g. col.I.10); ϲ è angoloso, con il trattino superiore parallelo al rigo di base e quello inferiore cortissimo (e.g. col.II.15); τ ha un modulo notevole e una verticale che spesso sconfina nell’interlinea inferiore (e.g. col.II.9); φ ha un occhiello molto schiacciato (e.g. col.I.14); ω è realizzato con una sola curva concava verso l’alto (e.g. col.II.9). Del tutto assenti sono gli apici. Questa scrittura, inoltre, non presenta legature; si riscontra solo un caso di pseudo-legatura: tra ϲτ (e.g. col.I.16). Gli editori principi ritengono che il supporto sarebbe stato scritto «in a good-

size third century uncial hand»304. In conclusione, dagli elementi evidenziati si può

desumere che il nostro testimone presenta una scrittura influenzata dalla corrente grafica dello Stile Severo, caratterizzato proprio dal ricercato contrasto modulare tra le lettere e

dall’assenza di tratti ornamentali305. L’asse inclinato a destra rende plausibile la datazione

al III sec. d.C., piuttosto che al II. Termini di confronto paleografico possono essere

P.Oxy. II 223306 e il P.Oxy. III 420307.

Nel testo non ci sono spiriti e accenti. Il punto alto ricorre in due casi (col.I.14, 19); forse in un caso si trova il punto basso (cfr. nota col.II.16); non è certo che questi segni siano stati apposti in scribendo dalla stessa mano del copista. Il segno che compare al rigo 11 della col. II si configura come un punto alto prolungato a destra; potrebbe

303 JOHNSON 2004, p. 167, classifica P.Oxy. III 462 come «Style 2: informal and unexceptional (but for

the most part probably professional)».

304 HAUSMANN 1978, p. 75, parla invece di «unciales magnae».

305 P.Oxy. III 462, infatti, non è incluso nella lista sui testimoni in Stile Severo provenienti da Ossirinco,

offerta da DEL CORSO 2006.

306 MP3 0733; LDAB 2026; l’immagine è riprodotta in P.Oxy. II pl. I; ROBERTS 1955 pl. 21a; JOHNSON

2004, pl. 18.

163 trattarsi una semplice sbavatura, oppure di un segno che indica una cesura più forte, laddove, anche nelle moderne edizioni a stampa c’è il trapasso dal § 27 al § 28. L’elisione non è segnalata (e.g. col.I.20). Alla fine del rigo 9 della col. I è apposto il segno usuale indicante la nasale. Al rigo 8 della col. II, una seconda mano ha corretto l’errore, cancellando le lettere erronee con una barra e sovrascrivendo la lezione giusta con una scrittura molto corsiva. Si noti l’omissione dello ι muto (col.I.1 τ]η̣).

Per quanto riguarda la tradizione testuale, il papiro in tre casi conferma la lezione corretta di una parte dei codici medievali: col.I.7-8 επι τουϲ | [τοπουϲ, laddove

l’espressione è omessa da Sa e aggiunta nel margine da Sc, contro A che ha ἐπὶ τοῖϲ τόποιϲ;

col.I.16-17 per la presenza di τὸν, contro FaY che erroneamente omettono l’articolo. Il

papiro, inoltre, riporta la lezione superiore π̣[ροϲαγειν] | τουϲ πρεϲβ[ειϲ ωµην] | δειν (col.II.14-16), contro PSI XIV 1395 (7) che ha invece προϲα]γiειν ωµην | [δειν τουϲ πρεϲβειϲ.

In due casi si hanno grafie peculiari: col.I.9-10 πυ]νθανον|[ται, col.II.12-13 αναγεινω[ϲκει).

La presunta variante testuale presente in corrispondenza di col.II.8 ⟦ψευδη⟧πορη[ϲαϲ è stata cancellata dal copista e il testo è stato uniformato a quello che si legge nei codici medievali.

In un caso è erroneamente omessa una sequenza testuale (col.I.10 καὶ τοὺϲ ὅρκουϲ ἀπολαµβάνειν). C’è, infine, un passo problematico in cui forse si può ravvisare sia un errore di omissione, che un’inversione delle parole (col.I.20 οτι υµειϲ] αφ ηϲ ηµε|[ραϲ ωµοϲ]α̣τ̣ε̣ µονον).

I §§ 27-28 sono attestati anche da PSI XIV 1395 (7).

Col. I — — — — — — — — § 25 [νοϲ και τιϲ ο πραττω]ν̣ [υπερ υµων και το τ]η̣ [πολει ϲυµφερον ζ]η> [των εγω µεν το]ιiνυν

164 [εγραψα βουλευω]ν̣ απο> 5 [πλειν την ταχ]ιiϲτην [τουϲ πρεϲβει]ϲ̣ επι τουϲ [τοπουϲ εν οι]ϲ̣ αν οντα [Φιλιππον πυ]ν̣θανον [ται ουτοι δ ο]υ̣δε γραψα ͞ 10 [τοϲ εµου ταυ]τα ποιειν § 26 [ηθεληϲαν] τι δε τουτο [ηδυνατο ω αν]δρεϲ Αθη> [ναιοι εγω δι]δ̣αξω˙ Φι> [λιππωι µε]ν̣ ην ϲυµ> 15 [φερον ωϲ π]λειϲτον τον [µεταξυ] χρονον γε> [νεϲθαι τω]ν̣ ορκων υ> [µιν δε ωϲ ελ]αχιϲτον˙ δια [τι οτι υµειϲ] αφ ηϲ ηµε 20 [ραϲ ωµοϲ]α̣τ̣ε̣ µονον αλ margine Col. II — — — — — — — — § 27 θ [οι ορκοι και µη προ 1 λ̣[αβων εκεινοϲ τουϲ ε π[ικαιρουϲ των τοπων κυρ[ιοϲ τηϲ Θρακηϲ κατα ϲταιη [µηδε πολλων 5 µεν χρη[µατων πολ λων δε ϲ̣[τρατιωτων ευ ⟦ψευδη⟧πορη̣[ϲαϲ εκ του των ραδι[ωϲ τοιϲ λοιποιϲ

165 επιχειρ[οιη πραγµα 10 § 28 ϲιν˙ ειτα [τουτο µεν ουχι λεγει τ̣ο̣ ψi[ηφιϲµα ουδ α ναγεινω[ϲκει ει δε βου λευων εγω π̣[ροϲαγειν τουϲ πρεϲβ[ειϲ ωµην 15 δειν του[το µου δια βαλλει αλλ[α τι εχρην margine Col. I

1. πραττω]ν̣ : del rigo sopravvive solo l’ultima lettera, in modo molto