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Abbas Kiarostami e i compiti a casa

Nel documento CEnto stelle 1O (pagine 64-76)

Giovanni Mazza*

Il “Centro Medie”, della cooperativa sociale di Piccola Città1, nato a Modena nel novembre del 2004, accoglie adolescenti e pre-adolescenti inviati dai Servizi sociali del comune di Modena. Tra le fi nalità2 della struttura3, quella di agevolare e indirizzare il percorso scolastico

del minore, ha sempre assunto un ruolo centrale sia

per gli educatori (che quotidianamente affrontano il momento del sostegno scolastico per almeno un’ora e mezza al giorno) sia per i ragazzi (che in esso trovano, tra l’altro, una giustifi cazione verso l’esterno, riguardo la frequenza del Centro, che li allontani dalla logica puramente assistenzialistica).

Il problema di come affrontare il momento dei compiti scolastici è stato ampiamente dibattuto in numerosi te-sti, tutt’ora in commercio, che cercheremo di utilizzare come punti di riferimento nelle righe che seguiranno, ma sorprende, in questo caso, l’attenzione dedicata all’argomento dal regista iraniano Abbas Kiarostami, in particolare attraverso due pellicole prodotte alla fi ne degli anni Ottanta.

In Dov’è la casa del migliore amico? (Kh¯aneh doust

koj¯ast?, 1987), fi lm che regala a Kiarostami la fama

internazionale anche grazie all’attenzione dedicatagli dal festival di Locarno, Ahmed, 8 anni, deve trovare a tutti i costi il compagno di banco Nemetzadeh per resti-tuirli il libro su cui completare il compito per il giorno seguente. Nemetzadeh pare caratterizzato da palesi diffi coltà scolastiche, evidenziate nella fase iniziale del fi lm e rischia di essere espulso dalla scuola nel caso non rispettasse (per l’ennesima volta) le consegne del maestro, anch’egli travolto, nel corso della storia, da quel simbolico mutamento sul quale Kiarostami (tra riferimenti religiosi, poetici e pedagogici) imposta il piccolo grande viaggio del suo grande giovane prota-gonista. In un fantastico cammino (rurale, sterrato, in-corniciato dalla splendida fotografi a collinare), Ahmed non troverà l’amico, ma riuscirà a salvarlo portando a scuola, il giorno seguente, i compiti perfettamente eseguiti: per entrambi.

In Compiti a casa (Mashgh-e shab, 1989), partendo dichiaratamente da un problema personale, il regista coglie l’occasione per impostare un documentario (si parla di ricerca illustrata sui compiti a casa) che,

at-* Responsabile del “Centro Medie” di Piccola Città gmazza@piccolacitta.org 1 Si è parlato del Centro Medie e di un progetto nato al suo interno anche in Mazza, 2012 e in Mazza, 2013. Si veda anche: www.piccolacitta.org

2 Analizzare il caso attraverso l’osservazione partecipante; impostare in raccordo coi Servizi sociali il Progetto Educativo

Individualizzato; prevenire o mitigare situazioni di devianza;

prevenire o evitare l’allontanamento dalla famiglia; valorizzare, in raccordo con i Servizi sociali, le risorse presenti nel nucleo familiare; monitorare i rapporti tra l’utente e la sua famiglia; favorire l’inserimento sociale del minore indirizzandolo verso situazioni culturali, ludiche, sportive e aggregative all’interno del territorio; supportare i Servizi nel sostegno personale e familiare; promuovere il rafforzamento dell’autonomia, dell’autostima e del senso di autoeffi cacia.

3 La Direttiva Regionale in materia di affi damento familiare e

accoglienza in Comunità di bambini e ragazzi (11/06/2007, n.

846, poi sostituita dalla D.G.R. 1904 del 2011) defi nisce il “Centro Medie” come Comunità educativa semi-residenziale per minori.

traverso le interviste a 26 bambini e a qualche adulto (maestre e genitori) analizza i problemi riferiti prin-cipalmente al sistema educativo iraniano, al rapporto tra grandi e bambini, a quello tra punizioni e incorag-giamenti, al rimpallo di responsabilità tra adulti (in relazione alla diffi coltà nel sostenere i bambini in quel momento fondamentale) e infi ne, almeno temporal-mente, allo stato d’animo con cui quest’ultimi affron-tano le consegne scolastiche pomeridiane.

al passo di ciascuno

Mashgh-e shab

Abbas Kiarostami e i compiti a casa

Giovanni Mazza*

Il “Centro Medie”, della cooperativa sociale di Piccola Città1, nato a Modena nel novembre del 2004, accoglie adolescenti e pre-adolescenti inviati dai Servizi sociali del comune di Modena. Tra le fi nalità2 della struttura3, quella di agevolare e indirizzare il percorso scolastico

del minore, ha sempre assunto un ruolo centrale sia

per gli educatori (che quotidianamente affrontano il momento del sostegno scolastico per almeno un’ora e mezza al giorno) sia per i ragazzi (che in esso trovano, tra l’altro, una giustifi cazione verso l’esterno, riguardo la frequenza del Centro, che li allontani dalla logica puramente assistenzialistica).

Il problema di come affrontare il momento dei compiti scolastici è stato ampiamente dibattuto in numerosi te-sti, tutt’ora in commercio, che cercheremo di utilizzare come punti di riferimento nelle righe che seguiranno, ma sorprende, in questo caso, l’attenzione dedicata all’argomento dal regista iraniano Abbas Kiarostami, in particolare attraverso due pellicole prodotte alla fi ne degli anni Ottanta.

In Dov’è la casa del migliore amico? (Kh¯aneh doust

koj¯ast?, 1987), fi lm che regala a Kiarostami la fama

internazionale anche grazie all’attenzione dedicatagli dal festival di Locarno, Ahmed, 8 anni, deve trovare a tutti i costi il compagno di banco Nemetzadeh per resti-tuirli il libro su cui completare il compito per il giorno seguente. Nemetzadeh pare caratterizzato da palesi diffi coltà scolastiche, evidenziate nella fase iniziale del fi lm e rischia di essere espulso dalla scuola nel caso non rispettasse (per l’ennesima volta) le consegne del maestro, anch’egli travolto, nel corso della storia, da quel simbolico mutamento sul quale Kiarostami (tra riferimenti religiosi, poetici e pedagogici) imposta il piccolo grande viaggio del suo grande giovane prota-gonista. In un fantastico cammino (rurale, sterrato, in-corniciato dalla splendida fotografi a collinare), Ahmed non troverà l’amico, ma riuscirà a salvarlo portando a scuola, il giorno seguente, i compiti perfettamente eseguiti: per entrambi.

In Compiti a casa (Mashgh-e shab, 1989), partendo dichiaratamente da un problema personale, il regista coglie l’occasione per impostare un documentario (si parla di ricerca illustrata sui compiti a casa) che,

at-* Responsabile del “Centro Medie” di Piccola Città gmazza@piccolacitta.org

1 Si è parlato del Centro Medie e di un progetto nato al suo

interno anche in Mazza, 2012 e in Mazza, 2013. Si veda anche: www.piccolacitta.org

2 Analizzare il caso attraverso l’osservazione partecipante;

impostare in raccordo coi Servizi sociali il Progetto Educativo Individualizzato; prevenire o mitigare situazioni di devianza; prevenire o evitare l’allontanamento dalla famiglia; valorizzare, in raccordo con i Servizi sociali, le risorse presenti nel nucleo familiare; monitorare i rapporti tra l’utente e la sua famiglia; favorire l’inserimento sociale del minore indirizzandolo verso situazioni culturali, ludiche, sportive e aggregative all’interno del territorio; supportare i Servizi nel sostegno personale e familiare; promuovere il rafforzamento dell’autonomia, dell’autostima e del senso di autoeffi cacia.

3 La Direttiva Regionale in materia di affi damento familiare e

accoglienza in Comunità di bambini e ragazzi (11/06/2007, n. 846, poi sostituita dalla D.G.R. 1904 del 2011) defi nisce il “Centro Medie” come Comunità educativa semi-residenziale per minori.

traverso le interviste a 26 bambini e a qualche adulto (maestre e genitori) analizza i problemi riferiti prin-cipalmente al sistema educativo iraniano, al rapporto tra grandi e bambini, a quello tra punizioni e incorag-giamenti, al rimpallo di responsabilità tra adulti (in relazione alla diffi coltà nel sostenere i bambini in quel momento fondamentale) e infi ne, almeno temporal-mente, allo stato d’animo con cui quest’ultimi affron-tano le consegne scolastiche pomeridiane.

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l passo di ciascuno

precedente e dalle pagine seguenti del testo. Sempre polemici con il lavoro pomeridiano appaiono quando ricordano che qualcuno “sostiene che i compiti ser-vono per imparare ad organizzarsi autonomamente; a darsi dei tempi, a seguire delle regole”13. Durante il resoconto di una delle 5 attività cooperative proposte, riportando le parole di alcuni alunni, sottolineano in-fi ne le importanti e possibili ricadute metacognitive a livello dell’autostima dello studente (“se fai bene il tuo compito sei anche più contento”14), sulle quali concor-dano fondamentalmente anche Maria Elisa Antonioli e Maria Domenica Grande (“alla luce delle rifl essioni fi n qui svolte possiamo condividere che il senso del compito per casa è quello di far acquisire sicurezza in un particolare settore del programma scolastico”15). Paola Di Pietro ricorda “gli esercizi e lo studio da svol-gere a casa dovrebbero servire a ‘fi ssare’ meglio ciò che è stato fatto e spiegato in classe, non a sostituire una lezione. E dovrebbero anche lasciare del tempo libero al bambino per giocare o coltivare interessi e attività extrascolastici”16.

Francesca Brembati e Roberta Donini credono che “il compito di per sé, non abbia una valenza necessaria-mente negativa, ma possa favorire la promozione” di obiettivi davvero alti (sperimentare le proprie capacità, fronteggiare le diffi coltà, sopportazione della frustra-zione e gestione dello stress, costanza e capacità di attivazione, attribuzione di impegno, sviluppo della fantasia17).

Ma è Gianluca Daffi a soffermarsi più a lungo sul tema, schiudendo il vocabolario e scavando etimolo-gicamente alla maniera (almeno stilistica) di Dolci e Deligny. “Il dizionario riporta per il termine ‘compito’ due origini. La prima è legata al verbo ‘computare’, cioè calcolare; in questo senso ‘compito’ potrebbe si-gnifi care ‘lavoro di cui si calcola la durata’. Il secondo signifi cato deriva dal verbo ‘complere’, da cui ‘com-pleto’ da cui ‘complito’: in questo caso si potrebbe intendere per ‘compito’ ‘ciò che è stato portato a com-pimento’. Molti di voi forse, pur non conoscendo la pre-cisa origine del termine, avranno assegnato ai compiti l’uno o l’altro valore; qualcuno li avrà considerati una ‘prova’ che dimostri ‘quanto l’alunno è diventato bravo in...’, mentre altri li ritengono piuttosto un’attività che aiuta a ‘completare’ (fi ssare, migliorare, automatizzare, rendere più sicuro, ecc.) a casa quanto appreso in classe”18. L’autore individua come obbiettivi primari: “fornire all’alunno tempi e spazi di rifl essione per-sonale, potenziare le competenze apprese o in via di sviluppo e portare a compimento il processo di appren-dimento iniziato in classe” e come secondari: “trasfor-mare quanto sentito e realizzato a scuola in qualche cosa di utile anche al di fuori del contesto scolastico”

incrementare il “senso di fi ducia in se stesso” (senso di autoeffi cacia) e la propria “capacità di autodisci-plina... apprendendo gradualmente ad autoregolare il proprio comportamento”. Potenziare, infi ne, “il senso di responsabilità”, “il livello di autodeterminazione”19

e di autonomia, anche attraverso un auspicabile coin-volgimento dei genitori. In Dov’è la casa del migliore

amico? il maestro strappa i compiti che Nemetzadeh

ha presentato in alcuni fogli sparsi, perché il bambino non li ha eseguiti sul libro. Gli chiede: perché non l’hai

fatto? Interrogando successivamente gli alunni

sull’u-tilità dei compiti. In quel contesto, sembra che l’unica cosa che conti sia insegnare agli alunni la disciplina e l’ordine, sottolineando l’importanza del confronto con i lavori del passato (che servirebbe per monitorare i progressi e creare un archivio di ogni singolo studente). Nel fi lm di Kiarostami appaiono evidenti altri fattori. Innanzitutto il potenziale dei compiti dal punto di vista relazionale (sia con i compagni sia con genitori inca-paci di ascoltare i fi gli), lo sconvolgente valore emotivo (rappresentato dallo sforzo, dal senso del dovere, dalla paura di deludere), l’importanza di altri aspetti meta-cognitivi (ancora autostima e senso di autoeffi cacia).

I tempi necessari

Non riuscirò mai a fi nirli!

Quante volte lo abbiamo sentito dire. Il tema del tempo necessario per svolgere i compiti a casa comprende necessariamente, almeno all’interno di strutture che si occupano di sostegno scolastico, la costante con-traddizione tra la necessità di insegnare a studiare e l’esigenza di rispettare le consegne. Il concetto del tempo assume un’importanza fondamentale soprat-tutto per Matteo Rampin. “‘Spostare in là nel tempo’ è la base di ogni organizzazione, e quindi di ogni metodo”20. “Prima di tutto ci si deve chiedere: quanto tempo mi serve per raggiungere il traguardo che mi sono prefi ssato? C’è chi pensa che non si possa deci-dere prima quanto tempo dedicare a un’attività, dato che non si sa quanto tempo ci richiederà: ma si tratta di una delle tante trappole e illusioni fabbricate dalla nostra mente. Infatti è vero l’opposto: non è perché ignoro quanto tempo mi serve che non posso decidere

13 Malagutti, Fontana, Celi, op. cit., p. 32. 14 Malagutti, Fontana, Celi, op. cit., p. 73. 15 Antonioli, Grande, 2007, p. 61.

16 Di Pietro, 2005, p. 40. Poi rivisto grafi camente e ristampato con altro titolo (La scuola di mio fi glio) nel 2007.

17 Brembati, Donini, 2013, pp.19-20. 18 Daffi , 2009, p. 14.

19 Daffi , op. cit., pp. 15-22. 20 Rampin, 2013, p. 25.

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l passo di ciascuno

quanto impiegarne, ma è proprio perché non decido a priori quanto impiegarne che ignoro quanto tempo mi servirà. Alla domanda: ‘A che ora rientri questa sera?’ molti rispondono: ‘Come faccio a saperlo?’, quasi come se fossero le lancette dell’orologio a governare i nostri comportamenti. In realtà, possiamo diventare padroni del tempo in un modo molto semplice: decidendo in anticipo quanto tempo devono durare le cose che fa-remo. Nel metodo la pianifi cazione è tutto, e nella pianifi cazione il tempo è tutto”21. E infi ne, parlando del momento immediatamente precedente all’inizio delle attività: “Quello che vi resta da fare è semplicemente prendere carta e penna, fi ssare il tempo a disposizione, suddividerlo in singoli momenti che disporrete in ca-selle (prevedendo i periodi di recupero, e possibilmente sfruttando le fasi della giornata a voi più propizie) e inserire nelle caselle le pagine o gli argomenti tenendo conto dell’importanza delle varie cose. A proposito dell’alternanza tra momenti di lavoro e momenti di riposo, possiamo usare lo stesso principio alternando, se preferiamo, argomenti complessi ad argomenti più semplici”22. In un altro testo, lo stesso Rampin ribadi-sce: “L’unico segreto per studiare bene è organizzarsi in funzione del tempo”23, aggiungendo indicazioni pra-tiche su come programmare a breve e a lungo termine le attività.

Per Maura Vitale24 una importante strategia è quella di dare un peso ai compiti da fare. Un compito può valere 1 quando è semplicissimo e non richiede attenzione o concentrazione particolari e 10 quando è diffi cile e richiede molta lucidità. Ad ogni compito bisogna assegnare un peso e quindi procedere dal più pesante al meno pesante. Sempre ricordandosi di fare una pic-colissima pausa ogni 40 minuti. I compiti orali hanno sempre un punteggio superiore in quanto memoria e concentrazione tendono a diminuire nel corso del po-meriggio e sono pressoché inesistenti dopo un’attività fi sica intensa”.

Molto spazio dedicato alla gestione del tempo viene speso da Nadia Damilano Bo e Paola Menzolini all’in-terno del volume È l’ora dei compiti!25. Per le autrici, “Un elemento fondamentale del metodo è la gestione del tempo. Un bambino deve imparare a svolgere il lavoro che gli è stato assegnato con il massimo della concentrazione: al ritorno da scuola si pranza o si fa merenda, ci si rilassa un po’ e si comincia a fare i compiti non troppo tardi, evitando assolutamente di lasciare del lavoro nelle ore della serata, quando la stanchezza della giornata impedisce di concentrarsi... Ecco allora che sviluppare un metodo signifi ca impa-rare ad alternare impegno e rilassamento e in questo modo far sì che l’impegno sia veramente impegno e il rilassamento vero rilassamento. Il tempo dedicato ai

compiti deve essere un tempo di concentrazione, in cui il lavoro viene iniziato e portato a termine nel migliore dei modi, il tempo del rilassamento deve essere un vero lasciarsi andare”26. Il ragazzo inoltre “può essere aiu-tato ad affrontare lo studio con un po’ di lungimiranza, distribuendo i lavori più lunghi nel tempo ed evitando così di trovarsi a preparare interamente interrogazioni e verifi che l’ultimo giorno disponibile”27.

E poi, cautamente, la maggior parte dei testi affron-tati tiene a precisare, in sostanza, come non esistano ricette valide per tutti, almeno in educazione e, a mag-gior ragione, anche per quanto riguarda il sostegno scolastico.

Maria Elisa Antonioli e Maria Domenica Grande af-fermano che “la maturazione segue ritmi variabili da bambino a bambino, per cui una valutazione che non tenga conto dei tempi individuali va ad intaccare l’au-tostima del bimbo, un bisogno fondamentale per lo sviluppo psichico”28.

Paola Di Pietro fa notare che “esistono bambini... che hanno bisogno di ‘staccare’ prima di rimettersi al la-voro, e rendono meglio dopo aver giocato per mezz’ora o guardato un cartone animato alla tv. Atri ancora, però, se perdono il ritmo non si rimettono più sui libri”29.

Concluderei, probabilmente andando fuori tema e fuori tempo, con due parole di Vittorino Andreoli: “gli inse-gnanti che danno molti compiti, d’altra parte, come i genitori che riempiono i pomeriggi dei fi gli con mille attività, dovrebbero rifl ettere sull’importanza e sul si-gnifi cato dei tempi morti e persino sulla capacità di fronteggiare la noia... I tempi vuoti... e la noia, tendono a riempirsi di idee, fantasie, sogni: e aiutano a maturare e a crescere”30.

Ed in Mashgh-e shab l’argomento del tempo legato ai compiti è a dir poco basilare. La prima domanda che Kiarostami rivolge al primo bambino è: perché non

fi nisci i compiti in tempo? Agli altri chiede spesso: Quanto ci metti?

Il 1989 è un anno di particolare rilevanza per la storia dell’Iran. A giugno muore Khomeini che aveva affron-tato fi no all’anno prima il confl itto con l’Iraq di

Sad-21 Rampin, cit. pp. 43-44. 22 Rampin, cit. pp. 56-57.

23 Rampin, Monduzzi, 2012. p. 62. 24 Vitale, 2013, p. 69.

25 Damilano Bo, Menzolini, 2011.

26 Damilano Bo, Menzolini, op. cit., pp. 39-41. 27 Damilano Bo, Menzolini, op. cit., p. 84. 28 Antonioli, Grande, 2007, p. 29. 29 Di Pietro, op. cit., p. 43. 30 Andreoli, 2006, p. 77.

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l passo di ciascuno

dam Hussein. Nel fi lm, permeato fi n da subito dai sen-timenti anti-iracheni trasmessi all’interno della scuola, sembra quasi che il regista (chiaramente informato riguardo le caratteristiche degli alunni) ponga loro le domande sottintendendo le risposte che vuole ricevere e che i bambini rispondano impauriti con la voce che il regime vorrebbe ascoltare. In questo ambito sono le scuse31 esposte dagli studenti per non avere svolto i compiti a risaltare: perché sono troppi grida qualcuno.

Mia madre mi ha mandato a letto; ho guardato i car-toni animati, ma preferisco i compiti; sono arrivati gli zii, mi disturbavano; stavo imparando l’inno.

Le motivazioni

Gli ultimi due argomenti che tratteremo propongono spesso elementi e temi sovrapponibili, all’interno dei quali si possono cogliere sfumature e differenze infi -nitesimali.

Non ce la farò mai! I nostri testi di riferimento, spesso

dedicati e rivolti ai genitori, contengono il più delle volte rifl essioni e consigli adattabili tranquillamente alle professionalità educative. Per cercare di chiarire l’idea di motivazione alcuni autori partono necessaria-mente dalla defi nizione di un concetto per molti am-biguo e sottovalutato: “vediamo un po’ più da vicino che cos’è la motivazione. Ogni comportamento messo in atto da un organismo vivente va nella direzione di mantenere in vita l’organismo e/o la sua specie. Negli animali, le attività utili alla sopravvivenza sono premiate da scariche di piacere, quelle pericolose per la sopravvivenza da scariche di dolore. Nella specie umana le cose si complicano un bel po’ (e non staremo qui a spiegare come), ma resta il fatto che anche noi abbiamo due sistemi che producono stati di benessere, gratifi cazione e piacere o stati di malessere, frustra-zione e dolore. Si tratta dei due sistemi della motiva-zione nella sua forma più elementare ma anche più potente: in poche parole, quando facciamo qualcosa abbiamo sempre uno scopo, che può essere ricevere un premio (sistemi di ricerca del piacere) oppure evitare una punizione (sistemi di fuga dal dolore). Il piacere e il dolore sono il combustibile delle nostre azioni. Per noi che non dobbiamo lottare per sopravvivere nella foresta, però, il piacere e il dolore derivano soprattutto dal fatto di sentirci bene (o male) con noi stessi e con gli altri, e dal fatto di ricevere l’approvazione delle persone a noi care, cosa non sempre facile”32. Oppure: “Ci sono vari generi di motivazione. I bambini soli-tamente sono motivati a svolgere bene i loro compiti per casa perché: 1) hanno interiorizzato il senso del dovere 2) fa loro piacere prendere un bel voto ed essere gratifi cati... 3) hanno timore e provano disagio nel fare brutta fi gura con i compagni 4) hanno voglia di piacere

ai genitori 5) sperano in un premio fi nale”33. O ancora, andando più nello specifi co: “chiariamo innanzitutto la differenza tra motivazioni intrinseche e motivazioni estrinseche. Defi niamo come intrinseche quelle moti-vazioni che vengono dall’interno di una persona: ad esempio sono intrinseche le motivazioni a vincere una gara di corsa per il piacere di sentirsi ancora giovane, o di leggere un giornale per tenersi aggiornato, o ancora

Nel documento CEnto stelle 1O (pagine 64-76)