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ABELARDO ED ELOISA, LETTERE DI UN VERO AMORE MEDIEVALE

Poemi e canti d’amore avevano una diffusione vastissima. E a sospirare non furono solamente i cuori delle vicende letterarie come Tristano e Isotta, Lancillotto e Ginevra, ma anche quelli reali, mondani, di uomini e donne contemporanei.

Tra questi, la vicenda di Abelardo ed Eloisa fu sicuramente l’amore che infiammò maggiormente l’Europa del XII secolo, continuando a ispirare autori e poeti nei secoli successivi: dall’amore tra Paolo e Francesca di Dante a Romeo e Giulietta di Shakespeare.

Partiamo dalla fine di questa storia. Leggenda vuole che «quando Eloisa viene sepolta vicino a Pietro questi apre le braccia e la stringe a sé»54. Sappiamo che Abelardo fece in modo che il suo corpo venisse seppellito insieme all’amata, così avvenne, e ventidue anni dopo anche la salma di Eloisa verrà sepolta nella stessa tomba dell’uomo che le aveva fatto provare il sentimento più potente della sua vita.

Nel 1831, circa settecento anni dopo, così scrive Victor Hugo nel suo romanzo Notre Dame de Paris:

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Trovarono tra tutte quelle orribili carcasse due scheletri, uno dei quali abbracciava singolarmente l’altro. Uno di quegli scheletri, che era quello di una donna, era ancora coperto di qualche lembo di una veste di una stoffa che era stata bianca, ed era visibile attorno al suo collo una collana di adrézarach con un sacchettino di seta, ornato da perline verdi, che era aperto e vuoto. Quegli oggetti erano di così poco valore che di certo il boia non li aveva voluti. L’altro, che abbracciava stretto questo, era lo scheletro di un uomo.

Ho voluto iniziare con la fine di questa triste storia per mettere subito a fuoco una delle caratteristiche principali dell’amore che lega Abelardo ed Eloisa: la durata. È un amore lungo, travagliato, interrotto, ritrovato e ricordato, uno di quegli amori che la vita la segnano nel bene e nel male. Sicuramente per i protagonisti gli eventi negativi sono stati più frequenti rispetto a quelli gioiosi, ma la forza del loro amore è proprio quella, come si dice anche al giorno d’oggi, di riuscire a superare ogni ostacolo. Anticipo dicendo che questa è anche la storia di un amore messo su carta, un continuo parlarsi e scriversi che sembra essere molto più vicino a noi di quanto si pensi. Dar voce all’amore non è facile, scrivere i propri sentimenti è praticamente impossibile o comunque molto difficile. Spesso infatti le parole sembrano inadeguate o insufficienti. Abelardo ed Eloisa ci danno invece una notevole prova del contrario.

Vediamo ora le vicende che li hanno portati (o meglio costretti) a doversi accontentare di una fitta corrispondenza amorosa per poi lasciare loro la parola, leggendone alcuni passi.

Pietro Abelardo, considerato tutt’oggi uno dei più importanti teologi della storia della Chiesa, era nato nel 1079 a Le Pellet in Bretagna. La Bretagna era, secondo lui, nota per l’ingegno dei suoi abitanti e la vivacità del loro temperamento Egli dichiarerà più volte che l’ingegno uno ce l’ha dalla nascita e non si può costruirlo con gli esercizi: è una qualità come l’esser biondi, golosi o inclini alla malinconia 55. Abelardo ebbe anche la fortuna, oltre quella di nascere in Bretagna a suo dire, di nascere in una famiglia, alla quale rimase molto legato e grato per tutta la vita, in cui il padre aveva una grande passione per i libri; questa passione gli venne trasmessa fin dall’infanzia e grazie a questa eredità decise di abbracciare le lettere anziché le armi. Tra tutti i campi del sapere scelse la filosofia e la logica.

Dalla sua autobiografia emerge l’immagine di un uomo sicuro delle sue potenzialità e delle sue idee; infatti sistematosi come allievo alla scuola di Guglielmo di Champeaux non ebbe remore a criticare le sue teorie dimostrandogli dove e come stesse sbagliando56. Il rapporto tra i due fu un continuo

55 Fumagalli Beonio Brocchieri, Eloisa e Abelardo, p.50 56 Fumagalli Beonio Brocchieri, Eloisa e Abelardo, p.51

37 scontrarsi sui più svariati temi filosofici; si spostò spesso per cercare il luogo più adatto alle sue esigenze di studio, finché, come leggiamo nella sua biografia

Avvenne alla fine che aspirai a dirigere io stesso una scuola e cercai un luogo adatto a realizzare il mio disegno. Mi parve adatta Melun, una cittadina famosa e per di più residenza reale. Ma il mio maestro (Guglielmo) si accorse delle mie intenzioni e, tentando di allontanare il più possibile me e la mia scuola dalla sua sede ricorse a tutti i sotterfugi e a tutti i mezzi a sua disposizione per impedirmi di fondare una scuola. Ma poiché erano a lui ostili in quella cittadina parecchi fra i potenti della terra, io, forte del loro

aiuto, riuscii a realizzare il suo intento, ed anzi il mio atteggiamento apertamente ostile mi conciliò la

simpatia di tanti.

È un passo che ci fa capire molto della personalità di Abelardo: forte, testardo e conscio della validità del suo pensiero, ci racconta del consenso che riscontrava e del successo che otteneva contro l’invidia di molti, ed è per questi motivi che non lo si può immaginare senza un corteo di studenti entusiasti che lo stringono d’attorno tutte le volte che apre bocca o che sale in cattedra; e soprattutto non lo si può immaginare senza avversari, senza nemici da combattere.

Da Meun si spostò a Corneuil «però, trascorso non molto tempo, - ci racconta- fui costretto a rimpatriare dato che mi ammalai per l’eccessivo impegno nello studio, e per alcuni anni dovetti stare lontano dalla Francia, mentre tutti coloro che volevano imparare la dialettica aspettavano con ansia il mio ritorno».57 Tornò in pompa magna circondato da studenti che lo raggiungevano da tutto il mondo (stando alle sue parole) a Parigi dove insegnò dal 1108 al 1118. Cercava il successo, amava fare carriera e raggiunse pienamente il suo scopo poiché le sue opere, sebbene oggetto di scomunica, furono fonte di ispirazione fra i tanti di Graziano, Alberto Magno, Tommaso d’Aquino.

Bello e talentuoso, in una lettera lo si trova descritto così:

Tutti si precipitavano a vederti quando apparivi in pubblico e le donne ti seguivano con gli occhi voltando indietro il capo quando ti incrociavano per la via […] Avevi due cose in particolare che ti rendevano subito caro: la grazia della tua poesia e il fascino delle tue canzoni, talenti davvero rari per un filosofo quale tu eri […] Eri giovane, bello, intelligente.

38 Chi scrive una lettera così piena di ammirazione e amore è una giovane ragazza, Eloisa, allora appena sedicenne, nata attorno al 1101 nel cuore di Parigi. Della famiglia non sappiamo molto, del padre non conosciamo nemmeno il nome, siamo certi però che Fulberto fosse suo zio materno e che facesse le veci dei genitori prendendo molto seriamente il suo ruolo. Fulberto era canonico a Parigi e con la nipote abitava in un certo agio nel chiostro di Notre Dame, vicino alla scuola dove insegnava Abelardo. Eloisa aveva studiato nel convento dell’Argenteuil e si era distinta dalle compagne per le spiccate doti per lo studio di greco, latino e ed ebraico e di arti liberali; di questo ci dà conferma lo stesso Abelardo che scrive «la cultura è cosa rara fra le donne ed Eloisa primeggiava in Francia, famosa per i suoi studi mirabili e per il suo amore alla cultura»58.

1116, è questa la data di svolta nella vita dei due protagonisti. Lo zio della giovane decise di coltivare le doti di Eloisa facendole dare lezioni dal maestro più celebre del momento che non era altro che Abelardo. Fra i due vi erano circa vent’anni di differenza ma lui, all’ epoca quasi quarantenne, si innamorò da subito della sedicenne poiché, secondo il filosofo, aveva tutto ciò che poteva sedurre gli uomini. Se Eloisa fosse bella non lo sappiamo, Abelardo ci dice che «non era l’ultima per altezza» ma importa poco. La letteratura romantica ha ricamato il profilo della ragazza esaltandone l’altezza, la persona snella, il viso armonioso, occhi color del cielo e capelli biondi: non si hanno certezze di questo, ma sicuramente quello era l’ideale di bellezza dell’epoca. 59 Una coppia con questo distacco

di età nel XII non è isolata: ci sono molti epistolari che moltiplicano l’ immagine della bella e giovane ragazza che si innamora del suo maestro altrettanto bello e maturo. E i due, nutriti dall’amore per la filosofia, iniziano una profonda storia d’amore:

Col pretesto delle lezioni ci abbandonammo completamente all’amore, lo studio delle lettere ci offriva quegli angoli segreti che la passione predilige. Aperti i libri, le parole si affannavano di più intorno ad argomenti d’amore che di studio, erano più numerosi i baci che le frasi, ricorderà lei in una lettera; a sua volta lui scrive Aprivamo i libri ma si parlava più d’amore che di filosofia: erano più i baci che le spiegazioni. Le mani correvano più spesso al suo seno che ai libri. L’amore attirava ai nostri occhi più spesso di quanto la lettura non li dirigesse sui libri60.

L’immagine di due amanti intenti a leggere, studiare insieme, stare vicini scambiandosi teneri e furtivi sguardi d’amore la ritroviamo nella storia di Paolo e Francesca, in cui galeotto fu il libro e

58 M. Raffa, Eloisa e Abelardo.Storia di una amore, Milano 2019, p.19 59 Raffa, Eloisa e Abelardo, pp.11-12

39 chi lo scrisse. Anche loro stavano coltivando la comune passione per la lettura: leggevano dell’amore adulterino di Lancillotto e Ginevra e si lasciarono andare a un piacere sì forte che come afferma Francesca ancor non mi abbandona. Le sue parole vengono sicuramente riprese da quelle di Eloisa che in una lettera scrisse «ti ho amato di un amore sconfinato… il piacere che ho conosciuto è stato così forte che non posso odiarlo».61

Ma «la passione travolgente che solo per poco tempo riesce a rimanere segreta perché le chiacchiere su questo scandaloso amore giungono inevitabilmente alle orecchie dell’anziano zio».62 L’idillio

continuò fino a quando lo zio di Eloisa scoprì la relazione, cacciando il maestro. Gli effetti sono immaginabili: vergogna e dolore, Abelardo nota che Eloisa era soprattutto angosciata per il disonore che investiva lui, il celebre maestro63; «ciononostante, sia per Eloisa sia per Abelardo questi fatti invece di spegnere l’amore, rendono ancora più assoluta e totale la reciproca passione, che stringe i due in modo sempre più intenso e travolgente»64,

Questa separazione dei corpi non fece altro che avvicinare ancor di più i nostri cuori e l’impossibilità stessa di soddisfare il nostro amore si infiammava ancor di più; il senso di colpa era tanto minore quanto più dolce era stato il piacere del possesso reciproco65

Eloisa però si accorse da lì a poco di essere incinta, subito scrisse a Pietro piena di gioia ma dubbiosa sul da farsi. I problemi infatti si moltiplicarono drasticamente. La giovane fuggì da casa dello zio per recarsi presso la sorella di Abelardo, nella lontana Bretagna, che la accolse per tutti i mesi della gravidanza. Nacque un figlio maschio che chiamarono Astrolabio. Fulberto nel frattempo, quasi impazzito per il disonore subito e per il dolore per la fuga della giovane nipote, non sapeva come agire nei confronti di Abelardo. Avrà sicuramente pensato di ucciderlo o di mutilarlo ma, prima che compisse qualunque cosa, il filosofo si presentò da lui

Lo supplicai e gli promisi che avrei fatto qualunque cosa avesse ritenuto opportuno per rimediare… gli spiegai anche che quanto era successo non sarebbe parso strano a nessuno di quelli che avessero provato la forza dell’amore 66

61 Fumagalli Beonio Brocchieri, Abelardo ed Eloisa, p.87

62 A. Luciano (a cura di), Eloisa. Lettere ad Abelardo, Torino 2013, p.9 63 Fumagalli Beonio Brocchieri, Abelardo ed Eloisa, p.113

64 Luciano, Eloisa, pp.9-10 65 Luciano, Eloisa, p.10

40 Chiese in sposa la nipote. Ma quello che aveva in mente Abelardo era un matrimonio segreto, in modo da non compromettere la sua carriera universitaria, poiché la sua posizione di magister era incompatibile con l’istituto del matrimonio: sebbene non sussistesse per lui, che era chierico, l’imposizione del celibato, i doveri coniugali e familiari gli avrebbero senz’altro impedito di dedicarsi appieno alla ricerca e all’insegnamento, come richiesto dalla scuola67. Eloisa, con lo stupore di tutti,

si oppose e dichiarò di preferire la sua condizione di amante perché solo questa riusciva a garantire l’autenticità di un amore puro, che non è costretto nei limiti di un contratto stipulato per garantire proprietà e ricchezze, come abbiamo visto essere i matrimoni all’epoca. Il matrimonio non era assolutamente compatibile con il coronamento di un amore autentico il quale, soprattutto come proposto attraverso la poetica dell’amor cortese, poteva esprimersi in tutta la sua autenticità solo se coinvolgeva gli amanti oltre i vincoli e le convenzioni sociali. «L’audace presa di posizione di Eloisa, fermamente contraria al matrimonio per esaltare la purezza del suo amore, evidenzia uno dei tratti più spiccati della sua giovane personalità già tenacemente formata secondo una cultura in qualche modo rivoluzionaria che osava non piegarsi alle rigide imposizioni morali del suo tempo, pur accettando di sopportarne le conseguenze non facili».68

Convinta la giovane, i due si sposarono una mattina alla presenza di Fulberto e dei suoi familiari. Da quel momento le cose cambiarono, Abelardo scrive: «Non ci vedemmo più se non di rado e di nascosto cercando di tenere celato il più possibile ciò che avevamo fatto». 69

Ma il segreto non resse a lungo. La notizia si diffuse per Parigi, anche a causa di Fulberto e dei suoi amici che per dare sfogo al loro disonore cominciarono a parlare del matrimonio, e a quel punto Abelardo decise di mandare Eloisa nel convento dell’Argenteuil in cui aveva studiato da bambina per difenderla dalle maldicenze e dai maltrattamenti dello zio. Questa decisone non piacque ai parenti della ragazza che videro nel gesto dell’uomo la volontà di sbarazzarsi della giovane per non intaccare la sua carriera, al che decisero di prendersi la loro vendetta: una sera, assoldando due sicari, lo zio lo fece evirare.

Da quel momento l’amore di Abelardo e di Eloisa deve definitivamente arrendersi. Abelardo decise sia per lui che per la sua legittima moglie che l’unica scelta che rimaneva da compiere era quella di prendere i voti e di dedicarsi alla vita monastica; si ritirò presso l’abbazia di San Dionigi a Parigi.

67 Luciano, Eloisa, p.10 68 Luciano, Eloisa, p.14

41 Eloisa, dopo aver accettato le decisioni del marito si recò nel monastero dell’Argenteuil: in una lettera la giovane non teme di sottolineare che «non fu l’amore per Dio, ma il tuo ordine ciò che mi spinse a prendere l’abito religioso, desidero sempre più compiacere te che lui» 70. Per Eloisa la scelta è stata vissuta come un sacrificio accettato per amore del maestro, così facendo è come se potesse condividere la vita di Abelardo anche nella sventura.

I fatti avvengono a cavallo tra gli anni 1118/1119, e da quel tragico momento i loro rapporti s’interruppero per più di dieci anni, dieci anni di silenzio e disperazione.

Tra il 1127 e il 1133, dunque circa quindici anni dopo la tragica vicenda che aveva coinvolto i due amanti, Abelardo scrisse l’Historia Calamitatum. Si tratta di una lunga lettera, che costituirà poi la prima del noto Epistolario, per un amico bisognoso di conforto dalle sue sventure al quale racconta la sua vita, parla dei tragici fatti che lo hanno coinvolto in quegli anni, della passione per Eloisa fino al momento della loro separazione. Caso vuole che questa lettera arrivò, per caso, ad Eloisa.

È in quel momento, rileggendo della sua travagliata storia d’amore, che Eloisa decise di scrivere ad Abelardo confessandogli che nonostante abbia preso i voti l’amore per lui non è mutato in nessuna misura. Da quel momento i due iniziarono a scriversi; così presero vita una serie di lettere, da cui abbiamo tratto i passi sopra citati, nelle quali la loro storia vissuta viene in qualche modo ricordata, ripensata e rielaborata.

È vero che per tutta la corrispondenza Eloisa si rivolge ad Abelardo come badessa del monastero del Paracleto e lui le risponde come abate dell’abbazia di Saint Denis, ma fra loro è in gioco il bisogno di una profonda introspezione reciproca rispetto alla storia vissuta e all’amore che li ha uniti. Entrambi tentano di dare un senso a questa tragica esperienza condivisa, sperano che possa in qualche modo risolversi positivamente nella nuova condizione dedita alla vita religiosa senza che questa imponga la loro separazione.71 Dalla lettura dei testi si percepisce come alla base della volontà di scriversi, al di là dei contenuti su cui discorrono, si trovi la consapevolezza di essersi in qualche modo ritrovati e quindi il bisogno assoluto di mantenere viva questa relazione che sembra resistere a qualsiasi ostacolo. Lo scambio di lettere non fa perdere i rapporti ed è in grado di colmare l’assenza e la separazione imposta dalla loro nuova vita monastica.

L’esperienza interiore che negli anni di separazione i due amanti hanno vissuto sono agli antipodi e questo emerge in maniera palese nelle lettere dell’Epistolario. Il modo attraverso cui Abelardo parla della la storia passata è intriso di principi filosofici e teologici a cui ha deciso di convertire la sua vita: è un costante cercare di conciliare la loro relazione, comprese quindi tutte le sfaccettature dell’amore

70 Raffa, Eloisa e Abelardo, p.595 71 Raffa, Eloisa e Abelardo, p.15

42 che implicava, con la razionalità delle regole della vita religiosa, finalizzate a Dio. È come se Abelardo vedesse in tutti gli eventi tragici un senso di positività, come se tutto il male non venisse per nuocere. Per lui la sofferenza subita nel momento della separazione ha il suo risvolto positivo nell’aver dato a entrambi la possibilità di vivere una nuova vita nel nome di Dio.

Nel momento in cui scrive Abelardo chiama libidine immonda e turpitudine la sua passione di allora, confessa con vergogna di averla battuta e frustata quando lei gli si rifiutava, infiammato dall’ardore della concupiscenza 72. Il sentimento vissuto in passato per Eloisa viene vissuto come una passione negativa e peccaminosa, così intensa e seducente da aver indebolito anche la sua attività di filosofo. La sua passione per Eloisa come donna e amante pare essersi definitivamente spenta, per trascendersi in una trasfigurazione dell’immagine di lei, da lui idealizzata attraverso la vocazione religiosa, la quale diventa il motivo ispiratore di un amore spirituale che recide ogni possibile legame con la passata storia che li aveva coinvolti.73

Eloisa invece si fa portavoce di una esperienza totalmente diversa. Innanzitutto in nessuna lettera rinnega la passione vissuta, e nemmeno la giudica contraria alla nuova vita che si è trovata costretta a vivere dopo essere arrivata all’Arguenteil. Sente ancora dentro di lei la volontà di abbracciare il suo amato, che mai ha smesso di amare e scrive «quei piaceri ai quali entrambi ci dedicammo totalmente quando eravamo amanti furono tanto dolci per me che non posso dispiacermene, né essi possono svanire dalla mia memoria, nemmeno un poco».74

Abelardo nelle sue lettere scrive posseduto dalla forza di un rigido e solido impianto filosofico, Eloisa invece trova nella possibilità di scrivere all’amato una nuova occasione. Grazie alla scrittura può far vivere e rivivere un sentire che più e più volte ha rievocato e per il quale spesso si è disperata: i toni sono poetici, ricchi di metafore con le quali riesce a rendere il senso del proprio vissuto in modo diretto e sentito, invoca e parla all’amato con la stessa passione di quando potevano guardarsi negli occhi, con la dolcezza gentile di chi non vuole altro che la sua presenza, le sue parole hanno la forza