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Margherita e Francesco Datini, lettere di vita quotidiana

3.1. IL MATRIMONIO: UN RAPPORTO SFACCETTATO

3.1.1. Margherita e Francesco Datini, lettere di vita quotidiana

Io credo che Dio ordinò, quand’io nacqui, ch’io dovese avere mogle che fose fiorentina, e pertanto io credo di averla tolta; una fanciulla di nome Margherita.136

Chi scrive questa lettera alla sua balia, monna Piera di Pratese Boschetti, è Francesco Datini, il grande mercante pratese.

Margherita era figlia di Domenicho Bandini al quale, dopo essere stato accusato di sommossa, «fue taglata la testa»137 e di Lianora di Pelliccia Gherardini. Insieme alla madre e alle due sorelle fu costretta a rifugiarsi ad Avignone a causa della scomparsa del padre e della confisca dei beni. Qui, la famiglia conobbe un altro emigrato, Francesco per l’appunto. Egli non aveva una grande tradizione familiare alle spalle: figlio di un venditore di carne, era rimasto orfano di entrambi i genitori, morti per la peste del 1348, insieme a due dei suoi tre fratelli. In cerca di fortuna aveva preso la via di

134http://www.danielacavini.eu/caterina-lultima-tigre-del-medioevo/ (ultima consultazione: 02/11/2020) 135 Vecchio, La buona moglie, p.139

136 V.Rosati (a cura di), Le lettere di Margherita Datini a Francesco di Marco, Prato 1977, p.4 137 Rosati, Le lettere di margherita, p.4

69 Avignone, dove rimase per ben 32 anni.138 Francesco riuscì nella sua impresa e divenne il grande

mercante che conosciamo oggi, iniziando la sua favolosa ascesa economica che portò avanti per oltre sessant’anni fondando numerose imprese.

Prima dell’incontro con Margherita Datini non si era mai sposato, e maturò l’idea del matrimonio dopo che molti amici lo avevano spronato toccando un tema che gli stava molto a cuore, quello dei figli. Gli amici e i suoi vicini gli avevano infatti fatto notare che più fosse andato avanti con l’età più alte erano le possibilità che i suoi figli rimassero orfani del padre, costringendoli così a rivivere la stessa condizione che anche lui aveva sperimentato. Nel 1376, Margherita, ormai vent’enne, e Francesco, che aveva quarantuno anni, si sposarono ad Avignone, dove vissero per oltre sei anni prima di trasferirsi a Prato nel 1382.

La scelta di sposare Margherita non era dovuta a motivazioni di interesse o prestigio sociale, poiché la giovane era senza dote a causa delle precarie condizioni economiche in cui versava la famiglia. Sembra che Francesco si fosse piuttosto accorto delle sue doti morali e caratteriali; visti i più di trent’anni passati insieme e l’amorosa devozione che la donna gli riservò, la scelta fu più che azzeccata.

Dei primi anni di matrimonio non sappiamo praticamente nulla, se non che Datini costruì una ricca casa che comprendeva il palazzo, il fondaco e il giardino per una somma pari a circa seimila fiorini, cifra che conosciamo grazie ad una lettera che Francesco inviò a Bernardo de’ Rossi alla fine dei lavori. Ma a partire dal 1386 fino alla morte del mercante avvenuta nel 1410 ci si apre un vero e proprio mondo: è giunto fino a noi il carteggio più noto e più ampio della storia del medioevo tra un marito e una moglie, che nei momenti di lontananza iniziarono a scriversi frequentemente tra Prato, dove Francesco viveva e svolgeva i principali affari e Firenze, dove si trovava il cuore delle sue aziende e un’altra dimora139 per un totale di circa duecento lettere, aprendoci alcune finestre sulla

loro vita, sul quotidiano e sul loro rapporto.

È fondamentale ricordare che Margherita era analfabeta, almeno fino a età matura,140 quando decise di imparare a scrivere: solo ventidue delle 285 lettere della donna sono autografe, la scrittura soprattutto inizialmente è indecisa, e si nota la difficoltà nel tenere la riga. Margherita Datini, ormai adulta, nel 1396 imparò a scrivere da un notaio amico (Lapo Mazzei) soltanto per poter corrispondere col marito, e riuscì a farlo, sia pure con qualche impaccio grafico e sintattico, in modi sostanzialmente

138 P.Nanni, Aspirazioni e malinconie : i contrasti del mercante Francesco Datini, in La ricerca del benessere

individuale e sociale. Ingredienti materiali e immateriali (città italiane XII-XV secolo), Roma 2011, p.171

139 A. Crabb, "If I could write": Margherita Datini and Letter Writing, 1385-1410, in «Renaissance Quarterly» (2007) 60, p.1171

70 comprensibili, allora e ora.141 Nonostante questo, probabilmente per essere più sicura di esprimere

correttamente ciò che voleva dire, richiedeva spesso l’aiuto di dipendenti del marito,142 dando vita a

lettere che erano molto vicine al parlato di tutti i giorni.

Su questo punto i due coniugi si scambiarono un vero e proprio botta e risposta. Il 16 gennaio 1386 Margherita inviò una lettera al marito, che rispose con sarcastica ironia : «Ieri ricevetti una tua lettera, la quale fue molto bene dettata. Non so donde si vengha questo fato: fàmi entrare in pensieri se avesi veruno amicho che cò t’insegni chosì bene dire».143 La moglie rispose a tono: «Bene dettata?

Non so se l’dite per lo chontradio; se gl’è chosì, mi piace» e ancora

Voi m'avete detto per due vostre lettere . . . che io non debo avère dettate queste lettere io, ma che Ile dèe avère dettate Piero di Filippo. Salvo la grazia vostra, mai non mi dettò lettere, né d'egli, né neuno; voi mi tenete un da pocho, ch'io non chredea che io facessi dettare mie lettere a lluî.144.

A questo punto Francesco iniziò a riconoscere alla moglie doti e saggezza, infatti le scrisse:

e per l’una e per l’altra ti disi chome io temeva che lla lettera non fosse dettata per gli altri che per te. Di che da poi i oe auta tua lettera, e se l'una fue bene dettata, I'altra è via melglo, di che Ío veggio ora di certto ch'ella fue detta per te, di che ò grande piacere d'una partte e d'altra partte ò grande dispiacere. E dirotti chôme i' óe grande piacere che Idio t’abia data tanta bontà che tue sappi tanto di bene chôme a dire simily chose145

Francesco in tutte le lettere «always calls Margherita by the intimate tu»,e se inizialmente la moglie utilizzava il voi per rivolgersi al marito «later in the same year she mixes tu and voi, and in years following she mostly uses tu in letters with a personal emphasis and voi in letters with a group emphasis».146

Leggendo le lettere possiamo individuare più livelli contenutistici. Ovviamente il tema principale che il carteggio tocca è sicuramente quello economico, sia per quanto riguarda questioni legate alle aziende di Francesco sia per questioni di economia domestica. Il marito chiede alla moglie di sbrigare questioni anche di alto spessore riguardanti le sue aziende, spesso anche questioni delicate, tant’è che è lei stessa a dire

141 A.Petrucci, Scrivere lettere. Una storia plurimillenaria, Bari 2008, p.61 142 Crabb, If I could write, p.1176

143 E. Cecchi (a cura di), Le lettere di Francesco Datini alla moglie Margherita, Prato 1990, p.40 144 Rosati, Le lettere di Margherita, p.25-26

145 Cecchi, Le lettere di Francesco, p.41 146 Crabb, If I could write, p.1178

71 ma tu m’aj bene lasciata a fare più faccende ch’io si fosi uno huomo basterebe, ché non ebe mai si fata faccienda il chancielere de Signori, chom’àne il mio; e rispondiamo a tutti i bisogni: aremolo a fare a pocho tenpo, ch’a mene e al chanceliere mio s’ivolgrerebe il ciervello147

Margherita non è una moglie passiva, una moglie-vittima, piuttosto è anche soprattutto una collaboratrice energica, oculata ed evidentemente provvista di un buon margine di libertà di scelta e di giudizio.148 Così le scrive Francesco: «riguarda quelle lettere ch’io t’o iscritte e fa quel che ttu puoi; e fa quelle cose che vedi sono di magiore bisogno e quello che non si può fare rimangha»149

Qui Francesco si riferisce sia agli importanti affari economici aziendali sia alla semplice economia domestica. Praticamente in ogni lettera si legge degli scambi di oggetti, utensili, cibi, bevande, persino animali che marito e moglie si richiedono a vicenda e provvedono a soddisfare. Spesso dopo aver ricevuto quanto richiesto troviamo frasi del genere: «piacemi che facci quanto ti scrissi, piacemi che tu mi mandi la muletta, il vino biancho che ci mandasti era buono»150; leggiamo poi passi che sembrano chiedere esplicitamente di cosa l’altro avesse voglia, cercando di rispettare le inclinazioni e i gusti del coniuge: per esempio Francesco scrisse «che qua a di belle nocuole se tu ne voi dillo»151, e Margherita invece gli chiese «che se tu avessi voglia di vitella qui se ne taglia rade volte si che si hai voglia di chose niuna sia costà e noi avisa quello vuoi faccia, se vuoi riso o altro»

152 e ancora «di quello che ti contenterai noi lo faremo».153

Emerge quindi il vivere quotidiano, lo scorrere della giornata, gli impegni lavorativi che spesso rendono stanchi e affannati Francesco e Margherita, che però non smettono di scriversi facendo trapelare una caratteristica fondamentale del loro rapporto: la conoscenza reciproca.

Dalle cose che possono sembrare più banali come lo scambiarsi cibi graditi al sapere come si svolgesse la giornata dell’altro, tanto che in molte lettere emergono frasi come Io ti richordo di… oppure Tu abia a mente di andare a desinare…154, la conoscenza tra i due era a un livello molto

profondo. Più volte Margherita sottolinea che «non c’è n’à niuno che sapi più di me quello che tti

147 Rosati, Le lettere di Margherita, pag.94 148 Cecchi, Le lettere di Francesco, p.11 149 Cecchi, Le lettere di Francesco, p.162 150 Cecchi, Le lettere di Francesco, p.102 151 Cecchi, Le lettere di Francesco, p.50 152 Rosati, Le lettere di Margherita, p.265 153 Rosati, Le lettere di Margherita, p.111 154 Rosati, Le lettere di Margherita, p.122

72 piace e quello che tti dispiace, che per male fossi stato techo dieci anni ch’io non sapessi i modi tuoi»155

Anche Francesco dimostra di avere piena consapevolezza della persona che ha accanto, in più passi dimostra che was impressed, within limits, by Margherita's ability to read books and letters in italiano156. Inoltre sa e conosce la sofferenza che la moglie provava per la lontananza, perché lei glielo ricordava spesso («I ti prego che tu ti spasci di tornare il più tosto che tu puoi: farà gran piaciere a chi ben ti vuole» 157) e sapeva come renderla contenta come dice lui stesso: «sarò chosti chome puè tosto potrò e farotti rimanere per chontenta».158 Sapendo di cosa aveva bisogno la moglie per non soffrire,

spesso è lui stesso a chiedersi se e come ha sbagliato, cercando di rimediare: «di certto i’òe pecchato in molte chose, di che mi grava asai; ora abi di certto chome della morte, ch’io sono disposto di (te)nere altri modi»159.

E ancora passi come «gravami s’io t’ o fatto dispiacere, ma io credo tosto fare la pace»160

oppure «io me ne verei volentieri ma io non posso che quando ò fatto una cosa, un’altra me n’ escie da chapo, verone quando potrò e ò paura che io non ne potrò venire quando vorò»161. Conoscendosi, i due coniugi sapevano di poter contare l’uno sull’altra. Non si trattava di un rapporto basato soltanto sull’interesse economico. I due prima di tutto erano un marito e una moglie, e non mancano i passi in cui entrambi manifestano il desiderio della presenza reciproca.

Francesco scrive più volte alla moglie del suo stato d’animo:

iersera n’ebbi due tue che mi furono la giunta alla mia malinchonia ed erami di grande bisogno perché mi sentia molto bene della persona per lo molto scrivere che ò fatto questi du’ dì sanza dormire ed à mangiato in questi due dì presso a uno pane 162

In un’altra lettera scrive: «io te ho dette molte chose perché tue sapi tutto e per isfogharmi techo la mia malinchonia, potrà essere ch io ti verò a vedere domane»163.

155 Rosati, Le lettere di Margherita, p.34 156 Crabb, If I could write, p.1186

157 Rosati, Le lettere di Margherita, p.289 158 Cecchi, Le lettere di Francesco, p.57 159 Cecchi, Le lettere di Francesco, p.42 160 Cecchi, Le lettere di Francesco, p.46 161 Cecchi, Le lettere di Francesco, p.156 162 Cecchi, Le lettere di Francesco, p.136 163 Cecchi, Le lettere di Francesco, p.123

73 Margherita è pronta a sostenerlo e spronarlo, sottolineando sempre la sua volontà di restargli accanto. Questi due passi sono molto significativi a questo proposito

io ti priego che tu istia cho’ meno malinchonia che ttu puoi: mi sento trista... Francescho io ti dicho che, a mio parere, sanza dirti niuno pensiero o maninconia delle cose di questa casa perchè n’o magiore pensiero di quando tu ci siene164

E ancora: «Per tu amore aremo charo che tu ci scrivessi un’altra lettera e che tu ci avisassi dello istato tuo»165

È opinione piuttosto comune che nel Medioevo ci fosse una sorta di freno o limitatezza nel descrive e allo stesso tempo esprimere i propri sentimenti; queste lettere a mio parere offrono una prospettiva diversa. Emergono momenti di ironia, commozione, felicità per successi ottenuti, trapela la naturalezza con la quale Margherita accolse in famiglia Ginevra, la figlia di Francesco avuta da una serva, che è allo stesso tempo fonte di riflessione e di malinconia per una donna che di figli non ne poté avere. Molto spesso queste due figure sono state incastrate dentro stereotipi a mio avviso troppo rigidi, come il mercante, la sposa del mercante, l’uomo d’affari e la donna che doveva solamente obbedire alle sue richieste, e che mostravano Margherita «living in Francesco's shadow: whether in angry moods or amicable ones, her life revolved around him»166 Come se questo potesse essere visto

solo in senso negativo.

Alcuni studiosi hanno parlato della relazione tra Francesco e Margherita come una relazione di amicizia. Ritengo che non sia del tutto corretto. Qual è la linea che si deve oltrepassare per poter parlare di amore? Il fatto di parlarsi sia scrivendosi che «per bocha»167, scambiarsi lettere e con queste,

idee e pensieri, avere a cuore di «dirotene mio parere»168, cercare di togliere il peso pressante e

opprimente di una vita frenetica tranquillizzando il compagno o la compagna che a casa lontano tutti stanno bene, vedere nell’altro e nell’altra doti grazie alle quali «tu riesci in cose niuno tuo amico no’l credette mai», conoscerne i gusti e assecondarli: perché questo non può essere considerato amore? Per noi oggi tutto questo crea un legame amoroso, certo con le dovute differenze, non c’è dubbio. Forse quello tra Margherita e Francesco è un semplice rapporto di amicizia perché nelle lettere non parlarono mai di abbracci, baci, effusioni o forse perché non ebbero figli loro o ancora perché la maggior parte delle lettere, di Margherita, ma anche di Francesco, sono dettate ad estranei, dipendenti di Francesco stesso e non era quindi concepibile che contenessero effusioni. Può essere. Ma come

164 Rosati, Le lettere di Margherita, p.143 165 Rosati, Le lettere di Margherita, p.365 166 Crabb, If I could write, p.1202

167 Rosati, Le lettere di Margherita, p.220 168 Rosati, Le lettere di Margherita, p.59

74 non possiamo affermare per certo, che tra loro non ci fosse amore, a mio avviso allo stesso modo non possiamo dire con altrettanta certezza che vi fosse solo amicizia.